La ricostruzione di Gaza: la stima di 80 miliardi di dollari e decenni per rimuovere le macerie
Il nodo più grande resta lo smaltimento delle macerie. Grandi stabilimenti industriali potrebbero ridurre i tempi, ma “con gli impianti attuali” uno studio stima il processo in almeno “37 anni” con conseguenti emissioni di CO2 pari a 25148 tonnellate
Ebu L'accordo di pace tra Israele e Hamas apre a una nuova fase: il futuro della Striscia di Gaza dovrà, necessariamente, passare per la ricostruzione. Il quadro geopolitico coinvolge numerosi Paesi, a cominciare da quelli arabi, al pari dell'assetto strutturale e tecnico, funzionale ed estetico. Dopo oltre due anni di guerra, tralasciando un passato burrascoso che ha limitato lo sviluppo edilizio, a esclusione dei tunnel sotterranei, la distruzione di Gaza è devastante. A tratti alcune aree sono irriconoscibili e la devastazione supera il 90% delle abitazioni. Dei 250 mila edifici stimati almeno il 78% necessiterebbe di riedificazione. Ma ricostruire significa rimuovere le macerie e al contempo avviare un riciclo virtuoso di materiali.
Le stime sono di 61 milioni di tonnellate di rovine. Numeri impressionanti che sono il primo ostacolo alla restituzione di case e di un territorio destinato alla condivisione, all'aggregazione. Almeno 436 mila abitazioni (Un conteggio più capillare rispetto al dato sugli edifici) sono state distrutte, danneggiate o parzialmente danneggiate. La cifra, però, è ferma a sei mesi fa ovvero all'ultimo rapporto redatto dall'Ufficio per gli Affari Umanitari dell'Onu.
Se talvolta la forza dei numeri è inferiore a quella delle immagini, per tradurre 61 milioni di tonnellate di macerie bisogna immaginare i detriti prodotti dal crollo delle Torri Gemelle (2,9 milioni di metri cubi) e moltiplicare per circa 21. Come se non bastasse tra le rovine ci sono parti in amianto, metalli pesanti e ordigni inesplosi che necessitano di un “trattamento speciale”. Le stime, anche in questo caso, restano soltanto delle valutazioni approssimative. C'è dell'altro, le macerie restituiranno corpi. Diecimila almeno, con punte fino a 12 mila. Nel frattempo servono medicinali, prefabbricati con i servizi essenziali, infrastrutture per il trattamento delle acque reflue, strumenti per rilevare contaminazioni nei terreni. In Italia, i terremoti hanno insegnato che la ricostruzione ha un costo e che all'arrivo ci si arriva dopo un percorso a ostacoli. Per questo, dire che ci vorranno decenni per ricostruire Gaza non è un'affermazioni così lontana dalla realtà. Le Nazioni Unite contano almeno 20 anni. Decisive saranno le forze in campo.
La distruzione di Gaza ripresa da un drone dopo gli accordi di pace
Un'interessante ricerca - realizzata da Samer Abdelnour e Nicholas Roy (Processing debris from destroyed and damaged buildings in Gaza: carbon emissions, time frames, and implications for rebuilding) - su strutture e impatto ambientale dà una lettura tecnica quanto realistica della ricostruzione a Gaza. Basandosi su dati spaziali open source, i due professori sopracitati hanno identificato oltre 36,8 milioni di tonnellate di detriti provenienti da edifici distrutti e danneggiati nel periodo di 14 mesi compreso tra il 7 ottobre 2023 e il 1° dicembre 2024. “In base alla capacità dei camion e al consumo di carburante, lo spostamento di questi detriti verso i siti di smaltimento richiederebbe oltre 2,1 milioni di carichi di camion con cassone ribaltabile e 29,5 milioni di chilometri percorsi: equivalenti a circa 736,5 volte la circonferenza terrestre, generando circa 65.642,40 tonnellate di CO2e”. Supponendo che l'80% dei detriti sia idoneo alla frantumazione - esclusi appunto amianto, metalli e ordigni inesplosi - con circa 50 impianti industriali ad alta capacità (“Attualmente non disponibili a Gaza” scrivono i due, ndr) “ci vorrebbero poco più di 6 mesi generando 2975,91 tonnellate di CO2e. Impianti più piccoli - di ordinaria amministrazione per intenderci - come quelli presenti nella Striscia, la stessa quantità di macerie richiederebbe più di 37 anni e genererebbe circa 25148,76 tonnellate di CO2e”.
Ad ogni modo il processo è avviato, la Banca mondiale e le Nazioni Unite hanno già avviato diversi bandi. Ultimo il Procurement Plan 2025-2027 per il progetto West Bank & Gaza Health System Reform. A novembre ne seguiranno altri. La stima, perché strada facendo le cifre potrebbero cambiare decisamente, la ricostruzione della Striscia di Gaza potrebbe ammontare a circa 80 miliardi di dollari. Almeno in tema di ricostruzione, gli appalti riguarderanno i grandi gruppi industriali. I Paesi del Medio Oriente e del Nord Africa sono già in lizza, così come le aziende Usa ed europee. E già circolano i nomi di aziende italiane pronte a fare la propria parte.
Fonte: www.rainews.it
