Erica Herman ha deciso di ritirare tutte le accuse di molestie sessuali mosse nei confronti dell’ex fidanzato, Tiger Woods, il campione californiano. La decisione è giunta dopo che in Florida il giudice Elizabeth Metzger aveva respinto il suo tentativo di annullare l’accordo di non divulgazione firmato con lo stesso Tiger Woods, lo scorso maggio.
Chiusa la vicenda giudiziaria per il risarcimento da 30 milioni
La vicenda giudiziaria con la quale la Herman aveva chiesto 30 milioni di dollari di risarcimento al 15 volte campione Major si è dunque chiusa. Woods potrà così dedicarsi alle proprie condizioni fisiche che, da mesi, lo tengono lontano dal green.
I fatti risalgono al 2021, quando una commessa della Rinascente Duomo di Milano il 24 luglio, a seguito di una discussione con una cliente, decide di annullarle la tessera fedeltà facendogliene una nuova, ma intestata a Donzella Svampita. Come riportato da Il Giorno, la donna, dopo aver ricevuto l’avviso via mail del cambio di tessera, ha chiamato il servizio clienti della catena di grandi magazzini che le ha confermato la variazione.
L’istruttoria al Garante della privacy e la multa da 300 mila euro
Dalla segnalazione della cliente, è immediatamente partita una istruttoria del Garante della privacy che ha portato a una multa da 300mila euro alla Rinascente, seppure «per altre questioni legate alla profilazione e alla sicurezza dei dati dei consumatori». Il caso della Donzella Svampita si è chiuso con una archiviazione: il gruppo ha avanzato delle controdeduzioni sul fatto che si sia trattato della «leggerezza di una dipendente» che non ha rispettato i protocolli e che ha ricevuto una sanzione disciplinare.
I controlli sulla conservazione dei dati e sulle profilazioni
Rinascente ha reso noto che « gli ordini di 70 clienti sono finiti nelle mail di altri cinque a causa di un disallineamento informatico». I rappresentanti del Nucleo speciale privacy e frodi tecnologiche, nelle giornate del 30 novembre e del 2 dicembre 2021, hanno esaminato tutte le procedure di rapporto con i consumatori e i 2,8 milioni di carte fedeltà. Durante le due ispezioni hanno rilevato l’assenza di dettagli su come «Meta usava gli indirizzi per ricerche di nuovi utenti via Facebook e delle criticità sul tempo di conservazione dei dati e sul controllo delle profilazioni». La sanzione da 300 mila euro sarà dimezzata se Rinascente pagherà entro 30 giorni.
Altro che il vecchio stereotipo del messicano che schiaccia un pisolino da sotto il sombrero: la siesta ora la invocano i tedeschi. Tutto nasce da una proposta fatta dai medici che chiedono al governo di valutare uno stop negli orari di lavoro, così da rispondere alle alte temperature che attanagliano ormai anche il centro Europa. Insomma, a Berlino c’è chi inizia a capire che con il caldo estremo è difficile lavorare in sicurezza. «Abbiamo», ha affermato il portavoce del governoScholz, Steffen Hebestreitun,«un massiccio cambiamento delle temperature estive e da questo emergono domande su come in futuro organizzeremo la nostra vita comune e lavorativa, anche in modo che non ci siano problemi per la salute». Insomma, alternative sono «da prendere molto seriamente e bisogna discuterne insieme». Il punto è rivolto in particolare modo a chi opera all’aperto: «Quando fa caldo, dovremmo orientarci alle pratiche lavorative dei Paesi del Sud: alzarsi presto, lavorare in modo produttivo al mattino e fare una siesta a mezzogiorno. È un concetto che dovremmo adottare nei mesi estivi» ha detto il presidente dell’Associazione tedesca dei medici del servizio sanitario pubblico, Johannes Niessen. Linea condivisa dal ministro della Salute Karl Lauterbach che ha twittato: «La siesta con il caldo non è certo un cattivo suggerimento».
E in Italia l’Inps ricorda la possibilità di cio con oltre 35 gradi
Le temperature al di sopra dei 35 gradi, che siano reali o percepite e ricavabili dai bollettini meteo, possono essere alla base della richiesta di Cassa integrazione ordinaria: è quanto prevede l’Inps dal 2017. Insomma, il surriscaldamento globale avanza e anche le normative, seppur con qualche lentezza, seguono il passo. L’istituto è chiaro: lavorare a temperature estreme può causare gravi infortuni. Ne sono esempio – si legge – i lavori di stesura del manto stradale, i lavori di rifacimento di facciate e tetti di costruzioni, le lavorazioni all’aperto che richiedono indumenti di protezione, ma anche tutte le fasi lavorative che, in generale, avvengono in luoghi non proteggibili dal sole o che comportino l’utilizzo di materiali o lo svolgimento di lavorazioni che non sopportano il forte calore”.
Ci mancava solo la carne sintetica. Italia viva e Azione non riescono a trovare una sintesi, è il caso di dirlo, nemmeno sul divieto di produzione di cibo coltivato in laboratorio voluto fortemente dal ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida. Durante il passaggio al Senato, i renziani hanno deciso di votare a favore del provvedimento aggregandosi alla maggioranza, mentre i calendiani si sono astenuti.
I renziani si schierano con gli allevatori
In Aula la senatrice di Italia viva Silvia Fregolent ha detto: «Vediamo in questo provvedimento assicurazioni e tutela della ricerca italiana, vuole difendere il Made in Italy, gli agricoltori e sostenere i nostri 600 mila allevatori italiani». Aggiungendo poi: «Noi pensiamo che debba essere tutelato un settore, quello dell’agroalimentare, che vale 60 miliardi di export. Vogliamo difendere l’economia di montagna. Poi, un giorno, se scopriremo grazie ai progressi della ricerca italiana che questa carne è carne e non provocherà danni alla salute, lasceremo che il consumatore scelga se salvare l’allevatore o un laboratorio chimico. Oggi io scelgo l’allevatore».
Italia Viva che vota a favore del divieto di carne coltivata in Italia. Azione che si astiene in nome di un mal interpretato principio di precauzione sulla pericolosità della ricerca. Abbiamo un serio problema di antiscientismo tra i sedicenti liberali italiani. Dicono di voler…
Diversa la posizione di Azione. In una in una nota i senatori calendiani hanno commentato: «Siamo contrari alla produzione, alla commercializzazione e al consumo di cibi sintetici fino a una dimostrazione scientifica della loro salubrità (principio di precauzione), ma non alla ricerca applicata, che non trova alcun riferimento nella legge presentata dalla maggioranza. Riteniamo folle che per pregiudizi antiscientifici e approcci ideologici si impedisca all’Italia di partecipare alla ricerca scientifica relativa a un nuovo importante settore produttivo. Peraltro a favore della ricerca si sono espresse tutte le associazioni di categoria».
Due partiti separati anche sul salario minimo
Del resto proprio martedì 18 Carlo Calenda lo aveva ribadito: «Siamo due partiti separati che cooperano in parlamento su molte cose». Il punto è che queste cose sono sempre meno. Lo stesso Calenda durante un’intervista tivù ha ricordato: «Per noi il salario minimo è fondamentale, mentre Italia viva non lo sostiene». Infatti Iv è rimasta fuori dall’accordo tra le opposizioni che ha portato Pd, M5s, Alleanza verdi e sinistra, Più Europa e Azione a presentare una proposta unitaria proprio sul salario minimo. I dubbi sul testo unitario delle opposizioni hanno convinto i renziani a non firmare la proposta (comunque inevitabilmente bocciata dalla maggioranza).
Caso Santanchè, nemmeno sulle dimissioni c’è intesa
Ma, solo rimanendo alla cronaca più recente, Italia viva e Azione hanno avuto una posizione diversa anche sul caso che ha interessato la ministra del Turismo, Daniela Santanchè, investita dalle inchieste giornalistiche sulla gestione delle sue aziende. Durante l’informativa a Palazzo Madama è intervenuto il senatore Enrico Borghi (ala Iv) che non ha chiesto le dimissioni della ministra: «Non ci iscriviamo a una logica faziosa, cogliamo il dato politico» e «non chiediamo a voi le dimissioni come voi le avete chieste, ma diciamo che ogni valutazione è nelle sue mani e nelle mani del presidente del Consiglio che si assume la responsabilità. E se c’è dell’altro tragga le sue valutazioni la valutazione è tutta nelle sue mani».
Restare assieme per non perdere il finanziamento pubblico
Stessa posizione di Calenda? Macché. Il leader di Azione avrebbe voluto intervenire in Aula in quella occasione, ma ha ricevuto uno stop dal gruppo. Calenda infatti (come ha poi ha fatto tramite dichiarazioni pubbliche) puntava a chiedere con più forza il passo indietro di Santanchè. Insomma, siamo davvero di fronte a «due partiti separati». Anche se al momento di separazione ufficiale non se ne parla. Il divorzio farebbe perdere circa 50 mila euro di finanziamento pubblico a parlamentare all’anno. Insomma, si continua a dormire nella stessa casa, ma in letti separati. Su un’unica cosa Renzi e Calenda sembrano andare d’accordo: la necessità di una dieta che ha fatto perdere ai due un bel po’ di chili, in una specie di sfida a distanza. Ma forse neppure qui – digiuno a intermittenza o no? – riuscirebbero a trovare un’intesa efficace.
L’Inps ricorda che chi è costretto a lavorare in luoghi “non proteggibili dal sole” o a svolgere attività che non sopportano il forte calore, con una temperatura superiore ai 35 gradi, può accedere alla cassa integrazione ordinaria. Un problema che non ci si pone certo a palazzo Wedekind, sede romana dell’istituto. Già all’ingresso si sente un bel freschetto, mentre sotto il portico con le colonne di Veio gli operatori televisivi grondano sudore. «Me stà a scoppià la testa», sbotta uno di loro, «so’ stato fino a poco fa a Sky e lì dentro c’erano 18 gradi, un freddo cane, e ora che sto all’aperto non ce capisco più niente».
Cambiano i presidenti ma non l’atmosfera festaiola
Anche se alla presidenza non c’è più Pasquale Tridico, sostituito dal governo Meloni dalla commissaria straordinaria Micaela Gelera, l’abitudine di organizzare convegni di ogni tipo seguiti da abbondanti buffet è stata mantenuta. C’è la medaglia commemorativa per celebrare i 125 anni dell’Inps e non vuoi organizzare un bell’incontro? Non solo. Ogni copia sarà legata a un nft, un non fungible token, la cui unicità, tracciabilità e autenticità sono garantite dalla tecnologia blochchain sottolineano Gelera, il direttore generale dell’Inps Vincenzo Caridi e l’amministratore delegato dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato Francesco Soro. Quest’ultimo, cresciuto negli ambienti romani cari a Francesco Rutelli, vanta una definizione curiosa: «La copia povera di Bernabò Bocca», a causa di una somiglianza con lo storico presidente di Federalberghi, caratterizzato da una folta capigliatura rossiccio-biondastra e una barba da navigatore di lungo corso, ovviamente a Sabaudia e dintorni.
Un’agenda fittissima che va dai seminari della Fondazione del Notariato al report sul lavoro domestico
Si tengono poi seminari dottissimi, come quelli della Fondazione Italiana del Notariato, sempre nell’edificio dell’Inps, per dibattere di temi quali “L’interpretazione della volontà delle parti e gli istituti della simulazione, del negozio fiduciario e del negozio indiretto”. Vogliamo rifiutarci poi di ospitare la presentazione del Report 2023 sul lavoro domestico, definito dallo stesso istituto come un «momento fondamentale per misurare la sensibilità sociale e civica su questo tema, sia da un’angolazione strategica che dal punto di vista delle famiglie»? Certo che no, ovviamente con la benedizione di Santa Romana Chiesa, visto che in mezzo è stata inserita pure la Caritas Italiana: nella Capitale, si sa, non si può fare mai a meno del Vaticano. Anche ieri, martedì 18 luglio, a palazzo Wedekind è andato in scena un altro convegno, con l’inevitabile camion del catering pronto a soddisfare con le sue delicatessen i palati sopraffini dei partecipanti. Ovviamente, al mezzo viene permesso di entrare nella blindatissima piazza Colonna, oltrepassando il varco severamente protetto dalle forze dell’ordine. Non ci saranno più i partiti, ma i party sì. Targati Inps. Se nei mesi delle stagioni autunnali e primaverili, i tavoli apparecchiati vengono posti sul magnifico terrazzo che domina la piazza, con il caldo meglio stare al chiuso, in una sala accanto a quella gigantesca dei convegni. Con la temperatura polare offerta dall’aria condizionata. Altro che i 35 gradi che permettono di godere della cassa integrazione…
Il presidente egiziano Abdel Fatah al-Sisiha concesso la grazia a Patrick Zaki. La decisione è arrivata 24 ore dopo la condanna a tre anni di reclusione per lo studente. La notizia è stata annunciata da Mohamad Abdelaziz, un componente del Comitato per la grazia presidenziale. Su Facebook ha scritto che al-Sisi «usa i suoi poteri costituzionali ed emette un decreto presidenziale che concede la grazia a un gruppo di persone contro le quali sono state pronunciate sentenze giudiziarie, tra cui Patrick Zaki e Mohamed El-Baqer, in risposta all’appello del Consiglio dei segretari del Dialogo Nazionale e delle forze politiche».
Zaki avrebbe dovuto scontare 14 mesi
La sentenza relativa alla condanna a tre anni di carcere è arrivata il 18 luglio. Zaki avrebbe dovuto scontare altri 14 mesi, dopo averne già passati 22 in prigione dopo l’arresto nel 2020. In mattinata, Tariq Al-Awadi, attivista per i diritti umani e membro del Comitato presidenziale per la grazia, aveva già mostrato un cauto ottimismo. È stato lui ad aver presentato la richiesta formale di grazia immediata per l’attivista e ricercatore egiziano. Su Facebook, prima dell’annuncio del presidente, aveva scritto: «Abbiamo ricevuto segnali positivi dallo Stato».
Le reazioni: da Schlein al Pescara Calcio
Sui social la reazione è stata immediata. In tanti esultano per la grazia ricevuta da Patrick Zaki. La segretaria del Pd, Elly Schlein, scrive: «La grazia a Patrick Zaki è una bella notizia. In tante e tanti ci siamo mobilitati in questi anni per la sua libertà. Speriamo di riabbracciarlo presto e continueremo a lottare anche per le altre persone ingiustamente imprigionate e la piena verità e giustizia per Giulio Regeni». Le fa eco il deputato dem Marco Furfaro: «La notizia più bella, dopo più di un anno di attesa: Patrick Zaki è finalmente un ragazzo e uomo libero. Un grazie enorme a chi, in tutto questo tempo, si è speso per la sua liberazione e per difendere la sua innocenza. A partire dalla società civile, che non lo ha mai abbandonato e che ha costretto tutte e tutti a non spegnere i riflettori. Adesso, caro Patrick, ti aspettiamo in Italia!». E tra i tanti che esultano, giornalisti, intellettuali e politici, spunta anche il Pescara Calcio con un lapidario: «Goooooool! Patrick Zaki!».
La grazia a #PatrickZaki è una bella notizia. In tante e tanti ci siamo mobilitati in questi anni per la sua libertà. Speriamo di riabbracciarlo presto e continueremo a lottare anche per le altre persone ingiustamente imprigionate e la piena verità e giustizia per Giulio Regeni.
L’ex presidente della federazione nazionale di lotta, Brij Bhushan Sharan Singh, è libero su cauzione. La decisione è stata presa da un tribunale di Delhi dopo che l’uomo è stato incriminato per presunto stalking e molestie sessuali nei confronti di alcune atlete in India. L’indagine si è chiusa il 7 luglio e il codice penale indiano prevede, in casi simili e con queste accuse, l’arresto preventivo. Singh è anche parlamentare del Bip, il partito al governo in India. Il caso si discuterà il 20 luglio.
Incriminato il segretario Vinod Tomar
Oltre a Singh, la polizia ha incriminato anche Vinod Tomar. Si tratta di un suo collaboratore, già segretario della federazione sportiva. Da gennaio le atlete hanno denunciato pubblicamente comportamenti inappropriati e molestie subite. Tra chi ha denunciato ci sono anche alcune vincitrici di medaglie d’oro e d’argento alle Olimpiadi e ai Giochi Asiatici. La richiesta era che i due venissero rimossi dagli incarichi e processati.
I sit-in di protesta
Oltre alle denunce, lottatori, lottatrici e wrestler indiani hanno guidato diversi sit-in. Atleti celebri dello sport indiano come Sakshi Malik, Vinesh Phogat e Bajrang Punia a gennaio hanno organizzato una manifestazione che poi è stata ripresa più volte nell’arco delle settimane successive. Ad aprile, invece, molte sportive hanno iniziato a presidiare il Parlamento. La mobilitazione è durata oltre un mese, finché a maggio non è intervenuta la polizia, facendole disperdere con modi aggressivi, considerati «brutali». Tra le protagoniste le stesse Malik e Phogat, trascinate via prima che potessero avvicinarsi al premier Modi. Il commissario di polizia Dependra Pathak aveva fermato gli sportivi per «violazione della legge» e che «saranno incriminati a tempo debito».
La Rai? Non pervenuta. Alla presentazione della relazione annuale Agcom, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, più che i presenti si sono fatti notare gli assenti. Cioè i piani alti di Viale Mazzini. L’evento è andato in scena mercoledì 19 luglio, alle ore 11, nell’aula dei gruppi parlamentari della Camera. A illustrare la relazione c’era il presidente dell’Autorità, Giacomo Lasorella. E non è mancato l’intervento del vicepresidente della Camera, Sergio Costa. A lasciare i banchi vuoti però, come detto, sono stati i manager della tivù di Stato, rappresentata solo dal consigliere Alessandro Di Majo.
Per Mediaset c’era addirittura il presidente Fedele Confalonieri
Al termine dell’incontro più di qualcuno si è chiesto come fosse possibile che la nuova Rai meloniana non abbia mandato né l’amministratore delegato Roberto Sergio, né il direttore generale Giampaolo Rossi né la presidente Marinella Soldi. Forse perché è stato considerato un appuntamento politico di poco conto? Peccato però che la concorrenza l’abbia preso molto più seriamente, dato che per Mediaset si è visto addirittura il presidente Fedele Confalonieri. Il fatto è che, anche se la Rai non si interessa dell’Agcom, l’Agcom si interessa della Rai: spesso l’Autorità infatti interviene sulle faccende di Viale Mazzini, che almeno per cortesia istituzionale avrebbe dovuto partecipare alla presentazione. E invece la “sgrammaticatura” resta.
La Corte d’Assise d’appello di Caltanissetta ha confermato l’ergastolo per il boss mafioso Matteo Messina Denaro, per le stragi del 1992. I giudici hanno accolto la richiesta della Procura generale nissena, rappresentata dal pg Antonino Patti e dal sostituto Gaetano Bono. La conferma della sentenza di primo grado arriva nel giorno del 31esimo anniversario dell’attentato di via D’Amelio, in cui è stato ucciso Paolo Borsellino. L’avvocata Adriana Vella, che difende il boss arrestato il 16 gennaio dopo decenni di latitanza, aveva chiesto l’assoluzione perché Messina Denaro «non era ai vertici di Cosa nostra» quando fu ideato il piano per le stragi del ’92.
Vella ha proseguito dichiarando che il boss «non ha partecipato alle riunioni deliberative delle stragi». Per la legale «non c’è prova» che Messina Denaro abbia dato «la sua adesione al piano stragista. Non ha avuto alcun ruolo nelle stragi, non ha messo a disposizione auto, armi o esplosivo». Non è così per il procuratore Antonino Patti: «L’accusa che si muove a Matteo Messina Denaro è di avere deliberato, insieme ad altri mafiosi regionali, che rivestivano uguale carica, le stragi. Quindi ci occupiamo di un mandante, non di un esecutore». Il capomafia di Castelvetrano non si è collegato per ascoltare la sentenza.
Il legale della famiglia Borsellino: «Grande soddisfazione»
L’avvocato Fabio Trizzino, legale della famiglia Borsellino, ha commentato all’Adnkronos la sentenza: «Avere la conferma dell’ergastolo per l’ultimo grande stragista per noi è motivo di grande soddisfazione. Ancora una volta lo Stato italiano ha esercitato la sua potestà punitiva e noi non possiamo che essere soddisfatti del risultato. Con la sentenza di oggi, benché ancora non definitiva ma è un tassello importantissimo, la stagione corleonese può dirsi chiusa». Oggi, 19 luglio, ricorre il 31esimo anniversario dall’attentato in cui sono stati uccisi non soltanto il giudice Borsellini ma anche i cinque membri della sua scorta: Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina.
Il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha parlato durante il question time alla Camera degli attacchi subiti dopo le parole sull’eliminazione del concorso esterno. Ha parlato di «sconcerto e sdegno» per essere stato definito un «favoreggiatore della delinquenza mafiosa». Nordio ha anche fatto un passo indietro, rispondendo anche a Giorgia Meloni. La premier, impegnata a Palermo nella cerimonia ufficiale alla caserma Lungaro, nel giorno del ricordo dell’attentato al giudice Paolo Borsellino, ha dichiarato: «Le cose che si devono fare e si fanno, mentre del resto si può evitare di parlare. Nordio ha risposto a una domanda in tema di concorso esterno in associazione mafiosa, ma lui stesso ha detto subito che non era una cosa prevista nel programma di governo del centrodestra, e infatti non c’è e non c’è stato alcun provvedimento su questo».
Nordio: «Nessuna modifica al concorso esterno»
Carlo Nordio ha dichiarato: «Comprenderete il mio sconcerto e il mio sdegno quando qualcuno mi ha definito favoreggiatore della delinquenza mafiosa. Nel programma di riforme annunciato da questo governo non vi è traccia, ne avrebbe potuto esserci, di modifiche della disciplina del concorso esterno in associazione mafiosa. Non fa parte del programma governativo: non c’è, non esiste e non sarà fatto». E aggiunge: «Il problema è sorto a causa dell’incertezza applicativa del concorso esterno, tanto che la Cassazione a suo tempo ha cambiato indirizzo. Le voci per introdurre una norma tipica sono quasi universali nel mondo universitario e forense. La mia interpretazione è anche più severa di quella dei miei critici: perché anche chi non è organico alla mafia, se comunque ne agevola il compito, è mafioso a tutti gli effetti».
Il ministro: «Considerazioni mirate a eliminare incertezze»
«Le mie considerazioni sulla necessità di una normativa ad hoc sul concorso esterno», ha spiegato il ministro della Giustizia, «miravano di conseguenza ad eliminare incertezze future, costruendo uno strumento anche più efficace di quello attuale nella repressione delle associazioni criminose e di chi, in un modo nell’altro, vi fa parte». E infine ha dichiarato: «Non vi è alcun affievolimento nel contrasto alla criminalità organizzata, né potrebbe essere altrimenti, principalmente da parte di un ministro che vi ha dedicato, la parte più importante della propria funzione di magistrato. Ed è con questo sentimento di commossa rievocazione del collega Paolo e delle altre vittime della violenza stragista, che auspico che questa polemica sterile oggi si chiuda».
Marcia indietro del Cremlino. Dopo aver annunciato la propria presenza, il presidente russo Vladimir Putin non parteciperà «di comune accordo» al vertice delle nazioni Brics, che si terrà dal 22 al 24 agosto a Johannesburg. Lo ha reso noto l’ufficio di presidenza sudafricano. Al suo posto il ministro degli Esteri di Mosca, Sergei Lavrov, proprio come aveva proposto il Sudafrica.
Mosca ha smentito di aver minacciato di ritorsioni il Sudafrica in caso di arresto di Putin
Il Sudafrica, che sarebbe stato messo in estrema difficoltà dall’arrivo di Putin, in quanto obbligato ad arrestarlo visto il mandato di cattura internazionale che pende sulla testa dello zar, tira dunque un sospiro di sollievo. Martedì 18 luglio il presidente Cyril Ramaphosa aveva chiesto il permesso alla Corte penale internazionale di non arrestare Putin, a seguito di presunte minacce da parte della Russia. Tramite il portavoce presidenziale Dmitry Peskov, Mosca ha smentito di aver lasciato intendere che un eventuale arresto di Putin sarebbe stato come «una dichiarazione di guerra».
«Saremmo contenti se non venisse», aveva detto il vicepresidente sudafricano Mashatile
«Capiamo di essere vincolati dallo Statuto di Roma, ma non possiamo invitare qualcuno e poi arrestarlo. Per noi è un dilemma. Saremmo contenti se non venisse», aveva detto alla testata sudafricana Mail & Guardian il vicepresidente Paul Mashatile. Il Sudafrica aveva proposto alla Federazione Russa che a guidare la delegazione di Mosca fosse Lavrov. Il suggerimento era stato però rispedita al mittente, così come quella di un vertice da remoto, non gradito a Brasile, India e Cina. Da parte sua, Ramaphosa aveva detto che il vertice Brics si sarebbe tenuto in presenza e con Putin, nonostante il mandato della Corte penale internazionale. Infine il dietrofront. Rimarrà così un unicum il precedente del 2015, quando Pretoria non ottemperò al mandato di cattura emesso nei confronti dell’allora presidente sudanese Omar al Bashir.
Si chiama Ornella Bedini ed è la madre di un ragazzo autistico di Appignano del Tronto. La donna ha denunciato a Il Resto del Carlino che il figlio è costretto a restare a casa perché nessun centro estivo è in grado di accoglierlo e assisterlo. L’appello segue quello già lanciato a inizio luglio, quando Bedini lamentava lo stop all’assistenza domiciliare e i disagi vissuti dal ragazzo e dalla famiglia.
Bedini: «Mio figlio è escluso da tutto»
Ornella Bedini racconta: «Mio figlio è a casa, senza assistenza, è un ragazzo autistico, escluso da tutto, questo è inaccettabile, non degno di un Paese che si dichiara civile. Non fa più attività sportive, non fa più piscina, perché non c’è chi l’assiste, non ha più una vita sociale, è considerato al pari di altri, che non hanno un posto nella società. Sono indignata. È ormai da troppo tempo, che il ragazzo non ha un’assistenza adeguata». E prosegue: «Non chiedo nessun favore, nessun piacere, ma un diritto: c’è una legge, la 328, articolo 14, che non deve rimanere sulla carta. Mi dovete dare gli strumenti per attuarla, c’è il centro estivo, ho bisogno dell’assistenza. Se questa situazione persiste sarò costretta a ricorrere alle vie legali».
La donna: «Sono stanca»
Quello della donna è un vero e proprio sfogo: «Perché un figlio con difficoltà deve rimanere dentro casa? Per la burocrazia, per che cosa? Ho scritto diverse email, lui deve essere seguito, aiutato ed ha diritto all’assistenza. Sono stanca non si tratta così un ragazzo in difficoltà, mio figlio rimane chiuso in casa». Già l’8 luglio Ornella Bedini ha dichiarato: «È da tempo, che mio figlio non svolge le ore educative, di cui ha tanto bisogno, è possibile che un ragazzo che prima ha dovuto sopportare tutti i disagi del Covid, adesso venga privato anche dell’assistenza fondamentale per trascorrere svago, tempo libero e spostamenti in auto? Da un mese di venire a capo da questa situazione, purtroppo senza successo. Ho chiesto un assistente domiciliare per l’attività estiva del centro Amici Disparati con la speranza che possa partecipare sostenuto da una figura adeguata come l’educatore. Mi chiedo: è possibile che una famiglia che ha un disabile debba subire anche tutti questi disagi?».
Non ce l’ha fatta la bimba di sei anni che, nella serata di martedì 18 luglio, era stata investita mentre si trovava su un monopattino nel Rione Lucania, a Potenza. Troppo gravi le ferite riportate durante l’incidente. Secondo le prime ricostruzioni, la piccola si trovava fuori casa a giocare quando, per cause in fase di accertamento, è stata investita mentre era su un monopattino. L’automobilista si è subito fermato per prestare soccorso. La bimba era stata immediatamente trasportata in codice rosso all’ospedale San Carlo.
La piccola era sfuggita alla guerra russo-ucraina insieme alla madre
La bimba, ucraina, era arrivata a Potenza insieme alla madre circa un anno fa, a causa delle conseguenze del conflitto russo-ucraino. Vito Bardi, presidente della Regione Basilicata, ha espresso con queste parole il suo cordoglio: «La tragedia accaduta a Potenza e che ha visto come vittima una bimba ucraina ci lascia sbigottiti tutti. A nome della giunta regionale, i miei pensieri e la mia vicinanza alla famiglia della bimba».
I fan si preparano al grande concerto di Harry Styles, in programma sabato 22 luglio alla Rfc Arena di Campovolo. Sono previste oltre 100 mila presenze e c’è già chi da settimane si è accampato con tende e attrezzatura varia pur di assicurarsi i posti in prima fila. A pochi giorni dall’evento, è spuntato anche un cartello in cui alcune sostenitrici hanno scritto, in italiano e in inglese, alcune regole per gestire le file durante i giorni d’attesa.
Quattro appelli al giorno per non perdere la fila
Le regole sono poche ma ferree. Sul cartello sono segnati quattro «check point», dei veri e propri appelli fatti alle 9 del mattino, alle 14, alle 19 e alle 23. Per non perdere il posto nella fila bisogna essere fisicamente presenti. E bisogna restare anche di notte: «È obbligatoria». Inoltre, la distribuzione dei numeri con cui prenotare un posto in fila al proprio arrivo a Campovolo viene sospesa tra mezzanotte e le 7 del mattino. La foto dei cartelli è diventata virale sui social. Sono oltre cinquanta i presenti in decine di tende: si tratta soprattutto di ragazze. La piattaforma Trainline ha stimato che il concerto richiamerà, solo sabato 22 luglio, l’880 per cento di passeggeri in più sui treni.
NON QUESTO tanto se finisce come a italia loves romagna finiscono a sberle e urla pic.twitter.com/oyFY9alfnC
Livenation: «Pista Cimurri pronta ad accogliere tutti»
Il timore è per la sicurezza e la salute di chi è accampato da giorni. La temperatura si avvicina pericolosamente ai 40 gradi nelle ore più calde e tanto i volontari della Croce Rossa quanto gli organizzatori distribuiscono bottigliette d’acqua ai presenti. Livenation, la società che gestisce l’evento, ha spiegato che «la pista Cimurri è pronta ad accogliere le fan; è dotata di servizi adeguati per questo genere di accampamenti: ci sono le alberature, i servizi igienici e sarà presente il presidio di pronto soccorso nel caso di necessità». Le fan accampate dalla scorsa settimana sono state fatte spostare già lunedì 17 luglio, per permettere l’ingresso ai mezzi per l’allestimento del palco.
La Reggiana Calcio ha dato l’annuncio ufficiale: «AC Reggiana 1919 comunica di aver raggiunto l’accordo per il trasferimento a titolo temporaneo dal Genoa FC del calciatore Manolo Portanova per la stagione 2023 – 2024 e che, pertanto, in attesa del perfezionamento dello stesso, verrà aggregato al club granata con nullaosta da parte del club ligure. L’autorizzazione sarà valida fino al perfezionamento del contratto, che dovrebbe avvenire nelle prossime settimane». A sollevare polemiche e reazioni sul suo trasferimento, la condanna a 6 anni per violenza sessuale di gruppo che pende su Portanova. Il calciatore ha fatto ricorso contro la condanna in primo grado, mentre l’appello è previsto per novembre. Intanto a Reggio Emilia è polemica, con i tifosi che annunciano di voler restituire l’abbonamento.
Le reazioni del Pd e della Cgil
Secondo Ilenia Malavasi, deputata reggiana del Partito democratico, «Il reato contestato al calciatore è molto grave e sarebbe stato necessario porre la massima attenzione». La definisce invece una «scelta poco opportuna» la Cgil di Reggio: «Il calcio e i giocatori sono nel nostro Paese oggetto di ammirazione, modello a cui specialmente i più giovani guardano: forse laddove persistono zone d’ombra su vicende così moralmente inaccettabili non bisognerebbe rischiare di sbagliarsi».
La lettera dell’insegnante «Chiedo la restituzione dei soldi dell’abbonamento»
Tra i tifosi in protesta, anche un’insegnante, Liusca Boni, che ha scritto una lettera postata sui social e rivolta alla AC Reggiana 1919: «Sono una vostra tifosa da oltre trent’anni. Sono una cittadina reggiana da sempre innamorata della squadra della mia città. Di mestiere sono una docente di scuola superiore e il calcio è spesso stato un’occasione di dialogo con i miei studenti. Perché da sempre convinta che sia uno sport portatore di valori e regole modello anche per la scuola. Per questo motivo sono rimasta incredula alcuni giorni fa quando le voci di mercato hanno accostato la figura del giocatore del Genoa, Manolo Portanova, ai nostri colori e alla nostra città. Ho sempre invitato i miei studenti a tifare Reggiana, a venire allo stadio con me, a privilegiare la squadra del nostro territorio piuttosto che il gesto atletico delle grandi squadre di serie A. Perché ci sono valori più importanti, come quelli che ad esempio le tifoserie organizzate reggiane fanno quotidianamente nei confronti del volontariato. Viviamo in un Paese che non è a misura di donne, con una magistratura che ancora emette sentenze che riconoscono attenuanti ad assassini perché “innamorati” di donne “disinibite”. È sentenza di questi giorni. Rimango in attesa di sapere come avere la restituzione dei soldi dell’abbonamento. In nessun caso intendo, con i miei soldi, pagare lo stipendio di un condannato in primo grado per stupro di gruppo».
In una lettera alla comunità musulmana di Monfalcone, la sindaca Anna Maria Cisint ha annunciato una stretta sui burkini e i veli in spiaggia a Marina Julia. «Non possono essere accettate forme di “islamizzazione” del nostro territorio», ha attaccato l’esponente leghista, «che estendono pratiche di dubbia valenza dal punto di vista del decoro e dell’igiene».
La polemica della sindaca di Monfalcone: «Chi viene da realtà diverse dalla nostra deve rispettare regole e costumi»
Secondo Cisint, Marina Julia è una meta turistica e questo comportamento da parte dei bagnanti musulmani è «inaccettabile». Fare il bagno vestiti, sempre per la prima cittadina «è una pratica che sta determinando sconcerto e che crea insopportabili conseguenze alla salvaguardia del decoro». Aggiungendo: «Chi viene da realtà diverse dalla nostra ha l’obbligo di rispettare le regole e i costumi. La pratica di accedere sull’arenile e in acqua con abbigliamenti diversi dai costumi da bagno deve cessare». Insomma una vera e propria stretta sui bagnanti tanto che «Intendo applicare questi principi con un apposito provvedimento a tutela dell’interesse generale della città e dei nostri concittadini».
Cisint contro la visione «integralista» della comunità
Nella medesima nota, Cisint ha inoltre spiegato che dietro la sua presa di posizione c’è l’aumento a Monfalcone di donne musulmane con il volto coperto «che impedisce ogni identificazione ed è evocativo di una visione integralista, che fa parte anche questa della volontà di non rispettare regole e norme dei Paesi di arrivo, in particolare della componente proveniente dal Bangladesh, che registra la presenza più numerosa tra gli stranieri residenti in città».
È lunga 91 metri, larga 27, alta come un palazzo di tre piani e si chiama Bibby Stockholm. La chiatta noleggiata per 18 mesi dal governo britannico allo scopo di ospitare circa 500 migranti in attesa di risposta alla propria richiesta d’asilo, appena giunta nel porto della penisola di Portland, nel sud dell’Inghilterra, sta facendo discutere parecchio.
Raggiungerà la capienza massima nel giro di poche settimane
La Bibby Stockholm verrà impiegata per ospitare centinaia di richiedenti asilo in un luogo più facile da controllare e soprattutto più economico rispetto agli alberghi sparsi in tutto il Regno Unito. Al momento sono 51 mila i richiedenti asilo sul suolo britannico: tra vitto e alloggio, la spesa per lo Stato è pari a 6 milioni di sterline (circa 7 milioni di euro) al giorno. Il governo di Rishi Sunak ha reso noto che i primi 50 ospiti arriveranno a breve e che la nave dovrebbe raggiungere la capienza massima nel giro di poche settimane.
La chiatta è già stata usata da Germania e Paesi Bassi
La chiatta, precedentemente utilizzata per ospitare senzatetto e richiedenti asilo in Germania e nei Paesi Bassi, dispone in totale di 222 stanze. Quelle più piccole, in origine singole, sono state riconvertite per ospitare almeno due persone. Nelle cabine più grandi potranno dormire invece in sei. Secondo la scheda informativa fornita dall’azienda proprietaria Bibby Maritime, ogni alloggio ha il bagno privato. In più a bordo ci sono sala tv, area giochi e palestra. Non ci sarà un coprifuoco e i richiedenti asilo non saranno formalmente detenuti, dunque potranno scendere dalla chiatta.
La decisione del governo britannico ha scontentato tutti
L’ormeggio della Bibby Stockholm ha scontentato praticamente tutti. Se da una parte i tabloid di destra hanno definito la chiatta come una «residenza di lusso», gli attivisti per i diritti umano ritengono che le condizioni di vita a bordo della chiatta potrebbero essere problematiche. Altri critici sostengono che l’uso della chiatta non farà risparmiare denaro al governo, considerando che a bordo verrà ospitato appena l’1 per cento del totale dei richiedenti asilo. E poi ci sono i residenti della penisola, i quali non vogliono che un numero così alto di richiedenti asilo alloggi vicino alla loro casa, per motivi di sicurezza e sanitari.
Paola Di Benedetto e Raoul Bellanova escono allo scoperto pubblicando sui social la loro prima foto insieme che conferma i rumors che circolavano da settimane.
Lo scatto li ritrae sul divano di casa abbracciati
La speaker radiofonica e modella – è stata anche Madre Natura nel programma televisivo Ciao Darwin – e il calciatore ufficializzano la loro relazione che per gli amanti del gossip non rappresenta una novità. Già da tempo infatti si rincorrevano le voci sulla loro storia d’amore, mancava solo la conferma dei diretti interessati. Raoul Bellanova milita nel Torino ed era stato visto insieme a Di Benedetto lo scorso giugno in un ristorante in atteggiamenti intimi. In quel caso, le immagini erano state condivise sul profilo di Amedeo Venza, esperto di gossip, ma non confermate dalla coppia che solo nelle ultime ore ha ufficializzato la liaison. A pubblicare lo scatto è stato il 23enne che ha pubblicato sul suo profilo un’immagine che lo ritrae al fianco della conduttrice mentre la bacia teneramente sulla guancia; la foto è stata subito condivisa anche da Paola Di Benedetto sulle sue storie Instagram. La speaker ed ex concorrente del Grande fratello vip un anno fa si era avvicinata al cantante Rkomi.
Altri indizi su Instagram avevano portato alla luce la loro storia
Qualche giorno prima dello scatto ufficiale sempre sul profilo Instagram del difensore del Torino era stato pubblicato un post che lasciava poco spazio ai dubbi sulla natura del loro rapporto. Raoul Bellanova aveva pubblicato una sua foto al mare scrivendo a corredo «Momenti» e tra i tanti messaggi arrivati in risposta al suo post era comparso anche quello della 28enne Di Benedetto che ha commentato scrivendo «Miss you».
Il Terminal A dell’aeroporto di Catania-Fontanarossa Vincenzo Bellini non riaprirà prima del prossimo 25 luglio. Poche ore fa i vertici del Sac, Società aeroporto Catania, hanno comunicato la decisione presa «per consentire l’avvio delle operazioni di bonifica, in attesa della restituzione delle aree da parte delle autorità competenti». Dopo l’incendio divampato all’interno dello scalo internazionale nella notte tra il 16 e il 17 luglio, si puntava a riaprire il terminal già alle 14 di mercoledì 19. Non sono stati però ancora completati gli accertamenti tecnici e strumentali utili per preparare le operazioni di bonifica.
Restano i disagi: nel Terminal C due voli l’ora
Continuano i disagi per centinaia di migliaia di passeggeri in partenza per le vacanze estive o in arrivo in Sicilia. Dall’aeroporto di Fontanarossa partono e atterrano due voli l’ora, tutti al Terminal C. Secondo il Corriere della Sera, si punta a garantire sette voli ogni ora, non appena la Protezione civile finirà di montare le tende con cui accogliere fino a 400 passeggeri. Tutto il resto è stato spostato sugli altri scali siciliani, Comiso, Palermo e Trapani, e su due calabresi, Lamezia Terme e Reggio Calabria. Sui social centinaia di utenti raccontano di viaggi durati oltre 14 ore per raggiungere Milano e in generale il Nord Italia.
Sovraccarico l’aeroporto di Palermo
Gli aeroporti siciliani non erano pronti al traffico ulteriore generato dalla chiusura dello scalo internazionale catanese. I disagi maggiori si registrano al Falcone Borsellino di Palermo. Le sigle sindacali Filt Cgil, Filt Cisl, Uiltrasporti e Ugl Trasporto Aereo spiegano: «A seguito dell’incendio occorso nello scalo di Fontanarossa l’Aeroporto Falcone Borsellino registra una situazione insostenibile in termini di sicurezza per lavoratori, passeggeri e visitatori tale da destare seria e reale preoccupazione per l’incolumità e la salute dei medesimi». I sindacati ricordano che i lavoratori che stanno fronteggiando l’emergenza sono gli stessi che hanno scioperato il 15 luglio per il rinnovo del contratto: «Abbiamo chiesto che venga istituito un tavolo con Enac, gestore e le società di handling al fine di gestire la situazione emergenziale. E chiediamo con forza alle istituzioni di intervenire fornendo risposte concrete alle lavoratrici e lavoratori ed agli utenti aeroportuali».
La storia d’amore di Belén Rodriguez e Stefano De Martino è nuovamente al capolinea? Al momento non ci sono certezze a riguardo visto che i due ancora non hanno rilasciato dichiarazioni ufficiali per rispondere ai recenti gossip. A ogni modo, nelle scorse ore Belén è stata pizzicata dai paparazzi di Chi in compagnia di un uomo. I due hanno partecipato al compleanno di Ignazio Moser, organizzato presso il Mimosa Polo Club di Pogliano Milanese.
Belén Rodriguez insieme a Elio Lorenzoni: gli scatti rubati
Il magazine diretto da Alfonso Signorini ha paparazzato la conduttrice argentina insieme a Elio Lorenzoni, un manager del settore dei motori. Gli scatti apparsi sul settimanale mostrano i due intenti ad abbracciarsi, scambiandosi sguardi di intesa. Non è dato sapere, ad ogni modo, cosa stia bollendo in pentola: una semplice amicizia o qualcosa di più?
All’evento, tra l’altro, era presente tutta la famiglia della conduttrice argentina: a festeggiare Ignazio Moser c’erano infatti Cecilia Rodriguez (la fidanzata del festeggiato), il padre Gustavo, la madre Veronica, il fratello Jeremías e i due figli di Belén Santiago (avuto da De Martino) e Luna Marì (nata dalla relazione con Antonino Spinalbese).
Gli indizi sulla crisi in corso tra Belén Rodriguez e Stefano De Martino
Qualche giorno fa, Belén aveva fatto insospettire i suoi follower eliminando dal suo profilo Instagram un divertente selfie in compagnia di De Martino. Ore dopo, aveva pubblicato un post che riportava una didascalia piuttosto sospetta: «Si ricomincia da zero», quasi a sottolineare la necessità di un cambiamento. I più attenti, inoltre, si erano resi conto che a un recente evento pubblico De Martino si era presentato senza più la fede nuziale al dito.