Daily Archives: 21 Luglio 2023

Patrick Zaki rifiuta il volo del governo, slitta l’arrivo in Italia

Ad annunciarlo è lo stesso Patrick Zaki su Twitter: «C’è un leggero cambiamento nei piani» in quanto «i documenti ufficiali per revocare il divieto di viaggio saranno finalizzati domenica a mezzogiorno». Dopo la grazia presidenziale in Egitto, arrivata con la mediazione italiana, lo studente, inizialmente atteso in Italia venerdì, poi sabato, ha infine reso noto lui stesso che lo porteranno a Bologna solo domenica, via Milano e con un volo di linea. Il giovane ricercatore egiziano ha infatti rifiutato un volo speciale dal Cairo a Ciampino messo a disposizione da Palazzo Chigi, per evitare di dover incontrare o farsi assistere dalle autorità italiane.

Riccardo Noury: «Non è un gesto di opposizione politica»

Sulla scelta di viaggiare su un volo di linea si è espresso Riccardo Noury, portavoce di Amnesty Italia: «Decidere di viaggiare su un volo di linea non è un gesto di opposizione politica, ma un gesto di indipendenza. La reputazione dei difensori dei diritti umani si basa sulla loro indipendenza dai governi. Ringraziano e apprezzano quando si fanno delle cose per loro, e infatti Patrick ha ripetutamente ringraziato governo e ambasciata».

Antonio Tajani: «Come torna è una sua scelta»

Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha dichiarato: «Gli è stata offerta questa possibilità ma non è un obbligo. A noi interessava liberarlo, poi come torna è una sua scelta».

Telepass, a Mangoni tutta la gestione ad interim

Preso atto delle dimissioni dagli incarichi di ceo e direttore generale presentate da Gabriele Benedetto, il cda di Telepass si è riunito venerdì 21 luglio e ha attribuito ad interim al presidente Andrea Mangoni tutte le deleghe gestionali della società. Questo, come spiegato da Telepass, al fine di «individuare il miglior profilo professionale che guiderà l’azienda».

Dopo l'incontro di venerdì 21 luglio, il cda di Telepass ha attribuito ad interim al presidente Andrea Mangoni le deleghe gestionali della società.
Andrea Mangoni (foto Imagoeconomica).

Chi è Andrea Mangoni

Nato a Terni nel 1963, laureato in scienze economiche, Andrea Mangoni ha iniziato la propria carriera collaborando con Inter-American Development Bank. Nel 2003 viene nominato amministratore delegato di Acea. Entra a far parte di Telecom Italia nel ruolo di CFO Group e di presidente operativo di Telecom Italia Sparkle, nel 2009. Da giugno 2013 a marzo 2015 ricopre il ruolo di presidente e CEO di Sorgenia. Nel 2015 ricopre la carica di direttore generale di Fincantieri. Dal 2016 è amministratore delegato di doValue S.p.A., già doBank S.p.A.. Da luglio 2019 ad aprile 2021 è stato presidente del consiglio di amministrazione di Altamira Asset Management.

Strage di Samarate: ergastolo per Alessandro Maja, il padre-killer

La corte d’Assise di Busto Arsizio ha condannato, nel pomeriggio di venerdì 21 luglio, Alessandro Maja, 57 anni, all’ergastolo con 18 mesi di isolamento diurno, per il duplice omicidio della figlia Giulia, 16 anni, e della moglie Stefania Pivetta, 56 anni, e per il tentato omicidio del figlio maggiore Nicolò, colpiti a martellate nella notte tra il 3 e il 4 maggio 2022, nella loro villetta a Samarate, in provincia di Varese. La sentenza è arrivata dopo cinque ore di camera di consiglio.

Dopo cinque ore di ore di camera di consiglio, la corte d'Assise di Busto Arsizio ha condannato Alessandro Maja all'ergastolo.
Nicolò Maja (foto Facebook).

Nicolò, unico sopravvissuto, era presente in aula

Il figlio Nicolò, 21 anni, unico sopravvissuto, era presente in aula. Il primo commento del giovane sulla condanna è stato: «Giusto così». Dopo il miglioramento delle condizioni fisiche, il ragazzo ha partecipato a tutte le udienze. L’accusa aveva chiesto l’ergastolo e 18 mesi di isolamento mentre la difesa le attenuanti generiche e il riconoscimento del vizio parziale di mente.

Il Sassuolo «non tratta coi russi»: salta la cessione di Rogerio allo Spartak Mosca

La guerra in Ucraina e le prese di posizione contro la Russia mettono in discussione anche le trattative di calciomercato. Succede proprio in Italia, dove il Sassuolo ha deciso di far saltare, anzi di non far nemmeno iniziare, la trattativa per la cessione di Rogerio allo Spartak Mosca. Secondo quanto rivela l’agente del terzino brasiliano, Vinicius Prattes, il gruppo Mapei, proprietario del club, ha deciso di «non trattare con i russi». In ballo 8 milioni, ma per i neroverdi i soldi non hanno fatto la differenza. Il braccio di ferro continua con il giocatore intenzionato ad andare via a parametro zero.

Il Sassuolo dice no alla cessione di Rogerio allo Spartak Mosca perché «non tratta coi russi»
Rogerio durante un match con la maglia del Sassuolo (Getty).

Prattes: «Dovevano dircelo subito»

Come riportato da Sport Mediaset, Prattes spiega: «Trovata l’intesa Mapei ci ha comunicato dopo quindici giorni che non avrebbe accettato di trattare con i russi». E poi attacca il Sassuolo, proprietario del cartellino del brasiliano: «Avrebbero dovuto avvertirci subito. È stata una mancanza di rispetto. Il calciatore non rinnoverà il contratto in scadenza 2024 e il Sassuolo lo sa già dalla fine della scorsa stagione. D’ora in poi i club interessati dovranno rivolgersi solo a me e al giocatore».

Carnevali: Non ci sono sviluppi

Dal canto suo il Sassuolo non ha commentato la vicenda, se non con le parole di Giovanni Carnevali. L’amministratore delegato e direttore generale del club ha dichiarato soltanto che «non ci sono sviluppi». A sei anni dall’arrivo in Emilia, però, l’avventura i neroverde del terzino brasiliano sembra ormai alla fine. Il 25enne Rogerio è arrivato nell’estate del 2017 e da allora ha collezionato 144 presenze e segnato due gol. Lo scorso anno sembrava fatta per il suo passaggio al Newcastle, che avrebbe fatto incassare al club 15 milioni. Poi tutto è sfumato, come in questo caso.

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Il Sassuolo dice no alla cessione di Rogerio allo Spartak Mosca perché «non tratta coi russi»
Giovanni Carnevali, amministratore delegato e direttore generale del Sassuolo (Getty).

Ita, come si è arrivati al nuovo cda e il futuro di Lazzerini

Parola d’ordine: fare le cose in fretta e possibilmente con riservatezza. Queste le intenzioni con cui giovedì 20 luglio il Mef aveva convocato un’assemblea straordinaria per cambiare il consiglio d’amministrazione di Ita Airways, la compagnia nata dalle ceneri di Alitalia. Con un obiettivo che il ministero e il suo titolare, Giancarlo Giorgetti, avevano chiaro: allontanare Fabio Lazzerini togliendogli non solo la carica di ad ma anche quella di direttore generale. Cosa che di fatto ha portato al commissariamento dell’azienda, con la nomina di un cda di tre membri, che è stato tutt’altro che facile comporre. L’espressione «risoluzione consensuale» con Lazzerini utilizzata nel comunicato stampa serviva principalmente a limitare possibili ulteriori strascichi giudiziari da parte della compagna nei confronti dell’ex ad, sparito dai radar mediatici da diversi giorni dopo aver ammesso lo scorso 13 luglio, nell’ultimo incontro con la stampa, che «i conti di Ita non sono ancora in ordine». Lazzerini ha cercato di ritardare il più possibile l’assemblea, ma ormai la situazione si era talmente deteriorata che il suo intento non ha trovato sponde neanche tra i suoi storici supporter del Pd, da Dario Franceschini a Paola De Micheli fino al sindaco di Roma Roberto Gualtieri (da sempre sostenitori del matrimonio tra Ita e Air France) che lo nominarono alla guida di Ita quando erano rispettivamente ministri dei Trasporti e delle Finanza sotto il governo Conte, nonostante le discutibili competenze sugli aspetti finanziari. E dopo che erano venuti meno anche i legami forti col Mef, dopo l’addio del direttore generale Alessandro Rivera e del responsabile della valorizzazione del patrimonio pubblico Filippo Giansante, nonché dei sei consiglieri di Ita dimissionari che lo avevano sempre spalleggiato nella gestione.

Ita, come si è arrivati al nuovo cda e il futuro di Lazzerini
Antonio Turicchi, presidente di Ita (Imagoeconomica).

Le operazioni contestate a Lazzerini: dal Premio di 300 mila euro ai rallentamenti della trattativa con Lufthansa

A Lazzerini nei mesi scorsi sono state contestate molte operazioni che rischiano di configurarsi danno erariale alle casse dello Stato. Come il contratto da 4 milioni di euro con TIE, True Italian Experience, una società fondata nel giugno 2020 con sede a San Polo d’Enza, che nasce per promuovere l’Italia nel mondo, gestita da Gianni Prandi, grande amico del segretario della Cgil Maurizio Landini; l’attribuzione del Premio di Risultato di 300 mila euro che si sommano ai 400 mila euro di stipendio annuo pur avendo chiuso il bilancio 2022 con circa 500 milioni di perdite; le numerose cause legali; i viaggi in Sardegna al Forte Village con ospiti mai resi noti pubblicamente a spese di Ita Airways; e ultimo ma non meno importante, l’attività di ostacolo a Lufthansa-MSC prima, e a Lufthansa dopo, che ha causato il rallentamento enorme alla trattativa facendo perdere quel miliardo di euro che a gennaio 2022 avrebbe sollevato le tasche dei contribuenti privatizzando la compagnia.

Ita, come si è arrivati al nuovo cda e il futuro di Lazzerini
Fabio Lazzerini (Imagoeconomica)

Il nuovo cda a tre e il passo indietro di Ugo Arrigo

Alla fine dopo svariate ipotesi il Mef ha scelto per un cda a tre, giusto il tempo di traghettare Ita nelle braccia di Lufthansa. Gli accordi con i tedeschi prevedono la nomina di altri due consiglieri scelti da loro, tra cui il nuovo capo azienda. Cosa che ci si aspetta avvenga nei prossimi mesi, dopo all’approvazione dell’Antitrust europeo alla cessione. Inizialmente la terna scelta da via XX Settembre era formata da Antonino Turicchi, confermato alla presidenza, Ugo Arrigo, noto professore universitario di Milano Bicocca esperto di trasporto aereo, e da Olga Cuccurullo, una dirigente di seconda fascia del Mef, con forti competenze amministrative, molto vicina a Turicchi. Ma qualcosa è andato storto. All’ultimo momento infatti Arrigo, che in questi mesi si era spesso scontrato con Lazzerini senza peraltro trovare una decisa sponda in Turicchi il cui comprensibile obiettivo era chiudere prima possibile l’accordo con Lufthansa, si è chiamato fuori. C’è chi sostiene perché comunque si sarebbe sempre trovato in minoranza nel cda, chi perché, visti i conti di Ita sul quale aveva sempre mostrato preoccupazione, temeva il rischio di possibili future azioni di responsabilità. Ecco che allora il Mef ha dovuto cambiare in corsa gli uomini indirizzandosi verso due nuovi consiglieri: Valeria Vaccaro e Francesco Spada, provenienti, rispettivamente dal Mef e da Palazzo Chigi, elementi di controllo della gestione amministrativa della compagnia. La certificazione dunque di un’Ita Airways commissariata, con tre membri tutti espressione delle istituzioni. Una dimostrazione della volontà di non permettere che se ne abbatta ulteriormente il valore, garantendosi così dal rischio che gli accordi presi con Lufthansa non vengano rimessi in discussione. In questo contesto è ancora mistero sui 250 milioni che il Mef deve iniettare nelle casse dell’azienda, ultima tranche di quei 1.350 milioni autorizzati dall’Unione europea.

Ita, come si è arrivati al nuovo cda e il futuro di Lazzerini
Ugo Arrigo (Imagoeconomica).

Le nuove leve, tra ex Alitalia e tecnici militari

A completare il quadro è arrivata poi la nomina di un nuovo direttore generale, Andrea Benassi, l’ennesimo ex Alitalia, una soluzione di passaggio che ci si auspica non depotenzi ancora di più la struttura data la sua scarsa esperienza in ruoli apicali di responsabilità. Come accountable Manager, Francesco Presicce, ex generale dell’aeronautica militare, attualmente responsabile dell’Information Technology di Ita, tanto per capire colui che ha fatto il sito della compagnia dove si fa fatica ancora a cambiare il biglietto.

Il futuro di Lazzerini

Ma Lazzerini ora che farà ora? L’indiscrezione che Lettera43 aveva riportato lo scorso 27 giugno trova sempre più conferme. Si parla di un suo sbarco in Uvet, partecipata da American Express, azionista di quel fondo Certares entrato e uscito come una meteora dal cielo della vicenda. E proprio con Uvet-American Express la settimana scorsa l’ex ad Lazzerini ha fatto siglare una partnership a Ita attraverso la solita Direzione commerciale guidata dalla sua fedelissima Emiliana Limosani, colei che aveva già fatto l’accordo con la TIE di Prandi, ora nel mirino. Un altro conflitto di interessi?

Morto Alberto D’Anniballe, l’ultimo partigiano della Banda Paloscia

Alberto D’Anniballe è morto all’età di 98 anni. Era l’ultimo partigiano in vita della Banda Paloscia, la formazione di giovani resistenti che ha operato nel Pescarese dopo l’8 settembre fino alla liberazione del giugno 1944. L’uomo era tra i componenti più giovani del gruppo formato da Tommaso Paloscia, che nel dopoguerra divenne un famoso giornalista a La Nazione di Firenze. D’Anniballe è stato nominato presidente onorario della sezione Anpi di Spoltore, appena costituita nel novembre 2022.

D’Anniballe è stato capo dei vigili urbani

D’Anniballe è stato in gioventù uno stimato fotografo. Negli anni ’60 è poi diventato il capo dei vigili urbani di Spoltore. Adesso nel Pescarese, dopo la sua scomparsa, resta un ultimo partigiano. Si tratta di Adolfo Ceccherini, che il prossimo novembre compirà 102 anni. L’ultra centenario ha militato nella formazione che operava nella zona di Loreto Aprutino.

La consegna della tessera Anpi a gennaio

Come raccontato da ilPescara.it, l’Anpi Banda Partigiana Paloscia di Spoltore ha incontrato Alberto D’Annibale il 21 gennaio 2023. L’obiettivo è stato quello di consegnargli la tessere ad honorem dell’associazioni. Ma in una nota si sottolineava che l’incontro è nato dall’esigenza di contrastare «un’epidemia di smemoratezza». L’Anpi scriveva che al contrario serviva «un segno sempre vivo di una Resistenza antifascista in difesa dei diritti civili e sociali, una Resistenza antifascista che dia voce ai valori democratici e di libertà e, in un momento come l’attuale, rappresenti un appello alla Pace».

 

Quando i rifiuti generano energia: l’esempio virtuoso del termovalorizzatore di San Vittore

Sfruttare positivamente gli scarti, alleggerire le discariche e generare nuova energia: è questo l’intento dei termovalorizzatori, impianti di incenerimento dei rifiuti in grado di recuperare l’energia prodotta dalla combustione per trasformarla in elettricità e calore da destinare all’uso civile o industriale. Una soluzione che ha il doppio beneficio di consentire la chiusura del ciclo di gestione dei rifiuti, alleggerendo così la pressione sulle discariche, e di originare energia pulita – investibile, per esempio, nella rete del teleriscaldamento delle città. In Francia ce ne sono 126, in Germania 96, in Italia solo 37 e in prevalenza al Nord.

Ogni anno tonnellate di rifiuti vengono esportate per carenza di impianti di smaltimento

La scarsità degli impianti costringe il nostro Paese a esportare, ogni anno, ingenti quantitativi di rifiuti che all’estero vengono trasformati in nuove materie prime e in energia. Secondo il report Ambiente, Energia, Lavoro – La centralità dei rifiuti da attività economiche redatto da Assoambiente, nel 2019 l’Italia ha prodotto quasi 111 milioni di tonnellate di rifiuti speciali (escludendo quelli del comparto costruzioni e demolizioni) di cui oltre 4 milioni di tonnellate conferiti oltre confine. Il 23 per cento degli scarti esportati è stato destinato a impianti di incenerimento o recupero energetico, andando così a generare un valore che avrebbe potuto essere prodotto nel nostro Paese se ce ne fossero state le condizioni.

Quando i rifiuti generano energia: l'esempio virtuoso del termovalorizzatore di San Vittore
Termovalorizzatore di San Vittore (ACEA).

Con la mancata gestione interna di così tanti rifiuti, sempre secondo Assoambiente, ogni anno si cede all’estero un valore economico pari a 1 miliardo di euro (al netto delle perdite in termini occupazionali, di produzione di materie prime ed energia e di gettito fiscale). Di qui l’importanza di investire sempre di più sullo smaltimento dei rifiuti e su soluzioni, come la termovalorizzazione, che rappresentano anche fonti energetiche alternative per un paese ad alta dipendenza energetica come il nostro (in Italia oltre il 70 per cento del fabbisogno nazionale di energia è soddisfatto dalle importazioni).

Come funziona la termovalorizzazione

In dettaglio, spiegando in maniera semplice, la termovalorizzazione avviene secondo questo processo:

  • i rifiuti in ingresso nell’impianto vengono convogliati nei forni di combustione, la cui temperatura è regolata a oltre mille gradi;
  • il calore prodotto dalla combustione genera valore ad alta pressione;
  • il vapore, espandendosi, aziona una turbina che produce energia elettrica da immettere in rete.

Passaggi che puntano a essere sempre più efficienti anche dal punto di vista ambientale, per ridurre l’impatto dell’attività: durante la combustione, per esempio, i fumi prodotti vengono trattati più volte per ridurre al minimo le emissioni inquinanti.

L’esempio virtuoso di San Vittore

Come accennato in precedenza, i pochi termovalorizzatori presenti in Italia sono concentrati al Nord (26 su 37), mentre Centro e Sud ne hanno solo 11 (rispettivamente 5 e 6) pur essendo le zone in cui il problema rifiuti è più impellente. Una carenza che, secondo Utilitalia (la federazione che unisce le «aziende speciali operanti nei servizi pubblici dell’acqua, dell’ambiente, dell’energia elettrica e del gas»), impedisce di trattare 5,7 milioni di tonnellate di spazzatura in più all’anno – quantità che viene smaltita in discarica o inviata all’estero, allontanando l’obiettivo fissato dall’Unione Europea di riciclare il 65 per cento degli scarti e ricorrere agli stoccaggi per meno del 10 per cento. Basti pensare che nel Lazio, seconda regione più abitata del Paese dopo la Lombardia, è attivo un solo termovalorizzatore localizzato nel comune di San Vittore.

Quando i rifiuti generano energia: l'esempio virtuoso del termovalorizzatore di San Vittore
Termovalorizzatore di San Vittore (ACEA).

Gestito da Acea Ambiente, società del gruppo Acea, l’impianto di San Vittore rappresenta un esempio virtuoso nella gestione dei rifiuti urbani sia per le avanzate tecnologie utilizzate per la costruzione sia per le considerevoli potenzialità di trattamento di cui dispone. L’impianto è incluso nel piano regionale di gestione dei rifiuti e rientra tra gli insediamenti strategici di preminente interesse nazionale ai fini della tutela della salute e dell’ambiente. Con 83 persone impiegate e tre linee di termovalorizzazione indipendenti tra loro, ha una capacità annuale massima di trattamento pari a 397.200 tonnellate di rifiuti.

In programma la quarta linea di trattamento

Acea Ambiente ha in programma di realizzare una quarta linea, opera fondamentale per chiudere il ciclo di rifiuti. La società ha già ottenuto dalla Regione il provvedimento autorizzatorio unico regionale (PAUR) che comprende l’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) e la Valutazione Impatto Ambientale (VIA) per la sua realizzazione, per cui è stata esperita una gara europea. Questa linea avrà una capacità di 186 mila tonnellate annue e prevede un investimento di circa 200 milioni di euro: grazie a questo, la capacità di trattamento dell’intero impianto salirà a 447.200 tonnellate annue.

Acea è interessata a gestire anche il termovalorizzatore di Roma

Acea Ambiente, inoltre, ha presentato la propria manifestazione di interesse all’avviso pubblico indetto dal Comune di Roma per la ricerca di operatori economici interessati alla costruzione e gestione di un impianto di termovalorizzazione a Santa Palomba, al confine con Ardea e Pomezia e Albano Laziale. Il 7 giugno 2023 il sindaco Roberto Gualtieri ha dichiarato di aver ricevuto i pareri dei tecnici sulla proposta ricevuta: «Sul termovalorizzatore ho potuto, secondo i tempi e le procedure, ricevere la relazione preparata dai tecnici che hanno esaminato la proposta di Acea. La relazione è positiva: dal punto di vista tecnico sarà un impianto all’avanguardia, oltre i migliori livelli esistenti, forse l’impianto più avanzato del mondo. Ora la gara dovremmo farla ad agosto e Roma avrà il suo impianto per trasformare i rifiuti in energia e non mandarli in giro per l’Europa». Secondo il cronoprogramma dell’amministrazione capitolina, ad agosto verrà pubblicato il bando di gara, il 31 ottobre scadrà il termine per presentare le offerte e i cantieri verranno aperti entro luglio 2024. L’entrata in funzione dell’impianto è invece prevista per il secondo semestre 2026.

Morta Francesca Gobbi, la moglie di Francesco De Gregori

È morta a 71 anni Francesca Gobbi, detta Chicca, la moglie di Francesco De Gregori. La donna, con cui il cantante era sposato dal 1978, lottava da tempo con una malattia incurabile. Le sue condizioni di salute si sono ulteriormente aggravate negli ultimi giorni. I funerali saranno il 22 luglio a Roma.

Lutto per Francesco De Gregori: morta la moglie Francesca Gobbi
Francesca Gobbi nel videoclip di Anema e Core (Youtube)

Chi era Francesca Gobbi

Francesca Gobbi è stata una presenza fissa nella vita di Francesco De Gregori. L’amore tra i due è nato tra i banchi di scuola ed è sfociato definitivamente nel matrimonio, celebrato il 10 marzo del 1978. Uno dei testimoni di nozze è stato Walter Veltroni, allora segretario della FGCI, Federazione Giovanile Comunista Italiana. Poco tempo dopo, la famiglia è cresciuta con l’arrivo dei figli, i gemelli Marco e Federico. I due hanno condiviso anche il palco. I due hanno cantato insieme il brano Anema e Core, e lei stessa, in un’intervista al Corriere della Sera, aveva sottolineato la grande emozione di stare al fianco del marito davanti al pubblico.

De Gregori: «Lei sempre più brava»

In un’intervista a La Sicilia, Francesco De Gregori aveva riservato alla moglie parole dolci: «Lei è sempre più brava e non lo dico da sposo, ma da musicista. A lei piace moltissimo ed è diventata molto più espressiva e compiacente verso il pubblico. Al punto che adesso suona anche il tamburello e fa i coretti su Rimmel, che peraltro è una canzone che ho scritto quando Chicca ancora non stava con me, cosa che l’ha divertita ancora di più».

Cocco venduto in spiaggia, multa da quasi 10 mila euro

Cocco bello, cocco “salato”. Può costare caro vendere il frutto in spiaggia. A Lido Adriano, sul litorale ravennate, la polizia locale ha fatto un sequestro a un ambulante, staccando un verbale complessivo di quasi 10 mila euro. Il venditore, già noto per un episodio analogo in passato, è stato sorpreso con i secchi pieni di cocco tra i bagnanti. Oltre al sequestro sono scattate le multe per la vendita di merce senza la prescritta autorizzazione (5.164 euro), per la mancata tracciabilità dei prodotti alimentari (1.500 euro) e per la conservazione non corretta degli alimenti e senza la necessaria notifica sanitaria (3.000 euro). Per l’uomo è infine scattato un verbale di allontanamento.

Serie C a rischio rinvio per il caso Alcione e Arena Civica di Milano

Rischio di blocco per l’inizio dei campionati di calcio di Serie C. È ormai guerra infatti tra il Tar della Lombardia e la prefettura di Milano per l’iscrizione di una squadra. Il motivo è legato all’Arena Civica di Milano. Sì, proprio il più antico impianto sportivo milanese inaugurato nel 1807 come Anfiteatro di Milano, che nel 1870 divenne Arena Civica a seguito dell’acquisizione da parte del Comune. Nel 1910 tenne a battesimo la prima partita della Nazionale italiana contro la Francia. Da allora, ininterrottamente fino allo scorso campionato, ha ospitato partite di calcio tra cui, a cavallo degli Anni 30 e 40, quelle dell’Inter e del Milan. E negli ultimi due anni dell’Alcione, in Serie D. Insomma uno stadio, intitolato al giornalista Gianni Brera dal 2002, certificato dalla Federazione e considerato un fiore all’occhiello del Coni. Un impianto di cui anche il sindaco Beppe Sala va orgoglios, e dove è appena stato organizzato un concerto con più di 10 mila persone. Ebbene, per il prefetto di Milano Renato Saccone l’Arena Civica non è un luogo adeguato a ospitare la domenica le poche centinaia di persone che andrebbero a vedere giocare l’Alcione calcio. Ossia la terza squadra di Milano che, a pieno diritto sportivo, dopo i playoff potrebbe essere promossa al campionato di Serie C.

Serie C a rischio rinvio per il caso Alcione e Arena Civica di Milano
Il prefetto di Milano Renato Saccone (Imagoeconomica).

Problemi di sorveglianza e illuminazione: ma il prefetto è andato a controllare?

La prefettura non ha trovato il tempo per andare a controllare se le richieste di adeguamento (sorveglianza e illuminazione) erano state messe a norma. Di fronte al diniego è intervenuto il Tar, ma tutto il mondo sportivo si chiede come mai questo atteggiamento di chiusura: qualcuno è arrivato addirittura a paventare che la squadra stessa garantisca la viabilità attorno allo stadio, come se i dirigenti calcistici dovessero mettersi a fare i vigili urbani al termine delle partite. La vicenda si è colorata di giallo quando all’Alcione calcio è stato contestato, con un provvedimento discutibile (un parere che però non esprime un parere) che l’Arena Civica non sarebbe idonea al campionato di Serie C, sancendo una condanna (quasi) definitiva del club.

Serie C a rischio rinvio per il caso Alcione e Arena Civica di Milano
L’Alcione ha conquistato sul campo la Serie C.

Pronti a beneficiarne la Casertana o il Fano: forse in prefettura batte un cuore da tifoso

Lettera43 ha voluto capirci di più parlando anche con i dirigenti di Milan e Inter, tutti felici per la promozione dell’Alcione e l’utilizzo dell’Arena. Non sarà allora, è stata la battuta che qualcuno ha simpaticamente avanzato, che nel petto del “prefetto tifoso” Renato Saccone, integerrimo e bravo funzionario dello Stato nato a Santa Maria Capua Vetere, batta un cuore campano? Se venisse escluso l’Alcione dal campionato, infatti, a beneficiarne potrebbero essere la Casertana o il Fano (anche quest’ultima ha “interessi” campani: il presidente infatti è casertano). Già, perché nel campo della tifoseria nessuno può dirsi “terzo” (vi ricordate il pm dell’inchiesta Prisma sulla Juventus, Ciro Santoriello, che aveva dichiarato pubblicamente di essere anti-juventino?): chi valuta i requisiti per la promozione è (o potrebbe essere) anche un tifoso.

Serie C a rischio rinvio per il caso Alcione e Arena Civica di Milano
Il decreto del Tar della Lombardia.

Federazione verso una deroga per far giocare l’Alcione fuori sede

Possibile? Intanto il Tar della Lombardia ha in extremis sospeso il “non parere” negativo rilasciato dalla Commissione provinciale di vigilanza sui locali di pubblico spettacolo in merito all’agibilità dell’Arena, ma la prefettura non scioglie la riserva. Ora sembra che la Federazione per dar via ai campionati stia predisponendo una deroga, così come è già stato fatto in altre occasioni, affinché l’Alcione giochi le prime partite fuori sede in attesa che il prefetto trovi il tempo di mandare qualche funzionario a vedere se l’Arena può o meno ospitare partite di calcio. Si eviterebbe così che, in attesa dei vari gradi di giudizio della magistratura, il campionato di Serie C non possa prendere avvio. La storia quindi non è ancora finita.

A Chieti ricompare la scritta Dux sulla roccia: «È stato il sindaco»

A Villa Santa Maria, un piccolo comune in provincia di Chieti, è comparsa una grande scritta sulla roccia. Una sola parola: Dux. E non si tratta della prima volta perché già nel 2019, dopo una polemica finita in Parlamento, l’iscrizione che richiama la propaganda fascista era stata cancellata. A denunciare il ritorno della scritta è stato Camillo D’Alessandro, coordinatore regionale di Italia Viva, che quattro anni fa aveva presentato l’interrogazione finita alla Camera, quando era deputato. L’accusa è contro il sindaco: «È stato lui».

D’Alessandro: «Il sindaco fa riemergere la scritta fascista»

Il coordinatore regionale di IV attacca: «Nel luglio del 2019 il sindaco fece la stessa cosa, lo stesso sindaco. Ciò provocò una grande eco nazionale sollevando polemiche arrivate in Parlamento e nelle cronache nazionali. Siamo a Villa Santa Maria, nel Sangro dei patrioti della Brigata Maiella, a uno sguardo dal loro sacrario. Per la seconda volta, il sindaco ha deciso di fare riemergere la scritta Dux impressa sulla roccia dalla propaganda fascista, cioè di un criminale che firmò le leggi razziali e condannò alla morte milioni di italiani. Il tempo e il disonore nel tempo hanno cancellato quella scritta, il sindaco la fa riemergere per la seconda volta».

Camillo D'Alessandro attacca il sindaco per aver fatto recuperare la scritta Dux sulla roccia
Camillo D’Alessandro (Imagoeconomica).

L’accusa: «La vergogna continua a vivere»

D’Alessandro non si ferma e insiste parlando anche delle risorse utilizzate: «Non vorrei che per farlo siano addirittura stati impiegati fondi pubblici. Libero di farlo proprio perché non c’è più un Dux che domina ormai solo sulla pietra». L’ex deputato infine si chiede perché il sindaco abbia scelto, ancora una volta, di far riemergere la scritta: «Può darsi che non ci si renda conto che proprio quel nome, proprio nel Sangro, proprio anche a Villa Santa Maria ha rappresentato dittatura, morte, dolore e fame? Quando si normalizza la vergogna che è stata, la vergogna continua a vivere».

Portanova alla Reggiana, Non una di meno: «Stupratori in campo non ne vogliamo»

La polemica sull’ingaggio di Manolo Portanova, calciatore di 23 anni ora alla Reggiana 1919, non si placa. Da giorni a Reggio Emilia tifosi e cittadini si dividono sull’arrivo dell’atleta, in prestito dal Genoa, ma al centro di una vicenda giudiziaria non ancora conclusa. Portanova è stato condannato in primo grado nel dicembre 2022 a sei anni di reclusione per stupro di gruppo. Nonostante il ricorso presentato dai legali del giocatore e l’appello previsto per il prossimo novembre, in tanti condannano il club per averlo accolto. In ultimo anche le femministe di Non una di meno, che hanno organizzato anche un sit-in di protesta «contro l’ennesima offesa alle vittime di violenza patriarcale che ha macchiato la nostra città».

Non una di meno: «Regaliamo prestigio agli uomini violenti»

Come riportato da Repubblica, il collettivo di femministe alza la voce e attacca: «Ecco come li trattiamo gli uomini violenti in questo paese, e ora anche nella nostra città: pur in presenza di una condanna da parte di un tribunale di Stato – anche se di primo grado, non importa – regaliamo loro prestigio e immunità sociale. Tutto questo è spaventoso, ma non ci ferma, non ci intimidisce». Non una di meno ha organizzato il sit-in con cui vuole condannare «una vicenda orribile, di cui si è resa scandalosa protagonista la dirigenza della Reggiana calcio».

Continuano le polemiche su Portanova alla Reggiana. Non una di meno organizza un sit-in
Manolo Portanova (Getty).

Le attiviste: «Gli interessi economici valgono più di tutto»

Le attiviste ricordano che «Portanova non ha toccato un pallone in partite ufficiali dal dicembre scorso, tagliato fuori dallo stesso genoa. A gennaio era previsto il passaggio al Bari ma la protesta dei tifosi ne ha bloccato il trasferimento». Ora l’arrivo in Emilia: «È arrivata la Reggiana ad accogliere tra le sue braccia “materne” come risorsa da valorizzare per il rilancio della squadra, lo stupratore condannato. Che brutta storia». L’attacco prosegue: «In questo caso sono gli interessi economici e di prestigio della squadra a valere più di ogni altra cosa. Si decide di proteggere un uomo accusato e condannato per stupro in primo grado, di chiudere per così dire un occhio, di sminuire l’accaduto perché “la politica in certe cose non dovrebbe entrare, men che mai nello sport”. E poi: “L’iter processuale non è ancora terminato, si vedrà alla fine”».

Lo slogan: «Stupratori in campo non ne vogliamo»

Le attiviste di Non una di meno concludono: «Ci sentiamo dire ogni giorno, con stomachevole enfasi retorica, che le donne devono avere il coraggio di denunciare, ma poi non siamo credute, veniamo silenziate e messe in croce, mentre all’uomo violento viene data non solo un’altra possibilità, basata sulla cieca fiducia che si ripone nella sua innocenza, ma anche, come nel caso di Portanova, una bella e nuova opportunità lavorativa che impatta su una platea vastissima». Da qui lo slogan del sit-in: «Stupratori in campo non ne vogliamo».

Continuano le polemiche su Portanova alla Reggiana. Non una di meno organizza un sit-in
Portanova accanto a Vasquez, suo compagno al Genoa (Getty).

Il salario minimo per Musumeci è «assistenzialismo»: Pd e M5s all’attacco

Le parole sul salario minimo pronunciate dal ministro della Protezione civile, Nello Musumeci, non sono piaciute ai partiti d’opposizione. L’ex presidente della Regione siciliana ne ha parlato a margine del convegno “Parlate di mafia”, organizzato a Palermo dai gruppi parlamentari Fratelli d’Italia. «Secondo Schlein è anche una risposta alla mafia? Credo che la risposta sia il lavoro», ha attaccato Musumeci. «Basta con questo assistenzialismo. La destra e il centrodestra si contraddistinguono anche per un altro tipo di capacità propositiva». Pd e Movimento 5 stelle hanno immediatamente reagito criticando il ministro.

Schlein: «Non so in che Paese viva Musumeci»

La prima a rispondere è stata la segretaria dem Elly Schlein, chiamata in causa direttamente dal ministro: «Io non so in che paese viva Musumeci, nel nostro ci sono tre milioni e mezzo di lavoratrici e lavoratori poveri. Sono passati da “prima gli italiani” a “prima gli sfruttatori” evidentemente. Vorrei che rileggessero la Costituzione e l’articolo 36 perché non si può tenere insieme lavoro e povero nella stessa frase. Questo è quello che evidentemente vuole fare una destra che pensa che il lavoro sia un favore mentre noi siamo convinti che il lavoro sia un diritto in una repubblica fondata sul lavoro».

Schlein e Conte contro Musumeci dopo le parole sul salario minimo
Elly Schlein, segretaria del Pd (Getty).

La segretaria del Pd insiste: «La destra quando fa queste dichiarazioni dimostra di essere in difficoltà e di arrampicarsi sui vetri senza avere argomenti». E con lei anche il capogruppo al Senato Francesco Boccia, che sottolinea come «considerare assistenzialismo il salario minimo vuol dire non voler garantire ai lavoratori un diritto sancito dalla Costituzione».

Conte: «Parole a vanvera»

Dura presa di posizione anche del leader del Movimento 5 stelle Giuseppe Conte: «Parole a vanvera. I ministri di Giorgia Meloni non sanno nemmeno che chi chiede il salario minimo lavora da mattina a sera: non chiede di essere assistito, ma semplicemente pretende di essere pagato il giusto, non 3 o 4 euro l’ora. Le forze di questa maggioranza hanno altre idee su diritti ed emergenze del Paese: i vitalizi per gli ex senatori, andare in giro con 5 mila euro in contanti in tasca».

Per il capogruppo pentastellato alla Camera, Francesco Silvestri, le parole del ministro  «non denotano solo un una scarsa conoscenza del tema e quindi un uso del vocabolario del tutto improprio, ma sono a dir poco ridicole tenendo conto che grazie al centrodestra sono stati reintrodotti i vitalizi per chi ha lavorato anche un solo anno in Parlamento».

Schlein e Conte contro Musumeci dopo le parole sul salario minimo
Il leader del Movimento 5 stelle, Giuseppe Conte (Imagoeconomica).

Tony Bennett è morto, addio all’ultimo crooner americano

È morto a 96 anni Tony Bennett, leggenda della musica mondiale e ultimo crooner americano. L’annuncio arriva dalla sua portavoce Sylvia Weiner. Malato di Alzheimer dal 2016, non aveva mai smesso di incidere canzoni ed esibirsi dal vivo. L’ultima apparizione risale infatti all’agosto 2021, quando cantò assieme a Lady Gaga al Radio City Music Hall di New York nello spettacolo One Last Time. In oltre 70 anni di carriera ha pubblicato circa 100 album e vinto decine di riconoscimenti, tra cui 20 Grammy Awards e due Emmy.

Tony Bennett, dalle origini italiane al successo nel mondo

L’infanzia in povertà e le prime hit, da Because of You a Rags to Riches

All’anagrafe Anthony Benedetto, nacque a New York il 3 agosto 1926 da una famiglia di origini italiane. Suo padre era infatti John Benedetto, un negoziante che nel 1906 era emigrato negli Stati Uniti da Podàrgoni, non lontano da Reggio Calabria, mentre sua madre Anna Suraci era una sarta nata in America da genitori calabresi. Dopo aver trascorso l’infanzia in povertà, ha iniziato a cantare da bambino e ha studiato musica e pittura alla High School of Industrial Art di New York. Fra i suoi idoli musicali in adolescenza ha sempre citato Al Jolson e Bing Crosby. In seguito ha anche mostrato apprezzamenti per Frank Sinatra, Billie Holiday e Judy Garland. Proprio The Voice lo definì, come ha ricordato Variety, «il più grande cantante popolare del mondo», degno erede di leggende del calibro di Cole Porter, George Gershwin, Duke Ellington, Richard Rodgers e Oscar Hammerstein.

È morto a 96 anni dopo una lunga malattia Tony Bennett, celebre crooner americano. In oltre 70 anni carriera 100 album e 20 Grammy Awards.
Tony Bennett in un live del 2019 (Getty Images).

Nel 1944, al compimento dei 18 anni, si arruolò e combatté per la fanteria americana durante la Seconda guerra mondiale, contribuendo alla distruzione di un campo di concentramento nazista. «A volte sentivamo i tedeschi sussurrarsi l’un l’altro», scrisse nella sua autobiografia Just Getting Started. Dopo il conflitto, rimase nell’esercito dove iniziò a cantare come membro di una banda. Reduce da alcune registrazioni prive di successo alla fine degli Anni 40, all’inizio dei 50 conobbe il comico Bob Hope che gli fece ottenere un contratto con la Columbia Records ribattezzandolo Tony Bennett, abbreviazione e americanizzazione del suo nome di battesimo. Infilò tre canzoni al numero uno, unendo il genere pop al crooning alla Sinatra: sugli scudi Because of You, title track del suo album di debutto, ma anche Cold, Cold Heart e Rags to Riches, poi usata da Martin Scorsese per i titoli di testa di Quei bravi ragazzi.

Il buio degli Anni 70 e le collaborazioni più recenti

Negli Anni 70 fondò una sua casa discografica ma, vittima di inefficienti campagne pubblicitarie, naufragò presto. Si ritrovò improvvisamente senza un’etichetta che pubblicasse i suoi brani, in piena crisi coniugale e alle prese con la dipendenza da cocaina. Lo salvò Danny, il figlio primogenito che ebbe con la prima moglie Patricia Beech (si sposò altre due volte), che nel 1980 assunse la direzione della sua carriera. Apparendo in alcuni programmi televisivi, tra cui il David Letterman Show e gli Mtv Music Awards, seppe reinventarsi al fianco di artisti di ogni genere. Basti pensare a Stranger in Paradise, cantato con Andrea Bocelli, o Body and Soul con Amy Winehouse, pubblicato nel 2011 quattro mesi prima della sua morte. «Era la migliore di tutti quelli che ho incontrato», disse di lei in un’intervista. «Volevo dissuaderla dalla droga, ma non ho potuto».

Nel 2014 la prima collaborazione con Lady Gaga, sua fan di vecchia data, che diede vita all’album Cheek to Cheek. Al suo interno i brani Nature Boy e I Can’t Give you Anything but Love. Nel 2021 giunse invece il loro secondo featuring, l’ultima delle 103 pubblicazioni in studio di Tony Bennett. Love for Sale fu un omaggio a Cole Porter ma soprattutto all’amicizia fra i due artisti, che cantarono dal vivo il 3 e il 5 agosto dello stesso anno a New York. Furono anche gli ultimi due live del crooner che, proprio in quei mesi, aveva rivelato di soffrire di Alzheimer dal 2016.

Maltempo in Lombardia, a Daverio fulmine incendia il tetto di un’abitazione

Dopo il grande caldo della scorsa settimana, la Lombardia è stata interessata nelle scorse ore da un nuovo vortice di bassa pressione che ha portato in diverse zone della Regione violenti temporali, grandinate e anche tempeste di fulmini, con importanti disagi per i cittadini.

Un fulmine ha incendiato il tetto di un’abitazione a Daverio

L’intera zona del Varesotto, in modo particolare, è stata colpita da un forte nubifragio che ha, tra le altre cose, costretto i vigili del fuoco a un intervento d’emergenza in un’abitazione del comune di Daverio, colpita da un fulmine. La scarica elettrica che si è abbattuta sull’abitazione è stata in grado di scatenare un incendio a livello del tetto, rapidamente estinto da parte dei pompieri. Al di là dei fulmini, tutta la zona della provincia di Varese, così come il resto della Lombardia e del Piemonte, è osservata speciale: rispetto a queste zone la Protezione Civile ha infatti diramato un’allerta arancione. Sono stati numerosi, inoltre, gli interventi dei vigili del fuoco legati a chiamate per allagamenti o per gli alberi caduti. I danni e i problemi registrati nel Varesotto sono arrivati a poche ore di distanza dagli importanti disagi vissuti dalla popolazione nella provincia lombarda di Mantova, martoriata proprio pochissime ore prima da una grandinata.

In arrivo sulla Lombardia un incremento dell’attività temporalesca

Con un comunicato rilasciato il 20 luglio, la Protezione Civile ha voluto avvisare i cittadini lombardi rispetto agli sviluppi del meteo della giornata del 21 luglio, precisando che: «Il contrasto tra il flusso di correnti atlantiche umide ed instabili e la massa d’aria calda presente a sud continuerà a determinare, nell’area settentrionale del nostro Paese, un incremento dell’attività temporalesca, con fenomeni localmente anche di forte intensità». Ecco dunque da dov’è nata nasce la necessità di diramare un’allerta arancione per la Lombardia, mentre è scattata in parallelo l’allerta gialla in Friuli Venezia Giulia, in Veneto, nella Provincia Autonoma di Bolzano e su parte dell’Emilia Romagna.

A Marzamemi gli abitanti protestano: «Abbandonati da chi governa»

Gli abitanti di Marzamemi, borgo turistico in provincia di Siracusa, protestano e accusano «chi governa» di averli abbandonati. La rabbia dei cittadini di una delle mete più richieste dai turisti italiani e stranieri è tanta e sono diversi i problemi evidenziati. Parlano di discariche piene all’inverosimile, dell’assenza di presidi medici, di gravi carenze idriche e dell’assenza di un progetto di valorizzazione del territorio. A protestare sono i commercianti, che ogni estate accolgono circa 10 mila persone e ora chiedono risposte sul futuro.

I cittadini di Marzamemi chiedono aiuto: «Siamo abbandonati»
Turisti a Marzamemi (Getty).

I commercianti: «Il borgo soffre»

Gli esponenti del Centro commerciale naturale di Marzamemi attaccano: «Il borgo soffre e noi siamo abbandonati da chi governa. Nel momento in cui le imprese del turismo affrontano l’alta stagione noi imprenditori di Marzamemi siamo costretti a protestare e attivare manifestazioni di dissenso verso il modo improvvisato, insensato e dittatoriale con cui il sindaco di Pachino, Carmela Petralito, gestisce
questo luogo di lavoro, investimento e accoglienza internazionale». I commercianti spiegano anche di aver chiesto un incontro alla sindaca, ma di no aver mai avuto risposta. Avrebbero voluto programmare la stagione turistica, già «colma di problematiche, che affrontiamo in perfetta solitudine. Il sindaco ha rifiutato perfino di accogliere le valutazioni della Consulta Marzamemi, organismo comunale che comprende anche le associazioni di categoria. E da sola, senza giunta, senza esecutivo, senza assessori competenti in materia, senza che lei stessa abbia competenza e conoscenza di luoghi, settori produttivi e dinamiche turistiche, ha preso decisioni che contestiamo, avviando azioni di protesta».

Guardia medica: «Solo una ed è attiva fino alle 14»

I commercianti hanno deciso anche di manifestare pubblicamente il proprio malcontento. Lo hanno fatto leggendo le motivazioni davanti ai turisti, in piazza. E un commerciante si è soffermato sulla questione dei presidi medici: «C’è solo una guardia medica attiva fino alle 14 e per il primo ospedale bisogna arrivare ad Avola che dista quasi 40 minuti da qui». Nei mesi scorsi, spiegano i residenti, un 37enne ha avuto un infarto e la mancanza di un ospedale vicino ha reso impossibile salvarlo.

Erri De Luca: «L’Italia starà a rimorchio degli attori Usa in sciopero»

«L’Italia starà a rimorchio delle lotte americane e dei loro risultati». Ospite del Giffoni Film Festival, in programma fino al 29 luglio, lo scrittore napoletano Erri De Luca ha commentato lo sciopero di attori e sceneggiatori di Hollywood, facendo un confronto anche con la situazione nel nostro Paese. Dalla mattina del 13 luglio, infatti, interpreti e lavoratori dello spettacolo statunitensi hanno incrociato le braccia per protestare contro le case di produzione per stipendi inadeguati all’era dello streaming e mancanza di garanzie sull’intelligenza artificiale. «Non è uno sciopero come tanti», ha spiegato De Luca. «Piuttosto sta cambiando i connotati di questa meravigliosa macchina che è il cinema». Lo scrittore aveva già manifestato solidarietà per la protesta negli Usa con un post su Instagram, in cui aveva supportato un’azione «pacifica, ordinata e di massa».

Erri De Luca sullo sciopero degli attori: «Ammiro la loro unione»

«In America lo sciopero del cinema è possibile grazie a un sindacato degli sceneggiatori e degli attori che esiste siccome parliamo di una grande industria», ha proseguito Erri De Luca. «La condizione del lavoro e del reddito di questi lavoratori si è di molto ridimensionata per la diffusione dei canali streaming». Lo scrittore ha poi sottolineato un sensibile impoverimento di maestranze indispensabili per la salute e la sopravvivenza del cinema che ha bisogno di maggiori tutele. Un fenomeno che però, d’altro canto, ha fortemente rafforzato la coesione dell’intero settore. «Quel che piace a me, come scrittore che ha un’attività individuale, è che ci sia questa grande unione di scrittori», ha spiegato De Luca. «Gli scrittori sono individualisti, ma lì no! Sono legati alla grande industria del cinema».

Lo scrittore Erri De Luca sostiene lo sciopero degli attori di Hollywood: «Ammiro la loro coesione, stanno cambiando l'industria del cinema».
Lo scrittore Erri De Luca in uno scatto del 2020 (Getty Images).

Ben diversa invece la situazione dell’Italia, che difetta rispetto agli Stati Uniti su più fondamentali. «Non penso che da noi, come in altre parti del mondo, ci sia quella massa critica di lavoratori uniti e solidali, quella possibilità di unione che invece in America esiste su larga scala», ha sottolineato Erri De Luca. Una mancanza che impedirà pertanto di reagire come un corpo unico e compatto e dunque di far sentire allo stesso modo la propria voce se non accodandosi agli altri. «Esiste da noi a malapena un sindacato lavoratori della comunicazione, sezione della Cgil», aveva scritto il 19 luglio su Instagram. «Non mi risulta che ci sia un segnale di solidarietà per il più vasto sciopero di scrittori nel mondo. Da lontano unisco la mia voce».

Maltempo in Lombardia: si registrano temporali, grandinate e una tromba d’aria

Nella mattinata di venerdì 21 luglio, gran parte della Lombardia è stata flagellata dal maltempo. Una tromba d’aria ha provocato molta paura, ma danni non gravi nella zona di Gorgonzola, a est di Milano, verso Gessate. Non si registrano feriti.

Bomba d’acqua nella zona di Monza

Una bomba d’acqua con grandine si è abbattuta sulla provincia di Monza, a partire dalle 11. Segnalate strade e sottopassi allagati a Carate Brianza, Desio, Seregno e Monza, così come abitazioni e uffici situati al piano terra. Decine le chiamate al centralino dei vigili del fuoco per allagamenti e persone rimaste bloccate in auto. Colpita da un violento temporale anche la provincia di Varese, dove il tetto di due abitazioni  è stato colpito da un fulmine, innescando un incendio. Nel Bresciano, due lavoratori sono rimasti feriti. L’infortunio è avvenuto all’interno di un’azienda di Capriano del Colle e due 56enni sono stati travolti da alcune finestre che si sono staccate a causa del forte vento, riportando ferite alla testa e alle braccia. Entrambi sono stati trasportati in ospedale in codice giallo.

Massimiliano Damerini morto a 72 anni: addio al pianista genovese

Il mondo della musica classica è in lutto per la scomparsa di Massimiliano Damerini, apprezzato musicista genovese. L’artista aveva 72 anni ed è deceduto nel pomeriggio di giovedì 20 luglio 2023.

Morto a Genova lo stimato pianista Massimiliano Damerini

Come riportato da IlSecoloXIX, il pianista è morto nella sua città, dove per anni aveva lavorato come docente di musica da camera presso il Conservatorio Niccolò Paganini. Proprio qui si era diplomato in pianoforte, diventando uno degli esperti dello strumento più amati a livello italiano e internazionale. Damerini era stato in passato studente di due mostri sacri della musica come Martha del Vecchio (per quanto riguarda il pianoforte) e Sergio Lauricella (per la composizione). Aveva dimostrato un talento precoce per lo strumento, che gli ha permesso di costruirsi un’importante carriera in Italia e in giro per il mondo. Numerose le composizioni che Damerini ha interpretato nel corso della sua carriera, da Mozart a Beethoven, passando per il Romanticismo e il Novecento storico. Proprio di recente, a giugno 2023, aveva portato a termine l’incisione delle 32 sonate di Beethoven.

«La musica contemporanea perde uno dei suoi più grandi interpreti»

Con una nota, il governatore della Regione Ligura Giovanni Toti si è voluto esprimere in questi termini sulla scomparsa del musicista: «Esprimiamo vicinanza ai suoi familiari. La musica contemporanea perde uno dei suoi più grandi interpreti, che ha portato i nomi di Genova e della Liguria alti nel mondo, grazie ai concerti nelle sale e nei teatri più importanti in Italia e all’estero, alle sue collaborazioni con le orchestre più prestigiose e alla partecipazione ai più celebri festival e rassegne musicali internazionali». La camera ardente di Damerini è stata aperta quest’oggi, 21 luglio, dalle 16.30 e fino alle 19, nella hall del Teatro Carlo Felice. Sarà possibile rendere l’ultimo omaggio all’artista fino a domani, sabato 22 luglio, dalle 9 alle 14. I funerali si terranno alle 15 di sabato 22 luglio in via XX Settembre. Successivamente, la salma del musicista sarà trasferita al cimitero di Staglieno, dove sarà cremata.

Mosca, cosa c’è dietro l’arresto dell’ex ufficiale Fsb Igor Girkin

Il veterano dell’esercito russo ed ex ufficiale dell’Fsb Igor Girkin “Strelkov” è stato arrestato poco prima di mezzogiorno di venerdì 21 luglio a Mosca. Lo ha riferito il quotidiano economico RBC. Secondo le prime informazioni il fermo sarebbe stato effettuato dopo la denuncia di un ex mercenario della Wagner. Come ha scritto la moglie di Girkin Miroslava Reginskaya su Telegram il marito sarebbe accusato di incitamento all’odio e di violazione della dignità umana (articolo 282 del codice penale russo), reato per cui la pena massima è di sei anni di reclusione.

Favorevole all’invasione dell’Ucraina aveva attaccato Putin e il ministero della Difesa per la debolezza dell’esercito

Girkin aveva appoggiato da subito l’invasione dell’Ucraina criticando però il presidente Vladimir Putin e il ministero della Difesa colpevoli, a suo avviso, di non fare abbastanza per ottenere la vittoria. L’arresto però è arrivato a soli tre giorni dal suo invito a Putin di dimettersi. «Il Paese non sopravviverà ad altri sei anni di questa codarda mediocrità al potere», aveva scritto martedì ai suoi oltre 800 mila follower in Telegram. Il sospetto, come spiegato dalla politologa Tatiana Stanovaya, è che l’arresto di Girkin «serva innegabilmente gli interessi» del ministero della Difesa russo e che dunque rientri nelle purghe del Cremlino dopo la fallita marcia su Mosca della Wagner guidata da Yevgeny Prigozhin. «Questo è un momento che molti tra i siloviki (funzionari cresciuti neii servizi di Intelligence, ndr) hanno atteso con impazienza», ha scritto sui social. «Strelkov aveva oltrepassato tutti i confini immaginabili molto tempo fa, spingendo le forze di sicurezza, dall’Fsb ai capi militari, di arrestarlo». «È improbabile», ha aggiunto, «che sia messa in atto una massiccia repressione contro i ‘patrioti arrabbiati’, ma i dissidenti più veementi potrebbero essere perseguiti, fungendo da ammonimento per gli altri».

Arrestato a Mosca l'ex ufficiale Fsb Igor Girkin
Igor Girkin (Ansa).

Condannato in contumacia per l’abbattimento del volo MH17 della Malaysia Airlines, era stato in prima linea nell’annessione della Crimea

Nel novembre 2022 Girkin era stato condannato all’ergastolo in contumacia dal tribunale dell’Aia per l’abbattimento nel 2014 del volo MH17 della Malaysia Airlines sopra l’Ucraina orientale in cui vennero uccise 298 persone. In prima linea durante l’annessione della Crimea, aveva organizzato milizie filo-russe nell’Ucraina orientale ed è stato da maggio a ottobre 2014 anche ministro della Difesa nell’autoproclamata repubblica popolare di Donetsk. La procura di Kyiv lo ha accusato di torture e omicidi.

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