I grattacieli di New York: tra gloria e fragilità, secondo Stefanos Chen
Il giornalista del New York Times descrive come il vento forte e i vizi di progettazione mettono a rischio l'intero ecosistema urbano
New York, la città dei sogni verticali, continua a sfidare il cielo con i suoi grattacieli iconici. Stefanos Chen, giornalista del New York Times specializzato in real estate, ha dedicato numerosi articoli all'evoluzione dello skyline della Grande Mela, rivelando non solo la sua grandiosità, ma anche le crepe nascoste di questi giganti moderni.
Nel suo pezzo del 2019, "New York City’s Evolving Skyline", Chen descrive come, dopo l'11 settembre, la ricostruzione abbia riportato la città alle vette record: One World Trade Center, con i suoi 541 metri, simboleggia la resilienza. Ma è il boom dei "supertall" residenziali – torri oltre i 300 metri – a ridefinire l'orizzonte. Da Billionaires' Row, lungo la 57ª Strada Ovest, emergono colossi come 432 Park Avenue, con la sua facciata di cemento bianco che sfida il vetro circostante, e Central Park Tower, alto 472 metri e destinato a vendite da miliardi di dollari.
Tuttavia, Chen non risparmia critiche. In inchieste recenti, come quella dell'ottobre 2025 su 432 Park Avenue, denuncia problemi strutturali: crepe, inondazioni da milioni di dollari e ascensori guasti, che richiedono ristrutturazioni da nove cifre. "Questi grattacieli di lusso – scrive – sono il simbolo di un'ambizione sfrenata, ma testano i limiti della sicurezza e della sostenibilità". I miliardari vi acquistano attici con viste mozzafiato, ma il vento forte e i vizi di progettazione mettono a rischio l'intero ecosistema urbano.
Chen, passato dal Wall Street Journal al Times nel 2017, esplora anche le tensioni sociali: torri come The Brooklyn Tower, primo supertall fuori Manhattan, alterano quartieri storici, scatenando battaglie legali contro lo sviluppo eccessivo. "Lo skyline – conclude – non è solo cemento, ma un riflesso delle disuguaglianze di New York".
Fonte: www.rainews.it
