Daily Archives: 29 Luglio 2023

Cambiamento climatico, le profezie dei cyberpunk

Nel 1994 il mondo era decisamente diverso da oggi. Non c’era l’euro, Kurt Cobain cantava il disagio della Generazione X, i social vivevano ancora solo dentro le intuizioni degli scrittori cyberpunk, come del resto era già accaduto con internet e la virtuale tutto. Proprio in quell’anno usciva Atmosfera mortale (oggi in libreria in una nuova edizione dal titolo Atmosfera Letale), romanzo di colui che, insieme al matematico Rudy Rucker, è sempre stato considerato l’ideologo dei cyberpunk: Bruce Sterling.

Così Sterling nel 1994 raccontò l’emergenza climatica che stiamo vivendo oggi

Il titolo oggi suona quantomeno profetico. Si parla, lasciando da parte i meccanismi da thriller che erano tipici di un genere ormai divenuto un classico, di un clima impazzito per qualcosa di non troppo diverso dal riscaldamento del Pianeta che oggi fa sì che – per restare all’Italia – Milano venga devastata da un tornado con venti a 110 all’ora, grandine grossa come bombe a mano e alberi divelti manco fossero margherite lungo un sentiero, mentre il Sud sia circondato dalle fiamme, senza luce e acqua, e le coste dell’Adriatico, non esattamente il mare più aperto che il Bel Paese ha a disposizione, siano colpite da mareggiate in stile mini-tsunami – Hokusai dove sei? – che non hanno neanche la decenza di lanciare un minimo di preavviso: pochi secondi e il cielo si fa nero, il mare sale e si porta via tutto. Nella trama del romanzo, c’è ovviamente lo sviluppo di una azione – il cyberpunk era una sorta di costola rivoluzionaria e molto rock’n’roll della ormai calcificata fantascienza – si parla del Progetto Tempesta, un gruppo di simil ghostbuster all’inseguimento non di fantasmi ma di fenomeni atmosferici feroci a partire dal famigerato Tornado Alley, ma è lo scenario d’insieme a essere davvero aderente a quella che ormai è la cronaca quotidiana con cui ci troviamo a fare i conti. Esattamente come era capitato a William Gibson con Neuromante, capitolo della sua trilogia dello Sprawl che comprende Giù nel ciberspazio e Monna Lisa Cyberpunk nei quali si profilava appunto un futuro non troppo diverso dal nostro presente, fatto di rapporti a distanza, connessioni, virtualità.

Cambiamento climatico, le profezie dei cyberpunk
Bruce Sterling (Getty Images).

Il futuro raccontato da Gibson è una versione appena rivista del presente

Del resto, Gibson ha nel corso degli anni, e delle trilogie – dopo quella dello Sprawl è arrivata quella del Ponte, poi quella di Bigend e ora, sembra, sia in corso quella di Jackpot, Inverso (al momento anche una serie su Prime Video) e Agency – provato a mappare la contemporaneità giocando sempre su un futuro che tanto futuro non era, quanto piuttosto una versione appena rivista del presente, mettendo in campo di volta in volta l’ingresso nelle nostre vite dell’Intelligenza artificiale, dello straripante potere delle multinazionali, del marketing che si fa via via sempre più pervasivo e arrogante. Per questo parlare di lui come di un autore di fantascienza potrebbe quasi risultare sviante. Come è sviante farlo per Sterling, suo compare sin dai tempi di Mirrorshades, l’antologia con Mozart in occhiali a specchio in copertina, che raccoglieva un manipolo di autori del tutto intenzionati a raccontarci il domani usando una lingua nuova.

Cambiamento climatico, le profezie dei cyberpunk
William Gibson.

I visionari a cui bisognerebbe dare ascolto: da Alan Moore a Ridley Scott

Se pensiamo agli States devastati dalla guerra civile di Caos USA, balcanizzazione scoppiata dopo l’innalzamento degli oceani a causa dei cambiamenti climatici, il romanzo è del 1998, o alla pandemia che ha cambiato gli equilibri del mondo in Fuoco Sacro, del 1996, solo per fare un paio di titoli, è chiaro come gli scritti degli autori cyberpunk andrebbero letti con attenzione, e non solo dai nerd assoldati dalla Nasa per spulciare tutti i romanzi di fantascienza, visto mai che qualcuno di questi pazzi visionari non intuisca qualcosa di utile. Del resto, proprio a proposito di pandemia, Contagion di Soderbergh, film che se non fosse stato girato nel 2011 potrebbe essere tranquillamente un documentario sulla storia del Covid 19, ci dice molto di come i visionari che immaginano mondi altri rispetto al nostro svelandoci però grandi verità sull’esistenza andrebbero presi sul serio, volendo anche alla lettera. Penso a romanzieri, fumettisti come Alan Moore, registi come le sorelle Wachowski o Christopher Nolan, o cantanti, da Grimes a Janelle Monae, fino alla stessa Lady Gaga. Del resto già nel Blade Runer di Ridley Scott, tratto dal romanzo iconico di Philip K Dick padre putativo proprio del cyberpunk e cyberpunk ad honorem Anche gli androidi sognano le pecore elettriche, l’atmosfera è satura di piogge acide e le intelligenze artificiali, spauracchio dei giorni nostri, si credono al pari degli umani e il presente è quasi sempre oscuro e privo di orizzonti. Uomo avvisato…

Colombia, il figlio del presidente Petro arrestato per riciclaggio

Nicolás Petro, figlio del presidente della Colombia Gustavo Petro, è stato arrestato oggi a Barranquilla dalla Procura su richiesta di un tribunale penale di Bogotá. L’uomo è accusato dei reati di «riciclaggio di beni e arricchimento illecito» per la presunta ricezione di denaro da narcotrafficanti nell’ambito della campagna presidenziale del padre nel 2022 (soldi mai entrati nella contabilità ufficiale). Oltre a lui è stata arrestata anche la sua ex moglie, Day Vásquez, che aveva denunciato pubblicamente il figlio del capo dello Stato sostenendo che aveva preso i soldi e li aveva usati per arricchirsi personalmente.

Il padre: «Non interverrò sul caso, la legge guidi liberamente il processo»

Secondo un comunicato della Procura, sia Petro che Vásquez saranno trasferiti e posti in un carcere della capitale, mentre le «prove materiali» saranno confiscate. Attraverso i suoi social network, il presidente Petro si è rammaricato per quello che è successo a suo figlio e si è detto fiducioso che lui rifletterà sui suoi errori, avvertendo che non interferirà nel caso. «Come persona e come padre», ha commentato via Twitter, «mi fa molto male tanta autodistruzione e il fatto che uno dei miei figli vada in carcere. Ma da presidente farò in modo che la procura abbia tutte le garanzie da parte mia per procedere in conformità con la legge». E ancora: «Auguro a mio figlio buona fortuna e forza. Possano questi eventi forgiare il suo carattere e possa riflettere sui propri errori. Come ho affermato davanti al procuratore generale, non interverrò né farò pressioni sulle sue decisioni. Possa la legge guidare liberamente il processo».

Rovereto, infermiera uccisa con l’accetta dal vicino: l’uomo si è costituito

Ennesimo femminicidio a Noriglio, frazione di Rovereto (Trentino), dove nella serata di venerdì 28 luglio 2023 un’infermiera è stata uccisa a colpi di accetta dal vicino al culmine di un litigio. L’uomo, 48 anni, ha confessato il delitto e si trova attualmente in carcere a Spini di Gardolo di Trento.

L’omicidio davanti agli occhi della madre della vittima

Secondo quanto ricostruito, Mara Fait stava tornando a casa dal lavoro insieme alla madre anziana, unica testimone oculare dei fatti. Ha incontrato il suo vicino e tra i due è nata un’accesa discussione, l’ennesima stando ai primi accertamenti. Pare infatti che i rapporti tra loro fossero difficili e conflittuali da anni, con frequenti dissidi per questioni condominiali sfociati anche in reciproche azioni legali. Dalle parole si è presto passati ai fatti e il 48enne, operaio di origini albanesi, ha preso un’accetta e ha colpito la donna alla testa. Dopo aver commesso il delitto ha abbandonato l’attrezzo in un cespuglio e si è diretto in caserma per autodenunciarsi. Agli inquirenti ha raccontato di non ricordare bene cosa sia successo: «Quando l’ho vista non ho capito più nulla». I carabinieri, coordinati dalla pm Viviana Del Tedesco, sono attualmente al lavoro sul caso. Hanno già ascoltato la madre della vittima, le cui dichiarazioni non sono però servite a dirimere il caso. Nessuno dei vicini avrebbe assistito alla scena.

La donna aveva chiesto l’attivazione del Codice Rosso

Stando a quanto si apprende dai legali dell’infermiera, la vittima aveva chiesto l’attivazione del Codice Rosso, il programma di tutela delle donne e dei soggetti deboli che subiscono violenze, atti persecutori e maltrattamenti. Esasperata dalle ripicche e dalle minacce del vicino, Mara si era infatti rivolta alle forze dell’ordine, ma gli stessi avvocati hanno riferito che la sua richiesta è rimasta inascoltata.

 

Marco Cappato candidato per il seggio di Berlusconi alle suppletive di Monza

Marco Cappato ha annunciato di volersi candidare alle elezioni suppletive in programma nel collegio di Monza il 22 e il 23 ottobre 2023. La tornata elettorale è stata indetta per decretare la personalità che siederà sul seggio di Silvio Berlusconi in Senato, attualmente vacante per la scomparsa del leader di Forza Italia. Il tesoriere dell’associazione Luca Coscioni, ex eurodeputato e attivista noto per le sue battaglie pro eutanasia legale, ha deciso di scendere in campo per portare in Parlamento i temi che gli stanno a cuore «e che di questi tempi sono a rischio o trascurati».

Azione, + Europa e Verdi-Sinistra sostengono la sua candidatura

Lo ha annunciato su Twitter lasciando intendere di non essere al momento legato ad alcun partito.  Ha infatti invitato «chi pensa sia una buona idea e vuole dare una mano» a contattarlo così da organizzare la campagna elettorale.

Diverse forze politiche hanno già risposto al suo appello, prime tra tutte Azione e +Europa. Carlo Calenda ha annunciato che «noi ti daremo una mano» e Riccardo Magi ha auspicato che «attorno al suo nome si crei una coalizione più ampia possibile», esprimendo un sostegno convinto a nome del partito.

Apertura anche dai co-portvaoce di Europa Verde Eleonora Evi e Angelo Bonelli e dal segretario di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni: «Marco è una figura importante e significativa nelle battaglie per i diritti civili e per la transizione ecologica. Per questo auspichiamo che la sua disponibilità possa essere raccolta da tutte le forze di opposizione. Noi per parte nostra lavoreremo in questa direzione, quella di una alleanza per i diritti, la democrazia e il clima».

E il Pd?

Mancano per ora all’appello Italia viva e soprattutto il Partito democratico, che in quel collegio aveva ottenuto il 23,6 per cento. Per ora l’unica ad essere intervenuta, seppur con toni cauti, è la senatrice Simona Malpezzi all’Adnkronos: «Io sono sempre dell’idea che debbano decidere e valutare i territori. Quindi la federazione di Monza e Brianza. Penso che Cappato sia un simbolo di battaglie importanti, ma poi ci sono le politiche della quotidianità sui territori, il contatto con gli amministratori e con i cittadini. Per questo dico che prima di tutto deve essere la federazione locale a pronunciarsi e ad essere ascoltata, e anche il territorio tutto».

Cappato si scontrerà con Adriano Galliani

Dal polo opposto, il centrodestra dovrebbe candidare Adriano Galliani, ex amministratore delegato del Milan e tra gli amici più cari del Cavaliere. La sua candidatura verrà proposta a Forza Italia da Antonio Tajani, che ha trovato in merito «il convinto consenso della famiglia Berlusconi».

Il partito dovrà valutarla ed eventualmente formalizzarla. Quella con Silvio «è un’avventura per tutta la vita e non è previsto che si interrompa», aveva dichiarato lo stesso Galliani nel 2013.

 

Joe Biden riconosce per la prima volta la sua settima nipote

Joe Biden ha riconosciuto pubblicamente per la prima volta la sua settima nipote – una bambina di quattro anni che lo stesso figlio Hunter ha riconosciuto soltanto di recente. «Questa non è una questione politica, è una questione di famiglia», ha detto il presidente in una dichiarazione alla rivista People a proposito di Navy Joan Roberts. «I suoi genitori Hunter e Lunden stanno lavorando per instaurare una relazione nel migliore interesse della figlia, preservando la sua privacy il più possibile». Biden ha detto che lui e sua moglie Jill «vogliono solo ciò che è meglio per tutti i nostri nipoti, inclusa Navy».

Biden era stato criticato per aver ignorato l’esistenza della nipote

Le dichiarazioni arrivano dopo che, alcune settimane fa, Hunter e la madre della bambina hanno raggiunto un accordo sul mantenimento della piccola davanti a un tribunale dell’Arkansas. L’inquilino della Casa Bianca era stato duramente criticato dai repubblicani, secondo i quali la mancata accettazione della piccola nella famiglia fosse in contrasto con la sua immagine pubblica. La paternità di Hunter è stata confermata attraverso un test del Dna. Il primogenito del presidente ha altri quattro figli.

Marcello Foa verso il ritorno in Rai: dovrebbe condurre un programma su Radio 1

La riorganizzazione della Rai targata Meloni potrebbe passare anche da un ritorno di Marcello Foa, ex presidente dell’azienda sotto il governo Conte I. Considerato vicinissimo alla Lega di Matteo Salvini (il figlio ha anche lavorato nel suo staff), sarebbe alla trattativa finale per condurre il programma che sostituirà Forrest su Radio 1. La striscia quotidiana di Luca Bottura e Marianna Aprile, autodefinita come «l’approfondimento serio e rigoroso delle sciocchezze, l’analisi leggera e laterale delle notizie più pesanti», è stata recentemente chiusa senza preavviso.

A Marcello Foa la striscia mattutina di Rai Radio 1

Milanese classe ’63 e giornalista diviso tra Italia e Svizzera, Foa è stato amministratore delegato della holding del Corriere del Ticino e fondatore di un Osservatorio del giornalismo prima di essere designato come presidente di Viale Mazzini dall’esecutivo giallo-verde (2018). La sua figura, secondo quanto riporta Repubblica, sarebbe la prescelta per condurre il nuovo format che andrà in onda sul primo canale radio dell’azienda dopo le 9. Una notizia che arriva dopo le polemiche scatenate dall’improvvisa cancellazione di Forrest, che il (presunto) programma di Foa andrà a sostituire. «Nessuno», aveva denunciato Luca Bottura, uno dei conduttori, «ha comunicato il mancato rinnovo, e non c’è problema. Conoscendo la litania, prego solo i nostri 25 ascoltatori di non credere a chi dirà che erano meno di 25, che Radio 1 è tutta da rifondare, anzi che la radio va rifondata perché perdeva ascolti. […]. Avevo ben due offerte profumate che mi avrebbero permesso di saltare dal Titan prima dell’impatto, ma ho preferito l’implosione perché per me la Rai è la Rai. Un po’ come lo Stato: sgarrupato, talvolta insostenibile, ma decisivo. E migliorabile solo attraverso atti concreti. Dacché l’unica libertà politica che ci è data è ormai quella di essere buonisti. Cioè di provare a essere almeno decenti. La mia, la nostra è stata una resistenza gentile con l’orgoglio di portare i galloni del servizio pubblico».

Dalla Lega i primi auguri di buon lavoro

La firma di Foa non c’è ancora stata, ma la trattativa dovrebbe essere agli sgoccioli. Come lasciano intendere anche i post di alcuni esponenti della maggioranza di governo, in particolare del Carroccio, che gli hanno già augurato buon lavoro. Tra questi Claudio Borghi, senatore, e Alex Bazzaro, ex deputato ora capogruppo Lega Salvini Premier nel consiglio comunale di Venezia.

Polonia: «Wagner verso Suwa?ki, situazione più pericolosa»

Oltre 100 mercenari del gruppo Wagner di stanza in Bielorussia si sono spostati verso il corridoio di Suwa?ki (noto anche come la breccia di Suwa?ki, ndr) che collega la Polonia con gli Stati baltici e separa la Bielorussia e la regione di Kaliningrad della Federazione Russa. Lo ha detto il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki. «Ora la situazione è ancora più pericolosa. Abbiamo informazioni secondo cui oltre 100 mercenari del gruppo Wagner si sono spostati verso il corridoio di Suwa?ki vicino a Grodno, in Bielorussia», ha affermato alla radio Rmf come riporta il canale polacco Polsat News.

Perché il corridoio di Suwalki è così importante

Il corridoio di Suwalki è una striscia di terra di 65 chilometri che unisce Polonia e Lituania, incuneata tra Bielorussia e l’exclave russa di Kaliningrad. Un passaggio dove di recente il ministro della Difesa polacco Mariusz Blaszczak ha ordinato il rafforzamento della presenza militare per scongiurare ogni possibile minaccia proveniente da est (dopo che il leader della Wagner Prigozhin aveva deciso di ridispiegare i propri asset in Bielorussia). Quella di Suwalki viene ritenuta una striscia di terra di particolare importanza perché, se i russi ne assumessero il controllo, potrebbero arrivare arrivare via terra a Kaliningrad, dove ha sede la loro flotta sul mar Baltico, passando attraverso un paese amico come la Bielorussia. Un’azione che isolerebbe de facto le nazioni baltiche e renderebbe estremamente difficile per l’Alleanza atlantica intervenire in loro supporto.

 

 

 

 

 

Uccide la ex a coltellate, fermato un 23enne nel Milanese: ha confessato

Un 23enne italiano di origini marocchine, attualmente in stato di fermo presso la caserma dei carabinieri di Cologno Monzese (Milano), è accusato di aver ucciso, con più coltellate alla gola, la ex fidanzata, una 20enne italiana. Il delitto risale alla notte tra venerdì 28 e sabato 29 luglio 2023 ed è avvenuto nell’appartamento della ragazza a seguito di una serata trascorsa con quest’ultima e un’amica. Indagini in corso da parte dei carabinieri di Sesto San Giovanni per ricostruire la dinamica dei fatti e il movente dell’omicidio. Il 20enne si è presentato all’alba confessando il delitto presso il comando della Polizia Locale.

 

La benzina supera 2,5 euro al litro in autostrada

Prezzi di benzina e gasolio in forte rialzo, al punto che su qualche autostrada i listini della verde hanno già sfondato quota 2,5 euro al litro. Lo rivela Assoutenti che ha pubblicato la mappa del caro-carburante in Italia. Sulla A4 Venezia-Trieste la benzina, in base alle rilevazioni eseguite sui prezzi indicati dai gestori tra il 27 e il 28 luglio 2023, ha raggiunto il picco di 2,553 euro al litro per il servito, mentre il gasolio tocca i 2,4 euro/litro. Sulla A21 Torino-Piacenza, un litro di benzina viene venduto a 2,549 euro, 2,334 il gasolio. Supera la soglia dei 2,5 euro anche la A14 Bologna-Bari-Taranto, con 2,529 euro.

Assoutenti si appella al governo

Listini esorbitanti anche sulla rete urbana ed extraurbana di numerose regioni. Sulla via provinciale di Arpaise (Benevento), un litro di verde (servito) costa 2,552 euro, il gasolio addirittura 2,619 euro. In Calabria a Serra San Bruno (Vibo Valentia) benzina a 2,499 euro e diesel 2,359 euro. A Lucca 2,487 euro al litro la verde, 2,554 euro il gasolio. Questo il commento di Furio Truzzi, presidente di Assoutenti: «Chiediamo al governo di ricorrere a Mister Prezzi e alla Commissione di allerta rapida per monitorare con attenzione l’andamento dei prezzi di benzina e gasolio e svelare cosa avviene nella formazione dei listini durante tutta la filiera, dall’estrazione alla vendita presso i distributori».

Coldiretti: «Caro prezzi a valanga sulla spesa»

In un paese come l’Italia, dove l’88 per cento delle merci che arriva sugli scaffali viaggia su strada, l’aumento dei prezzi di benzina e gasolio «ha un effetto valanga sui costi delle imprese e sulla spesa dei consumatori». È quanto ha affermato la Coldiretti in riferimento al rialzo dei prezzi di gasolio e benzina. A subire le conseguenze dei rincari, ha sottolineato l’associazione, «è l’intero sistema agroalimentare dove i costi della logistica arrivano ad incidere attorno a un terzo sul totale dei costi per frutta e verdura. Un effetto preoccupante che alimenta l’inflazione e pesa sul carrello». Il risultato, ha aggiunto, «è che per mangiare gli italiani hanno speso quasi 4 miliardi in più nell’ultimo semestre ma a causa del caro prezzi hanno dovuto tagliare le quantità acquistate».

«Sbloccare i collegamenti marittimi, ferroviari e aerei»

L’aumento del costo dei carburanti aggrava il gap competitivo dell’Italia a causa dei ritardi infrastrutturali, con il costo medio chilometrico per le merci del trasporto pesante che a livello nazionale è pari a 1,12 euro al chilometro, più alto di nazioni come la Francia (1,08 euro/chilometro) e la Germania (1,04 euro/chilometro) secondo l’analisi di Coldiretti su dati del Centro Studi Divulga. «In tale ottica il Pnrr può essere determinante per sostenere la competitività delle imprese sbloccando le infrastrutture che migliorerebbero i collegamenti tra Sud e Nord del Paese e anche con il resto del mondo per via marittima e ferroviaria, con una rete di snodi composta da aeroporti, treni e cargo», ha sottolineato il presidente Coldiretti Ettore Prandini.

La schermitrice ucraina: «Mano non data alla russa? Lei rappresenta chi fa del male»

Olga Kharlan, la schermitrice ucraina prima squalificata e poi riammessa ai Mondiali di scherma per non aver dato la mano all’avversaria russa Anna Smirnova, ha voluto chiarire le motivazioni dietro al suo gesto. Un’azione dettata dalla rabbia nei confronti di una nazione che «ha distrutto il concetto di fratellanza» e creato innumerevoli danni.

«I russi vogliono forzare un gesto di pace che non desiderano»

Tutto è successo durante i campionati in corso a Milano, dove Kharlan ha dovuto sfidare Smirnova che gareggiava da neutrale. Quando quest’ultima ha allungato la mano, l’ucraina non ha contraccambiato ed è rimasta seduta in segno di protesta. Un gesto considerato da cartellino nero nella scherma, che le è costato una squalifica immediata. Solo dopo vari appelli il comitato della Fie ha “aggiustato” il regolamento riammettendo così la Kharlan e permettendole di partecipare alla gara a quattro contro l’Italia, dove l’Ucraina ha ottenuto la vittoria.

Raggiunta dal Corriere della Sera, la sciabolatrice ha così spiegato in merito all’accaduto: «Forse c’è stato un malinteso. Mi avevano detto che era possibile salutare in quel modo. Invece quella ragazza voleva stringermi la mano. Non me l’aspettavo, l’ho considerata una provocazione. Sono assolutamente sicura che i russi avevano premeditato tutto e volevano forzarmi a un gesto di pace che loro in realtà non desiderano. Se fossero stati sinceri avrebbero accettato il saluto con le lame, era comunque un modo per rispettarsi».

«Non posso stringere la mano a chi rappresenta un invasore»

A chi le ha chiesto se si potrà mai tornare, tra russi e ucraini, alla situazione precedente la guerra, ha risposto: «Non so se riuscirò a vedere quel giorno. Hanno distrutto il concetto di fratellanza — almeno così la chiamavano — che caratterizzava le nostre relazioni. Forse tra 10 o 20 anni si potrà discutere di pace. Ma oggi è troppo presto. E troppi sono i danni». Prima della gara, ha raccontato, la sua famiglia l’ha chiamata da un rifugio anti-bombe. Impossibile per lei, dunque, gareggiare senza pensare a quello che stanno vivendo: «Non posso stringere la mano a chi rappresenta un invasore che fa certe cose ai miei cari e al mio Paese. Penso sia meglio non farlo mentre il conflitto va avanti, essere sulla pedana è già un gesto di rispetto».

L’Ucraina sconfigge l’Italia agli ottavi di finale

Intanto la squadra della Kharlan ha inflitto una dura sconfitta all’Italia agli ottavi di finale. Le azzurre Michela Battistin, Martina Criscio, Rossella Gregorio e Chiara Mormbile sono infatti state battute per 45-33 dalle avversarie. Le italiane torneranno in pedana contro la Cina per il tabellone dal nono al sedicesimo posto, mentre l’Ucraina sfiderà domenica 30 luglio gli Stati Uniti per accedere alle semifinali.

Previsioni meteo 29-30 luglio, al Nord attesi forti temporali con grandine: 38 gradi al Sud

Nel weekend del 29 e 30 luglio 2023 sono attesi temporali a tratti forti al Nord e 38 gradi al Sud. Mattia Gussoni, meteorologo del sito www.iLMeteo.it, ricorda che anche fenomeni meno intensi rispetto a quelli estremi registrati nelle ultime tre settimane, meritano attenzione: «Un ciclone centrato sulla Scozia invierà aria più instabile nordatlantica verso le regioni alpine e dal pomeriggio scoppieranno diversi temporali in montagna al Nord che potrebbero raggiungere in serata le pianure di Lombardia, Veneto e Friuli Venezia-Giulia. Questi fenomeni, alimentati dall’elevata umidità presente in Pianura Padana, potrebbero essere a tratti intensi con grandine di grandi dimensioni».

Chicchi di grandine definiti grandi con diametro tra 1,9 e 4,45 cm

In base alla classificazione, i chicchi di grandine vengono definiti piccoli se il diametro è minore di 1,9 cm, grandi se compreso tra 1,9 e 4,45 cm, molto grandi tra 4,45 e 6,99 cm e giganti se il diametro è maggiore di 6,99 cm. Il chicco di 19 cm caduto in Friuli ad Azzano Decimo, pochi km a sud di Pordenone, era gigante e, secondo la classificazione della Tornado and storm research organisation, spiega Gussoni, oltre i 12,5 cm la categoria massima è indicata con “Noci di Cocco”.

Temperature meno roventi nei primi di agosto

Intanto, se al Nord arriveranno temporali con locali grandinate tra la sera del sabato 29 e la mattina di domenica 20, al Centro andrà meglio in termini di sollievo dal caldo, mentre al Sud la spinta anticiclonica africana tornerà a far parlare di sé, seppur per poco tempo. Sono attese massime fino a 38 gradi ad Agrigento, Oristano e Siracusa, 37 gradi a Catania, Foggia e Ragusa. Poi il mese di agosto, rileva Gussoni, «potrebbe iniziare con ancora un po’ di instabilità e rovesci al Nord» ma con temperature meno roventi al Sud.

Chiara Ferragni, è morta la sua cagnolina Matilda: «Hai creato la nostra famiglia»

Chiara Ferragni ha reso nota, tramite un post condiviso sul suo account Instagram, la scomparsa della sua cagnolina Matilda. Bulldog francese con lei da 13 anni, da quando la sua carriera social non era ancora del tutto decollata, tempo fa aveva sconfitto un glaucoma all’occhio.

È morta Matilda, il cane di Chiara Ferragni

«Tutto quello che volevo dirti te l’ho detto all’orecchio in questi giorni, ma tanto tu già sapevi tutto». Inizia così il post dell’imprenditrice digitale, corredato da una serie di scatti insieme al quattro zampe. «In questi 13 anni insieme sei stata la mia bambina e allo stesso tempo la mia amica pronta a farmi sempre compagnia e a farmi sentire amata quando più ne avevo bisogno. Mi bastava abbracciarti e sentire il tuo profumo per sentirmi a casa perché è proprio quello che sei stata sempre: la mia famiglia. E hai fatto anche di più, hai “creato” quella che è la nostra famiglia: eri tu “il cane di Chiara Ferragni” di quella canzone che mi ha fatto conoscere il papà nel 2016. Ci pensi se non fossi stata la mia Matildona come poteva essere diversa la mia vita?». Il riferimento è alla canzone del marito Fedez Vorrei ma non posto e al suo celebre verso «il cane di Chiara Ferragni ha il papillon di Vuitton e un collare con più glitter di una giacca di Elton John». Parole galeotte che fecero conoscere la coppia che, da allora, non si è mai separata.

«Sarai per sempre la mia prima bimba»

«Quando ti ho scelta, ancora ragazzina, mai avrei pensato che avresti conosciuto i miei bambini, e invece sei stata stupenda anche nel ruolo di “sorella maggiore”: hai regalato loro l’esperienza di amore incondizionato verso un animale che diventa famiglia. Ieri, dopo averti salutata per l’ultima volta, ho provato a spiegare a Leo che eri andata in cielo e ci avresti sempre protetti da una nuvoletta lassù. E lui mi ha chiesto come potevamo riconoscere la nuvola perché cosi potevamo salutarti sempre anche noi. Spero di averti fatto vivere una bella vita e di averti fatto sentire il mio amore ogni giorno, perché io il tuo l’ho sentito sempre. Mi mancherà tutto di te Mati, ti saluterò ogni giorno su quella nuvoletta. Sarai per sempre la mia prima bimba».

Mai fidarsi di mia figlia stasera su Rai 2: trama, cast e curiosità

Stasera 29 luglio 2023 andrà in onda il film intitolato Mai fidarsi di mia figlia, alle ore 21.20 su Rai 2. Il regista di questo lungometraggio thriller è Ian Niles mentre la sceneggiatura è stata scritta da Chanon Finley e Charlie Phoenix. Nel cast ci sono Claire Coffee, Matt Dallas, Jordan Lane Price e Liam Obergfoll.

Mai fidarsi di mia figlia è il film che andrà in onda stasera su Rai 2, ecco trama, cast e curiosità della pellicola.
Locandina del film (Facebook).

Mai fidarsi di mia figlia, trama e cast del film in onda stasera 29 luglio 2023 su Rai 2

La trama del film racconta la storia di Greg (Matt Dallas) e Katie (Claire Coffee), coppia che conduce una vita idilliaca e passa le proprie giornate in modo spensierato e felice. I due abitano in una bellissima casa in un tranquillo quartiere di periferia e hanno due figli adolescenti, Tommy (Liam Obergfoll) e Lauren (Lauren DiMario). Greg ha anche un’altra figlia, avuta da una relazione precedente finita male, la giovane Samantha (Jordan Lane Price). Quando Greg, chirurgo di successo, viene a sapere della morte della sua compagna precedente, decide di accogliere Samantha in casa sua, così da fornirgli un rifugio sicuro e stabilire un rapporto con lei.

Inizialmente l’integrazione della giovane con la nuova famiglia di Greg sembra andare a gonfie vele, tutto scorre in modo tranquillo e armonioso. Tuttavia, con il passare del tempo, Katie inizia a notare dei comportamenti strani da parte di Samantha. Dal momento che Katie è una psichiatra, decide di indagare su Samantha e vuole scoprire quali siano le sue vere intenzioni. Non passerà molto tempo che la giovane rivelerà i suoi desideri, ovvero vendicarsi contro la famiglia del padre. Samantha, infatti, non vuole riconciliarsi con gli altri ma li vuole distruggere, togliendo loro ogni cosa.

Mai fidarsi di mia figlia, 4 curiosità sul film 

Mai fidarsi di mia figlia, la location delle riprese

Gran parte delle riprese del film sono state realizzate in diverse località dello stato di New York.

Mai fidarsi di mia figlia, l’esordio per un’attrice del cast

Mai fidarsi di mia figlia rappresenta l’esordio cinematografico per l’attrice di origini italiane Lauren DiMario. Dopo aver partecipato a questo progetto, l’attrice ha preso parte anche al film del 2021 I molti santi del New Jersey, prequel della serie I Soprano diretto dal regista Alan Taylor.

Mai fidarsi di mia figlia è il film che andrà in onda stasera su Rai 2, ecco trama, cast e curiosità della pellicola.
L’attrice Lauren DiMario (Twitter).

Mai fidarsi di mia figlia, un buco verso la fine del film 

Verso la fine del film c’è il confronto finale tra Samantha, Katie e gli altri membri della famiglia. In una scena clou, Samantha viene colpita alla testa con un vaso ma non è chiaro chi abbia compiuto quest’azione. In effetti, la scena non è molto chiara e gli spettatori hanno ipotizzato che sia stata Katie a colpire la ragazza, ma ciò rimane un mistero e un buco di trama.

Mai fidarsi di mia figlia, la pellicola fa parte di un ciclo della LMN

La pellicola Mai fidarsi di mia figlia è stata distribuita da Lifetime Movie Network, rete televisiva via cavo spesso conosciuta come LMN. In effetti, questo film è stato realizzato come parte di un ciclo di pellicole thriller per l’emittente chiamato Hateful & Grateful.

Io, loro e Lara stasera su Rete 4: trama, cast e curiosità

Stasera 29 luglio 2023 andrà in onda sul canale Rete 4 alle ore 21.25 il film Io, loro e Lara. Si tratta di una commedia diretta da Carlo Verdone che ha scritto anche la sceneggiatura in collaborazione con Pasquale Plastino e Francesca Marciano. Nel cast c’è lo stesso Carlo Verdone con Laura Chiatti, Anna Bonaiuto, Sergio Fiorentini e Angela Finocchiaro.

Io, loro e Lara, è il film che andrà in onda questa sera su Rete 4, ecco tutte le informazioni come trama, cast e curiosità.
Carlo Verdone in una scena del film (Twitter).

Io, loro e Lara, trama e cast del film in onda stasera 29 luglio 2023 su Rete 4

La trama racconta la storia di Carlo Mascolo (Carlo Verdone), un prete impegnato in una missione in Africa. Dopo essersi dedicato a fondo in questa missione, Carlo ha una profonda crisi spirituale e decide di tornare a Roma dalla sua famiglia per potersi rilassare e fare chiarezza sulla sua vita. Tuttavia, quando arriva nella Capitale trova la sua famiglia piena di problemi: il padre anziano Alberto (Sergio Fiorentini) ha perso la testa per la sua badante moldava Olga (Olga Balan) e ha deciso di sposarla. I fratelli di Carlo, Luigi (Marco Giallini) e Beatrice (Anna Bonaiuto), non approvano quest’unione anche perché temono di perdere la loro parte d’eredità.

Improvvisamente, la badante perde la vita. Tutto sembra ristabilirsi ma nella vita di Don Carlo arriva Lara (Laura Chiatti), la figlia della defunta. Alberto decide di far stabilire la ragazza in casa perché sconsolato dalla perdita della sua partner. Inizialmente, Lara e Carlo stringono amicizia e si avvicinano sempre di più, ma il loro rapporto si incrina quando il prete scopre che la ragazza conduce un’ambigua doppia vita. Questa scoperta darà il via a una lunga serie di equivoci e situazioni imbarazzanti che serviranno al Don per comprendere la strada che deve seguire.

Io, loro e Lara, 5 curiosità sul film

Io, loro e Lara, Carlo Verdone ha dedicato il film al padre

Carlo Verdone, regista, sceneggiatore e attore del film, ha voluto dedicare questo suo lavoro al padre Mario, morto durante la realizzazione della pellicola.

Io, loro e Lara, i premi e le nomination per il lungometraggio

I critici hanno molto apprezzato questo film di Verdone. Non a caso, Io, loro e Lara ha ricevuto due nomination ai David di Donatello 2010: una per il Miglior attore non protagonista a Marco Giallini e l’altra per il Premio David Giovani a Carlo Verdone. Inoltre, il film ha vinto un Nastro d’argento nella categoria Miglior soggetto ed è stato nominato come Miglior commedia, perdendo contro Mine vaganti di Ferzan Ozpetek.

Io, loro e Lara, gli incassi della pellicola

Il film ha avuto un ottimo risultato al botteghino. In totale ha ottenuto circa 16 milioni di euro ed è diventato il nono film più visto al cinema in Italia nel 2010.

Io, loro e Lara, per la prima volta Verdone interpreta un prete

È la prima volta che Carlo Verdone interpreta un prete in uno dei suoi film. Lui stesso ha voluto commentare questo ruolo particolare e, come riportato anche dal sito Popcorntv.it, le sue parole a riguardo sono state: «A ben vedere è davvero la prima volta che interpreto un sacerdote. L’ho sentito molto vicino: non è un caso se ho voluto lasciargli il nome di Carlo».

Io, loro e Lara, è il film che andrà in onda questa sera su Rete 4, ecco tutte le informazioni come trama, cast e curiosità.
Il regista Carlo Verdone oggi (Getty Images).

Io, loro e Lara, le location del film

Il film è stato girato tra l’Italia e l’Africa. In particolar modo, alcune delle location in Italia sono le Terme di Caracalla a Roma, i Cinecittà Studios di Roma, Piazza Mazzini, Piazza San Pietro e il Colosseo.

Non è un paese per giovani stasera su Rai Movie: trama, cast e curiosità

Stasera 29 luglio 2023 andrà in onda il film intitolato Non è un paese per giovani alle ore 21.10 su Rai Movie. Il regista di questa commedia è Giovanni Veronesi, che ha curato anche la sceneggiatura in collaborazione con Ilaria Macchia. Nel cast ci sono attori come Sergio Rubini, Filippo Scicchitano, Giovanni Anzaldo e Sara Serraiocco.

Non è un paese per giovani stasera 29 luglio 2023 su Rai Movie, ecco trama, cast e curiosità della pellicola.
Una scena con i tre protagonisti del film (Twitter).

Non è un paese per giovani, trama e cast del film in onda stasera 29 luglio 2023 su Rai Movie

La trama racconta la storia di Sandro (Filippo Scicchitano) e Luciano (Giovanni Anzaldo), due giovani che si conoscono mentre lavorano, come camerieri, per lo stesso ristorante di Roma. Entrambi hanno dei sogni e vorrebbero raggiungere i loro obiettivi: Sandro vorrebbe segretamente diventare uno scrittore di successo mentre Luciano vorrebbe aprire un ristorante con connessione wi-fi a Cuba, sfruttando il fatto che sull’isola caraibica le connessioni sono rare e preziose. Dopo aver accumulato un tesoretto economico, i due decidono di lasciare l’Italia e partire per Cuba, vista come una frontiera che permetterà di coronare i loro sogni.

In effetti, una svolta per i due avviene subito, visto che dopo essere atterrati conoscono Nora (Sara Serraiocco), una giovane italiana che è travolgente, bella, un po’ matta e anche un po’ malinconica. Insieme a Nora, i due giovani scopriranno l’isola e si renderanno conto che Cuba non è poi quella che speravano ma impareranno ad apprezzare la vita e le opportunità che offre.

Non è un paese per giovani, 5 curiosità sul film 

Non è un paese per giovani, le nomination per il film

Il film ha ricevuto ben tre nomination ai Nastri d’argento 2017 nelle categorie Miglior attrice protagonista a Sara Serraiocco, Miglior colonna sonora a Giuliano Sangiorgi e Cinquina speciale 2017 – Miglior film sui giovani. Tuttavia, non è riuscito a conquistarne nessuno.

Non è un paese per giovani, la colonna sonora della pellicola

La colonna sonora della pellicola è stata realizzata da Giuliano Sangiorgi dei Negramaro. Grazie alla canzone, intitolata Lo sai da qui, il cantante è riuscito a vincere un Ciak d’oro nel 2017 per la Miglior canzone originale.

Non è un paese per giovani stasera 29 luglio 2023 su Rai Movie, ecco trama, cast e curiosità della pellicola.
Il cantante Giuliano Sangiorgi dei Negramaro (Getty Images)

Non è un paese per giovani, i filmati all’inizio e alla fine della commedia

All’inizio e alla fine del lungometraggio il regista ha inserito dei filmati di reali testimonianze di italiani all’estero. Una scelta per voler ricordare al pubblico che la trama della pellicola è ispirata alle esperienze reali di centinaia di connazionali che ogni anno si recano all’estero per cercare fortuna.

Non è un paese per giovani, il regista si è ispirato a un suo programma in radio

Giovanni Veronesi, regista dell’opera, ha realizzato questo film nominandolo come il programma radiofonico che per tre anni ha condotto su Radio 2. All’interno della trasmissione radiofonica Non è un paese per giovani, Veronesi ascoltava le richieste degli italiani all’estero e permetteva loro di esprimersi in merito alla vita lontano dal loro paese.

Non è un paese per giovani, i tempi e le location delle riprese

Le riprese del film sono durate sei settimane. La pellicola è stata girata tra Roma, Cuba e Cayo Largo.

Confindustria: «L’Italia rallenta, secondo trimestre quasi fermo»

La dinamica del Pil italiano nel secondo trimestre «è stimata molto debole, quasi ferma» e le attese per il terzo trimestre «sono poco più positive»: flettono l’industria e le costruzioni mentre prosegue la crescita moderata dei servizi, trainati dal turismo. La crescita è «frenata dai tassi alti» e anche «il traino estero all’export di beni si è arrestato». Del resto la Germania «è in recessione» anche se secondo gli esperti durerà poco. È questo il quadro di sintesi tracciato dal Centro studi di Confindustria (Csc) nel report Congiuntura flash che arriva alla vigilia dei nuovi dati dell’Istat sul Pil italiano attesi lunedì 31 luglio 2023.

In Molise il primo santuario dedicato alle vittime del lavoro

Martedì 28 luglio 2015 tre operai erano impegnati nella ristrutturazione della chiesa di S. Maria di Costantinopoli a Pietracatella (Campobasso), lesionata dal terremoto del 31 ottobre 2002. Verso le 13, l’improvviso crollo della volta che trascinò a terra, da un’altezza di 10 metri, i tre uomini, tutti di Riccia (Campobasso). Uno morì, due rimasero feriti in gravemente. Da domenica 30 luglio 2023 la chiesa sarà elevata a Santuario diocesano per le vittime del lavoro, il primo in Italia. La cerimonia, alle 11.30, verrà officiata dall’arcivescovo di Campobasso-Bojano monsignor Giancarlo Bregantini, preceduta alle 9 dalla deposizione di fiori in ricordo delle vittime della miniera di Monongah (Usa) dove, il 6 dicembre 1907, a seguito di un’esplosione, persero la vita anche 87 operai partiti dal Molise.

Il sindaco Tommasone: «Sarà un luogo di incontro e riflessione»

«Questa scelta», ha spiegato il parroco, don Stefano Fracassi, a Tv 2000, «è nata dalla preghiera spontanea della comunità. Insieme al priore Luigi Tomassone abbiamo “bussato” alla porta del cuore del nostro vescovo chiedendo un riconoscimento ufficiale a questa spontaneità della gente». Gli ha fatto eco il sindaco di Pietracatella Antonio Tomassone: «Il nostro comune accoglie e custodirà questo luogo. Nel 2023 non è possibile avere ancora vittime sul lavoro. Sarà un luogo di incontro e riflessione affinché tragedie del genere non avvengano più».

I promotori dell’iniziativa: «Occorre educare alla coscienza del lavoro»

«La vita più di ogni altra cosa e prima di ogni altra cosa, vale più la vita o il profitto?». Con questo interrogativo Bregantini ha motivato la decisione di dedicare la chiesa alla vittime sul lavoro. »In questa circostanza», ha aggiunto, «sarà eletta una Bolla specifica». «La gente ha sete di speranza», hanno spiegato i promotori dell’iniziativa. «Educare alla speranza anche nei luoghi di lavoro è fondamentale. Il lavoro costruisce la società». Dalle parole di Papa Francesco «comprendiamo come il lavoro rappresenti un’esperienza primaria di cittadinanza, in cui trovano forma intere comunità, frutto dell’impegno e dei talenti di ciascuno. Tra i compiti della nostra società, e in particolar modo del sindacato, c’è educare alla coscienza del lavoro, forte di una solidarietà tra i lavoratori stessi».

Giambruno: «La foresta nera? Era una battuta. Con Giorgia non ne ho parlato»

Andrea Giambruno torna sulla frase pronunciata durante la sua trasmissione, Diario del giorno, nei confronti del ministro tedesco Karl Lauterbach, reo di aver espresso timori sulla fine del turismo nel nostro Paese a causa delle alte temperature conseguenza di «un cambiamento climatico che sta distruggendo l’Europa meridionale». Il giornalista e compagno della premier, con tono evidentemente scocciato e spazientito, l’aveva invitato a rimanere in Germania: «Sono 20-30 anni che in qualche modo i tedeschi ci devono spiegare come dobbiamo vivere noi. E se non ti sta bene te ne stai a casa tua eh». Aprendo quello che è già stato definito come “il caso Giambruno”, iniziato pochi giorni prima definendo il caldo torrido registrato al Sud «non una grande notizia», cosa che aveva fatto irritare più di un volto del Biscione.

Giambruno chiarisce: «Nessun risentimento dal ministro tedesco»

Intervistato dal Corriere della Sera, il conduttore ha così dichiarato: «È da stamattina che sorrido. Escludo che un ministro tedesco si possa risentire della battuta di un giornalista italiano». A chi gli ha fatto notare che, oltre ad essere un cronista, è anche il compagno della presidente del Consiglio ha risposto: «L’articolo 21 della Costituzione ancora mi autorizza a fare una battuta. O dobbiamo cambiare la Costituzione apposta per me?». Ha quindi chiarito cosa intendeva dire affermando che da decenni i tedeschi cercano di spiegarci come vivere: «Mi riferivo alla caduta del governo Berlusconi, nel 2011. Tutti sappiamo come è andata: lui voleva fare debito per i cittadini, i nostri titoli di Stato furono venduti nella notte, lo spread salì in modo spropositato e il governo cadde. Questo perché Berlusconi non riteneva gli italiani secondi a nessuno e credo che questo dovrebbe essere l’atteggiamento di tutti i nostri governi». Aggiungendo, a proposito di Lauterbach:«Lui ha detto che il turismo in Italia è destinato a fallire per via del clima, una cosa neanche supportata dai dati. Mi sembra pure da menagramo».

«Nessuno può dire che nego il cambiamento climatico»

Giambruno ha infine voluto difendersi dall’accusa di essere un negazionista del cambiamento climatico: «Ho fatto decine di puntate sull’argomento e sui relativi fondi del Pnrr, invitando anche gli ambientalisti più esasperati. Nessuno può dire che ho negato il cambiamento climatico». E sulla reazione della sua compagna alle sue uscite: «Non ne abbiamo parlato. Ma le pare normale che la sua visita alla Casa Bianca è un successo e che, accanto, sui quotidiani, si parli del “caso Giambruno”? Sviare l’attenzione su di me mi sembra un modo per non ammettere che questo governo le sta azzeccando tutte».

Il mio viaggio in treno verso Malpensa con i lanzichenecchi: il racconto della settimana

La vigilia di Natale sono entrato nella libreria del mio quartiere per cercare una guida di Tangeri da regalare ad Ofelia per un viaggio in Marocco che avevamo in programma e che in realtà non abbiamo mai fatto. Mi ero lasciato conquistare dall’idea di rifugiarmi qualche giorno tra la casbah e la Medina marocchina suggestionato dalla letteratura che in quel periodo mi era capitata tra le mani. Ero rimasto stregato dalle suggestioni che quella città internazionale che profumava di kif e marijuana, di spie, di bar tenuti da espatriati molto simili all’Humphrey Bogart di Casablanca mi regalava. Mi vedevo già con il mio completo di lino beige coloniale e il mio panama Montecristo da 2K avvinghiato al mio triplo gin tonic, come Ian Fleming mentre scriveva il suo ennesimo James Bond, seduto ai tavolini dell’Hotel Minzah. «Quest’anno, non si va a Cap Ferrat», sentenziò  una volta la scrittrice americana Gertrude Stein fissando negli occhi il giovane e biondo Paul Bowles, «si va a Tangeri!». Anche se poi in realtà con Ofelia siamo andati due volte a Cap Ferrat e nessuna a Tangeri. D’altronde né io né lei abbiamo mai conosciuto Gertrude Stein. Tuttavia quel pomeriggio della vigilia di Natale, girovagando per gli scaffali della libreria del mio quartiere, rimasi rapito dalla copertina di un’altro libro: la monumentale biografia, scritta da Blake Bailey, di Philip Roth, sopra la quale troneggiava una fantastica foto in bianco e nero dello scrittore americano, adagiato mollemente, in una posa pensosa davanti ad una finestra. Così lo presi in mano, iniziai a sfogliarlo, a soppesarlo e a prendere confidenza con quella carta ruvida e profumatissima di oltre mille pagine. L’equivalente cartaceo di un maglione di cachemire. «Fanculo a Tangeri», mi dissi, e senza pensarci troppo lo tirai su. Anche se di Philip Roth non avevo mai letto niente in vita mia. Tre giorni più tardi ero già alla Rizzoli in Galleria Vittorio Emanuele a comperare Lamento di Portnoy e Pastorale americana, due tra i più acclamati capolavori di Roth, con l’aggiunta di un libro di racconti di Woody Allen, solo perché avevo letto da qualche parte che i due si erano sempre detestati e l’idea di metterli insieme nella stessa busta e portarli a casa, così per fare a entrambi un dispetto, mi divertiva parecchio.

Raramente si è folgorati dai libri, specialmente per noialtri che con i libri ci lavoriamo, ma mi ricordo che Portnoy riuscì nell’impresa di mandarmi letteralmente fuori di testa come ai tempi accadde con Il giovane Holden, Arancia Meccanica, Bastogne o American Psycho. Il romanzo è un lungo monologo di Alexander Portnoy, l’ebreo americano protagonista del titolo, rivolto al suo psicoanalista. Un po’ come Woody Allen, (sempre lui), in Annie Hall tracciava, durante il racconto della sua storia con Annie, un perfetto percorso psicologico, così Roth faceva con Portnoy, riportando per filo e per segno il suo torrenziale vaniloquio. La cosa mi fece immedesimare a tal punto che mentre il tipo parlava delle peggiori nefandezze, del tormentato rapporto con la madre e di tutte le sue nevrosi ebraico-newyorkesi,  vedevo dall’altra parte ad ascoltarlo la faccia del mio psycho (90 euro a seduta). Natalia Ginzburg in una sua recensione su La Stampa del 22 marzo 1970 scrisse: «L’analista non ha voce, e non ha consistenza né dimensione. Potrebbe tacere sempre – come tace – ed essere però una presenza. Potrebbe avere una sua oscura e misteriosa realtà. Non ne ha nessuna. È una sedia vuota. Certo l’autore non aveva in testa, per questo analista, nessun volto umano. Se avesse un volto, lo sentiremmo respirare nell’ombra. Invece no. In quel vuoto, si avverte invece l’autore con una sua volontà cartacea, la volontà di metter là un analista perché la confessione di Portnoy sembri più vera». Io pensavo esattamente il contrario.

Quel pomeriggio di luglio cambiai lo sguardo su mio padre che, per la prima volta, vidi davanti a me per quello che era: non più un supereroe ma un semplice essere umano di 84 anni. Fino a allora mi aveva generato, criticato, distrutto. Quel giorno usciti dallo studio del mio psicologo decisi che non glielo avrei mai più permesso

La prima volta che entrai nello studio del mio strizza lui riceveva ancora al piano terra di un caseggiato in una piccola via dietro Porta Venezia. Doveva essere il 2008, credo. Mia zia era morta da un paio d’anni, mio padre viveva all’estero ormai da un’eternità, con Allegra andava sempre più di merda e la mansarda dove abitavo in via Tiepolo “puzzava stabilmente di marijuana e freebase”. Ricordo che come prima cosa mi diede una matita in mano e mi fece fare un cerchio su un foglio con un piccolo puntino al centro, chiedendomi di inserire all’interno della circonferenza le persone che più erano importanti per me. Io diligentemente presi la matita e, senza pensarci troppo, prima inserii i nomi di tutti i miei amici e poi, sparsi qui e là, dentro e fuori dal cerchio, quelli di qualche ragazza. Ricordo che rimase sbalordito quando si rese conto che nell’elenco non era stato messo nessuno dei miei famigliari. In definitiva, consigliato da DFA, avevo deciso di rivolgermi a lui non tanto per analizzare la mia disastrosa condizione esistenziale ma per un motivo più pratico: da circa un paio di settimane ero vittima di violenti e continui attacchi di panico e mi arresi rapidamente al fatto che per risolvere la questione avevo bisogno di aiuto. Sorprendentemente l’apporto dello strizza fu quasi miracoloso e in breve tempo gli attacchi di panico così come erano arrivati se ne andarono. Se mi guardo indietro considero il 2008 per una serie di motivi una sorta di spartiacque, come fosse l’inizio della mia svolta personale che probabilmente senza il mio strizza non sarebbe mai avvenuta.

Arrivavo da anni di devastazione rigorosa e sistematica, fisica e mentale. Orari folli, alimentazione sballata, inconcludenza totale. E così, durante quell’anno terribile, ci furono l’inevitabile programma di disintossicazione, le infinite seconde possibilità, le continue ricadute, le scivolate nell’abisso dell’orrore, il panico e, infine, l’esplosione. Dopo un anno di sedute però sentivo di stare un po’ meglio e probabilmente fu per questo che risalii immediatamente la china. Se dovessi segnare due punti cardinali del periodo della terapia sicuramente sceglierei come primo la risoluzione del problema degli attacchi di panico e, immediatamente dopo, l’incontro che avvenne un pomeriggio di luglio del 2009, nel quale mio padre spiegò la finanza degli Anni 80 al mio psicologo. Papà si trovava casualmente in città non ricordo bene per quale motivo e sorprendentemente accettò di presentarsi all’appuntamento con me e il mio strizza. «Se è importante per te vengo volentieri», mi rispose al telefono un paio di giorni prima e nonostante il caldo soffocante si presentò davanti allo studio nella piccola via dietro Porta Venezia, vestito di tutto punto, con tanto di completo estivo blu di Brooks Brothers e cravatta a pois di Marinella, e oltretutto in perfetto orario. Per tutta la sua vita mio padre aveva quasi sempre lavorato in apnea, senza mai venire in superficie. In tutta la sua carriera non ha mai rilasciato un’intervista completa, di peso. Non una parola ai giornalisti sui suoi affari, sulle sue passioni, sui suoi programmi. Non fosse stato per le inchieste collegate alla Montedison e a Raul Gardini, il suo nome sarebbe rimasto nell’ombra. Un po’ finanziere e un po’ brasseur d’affaires, molto bocconiano e di buona famiglia, raccontò tutta la sua vita al mio strizza quel pomeriggio di luglio del 2009 partendo dal giorno in cui finiti gli studi in via Sarfatti decise di mettersi a vendere film. «Non avrei mai pensato di mettermi a lavorare con la finanza», disse a un certo punto. Parlò poco di noi, ma si soffermò parecchio sul giorno in cui fu costretto a chiudere il suo ufficio, l’attico giungla pieno zeppo di ficus Benjamin, 650 metri quadrati affacciati su Piazza San Babila, e di opere che aveva collezionato negli anni e che andarono all’asta. «Le valutarono 4 miliardi e mezzo. La passione di una vita», disse, «quasi tutta messa insieme nella seconda metà degli Anni 80». Non una parola sulle case intestate a mio fratello che costrinse con l’inganno a farsi cedere per poi vendere. Non un accenno al fondo fiduciario lasciato a me da mia madre che gestì con la complicità delle banche e che svuotò completamente. La sua difesa, agguerrita e convinta, si basò completamente sulla tesi che «per fare affari bisognava stare a certe regole e giocare in serie A non era come partecipare a un pranzo di gala». Per quanto la seduta non toccò mai per tutto il tempo l’argomento del rapporto tra padre e figlio risultò per me sorprendentemente risolutiva, perché quel pomeriggio di luglio cambiai lo sguardo su mio padre che, per la prima volta, vidi davanti a me per quello che era: non più un supereroe ma un semplice essere umano di 84 anni. Fino ad allora mio padre mi aveva generato, criticato, distrutto. Quel giorno usciti dallo studio del mio psicologo decisi che non glielo avrei mai più permesso.

Il mio viaggio in treno verso Malpensa con i lanzichenecchi: il racconto della settimana
Il doc girato all’Elba.

Non tornai nello studio del mio psicologo, che nel frattempo si era trasferito nella più centrale via del Torchio, per circa nove anni. Fino al giugno del 2018. Ricordo che in quel periodo stavano girando un documentario su di noi e sulla nostra idea di radio itinerante. La troupe ci aveva seguito fino all’Isola d’Elba dove avevamo progettato una serie di trasmissioni in barca a vela. I pirati, ci chiamavano. Eravamo deejay ma anche giornalisti d’assalto, io avevo 38 anni e Alb 35 e in cuor nostro, finalmente, credevamo di avercela fatta davvero. Per me era come vivere una seconda giovinezza e la naturale evoluzione di quando a 24 anni divenni famoso come “il vocalist dell’anno”, cosa che comportò articoli sui giornali, interviste in programmi televisivi in seconda serata e la trasformazione del mio personaggio, fatto tutto di apparenze, punk e ribellione, in una storia sexy da raccontare agli amici o a qualche cena con i propri familiari. Nel 2004 tornato da un’estate trascorsa a Tenerife al Royal Country Club per un breve periodo mi fidanzai con quattro ragazze contemporaneamente e tutte le porte in città mi si spalancavano davanti. Con Allegra ci mettemmo praticamente insieme durante quella vacanza alle Canarie e una volta tornati in città diventammo la coppia più chiacchierata del momento. Tipo Pete Doherty & Kate Moss. Ma con più droga. C’erano sempre altre ragazze e soprattutto altri ragazzi. Allegra diceva che la sua attrazione per “i cattivi soggetti” era come una droga e che la mia “imprendibilità” la eccitava. Poi le luci della ribalta si spensero e seguirono due aborti, un overdose e gli attacchi di panico di cui sopra. Poi passarono gli anni, arrivò Ofelia e grazie a lei mi gettai a capofitto nella nuova vita che mi veniva offerta. Ripartii da zero e mi illusi che in quella estate del 2018, all’Isola d’Elba, le luci della ribalta che volevo assolutamente riottenere si fossero riaccese per sempre. Evidentemente mi sbagliavo, ancora una volta. Ero diventato una persona molto diversa da quella che ero stata in precedenza. Consapevole, matura, affidabile. Avevo lavorato sodo per ottenere quel poco che avevo e non avevo nessuna intenzione di rinunciarci. In realtà anche quella volta ero semplicemente perso nei sogni su me stesso e nonostante tutto la realtà mi era sfuggita di mano.

Il mio viaggio in treno verso Malpensa con i lanzichenecchi: il racconto della settimana
In Grecia.

Fortunatamente c’era Ofelia e c’era il lavoro al bar a tenermi ancorato a terra. Ma non bastavano. La mia vita attuale nonostante tutto mi opprimeva. Fu per questo che decisi di tornare dal mio strizza, o forse anche solo per dimostrargli quanta strada avevo fatto nei nove anni in cui non ci eravamo visti. Dopo un paio di sedute partii per la Grecia e passai le vacanze bevendo bloody mary nella super-villa da 10 mila euro al mese che la famiglia di Ofelia aveva affittato a Sèrifos. Leggevo romanzi di autori americani o giapponesi, continuamente, per tutto il giorno steso al sole ed ero “totalmente fuori di testa” & “troppo concentrato su me stesso”. Perciò poteva essere semicomprensibile che Ofelia mi  lasciasse e che dopo avermi definito uno «stronzo egoista» filasse via sulla Porsche presa a nolo da sua sorella Cleopatra. E invece no. Paradossalmente quella fu l’estate in cui ci ritrovammo e ci legammo l’uno all’altra ancora di più. «Dio è greco!», urlavo in mezzo alla strada a pochi metri dalla spiaggia che avevamo sotto casa e il giorno in cui finirono le vacanze ricordo che piansi come un bambino. Non volevo più tornare indietro. Fosse stato per noi saremmo rimasti lì in eterno, in quel non-luogo sospeso dalla realtà. Durante l’inverno invece ce ne tornammo a New York. Perché era lì che dovevo stare per capire come evolvermi ancora e perché era lì l’epicentro musicale e culturale della wave che volevo seguire. Affittammo un appartamento sulla Quinta, tra il Flatiron e Union Square, e il giorno di Natale, quando andammo da Whole Foods a fare colazione con addosso i nostri maglioni in shetland e i nostri parka pesanti, ricordo che eravamo così felici che ci sembrava di stare nel posto più bello del mondo.

Il mio viaggio in treno verso Malpensa con i lanzichenecchi: il racconto della settimana
A New York.

Penso a tutto questo mentre in treno scorro le foto sull’iPhone e rivedo parte dei momenti che vi ho raccontato, uno dopo l’altro, con lo slow-motion, mentre sto per partire per le vacanze. Nella testa le immagini si mischiano a un sacco di altri pensieri che vanno dal romanzo che mi sono messo in testa di scrivere al podcast letterario che ho intenzione di produrre l’anno prossimo, agli articoli che devo consegnare ai giornali entro fine mese, alla casa per settembre da prendere in affitto a Camogli. Trovo incredibile che al giorno d’oggi non ci sia una fottuta prima classe sul treno da Milano Centrale a Malpensa e si debba essere costretti a viaggiare in compagnia di un gruppo di Lanzichenecchi con in testa cappellini da baseball con visiere a tesa larga e musica assordante sparata nelle orecchie. Io nonostante il caldo indosso un vestito di lino tutto stazzonato e una camicia leggera e Ofelia, di fronte a me, un vestito a fiori di Lisa Corti, dal sapore vagamente indiano. Quando c’è classe regaz, che ve lo dico a fare. Meno male che ho la mia cartella di cuoio marrone dalla quale non mi separo mai, nemmeno sotto la doccia, dove custodisco gelosamente la mia mazzetta di giornali che comprende il New York Times, anche se non parlo una parola d’inglese, Le Monde, anche se non so il francese, e una mezza dozzina di quotidiani italiani che non nomino perché, a parte ovviamente quelli per cui lavoro, fanno così decisamente cacare che li compro tanto per darmi un tono ma non li apro nemmeno. A parte le pagine della Cultura, ovvio, che poi sono quelle sulle quali scrivo io. Cerco di estraniarmi, tengo tra le mani un’edizione francese di un libro dello scrittore inglese Julian Barnes e sono indeciso se scrivere la fine di questo racconto con la mia stilografica sul mio taccuino Moleskine oppure andare a masturbarmi in bagno, guardando un video porno sull’iPad per poi pulirmi con il fazzoletto che appositamente porto sempre con me nel taschino della giacca. Mentre il treno si ferma a Saronno (non pensavo che un treno diretto a Malpensa potesse passare addirittura per Saronno), mi guardo intorno e non capisco dove vada tutta questa gente, quando intorno a noi il cambiamento climatico sta uccidendo il mondo sempre più velocemente facendo bruciare la Grecia e la Sicilia e devastando Milano con uragani notturni di grandissimo spessore. Ma fatto sta che il treno arriva al Terminal 1 e sono costretto a scendere guardandomi intorno e sorprendendomi del fatto che nessuno di quei giovani in bermuda e sneaker ultracolorate non solo non si sia avvicinato a me per chiedere un autografo o, che so, una foto, ma oltretutto nessuno mai mi abbia rivolto la parola e addirittura fatto un cenno di saluto (Ero forse diventato nuovamente irrilevante?). In fondo per loro non esisto, sono solamente un uomo di mezza età, con la giacca e i pantaloni lunghi, che legge giornali in inglese e libri in francese e che, a un certo punto del viaggio, si è dovuto calare una pastiglia di viagra anche per farsi una sega. Vabbè, sicuramente Portnoy avrebbe apprezzato, il resto è noia avrebbe detto qualcuno, perché in fondo a me di questi quattro ragazzini non me ne frega veramente un cazzo.

Con il reality presidenziale di Giambruno Rete4 torna ai tempi di Fede

«Moriremo retequattristi» è la dolente chiosa che il giornalista Sergio Scandura utilizza spesso sul suo account Twitter. Il retequattrismo del resto è un non luogo che negli anni si è costruito un’identità. Eravamo ragazzi e Rete 4, Canale 5 e Italia 1 venivano proposte come la modernità della televisione italiana, e col tempo abbiamo imparato a distinguerne le anime. Canale 5 e Italia 1 erano i canali delle trasmissioni sguaiate, della risata anabolizzata mentre Rete 4 appariva come la rete più rassicurante, rotonda. Poi con l’arrivo di Emilio Fede, parcheggiato là con la missione di condurre spudoratamente il telegiornale che Silvio Berlusconi sognava a rete unificate, il tratto distintivo è stato chiaro: era lì che si sperimentavano le formule possibili dell’occupazione del potere camuffato da informazione.

Con Giambruno Rete4 conferma la sua missione: fingere di informare concimando la propaganda

Sono passati gli anni, Pier Silvio Berlusconi ha mischiato le carte ma Rete 4 risale agli onori della cronaca come laboratorio. Identica la missione: fingere di informare mentre si concima la propaganda che serve al potere. Emilio Fede non c’è più, decotto e deluso dalla dipartita del padrone. A prendere il volo è Andrea Giambruno storico giornalista dell’azienda travolto da un’improvvisa popolarità. Giambruno è, più di tutte le altre cose, il compagno (duole chiamarlo così, come proprio non vorrebbe, ma la lingua italiana non lascia scampo alle famiglie non cristianamente naturali) della presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Meloni, a dire il vero, pretenderebbe di essere chiamata “il” presidente. La coppia suona ancora peggio: “il compagno del presidente del Consiglio” è una definizione a un passo dal burrone del demoniaco gender.

Con il reality presidenziale di Giambruno Rete4 torna ai tempi di Fede
Emilio Fede in una foto del 2010 (Imagoeconomica).

Se la moglie di Renzi avesse bacchettato un ministro straniero sarebbe scoppiato un caso diplomatico

Delle scorribande politiche di Giambruno nella sua striscia quotidiana Diario del giorno se ne è scritto parecchio in questi giorni. Urge però una prefazione: il compagno di un capo di governo a cui viene affidato un programma quotidiano di commento politico è roba degna delle autarchie che di solito osserviamo raccapricciati da lontano. Se Kim Jong-un facesse presentare una trasmissione alla moglie Ri Sol-ju sui nostri giornali fioccherebbero gli editoriali indignati che chiedono l’intervento dei Caschi blu dell’Onu. Non c’entra niente, ci dicono, perché Mediaset è una televisione privata, mica di Stato. Ci mancherebbe, si potrebbe rispondere. Ma che un imprenditorie televisivo non scorga un problema di autorevolezza e indipendenza è un sintomo dello stato del sistema dell’informazione. Tant’è che se il giornalista Giambruno bacchetta il ministro tedesco Karl Lauterbach la notizia c’è, eccome, e finisce nelle pagine di politica. E questo non accade perché «contro il compagno della premier stanno tutti lì con il dito puntato» come dicono dalle parti del governo: accade perché se la moglie di Draghi (o di Conte o di Renzi) avesse dato del coglione a un ministro qualsiasi avremmo avuto seri nodi diplomatici da sciogliere. Con una differenza sostanziale: quelle avrebbero potuto farlo a una cena tra amici, questo può permettersi di farlo su una televisione nazionale sotto il bollino del “programma di informazione”. Si coglie il dislivello?

Con il reality presidenziale di Giambruno Rete4 torna ai tempi di Fede
Giorgia Meloni e Andrea Giambruno al Quirinale (Imagoeconomica).

Lo stile alla Emilio Fede: postura amicale, deridere chi la pensa diversamente e gigioneggiare nel ruolo di ‘vicino al potere’

Giambruno nel giro di pochi giorni è riuscito a irridere il ministro tedesco e la Germania oltre ad avere confezionato un servizio con dati falsi per negare il cambiamento climatico. Roba da Emilio Fede, appunto, perché ne contiene tutti gli elementi: la realtà piegata alla propaganda, la postura amicale e rassicurante, la derisione di chi sostiene tesi contrarie e un certo gigioneggiare nel suo ruolo di “vicino al potere”. Ha il terrore di essere considerato un raccomandato: al Corriere della Sera aveva detto «ho dimostrato che, di tv, qualcosina capisco. Sono quasi 20 anni che la faccio. Primo giorno a Telenova, a 22 anni, mentre ancora studiavo all’università Cattolica», anticipando di non avere per niente compreso la delicatezza del suo ruolo. Anzi, nel corso delle dichiarazioni rilasciate al quotidiano, ribadiva che ogni critica ricevuta è in realtà un modo di ferire la compagna Giorgia Meloni, Presidente del Consiglio, di cui peraltro proprio lui ha diffuso per primo in onda il video-messaggio del Primo Maggio. «Cosa deve fare, deve smettere di lavorare?», mi dice indispettito un parlamentare di Fratelli d’Italia. Sì, forse sarebbe meglio. O forse qualcuno dovrebbe spiegare che logica ci sia nel sospendersi dalla conduzione del telegiornale Studio Aperto («una scelta presa insieme all’azienda per una questione di reciproca opportunità», disse a ottobre dell’anno scorso) per prendersi una striscia di approfondimento. Perché da fuori ha tutta l’aria di essere un reality presidenziale usato per diventare megafono della propaganda del potere. Ma sarebbe troppo per essere vero. O no? Anche per Rete 4.

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