Strage Paderno, il giudice: il 17enne un manipolatore, scaltro e attratto dal nazismo
Riccardo Chiaroni, oggi 19 anni, ha ricevuto la pena massima di 20 anni nel rito abbreviato: "Ha lucidamente programmato di sterminare la famiglia"
Era "guidato da un pensiero stravagante" e "bizzarro", raggiungere "l'immortalità attraverso l'eliminazione della propria famiglia", ma ancora sotto il suo "controllo". Tanto che ha "distinto la realtà dall'immaginazione" e "ha lucidamente programmato, attuato, variato secondo il bisogno le proprie azioni, prima, durante e do??". Lo scrive il Tribunale per i minorenni nel motivare la condanna di giugno a 20 anni, pena massima in abbreviato, per Riccardo Chiarioni che nel 2024 a 17 anni, a Paderno Dugnano (Milano), uccise padre, madre e fratello di 12 anni.
Non riconosciuto dal giudice il vizio parziale di mente accertato dai periti.
Sterminò la famiglia a Paderno, condannato a 20 anni
Nelle 51 pagine di motivazioni, firmate dalla giudice Paola Ghezzi, viene ricostruita - anche con dichiarazioni e interrogatori del ragazzo, che ora ha quasi 19 anni, e con testimonianze di altri suoi familiari - la strage avvenuta nella villetta di quella che tutti ritenevano, come si legge, una "famiglia normale", e che è sempre rimasta senza un vero movente.
Lo psichiatra Franco Martelli nella perizia ha scritto che il ragazzo viveva tra realtà e "fantasia", che voleva rifugiarsi in un mondo fantastico, che lui chiamava della "immortalità", e per raggiungerlo nella sua mente era convinto di doversi liberare di tutti gli affetti.
La giudice nella sentenza evidenzia il fatto che il perito ha dato conto di "aspetti personologici disfunzionali quali un elevato grado di alessitimia" e della "divisione psichica della personalità" e "persistenza della fantasia-progetto". Tuttavia, scrive, "dall'esame del funzionamento mentale di Riccardo operato attraverso la descrizione delle sue condotte poste in essere durante la commissione dei fatti ed anche successivamente, non si ravvede alcuna evidenza di una condizione psichica di instabilità e di ingovernabilità".
E, "certamente - si legge ancora - nell'evenienza criminale debbono aver avuto peso potenti stati emotivi, una grossa dose di rabbia ed odio narcisistici, accumulati ad ogni frustrazione, che hanno fatto sì che l'atto si compisse con cotanta aggressività espressa". Per la giudice, "lo si desume dalle modalità particolarmente spietate dell'esecuzione: per quanto si possa essere inesperti nell'uccidere, un tale accanimento e varietà delle lesioni (soprattutto nei confronti del fratello e della madre) non può non avere come 'benzina' tali sentimenti".
Ad ogni modo, il 17enne, stando alla sentenza, "ha mantenuto lo stesso livello di organizzazione mentale durante le diverse fasi del delitto, non apparendo in alcun momento dissociato o soggetto ad alcuno scompenso rispetto alle sue intenzioni, che erano quelle di eliminare i familiari, secondo un piano ben organizzato, frutto dell'intelligenza di condotta dimostrata ed applicata".
Paderno Dugnano, lacrime e palloncini colorati per l'addio a Fabio, Daniela e Lorenzo
Strage di Paderno, i nonni non abbandonano il 17enne che ha ucciso la famiglia
Un "manipolatore", continuano le motivazioni, che ha progettato gli omicidi "nei minimi dettagli", che ha manifestato "scaltrezza" nel "tendere la trappola per uccidere i genitori nella sua cameretta e non nella camera matrimoniale", dopo aver già colpito il fratellino.
E che ha agito in modo "sconcertante" colpendo tutti e tre in "modo cruento", infliggendo loro "numerosissime coltellate, infierendo sui loro corpi esanimi ed anche colpendo alle spalle il padre, dopo aver dato l'impressione di volersi fermare successivamente all'aggressione al fratello ed alla madre".
Pur applicando la "diminuente della minore età e le circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza su tutte le circostanze aggravanti", tra cui la premeditazione, la giudice ha applicato per il giovane la pena massima in abbreviato di 20 anni, non riconoscendo il vizio parziale di mente.
Nella sentenza si mette in luce anche "la condotta tenuta immediatamente dopo il delitto" orientata "ad eludere le investigazioni per garantirsi l'impunità: dapprima il piano prevedeva di far ricadere la colpa sulla madre, poi sul padre ed infine su di sé, ma soltanto dopo aver avuto la certezza, attraverso il nonno, che gli investigatori non avessero creduto alla versione fornita in prima battuta ai soccorritori".
Il giudice ricorda anche, come era già emerso, che dall'analisi dei dispositivi del ragazzo erano emerse immagini, come la foto del Mein Kampf, o "esternazioni di pensiero comprovanti la sua inclinazione verso l'ideologia fascista", nazista e "omofoba".
Fonte: www.rainews.it