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Bibi alla corte di Trump, che spera in un accordo storico. Ma gli ostaggi e l'ultradestra premono
Piano di pace del presidente Usa, "Israele e Hamas molto vicini all'intesa". I paletti di Smotrich: "Cisgiordania parte d'Israele". I famigliari degli ostaggi minacciano di "scatenare l'inferno" se i rapiti non saranno salvati. Il ruolo del Qatar

La delegazione del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu è partita da New York City per Washington. Lo ha reso noto l’ufficio del capo del governo israeliano: l'incontro con Donald Trump è previsto per le 11, ora locale (alle 17 in Italia), mentre una conferenza stampa è prevista per le 13:15 (le 19,15 in Italia).
Ed è di pochi minuti fa la notizia che un SUV dei servizi segreti ha preso fuoco sul sedile posteriore a due isolati dalla Casa Bianca, poco prima dell'incontro tra i due leader. Il veicolo si trovava all'angolo tra la 18th Street e Pennsylvania Avenue NW.
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La Casa Bianca: “Israele e Hamas molto vicini a un accordo”
Il faccia a faccia si incentrerà sul piano in 21 punti, presentato dal presidente degli Stati Uniti, per porre fine alla guerra e, soprattutto, alle sofferenze dei civili palestinesi. La proposta, offerta anche ai leader arabi e musulmani a margine dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite la scorsa settimana, include un cessate il fuoco, il rilascio di tutti gli ostaggi rimasti, la governance postbellica, accordi di sicurezza e la ricostruzione.
Accordo su cui la portavoce di Pennsylvania Avenue ha chiarito che Israele e Hamas sono “molto vicini” al raggiungimento. Nelle ultime ore, dalla Casa Bianca, Trump stesso ha più volte ribadito che ha ricevuto una “risposta molto buona” sia da Israele che dai leader arabi, ma a giudicare dalle prime reazioni la situazione non è così semplice.
“Tutti, e intendo proprio tutti, sono esasperati da Bibi” ha affermato al giornalista Barak Ravid, secondo quanto riporta lui stesso su X, un funzionario dell'amministrazione Usa a conoscenza dei colloqui di pace.
Domenica Netanyahu ha dichiarato a Fox News di sperare che la proposta abbia successo perché vuole vedere gli ostaggi liberati, la fine del dominio di Hamas a Gaza e la creazione di “un nuovo futuro” per la regione e la sua popolazione. E, sempre domenica, i media statunitensi e israeliani hanno riferito che l'inviato speciale Steve Wikoff e il genero di Trump, Jared Kushner, hanno tenuto un incontro di ore con Netanyahu nel suo hotel a Washington, per discutere i dettagli del piano.
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La doppia tempesta che Bibi si lascia alle spalle in Israele
Il premier israeliano ha poco margine di manovra e tanta pressione addosso. Mentre è atteso alla corte del tycoon, Netanyahu si lascia alle spalle, in Israele, due tempeste opposte: da un lato, i ministri dell'estrema destra - in particolar modo Bezalel Smotrich - che lo incalzano come falchi, pretendendo “ferro e fuoco” sul campo e nessuna possibilità di mediazione ma solo la sconfitta definitiva, totale e assoluta di Hamas; dall'altro, le voci disperate dei familiari degli ostaggi, che continuano a chiedere un accordo per riavere i propri cari.
Da Tel Aviv, oltre all'avvertimento dei familiari degli ostaggi, che minacciano di “scatenare un inferno” in caso di mancato accordo, l'atmosfera è incandescente anche nel Gabinetto di sicurezza, a causa dall'esclusione dell'establishment della sicurezza israeliana - compreso il capo dell'Idf, Eyal Zamir - dalle discussioni sul piano.
Durante il suo discorso all'Assemblea generale delle Nazioni Unite, il premier israeliano ha attaccato duramente i Paesi che hanno recentemente riconosciuto lo Stato palestinese, definendo la mossa un “marchio di vergogna” che trasmette il messaggio che “uccidere gli ebrei paga”. Netanyahu ha anche promesso di “finire il lavoro” contro Hamas a Gaza.
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I paletti di Smotrich
A mettere benzina sul fuoco, come si diceva più sopra, ci ha pensato il ministro delle Finanze Smotrich, ponendo al premier israeliano linee rosse che “non potranno essere sorpassate”. La prima è che le forze israeliane dovranno rimanere sul perimetro della Striscia e avere completa libertà d'azione in tutto il territorio costiero. Al contempo, Smotrich chiede che l'Anp non abbia alcun ruolo nel governare la Striscia, così come il Qatar.
Ma, soprattutto, e questo sarà uno dei punti più controversi, la richiesta è che Netanyahu stabilisca “politicamente e praticamente” la Cisgiordania come una parte inseparabile dello Stato israeliano. Un vero e proprio diktat, che contrasta con i 21 punti del presidente Usa, su cui Trump ha espressamente detto che non transigerà, cioè che la Cisgiordania non può diventare parte integrante di Israele.
Il piano infatti include anche la garanzia/promessa da parte degli Stati Uniti che Israele non annetterà parti della Cisgiordania; richiesta ritenuta importante da parte degli Stati arabi coinvolti, perchè considerano importante il confine con gli alleati nella regione, motivo per cui hanno finora accolto positivamente la proposta americana. Trump ha dichiarato chiaramente che non “permetterà” a Israele di impadronirsi di quel territorio. “Non permetterò a Israele di annettere la Cisgiordania. No, non lo permetterò. Non accadrà” ha detto il tycoon ai giornalisti la scorsa settimana. Nel suo discorso all'Onu, Netanyahu non ha fatto alcun riferimento al tema.
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Il ruolo del Qatar
Altro tema di discussione sarà il ruolo del Qatar. E, a questo proposito, si è appreso che Trump ha parlato al telefono con l'emiro di Doha prima del suo incontro con Netanyahu, come riferisce Axios, aggiungendo che la telefonata arriva mentre funzionari arabi dicono che gli Stati Uniti hanno modificato il testo del piano per porre fine alla guerra, in base alle richieste di Netanyahu.
I media israeliani spiegano che il Qatar vuole essere il “fattore dominante” nella Striscia, mentre Israele - in seguito al deterioramento delle relazioni con l’emirato dopo l'attacco delle scorse settimane - vuole ridurre il più possibile l'influenza qatarina nel territorio costiero a maggioranza palestinese.
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Le quattro volte di Bibi alla Casa Bianca
Il premier israeliano ha incontrato Trump quattro volte alla Casa Bianca da quando Trump ha assunto l'incarico per la seconda volta. Il presidente Usa lo ha ospitato il 4 febbraio, prima visita di un leader straniero della sua seconda Presidenza. Quell'incontro, che avrebbe dovuto concentrarsi sulla seconda fase del cessate il fuoco a Gaza, allora in vigore, è stato invece oscurato dall'annuncio di Trump, durante la conferenza stampa, della sua intenzione di prendere il controllo di Gaza e trasformarla nella “Riviera del Medio Oriente”.
Netanyahu ha effettuato una seconda visita il 7 aprile: lo scopo dichiarato del viaggio era negoziare una tariffa doganale più bassa, imposta a Israele nell'ambito dell'impegno del presidente Usa di imporre tariffe generalizzate alla maggior parte dei Paesi, annunciate il 2 aprile. In quell'occasione era prevista una conferenza stampa, poi annullata.
I due leader si sono incontrati di nuovo alla Casa Bianca il 7 luglio. In quell'occasione Trump e Netanyahu hanno discusso delle conseguenze della guerra di giugno con l'Iran e di come gestire le preoccupazioni più ampie d'Israele nei confronti di Iran e Siria. Su Gaza, Netanyahu ha affermato che i palestinesi dovrebbero avere la possibilità di scegliere se restare o andarsene, e che la sicurezza deve rimanere sotto il controllo israeliano. Quella sera, durante la cena, Netanyahu presentò al presidente degli Stati Uniti una lettera di candidatura per il Premio Nobel per la Pace.
Fonte: www.rainews.it