Daily Archives: 1 Luglio 2023

Sentiero degli Dei, ritrovata morta escursionista 22enne

La giovane è precipitata nella mattina di sabato 1 luglio, mentre percorreva il sentiero degli Dei insieme alla stessa persona che ha dato l’allarme. La caduta fatale è avvenuta nel primo tratto del percorso che da Agerola, sui Monti Lattari, prosegue sino alla Costiera, Sorrentina e Amalfitana. Sul posto sono intervenuti gli uomini del Soccorso alpino e speleologico della Campania con i vigili del fuoco del nucleo Speleo alpino fluviale, calatisi con l’ausilio di due elicotteri.

Sentiero degli Dei, ritrovata morta escursionista 22enne
Sentiero panoramico (Getty Images).

Polemiche sulla sicurezza del percorso

Poco più di un mese fa, il 23 maggio, un turista americano precipitò da un muretto sullo stesso sentiero, ma nel tratto di Positano. Nel suo caso, il decesso avvenne dopo due settimane di ricovero all’Ospedale del Mare di Napoli, a causa della gravità delle ferite riportate. Le operazioni di ritrovamento della 22enne finlandese sono state coordinate dal personale della centrale operativa territoriale del 118 di Salerno e Napoli e sono durate circa due ore. Il magistrato di turno è stato informato dell’accaduto.

Salerno, 23enne scomparsa insieme alla sua auto

Una ragazza poco più che ventenne di Capriglia, Brenda Cuomo, è scomparsa senza lasciare traccia. A denunciarne la sparizione venerdì 30 giugno, sono stati gli stessi genitori che si sono recati presso la stazione dei carabinieri di Mercatello. I militari si sono messi subito al lavoro per avviare le ricerche della giovane, della quale non si trova neanche l’auto, una Clio bianca.

Una ragazza di 23 anni, Brenda Cuomo, è scomparsa nel nulla insieme alla sua auto, nella giornata di venerdì 30 giugno.
Brenda Cuomo (foto Facebook)

L’assenza dal lavoro e la chiamata alla madre 

Brenda, che lavora in un negozio della città, ha telefonato alla madre, secondo quanto riportato da Rainews, attorno alle 14.30 di venerdì, avvisandola che sarebbe rimasta a casa e non sarebbe andata al lavoro perché aveva fatto tardi la sera prima. L’allarme è scattato infatti dopo il ritorno della madre che, non trovando la figlia a casa come le aveva detto precedentemente al telefono, ha allertato le forze dell’ordine.

Il telefono lasciato a casa e il portafogli scomparso

Brenda, descritta come una ragazza dalla corporatura minuta, è alta 1,60  e pesa 45 chili. La giovane non ha con sé il cellulare, rimasto a casa, ma solo il portafogli. Secondo quanto riportato dai genitori, la 23enne non avrebbe alcuna relazione con un ragazzo, non soffrirebbe di depressione e non assumerebbe droghe o psicofarmaci. Uno degli amici più cari ha riferito al Corriere: «negli ultimi tempi era strana, come se fosse turbata da qualcosa di cui non aveva il coraggio di parlare».

 

La nemesi di Bandera: un filonazista ucraino celebrato al Gay Pride di Monaco

Durante il Gay Pride di Monaco di Baviera dello scorso 25 giugno, Mélovin, al secolo Kostjantyn Mykolajovy? Bo?arov, 26enne cantante ucraino di Odessa, si è esibito cantando un brano che celebrava Stepan Bandera, discusso, per usare un eufemismo, eroe nazionale ucraino, ultranazionalista e collaboratore dei nazisti tra le due Guerre. Mélovin ha quindi condiviso in Rete il video dell’esibizione. Nella clip, con la didascalia “Chi ha detto che Bandera era un omofobo?”, Mélovin canta «Bandera è nostro padre, l’Ucraina è nostra madre, per l’Ucraina combatteremo», mentre la folla, che sventolava bandiere ucraine e LGBTQ+, ballava e cantava con entusiasmo.

L’ironia di celebrare Bandera in Germania proprio a un evento LGBTQ+

Ma proprio la condivisione del video sui social ha scatenato una reazione indignata della comunità LGBTQ+ (e non solo) che, probabilmente, nell’euforia del momento, non aveva ben compreso di chi Mélovin, piuttosto famoso in patria (vincitore di X-Factor Ucraina nel 2015, ha rappresentato il Paese alle edizioni 2017 e 2018 dell’Eurovision Song Contest, ottenendo, nel 2017, un lusinghiero terzo posto) stesse parlando, pardon, cantando. Non si contano quindi le proteste nei confronti del cantante, sia da parte di chi ha sostenuto come non fosse il caso di collegare l’identità nazionale dell’Ucraina a un collaborazionista dei nazisti e conclamato antisemita come Bandera, sia da parte di chi ha sottolineato l’ironia del fatto che Bandera fosse stato stato celebrato in occasione di un evento LGBTQ+ proprio in Germania, considerando come il regime di Hitler si fosse macchiato di terribili persecuzioni nei confronti degli omosessuali, fino al drammatico “omocausto.

Sulle barricate anche i sostenitori del collaborazionista: «Si rivolterebbe nella tomba»

Ma c’è anche chi, evidentemente dalla parte opposta, ha scritto che «Bandera si rivolterebbe nella tomba» vedendosi celebrato a un evento di omosessuali, chiedendo anche se è pensabile «che il figlio di un prete greco-cattolico (era figlio, come molti altri ultranazionalisti, di un sacerdote uniate, facente parte cioè della Chiesa cattolica di rito orientale, ndr), tollererebbe una tale promiscuità e sodomia». A riprova di come, ancora dopo quasi 70 anni dalla morte (fu avvelenato nel 1959 dal Kgb), Bandera rappresenti uno dei temi più divisivi della storia patria ucraina. E non solo. Basti pensare che, per averlo elogiato pubblicamente durante un’intervista a una tv tedesca, nel 2002, l’ambasciatore ucraino in Germania, Andrij Melnyk, fu rimosso dall’incarico dopo che mezzo mondo, non solo le comunità ebraiche, aveva protestato ufficialmente nei confronti di Kyiv.

La nemesi di Badera, filonazista ucraino celebrato al Gay Pride di Monaco
Una marcia di nazionalisti ucraini a Kyiv nel 2016 (Getty Images).

Tra medaglie e damnatio memoriae

Tornato in auge durante la rivolta di Maidan del 2014 grazie soprattutto ai movimenti di estrema destra ucraini Svoboda e Pravy Sector, che ne hanno rilanciato la memoria, Stepan Bandera aveva conosciuto già prima, sostanzialmente con la dissoluzione dell’Unione Sovietica e l’indipendenza ucraina (1991), un considerevole “revival”, culminato nel 2010, quando venne insignito, dall’allora presidente Viktor Yushchenko, dell’onorificenza postuma di Eroe dell’Ucraina – Ordine della Stella d’Oro «per aver difeso le idee nazionali e combattuto per uno Stato ucraino indipendente». Anche in questo caso, l’iniziativa venne condannata dal parlamento europeo e suscitò molte proteste a livello internazionale, tanto che, alla fine di un complicato contenzioso, l’onorificenza venne cancellata. Da allora, Bandera ha continuato a essere celebrato, ma, per così dire, un po’ in sordina. E molti osservatori hanno sostenuto, e sostengono, come il governo, e quindi la maggioranza degli ucraini, abbiano ben poco da spartire con l’“eroe criminale”. Anche se, gli stessi osservatori non hanno potuto non sobbalzare vedendo il presidente ucraino Volodymyr Zelensky sfoggiare, durante l’incontro con Papa Francesco, lo scorso maggio, sul suo maglione blu, il simbolo dell’Oun, il movimento dei nazionalisti guidato da Bandera, attivamente coinvolti con i nazisti non solo contro gli occupanti sovietici, ma anche in sanguinose azioni di pulizia etnica e nei terribili pogrom antisemiti che costarono la vita a migliaia di ebrei ucraini.

Tragedia in Formula 3 europea: morto il pilota 18enne Van’T Hoff

Il pilota olandese Dilano Van’T Hoff è morto questa mattina durante la gara di Formula Regional European Championship, in Belgio. Nel corso dell’evento, interno all’ambito della 24h di Spa del GT World Challenge Europe, il 18enne è rimasto coinvolto in una violenta collisione, mentre sulla pista cadeva una pioggia abbondante.

Il giovane ha perso la vita durante un incidente che ha coinvolto più vetture. Van'T Hoff avrebbe compiuto gli anni il prossimo 26 luglio.
Dilano Van’T Hoff, pilota (foto Facebook)

Morte Van’T Hoff, l’incidente e la collisione mortale

Secondo le prime ricostruzioni, la pioggia potrebbe essere stata una concausa del terribile incidente. Il primo a perdere il controllo del proprio veicolo è stato Tim Traminitz. Subito dopo il contatto nel traffico e lo scontro tra Van’t Hoff e un altro pilota. E’ a quel punto che è avvenuta la tragedia: il giovane, che avrebbe festeggiato il suo compleanno il prossimo 26 luglio, è rimasto bloccato all’ingresso del rettilineo del Kemmel per poi essere centrato in pieno, nella fiancata, da Adam Fitzgerald che sopraggiungeva proprio in quel momento, incolpevole della morte del pilota 18enne.

Il cordoglio della Federazione

Il Formula Regional European Championship ha espresso il cordoglio a nome di tutta la federazione: «Esprimiamo le nostre sincere condoglianze alla famiglia, al team e agli amici. Il Royal Automobile Club del Belgio, il Circuito di Spa-Francorchamps e il Gruppo SRO Motorsports si uniscono ad Alpine e all’ACI nell’esprimere le più sincere condoglianze alla famiglia, al team e agli amici del pilota».

Barbara D’Urso lascia «Pomeriggio 5»

La notizia è ufficiale, Barbara d’Urso non è più la conduttrice della trasmissione Pomeriggio5. La conferma è contenuta all’interno del comunicato stampa diffuso da Mediaset: «Canale 5 e Barbara d’Urso hanno concordato che dalla prossima stagione non condurrà più Pomeriggio 5. Mediaset ringrazia Barbara per la professionalità dimostrata e per il grande lavoro svolto alla guida del programma pomeridiano della rete. Il contratto della presentatrice è in essere fino a dicembre 2023. Canale 5 e Barbara d’Urso procederanno alla ricerca di nuovi progetti editoriali».

La Mediaset ha diffuso un comunicato dove informa che Barbara d'Urso non condurrà più la trasmissione Pomeriggio5.
Barbara D’Urso (Imagoeconomica).

Nuovi progetti per la conduttrice di Pomeriggio5

Dal comunicato non si intravede aria di rottura tra la Mediaset e Barbara d’Urso, tutt’altro. La rete sottolinea che, insieme all’artista, provvederà a cercare «nuovi progetti editoriali». Fino a qualche settimana fa, come riportato da Fanpage, circolava la voce secondo la quale la presentatrice starebbe valutando un nuovo inizio sulle piattaforme di video streaming. La notizia appresa dal comunicato Mediaset arriva a poca distanza dai saluti che la conduttrice aveva rivolto ai suoi spettatori e alle sue spettatrici durante l’ultima puntata di Pomeriggio5: «Per voi amiche mie, per voi amici miei che mi seguite sempre, da sempre e per sempre, ci vediamo, ovviamente, a settembre».

Omicidio Primavalle, convalidato il fermo: 17enne portato in carcere

E’ durato quattro ore l‘interrogatorio del 17enne accusato dell’omicidio di Michelle Causo. Al termine, il gip ha convalidato il fermo. Il giovane è stato portato nel carcere minorile di Casal del Marmo. L’interrogatorio, previsto in un primo momento per lunedì mattina, è stato anticipato a oggi, sabato 1 luglio. Intanto l’autopsia ha confermato che dai primi risultati non vi sono segni di violenza sessuale sul corpo di Michelle, che avrebbe tentato di difendersi. Le zone interessate dalle ferite da arma da taglio sono il collo, l’addome e la schiena.

Il gip, dopo quattro ore di interrogatorio, ha convalidato il fermo del giovane accusato dell'omicidio di Michelle Causo.
Michelle Causo (foto Facebook).

Le dichiarazioni del ragazzo al pubblico ministero

Il ragazzo, come riportato da Rainews, alla presenza del pubblico ministero della procura minorile della Capitale Anna Di Stasio, avrebbe detto: «Michelle era infuriata perché non avevo i soldi che le dovevo. Ha iniziato a offendermi e urlare, ho visto il coltello davanti a me e l’ho preso. Non ho capito più nulla». Una discussione degenerata, come l’ha definita il giovane: «Abbiamo avuto una lite per 30-40 euro, poi la discussione è degenerata perché io ero fatto». Smentita la presunta relazione con Michelle: «Eravamo solo amici. Era un’amica della mia ex».

La frase in questura «Ho fatto una ca….a»

Mentre avanza il sospetto che O., al momento dell’omicidio, fosse sotto effetto di stupefacenti, sono state diffuse da Il Messaggero le parole ripetute più volte dal ragazzo in Questura, di fronte agli agenti di polizia della Squadra Mobile e del commissariato Primavalle: «Ho fatto una ca….a». Durante l’interrogatorio, non avrebbe versato neanche una lacrima. Nell’appartamento del 17enne accusato di omicidio, gli investigatori hanno rinvenuto della droga.

Sanchez a Kyiv, l’Europa deve essere «luogo di certezze»

Il premier spagnolo Pedro Sanchez, al primo giorno di presidenza del consiglio europeo, è giunto in Ucraina questa mattina. Nel suo profilo twitter ha postato il video del suo arrivo a Kyiv, con queste parole: «Volevo che il primo atto della presidenza spagnola del Consiglio dell’Ue fosse in Ucraina insieme a Zelensky. Trasferirò al vostro governo e Parlamento tutta la solidarietà europea. Manterremo il nostro sostegno al popolo ucraino fino al ritorno della pace in Europa». Sanchez ha annunciato nuovi aiuti pari a 55 milioni di euro per Kyiv, garantendo la continuità nella fornitura di armi.

Pedro Sanchez, presidente del governo spagnolo, si è recato a Kyiv per rinnovare il sostegno del Paese all'Ucraina.
Pedro Sanchez, presidente del governo spagnolo (Getty Images).

Le priorità della presidenza spagnola del Consiglio Ue

Quattro le priorità indicate da Sanchez sulle quali si concentrerà la presidenza spagnola del Consiglio dell’Ue: «promuovere la reindustrializzazione e la digitalizzazione dell’Europa, avanzare verso la transizione ecologica, consolidare il pilastro sociale e rafforzare l’unità europea». Il premier ha aggiunto nel video allegato al tweet: «Dobbiamo fare in modo  che l’economia sia più prospera ma anche più giusta: in un contesto geopolitico segnato dai dubbi, l’Europa deve essere un luogo di certezze, in cui il benessere materiale, la libertà e la democrazia siano al centro del futuro di tutte le persone. E’ la nostra ambizione e il nostro impegno».

L’intervento di Sanchez in Parlamento

Il leader socialista, durante il suo intervento in Parlamento a Kyiv, ha sottolineato che «solo l’Ucraina può stabilire termini e tempi per i negoziati di pace. Altri paesi stanno proponendo piani di pace. Il loro contributo è molto apprezzato, ma, allo stesso tempo, non possiamo accettarlo completamente. Questa è una guerra di aggressione, con un aggressore e una vittima. Non possono essere trattati allo stesso modo». Per Sanchez è la terza visita in Ucraina dall’inizio della guerra.

 

Tour de France 2023, Pogacar contro Vingegaard e altri duelli storici

Il Campionissimo e il Gigante delle montagne, su tutti. Ma anche il Divo e l’Eterno secondo. Poi il Cannibale e Nuvola Rossa, lo Sceriffo il Giaguaro. Sono i protagonisti che hanno anticipato il capitolo del Piccolo Principe e del Re Pescatore, i due fenomeni che danno al ciclismo contemporaneo, sport evolutissimo tecnologicamente, un’aura di leggenda. Perché nonostante l’innovazione, le due ruote e le storiche gare a tappe non possono prescindere dai miti fondativi, come i grandi dualismi e le rivalità che appassionano i tifosi, ieri come oggi.  Accadrà anche al Tour de France 2023. Un piacere per gli occhi poter osservare la sfida, chilometro dopo chilometro, tra due talenti che da sabato primo luglio e per tre settimane animeranno la Grande Boucle.

Gli eterni rivali: Coppi-Bartali, Anquetil-Poulidor, Gimondi-Mercks, Moser-Saronni 

L’almanacco degli eterni rivali è lungo ed è scontato il rischio di far torto a qualcuno, anzi sicuramente lo si farà a tanti (e siano accettate le scuse preventive). Così per cavarci dall’impaccio in prima fila ci sono il Campionissimo Fausto Coppi e il Gigante delle montagne, Ginettaccio Bartali, paradigma inarrivabile della rivalità mediatica, del ciclismo che divide come nemmeno il calcio riuscirebbe a fare. È soprattutto per questo motivo che il celebre passaggio di borraccia tra i due ha segnato la storia del ciclismo e dello sport. Avversari, fino all’ultima pedalata, sì. Ma senza perdere il rispetto nel momento della fatica, della scalata alle vette indomabili. Gli anni del Dopoguerra si sono nutriti dell’epopea Coppi-Bartali, due eroi che hanno conferito al ciclismo l’aura dell’epica.

Tour de France 2023, Pogacar contro Vingegaard e altri duelli storici
Fausto Coppi e Gino Bartali al Col du Galibier, per il Tour del 1952 (Getty Images).

Le coppie rivali non sono solo un piatto tipico italiano, ne sanno qualcosa i cugini d’Oltralpe, che negli Anni 60 si sono appassionati alle gesta sportive del Divo Jacques Anquetil e dell’Eterno secondo, Raymond Poulidor. Due stili opposti: una forza della natura e di stile il primo, un monumento di tenacia e tempra il secondo, capace seppur con le sue sconfitte di scrivere il proprio nome nella storia del pedale. Quasi nessuno ricorda la sua vittoria alla Milano-Sanremo del 1961 o alla Vuelta d’España del 1964, ma sono scolpiti nella memoria i secondi posti conquistati dietro l’avversario di sempre. L’edizione del Tour de France 2023 rende peraltro una sorta di omaggio al Divo e al suo Eterno secondo con l’arrivo a Puy de Dome, cornice nel 1964 di un duello epico tra Anquetil e Poulidor.

Tour de France 2023, Pogacar contro Vingegaard e altri duelli storici
Jacques Anquetil e Raymond Poulidor al Tour del 1964 (Getty Images).

Le rivalità sono spesso sbilanciate, non solo quella di Poulidor con Anquetil: lo sapeva bene Felice Gimondi, che Gianni Brera ribattezzò Nuvola Rossa riprendendo proprio il nome del capo indiano che lottò contro i coloni americani. Più semplicemente il ciclista bergamasco dovette affrontare la supremazia, la prepotenza sportiva, del Cannibale Eddy Merckx, che non ha bisogno di presentazioni. Basta l’etichetta che lo ha accompagnato per tutta la carriera e ricordare che si tratta del campione più vincente di tutti i tempi.

Tour de France 2023, Pogacar contro Vingegaard e altri duelli storici
Eddy Merckx Ee Felice Gimondi (Getty Images).

Tornando in Italia, la rivalità tra lo Sceriffo Francesco Moser e il Giaguaro Giuseppe Saronni non è finita nemmeno quando hanno terminato due carriere che negli Anni 80 hanno infiammato gli appassionati, soprattutto lungo le strade del Giro d’Italia. I due ancora si stanno sinceramente antipatici e non si rivolgono la parola nemmeno quando si incrociano per qualche evento. Lo hanno detto e ripetuto in varie interviste.

Pogacar e Vigegaard: il predestinato e il lottatore

Ai giorni nostri la rivalità è segno dei tempi, e risponde a logiche più internazionali. Il Piccolo principe, Tadej Pogacar da Komenda (Slovenia), e il Re Pescatore, Jonas Vingegaard da Hillerslev (Danimarca) saranno le attrazioni principali del Tour de France 2023. Si contenderanno la maglia gialla da mostrare nell’ultima tappa, la passerella a Parigi nello scenario dei Campi Elisi. I due sembrano usciti da un romanzo: Pogacar è una sorta di predestinato, un Piccolo Principe appunto, mentre Vingegaard ha un passato da lavoratore al mercato del pesce. Il viaggio di tre settimane lungo la Francia, con la partenza dai Paesi Baschi, vivrà intorno al loro talento e alla loro rivalità. Anche se molti, alle loro spalle, ambiscono a scompaginare la diarchia, a smentire i pronostici. Chi sono? Lo scricciolo australiano (vincitore del Giro d’Italia 2022), Jai Hindley, l’enigmatico spagnolo Enric Mas, la (eterna) promessa francese, David Gaudu, i frizzanti fratelli britannici, Simon e Adam Yates, il regolare ecuadoriano Richard Carapaz e il navigato basco Mikel Landa. E poi ci sono le giovani leve, possibili sorprese, i potenziali principi e re: il danese (un altro) Mattias Skjelmose Jensen, lo spagnolo Carlos Rodriguez, lo statunitense Matteo Jorgenson. A loro è riservato il ruolo di comprimari con l’ambizione di arrivare al gradino più basso del podio. E poi chissà, la strada è sempre un giudice imprevedibile. La stessa strada che racconterà un altro mitico dualismo che potrebbe addirittura raddoppiare: lontano dalla ribalta della classifica generale incroceranno sprint e scatti, l’olandese Mathieu van der Poel e il belga Wout Van Aert. Per un’edizione del Tour de France che nonostante l’evoluzione tecnologica pianta le sue radici alla base del ciclismo. Quelle delle leggende che rivivono, ogni giorno in ogni tappa. Nel ricordo di Gino Mader.

Tour de France 2023, Pogacar contro Vingegaard e altri duelli storici
Jonas Vingegaard e Tadej Pogacar al Tour 2022 (Getty Images).

Milano, Alessandro Bertolini arrestato al rientro dal Donbass

Alessandro Bertolini è stato arrestato dai carabinieri del Ros di Genova non appena atterrato all’aeroporto di Milano Malpensa nella giornata di ieri venerdì 30 giugno. Il 29enne, come riportato dal Messaggero, era sotto indagine da parte della Direzione distrettuale antimafia e antiterrorismo di Genova. L’accusa, secondo la procura, sarebbe quella di aver compiuto «azioni preordinate e violente, dirette a mutare l’ordine costituzionale o a violare l’integrità territoriale dell’Ucraina».

Il foreign fighter trentino Alessandro Bertolini è stato arrestato a Malpensa non appena atterrato dall'Ucraina.
Carabinieri (Getty Images).

L’arresto di Bertolini e la latitanza in Ucraina

Il foreign fighter trentino, che non era cittadino ucraino e non aveva residenza stabile nel Paese, non apparteneva alle forze armate delle parti in conflitto, ma combatteva, come riportato dal quotidiano, al fianco di «altri italiani filorussi contro le truppe di Kyiv». Da anni latitante, dopo l’arresto è stato interrogato in  presenza del suo legale, Massimiliano Luigi Scialla, avvalendosi tuttavia della facoltà di non rispondere. Le indagini degli inquirenti erano partite nell’ottobre del 2013. L’udienza preliminare è fissata per il prossimo settembre. Attualmente si trova in carcere a Busto Arsizio (Varese), e il suo procedimento verrà seguito dal Tribunale di Genova.

Il desiderio di diventare soldato e le «simpatie» per Forza Nuova

Nel 2017, Bertolini venne intervistato durante il programma Rai Nemo. Tra le affermazioni fatte alla reporter, anche quella secondo la quale il suo desiderio era quello di diventare soldato, confermando le proprie «simpatie politiche» nei confronti di Forza Nuova,  il partito nato come movimento politico di estrema destra neofascista.

Roma, trovato scheletro di una donna

La scoperta è stata fatta nel parco in via Ettore Fieramosca 114, al Pigneto, alla periferia di Roma. Lo scheletro umano di una donna è stato ritrovato nel corso di alcuni lavori di manutenzione effettuati con un escavatore all’interno di un canale di scolo. Sul posto sono intervenuti i carabinieri della Compagnia Roma Piazza Dante.

A trovare lo scheletro della donna, gli operai che stavano effettuando dei lavori di manutenzione in un canale di scolo.
Polizia, rilievi scientifica (Getty Images).

L’esame del medico legale e la catenina

Secondo l’esame del medico legale, come riportato dal Corriere, si tratterebbe di una donna di circa 30 anni. Il cadavere, sul quale vi era una catenina, si troverebbe sul posto da circa un anno. Spetterà ora al dipartimento di Medicina Legale, dove lo scheletro è stato trasferito, effettuare ulteriori verifiche.

 

Femminicidio Michelle Causo, anticipato l’interrogatorio del 17enne

E’ stato anticipato a oggi, sabato 1 luglio, l’interrogatorio del 17enne accusato di aver ucciso Michelle Causo. Il giovane, proprio in queste ore, si trova davanti al gip del tribunale minorile, nel centro di prima accoglienza di via Virginia Agnelli a Roma, dove sono arrivati anche i magistrati e il legale del giovane.

E' in corso in queste ore l'interrogatorio del diciassettenne per l’udienza di convalida dell’arresto per omicidio volontario aggravato.
Michelle Causo (foto Facebook).

Autopsia, non ci sono segni di violenza sessuale

Mentre proseguono le indagini per ricostruire quanto accaduto nella giornata di mercoledì 28 giugno, quando il cadavere di Michelle è stato ritrovato dentro un carrello dello spesa accanto ai rifiuti nel quartiere Primavalle, a Roma, sono arrivati i primi risultati dell’autopsia sul corpo della giovane. Si esclude la violenza sessuale, mentre le 6 ferite da arma da taglio sono state confermate nella zona del collo, dell’addome e della schiena.

Al vaglio le chat dei telefonini sequestrati

La polizia intanto è al lavoro per estrapolare ed esaminare il contenuto delle chat all’interno dei telefoni sequestrati. I messaggi su Instagram, TikTok, e sui vari social, potrebbero essere fondamentali per far emergere ulteriori elementi che potrebbero rivelarsi determinanti nello svolgimento delle indagini. Qualora la versione del debito di 40 euro che il giovanne avrebbe avuto con la 17enne venisse confermata, potrebbe aggiungersi alle accuse l’aggravante per futili motivi.

 

Scontri in Francia, muore giovane manifestante

Continuano le proteste in Francia, dove il numero delle persone arrestate durante le rivolte scoppiate dopo l’uccisione del diciassettenne Nohel M. da parte di un agente della polizia, è arrivato quasi a mille. Nella notte un giovane manifestante di soli 20 anni è morto cadendo dal tetto di un supermercato. Aumentano i feriti anche tra le forze dell’ordine: 79 registrati nella notte tra venerdì e sabato che, come riportato da Le Monde, vanno a sommarsi al precedente numero di agenti feriti pari a 249.

Un'altra notte di scontri in Francia, dove un giovane manifestante ha perso la vita cadendo dal tetto di un supermercato.
Francia, scontri tra polizia e manifestanti (Getty Images).

Il ministro dell’interno: «Vincerà la Repubblica, non i rivoltosi»

Durante un’intervista su BFM-TV, il ministro dell’interno Géral Darmanin ha denunciato «violenze inaccettabili a Lione e a Marsiglia», aggiungendo che «vincerà la Repubblica e non i rivoltosi». La premier Elisabeth Borne ha reso noto che non è più esclusa la possibilità di instaurare lo stato di emergenza. A Parigi intanto le forze dell’ordine sono intervenute per disperdere una manifestazione non autorizzata ed evacuare place de la Concorde.

Il governo ricorre ai blindati

Per contrastare le proteste, il governo ha annunciato il dispiegamento dei blindati della gendarmeria. Annullati tutti i grandi eventi. L’Onu è intervenuta per chiedere alla Francia di affrontare «i gravi problemi di razzismo e discriminazione sociale all’interno delle forze dell’ordine». Secondo quanto annunciato ieri dal sindaco di Nanterre, nel pomeriggio di oggi, sabato 1 luglio, dovrebbero svolgersi i funerali del giovane Nahel, in un clima definito di «discrezione».

Macron contro i social, colpevoli di alimentare la violenza

Nella giornata di ieri, venerdì 30 giugno, il presidente Macron, come riportato da IlSole24ore, ha accusato i social media di aver assunto un «ruolo considerevole» nell’incoraggiare gli atti di violenza. Snapchat ha fatto sapere di essere già intervenuta da martedì scorso per monitorare i contenuti relativi alle proteste. Silenzio da parte di TikTok e Meta, che non avrebbero ancora replicato in merito alle parole di Macron.

Indiana Jones e l’ultima crociata stasera su Italia 1: trama, cast e curiosità

Stasera 1 luglio 2023 andrà in onda su Italia 1 il film Indiana Jones e l’ultima crociata, alle ore 21.20. Questa pellicola, che appartiene ai generi avventura e azione, ha debuttato nei cinema di tutto il mondo nel 1989. Il regista è Steven Spielberg mentre la sceneggiatura di questo capitolo della saga, il terzo per la precisione, è stata scritta da Jeffrey Boam. Il cast è ricco di stelle di Hollywood e include Harrison Ford, Sean Connery, River Phoenix e Julian Glover.

Indiana Jones e l'ultima crociata andrà in onda questa sera 1 luglio 2023 su Italia 1, ecco quello che c'è da sapere.
I due attori protagonisti del film, Harrison Ford e Sean Connery (Twitter).

Indiana Jones e l’ultima crociata, trama e cast del film in onda stasera 1 luglio 2023 su Italia 1

La trama racconta le avventure dell’esploratore Indiana Jones (Harrison Ford) partendo con un flashback sulla sua adolescenza. La pellicola si apre nello stato dell’Utah nel 1912 quando, durante un’uscita con gli scout, un giovanissimo Indiana (River Phoenix) si intrufola in una spedizione di archeologi alle prime armi e interviene per strappare il tesoro, la croce d’oro di Coronado, a quelli che in realtà si rivelano come trafficanti. L’obiettivo del giovane Indy è quello di consegnare il reperto a un museo, dove ritiene debba essere custodito e studiato. Dopo un lunghissimo inseguimento fra i vagoni di un treno, Indy torna a casa e trova il padre, Henry Jones Senior (Sean Connery), occupato nello studio dei suoi appunti, quindi troppo distratto per difendere il ragazzo che si trova costretto a cedere la croce ai trafficanti supportati dallo sceriffo. Nel 1938 un adulto Indiana Jones torna sulle tracce della croce, ma questa volta riesce a recuperarla e portarla al sicuro. Dopo qualche tempo, l’archeologo viene richiesto dal miliardario Walter Donovan (Julian Glover), che tenta di assoldarlo per la ricerca del Sacro Graal, il calice usato da Gesù durante l’Ultima Cena.

Indy deride e rifiuta la proposta del miliardario fino a quando non scopre che la persona assoldata prima di lui è misteriosamente scomparsa durante l’impresa L’archeologo sparito è in realtà suo padre Henry Jones Senior e questo convince Indiana a intraprendere subito il viaggio verso Venezia, dove fa conoscenza dell’archeologa Elsa Schneider (Alison Doody). Insieme a quest’ultima farà una serie di scoperte che lo condurranno a compiere passi avanti verso il santo calice. In seguito Indy arriverà in Austria, dove nei pressi di Salisburgo riuscirà a trovare il padre, prigioniero dei nazisti, e a liberarlo. Qui il nostro eroe scoprirà il doppio gioco di Elsa e anche il vero ruolo del misterioso milionario Donovan. Dopo essere fuggiti, i due raggiungeranno prima Berlino e poi Alessandretta mettendosi sulle tracce del sacro calice considerata una reliquia dal valore inestimabile.

Indiana Jones e l’ultima crociata, 5 curiosità sul film 

Indiana Jones e l’ultima crociata, Harrison Ford e i ruoli del suo stuntman

Durante le riprese del progetto, Harrison Ford decise di proseguire nelle scene d’azione senza l’aiuto del suo stuntman Vic Armstrong. Per questa ragione, nella maggior parte delle scene del film è sempre Harrison Ford che interpreta il ruolo di Indiana Jones. Addirittura, come riporta il sito Imdb, Armstrong dovette parlare un momento con Ford e chiedergli di fargli girare qualche scena, altrimenti non avrebbe affatto lavorato.

Indiana Jones e l’ultima crociata, la raccomandazione di Ford per River Phoenix

Fu Harrison Ford a suggerire alla produzione di ingaggiare River Phoenix per il ruolo del giovane Indiana Jones. Ford e Phoenix avevano lavorato precedentemente sul set di Mosquito Coast, film del 1986 diretto da Peter Weir. Da parte sua, River Phoenix disse di essersi ispirato alla figura di Harrison Ford e non a quella di Indiana Jones per interpretare il giovane e impavido avventuriero.

Indiana Jones e l'ultima crociata andrà in onda questa sera 1 luglio 2023 su Italia 1, ecco quello che c'è da sapere.
L’attore River Phoenix (Facebook).

Indiana Jones e l’ultima crociata, il dettaglio della cicatrice sul mento

Nel flashback iniziale, il giovane Indiana Jones si procura un taglio sul mento a causa di una frusta. Da grande, poi, è possibile notare la cicatrice sul mento dell’archeologo. In realtà Harrison Ford ha realmente questa ferita come conseguenza di un incidente stradale in California avvenuto quando aveva 20 anni.

Indiana Jones e l’ultima crociata, le ragioni che hanno spinto Spielberg a dirigere il film

Steven Spielberg ha spiegato le due ragioni che l’hanno spinto a dirigere il film: in primo luogo doveva rispettare l’accordo che aveva con George Lucas, produttore della saga, di dirigere tre lungometraggi, e poi voleva riscattarsi dopo aver subito tante critiche per Indiana Jones e il Tempio Maledetto. Il risultato fu davvero ottimo, visto che il film vinse un premio Oscar per i Migliori effetti speciali e venne definito da Spielberg come il suo preferito della saga.

Indiana Jones e l’ultima crociata, l’idea originale di George Lucas per la pellicola

George Lucas, creatore dei personaggi e della storia e produttore della saga, voleva ambientare questo film in una casa stregata. La sua idea originale era quella di far confrontare l’esploratore con un ambiente paranormale. Tuttavia, Steven Spielberg in precedenza aveva realizzato un lavoro simile, vale a dire Poltergeist – Demoniache Presenze, e voleva cimentarsi in qualcosa di nuovo. Allora Lucas propose l’idea della ricerca del Santo Graal e Spielberg l’accettò, dando poi il suo contributo nell’includere la sottotrama del rapporto tra padre e figlio.

Sulle ali della musica stasera su Rai 1: trama, cast, storia vera e curiosità

Stasera 1 luglio 2023 andrà in onda, sul canale televisivo Rai 1 alle ore 21.25, il film intitolato Sulle ali della musica. Si tratta di un’opera cinematografica che appartiene ai generi biografico e drammatico e ha debuttato nel 2019. La produzione è stata diretta dalla regista Maria Peters che per questo progetto ha curato anche la sceneggiatura. Nel cast del film figurano attori di grande rilievo come Christanne de Bruijn, Benjamin Wainwright, Scott Turner Schofield e Annet Malherbe.

Sulle ali della musica è il film che andrà in onda stasera su Rai 1, ecco trama, curiosità e informazioni sull'opera.
Gli attori protagonisti del film (Facebook).

Sulle ali della musica, trama e cast del film in onda stasera 1 luglio 2023 su Rai 1

La trama della pellicola si concentra sulla storia di Antonia Brico (Christanne de Bruijn), una donna che ha il grande sogno di diventare direttrice d’orchestra. Siamo tra gli Anni 20 e gli Anni 30 del Novecento, un periodo in cui per le donne non è facile aspirare a carriere di questo tipo. Antonia è di origini olandesi ma è emigrata negli Stati Uniti, precisamente a New York, insieme alla famiglia da piccola. In quella che viene definita da molti «la terra delle opportunità», cerca di inseguire il suo sogno dopo aver compiuto 24 anni. Per fare ciò si esercita costantemente a un pianoforte che suo padre (Raymond Thiry), un netturbino, ha trovato per strada. La ragazza continua a studiare anche se tutti gli sconsigliano di inseguire il suo sogno – addirittura il suo maestro di pianoforte la intima di non proseguire e sostenere l’esame per il conservatorio.

Dotata di una forza di volontà incrollabile, Antonia non si lascia abbattere dalle critiche ma decide di proseguire i suoi studi in Olanda. Si reca quindi nella sua terra natia e decide di prendere lezioni da un grande insegnante, il celebre direttore d’orchestra Willem Mengelberg (Gijs Scholten van Aschat). Mengelberg non è molto convinto inizialmente, ma non può nulla contro la determinazione della ragazza. Dopo qualche tempo, il direttore d’orchestra consiglia alla sua allieva di trasferirsi a Berlino, perché lì potrà trovare un ambiente più favorevole e inclusivo. In Germania, Antonia fa sbocciare il suo talento all’Accademia Statale di Musica e raggiunge un traguardo inaspettato, diventando la prima donna a dirigere la famosa Orchestra Filarmonica di Berlino. Il successo professionale rende felice Antonia, che dovrà però affrontare un’ulteriore sfida: l’amore della sua vita Frank Thomsen (Benjamin Wainwright) la pone dinanzi a una scelta decisamente complicata. A questo punto, Antonia dovrà svegliere tra mente e cuore per vivere una vita che possa donargli gioie e gratificazione.

Sulle ali della musica, 4 curiosità sul film 

Sulle ali della musica, la storia vera che ha ispirato il film 

Il film è tratto dalla vera storia di Antonia Brico, nata a Rotterdam il 26 giugno 1902 e morta a Denver nel 1989. Il suo grande risultato fu quello di diventare la prima donna al mondo a dirigere con successo una grande orchestra sinfonica, e ciò avvenne alla fine degli Anni 20 del Novecento. Si tratta di un grandissimo precedente per tutte le donne che in questo ambiente sono state da sempre guardate con diffidenza. Nell’anno dell’uscita del film tra l’altro, per la prima volta nella storia dei Paesi Bassi una donna è stata nominata direttore principale di un’orchestra. Si tratta di Karina Canellakis, che è diventata direttore principale dell’Orchestra Filarmonica della Radio Olandese.

Sulle ali della musica è il film che andrà in onda stasera su Rai 1, ecco trama, curiosità e informazioni sull'opera.
La rappresentazione di Antonia Brico nel film (Facebook).

Sulle ali della musica, l’errore anacronistico presente 

Anche se la pellicola è molto accurata dal punto di vista tecnico, è presente un errore anacronistico. Infatti, nel film a un certo punto l’orchestra esegue alcune parti dell’opera Pierino e il lupo. Si tratta di una delle favole sinfoniche più famose dell’autore Profokiev che venne però scritta ed eseguita per la prima volta a Mosca nel 1936, vale a dire un anno dopo rispetto agli eventi narrati nel biopic.

Sulle ali della musica, le location delle riprese 

Le riprese del film sono state effettuate in diversi luoghi del mondo. Quelle esterne tra Amsterdam, l’Aia e il Belgio, mentre quelle interne sono state realizzate in alcuni studios di Sofia, capitale della Bulgaria, e nel Teatro dell’Opera di Anversa in Belgio.

Sulle ali della musica, gli incassi del film 

Sulle ali della musica è un film che ha avuto un buon riscontro al botteghino. Difatti, la produzione olandese e belga, secondo i dati raccolti dal sito Box Office Mojo, ha ottenuto in totale circa 1 milione di dollari, provenienti principalmente dal mercato occidentale e da quello asiatico.

Il codice della strada di Salvini tra penalismo d’accatto e neo proibizionismo

Benvenuti nella distopia dello Stato etico, per dei più proposto da coloro che vorrebbero rivendersi liberali. Gli indizi del resto c’erano tutti. Anni passati a spiegare quale fosse la famiglia naturale e quale quella innaturale e contro Dio, anni passati a usare la frusta del buon senso per magnificare come si dovrebbe essere per piacere alla gente che piace, anni di promesse agli elettori con l’orizzonte di un governo che spinto dalla maggioranza degli italiani potesse stabilire un perbenismo obbligatorio. Alla fine eccoci qui, al disegno di legge sulla sicurezza stradale di Matteo Salvini che non ha perso il suo fiuto per il populismo penale usato per saziare le sempre più spalancate fauci dell’indignazione.

LEGGI ANCHE: Salvini e le contraddizioni sul codice stradale, tra velocità e tolleranza zero

Temi seri che andavano affrontati con studio e ascolto

Il ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture confeziona norme che coniugano le sue due più grandi passioni: la lotta alla droga (spauracchio di ogni brava mamma italiana che ringrazia il cielo per non avere un figlio come tutti gli altri, tutte le mamme la pensano così) e il dolore scioccante di chi perde un familiare in un incidente stradale per colpa degli altri. Gli argomenti sono gravi e seri e meriterebbero – come tutti i temi affrontati dalla politica – studio e ascolto. Perché perdere tempo per studiare e ascoltare – deve avere pensato il leghista – quando ci si può permettere di scrivere un ddl che contenga già l’editoriale per presentarlo? Dice Matteo Salvini che «il messaggio è molto chiaro: se ti stronchi di canne, ti impasticchi in discoteca o sniffi a tempo perso e ti metti al volante, lucido sì o lucido no io ti ritiro la patente e fino a tre anni non la rivedi più».

E la lotta all’alcol allora? Disturba le lobby amiche

A ben vedere nelle intenzioni ci dovrebbe essere anche la lotta all’alcol, ma quello è nel campo delle cose che vanno dette senza farle per non disturbare le lobby amiche. Così si legge che arriveranno «modifiche alle norme sulla guida dopo l’assunzione di sostanze stupefacenti, con l’eliminazione della necessità che il soggetto sia colto in “stato di alterazione psico-fisica” derivante da assunzione di sostanze stupefacenti. Per il perfezionamento del reato, sarà, quindi, sufficiente che un soggetto si metta alla guida dopo l’assunzione di sostanze stupefacenti, pur non essendo in stato di alterazione». Tradotto: sarà reato essere trovati positivi a sostanze stupefacenti, pur se assunte settimane prima (si resta positivi per settimane) e senza causare pericolo. Siamo allo Stato hegeliano che si pone arbitro assoluto del bene e del male.

Il codice della strada di Salvini tra penalismo d'accatto e neo proibizionismo
Matteo Salvini (Imagoeconomica).

Le più basilari logiche del diritto penale non valgono più

Non è la responsabilità e l’eventuale danno stabilito dalla legge il principio fondante. Un automobilista che rischia di investire un pedone perché gingilla con il suo telefono rischia 13 punti della patente e mille euro di multa, un guidatore che è perfettamente lucido e in grado di guidare e non investire cose o persone viene sacrificato sull’altare del penalismo d’accatto. Il nesso di causalità tra evento/rischio/danno tanto caro al diritto penale non vale più. In fondo si tratta di un neo proibizionismo messo in atto da politici che non hanno il fisico e il coraggio di imporlo davvero. Sono gli stessi modi con cui si disarticola il diritto all’aborto attraverso l’obiezione di coscienza negli ospedali pubblici, solo per citare uno dei tanti esempi possibili.

Ai politici fanno schifo i drogati: sì, ma quelli poveri

Ma non c’è solo la vergogna dell’essere proibizionisti travestiti da liberali. Sulla questione delle droghe Salvini (come molti altri esponenti della maggioranza di questo governo) mantengono da anni un doppio filo che non ha bisogno di troppe analisi per essere riassunto così: «A noi fanno schifo i drogati, ma quelli poveri». Perché se volessimo essere d’accordo con il ministro Salvini, allora ci sorgerebbe naturale una domanda: se chi ha fatto uso di droghe (riscontrabili nel sangue, quindi anche tempo fa) non è degno di guidare un’auto, cosa dovremmo fare a coloro che hanno fatto uso di droghe la sera prima di votare una legge in parlamento? Non è una responsabilità che tocca una collettività enormemente più ampia? E un medico? Un giudice? Un esponente delle forze dell’ordine con un’arma in tasca? Ci vuole il fisico per imporre lo Stato etico. Forza, Salvini, non ci deluda.

I Coldplay a Milano e l’inchiesta sul pusher dei vip: il racconto della settimana

Quando i Coldplay sono apparsi per la prima volta nel 2000 sulla scena musicale mondiale ci si chiedeva: i ragazzi di questo gruppo brit pop diventeranno i nuovi Radiohead? O i nuovi Verve? Oggi, è chiaro che non erano nessuna di queste cose. In oltre 20 anni di carriera hanno venduto più di 80 milioni di album in tutto il mondo e sono stati nominati per un Grammy 25 volte. Per alcuni sono la band pop più importante al mondo. Personalmente non li avevo mai calcolati più di tanto, ritenendoli una brutta copia degli U2, fino alla primavera del 2008 quando pubblicarono Viva la vida or Death and all his friends che avevo iniziato a mettere in discoteca durante le mie serate Cemeteries of London come pezzo di chiusura. Una roba che non so perché mi ricordava certi lavori degli Stones, tipo You Can’t Always Get What You Want per intenderci, e che letteralmente faceva impazzire la gente, che la cantava a squarciagola con le mani alzate al cielo fino all’ultima parola.

Da quei tempi sono trascorsi un po’ di anni e nel frattempo i pezzi dei Coldplay, di tanto in tanto, li ho passati anche in radio. Soprattutto Fix You, Trouble, Viva la vida, Every teardrop is a waterfall e Adventure of a lifetime. Se è vero, come ho letto da qualche parte, che da un lato la band di Chris Martin piace più o meno a tutti è altrettanto vero che in certi ambienti, diciamo alternativi, non esiste sulla faccia della terra gruppo più odiato e detestato. Un po’ come succede a Jovanotti in Italia, per gli stessi identici motivi (Jova beach docet). Definiti dal New Yorker e dal New York Times la band più insopportabile del primo decennio degli Anni 2000, i Coldplay, in questi giorni hanno concluso il loro tour in Italia facendo sold out ovunque, in tutte le sei date programmate, da Napoli a Milano. Stasera si esibiranno San Siro davanti a 60 mila persone. Ed è questo il motivo per cui adesso accanto al mio tavolo alla Fondazione Prada è seduta Gwyneth Paltrow, con indosso un vestito marinaresco a righe bianche e rosse e un paio di sneaker bianche, che pilucca un piatto di spinaci e un’insalata scondita, di fronte a suo figlio Moses, un ragazzone con tanto di pantaloni corti, camicia e cravatta, in uniforme da scolaretto, simile a quelle che indossa Angus Young durante i concerti degli AC/DC.

Se da un lato la band di Chris Martin piace più o meno a tutti è altrettanto vero che in certi ambienti, diciamo alternativi, non esiste sulla faccia della terra gruppo più odiato e detestato. Un po’ come succede a Jovanotti in Italia, per gli stessi identici motivi

«Mi piacerebbe chiederle se ha con sé una di quelle candele che sanno di vagina», sospiro, indicando Gwyneth con lo sguardo, rivolgendomi al mio amico Carlo B. abbronzatissimo, in Lacoste carta da zucchero, appena tornato da Framura, con cui mi sono dato appuntamento per un caffè. «Lei è la mia preferita in assoluto. Ha i suoi annetti ormai ma è a dir poco ancora una donna formidabile», dice Carlo B. «Devo dirti che non sono mai stato un fan dei Coldplay ma a questo giro una data a San Siro me la sarei fatta, per curiosità», scandisco, fissando ancora Gwyneth, che pare uscita da un film di Wes Anderson, e poi aggiungo: «Deve essere uno spettacolo pazzesco». C’è stato certo anche per me un momento in cui ero innamorato pazzo di Gwyneth Paltrow. Quando rimanevo incantato davanti alla tv a vederla nei panni di Margot Tenenbaum. Nascosta sotto uno spesso tratto di eye-liner, fumava una sigaretta dopo l’altra per tutta la durata del film, con in braccio la sua Kelly di Hermès, indossando una lunga pelliccia di visone su mini-abiti a righe Lacoste e mocassini maschili ai piedi. «E ti dirò di più», proseguo, «questa settimana, potendo, sarei andato anche al mega concerto organizzato da Fedez in Piazza Duomo con tutto il gotha dei giovani trapper e sarei andato anche a vedere Travis Scott all’Ippodromo, tutto fatto di sciroppo». «E invece non andrai?». «No», mugolo. «Credo rimarrò a casa per tutto il week end a fare cose molto démodé, tipo stare sul divano, in pigiama, a leggere un romanzo inglese, ascoltando qualche vecchio disco di Miles Davis o di Coltrane». «Niente Tigullio?». «Niente Tigullio bro, niente barca a vela. Credo che passerò il mio venerdì a scrivere un racconto sulla cocaina che i vip vanno a prendere con le auto blu. Hai letto? La notizia rende totalmente banale e scontato quello che accadeva nel 2007, nei privé dell’Hollywood e del The Club, e l’inchiesta del PM Woodcock, che coinvolse un mio ex compagno di scuola».

I Coldplay a Milano e l'inchiesta sul pusher dei vip: il racconto della settimana
Gwyneth Paltrow e il figlio Moses a Milano (da Instagram).

Lo chiamavano Pietrino, “il pusher dei vip”, era l’uomo che all’epoca trasformava in grandi serate le feste nelle discoteche, perché portava sempre con sé un nutrito numero di smorfie mozzafiato, che comprendevano dive e starlette della tv. Nel 2011 finì addirittura in copertina su Novella 2000, fotografato sotto casa sua a Milano. Pietrino venne definito “la gola profonda” dell’inchiesta su vallette e cocaina, venne accusato di spaccio e la notizia in certi ambienti procurò un bel terremoto, perché vennero coinvolti un sacco di nomi noti e soprattutto le più belle ragazze che all’epoca si vedevano in tutte le trasmissioni televisive. Erano gli anni in cui Fabrizio Corona sciorinava a destra e a manca le sue vanterie e contemporaneamente minacciava e ricattava potenti, calciatori, magistrati e veline varie. Ed erano gli anni in cui Paris Hilton finiva sui giornali perché a Los Angeles era stata  arrestata completamente ubriaca al volante della sua Bentley, con l’accusa di guida in stato di ebrezza.

Quando arriva Silvione a prendermi, a bordo della sua Citroen gialla, del pusher ancora non c’è traccia. Poi fortunatamente il tizio arriva, ci porge una bustina, gli diamo i soldi e se la squaglia. Neanche a farlo apposta siamo davanti al Bar Biancaneve quando una pattuglia dei carabinieri ci affianca per un controllo e Silvione getta l’involucro sotto una macchina

È un venerdì di giugno del 2007, tarda mattinata, e sto rollando uno spino d’erba tagliato con dello Xanax seduto con le gambe incrociate nella mia mansarda in via Tiepolo. Sfoglio il Corriere della Sera e leggo dell’inchiesta di Woodcock con indosso un pigiama di seta tutto stropicciato. Mi sono appena masturbato con un porno scadente che ho visto centinaia di volte dove recita una glaciale Paris Hilton che più che un porno è un sex tape che ha iniziato a girare clandestinamente sul web e sto aspettando che arrivi Allegra e partire con lei per il weekend nella casa che ho affittato a Rapallo. Fingo di rovistare nel mio armadio preparando alla bene e meglio una sacca con qualche vestito quando Allegra entra nella mansarda. «Che succede?», le domando. «Hai visto per caso che fine ha fatto il mio blazer blu a tre bottoni?». «Cosa succede in che senso?», domanda lei, tesa. «Sei in un ritardo pazzesco. Abbiamo il treno tra meno di un’ora». «Ma sei sei ancora in pigiama, cosa vuoi da me?», mi dice, mentre sto scegliendo un paio di occhiali da sole. Resto fermo per un attimo, poi guardo l’orologio che non porto e torno verso il letto dove rovisto nel sacchetto Comme des Garçons che utilizzo per portare le camicie in lavanderia. Distrattamente tiro fuori un capellino da baseball Eral 55 che mi ha regalato la settimana scorsa la baby model. «Che cos’è?», chiede Allegra. «Niente di che», dico, ributtandolo nella borsa. «Andre, voglio davvero che le cose tra noi riprendano a funzionare», dice, esitante. «Ma ho bisogno del mio tempo». «Claro, io sono pazzo di te, tu sei pazza di me. Qual è il problema?». Scrollo le spalle. «Ehi Andre, guardami». «Dimmi, bella». «Non parto con te questo week end. Non mi sento ancora pronta». Mi si gela il sangue. Fisso nel vuoto o in quello che immagino essere il vuoto fino a quando non mi viene da dire: «Come regola non dovresti aspettarti troppo dagli altri, amore», e poi la bacio sulla guancia prima di aggiungere. «Esattamente come faccio io».

La sera, in passeggiata a Rapallo, da solo, sto aspettando il pusher per fare un grosso acquisto di cocaina per una festa alla quale sono stato invitato in una grossa villa tra Paraggi e Portofino. Indosso una camicia oxford bianca di Ralph Lauren, un paio di jeans sdruciti e un blazer blu a tre bottoni. Quando arriva Silvione a prendermi, a bordo della sua Citroen gialla, del pusher ancora non c’è traccia. Poi fortunatamente il tizio arriva, ci porge una bustina, gli diamo i soldi e se la squaglia. Neanche a farlo apposta per uno strano scherzo del destino siamo davanti al Bar Biancaneve quando una pattuglia dei carabinieri ci affianca per un controllo e Silvione getta l’involucro sotto una macchina. «A terra i carabinieri recuperano alcune dosi di cocaina, quattro grammi», recitavano i titoli dei giornali locali la mattina dopo. «Nel registro degli indagati per detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio appaiono due ragazzi milanesi di buona famiglia A.F.G e S.R. . Perquisiti anche un appartamento nel centro di Rapallo e una suite dell’esclusivo Hotel Splendido di Portofino, dove i due alloggiano per il week end. Si sospetta che i due giovani siano collegati al giro di droga che a Milano ha portato alla chiusura della discoteca Hollywood». Sia io, che Silvione, che Pietrino frequentavamo lo stesso liceo milanese. Nessuno di noi però nella vita ha mai acquistato cocaina utilizzando le auto blu messe a disposizione dalla Regione.

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