I trasferimenti di palestinesi verso il Sudafrica e l'Indonesia diventano un caso internazionale
Tutto è partito da un'inchiesta di Al Jazeera e dal quotidiano israeliano Hareetz. Secondo quest'ultimo ci sarebbe un “coordinamento” con il ministero della Difesa israeliano: in particolare con la direzione “Voluntary Migration”
Si scalda la polemica internazionale che riguarda l’arrivo in Sudafrica di un gruppo di 153 palestinesi partiti da Israele, molti dei quali provenienti dalla Striscia di Gaza. Il loro volo, organizzato come charter privato con scalo a Nairobi, è atterrato a Johannesburg il 13 novembre, ma l’ingresso nel Paese non è stato immediato: le autorità locali li hanno trattenuti a bordo per circa dodici ore, insospettite dall’assenza dei timbri di uscita israeliani sui loro passaporti. Alla fine, 130 passeggeri sono stati ammessi con un visto di 90 giorni, mentre altri 23 sono stati reindirizzati verso destinazioni diverse. L’organizzazione sudafricana Gift of the Givers ha offerto loro una prima sistemazione.
La vicenda ha sollevato interrogativi politici di grande portata che stanno avendo riverbero anche in Italia, con parlamentari delle opposizioni che ne chiedono conto al nostro Governo. Tanto che diversi quotidiani oggi nel nostro Paese dedicano spazio al tema.
Intanto il ministro degli Esteri sudafricano Ronald Lamola ha definito l’operazione “sospetta”, arrivando a parlare di un possibile progetto volto a “ripulire” Gaza e la Cisgiordania dai palestinesi.
Le sue dichiarazioni riflettono un timore più ampio, condiviso anche dall’Autorità Palestinese, secondo cui reti non ufficiali, alimentate dalla disperazione di civili intrappolati nella guerra, potrebbero star facilitando partenze irregolari e potenzialmente forzate, con il rischio di trasformare questi voli in un meccanismo di spostamento di popolazione.
Al centro delle inchieste anche un altro volo del 27 maggio con 57 palestinesi provenienti da Gaza che sono stati fatti partire dallo stesso aeroporto con un volo charter rumeno della compagnia Fly Lili che ha volato prima su Budapest per poi proseguire per l’Indonesia e la Malesia.
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Cos'è Al-Majd, la “ong”che trasferisce i palestinesi da Gaza
Al centro delle indagini c’è un’associazione chiamata Al-Majd, indicata come organizzatrice del volo. Secondo varie ricostruzioni giornalistiche, a cominciare dalle inchieste di Al Jazeera e del quotidiano israeliano Hareetz, l’ente avrebbe sede legale in Estonia ma opererebbe anche da Gerusalemme, ed è guidata da un uomo con doppia cittadinanza israeliana ed estone: Tomer Janar Lind.
Il sito dell'organizzazione è attivo solo dal febbraio 2025 e non risultano né indirizzi né contatti telefonici. Viene indicato solo un indirizzo email. Namecheap, il server che ha registrato il dominio, è stato citato in diversi report sulla sicurezza informatica in merito alle frodi online per via del suo processo di registrazione semplice e a basso costo.
La sede dell’organizzazione viene generalmente collocata a Sheikh Jarrah, nella Gerusalemme Est occupata, ma non si trovano uffici fisici.
Secondo Hareetz Al-Majd ha collaborato con l’unità per la “migrazione volontaria” del Ministero della Difesa israeliano e con COGAT, l’organismo che gestisce gli affari civili nei Territori Palestinesi, per autorizzare la partenza dall’aeroporto Ramon nel sud d’Israele.
Diversi passeggeri hanno raccontato di aver pagato circa duemila dollari per imbarcarsi, e alcuni hanno dichiarato di non essere stati informati chiaramente sulla destinazione finale: alcuni credevano di volare verso paesi come Indonesia, Malesia o India.
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Da parte israeliana, le autorità respingono ogni accusa di irregolarità. COGAT sostiene che il volo sia stato autorizzato perché un “Paese terzo”, non specificato, aveva già garantito l’ingresso dei passeggeri. Stando alla versione ufficiale, tutti avrebbero viaggiato con documentazione valida per il Paese di arrivo o di transito.
Il riferimento all’Indonesia, che ricorre nelle testimonianze di alcuni viaggiatori, ha generato ulteriore confusione. Negli ultimi mesi Giacarta aveva espresso la disponibilità ad accogliere temporaneamente palestinesi feriti o vulnerabili, ma non risultano, nelle ultime ore, collegamenti diretti con voli simili a quello giunto in Sudafrica. È possibile che la destinazione fosse stata presentata in modo ambiguo ai passeggeri o che sia stata modificata in corso d’opera.
L’intero episodio ha dunque acceso i riflettori su una dinamica ancora oscura, in cui canali non trasparenti, necessità umanitarie e tensioni politiche si intrecciano. Resta da chiarire se questi voli rappresentino iniziative isolate nate dal caos della guerra o se facciano parte di un progetto più ampio, come temono alcuni governi e attivisti.
Le autorità sudafricane hanno annunciato un’indagine per comprendere chi abbia finanziato e coordinato l’operazione, mentre il destino dei passeggeri, accolti in condizioni provvisorie, rimane ancora incerto.
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Fonte: www.rainews.it
