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Jankto al Cagliari e i rischi di un calciatore gay in un Paese omofobo

Egregio Jakub Jankto, ci perdoni l’ardire se le scriviamo queste righe e soprattutto se siamo così diretti: ma lei è davvero sicuro di voler tornare a giocare in Italia? Glielo chiediamo perché i cosiddetti rumors di calciomercato la danno molto vicino al Cagliari. Che, esattamente come lei si accingerebbe a fare, torna in Serie A. Con la differenza che la squadra sarda è stata soltanto in Serie B. E invece lei, nel frattempo, ha deciso di fare coming out dichiarando pubblicamente la sua omosessualità e rivendicando il diritto a sentirsi libero. Gesto bello e liberatorio, di grande impatto per tutti coloro, colleghi calciatori e non, che continuano a vivere il disagio di non poter “uscire dall’armadio” (espressione ispanica di grande efficacia, nel descrivere l’uscita allo scoperto) e perciò si condannano a una vita d’indicibile sofferenza. Ma detto della nobiltà del suo gesto, ribadiamo l’interrogativo: se la sentirebbe davvero di tornare in Italia?

Jankto al Cagliari e i rischi di un calciatore gay in un Paese omofobo
Jankto con la maglia della sua nazionale, la Repubblica Ceca (Getty).

Il vecchio luogo comune: «nel calcio maschile non esistono gay»

Non si tratta di una domanda oziosa, ma di una sincera preoccupazione verso la sua persona. Lei torna in questo Paese circondato da un’aura ben diversa rispetto a quando ne era andato via. Allora, estate del 2021, lei era un qualsiasi calciatore sul cui orientamento sessuale nessuno perdeva il tempo a interrogarsi. Tanto più che, come vuole il luogo comune, «nel calcio maschile non esistono gli omosessuali» e in Italia ancor più che altrove. Pregiudizio di eterosessualità, tendenza machismo. E invece adesso torna da omosessuale dichiarato, in quello che si sta rivelando essere il peggior Paese d’Occidente in materia di rispetto delle diversità e dei diritti civili. Il Paese della ministra Roccella e del senatore Pillon, delle mancate registrazioni per i figli delle coppie omogenitoriali e di un virilismo che sarebbe anche da parodia se non incidesse così pesantemente nell’implementazione delle politiche e nella gestione della vita quotidiana.

Jankto al Cagliari e i rischi di un calciatore gay in un Paese omofobo
Jankto ai tempi della Sampdoria (Getty).

Uno sport già intossicato dal razzismo come reagirà all’omofobia?

Soprattutto, lei rimette piede nel calcio nazionale più troglodita dell’universo. Intossicato da un razzismo che non trova argini e se ne infischia di ogni sanzione. E certo ne avrà anche memoria, perché durante gli anni da lei trascorsi a Udine e poi a Genova sponda Sampdoria le sarà capitato di assistere a episodi d’assoluta meschinità. Con interi stadi che prendono di mira un calciatore soltanto a causa del colore della sua pelle, e poi magari trovano difensori d’ufficio che si battono «per il buon nome di una città intera» o sostenendo che «non è mica razzismo, ma soltanto uno fra i tanti modi di offendere». Ecco, tenga presente questo trogloditismo diffuso e pensi a quale reazione – chimica, emotiva, culturale – potrà suscitare la possibilità d’insultare il primo calciatore dichiaratamente gay nel campionato italiano. Praticamente un tiro al bersaglio, e forse senza che si possa nemmeno reprimere direttamente l’omofobia. Perché adesso gli arbitri possono interrompere, e al limite sospendere, una gara in caso di manifestazioni di razzismo. Ma come dovranno comportarsi in caso di comportamenti omofobi? Siamo proprio sicuri che il regolamento dia loro copertura e facoltà di interrompere la gara anche in questa fattispecie?

Jankto al Cagliari e i rischi di un calciatore gay in un Paese omofobo
Jakub Jankto con la maglia dell’Udinese (Getty).

Il “clima d’opinione” si preannuncia pesante: vero ministro Abodi?

Ma soprattutto, caro Jankto, c’è che il cosiddetto “clima d’opinione” nei suoi confronti si preannuncia già preoccupante. Non si sa ancora se lei tornerà nel nostro campionato e già si sommano le esternazioni da quadrupedi. Come quella del quotidiano Libero, che nei giorni in cui lei fece coming out ironizzò, sostenendo che lei si fosse ricordato di farlo soltanto perché a fine carriera (come se a 27 anni d’età si fosse già sul viale del tramonto). O come quel sedicente opinionista del Foglio che ironizzò sul «prenderlo dove piace a Jankto». Persino il ministro dello Sport Andrea Abodi, che pure è una delle rare persone presentabili in questo impresentabilissimo esecutivo, ha esternato nelle scorse ore sostenendo che la sua pubblica dichiarazione di omosessualità sia stata una «ostentazione» che non lo trova d’accordo.

Aspettiamo al varco le tifoserie avversarie (ma anche la sua)

Insomma, caro Jankto: questo è. Lei torna in Italia soltanto per fare il suo mestiere, cioè giocare a calcio. Ma andrà a finire che a ogni partita le toccherà impersonare un ruolo da eroe dei diritti civili. Nel confronto con le tifoserie avversarie, ma magari anche con la sua qualora il suo rendimento lasciasse a desiderare. È veramente pronto per tutto questo? Se sì, allora in bocca al lupo. Staremo comunque al suo fianco, senza se e senza ma.

Addio a Luis Suarez, morto a 88 anni il regista della Grande Inter

È morto Luis Suarez. L’ex centrocampista spagnolo, regista della Grande Inter di Helenio Herrera, aveva 88 anni. «Il calciatore perfetto che, con il suo talento, ha ispirato generazioni. Ciao, Luisito», si legge sul profilo Twitter del club nerazzurro. E poi: «Un talento unico e un grandissimo interista. Il numero 10 della Grande Inter che portò i nostri colori sul tetto d’Italia, d’Europa, del Mondo. “Se non sapete cosa fare, date palla a Suarez”».

Pallone d’Oro in Catalogna, in Italia diventò il faro della Grande Inter

Nato a La Coruña il 2 maggio 1935, Luis Suárez Miramontes aveva iniziato giocare nella squadra della sua città, attirando ben presto del attenzioni del Barcellona, che lo acquistò nel 1954. In Catalogna, vinse due edizioni del campionato, della Coppa nazionale e della Coppa delle Fiere, aggiudicandosi a livello personale il Pallone d’Oro nel 1960, primo spagnolo nella storia (fatta eccezione per l’oriundo Alfredo Di Stéfano). Nel 1961 approdò all’Inter, voluto dal tecnico Helenio Herrera che lo aveva già allenato a Barcellona. Pur di accontentare il tecnico, il presidente Angelo Moratti versò 300 milioni di lire al Barcellona, che utilizzò la cifra record per ampliare il Camp Nou.

Addio a Luis Suarez, morto a 88 anni il regista della Grande Inter. Nel 1960 aveva vinto il Pallone d'Oro, primo spagnolo nella storia.
Luis Suarez nel 1961 con la Spagna (Getty Images).

Arrivato a Milano come mezzala, il Mago gli cambiò ruolo facendolo diventare il regista di quella che, di lì a poco, sarebbe diventata la Grande Inter. Suarez, con il 10 sulle spalle, guidò i nerazzurri alla vittoria di tre campionati italiani, due Coppe dei Campioni e altrettante Intercontinentali. Dopo nove stagioni all’Inter, condite da 333 partite e 55 reti, nel 1970 passò alla Sampdoria, dove chiuse la carriera a 38 anni. Con la maglia della Spagna collezionò 32 presenze e segnato 14 reti, partecipando alla vittoriosa edizione casalinga del campionato d’Europa 1964.

La carriera di allenatore, dall’Inter alla Spagna: il titolo europeo con l’Under 21 delle Furie Rosse

Dopo il ritiro, Suarez intraprese la carriera di allenatore guidando il settore giovanile del Genoa. Nella stagione 1974/75 guidò l’Inter, chiudendo il campionato con un deludente nono posto. Negli anni successivi allenò poi Cagliari (in Serie A), Spal e Como (in B), prima di sedersi sulla panchina del “suo” Deportivo La Coruña. Da allenatore si era tolto le più grosse soddisfazioni come ct dell’Under 21 spagnola, con cui vinse nel 1986 gli Europei di categoria. Da selezionatore della rappresentativa maggiore guidò invece le Furie Rosse ai Mondiali 1990. Dal gennaio al maggio 1992 tornò sulla panchina dell’Inter, rilevando il dimissionario Corrado Orrico. Entrato nei quadri dirigenziali nerazzurri nel 1995 a seguito dell’insediamento alla presidenza di Massimo Moratti (figlio di Angelo che lo aveva acquistato dal Barcellona), nell’autunno di quell’anno si sedette a interim in panchina per rilevare l’esonerato Ottavio Bianchi, in attesa dell’ufficialità di Roy Hodgson.

Addio a Luis Suarez, morto a 88 anni il regista della Grande Inter. Nel 1960 aveva vinto il Pallone d'Oro, primo spagnolo nella storia.
Luis Suarez e Cesare Maldini a metà Anni Duemila (Imagoconomica).

Juventus, Giuntoli è ufficiale: firmato contratto fino al 2028

È ufficialmente iniziata l’era Cristiano Giuntoli alla Juventus. Il dirigente, dopo aver ottenuto il via libera dal Napoli di Aurelio De Laurentiis, ha firmato un contratto che lo legherà ai bianconeri fino al 2028. Ricoprirà il ruolo di direttore sportivo e ha già fatto visita alla Continassa, sede delle strutture di allenamento della squadra, per conoscere ambiente e team. Ha anche incontrato Paul Pogba, che ha ridotto le vacanze per accelerare la preparazione al nuovo campionato. «Eclettico, innovativo e competente», ha scritto la Juventus in un comunicato sul proprio sito ufficiale. «Sono solo alcuni degli aggettivi che descrivono bene Giuntoli». A Torino collaborerà a stretto contatto con l’allenatore Massimiliano Allegri per definire gli obiettivi di mercato.

Cristiano Giuntoli è il nuovo direttore sportivo della Juventus: «Bianconero sin da piccolo grazie a mio padre». Le prime mosse sul mercato.
Cristiano Giuntoli è il nuovo ds della Juventus (Getty Images).

Le prime parole di Cristiano Giuntoli alla Juventus: «Sensazioni indescrivibili»

Assieme alle foto di rito, sono arrivate anche le prime parole di Giuntoli da bianconero. «Affronto una sfida affascinante e ambiziosa», ha dichiarato sul sito della Juventus. «Mi definisco un gran lavoratore, mi piacerebbe mettere tante teste in un solo cuore». Il nuovo ds ha riservato alcune parole per ricordare suo padre, grande tifoso bianconero. «Mi ha trasmesso la “juventinità” sin da piccolo», ha raccontato. «Per un bambino che a otto anni faceva quasi quattro ore di pullman da Prato per vedere la Juve è una grandissima soddisfazione». Classe 1972, Giuntoli vanta una lunga carriera nelle dirigenze calcistiche, avendo ricoperto il ruolo di ds per Spezia e Carpi, con cui ha centrato quattro promozioni in cinque stagioni. Dal 2015 ha lavorato al Napoli, creando una squadra capace di vincere lo Scudetto 2022-23.

Cristiano Giuntoli avrà diversi nodi da sciogliere già nei primi giorni di lavoro. Da decidere ancora il futuro di Leonardo Bonucci, pronto a scendere in campo per un’ultima stagione con la Juventus. Il capitano non ha ancora firmato il rinnovo e potrebbe anche chiudere anzitempo la carriera. In bilico anche la permanenza a Torino di Dusan Vlahovic. L’attaccante serbo potrebbe infatti partire in caso di offerte monstre dalla Premier League. Dal Regno Unito è vivo l’interesse di Manchester United e Chelsea. Lunedì 10 luglio partirà intanto il primo raduno della stagione per la Juventus. Alla Continassa arriveranno Massimiliano Allegri e i nuovi acquisti della stagione, su cui spicca il giovane figlio d’arte Timothy Weah. Il 21 luglio la squadra partirà per gli Stati Uniti, dove sono in programma tre partite amichevoli contro Barcellona, Milan e Real Madrid.

Spezia Calcio, rivolta dei tifosi contro il nuovo logo: «Sembra un simbolo neonazista»

Dopo la retrocessione, lo Spezia Calcio ripartirà nel 2023/24 dalla Serie B, una nuova denominazione societaria e un logo rinnovato, che però sta facendo discutere molto: secondo i tifosi, peraltro affezionati al vecchio simbolo, lo stemma appena presentato presenta diverse assonanze con simbologie che richiamano al nazismo e movimenti di estrema destra.

Spezia Calcio, rivolta dei tifosi contro il nuovo logo: «Sembra un simbolo neonazista». Lanciata una raccolta firme su Change.org.
Tifosi dello Spezia (Getty Images).

Il club: «Creato un logo di cui i tifosi possano andare fieri»

«Abbiamo creato un logo di cui i nostri tifosi possano andare fieri», sottolinea il club nel video di presentazione, dove viene illustrata la composizione dello stemma, data da un’aquila dominante e le lettere S C intrecciate, a sintetizzare la dicitura Spezia Calcio e a ricordare un’ancora. Niente da dire sull’aquila che da sempre rappresenta la società ligure, mentre a far discutere sono piuttosto il font geometrico scelto e la predominanza del nero sul bianco, quando sulla maglia da gioco avviene il contrario. In poche ore si è così scatenata una serie di commenti sulla pagina ufficiale dello Spezia Calcio e sui social network. Ed è scattata persino una raccolta firme sulla piattaforma Change.org, per chiedere alla proprietà di non adottare il nuovo simbolo.

Le reazioni dei tifosi tra rabbia e amara ironia

«Non si può calpestare in questo modo un simbolo ultra centenario che ha fatto la storia dello Spezia Calcio», si legge nella petizione. «In una città come la nostra, medaglia al valore per la Resistenza non meritavamo questo accostamento ad un’epoca triste, un episodio che ci fa denigrare in tutta Italia», scrive un tifoso sui social. In tanti hanno preso il rebranding con amara ironia: «Bello il nuovo simbolo di Casa Pound», «Hanno rimosso il numero 88 e lo Spezia cambia lo stemma in uno fascista. Tutto perfettamente bilanciato», «Le partite le trasmetterà l’Istituto Luce?», «Manca la scritta Dvce», «Veramente un bel logo, preciso nei minimi dettagli. Non capisco come alla gente nei commenti non stia piacendo, lo dico da tifoso della Lazio», si legge sui social.

Spezia Calcio, rivolta dei tifosi contro il nuovo logo: «Sembra un simbolo neonazista». Lanciata una raccolta firme su Change.org.
Il vecchio logo dello Spezia.

Vinicius Jr., il governo di Rio gli intitola la legge contro il razzismo nel calcio

Il governo dello Stato di Rio de Janeiro ha intitolato la legge contro il razzismo nel calcio a Vinicius Jr. L’attaccante del Real Madrid e stella del Brasile aveva infatti subito pesanti insulti a maggio 2023 in Spagna durante un match di Liga dei Blancos contro il Valencia. Approvata già a giugno e ispirata dal talento della Seleçao, prevede l’interruzione o la sospensione del gioco in caso di condotta antisportiva e razzista da parte del pubblico. «Spero che la mia famiglia sia orgogliosa», ha dichiarato il 22enne delle Merengues. «Sono ancora molto giovane, non mi aspettavo di ricevere questo onore». Soddisfatto il segretario allo sport di Rio Rafael Picciani: «Oltre ai successi sportivi, Vinicius Jr. è ormai un simbolo della lotta al razzismo in tutto il mondo». In programma l’istituzione di una giornata nazionale per combattere la discriminazione negli stadi.

Intitolata a Vinicius Jr la legge contro il razzismo nel calcio in Brasile dopo gli episodi di Valencia di maggio. Il calciatore: «Un onore».
L’arbitro prova a calmare Vinicius Jr durante la partita contro il Valencia (Getty Images).

Gli insulti a Vinicius Jr che hanno portato alla legge contro il razzismo

L’episodio di razzismo cui il governo di Rio de Janeiro ha fatto riferimento risale al 21 maggio 2023. Allo stadio Mestalla, nel match tra Valencia e Real Madrid, i tifosi di casa si scagliarono per tutta la durata della gara contro Vinicius Jr., rivolgendogli a più ripetizioni insulti a sfondo razziale. Al 72′ minuto, il fuoriclasse brasiliano interruppe il gioco prima di andare sotto la curva in risposta alle offese e minacciare di uscire dal campo. Nonostante le parole di conforto dell’arbitro e del suo allenatore Carlo Ancelotti, non riuscì però a calmarsi e al sesto minuto di recupero rimase coinvolto in una maxi rissa prima di essere espulso.

Subito dopo la partita, la società del Valencia condannò con un comunicato ufficiale ogni azione razzista da parte di alcuni tifosi, ribadendo la sua posizione contro la violenza fisica e verbale negli stadi. La Federcalcio spagnola impose la chiusura della curva per cinque giornate, salvo poi scendere a tre dopo il ricorso della società. Due giorni dopo il match, il 23 maggio, Rio de Janeiro spense per circa un’ora il Cristo Redentore per solidarietà nei confronti di Vinicius Jr. «Un grande gesto che mi ha commosso», scrisse sui social il fenomeno del Brasile. Su richiesta del presidente della Fifa Gianni Infantino, il calciatore del Real guiderà uno speciale comitato antirazzismo composto da giocatori che, sulla base della loro esperienza, suggeriranno punizioni severe per i colpevoli.

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Ancelotti e gli altri, quando i ct italiani vanno di moda sulle panchine all’estero

Gli allenatori italiani alla conquista del mondo. Con l’annuncio di Carlo Ancelotti alla guida del Brasile dal 2024, anno di scadenza del contratto che lo lega al Real Madrid, aumenta il numero di commissari tecnici azzurri sulle panchine delle nazionali estere. Un binomio che, tuttavia, non ha sempre funzionato. Se infatti Marco Rossi ha risollevato il gioco dell’Ungheria, non può definirsi positiva l’esperienza di Fabio Capello alla guida dell’Inghilterra e della Russia. Male anche Marcello Lippi, vincitore del Mondiale 2006 con l’Italia, con la Cina, meglio Giovanni Trapattoni con l’Irlanda. Senza poi dimenticare le brevi parentesi all’estero di Fabio Cannavaro, Cesare Maldini, Claudio Ranieri e tanti altri. Da febbraio 2023 Domenico Tedesco ha accettato la sfida di allenare il Belgio, orfano di Roberto Martinez (passato al Portogallo) e reduce dall’eliminazione al primo turno in Qatar.

Da Marco Rossi a Fabio Capello, gli allenatori italiani con le nazionali estere

Fabio Capello, doppia panchina fra Inghilterra e Russia

Già star del calcio italiano con il Milan di Silvio Berlusconi e dei tre olandesi e reduce della Liga conquistata nel 2006-07 con il Real Madrid, Fabio Capello ricevette la chiamata della nazionale inglese. Al Mondiale in Sudafrica del 2010, dopo un ottimo girone, fu vittima di un’ingiustizia agli ottavi contro la Germania. Sul 2-1 per i tedeschi l’arbitro non vide il netto gol di Frank Lampard, con palla ampiamente dietro la linea dopo aver impattato sulla traversa. Confermato anche per l’Europeo 2012, si dimise prima della competizione per disaccordi con la federazione. Ottenne subito la panchina della Russia, che riportò a un Mondiale dopo oltre 10 anni di assenza. Eliminato ai gironi di Brasile 2014, fu sollevato dall’incarico.

Giovanni Trapattoni e quel gol irregolare subito dalla Francia nel 2009

Giramondo già con i club, avendo allenato in Italia, Germania, Austria e Portogallo, Giovanni Trapattoni non si è lasciato sfuggire l’occasione di una nazionale straniera. Nel 2008 infatti accettò la panchina dell’Irlanda con l’obiettivo di ottenere il pass al Mondiale in Sudafrica. Giunto allo spareggio contro la Francia, ancora lontana dalla corazzata delle edizioni più recenti, fu vittima di un’incredibile beffa per errore arbitrale. In vantaggio 1-0 al 90’, gli irlandesi furono raggiunti sul pari da un gol di William Gallas su evidente assist di mano di Thierry Henry. Dopo l’amara delusione, il Trap si rifece nel 2012 portando l’Irlanda all’Europeo di Polonia e Ucraina, la prima volta dopo 24 anni. Perse tutte le partite del girone, tra cui quella con l’Italia, e nel 2013 lasciò dopo altre due sconfitte.

Marco Rossi, l’eroe dell’Ungheria che ha sfiorato le Finals di Nations League

Fra gli esempi più vincenti della scuola italiana all’estero c’è indubbiamente l’esperienza di Marco Rossi alla guida dell’Ungheria. Dopo aver militato nella nostra Serie C, ha accettato di allenare l’Honved di Budapest, vincendo nel 2017 il campionato che mancava da quasi 25 anni. Un successo che gli attirò l’attenzione della federazione ungherese, che l’anno seguente lo ha chiamato per difendere i colori della nazionale magiara. Dopo aver giocato un eccellente Euro 2020, sfiorando il pass per gli ottavi pur affrontando Francia, Germania e Portogallo, ha disputato un’ottima Nations League 2022-23. A un passo dalle Finals, ha detto addio al sogno perdendo a Budapest contro l’Italia di Roberto Mancini. Proverà a rifarsi a Euro 2024.

Carlo Ancelotti guiderà il Brasile dal 2024. Da Capello a Rossi, Lippi, Tedesco e Trapattoni, gli allenatori italiani delle nazionali estere.
Marco Rossi, ct dell’Ungheria, fra gli allenatori italiani più vincenti all’estero (Getty Images).

Marcello Lippi e Fabio Cannavaro, poche fortune per i due allenatori della Cina

Dieci trofei alla guida della Juventus, altri quattro con il Guangzhou Evergrande, ma soprattutto il Mondiale 2006 con l’Italia. È il palmares con cui Marcello Lippi, fra gli allenatori italiani più vincenti, si presentò nel 2016 sulla panchina della nazionale cinese. Vi rimase per tre anni, fino al 2019, con in mezzo una parentesi di appena tre mesi di Fabio Cannavaro. Dopo aver mancato la qualificazione al Mondiale di Russia 2018 e aver perso agli ottavi della Coppa d’Asia 2019, decise di lasciare definitivamente l’incarico, chiudendo tra l’altro la sua carriera da allenatore.

Carlo Ancelotti guiderà il Brasile dal 2024. Da Capello a Rossi, Lippi, Tedesco e Trapattoni, gli allenatori italiani delle nazionali estere.
Marcello Lippi per tre anni alla guida della Cina (Getty Images).

Alberto Zaccheroni, il commissario tecnico che allenava a gesti

Campione d’Italia alla guida del Milan nella stagione 1998-99, Alberto Zaccheroni non ha brillato invece con Inter e Juventus, di cui fu allenatore rispettivamente nel 2003-04 e per alcuni mesi nel 2010. Proprio dopo la conclusione del rapporto con i bianconeri, Zac ricevette l’offerta dal Giappone per guidare la nazionale in Coppa d’Asia. Trofeo che sollevò al primo colpo, battendo l’Australia in finale dopo i tempi supplementari. Il successo, arrivato dopo sette anni di astinenza per il Sol Levante, gli concesse grandi onori a Tokyo, tanto da essere ricevuto dall’imperatore Akihito in persona. Lasciò dopo il Mondiale 2014, eliminato ai gironi. Il capitano dei samurai, Yasuhito Endo disse che, in assenza di interprete, Zaccheroni parlava spesso a gesti con la squadra. Per Zac anche un’esperienza con gli Emirati Arabi fra 2018 e 2019, senza trofei.

Carlo Ancelotti guiderà il Brasile dal 2024. Da Capello a Rossi, Lippi, Tedesco e Trapattoni, gli allenatori italiani delle nazionali estere.
Alberto Zaccheroni con il mano la Coppa d’Asia 2011 (Getty Images).

Mangia, Ranieri e Maldini, gli altri allenatori azzurri giramondo

Oltre alle esperienze sopracitate, sono tanti i commissari tecnici azzurri che hanno vissuto una parentesi alla guida delle nazionali estere. Basti pensare a Claudio Ranieri che, prima di diventare l’eroe in Premier League per il Leicester, nel 2014 si sedette sulla panchina della Grecia. Ci restò appena quattro partite, tre delle quali perse, prima di essere esonerato. Diversi gli allenatori italiani che hanno guidato l’Albania. Gianni De Biasi lo ha fatto per ben sei anni fra 2011 e 2017, portando la nazionale per la prima volta agli Europei. Lo sostituì Christian Panucci fra 2017 e 2019, prima di lasciare l’incarico a Edy Reja, rimasto fino al 2022.

Carlo Ancelotti guiderà il Brasile dal 2024. Da Capello a Rossi, Lippi, Tedesco e Trapattoni, i ct italiani delle nazionali estere.
Claudio Ranieri, per sole quattro partite ct della Grecia (Getty Images).

Marco Tardelli ha allenato l’Egitto per otto partite nel 2004, Devis Mangia è stato a Malta tra 2019 e 2022. Impossibile non citare anche Cesare Maldini, padre di Paolo, che con Giuseppe Dossena come vice guidò il Paraguay al Mondiale 2002 in Corea e Giappone. Superò persino il girone, ma si fermò agli ottavi contro la futura finalista Germania. Infine, menzione speciale per Francesco Moriero, ex centrocampista dell’Inter e dal 2021 tecnico delle Maldive, che ha allenato anche alla Coppa d’Asia 2023.

Serie A, il calendario ufficiale 2023-24: prima giornata, derby e big match

La Serie A ha ufficializzato il calendario della stagione 2023-24. Anche quest’anno andata e ritorno saranno asimmetrici, ossia non rispetteranno l’ordine delle partite in base alle giornate. Parte dunque la caccia al Napoli campione in carica, orfano però dell’allenatore Luciano Spalletti e del difensore Kim. Grande attesa per il riscatto di Inter, Juventus e Milan, fra le formazioni più attive anche nel calciomercato. Quanto alla zona retrocessione, dalla Serie B salgono Frosinone, Genoa e Cagliari, che se la vedranno verosimilmente con Lecce, Salernitana e Verona. Ecco il calendario con la prima giornata, i derby e i big match.

Ufficiale il calendario della Serie A 2023-24. La prima giornata, i derby e i principali big match della nuova stagione del campionato.
Il Napoli festeggia la vittoria dello Scudetto nel 2022-23 (Getty Images).

LEGGI ANCHE: Serie A e Coppa Italia, le date della stagione 2023-24

Serie A, il calendario della prima giornata della stagione 2023-24

Il 20 agosto Napoli campione d’Italia partirà dal Benito Stirpe della neopromossa Frosinone per tentare il bis Scudetto. L’Inter di Simone Inzaghi sarà impegnata a San Siro contro il Monza, al primo anno senza il presidente Silvio Berlusconi. Milan in campo a Bologna, mentre la Juventus sarà di scena alla Dacia Arena di Udine, tra l’altro sede dell’ultima partita della scorsa stagione. La Roma di José Mourinho invece aprirà all’Olimpico contro la Salernitana, mentre la Lazio inizierà dal Via del Mare di Lecce. L’Atalanta di Giampiero Gasperini inizierà al Mapei Stadium di Sassuolo, la Fiorentina di Vincenzo Italiano al Ferraris contro il Genoa. Chiudono la prima giornata Empoli-Verona e Torino-Cagliari.

Serie A, tutti i derby della stagione

Il primo derby della stagione sarà quello di Milano alla quarta giornata, nel weekend del 17 settembre. All’ottava ci sarà invece Juventus-Torino all’Allianz Stadium. Per il derby di Roma invece bisognerà attendere la 12esima, a metà novembre, con i biancocelesti in casa. Domenica successiva di fuoco con l’andata del derby d’Italia fra Inter e Juventus in casa dei bianconeri. Quanto al girone di ritorno, si riparte proprio con Inter-Juventus a San Siro alla 23esima. Fra 31esima e 32esima rispettivamente le stracittadine di Roma e Torino, mentre alla 33esima sarà la volta del derby della madonnina fra Inter e Milan.

Serie A, gli altri big match del calendario 2023-24

Apertura di fuoco per il Milan di Stefano Pioli che nelle prime 10 giornate avrà cinque scontri diretti. Oltre al già citato derby, alla terza sarà ospite della Roma e alla settima riceverà la Lazio a San Siro. Fra nona e decima giornata invece ospiterà la Juventus e andrà al Diego Armando Maradona per affrontare il Napoli. Quanto ai campioni d’Italia, gli Azzurri affronteranno in sequenza Inter e Juventus, rispettivamente in casa e fuori, tra 14esima e 15esima. Quanto ai ritorni, Milan-Napoli e Roma-Inter in contemporanea alla 24esima. Tre turni dopo sarà la volta di Napoli-Juve e Lazio-Milan. Seguiranno alla 29esima Inter-Napoli e alla 34esima Milan-Juventus e Napoli-Roma. Alla penultima Inter-Lazio, nessuno scontro diretto per l’ultima giornata.

Carlo Ancelotti ct del Brasile a partire dal 2024

Carlo Ancelotti sarà il commissario tecnico del Brasile da giugno 2024. L’annuncio ufficiale è stato dato oggi dal presidente della Federcalcio verdeoro, Ednaldo Rodrigues, che ha confermato che l’allenatore del Real Madrid prenderà le redini della Seleçao a partire dalla Coppa America 2024. Fino a quel momento, sulla panchina rimarrà il brasiliano Fernando Diniz, pronto a dirigere le sei partite sudamericane di qualificazione al Mondiale 2026. L’allenatore di Reggiolo rispetterà dunque il contratto in atto con il Real, che scade il 30 giugno 2024.

Ancelotti primo ct straniero del Brasile dal 1965

La curiosità è che un tecnico straniero sulla panchina del Brasile non si vedeva dal 1965. Si trattava in quel caso dell’argentino Filpo Núñez, che però collezionò soltanto una presenza sulla panchina verdeoro. Carlo Ancelotti sarà impegnato nella nuova avventura brasiliana fino al 2026. Il suo primo impiego avverrà in vista della Coppa America, che avrà luogo nell’estate del 2024, negli Stati Uniti. A Fernando Diniz invece, il compito di portare a casa le qualificazioni di settembre, prima in casa contro la Bolivia, poi in trasferta contro il Perù.

Carlo Ancelotti Brasile
Carlo Ancelotti, allenatore del Real Madrid, durante una partita di Liga (Getty).

Carletto, carriera record: quattro Champions da allenatore

La ricca carriera del futuro commissario tecnico del Brasile parla da sola. Il 64enne ha vinto moltissimo da allenatore, motivo per il quale è stimato e apprezzato un po’ da tutti. Impossibile dimenticare le quattro Champions League (un record) ottenute con Milan e Real Madrid, oltre agli scudetti vinti sempre in rossonero e coi blancos, ma anche in Inghilterra con il Chelsea, in Germania con il Bayern Monaco e in Francia con il Paris Saint-Germain. La notizia del suo possibile approdo nella nazionale brasiliana era nell’aria già da tempo. Dopo la Coppa del Mondo del 2022, molti commissari tecnici hanno lasciato la propria nazionale, e si ipotizzavano già i nomi del dopo Tite. Ancelotti aveva spiegato la sua ammirazione verso il club della Seleçao, senza però andare oltre. Ora l’accordo è stato trovato.

Serie A e Coppa Italia, le date della stagione 2023/24

La Lega Serie A ha ufficializzato le date del campionato della prossima stagione, che inizierà il 20 agosto e ci concluderà il 26 maggio 2024. Come già anticipato, il calcio non si fermerà tra Natale e Capodanno: per questo, dei 38 turni previsti, solo uno sarà infrasettimanale. Quattro invece le soste decise per lasciare spazio alle partite delle nazionali.

Calcio: Serie A e Coppa Italia, le date della stagione 2023/24. Il calendario sarò svelato il 5 luglio alle ore 12.
Rafael Leao, attaccante del Milan (Getty Images).

Unico turno infrasettimanale il 27 settembre

Il turno infrasettimanale stabilito dalla Lega Serie A arriverà piuttosto presto, già il 27 settembre. Poi non ce ne saranno altri. Queste le soste previste per gli impegni delle rappresentative nazionali: 10 settembre, 15 ottobre, 19 novembre e 24 marzo. Per quanto riguarda il periodo post-natalizio, l’Associazione Italiana Calciatori aveva proposto lo spacchettamento di una giornata nello spazio tra il post Supercoppa (che verrà disputata a gennaio in Arabia Saudita) e la ripresa delle coppe europee di febbraio. Il turno sarebbe stato dunque diviso in due fine settimana, cinque partite in ognuno. Nessuna conferma arriva dal documento ufficiale pubblicato oggi.

Il 5 luglio sarà svelato il calendario

Il calendario della nuova stagione verrà svelato mercoledì 5 luglio alle ore 12: la diretta sarà trasmessa sulla piattaforma Dazn e sul canale YouTube della Lega Serie A. Il format sarà lo stesso dell’ultima stagione: nessun big match a ridosso delle sfide di Champions League, calendario asimmetrico, prima di campionato in casa per chi ha iniziato fuori nel 2022/23.

Coppa Italia al via il 6 agosto

Rese note anche le date della Coppa Italia. Via fissato per domenica 6 agosto, con il turno preliminare. I 32esimi di finale verranno giocati 13 agosto (ancora una domenica), poi solo gare infrasettimanali per la coppa nazionale: primo primo novembre per i 16esimi, poi ottavi spalmati in quattro giorni tra 6 dicembre, 20 dicembre, 10 e 17 gennaio. Il 31 gennaio 2024 ci saranno i quarti, prima delle doppie semifinali in programma il 3 e 24 aprile. Finale il 15 maggio, come sempre allo stadio Olimpico di Roma.

Calcio: Serie A e Coppa Italia, le date della stagione 2023/24. Il calendario sarò svelato il 5 luglio alle ore 12.
La Coppa Italia (Getty Images).

Declan Rice e gli altri 15 calciatori pagati più di 100 milioni di euro

Declan Rice sarà presto un nuovo calciatore dell’Arsenal. I Gunners, secondo i media britannici, hanno raggiunto un accordo per il trasferimento del mediano vincitore della Conference League con il West Ham alla cifra di 105 milioni di sterline (circa 122 milioni di euro). Sarà così il campione britannico più costoso della storia del calcio, record finora appartenuto a Jack Grealish che nel 2021 passò al Manchester City per 117,5 milioni. Sarà il 15esimo acquisto a tripla cifra, serie inaugurata nel 2013 da Gareth Bale che passò dal Tottenham al Real Madrid per poco più di 100 milioni. Al fianco di talenti del calibro di Neymar Jr. e Kylian Mbappé, però, la lista comprende qualche flop. Ne sa qualcosa il Barcellona, che ha speso 270 milioni per portare al Camp Nou nel 2017 Philippe Coutinho e Ousmane Dembelé, che poi si sono dimostrati deludenti e incostanti.

Non solo Declan Rice, chi sono gli altri giocatori pagati più di 100 milioni di euro

14. Gareth Bale (101 milioni), il primo Mr. 100 milioni della storia

Sebbene abbia da poco dato addio al calcio per dedicarsi al golf, altra sua grande passione, Gareth Bale è il pioniere dei trasferimenti monstre. Nel 2013 passò dal Tottenham, con cui si distinse soprattutto in Champions League con una tripletta all’Inter, al Real Madrid per 101 milioni di euro. Pur non avendo mai brillato come avrebbe potuto, il gallese con le Merengues ha vinto tutto segnando 106 reti in 258 partite.

13. Jude Bellingham (103 milioni), il primo acquisto top del 2023

Al 13esimo posto c’è Jude Bellingham. Dal Borussia Dortmund è approdato al Real quest’anno per ben 103 milioni di euro. Centrocampista di interdizione e costruzione, da mezzala ha giocato 133 partite con i gialloneri segnando 24 reti. I Blancos lo hanno prelevato per far rifiatare Luka Modric e Toni Kroos.

L'Arsenal paghrà 122 milioni di euro per Declan Rice. Da Neymar a Coutinho, chi sono gli altri giocatori pagati più di 100 milioni.
Jude Bellingham alla presentazione del Real Madrid (Getty Images).

12. Paul Pogba (105 milioni), la massima plusvalenza della Juve

Vero crack del centrocampo bianconero nei primi anni, Paul Pogba sta faticando a ritrovare continuità per via dei troppi infortuni. Un calvario che ha avuto inizio al Manchester United, dove tornò nel 2016 dopo essere andato via a parametro zero proprio per approdare alla Juventus, per la cifra di 105 milioni di euro. Allora il più pagato della storia del calcio, ma ha rifatto le valigie per l’Italia dopo soli sei anni.

11. Romelu Lukaku (113 milioni), il deludente ritorno in Premier di Big Rom

All’11esimo posto troviamo Romelu Lukaku che nel 2021 lasciò l’Inter per approdare al Chelsea, squadra che lo aveva lanciato da giovanissimo. Un trasferimento da 113 milioni di euro che il belga non ha però ripagato con le prestazioni. Dopo appena 15 reti in 44 presenze fra Premier e coppe europee, nel 2022 è tornato in nerazzurro senza ritrovare i fasti iniziali.

L'Arsenal paghrà 122 milioni di euro per Declan Rice. Da Neymar a Coutinho, chi sono gli altri giocatori pagati più di 100 milioni.
Romelu Lukaku nella finale della Champions a Istanbul (Getty Images).

10. Eden Hazard (115 milioni), l’inizio della fine per un grande talento

Da un belga a un altro per parlare di Eden Hazard. Sei volte candidato per il Pallone d’oro fra 2013 e 2019, con la maglia del Chelsea ha segnato 110 reti in 352 partite fra tutte le competizioni. Nel 2019 però passò al Real Madrid che lo portò al Santiago Bernabeu per 115 milioni di euro. Fu l’inizio della sua fine, dato che in Spagna ha collezionato appena sette reti in 73 presenze.

9. Cristiano Ronaldo (117 milioni), lo sbarco di CR7 in Italia alla Juve

L’acquisto più costoso della Serie A è l’approdo di Cristiano Ronaldo dal Real Madrid alla Juventus nel 2018. Arrivato a Torino per 117 milioni di euro, è finora il trasferimento più oneroso della storia del club che lo portò in Italia per vincere la Champions League. Titolo che però non è arrivato nonostante 101 reti in appena 134 partite suddivise in tre stagioni.

L'Arsenal paghrà 122 milioni di euro per Declan Rice. Da Neymar a Coutinho, chi sono gli altri giocatori pagati più di 100 milioni.
Cristiano Ronaldo nella sua ultima partita con la Juventus (Getty Images).

8. Jack Grealish (117,5 milioni), l’acquisto più caro di Pep Guardiola

Tra i britannici più cari di sempre c’è Jack Grealish, esterno d’attacco del Manchester City. Fortemente voluto da Pep Guardiola, ha lasciato l’Aston Villa nel 2021 per 117,5 milioni di euro. Pur agendo da ala sinistra offensiva, con i Citizen ha faticato a trovare la via del gol, mettendo a referto 11 gol in 88 presenze. A giugno ha però coronato la stagione con il Treble, alzando Premier League, FA Cup e Champions.

7. Antoine Griezmann (120 milioni), “Le petit diable” si veste di blaugrana

Al settimo posto della classifica si piazza Antoine Griezmann, noto in terra francese come Le petit diable. Fantasista, trequartista della Nazionale transalpina, nel 2019 il Barcellona lo comprò dall’Atletico Madrid per 120 milioni di euro, affiancandolo al talento di Lionel Messi. Proprio la difficile convivenza con l’argentino non ha fatto decollare il rapporto, conclusosi nel 2021 con un ritorno fra le fila dei Colchoneros.

L'Arsenal paghrà 122 milioni di euro per Declan Rice. Da Neymar a Coutinho, chi sono gli altri giocatori pagati più di 100 milioni.
Antoine Griezmann con la maglia dell’Atletico Madrid (Getty Images).

6. Enzo Fernandez (121 milioni), la gemma nel faraonico mercato del Chelsea

La stagione 2022-23 del Chelsea ha rappresentato uno dei mercati più onerosi per un club nella storia del calcio. I Blues hanno speso oltre 600 milioni di euro per rinfoltire una rosa che, a fine anno, si è piazzata addirittura fuori dai piazzamenti per le coppe europee. Fra i giocatori arrivati a Londra ci fu anche Enzo Fernandez, preso dal Benfica per 121 milioni di euro.

5. Joao Felix (127,5 milioni), l’acquisto più caro della storia dell’Atletico Madrid

Oggi al Chelsea, Joao Felix nel 2018 passò all’Atletico Madrid dal Benfica per 127,5 milioni di euro. Pur essendo fra i giocatori portoghesi di maggior talento, alla corte di Diego Simeone ha faticato sempre ad adattarsi, fallendo molto spesso l’appuntamento con la consacrazione. Dopo 34 gol in 131 partite, ha lasciato la Spagna per la Premier League, dove però ha giocato ancora meno.

L'Arsenal paghrà 122 milioni di euro per Declan Rice. Da Neymar a Coutinho, chi sono gli altri giocatori pagati più di 100 milioni.
Joao Felix con la maglia del suo Portogallo (Getty Images).

4. Ousmane Dembelé (135 milioni), il primo acquisto poi fallimentare del 2017 blaugrana

Fra gli acquisti flop più eclatanti della storia del calcio c’è sicuramente Ousmane Dembelé, preso dal Barcellona nel 2017 per 135 milioni. L’ex ala destra del Borussia Dortmund, stabilmente in rosa nella Francia di Didier Deschamps, ha segnato 40 reti in 182 presenze con la maglia blaugrana, con cui nel 2023 si è laureato campione di Spagna. Con la Nazionale ha vinto il Mondiale 2018 e giocato da titolare gran parte dell’edizione 2022.

3. Philippe Coutinho (135 milioni), doppio flop per il Barcellona dopo il francese

Assieme a Dembelé, nel 2017 il Barcellona acquistò per la stessa cifra Philippe Coutinho dal Liverpool. Il brasiliano, con un passato anche con la maglia dell’Inter, non ha mai brillato in Spagna tanto da passare nel 2019 al Bayern Monaco per una parentesi di un anno. Tornato in Inghilterra nell’estate 2022 per vestire la maglia dell’Aston Villa, in blaugrana ha segnato 26 reti in oltre 100 partite.

L'Arsenal paghrà 122 milioni di euro per Declan Rice. Da Neymar a Coutinho, chi sono gli altri giocatori pagati più di 100 milioni.
Philippe Coutinho con la maglia del Barcellona (Getty Images).

2. Kylian Mbappé (180 milioni), la stella della Francia fa felice il Monaco

Se terzo e quarto posto della classifica rappresentano due grandi flop, i due calciatori più pagati della storia sono invece stelle indiscusse del calcio. Nel 2018 il Paris Saint-Germain ha comprato dal Monaco il giovane Kylian Mbappé per 180 milioni di euro, mettendolo sempre più al centro del progetto. Sotto la Tour Eiffel ha segnato 212 reti in 260 partite, ma nel 2024 dovrebbe passare al Real Madrid.

1. Neymar Jr (222 milioni), l’acquisto più caro della storia del calcio

Il trasferimento più pagato di sempre è Neymar Jr, acquistato sempre dal Paris Saint-Germain nel 2017 per 222 milioni di euro dal Barcellona. La stella della nazionale brasiliana, dopo il triplete con Messi e compagnia, ha scelto Parigi per rilanciare la sua carriera e tentare l’assalto al Pallone d’oro. Nella capitale francese ha messo a referto 118 reti in 173 partite, ma ha fatto parlare più per i suoi infortuni e le bravate che per le magie sul rettangolo di gioco.

L'Arsenal paghrà 122 milioni di euro per Declan Rice. Da Neymar a Coutinho, chi sono gli altri giocatori pagati più di 100 milioni.
Neymar Jr. è il più pagato di sempre (Getty Images).

Europeo Under 21, le combinazioni sul passaggio del turno dell’Italia e l’incubo biscotto

Ultima giornata della fase a gironi dell’Europeo Under 21. L’Italia di Paolo Nicolato gioca il 28 giugno, alle 20.45 in diretta su Rai1, contro la Norvegia. La classifica vede in testa la Francia a punteggio pieno dopo due partite, seguita dagli Azzurrini e dalla Svizzera a quota tre punti. Ultima proprio la Norvegia, sconfitta sempre di misura nelle precedenti due uscite. Per raggiungere i quarti di finale e sperare di qualificarsi per l’Olimpiade di Parigi 2024, la Nazionale italiana deve vincere il suo match e guardare alla partita fra Svizzera e Francia. Seppur complesso, è possibile un “biscotto” tra le due formazioni, un punteggio cioè tacitamente concordato che le qualificherebbe entrambe a spese dell’Italia. Incubo che conosciamo bene, soprattutto dopo il famigerato 2-2 fra Danimarca e Svezia a Euro 2004.

LEGGI ANCHE: Europeo Under 21, da Tonali a Scalvini: chi sono i talenti dell’Italia

Le combinazioni per la qualificazione dell’Italia ai quarti dell’Europeo Under 21

Oltre che con una vittoria, la Nazionale italiana potrebbe qualificarsi anche con un pareggio. In tal caso bisognerà sperare che la Svizzera ottenga al massimo lo stesso risultato contro la Francia, in quanto a pari punti passerebbero gli Azzurrini in virtù dello scontro diretto. Qualora gli svizzeri dovessero vincere contro la Francia e in contemporanea l’Italia battesse la Norvegia, le tre squadre arriverebbero invece a quota sei, rendendo necessario il ricorso alla classifica avulsa. I criteri principali riguardano gli scontri diretti e, in ordine di importanza, contano punti, differenza reti e gol fatti.

Contro la Norvegia l'Italia Under 21 si gioca il passaggio ai quarti. Occhio al pericolo biscotto fra Svizzera e Francia. Gli scenari.
Il commissario tecnico della Nazionale Paolo Nicolato (Getty Images).

Considerando solo le sfide tra Francia, Svizzera e Italia, al momento la situazione della differenza reti vede la Francia con +1 (Italia-Francia 1-2), gli Azzurrini a zero (Italia-Francia 1-2 e Svizzera-Italia 2-3) e gli svizzeri a -1 (Svizzera-Italia 2-3). Se la Svizzera dovesse battere la Francia per 4-3, la differenza reti sarebbe zero per tutti e a quel punto entrerebbero in ballo i gol segnati negli scontri diretti. In tal caso avremmo Svizzera con sei fatti e sei subiti, Francia con cinque all’attivo e al passivo e azzurri fermi a quattro segnati e incassati, dunque fuori dai giochi. C’è però anche un secondo caso: se la Svizzera dovesse battere la Francia 3-2, sarebbero primi nel girone, mentre Francia e Italia in parità per scontri diretti, differenza reti negli stessi e numero di reti all’attivo. A questo punto la sconfitta contro i transalpini, viziata però dal Var, ci condannerebbe.

Il biscotto contro gli Azzurri, dal caso più recente al più famoso

Svizzera e Francia potrebbero concretizzare l’incubo biscotto che già diverse volte ha fatto piangere l’Italia. Il caso più recente risale all’Europeo Under 21 del 2019, quando la fase a gironi si comprendeva di soli tre raggruppamenti. Alle semifinali accedevano solo le prime classificate e la migliore seconda. L’Italia chiuse a sei punti come Spagna e Polonia nel Gruppo A ma, per colpa della differenza reti, al secondo posto. Il 24 giugno, due giorni dopo l’ultimo incontro degli Azzurrini, Francia e Romania giunsero al match decisivo con sei punti a testa. Temendo di farsi male a vicenda, chiusero la partita sullo 0-0 senza mai tirare in porta. Con sette punti, la Francia fu la migliore seconda del torneo e sbarcò in semifinale, persa contro la Spagna poi campione.

Il biscotto più incredibile che ha penalizzato l’Italia in un torneo ufficiale risale a Euro 2004. Nel Gruppo C, gli Azzurri vennero eliminati con cinque punti, a pari merito con Danimarca e Svezia, che pareggiarono 2-2 nello scontro diretto all’ultima giornata. L’unico risultato che, in caso di contemporanea vittoria azzurra contro la Bulgaria, avrebbe permesso loro di andare a braccetto ai quarti. Nei giorni antecedenti il match, Gennaro Gattuso chiese «50 telecamere» per sorvegliare il campo, Alex Del Piero parlò di un «risultato sporco che non si sarebbe mai verificato». Gli svedesi, fra cui militava un giovanissimo Zlatan Ibrahimovic, pareggiarono all’89’ su errore del portiere danese. Nel frattempo, Antonio Cassano segnava il vantaggio azzurro, tuttavia inutile ai fini del passaggio del turno.

Contro la Norvegia l'Italia Under 21 si gioca il passaggio ai quarti. Occhio al pericolo biscotto fra Svizzera e Francia. Gli scenari.
Il tabellone luminoso con il celebre 2-2 di Euro 2004 (Getty Images).

Europeo Under 21, da Tonali a Scalvini: chi sono i talenti dell’Italia

Tanta Serie A e qualche talento del campionato di B fra i 23 convocati dell’Italia di Paolo Nicolato per l’Europeo Under 21, in programma in Romania e Georgia dal 21 giugno. Gli Azzurrini andranno a caccia di un titolo continentale che manca dal lontano 2004, l’ultimo dei cinque finora conquistati, record condiviso con la Spagna. Nel 4-3-3 tipo dell’Italia giocano diversi calciatori che da tempo calcano non solo i campi più importanti del nostro campionato, ma anche quelli internazionali. Basti pensare a Sandro Tonali, centrocampista del Milan e colonna dello scudetto vinto nel 2022. Con lui anche Wilfried Gnonto, esterno d’attacco del Leeds United appena rientrato dagli impegni di Nations League con la Nazionale maggiore di Roberto Mancini. In attesa della partita d’esordio, in programma giovedì 22 giugno alle 20.45 con la Francia, ecco i migliori talenti azzurri da tenere d’occhio all’Europeo Under 21.

Dall’attacco alla difesa, i talenti degli Azzurri all’Europeo Under 21

Portieri, oltre a Marco Carnesecchi arrivano due stelle della Serie B

Certezza della Cremonese nella stagione 2022-23, Marco Carnesecchi è ormai un pilastro della Nazionale Under 21. Classe 2000, vanta già 19 presenze con gli Azzurrini di Nicolato, con cui ha esordito il 6 settembre 2019 contro la Moldavia. Nella stagione 2023 tornerà all’Atalanta, che lo aveva già acquistato ma lasciato in prestito ai grigiorossi, dove potrebbe togliere il posto da titolare a Juan Musso. Fra i portieri dell’Europeo Under 21 anche Elia Caprile del Bari e Stefano Turati del Frosinone, neo campione in Serie B. Il primo ha portato i pugliesi alla finale playoff per la promozione in Serie A, persa nei minuti finali contro il Cagliari. Il secondo, classe 2001, ha tenuto la propria porta inviolata per 20 occasioni su 37 partite.

Da Tonali a Scalvini, passando per Gnonto e Bellanova. Numeri e profilo dei talenti dell'Italia da tenere d'occhio all'Europeo Under 21.
Il portiere titolare della Nazionale Under 21 Marco Carnesecchi (Getty Images).

Raoul Bellanova, Giorgio Scalvini e Destiny Udogie, i talenti azzurri della difesa

Pur avendo un parco difensori di classe ed esperienza, l’Italia può vantare nel reparto tre talenti non solo del futuro, ma anche del presente azzurro. Titolarissimi di Nicolato saranno quasi certamente l’interista Raoul Bellanova, l’atalantino Giorgio Scalvini e l’ormai ex laterale dell’Udinese Destiny Udogie. Il primo, dopo un difficile periodo di ambientamento a San Siro, ha trovato continuità con Simone Inzaghi, tanto da giocare uno spezzone nella finale di Champions league. Il secondo, grazie a un rendimento eccellente, è finito nelle mire dei maggiori club italiani ed europei. Valutato 30 milioni di euro, ha guadagnato l’interesse di Inter, Napoli e Juventus, ma anche Manchester City e Atletico Madrid. Infine, menzione speciale per Udogie, che dalla stagione 2023-24 giocherà in Premier league al Tottenham.

Da Tonali a Scalvini, passando per Gnonto e Bellanova. Numeri e profilo dei talenti dell'Italia da tenere d'occhio all'Europeo Under 21.
Giorgio Scalvini in campo con la maglia azzurra (Getty Images).

Non solo Sandro Tonali, nel centrocampo azzurro anche Edoardo Bove e Fabio Miretti

Il reparto di maggior talento della Nazionale Under 21 è però il centrocampo, dove giocano diversi calciatori che hanno fatto la fortuna in Europa delle loro squadre. Su tutti spicca Sandro Tonali. Acquistato dal Milan nel luglio 2021 per 27 milioni di euro, per Transfermarkt ne vale ora almeno 50. Con 48 presenze tra campionato e coppe, è fra i rossoneri con maggior minutaggio e forse potrebbe patire la stanchezza di fine stagione. Occhi puntati anche su Edoardo Bove e Fabio Miretti, rispettivamente centrocampisti di Roma e Juventus. Il primo ha deciso la semifinale di andata di Europa League contro il Bayer Leverkusen, segnando la rete del definitivo 1-0. Il secondo, pur non avendo ancora trovato la via del primo gol in bianconero, ha giocato 40 partite con Massimiliano Allegri, mettendo a referto tre assist.

Da Tonali a Scalvini, passando per Gnonto e Bellanova. Numeri e profilo dei talenti dell'Italia da tenere d'occhio all'Europeo Under 21.
Sandro Tonali sarà fra i titolari di Nicolato nell’Italia Under 21 (Getty Images).

Con Wilfried Gnonto all’Europeo Under 21 anche l’eterna promessa Pietro Pellegri

Quanto all’attacco, il nome più noto degli ultimi mesi è Wilfried Gnonto. Sbarcato fra i grandi per volere di Roberto Mancini, che lo convocò dopo averlo visto giocare nello Zurigo, milita ora in Premier league nel Leeds United. Ad appena 19 anni, vanta già 10 presenze con la Nazionale maggiore, con cui ha consegnato un assist all’esordio a Lorenzo Pellegrini contro la Germania. Per Gnonto anche una rete, proprio contro i tedeschi, nella partita di ritorno dei gironi di Nations League. Scuola Inter, con cui ha giocato fino all’Under 19, potrebbe rappresentare uno dei giocatori di maggior talento dell’Europeo Under 21. Fra i convocati di Paolo Nicolato infine anche Pietro Pellegri, astro nascente che ha sempre faticato a sbocciare. Dopo l’ottimo esordio con il Genoa nel 2018, ha trascorso brevi e negative parentesi fra Monaco e Milan prima di approdare nel luglio 2022 al Torino, spesso frenato dagli infortuni, come quando – sul campo del Bologna – si fece male alla caviglia dopo 3 secondi dal fischio d’inizio, dovendo subito uscire.

Da Tonali a Scalvini, passando per Gnonto e Bellanova. Numeri e profilo dei talenti dell'Italia da tenere d'occhio all'Europeo Under 21.
Wilfried Gnonto nella recente partita di Nations League contro l’Olanda (Getty Images).

Europeo Under 21, cinque giocatori da tenere d’occhio: da Mudryk a Openda

Fabian Ruiz, Klaas-Jan Huntelaar, Thiago Alcantara, Alberto Gilardino. Sono solo alcuni degli Mvp, i migliori giocatori, della storia dell’Europeo Under 21. L’edizione 2023, in programma dal 21 giugno in Romania e Georgia, si preannuncia come le precedenti ricca di stelle e astri nascenti del calcio continentale. Spiccano gli italiani Sandro Tonali e Giorgio Scalvini, ma anche alcuni gioielli della Premier League. Su tutti l’ucraino Mykhaylo Mudryk, acquistato a gennaio dal Chelsea per 70 milioni di euro dallo Shakhtar Donetsk. Con il Belgio giocherà invece Charles De Ketelaere, che spera di lasciarsi alle spalle la difficile stagione col Milan. Ecco i cinque giocatori più interessanti delle varie nazionali.

Europeo Under 21, da Mudryk a Openda: le 5 stelle del torneo

Ryan Gravenberch (Olanda), l’ex Ajax già al Bayern Monaco

Il più prezioso Under 21 dell’Olanda è, secondo i dati Transfermarkt, Ryan Gravenberch. Ex centrocampista dell’Ajax, dopo alcuni anni in patria nel luglio 2022 si è accasato al Bayern Monaco. Pur avendo collezionato solamente 33 presenze fra Bundesliga e coppe per appena 938 minuti complessivi, sta guadagnando man mano spazio nel centrocampo bavarese ma potrebbe andar via. «Voglio giocare», ha sottolineato al quotidiano olandese Telegraaf. «Se non al Bayern, in un club che me lo consenta al 100 per cento». Non a caso il Liverpool di Jürgen Klopp starebbe pensando a lui per rinfoltire la linea di metà campo dopo gli addii di Nabi Keita, James Milner e Alex Oxlade-Chamberlain.

Dal belga Openda, nelle mire del Milan, al tedesco Bisseck, vicino all'Inter, passando per l'ucraino Mudryk. Le stelle dell'Europeo Under 21.
Ryan Gravenberch con la maglia dell’Olanda durante il riscaldamento (Getty Images).

Cole Palmer (Inghilterra), uno dei talenti di Pep Guardiola al Manchester City

Classe 2002 e pupillo di Pep Guardiola, Cole Palmer rappresenta una delle maggiori promesse del Manchester City e della Nazionale inglese. Grazie alla sua duttilità, può giocare sia da mezzala sia da trequartista seguendo le orme dei suoi compagni di squadra Kevin De Bruyne e Phil Foden. Memorabile la sua settimana perfetta nella seconda metà di ottobre 2021. Convocato il 16 ottobre da Guardiola, ha giocato i minuti di recupero contro il Burnley e poche ore dopo era già in campo con l’Under 23 per la partita di Premier. In 90 minuti ha segnato una tripletta e portato a casa il pallone. Tre giorni dopo, il 19 ottobre, ha giocato ancora una volta con gli uomini di Guardiola in Champions contro il Bruges e, dopo tre minuti, è andato a segno.

Dal belga Openda, nelle mire del Milan, al tedesco Bisseck, vicino all'Inter, passando per l'ucraino Mudryk. Le stelle dell'Europeo Under 21.
Cole Palmer accanto al suo allenatore del City Pep Guardiola (Getty Images).

Mykhaylo Mudryk (Ucraina), l’Under 21 più costoso del torneo

Talento puro ma discontinuo dell’Ucraina, Mykhaylo Mudryk è l’Under 21 più costoso del pianeta. Secondo Transfermarkt, infatti, il suo valore attuale è di 50 milioni di euro, ma a marzo aveva toccato i 60 milioni. Passato al Chelsea nel gennaio 2023 nel mezzo della faraonica campagna acquisti dei Blues, ha faticato ad ambientarsi nel calcio inglese, ma ha numeri da campione. In Nazionale ha messo a segno tre reti in 16 presenze, mentre con la maglia dello Shakhtar ha collezionato nove centri in 26 partite. Dotato di rapidità e dribbling nello stretto, si diverte spesso sui social network (soprattutto su Instagram, dove conta 1,4 milioni di follower) mettendo in mostra le sue abilità in varie sfide di freestyle. Sarà probabilmente la sua ultima apparizione nella categoria, dato che a gennaio ha compiuto 22 anni ed è nel giro della nazionale maggiore.

Dal belga Openda, nelle mire del Milan, al tedesco Bisseck, vicino all'Inter, passando per l'ucraino Mudryk. Le stelle dell'Europeo Under 21.
Mykhaylo Mudryk contende il pallone ad Harry Kane (Getty Images).

Yann Aurel Bisseck (Germania), il difensore a un passo dall’Inter

Sirene di mercato italiane per Yann Aurel Bisseck, difensore centrale che sarà in campo con la Germania Under 21. Classe 2000 di origini camerunensi, è infatti nel mirino dell’Inter per la stagione 2023-24, dove arriverebbe per sostituire Milan Skriniar volato al Psg e far rifiatare Francesco Acerbi. Solitamente schierato al centro della difesa, può anche giocare da mediano, data la sua statura di 196 centimetri. In carriera ha debuttato ad appena 16 anni e 11 mesi in Bundesliga, diventando il più giovane a giocare nel massimo campionato tedesco con la maglia del Colonia. La stagione precedente ha invece militato nell’Aarhus, club della prima divisione danese.

Dal belga Openda, nelle mire del Milan, al tedesco Bisseck, vicino all'Inter, passando per l'ucraino Mudryk. Le stelle dell'Europeo Under 21.
Yann Aurel Bisseck con la maglia della Germania (Getty Images).

Lois Openda (Belgio), la stella del Lens che potrebbe andare al Milan

I tifosi del Milan avranno due motivi per guardare le partite del Belgio all’Europeo Under 21. Con i Diavoli rossi infatti ci saranno Charles De Ketelaere e Lois Openda. Il primo ha giocato una stagione opaca con la maglia rossonera, conclusa senza riuscire a segnare e con un solo assist all’esordio. Una manifestazione continentale potrebbe aiutarlo a ritrovare freschezza e brillantezza per il futuro, convincendo i dirigenti del Milan a dargli una seconda chance. Lois Openda è invece attualmente nelle mire dei rossoneri grazie alla sua brillante stagione con il Lens, culminata al secondo posto per una storica qualificazione in Champions Laegue. Su di lui però anche il Lipsia, forte della vendita di Christopher Nkunku al Chelsea. Grazie alle 21 reti in 38 presenze, il suo valore di mercato è schizzato a 20 milioni di euro.

Dal belga Openda, nelle mire del Milan, al tedesco Bisseck, vicino all'Inter, passando per l'ucraino Mudryk. Le stelle dell'Europeo Under 21.
L’attaccante belga Lois Openda con la maglia del Lens in Ligue 1 (Getty Images).

Pippo Inzaghi contro Max Allegri: «Ho smesso un anno prima per colpa sua»

Se non ci fosse stato Massimiliano Allegri sulla panchina del Milan, la carriera di Filippo Inzaghi si sarebbe chiusa a 40 anni anziché a 39, come successo effettivamente nel 2012. Lo rivela l’ex attaccante e oggi allenatore, nell’autobiografia Il momento giusto, scritta a quattro mani con Giovan Battista Olivero, giornalista della Gazzetta dello Sport.

Autobiografia Il momento giusto, Pippo Inzaghi contro Max Allegri: «Ho smesso un anno prima per colpa sua».
L’omaggio dei tifosi del Milan nel giorno dell’addio di Inzaghi e di altri big rossoneri (Getty Images).

«Allegri chiese che non mi fosse rinnovato il contratto»

Proprio la rosea ha pubblicato alcuni estratti dell’autobiografia, uscita il 20 giugno nelle librerie. «Era stato Allegri a chiudere la mia carriera da giocatore. Io e il Milan, infatti, nella primavera del 2012 avevamo trovato un accordo per prolungare di un anno il mio contratto. Io sarei stato un importante collante nello spogliatoio che nel giro di poco tempo aveva perso Maldini, Pirlo, Nesta, Gattuso, Seedorf. Elementi di spessore che avevano lasciato un vuoto profondo. Non avrei accampato alcuna pretesa…», scrive Inzaghi in un passaggio del libro. «Galliani era felice di aver trovato insieme a me questa soluzione. Allegri invece la bocciò, non mi voleva più nello spogliatoio e lo disse al dirigente chiedendo che non mi fosse rinnovato il contratto. Per me fu una mazzata». Ecco dunque un altro attestato di “non stima” per Allegri, che nel corso degli ultimi due anni ne ha ricevuti parecchi: poche – praticamente nessuna – le soddisfazioni con la Juventus, tantissime le critiche raccolte. Basti pensate ai ripetuti attacchi da parte del “giochista” Daniele Adani, che vede come fumo negli occhi il “risultatista” Max.

Autobiografia Il momento giusto, Pippo Inzaghi contro Max Allegri: «Ho smesso un anno prima per colpa sua».
Massimiliano Allegri, allenatore del Milan dal 2010 al 2014 (Getty Images).

Per Inzaghi 300 partite e 126 gol con il Milan, poi una stagione da allenatore

Inzaghi, che nell’ultima stagione ha allenato la Reggina in Serie B, ha giocato nel Milan dal 2001 al 2012. Con la maglia rossonera ha disputato 300 partite, mettendo a segno 126 gol, tra cui i due preziosissimi che regalarono la Champions League al Diavolo nel 2007, nella finale-rivincita contro il Liverpool. Nelle ultime due stagioni da calciatore, coincise con la presenza di Allegri sulla panchina del Milan, aveva però collezionato in tutto appena 18 presenze. Appesi gli scarpini al chiodo, nel 2014/15 ha esordito come allenatore proprio alla guida del Milan, chiudendo il campionato (vinto proprio dalla Juve di Allegri) al decimo posto.

Evangelos Marinakis, luci e (tante) ombre del Berlusconi greco che vuole prendersi il Monza

Mister Evangelos Marinakis potrebbe arrivare in Italia e nessuno sembra farci caso. Lo shopping straniero di club italiani si è andato incrementando di mese in mese, ormai le proprietà estere dei club della nostra Serie A si apprestano a sopravanzare quelle nazionali, sicché il fatto che ne arrivi una dalla Grecia può sembrare soltanto un ulteriore tocco d’esotico. E invece bisognerebbe guardare con più attenzione al personaggio. Perché si tratta di un soggetto che intrattiene col mondo del calcio un rapporto sui generis: ha costruito un sistema di potere nel calcio greco che rimane tuttora inattaccabile, è alleato di tutti i super agenti in circolazione, è riuscito persino a venir fuori pressoché indenne da uno scandalo di match fixing che ha coinvolto il suo Olympiacos Pireo. E adesso ha deciso di crearsi un sistema di multiproprietà calcistica che guarda alle principali leghe europee. Per questo ha dapprima scelto di acquisire il glorioso Nottingham Forest, portandolo in Premier league dopo anni di seconda divisione, e adesso punta alla Serie A guardando al Monza, che la famiglia Berlusconi è pronta a mettere in vendita dopo la morte di Silvio.

Evangelos Marinakis, luci e (tante) ombre del Berlusconi greco che vuole prendersi il Monza
Silvio Berlusconi e Adriano Galliani (Imagoeconomica).

Magnate dei media coinvolto in politica: vi ricorda qualcuno?

Come da stereotipo dei magnati greci che investono nel mondo dello sport, Marinakis è un armatore. E giusto per proseguire nel solco degli stereotipi, è anche un magnate dei media oltreché direttamente coinvolto in politica (consigliere comunale al Pireo, da indipendente). Elementi, questi ultimi, che facilmente lo collocano nel profilo degli oligarchi che hanno colonizzato il calcio europeo con l’avvio del nuovo secolo. Inoltre, a spianargli il cammino è stato anche il fatto di appartenere a una dinastia ottimamente radicata nell’economia nazionale, col padre Miltiadis che ha consolidato un impero economico oltre a essere stato deputato del partito conservatore Nuova democrazia.

Evangelos Marinakis, luci e (tante) ombre del Berlusconi greco che vuole prendersi il Monza
Evangelos Marinakis in tribuna a guardare il suo Nottingham Forest. (Getty)

Sbaragliata la concorrenza delle rivali Aek e Panathinaikos

In questo contesto familiare il giovane Evangelos cresce respirando un’atmosfera fortemente intrisa dal connubio fra potere e denaro. E dopo essersi laureato a Londra in International Business Administration inizia a prendersi il proprio spazio. Lo fa innovando il sistema di potere costruito da Miltiadis. E in questo senso adotta la ricetta berlusconiana, trasformata nel frattempo in un copyright e esportata in giro per l’Europa: investire nel settore dei media e nel calcio. Due campi nei quali è possibile costruire un’immagine pubblica edificante e acquisire vasto consenso. Nel campo mediatico Marinakis ha fondato due quotidiani (To Vima e To Mea) e una stazione televisiva (Mega Channel). In campo calcistico, ha acquisito l’Olympiacos Pireo nel 2010 inaugurando una fase nella quale la squadra biancorossa ha sbaragliato la concorrenza delle rivali storiche Aek Atene e Panathinaikos.

Evangelos Marinakis, luci e (tante) ombre del Berlusconi greco che vuole prendersi il Monza
Evangelos Marinakis allo stadio durante una partita dell’Olympiacos in Europa league (Getty).

È presidente della lega greca e vicepresidente della federazione

Dal 2010 al 2022 la squadra biancorossa vince 10 campionati nazionali su 13. Lo fa perché è nettamente la più forte, ma anche perché dà proprio l’idea di essere intoccabile. Uno status che deriva anche dall’ascesa di Marinakis nella mappa del potere calcistico. L’armatore arriva a essere infatti, in entrambi i casi per due mandati, presidente della lega professionistica greca e vicepresidente della federazione. E il fatto che un magnate dai così vasti (e impegnativi) interessi trovi tempo da dedicare a due cariche politiche in ambito calcistico dà la misura dell’importanza che il calcio ha per il personaggio: uno strumento di potere per agire in una vasta zona grigia d’intersezione fra politica, economia e affari.

Le inchieste: traffico di droga e presunta corruzione

Ma il fatto che Marinakis venga percepito come un intoccabile è determinato dall’esplosione di vicende giudiziarie che fanno molto scalpore sia in patria che all’estero. Una di queste riguarda una storia di traffico di droga condotto attraverso la nave Noor One. Marinakis è stato coinvolto ma ne è uscito pulito. Va aggiunto che molti dei soggetti cui sarebbe toccato testimoniare sulla vicenda sono morti ammazzati, ma ovviamente si tratta di coincidenze. Una vicenda certamente meno grave sotto il profilo penale ma egualmente inquietante è una vasta manovra di presunte corruzioni calcistiche della quale l’Olympiacos sarebbe stato al centro. Anche in questo caso Marinakis ne è uscito pulito. Anche perché in sede Uefa l’inchiesta ha trovato un’attenzione un po’ discontinua. Ciò è avvenuto nel periodo finale della presidenza di Michel Platini, quando il segretario generale della confederazione calcistica si chiamava Gianni Infantino.

Marinakis fa affari con tutti e continuerebbe a farli a Monza. In certi casi non è soltanto calciomercato: sono relazioni di potere

Dopo lo stravolgimento che mette fuori gioco sia Joseph Blatter sia Platini e spiana a Infantino la strada verso la presidenza della Fifa, il ruolo chiave di segretario generale dell’Uefa viene assunto da Theodore Theodoridis. Che di Infantino era vice da segretario generale e che nella confederazione calcistica europea conta quanto e forse più del presidente Aleksander ?eferin. Soprattutto, Theodore è figlio di Savvas, ex portiere nonché ex dirigente dell’Olympiacos. Nei giorni in cui lo scandalo sulle accuse di match fixing rivolte all’Olympiacos era nel pieno del clamore, Theodoridis padre chiedeva pubblicamente di non coinvolgere Theodoridis figlio nella vicenda, per non compromettere la nomina a segretario generale Uefa. Ma c’è da credere che nulla e nessuno avrebbe fermato la nomina. Che adesso permette a Marinakis di contare su una sponda solida all’interno della confederazione europea. E sponde ancora più solide vengono trovate presso la categoria dei super agenti, i monopolisti del calciomercato globale che con l’Olympiacos fanno affari tutti quanti. Marinakis era grande amico di Mino Raiola e continua a esserlo di Jorge Mendes, così come di Stellar Group e di Rogon, senza disdegnare i rapporti con Pini Zahavi e Fali Ramadani. Marinakis fa affari con tutti e continuerebbe a farli a Monza. In certi casi non è soltanto calciomercato: sono relazioni di potere.

Uefa: stop agli ottavi di Champions ed Europa League per coronavirus

Martedì 17 marzo la confederazione decide sul futuro delle competizioni.

Dopo il rinvio delle partite di Real Madrid e Juventus, la Uefa ha ufficializzato lo stop a tutte le partite di Champions ed Europa League valide per gli ottavi di finale previste la prossima settimana. La decisione, sottolinea la Bbc, è stata presa dopo una riunione in conference call con i rappresentanti delle 55 federazioni e delle leghe nazionali. La riunione è stata aggiornata al 17 marzo per valutare ulteriori provvedimenti.

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Caos Roma e Inter: l’Uefa paga il silenzio sul coronavirus

Rischiano di saltare entrambi i match che vedevano impegnate le italiane nella seconda competizione europea. I giallorossi non partono per Siviglia e il Getafe non vuole venire a Milano. Mentre la LIga valuta lo stop.

L’immobilismo dell’Uefa nel fronteggiare il coronavirus rischia di compromettere definitivamente il regolare andamento delle competizioni europee. Alla vigilia degli ottavi di Europa League, infatti, la Roma ha comunicato che non partirà per Siviglia, sede del match col club andaluso. Il club giallorosso lo ha comunicato via Twitter, spiegando che lo stop è arrivato «dopo che l’aereo dall’Italia non è stato autorizzato ad atterrare in Spagna da parte delle autorità locali».

IL GETAFE NON VUOLE VENIRE IN ITALIA

Un colpo di scena che segue di poche ora l’irremovibile decisione presa dal Getafe, che ha comunicato come per nessuna ragione partirà alla volta di Milano, dove avrebbe dovuto incontrare l’Inter nell’altro incontro che vede coinvolta una squadra italiana. Il tutto a sole 24 ore dalla trasferta dell’Atalanta a Valencia per gli ottavi di Champions League, incontro disputato a porte chiuse, ma coi tifosi spagnoli assiepati davanti allo stadio lungo tutto l’arco dei 90 minuti.

LA LIGA VERSO LO STOP

Ora, invece, proprio la Spagna valuta l’ipotesi di fermare il campionato. Dopo che la federazione iberica ha decretato lo stop completo a tutti i campionati, esclusi Primera e Segunda, per l’esplosione di casi di coronavirus, una riunione urgente è attesa nel pomeriggio per valutare se fermare anche le due serie principali. Alla riunione sono attesi federazione, lega e assocalciatori, in attesa delle indicazioni delle autorità sanitarie. Ieri la Lega aveva decretato le porte chiuse per la Liga, e i giocatori avevano rivolto un appello all’Uefa per non giocare le partite delle coppe.

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