Daily Archives: 30 Luglio 2023

Quando un padre stasera su Canale 5: trama, cast e curiosità

Stasera 30 luglio 2023 andrà in onda alle ore 21.20 il film intitolato Quando un padre su Canale 5. Questa pellicola drammatica è stata diretta dal regista Mark Williams su sceneggiatura di Bill Dubuque. Nel cast del film ci sono attori come Gerard Butler, Willem Dafoe, Alfred Molina, Gretchen Mol e Alison Brie.

Quando un padre è il film che staera 30 luglio 2023 andrà in onda su Canale 5, ecco trama, cast e curiosità.
L’attore protagonista Gerard Butler (Getty Images)

Quando un padre, trama e cast del film stasera 30 luglio 2023 su Canale 5

La trama di questo film racconta la storia di Dane Jensen (Gerard Butler) un uomo di Chicago cinico e spietato sul lavoro che pensa che il modo migliore per prendersi cura della sua famiglia sia quello di guadagnare quanti più soldi all’interno della sua realtà lavorativa. Per questa ragione, Dane non si ferma dinanzi a nulla e nel tempo si è guadagnato il soprannome di «cacciatore di teste». Tuttavia, per dedicarsi costantemente alla carriera, Dane trascura per tanto tempo la moglie Elise (Gretchen Mol) e i suoi figli: per lui non esiste altro che il lavoro nella sua routine quotidiana. Inoltre, sul lavoro Dane deve affrontare anche rivali agguerriti che cercano di superarlo e togliergli i risultati che ha raggiunto, in particolare l’affascinante ma implacabile Lynn Vogel (Alison Brie).

La vita per Dane sembra andare sempre nello stesso modo e sembra assorbirlo sempre di più ma qualcosa improvvisamente cambierà. Il suo primo figlio, Ryan (Maxwell Jenkins) di soli 10 anni, si sente male e comincia ad accusare diversi dolori. Attraverso diverse analisi, i genitori scopriranno che Ryan è malato di leucemia. Purtroppo questo sarà un duro colpo per tutta la famiglia, ma soprattutto per Dane. L’instancabile «cacciatore di teste» a quel punto dovrà scegliere con attenzione come spendere il tempo a disposizione, valutando di cambiare completamente il suo stile di vita per essere più vicino ai figli e alla moglie.

Quando un padre, 5 curiosità sul film stasera 30 luglio 2023 su Canale 5

Quando un padre, l’esordio del regista e la collaborazione con lo sceneggiatore

Questo film rappresenta l’esordio cinematografico del regista Mark Williams. Inoltre, il regista e lo sceneggiatore della pellicola, Bill Dubuque, dopo questo progetto hanno continuato a lavorare insieme, scrivendo la serie tv drammatica e thriller Ozark con Jason Bateman e Laura Linney.

Quando un padre, il titolo cambiato per dare un tono più rassicurante

Inizialmente, il titolo di questo progetto era Headhunter’s Calling che si può tradurre in italiano come La chiamata del cacciatore di teste. Tuttavia, la produzione ha poi pensato di cambiare titolo, scegliendo il più rassicurante A Family Man, tradotto in italiano come Quando un padre.

Quando un padre, l’esperienza reale dello sceneggiatore 

Bill Dubuque, sceneggiatore del film, non ha avuto problemi a scrivere la parte del personaggio protagonista interpretato da Gerard Butler. Lo sceneggiatore infatti, ha lavorato per ben 12 anni come un cacciatore di teste per molteplici aziende.

Quando un padre, due attori del cast insieme dopo 12 anni

Nel cast del film ci sono Willem Dafoe e Alfred Molina. I due si ritrovano su un set cinematografico a 12 anni di distanza dall’ultima volta, quando presero parte alla pellicola Spider-Man 2 diretta da Sam Raimi. In quell’occasione gli attori interpretavano gli antagonisti del film, vale a dire il Green Goblin e il Dottor Octopus. Curiosamente, gli attori hanno lavorato insieme e ripreso i ruoli di antagonisti anche nel film del 2021 intitolato Spider-Man: No Way Home.

Quando un padre è il film che staera 30 luglio 2023 andrà in onda su Canale 5, ecco trama, cast e curiosità.
L’attore Willem Dafoe (Getty Images)

Quando un padre, le riprese della pellicola 

Le riprese della pellicola sono iniziate il 26 ottobre 2015 a Toronto e sono proseguite fino al 18 dicembre dello stesso anno a Chicago. In totale quindi, ci sono volute circa 8 settimane per completare il film.

Fuortes, le sfide al San Carlo e un bilancio del suo lavoro a Roma e Verona

La designazione dell’ex ad della Rai, Carlo Fuortes, come prossimo sovrintendente del San Carlo è una vittoria del sindaco di Napoli Gaetano Manfredi, resa possibile da un assist governativo. Tale appare il decreto che ai primi di maggio ha messo fuori gioco per motivi anagrafici Stéphane Lissner, il quale ha compiuto 70 anni lo scorso gennaio e decade dall’incarico a causa della sua età. Salvo l’esito del ricorso alla magistratura: udienza l’11 settembre. Fuortes, inizialmente in apparenza non interessato, si è fatto convincere nel giro di un paio di mesi e Manfredi ha potuto annunciare con toni trionfalistici il suo prossimo arrivo. Manca solo il decreto di nomina del ministro della Cultura, che non sembra in dubbio. Quasi generale l’apprezzamento per la designazione approvata dal Consiglio di indirizzo. Solo il rappresentante della Regione si è astenuto, ma per una posizione critica sulla gestione precedente, non ancora chiarita. L’unica nota di prudente attendismo è venuta quindi dai rappresentanti sindacali dei dipendenti della Fondazione del Teatro di San Carlo.

Fuortes, le sfide al San Carlo e un bilancio del suo lavoro a Roma e Verona
Stéphane Lissner (Getty Images).

Il braccio di ferro con il coro e l’orchestra dell’Opera di Roma e la rottura con Muti

La storia di Fuortes, 64 anni a settembre, è in effetti quella di un dirigente culturale che ha improntato le relazioni sindacali a un forte e spesso conflittuale decisionismo. Passato a dirigere l’Opera di Roma dopo una ultra-decennale gestione del Parco della Musica, il manager approdò su tutte le prime pagine ai primi di ottobre del 2014. Fu allora che il consiglio di indirizzo del Costanzi approvò la clamorosa e inedita strategia proposta dal sovrintendente, in carica da neanche un anno: licenziamento in tronco del coro e dell’orchestra, 180 persone in tutto, e passaggio all’esternalizzazione per queste funzioni. Decisione inevitabile, disse Fuortes, appoggiato dall’allora ministro della cultura Dario Franceschini, per cominciare a mettere ordine nei disastrati conti della Fondazione lirico-sinfonica romana che aveva un debito sopra i 30 milioni di euro e bilanci non in ordine. La decisione mandava un segnale molto forte a masse artistiche che avevano costellato l’estate romana (spettacoli a Caracalla) con ripetute iniziative sindacali di rottura, collegate a richieste soprattutto economiche, fino a incrinare il rapporto con Riccardo Muti, che sembrava destinato ad assumere un ruolo centrale nella programmazione e che invece se ne andò sbattendo la porta e rinunciando all’Aida inaugurale, prevista per la fine di novembre. L’atto di forza durò poco: un mese e mezzo dopo, i licenziamenti furono annullati sulla base di un accordo che vedeva gli stipendi di orchestrali e coristi ridotti in media del 5-10 per cento. Ma che poneva d’altro canto le basi per un forte aumento della produttività artistica.

Fuortes, le sfide al San Carlo e un bilancio del suo lavoro a Roma e Verona
Carlo Fuortes (Imagoeconomica).

La parentesi a Verona come commissario straordinario della Fondazione Arena

Un anno e mezzo più tardi, ad aprile del 2016, Franceschini avrebbe inviato Fuortes a Verona come commissario straordinario della Fondazione Arena sull’orlo della liquidazione, voluta dall’allora sindaco Flavio Tosi. In questo caso non furono annunciati licenziamenti: il piano-Fuortes (che rimase in carica solo sei mesi e a Verona si fece vedere un paio di volte) era basato sull’abolizione del corpo di ballo e sul taglio temporaneo delle retribuzioni dei dipendenti, ridotti al minimo da un’adeguata campagna di pensionamenti anticipati e agevolati. In pratica, fino alla fine del 2018 è stato in funzione un part-time verticale costituito dal blocco di 52 giornate lavorative all’anno: di fatto una serrata di due mesi, con la Fondazione chiusa in ottobre e in novembre. In questo modo, i compensi dei dipendenti – che tuttavia avevano dato il loro assenso al piano – sono stati ridotti di due mensilità, taglio solo parzialmente compensato dalla cassa integrazione. Una riduzione superiore al 10 per cento.

Al San Carlo Fuortes trova bilanci in equilibrio, risultati di esercizio positivi e un debito cospicuo ma sotto controllo

In realtà, Fuortes non trova a Napoli (dovrebbe insediarsi a settembre: stipendio al massimo consentito dalla legge 248 mila euro all’anno) una realtà neanche lontanamente paragonabile a quelle di Roma nel 2014 e di Verona nel 2016. Secondo gli ultimi dati (la relazione semestrale del commissario straordinario del governo per le Fondazioni lirico-sinfoniche), la situazione è al momento ordinata: bilanci in equilibrio, con risultati di esercizio positivi da 10 anni a questa parte, debito sempre cospicuo (la Fondazione San Carlo è fra le numerose ammesse ai benefici della Legge Bray del 2013, che ha concesso ai teatri musicali importanti finanziamenti a tassi agevolati) ma sotto controllo, intorno ai 25 milioni, grande ritorno del pubblico dopo la pandemia.

Fuortes, le sfide al San Carlo e un bilancio del suo lavoro a Roma e Verona
Il San Carlo di Napoli (Getty Images).

Al netto dell’inizio burrascoso, l’ex ad Rai ha portato il Costanzi a un livello di qualità toccato raramente nella sua storia

Al di là delle preoccupazioni sindacali, la designazione chiude la non esaltante parentesi di Fuortes in Rai e lo riporta sul terreno che gli è più congeniale, nel quale ha da tempo dimostrato di sapersi muovere non solo con chiara visione delle problematiche gestionali, ma con ricchezza di idee e solido bagaglio culturale. Dopo la tumultuosa annata iniziale, per certi aspetti nonostante questo esordio problematico, il suo lavoro ha in effetti portato il Costanzi – secondo parere critico pressoché unanime – a un livello di qualità toccato raramente nella sua storia ultracentenaria. Decisive, in questo senso, scelte di programma di notevole interesse, non necessariamente attente solo al grande repertorio, ma sempre alla dimensione storico-culturale con uno spazio importante per la musica del Novecento; e decisiva la nomina come direttore musicale di una figura di indiscusso alto livello internazionale come Daniele Gatti, alla guida dell’orchestra nel triennio 2019-2021. Significativo il fatto che in questo periodo, coinciso in larga parte con l’emergenza pandemica, con la chiusura dei teatri o con il loro utilizzo solo parziale, la programmazione dell’Opera di Roma si sia segnalata per originalità e creatività. Il riferimento è in particolare ai film-opera trasmessi in tv e realizzati nel teatro deserto da Mario Martone con Gatti sul podio: Il Barbiere di Siviglia (dicembre 2020) e La Traviata (febbraio 2021). Nell’aprile del 2022 il progetto si era poi concluso con La bohème diretta da Mariotti, quando da poco al Costanzi era subentrato Francesco Giambrone. Proposte di alto valore teatrale, oltre che musicale e vocale, con una continua interazione fra il linguaggio della scena e quello della cinepresa. Del resto, alla prima e solo temporanea ripresa dell’attività, nel mese di giugno del 2020, l’Opera di Roma si era messa in evidenza con un Rigoletto al Circo Massimo, affidato alla regia di Damiano Michieletto, nome di punta della nuova regia operistica internazionale.

Carlo Fuortes, le sfide al San Carlo
Carlo Fuortes e Virginia Raggi alla presentazione della stagione 2021-2022 dell’Opera di Roma (Imageconomica).

Le prime scelte circa la direzione musicale e artistica faranno capire cosa attende la scena napoletana

Il glorioso e antico Teatro di San Carlo (si avvicina ai tre secoli, essendo stato aperto nel 1737) per vari aspetti appare in questo momento – più ancora della Scala, alla quale il nome di Fuortes era stato accostato nei mesi scorsi – come il luogo ideale di una progettualità che si è sempre dimostrata capace di coniugare la riflessione sul teatro per musica di tutte le epoche con la sua realizzazione all’insegna delle nuove idee nella regia. La prossima stagione è già pronta, e quindi l’impronta di Fuortes si vedrà soprattutto a partire dal 2024-2025. Ma già nei primi mesi, le scelte per la direzione musicale e quella artistica faranno capire che cosa attende la scena operistica di Napoli nei prossimi anni. Che Riccardo Muti ritorni a dirigere nella città dov’è nato 82 anni fa, come spera il sindaco Manfredi, oppure no.

Le due facce del vertice Russia-Africa di San Pietroburgo

A San Pietroburgo si sono svolti due vertici Russia-Africa. Uno nella sua sede ufficiale, durante il quale si è parlato di scambi commerciali, investimenti, relazioni diplomatiche, iniziative delle Nazioni Unite. L’altro si è tenuto nei corridoi, nelle stanze di albergo, negli ascensori: è qui che sono entrati in gioco il redivivo Yevgeny Prigozhin, l’oligarca Konstantin Malofeev, l’istituto culturale Rossotrudnichestvo, le agenzie di intelligence di Mosca.

Le due facce del vertice Russia-Africa che si è svolto a San Pietroburgo e della Russia di Vladimir Putin.
Leader africani in prima fila durante un panel del vertice di San Pietroburgo (Getty Images).

Solo 17 capi di Stato si sono presentati al vertice: per il Cremlino è colpa dell’Occidente

Incapace di competere a livello globale con Europa, Stati Uniti e Cina, Stati Uniti la Russia ha puntato tutto sull’Africa. Uno dei leitmotiv del vertice di San Pietroburgo è stata la necessità di cooperazione, al fine di contrastare le politiche aggressive dell’Occidente e creare un mondo veramente multipolare. Un tropo ben consolidato: al forum hanno partecipato rappresentanti di 49 Paesi africani, ma solo 17 capi di Stato si sono presentati a San Pietroburgo; un notevole calo di presenze che Mosca ha addebitato a pressioni occidentali. Nel corso del vertice sono stati conclusi alcuni accordi tra società russe e africane, e sono stati firmati anche alcuni accordi tra organi governativi russi e controparti africane. «Per evitare una crisi alimentare globale», ma soprattutto per rafforzare ulteriormente i legami con il continente, Vladimir Putin si è detto pronto a inviare tra 25 e 50 mila tonnellate di grano nei prossimi 3-4 mesi a Paesi come Burkina Faso, Zimbabwe, Mali, Somalia, Eritrea e Repubblica Centrafricana. Nel corso del vertice, lo zar ha parlato dell’Ucraina, affermando che il suo «status neutrale è di fondamentale importanza per la Federazione Russa», frase a cui sono seguite parole di apprezzamento per i tentativi di mediazione portati avanti da alcuni Paesi africani, ribadendo infine la vicinanza al continente in vista di un nuovo ordine mondiale «basato sui principi universalmente riconosciuti del diritto internazionale e sulla Carta delle Nazioni Unite». Il tema-Ucraina è stato solo sfiorato e quando è successo è rimasto ben scisso da quello del sostegno ai partner sul piano della sicurezza: insomma, Mosca continuerà a dare una mano all’Africa a rafforzare la sua sovranità, ma il conflitto in corso non deve ledere alcun rapporto.

Le due facce del vertice Russia-Africa che si è svolto a San Pietroburgo e della Russia di Vladimir Putin.
Stretta di mano tra Vladimir Putin e Ibrahim Traoré, presidente del Burkina Faso dal golpe del 30 settembre 2022 (Getty Images).

Da Prigozhin a Bout fino a Malofeev e Primakov: chi c’era a San Pietroburgo

Questo per quanto riguarda il forum ufficiale. Fuori si è rivisto Prigozhin, fotografato insieme a un membro della delegazione della Repubblica Centrafricana. Come a dire: l’ammutinamento della Wagner è finito nel nulla, ma il “cuoco di Putin” ha sempre una certa influenza in Africa. Era poi presente a San Pietroburgo Viktor Bout, il più importante, influente e ricco trafficante di armi del mondo, tornato in Russia l’8 dicembre dopo uno di scambio prigionieri tra Mosca e Washington, che ha visto coinvolta anche la cestista Brittney Griner all’aeroporto di Abu Dhabi. Presente a un panel sulla logistica, ha fatto capire di essere pronto a tornare in pista. Si è visto poi a San Pietroburgo il magnate Malofeev, incluso nella lista delle sanzioni imposte da Ue, Stati Uniti e Canada nel 2014, perché coinvolto nell’annessione russa della Crimea. L’Ucraina lo ha accusato di sostenere alcuni gruppi paramilitari filorussi illegali e in passato avrebbe finanziato i movimenti di ultradestra in Europa. Al vertice ha inoltre parlato Maria Lvova-Belova, sulla cui testa pende un mandato di arresto internazionale per la deportazione di bambini dall’Ucraina in Russia: tra il pubblico Karina Kadyrova, figlia di Ramzan Kadyrov. Al vertice ha preso parte poi Yevgeny Primakov, capo di Rossotrudnichestvo: ufficialmente è un’agenzia di cooperazione culturale del governo russo, che opera sulla falsariga dell’Alliance Française o del Goethe-Institut, in realtà è molto attiva nella propaganda pro Cremlino. Dal 2022, Primakov ha espanso notevolmente le attività di “Casa Russia” in Africa. Era poi presente Mikhail Kovalchuk: il fratello Yuri è considerato da molti la seconda persona più potente in Russia. A più attenti non è sfuggita la presenza al vertice di Jean-Dominique Okemba, capo dell’intelligence della Repubblica del Congo (e cugino dle presidente Denis Sassou Nguesso).

La Russia rischia di diventare per l’Africa più un problema che una soluzione

Essenzialmente, i Paesi presenti al forum si potevano dividere in due categorie. Da una parte quelli con governo dipendente dalla Russia e dall’altra quelli che stanno cercando il sostegno di Mosca. Per quanto riguarda i primi, la sopravvivenza al potere di chi al momento tiene le redini dipende effettivamente dalle armi, dal denaro e dai servizi di sicurezza offerti da Mosca: è il caso di Mali, Repubblica Centrafricana, Burkina Faso e, probabilmente, Niger. Gli altri hanno invece bisogno della Russia non tanto per questioni di sovranità, quanto di aiuti di fronte a fame e catastrofi climatiche. Pur di averli, sono pronti a turarsi il naso e stringere accordi (anche commerciali) con Putin. Sì, ma di che tipo? Lo zar promette di regalare grano, ma raramente ha importato dall’Africa e verosimilmente continuerà su tale falsariga. A tante parole, insomma, potrebbero seguire pochi fatti. Alla lunga, la Russia rischia di diventare per l’Africa più un problema che una soluzione a quelli che ha già.

Faccio un salto all’Avana stasera su Rete 4: trama, cast e curiosità

Stasera 30 luglio 2023 andrà in onda il film Faccio un salto all’Avana sul canale Rete 4 alle ore 21.25. La commedia è stata diretta da Dario Migianu Baldi su sceneggiatura di Lorenzo De Marinis e Massimiliano Orfei. Nel cast ci sono Enrico Brignano, Francesco Pannofino, Aurora Cossio e Virginia Raffaele.

Faccio un salto all'Avana stasera su Rete 4 andrà in onda questa sera, ecco trama, cast e curiosità sulla pellicola.
Una scena tratta dal film (Twitter).

Faccio un salto all’Avana, trama e cast del film in onda stasera 30 luglio 2023 su Rete 4

La trama racconta la storia di due fratelli, Fedele (Enrico Brignano) e Vittorio Diotallevi (Francesco Pannofino), completamente diversi tra loro. I due hanno sposato rispettivamente Annaclara (Virginia Raffele) e Laura (Paola Minaccioni), le figlie del noto commendatore Siniscalco (Cosimo Cinieri). Fedele è un tipo molto tranquillo, ligio al dovere e rispettoso nei confronti della famiglia, mentre Vittorio è un latin lover, sempre in fuga dalla famiglia e in cerca di nuove storie. Un giorno, Fedele riceve una bruttissima notizia: l’auto del fratello è stata ritrovata in un lago e tutti credono che sia morto.

Sei anni dopo quest’evento, Fedele viene a scoprire che la morte di Vittorio non è mai avvenuta, ma era tutta una messinscena di quest’ultimo per scappare dalle sue responsabilità e viaggiare verso Cuba. Fedele decide quindi di partire verso l’isola caraibica per convincere il fratello a tornare da sua moglie e dalle sue due figlie Ondina e Delfina. Una volta a Cuba, Fedele scopre che il fratello si fa chiamare El Tiburon, è un piccolo truffatore ed è fidanzato con Almadedios (Aurora Cossio), una ragazza che lo aiuta a imbrogliare i turisti. Inaspettatamente Fedele si ritrova coinvolto nella vita di Vittorio e la situazione si complica quando arriva a Cuba un avvocato mandato dal commendatore Siniscalco per ritrovare i suoi generi.

Faccio un salto all’Avana, 4 curiosità sul film 

Faccio un salto all’Avana, la prima volta insieme per i due attori protagonisti

Francesco Pannofino ed Enrico Brignano in questo film hanno lavorato per la prima volta come attori protagonisti insieme. Sembra che tra i due sia subito scattata una buona intesa. Al sito Comingsoon.it, Pannofino ha rivelato: «Enrico è una forza della natura, ci faceva ridere anche fuori dal set, per esempio la sera a cena quando, davanti a un’intera tavolata, cominciava con i suoi monologhi. Fra noi è stato amore a prima vista».

Faccio un salto all'Avana stasera su Rete 4 andrà in onda questa sera, ecco trama, cast e curiosità sulla pellicola.
L’attore Francesco Pannofino (Getty Images).

Faccio un salto all’Avana, l’obiettivo del regista del film

Intervistato dal sito Comingsoon.it, il regista Dario Baldi ha spiegato qual’era il suo obiettivo con questo progetto. Le sue parole al riguardo sono state: «L’obiettivo principale era distanziarsi dai film vacanzieri e balneari, divertendo qualsiasi tipo di pubblico ma evitando volgarità, parolacce e luoghi comuni sugli italiani all’estero».

Faccio un salto all’Avana, i tanti provini per scegliere le comparse

Il regista ha impiegato molto tempo per scegliere le comparse che dovevano partecipare al film. Sembra infatti che abbia fatto più di 100 provini.

Faccio un salto all’Avana, le location scelte per il film

Il film è stato girato tra l’Italia e Cuba. In particolar modo, è possibile ammirare alcune delle location principali in diverse scene nelle quali spiccano Roma e L’Avana.

Niger, assalto all’ambasciata francese: protesta con bandiere russe e cori per Putin

Sempre più alta la tensione in Niger, dopo il colpo di Stato che ha deposto il presidente Mohamed Bazoum. Migliaia di manifestanti pro-giunta si sono radunati davanti all’ambasciata francese nella capitale Niamey, dopo che Parigi ha sospeso gli aiuti a seguito del golpe. Come riporta l’agenzia Afp, alcuni hanno anche cercato di entrare nell’edificio. Altri hanno strappato la targa con la scritta “Ambasciata francese in Niger”, per poi calpestarla e sostituirla con quelle di Russia e Niger. Tra gli slogan dei manifestanti, che sono stati poi dispersi dai militari con i lacrimogeni, « Abbasso la Francia», «Viva la Russia» e cori a favore di Vladimir Putin.

Niger, assalto all’ambasciata francese. Parigi ha sospeso gli aiuti a seguito del golpe. Cori pro Russia e Putin.
La targa che i manifestanti hanno rimosso dall’ambasciata (Getty Images).

L’Eliseo «non tollererà alcun attacco contro la Francia e i suoi interessi»

Il ministero degli Esteri francese ha condannato «qualsiasi violenza contro le missioni diplomatiche, la cui sicurezza è responsabilità dello Stato ospitante in base alla Convenzione di Vienna», dopo che l’ambasciata è stata presa di mira dai manifestanti favorevoli ai golpisti militari che hanno rovesciato il presidente eletto Bazoum. «Chiunque attacchi cittadini francesi, esercito, diplomatici e diritti di passaggio francesi vedrebbe la Francia rispondere in modo immediato e senza esitazioni. Il presidente della Repubblica non tollererà alcun attacco contro la Francia e i suoi interessi», si legge in una nota dell’Eliseo. Nell’ambito dell’operazione antiterrorismo Barkhane, Parigi ha 1.500 soldati in Niger, ora controllato da una giunta guidata dal generale Abdourahamane Tchiani, comandante della Guardia presidenziale, che ha rinchiuso Bazoum nella sua residenza. I golpisti in Niger hanno accusato la Francia di aver fatto atterrare un aereo militare sfidando il loro ordine di chiusura dei confini del Paese.

Niger, assalto all’ambasciata francese. Parigi ha sospeso gli aiuti a seguito del golpe. Cori pro Russia e Putin.
Manifestanti all’esterno dell’ambasciata francese a Niamey (Getty Images).

Ultimatum dei Paesi dell’Africa occidentale: reinsediare Bazoum o interverremo

L’Ecowas, la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale, ha dato un ultimatum di una settimana ai golpisti in Niger per il ripristino dell’ordine costituzionale e del governo civile del presidente Bazoum, non escludendo l’uso della forza se ciò non accadrà. Lo hanno deciso i leader riuniti a Abuja, capitale della Nigeria. L’organizzazione ha anche deciso di imporre sanzioni economiche «immediate» al Niger.

Corda tesa stasera su Iris: trama, cast e curiosità

Stasera 30 luglio 2023 andrà in onda il film Corda tesa sul canale Iris alle ore 21.00. La pellicola di genere poliziesco è stata diretta da Richard Tuggle, regista che ha scritto anche la sceneggiatura. Nel cast ci sono attori come Clint Eastwood, Genevieve Bujold, Dan Hedaya e Jennifer Beck.

Stasera andrà in onda sul canale Mediaset Iris, il film Corda Tesa, ecco trama, cast e curiosità su questa pellicola.
La locandina italiana del film (Twitter).

Corda tesa, trama e cast del film in onda stasera 30 luglio 2023 su Iris

La trama del film racconta la storia di Wes Block (Clint Eastwood), un noto detective della città di New Orleans. Block ha dei problemi familiari in quanto è divorziato e deve prendersi cura delle sue figlie Penny (Jennifer Beck) e Amanda (Alison Eastwood) che ama molto. Tuttavia, proprio mentre insieme a loro si sta preparando per assistere a una partita dei Saints, viene convocato d’urgenza dai suoi colleghi. Il detective deve risolvere un mistero che vede coinvolta una donna strangolata nel suo letto. Non ci sono indizi su chi abbia compiuto l’efferato omicidio ma si scopre che il killer è un uomo calmo e metodico, in grado di aspettare la vittima in casa fino a tarda notte, preparandosi addirittura un caffè.

Il caso viene affidato a Wes che si occupa subito di raccogliere alcune informazioni fondamentali sulla vittima, cercando di capire qual era il suo stile di vita e come trascorreva le sue giornate. Tuttavia, proprio mentre sta per capire più informazioni sul caso, ecco che il killer uccide di nuovo. La vittima è una prostituta che viene strangolata in una vasca idromassaggio. Wes continuerà a indagare, utilizzando i pochi indizi a disposizione e il supporto di Beryl Thibodeaux (Genevieve Bujold), un’attivista in buoni rapporti con lui. Il detective arriverà alla conclusione del caso, una soluzione pericolosa e dal risultato inaspettato.

Corda tesa, 5 curiosità sul film 

Corda tesa, i risvolti negativi per un’attrice del cast

Alison Eastwood ha avuto dei risvolti negativi a causa di questo film. Infatti, l’attrice è stata perseguitata dal neozelandese Mike Joynson che è diventato ossessionato da lei dopo aver visto la pellicola nel 1990.

Corda tesa, Susan Sarandon ha rifiutato la parte principale 

L’attrice Susan Sarandon ha rifiutato la parte principale del film. In un’intervista al giornale LA Times affermò di averlo fatto perché la pellicola conteneva elementi troppo spinti, non adatti alla sua carriera di attrice.

Corda tesa, la location originale scelta per il film

Inizialmente il film avrebbe dovuto essere ambientato a San Francisco. Tuttavia, la città californiana era già protagonista delle avventure dell’Ispettore Callaghan, personaggio simile al protagonista di Corda tesa interpretato sempre da Clint Eastwood. Per questa ragione, la produzione scelse di spostare la storia a New Orleans, una città misteriosa e dalle due facce, una allegra e l’altra ambigua.

Corda tesa, Clint Eastwood ha diretto gran parte della pellicola

Il regista della pellicola è Richard Tuggle, ma in realtà a dirigere gran parte delle scene è stato Clint Eastwood. Secondo la produzione, Tuggle era troppo lento nel dirigere le scene e sul set assunse il controllo Eastwood. Tuttavia, il primo mantenne il ruolo come da contratto, come si può vedere anche nei titoli di coda.

Stasera andrà in onda sul canale Mediaset Iris, il film Corda Tesa, ecco trama, cast e curiosità su questa pellicola.
L’attore e regista Clint Eastwood oggi (Getty Images)

Corda tesa, l’aneddotto tra Richard Tuggle e Clint Eastwood

Il regista Richard Tuggle girava le scene sul set senza indossare le mutande. Un giorno sembra che i pantaloncini gli scivolarono di dosso mentre era in cima a un camion per effettuare delle riprese, lasciando le sue parti intime scoperte. Eastwood se ne accorse e sgridò il regista, ordinandogli di tornare nella sua roulotte e indossare delle mutande il prima possibile.

Mondiali di nuoto, Benedetta Pilato bronzo nei 50 rana

Benedetta Pilato ha vinto il bronzo nei 50 rana ai Mondiali di nuoto di Fukuoka. L’azzurra ha chiuso al terzo posto in 30”04 la finale vinta dalla lituana Ruta Meilutyte, oro e record del mondo con il tempo di 29”16. Argento per l’americana Lilly King. «Dopo un anno così, mi merito questa medaglia», ha detto l’azzurra al termine della gara, nell’ultimo giorno di gare.

Mondiali di nuoto: Pilato bronzo nei 50 rana donne. Oro e record del mondo per la lituana Meilutyte. Argento per l'americana King.
Lilly King, Ruta Meilutyte e Benedetta Pilato (Getty Images).

La nuotatrice azzurra: «I record? Sono fatti per essere battuti»

«L’anno prossimo ci saranno cambiamenti ma sono felice di chiudere così il percorso. Se me lo aspettavo? No, ho iniziato a sperarci nelle batterie. Mi sono mancati gli ultimi cinque metri, ma va bene così», ha affermato Pilato ai microfoni di Sky. Dopo 13 anni con il tecnico Vito D’Onghia, la campionessa si allenerà a Torino con Antonio Satta. Quanto al record del mondo stabilito dalla neo campionessa Meilutyte, che ha abbassato quello precedente di 29”30 stabilito proprio da Pilato ai campionati europei di Budapest nel 2021, la nuotatrice ha detto che i primati «sono fatti per essere battuti». Ai Mondiali di nuoto l’atleta azzurra vantava già due argenti nei 50 rana e un oro nei 100 rana.

L’Italia chiude con 14 medaglie: due ori, sette argenti, cinque bronzi 

Nella finale dei 50 dorso, Thomas Ceccon si è dovuto accontentare del quinto posto. «Mi sentivo bene, il podio così alto non me lo aspettavo. Non dovevo difendere niente e ho provato a farla al meglio. Forse sono partito troppo forte. È stato un bel Mondiale, avevo degli obiettivi e li ho raggiunti», ha dichiarato. Con il bronzo conquistato Pilato nei 50 rana si chiude così a quota 14 medaglie la spedizione mondiale azzurra in Giappone. Due ori, quelli di Ceccon nei 50 farfalla e della 4×1500 in acque libere (con Barbara Pozzobon, Ginevra Taddeucci, Gregorio Paltrinieri e Domenico Acerenza). Sette argenti e cinque bronzi completano il quadro.

«Io e te, che affrontiamo il mondo mano nella mano»: la foto di Meloni con la figlia di ritorno dagli Usa

Di ritorno dagli Stati Uniti, dove ha incontrato il presidente Joe Biden, Giorgia Meloni ha pubblicato su Instagram un’immagine che la ritrae insieme alla figlia Ginevra sul volo di Stato: «Io e te, che affrontiamo il mondo mano nella mano».

Le reazioni sui social allo scatto della premier

Com’era prevedibile, il post ha provocato reazioni opposte. Tra i detrattori della presidente del Consiglio c’è chi ha scritto: «Strumentalizzare i figli per il popolo bue», «Sei una persona cattiva, stai lasciando migliaia di povera gente in mezzo ad una strada», «Dai la foto per far felici i babbioni l’abbiamo messa», «Per addormentarla le stai raccontando tutte le promesse elettorali che non hai mantenuto?». Ecco invece alcuni commenti dei suoi sostenitori, che hanno decisamente apprezzato lo scatto: «La foto più bella e commovente che ha postato da quando è diventata Presidente. Una grande politica e una grande mamma», «L’esempio pratico e semplice semplice di cosa è questa donna. Di qualunque schieramento.. è strutturata, preparata, forte, tenace, a mio dire l’unica che potesse nel mondo rappresentare l’Italia», «Oltre il pensiero politico, questa donna sta dimostrando che si possa ricoprire un ruolo di rilievo sociale senza rinunciare a tutto il resto! Sicuramente con sforzi e sacrifici!».

Nuovo attacco con droni a Mosca, colpiti due palazzi

Nella notte del 30 luglio c’è stato un nuovo attacco con droni a Mosca. Due velivoli a controllo remoto si sono schiantati su altrettanti edifici nel centro della capitale russa: forti esplosioni, vetri in frantumi, nessuna vittima. Ma c’è un ferito. I droni sono stati poi abbattuti poco lontano, a ovest della città. Secondo i media ucraini sarebbe stato centrato un edificio che ospita gli uffici di diversi ministeri: Sviluppo economico, dell’Industria e del commercio, dello Sviluppo digitale, nonché l’Agenzia federale per gli affari etnici e l’Agenzia federale di regolamentazione tecnica e metrologia. Il Cremlino ha fatto sapere che i droni ucraini «non hanno colpito gli obiettivi previsti».

Nuovo attacco con droni a Mosca, colpiti due palazzi. Nessuna vittima, c’è un ferito. Secondo Kyiv centrati gli uffici di diversi ministeri.
I danni ai palazzi nel centro di Mosca (Getty Images).

Il ministero della Difesa ha reso noto di aver respinto l’attacco di 25 droni in Crimea

Anzi, secondo il ministero della Difesa russo i sistemi i due droni sono stati soppressi elettronicamente e si sono schiantati contro i due edifici, parte di un complesso edilizio non residenziale, dopo aver perso il controllo. Chiuso temporaneamente l’aeroporto di Vnukovo, mentre gli altri scali di di Mosca funzionano normalmente. Il ministero della Difesa russo ha inoltre reso noto di aver respinto nella notte un attacco ucraino con 25 droni aerei contro la Crimea: 16 velivoli senza pilota sono stati abbattuti dai sistemi di difesa aerea, mentre gli altri nove sono stati neutralizzati da sistemi di difesa elettronica, schiantandosi «nelle acque del Mar Nero e a Capo Tarkhankut».

Nuovo attacco con droni a Mosca, colpiti due palazzi. Nessuna vittima, c’è un ferito. Secondo Kyiv centrati gli uffici di diversi ministeri.
Attacco con droni a Mosca: c’è un ferito (Getty Images).

Ai canali russi sarebbe stato vietato di coprire gli attacchi con droni su Mosca

I canali televisivi russi hanno praticamente ignorato l’attacco che si è verificato a Mosca. Pervyj kanal, principale emittente televisiva pubblica del Paese, nei notiziari delle 6 e delle 10 ha dato ampio spazio alla Giornata della Marina russa a San Pietroburgo, che ha visto la partecipazione del presidente Vladimir Putin («altre 30 nuove navi da guerra che si uniranno alla sua flotta già da quest’anno», ha annunciato). Lo stesso su Rossija 1, dove è andato in onda anche un lungo servizio dedicato alla conferenza stampa dello zar dopo il vertice Russia-Africa. Nell’ultima settimana Mosca è stata attaccata dai droni almeno tre volte: il 24, 28 luglio e il 30 luglio. Ma, come ha riportato The Insider citando fonti ben informate, ai canali televisivi russi sarebbe stato vietato di coprire questo argomento.

Mondiali di calcio femminili: giocatrice in campo con il velo, è la prima volta

Per la prima volta una giocatrice è scesa in campo nei Mondiali di calcio femminili indossando l’hijab. È successo durante la partita tra Marocco e Corea del Sud. A “sdoganare” il velo, che garantisce la copertura minima richiesta dalla giurisprudenza islamica e per il quale la Fifa ha tolto da quasi 10 anni il divieto (imposto in passato per motivi di sicurezza delle atlete), è stata Nouhaila Benzina.

La marocchina Nouhaila Benzina ha indossato l’hijab nel match contro la Corea del Sud, vinto dalle nordafricane per 1 a 0.
Nouhaila Benzina, difensore del Marocco (Getty Images).

Benzina, di ruolo difensore, da sempre gioca con il velo nelle squadre di club 

Di ruolo difensore, Benzina è nata l’11 aprile 1998 e gioca con l’Association Sportive des Forces Armées Royales di Rabat, club con cui ha vinto il campionato nella passata stagione. La calciatrice ha sempre giocato con il velo nelle sue squadre di club e, inoltre, lo indossa in tutti gli allenamenti della squadra marocchina. Contro la Corea del Sud, finalmente, lo ha potuto fare anche durante un match della Coppa del Mondo.

La marocchina Nouhaila Benzina ha indossato l’hijab nel match contro la Corea del Sud, vinto dalle nordafricane per 1 a 0.
Nouhaila Benzina contro la Corea del Sud (Getty Images).

Mai una Nazionale araba o nordafricana si era qualificata ai Mondiali

Benzina non aveva giocato nella partita inaugurale contro la Germania, mentre è partita titolare nel match contro la Corea del Sud vinto 1-0 dal Marocco. Mai, tra l’altro, una Nazionale araba o nordafricana era riuscita a qualificarsi per la Coppa del Mondo femminile. Decisiva la rete di testa di Ibtissam Jraidi. Il Marocco, allenato da Reynald Pedros (transitato dell’Italia: 12 presenze con Parma e Napoli nel 1997) e travolta dalle tedesche (6-0) nella gara d’esordio, resta così in corsa per la qualificazione agli ottavi. Si deciderà tutto nell’ultima gara del girone nella sfida con la Colombia.

X ha riattivato l’account di Kanye West

X, come per volere del proprietario Elon Musk si chiama ora Twitter, ha reintegrato il rapper Kanye West circa otto mesi dopo la sospensione del suo account. La piattaforma di social media lo aveva bannato per aver postato (tra le altre cose) una svastica intrecciata con una stella di David. L’artista, che ora si fa chiamare Ye, ha assicurato a X che non userà il suo account per condividere contenuti antisemiti o usare un linguaggio violento, che gli sono già costati parecchio.

X ha riattivato l'account di Kanye West. Elon Musk lo aveva bannato da Twitter dopo un post antisemita.
Elon Musk (Getty Images).

L’account del rapper era stato sospeso da Musk per istigazione alla violenza

Da quando Musk ha acquistato Twitter per 44 miliardi di dollari a ottobre del 2022, il magnare ha licenziato migliaia di dipendenti e ridotto la moderazione dei contenuti, ribadendo a più riprese di essere per la libertà di parola. Ma sempre con dei limiti. E West li aveva superati. «Il suo account è stato sospeso per istigazione alla violenza», aveva spiegato il proprietario della piattaforma, detto Musk, in risposta all’immagine postata dal rapper, già finito nella bufera per alcune osservazioni antisemite e una malcelata ammirazione per Adolf Hitler e per questo sospeso in passato.

X ha riattivato l'account di Kanye West. Elon Musk lo aveva bannato da Twitter dopo un post antisemita.
La sede di X a San Francisco (Getty Images).

Dopo il post antisemita molti marchi hanno interrotto la partership con West

Dopo la pubblicazione dei controversi post antisemiti da parte di West, Adidas ha tagliato i rapporti con l’artista dopo una partnership quasi decennale, abbandonando le sue sneakers con il marchio Yeezy. Anche Gap e Balenciaga hanno tagliato i ponti con il rapper e stilista. A dicembre 2022, Musk aveva ripristinato l’account dell’ex presidente Donald Trump, bannato dopo gli eventi di Capitol Hill. Il tycoon però non è mai tornato sulla piattaforma, continuando invece a usare quella da lui stesso creata: Truth.

È morto Vittorio Prodi, fratello di Romano ed ex parlamentare europeo

Nuovo lutto per l’ex premier Romano Prodi dopo la morte della moglie Flavia Franzoni. È scomparso a 86 anni dopo una lunga malattia il fratello Vittorio. Anche lui è stato impegnato in politica: presidente della Provincia di Bologna dal 1995 al 2004, è stato parlamentare europeo per due mandati, eletto nel 2004 per la lista di Uniti nell’Ulivo e poi nel 2009.

Era stato europarlamentare per due mandati

Nato a Reggio Emilia il 19 maggi 1937, dopo essersi laureato in fisica all’Università di Bologna nel 1959 è stato professore associato presso il Dipartimento di Fisica dell’ateneo felsineo e ricercatore in diversi istituti nazionali e internazionali. Presidente dell’Azione Cattolica di Bologna dal 1986 al 1992, aveva iniziato a dedicarsi alla vita politica attiva in vista del referendum sulla legge elettorale del 1993, diretto a introdurre il sistema maggioritario. È stato presidente della Provincia di Bologna (dal 1995 al 2004), espressione della Margherita, eletto con oltre il 60 per cento dei voti, e poi come detto deputato del Parlamento europeo, eletto nel 2004, per la lista di Uniti nell’Ulivo nella circoscrizione nord-est, e poi confermato 2009 tra le file del Partito Democratico.

È morto Vittorio Prodi, ex parlamentare europeo e fratello di Romano. Aveva 86 anni ed era malato da tempo.
Vittorio Prodi (Imagoeconomica).

«È scomparso Vittorio Prodi. Uomo delle istituzioni di grande intelligenza e umanità. Con lui ho condiviso tanti momenti di incontro e di impegno. Ricordo con quanta passione, da presidente della Provincia di Bologna, fu protagonista della nascita della Scuola di Pace di Monte Sole a Marzabotto. Vittorio ha meritato davvero la riconoscenza della nostra comunità civile e politica». Così lo ha ricordato Andrea De Maria, deputato del Pd.

La parabola di Wang Jianlin, il tycoon che sognava una Hollywood cinese

Le sue ambizioni erano spaziali. Wang Jianlin voleva creare una Hollywood cinese, offrire al mondo intero un’alternativa alla Walt Disney e, allo stesso tempo, inserirsi nei più blasonati club calcistici europei. Alla fine, in un decennio scarso, i sogni di gloria del tycoon sono naufragati uno dopo l’altro. Sul campo è rimasto un impero in difficoltà, il Dalian Wanda Group, e poco altro. E pensare che nel 2013 Mister Wang era tra gli uomini più ricchi del Dragone, con un patrimonio netto stimato in 14,2 miliardi di dollari. Nel giro di un paio di anni, quell’immensa fortuna è più che triplicata, arrivando a sfondare il tetto dei 31 miliardi a inizio 2017, e Wang divenne il paperone numero uno dell’ex Impero di Mezzo. Da quel momento in poi, però, è letteralmente crollato a picco, tra debiti, investimenti azzardati e il peso di obiettivi poco realistici. La pandemia di Covid-19 ha dato il colpo di grazia a Wang che oggi deve accontentarsi di “vivacchiare” con poco più di 8 miliardi di dollari nel suo portafoglio.

La parabola di Wang Jianlin, il tycoon che sognava una Hollywood cinese
Wang Jianlin a Hefei nel 2016 (Getty Images).

L’ascesa del Dalian Wanda Group: dal calcio al cinema

Per capire la parabola di Wang bisogna partire dalla sua creatura: il Dalian Wanda Group. Il nome del gruppo, a dire il vero, potrebbe suonare familiare. Già, perché questo conglomerato, con interessi nel settore alberghiero, della vendita al dettaglio e nell’immobiliare, è entrato di forza nel mondo del pallone. Prima di tutto dando, dal 2016 al 2022, e per un costo di 10 milioni all’anno, il nome al Wanda Metropolitano, lo stadio dell’Atletico Madrid, squadra di cui il colosso cinese nel triennio 2016-2018 ha detenuto il 20 per cento. Non solo. Wanda Group nel 2016 aveva messo messo le mani anche su Infront, società svizzera che gestisce i diritti televisivi di gran parte del calcio europeo, Lega Calcio compresa. E ancora prima, nel 2013, aveva organizzato a Qingdao, città portuale situata nella provincia cinese orientale dello Shandong, un maxi evento per lanciare quello che nei piani doveva diventare lo studio cinematografico più grande al mondo. Sul red carpet per l’occasione sfilarono (con un invito costato complessivamente una cinquantina di milioni di dollari) i dirigenti di Universal Pictures e Sony Pictures Entertainment, oltre a star di Hollywood, come Leonardo DiCaprio, Catherine Zeta-Jones, Nicole Kidman e John Travolta.

La parabola di Wang Jianlin, il tycoon che sognava una Hollywood cinese
Il logo di Wanda Group (Getty Images).

Come è naufragato il sogno di conquistare Hollywood

Ma da dove è partito Wang? Nato nel 1954 nel Sichuan, crebbe nel bel mezzo della rivoluzione di Mao Zedong. Seguì le orme del padre diventando militare e prestando servizio nell’esercito tra il 1970 e il 1986. Poco più che 30enne, iniziò a lavorare per il governo di Dalian, nella provincia del Liaoning. Qui, nel 1988, in linea con i profondi cambiamenti economici della Cina, trasformò un’impresa immobiliare statale nella Dalian Wanda. Ma perché questo nome? Wanda deriva da “Wàn”, parola che in cinese significa “10 mila”, e “Dá”, cioè “raggiungere”. Il nome dell’azienda era quindi una sorta di slogan che rispecchiava l’aspirazione del fondatore: raggiungere ogni obiettivo. Guidato da un giovane affamato di successo, il gruppo si è espanso, ha acquisito centri commerciali, teatri e hotel, in Cina e all’estero. Con lo sviluppo dell’economia, la fortuna di Mister Wang è cresciuta. L’ascesa di Wanda ha tuttavia iniziato a rallentare nel 2015. Se da un lato la società si espandeva, dall’altro accumulava debiti su debiti, fino a che Wang non è stato costretto a rimodulare le proprie ambizioni. A partire dal 2017, Wanda Group ha così venduto hotel, parchi a tema e altre partecipazioni legate al turismo per un valore di oltre 9 miliardi di dollari, il tutto per evitare la bancarotta. Ha anche abbandonato svariati progetti, inclusa la partecipazione nell’Atlético Madrid. Sacrifici che però non sono stati sufficienti a risanare i bilanci. Il governo di Pechino, allarmato dalle instabili condizioni finanziarie, ne ha limitato la linea di credito. Wanda ha così continuato ad alleggerirsi, liberandosi anche del gigante del cinema AMC Entertainment, acquistato nel 2012 per 2,6 miliardi di dollari. Una decisione che Forbes ha definito senza giri di parole una «ritirata drammatica». Oggi la tempesta non è ancora passata. E Wang sta ancora cercando di evitare il default vendendo asset su asset.

Dalla psilocibina all’oppio: quando le droghe curano

Chi l’avrebbe detto che la controcultura degli Anni 60, che includeva una larga sperimentazione di droghe psichedeliche come l’Lsd da parte di artisti, scrittori e musicisti, sarebbe servita per sviluppare nuovi farmaci? Una delle ultime scoperte in questo senso è che la somministrazione della psilocibina, sostanza contenuta in alcuni funghi allucinogeni, accompagnata da un sostegno psicologico, può aiutare a curare l’anoressia nervosa. La ricerca, condotta su un gruppo di 10 donne adulte tra i 18 e i 40 anni, è stata pubblicata su Nature Medicine e indica una nuova possibilità di trattamento per questo complesso disturbo mentale.

I risultati dello studio sulla psilocibina come trattamento dell’anoressia nervosa

Lo studio, condotto da Stephanie Knatz Peck e colleghi dell’Università della California, ha indagato la sicurezza, la tollerabilità e l’efficacia esplorativa di una singola dose di 25 mg di psilocibina sperimentale COMP360, una forma sintetica sviluppata da COMPASS Pathways. La dose è stata somministrata insieme al supporto psicologico alle partecipanti, le quali sono state monitorate per tre mesi dopo l’assunzione. L’anoressia nervosa è caratterizzata da un’eccessiva e ingiustificata preoccupazione riguardo il cibo, il peso e la forma del corpo, ed è notoriamente difficile da trattare. I risultati preliminari dello studio sono stati promettenti. Non sono stati segnalati eventi avversi gravi e gli effetti acuti del trattamento con psilocibina sono stati ben tollerati dalle pazienti. Inoltre, il 90 per cento delle partecipanti ha considerato il trattamento significativo e positivo, esprimendo interesse per ulteriori terapie basate sulla psilocibina, se disponibili. I risultati qualitativi autosegnalati dalle pazienti hanno rivelato che quattro di loro hanno mostrato significative riduzioni nei punteggi dei disturbi alimentari a tre mesi di follow-up, raggiungendo la remissione dalla psicopatologia. Gli autori dello studio sottolineano che questi risultati, seppur promettenti, sono ancora preliminari e richiedono ulteriori ricerche. Il campione di partecipanti era ridotto e non è stato incluso un gruppo di controllo con placebo, il che richiede ulteriore cautela nell’interpretazione dei dati. Attualmente, non esistono trattamenti comprovati o farmaci approvati per la cura dell’anoressia nervosa.

Dalla psilocibina all'oppio: quando le droghe curano
Funghi allucinogeni (Getty Images).

Come viene impiegata la psilocibina in medicina

Come detto, la psilocibina è un composto psichedelico presente in alcuni tipi di funghi allucinogeni, ed è stata finora impiegata in medicina principalmente per fini di ricerca e sperimentazione clinica, soprattutto nel campo della psicoterapia. Questa sostanza agisce sul sistema nervoso centrale, interagendo con i recettori serotoninergici del cervello, il che porta ad alterazioni temporanee della percezione, delle emozioni e del pensiero. Gli effetti psichedelici della psilocibina possono includere allucinazioni, cambiamenti dell’umore e un senso di connessione più profonda con la propria coscienza. Negli ultimi anni, questa sostanza ha attirato l’attenzione della comunità scientifica per i suoi potenziali benefici terapeutici in vari disturbi mentali. Gli studi hanno esaminato l’effetto della psilocibina nel trattamento di depressione, ansia, disturbo da stress post-traumatico (Ptsd), e su pazienti allo stadio terminale.

Dalla psilocibina all'oppio: quando le droghe curano
Un papavero da oppio (Getty Images).

Le droghe come cura: dall’oppio alle anfetamine

Nella storia della medicina, le sostanze conosciute come “stupefacenti” hanno rivoluzionato il trattamento del dolore, delle patologie croniche e persino di alcune malattie mentali. Basta pensare all’oppio da cui si estrae la morfina, efficace analgesico che ha rivoluzionato il trattamento del dolore ma che rischia di generare dipendenza. L’introduzione dei farmaci analgesici oppioidi, come l’ossicodone e la fentanyl, ha però aperto nuove possibilità nel trattamento del dolore cronico e post-operatorio. Come accaduto più recentemente con la cannabis. La ketamina invece viene a volte utilizzata in ambito medico e veterinario come anestetico, mentre psicostimolanti del tutto simili alle anfetamine sono utilizzati nel trattamento del disturbo da deficit di attenzione e iperattività.

 

Libri: quattro classici da scoprire in vacanza

Come si sa d’estate si legge di più. Il marketing delle case editrici è incessante e con il tempo si è creato un vero e proprio filone di libri estivi, gialli/thriller leggeri che accompagnano le ore pigre sotto il solleone ideali per essere letti sotto l’ombrellone. E se si sovvertisse questo format e si decidesse di dedicare il tempo alla lettura estiva recuperando grandi classici mai presi in considerazione durante i frenetici mesi invernali? Ve ne consigliamo quattro. Immensi, magnifici, straordinari. Imperdibili.

I detective selvaggi di Roberto Bolaño (Adelphi)

Di Bolaño molto si è detto e altrettanto si è scritto. Trasformato dalla critica nello scrittore maledetto per antonomasia, «il Jim Morrison della letteratura», quasi ignorato in vita, è diventato autore di culto dopo la sua prematura scomparsa, a soli 50 anni, per una cirrosi epatica non curata. Per chi volesse addentrarsi nella sua opera, il consiglio è quello di partire da I detective selvaggi, pubblicato in Italia da Adelphi, un fluviale romanzo attraverso il quale Bolaño narra l’epopea di un’intera generazione: la sua. Popolato da fantasmi e allucinazioni nella Città del Messico degli Anni 70, I detective selvaggi è la storia di un gruppo di poeti scalcagnati, adepti di un’improbabile ed estrema avanguardia, il “realvisceralismo”, raccontati da centinaia di punti di vista differenti. Al centro c’è la grandezza di Arturo Belano (alter ego di Bolaño) e del poeta Ulises Lima, un po’ i Kerouac e i Dean Moriarty di On the road, però narrati alla maniera di Citizen Kane di Orson Wells.

Libri: quattro classici da scoprire in vacanza
I detective selvaggi di Bolaño (Adelphi).

2. Sotto il vulcano di Malcolm Lowry (Feltrinelli)

Una sorta di «Divina Commedia ubriaca», come fu definita dallo stesso autore, Sotto il vulcano (consigliato nella nuova traduzione di Marco Rossari) narra l’ultimo giorno di vita di Geoffrey Firmin, ex console britannico nella città immaginaria di Quauhnahuac. Siamo nel 1938 ed è la mattina del giorno dei morti. È la vigilia della Seconda Guerra mondiale. Il console, stremato da una sessione alcolica da Guinness dei primati, trascorre l’ultimo giorno della sua vita barcollando disastrosamente da un drink all’altro, accompagnato dal fratellastro Hugh e dalla moglie Yvonne. «Ancora in abito elegante, non particolarmente scompigliato una ciocca di capelli biondi che gli ricadeva sugli occhi e una mano stretta nella barba corta e appuntita, sedeva di traverso con un piede sulla ringhiera di uno sgabello adiacente al piccolo bancone di destra, mezzo chinato su di esso e parlava apparentemente tra sé». Il racconto è uno schizofrenico delirio mentale di Lowry, in parte autobiografico, alimentato da vino, birro, tequila e mezcal. Un viaggio lungo 12 capitoli, corrispondenti alle ultime 12ore di vita del console, durante i quali succederà di tutto. Un libro che fu scritto con grande fatica, accolto tiepidamente dalla critica ma che oggi è considerato un romanzo di culto. Un classico riconosciuto tale solamente dopo la morte dello stesso Lowry per alcolismo nel 1957. Come fare un trip di Lsd però da sobri.

Libri/ quattro classici da scoprire in vacanza
Sotto il vulcano di Malcolm Lowry (Feltrinelli).

3. Cuore di tenebra di Joseph Conrad (Feltrinelli)

Un capolavoro che è l’esatta rappresentazione della natura umana, Cuore di tenebra di Conrad è un piccolo libro che esplode come una granata nelle mani del lettore. Il romanzo (perennemente presente nella lista dei 100 libri più belli di tutti i tempi) racconta gli sforzi di Marlow, il protagonista, per risalire il fiume Congo nell’Africa nera per conto del suo datore di lavoro, al fine di riportare alla vita un commerciante di avorio disonesto, il misterioso Kurtz. Cuore di tenebra deve molto della sua fortuna ad Apocalypse Now, magistrale trasposizione cinematografica di Francis Ford Coppola che però ambientò la storia in Vietnam. Il regista conservò il messaggio centrale del romanzo, ovverosia che tutti gli esseri umani possono cadere nell’oscurità interiore e macchiarsi di atti riprovevoli. Entrambe le storie si confrontano anche con il razzismo che permea il pensiero imperialista, criticando la disumanizzazione del popolo africano e vietnamita.

Libri/ quattro classici da scoprire in vacanza
Cuore di tenebra di Joseph Conrad (Feltrinelli).

4. Viaggio al termine della notte di Louis-Ferdinand Céline (Corbaccio)

La recente pubblicazione di quel capolavoro ritrovato che è Guerra, edito in Italia da Adelphi, ha riacceso l’attenzione su Louis-Ferdinand Céline. Autore discusso, antisemita tanto da macchiarsi di connivenze con i nazisti, alcune sue opere però restano dei capisaldi della letteratura. Per iniziare a conoscerlo si consiglia vivamente la lettura di Viaggio al termine della notte, in cui lo scrittore francese racconta lo smarrimento esistenziale di un reduce della Grande Guerra nei primi Anni 20. Un romanzo che è allo stesso tempo una cronaca fredda e lucida della Francia dell’epoca e che contemporaneamente è il grido di rivolta – letterario e sociale – di un eterno sopravvissuto. Si narra la storia di Ferdinand Bardamu che dopo aver combattuto nella Grande guerra, va in Africa e successivamente negli Stati Uniti. Torna in Francia, dove diventa medico e apre uno studio in un degradato sobborgo di Parigi, per poi finire a lavorare presso un istituto di igiene mentale. Un racconto magistrale sulle miseria della vita e sulle vicissitudini di un uomo, disperato, costretto per tutta la sua esistenza ad arrangiarsi. Un pugno nello stomaco, una riflessione sorprendentemente lucida e crudele sullo stare al mondo.

Libri/ quattro classici da scoprire in vacanza
Viaggio al termine della notte di Céline (Corbaccio).

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