Il 16 gennaio 2010 un uomo esile con gli occhiali e avvolto in un cappotto nero venne fotografato mentre digitava alcuni numeri sulla tastiera di un monitor stringendo nella mano una carta di credito. Si trattava di Hu Jintao, presidente della Cina per due mandati (dal 2003 al 2013) in visita alla sede di China UnionPay (CUP), una società di servizi finanziari con sede a Shanghai. A distanza di 13 anni, il quartier generale del colosso cinese delle carte di pagamento svetta ancora a Pudong, il quartiere finanziario della megalopoli. All’interno, una targa commemora la visita dell’allora leader cinese ricordando le sue parole di incoraggiamento per l’azienda, chiamata a «intensificare gli sforzi per internazionalizzarsi» e per la Cina, spinta a trasformare UnionPay «in un importante marchio globale». Il renminbi non era ancora una valuta internazionale, ma UnionPay stava per realizzare, almeno in parte, il sogno di dominio globale di Hu, diventando uno dei principali fornitori di carte di debito al mondo.
Oggi le carte di UnionPay sono accettate in 181 Paesi ed emesse in 79
L’azienda fondata nel 2002 è riuscita nell’arco di un ventennio a conquistare poco più del 40 per cento del mercato globale delle debit card, superando Visa, al secondo posto con una quota pari al 38,78 per cento, e Mastercard al 21 per cento. Ma che cos’è esattamente CUP? È, prima di tutto, un’associazione per l’industria delle carte di pagamento che opera sotto la Banca centrale cinese ed è l’unica rete interbancaria che collega gli sportelli automatici di tutte le banche del Paese. Le carte di UnionPay – che agisce all’estero attraverso la sussidiaria UnionPay International – sono accettate in 181 Paesi ed emesse in 79. C’è un altro dato emblematico: nel 2015 CUP ha sorpassato le rivali Visa e Mastercard nel valore totale dei pagamenti effettuati dai clienti, diventando la più grande organizzazione di elaborazione dei pagamenti con carta (carte di debito e credito) al mondo. Va però ricordato che solo lo 0,5 per cento di questo volume di pagamenti è stato registrato al di fuori della Cina. Nel 2017 è stata lanciata l’app mobile che due anni dopo ha superato i 150 milioni di utenti, insidiando colossi come Alipay e WeChat Pay.
L’espansione verso il Myanmar, l’Indonesia il Kazakistan e la Repubblica Democratica del Congo
Per capire il successo nazionale di Unionpay basta guardare i numeri. Tra il 2011 e il 2021, la quota di transazioni con le carte di debito di Visa è scesa da quattro su cinque a meno di due su cinque. Il vuoto è stato riempito dal gioiello del Dragone. Che ha seguito due strade: il consolidamento interno, in un mercato potenzialmente immenso, e la concentrazione su Paesi con infrastrutture di pagamento arretrate, così da sbaragliare la concorrenza e creare autentiche roccaforti per altro dotate di importanti bacini di utenti. Sul primo punto, CUP ha creato in Cina un monopolio virtuale, offrendo basse commissioni sulle transazioni ai commercianti al dettaglio (sia in patria che all’estero). In merito all’espansione internazionale, la società ha puntato su Paesi come Myanmar, Indonesia, Kazakistan e Repubblica Democratica del Congo. Finora CPU ha fatto passi da gigante ma solo nelle transazioni con carta di debito. Un recente rapporto di The Nilson Report ha sottolineato come Visa sia ancora al primo posto, con il 38,7 per cento della quota di mercato, per quanto riguarda le transazioni complessive con carte di debito e di credito. UnionPay segue con il 34 per cento. Un ottimo risultato se si considera che CPU ha rotto il duopolio Visa-Mastercard sostituendo quest’ultima che ormai registra meno di un quarto di tutte le transazioni.