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Tony Bennett è morto, addio all’ultimo crooner americano
È morto a 96 anni Tony Bennett, leggenda della musica mondiale e ultimo crooner americano. L’annuncio arriva dalla sua portavoce Sylvia Weiner. Malato di Alzheimer dal 2016, non aveva mai smesso di incidere canzoni ed esibirsi dal vivo. L’ultima apparizione risale infatti all’agosto 2021, quando cantò assieme a Lady Gaga al Radio City Music Hall di New York nello spettacolo One Last Time. In oltre 70 anni di carriera ha pubblicato circa 100 album e vinto decine di riconoscimenti, tra cui 20 Grammy Awards e due Emmy.
Tony Bennett, dalle origini italiane al successo nel mondo
L’infanzia in povertà e le prime hit, da Because of You a Rags to Riches
All’anagrafe Anthony Benedetto, nacque a New York il 3 agosto 1926 da una famiglia di origini italiane. Suo padre era infatti John Benedetto, un negoziante che nel 1906 era emigrato negli Stati Uniti da Podàrgoni, non lontano da Reggio Calabria, mentre sua madre Anna Suraci era una sarta nata in America da genitori calabresi. Dopo aver trascorso l’infanzia in povertà, ha iniziato a cantare da bambino e ha studiato musica e pittura alla High School of Industrial Art di New York. Fra i suoi idoli musicali in adolescenza ha sempre citato Al Jolson e Bing Crosby. In seguito ha anche mostrato apprezzamenti per Frank Sinatra, Billie Holiday e Judy Garland. Proprio The Voice lo definì, come ha ricordato Variety, «il più grande cantante popolare del mondo», degno erede di leggende del calibro di Cole Porter, George Gershwin, Duke Ellington, Richard Rodgers e Oscar Hammerstein.
Nel 1944, al compimento dei 18 anni, si arruolò e combatté per la fanteria americana durante la Seconda guerra mondiale, contribuendo alla distruzione di un campo di concentramento nazista. «A volte sentivamo i tedeschi sussurrarsi l’un l’altro», scrisse nella sua autobiografia Just Getting Started. Dopo il conflitto, rimase nell’esercito dove iniziò a cantare come membro di una banda. Reduce da alcune registrazioni prive di successo alla fine degli Anni 40, all’inizio dei 50 conobbe il comico Bob Hope che gli fece ottenere un contratto con la Columbia Records ribattezzandolo Tony Bennett, abbreviazione e americanizzazione del suo nome di battesimo. Infilò tre canzoni al numero uno, unendo il genere pop al crooning alla Sinatra: sugli scudi Because of You, title track del suo album di debutto, ma anche Cold, Cold Heart e Rags to Riches, poi usata da Martin Scorsese per i titoli di testa di Quei bravi ragazzi.
Il buio degli Anni 70 e le collaborazioni più recenti
Negli Anni 70 fondò una sua casa discografica ma, vittima di inefficienti campagne pubblicitarie, naufragò presto. Si ritrovò improvvisamente senza un’etichetta che pubblicasse i suoi brani, in piena crisi coniugale e alle prese con la dipendenza da cocaina. Lo salvò Danny, il figlio primogenito che ebbe con la prima moglie Patricia Beech (si sposò altre due volte), che nel 1980 assunse la direzione della sua carriera. Apparendo in alcuni programmi televisivi, tra cui il David Letterman Show e gli Mtv Music Awards, seppe reinventarsi al fianco di artisti di ogni genere. Basti pensare a Stranger in Paradise, cantato con Andrea Bocelli, o Body and Soul con Amy Winehouse, pubblicato nel 2011 quattro mesi prima della sua morte. «Era la migliore di tutti quelli che ho incontrato», disse di lei in un’intervista. «Volevo dissuaderla dalla droga, ma non ho potuto».
Nel 2014 la prima collaborazione con Lady Gaga, sua fan di vecchia data, che diede vita all’album Cheek to Cheek. Al suo interno i brani Nature Boy e I Can’t Give you Anything but Love. Nel 2021 giunse invece il loro secondo featuring, l’ultima delle 103 pubblicazioni in studio di Tony Bennett. Love for Sale fu un omaggio a Cole Porter ma soprattutto all’amicizia fra i due artisti, che cantarono dal vivo il 3 e il 5 agosto dello stesso anno a New York. Furono anche gli ultimi due live del crooner che, proprio in quei mesi, aveva rivelato di soffrire di Alzheimer dal 2016.