All'Aquila il "condominio del Grande Fratello", inquilini spiati dal padrone di casa
Un 56enne piazza telecamere nascoste per carpire l'intimità degli affittuari. Vittime studenti fuori sede, sportivi e allievi della Guardia di Finanza. Nella casa dell'uomo 80mila euro, forse frutto della vendita dei video
C’è chi sogna di fare il regista, chi l'immobiliarista, e poi c'è il 56enne aquilano, un uomo che ha provato a fonderli entrambi con risultati... discutibili. A L’Aquila, alla periferia, in un palazzo in affitto, è andato in scena l'horror in diretta: microcamere ovunque. E quando diciamo ovunque, intendiamo ovunque. Non solo i classici ventilatori dei bagni, lampade e specchi – i cliché del voyeurismo 2.0 – ma il nostro locatore creativo si è spinto fino a nasconderle nelle lavatrici e nei lampadari. Il tutto con memorie d'archiviazione e collegamenti wireless.
I protagonisti involontari di questo reality show dell'orrore? Un cast eterogeneo: studenti e studentesse fuorisede, sportivi e persino allievi della Guardia di Finanza. La rete, ordita con un'attenzione ai dettagli degna di un agente segreto, è crollata lunedì scorso per un dettaglio banalissimo: una studentessa, con un occhio di lince, si è insospettita per uno "strano riflesso" sullo specchio del bagno. Trovata la prima telecamera, camuffata dietro una piantina, è partito il panico generale.
Forse rivendeva le immagini intime rubate
La Squadra Volante della Polizia è dovuta intervenire con guanti e lente d'ingrandimento, trasformando l'intero palazzo in una bonifica. I sospetti sono immediatamente ricaduti sul 56enne, l'unico ad avere le chiavi e ad aver firmato i contratti con tutti e quindici gli inquilini, ora parti offese (e giustamente terrorizzate). Ma la trama si è infittita quando, grazie al decreto di perquisizione informatica, gli agenti non hanno trovato solo una scorta di dispositivi ancora, ma anche 80 mila euro in contanti. E qui si è passati dal "pervertito insano" al "potenziale criminale d'impresa". L'ipotesi, non esclusa, è che l'uomo, titolare di un esercizio commerciale, stesse "commercializzando" i video. Non una semplice perversione, insomma, ma un vero e proprio modello di business basato sulla privacy altrui. Il "regista" aveva persino un'app sullo smartphone che gli consentiva di monitorare in tempo reale e in mosaico le dirette di tutti gli ignari inquilini. Un "Grande Fratello" dell'orrore che ora dovrà essere spiegato alla Procura.
Nel corso degli ultimi anni ci sono stati casi simili a quello de L’Aquila
Un caso che aveva suscitato grande clamore riguardava il gestore di una casa vacanze o B&B a Cagliari che spiava i suoi ospiti. Le microcamere erano state abilmente occultate in oggetti d'arredo o, in modo simile al caso aquilano, in dispositivi elettrici come una presa di corrente. Questo dimostra come la transitorietà e l'uso da parte di ignari ospiti in strutture turistiche rendano questo ambiente particolarmente vulnerabile.
Un'altra tipologia ricorrente riguarda l'installazione di telecamere in luoghi destinati a garantire l'assoluta privacy, come spogliatoi o docce. Un caso noto avvenne in un ospedale a Empoli, dove una microcamera fu trovata in un locale doccia di uno spogliatoio femminile, nascosta sotto il miscelatore dell'acqua. Sebbene il contesto non fosse un affitto, l'abuso è lo stesso: sfruttare la fiducia in un luogo di intimità.
Nel corso degli anni, sono emersi diversi episodi che vedono proprietari o, a volte, coinquilini, utilizzare la videosorveglianza occulta per spiare le persone all'interno delle mura domestiche. La casistica più frequente, che riflette l'episodio aquilano, riguarda la vulnerabilità di studenti fuorisede o giovani lavoratori che si affidano a contratti di locazione temporanei, dove il locatore mantiene un accesso (spesso illecito) o un controllo occulto sull'immobile.
Fonte: www.rainews.it
