Daily Archives: 8 Luglio 2023

Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo stasera su Italia 1: trama, cast e curiosità

Stasera 8 luglio 2023 andrà in onda sul canale Italia 1, alle ore 21.20, il film Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo. Si tratta di un lungometraggio che appartiene ai generi avventura e azione e ha debuttato nelle sale cinematografiche internazionali nel 2008. Il regista di questo film è Steven Spielberg mentre la sceneggiatura della pellicola è stata scritta da David Koepp. All’interno del cast ci sono molteplici attori molto conosciuti a Hollywood come Harrison Ford, Karen Allen, Shia LaBeouf e Cate Blanchett.

Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo andrà in onda stasera su Italia 1, ecco trama, cast e curiosità.
Il cast del film con il regista Steven Spielberg (Facebook).

Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo, trama e cast del film in onda stasera 8 luglio 2023 su Italia 1

La trama di Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo racconta le avventure dell’esploratore Indiana Jones (Harrison Ford) nel 1957. È un periodo critico per il mondo perché impazza la Guerra fredda e c’è un clima di tensione dovuto allo spettro del conflitto nucleare. Irina Spalko (Cate Blanchett) riesce a introdursi all’interno dell’hangar segreto dell’Area 51 per trovare le informazioni relative a un potente reperto: un teschio di cristallo che si dice abbia la capacità di donare agli altri poteri sovraumani. Tuttavia, per trovare la reliquia, i russi hanno bisogno di affidarsi all’esploratore Indiana Jones. Nonostante siano trascorsi diversi anni e Indiana non sia più giovane come un tempo, è ancora uno dei migliori nel campo dell’archeologia. I russi costringono l’archeologo e il suo fido compagno Mac (Ray Winstone) a iniziare la ricerca, ma in seguito i due riescono a scappare.

Tuttavia, una volta ritornato a casa, non terminano i problemi per l’esploratore: gli agenti sono sulle sue tracce perché lo credono una spia russa. Inoltre, il college dove insegna lo sospende dall’insegnamento. Indiana Jones si ritrova a essere deluso e amareggiato, e per questo decide di trasferirsi a Londra. Nel frattempo si imbatte nel giovane Mutt (Shia LaBoeuf), impegnato nella ricerca della madre che stava indagando sul caso della scomparsa del professor Oxley (John Hurt). Il caso del teschio di cristallo e quello della scomparsa del professore potrebbero essere collegati e Indiana e il giovane Mutt trovano una pista in Perù, a Nazca, inseguiti dai russi e da Irina. Tra scontri con Indios, trappole e potenze aliene, Indiana Jones vivrà la sua ennesima avventura aiutato da vecchi e nuovi amici.

Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo, 5 curiosità sul film 

Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo, il quarto capitolo del franchise

Questo film è il quarto capitolo del noto franchise. Si tratta di un sequel prodotto e realizzato a distanza di 19 anni dall’ultimo capitolo, Indiana Jones e l’ultima crociata. Il regista è lo stesso dei primi tre capitoli della saga.

Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo, i premi vinti dalla pellicola

Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo è il primo film della saga a non ricevere almeno una nomination ai premi Oscar. Tuttavia, il lungometraggio ha ottenuto diversi premi molto importanti come il Saturn Award per i Migliori costumi e il Teen Choice Award a Shia LaBoeuf per la miglior interpretazione.

Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo, l’allenamento di Cate Blanchett per prepararsi alla parte

Cate Blanchett nella pellicola interpreta il ruolo dell’antagonista, la russa Irina Spalko. Per prepararsi, ha dovuto sottoporsi a un allenamento molto stancante e ha dovuto prendere delle lezioni di karate, così da far sembrare i combattimenti in scena più realistici.

Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo andrà in onda stasera su Italia 1, ecco trama, cast e curiosità.
L’attrice Cate Blanchett (Getty Images).

Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo, le misure di Harrison Ford non erano cambiate nel tempo

Harrison Ford, protagonista assoluto della pellicola, nel corso del tempo si è sempre mantenuto in ottima forma. La conferma di ciò è arrivata dalle misure del costume di Indiana Jones, che non erano cambiate rispetto all’ultima volta che l’aveva indossato (nel 1989 per le riprese di Indiana Jones e l’ultima crociata).

Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo, gli errori anacronistici nella pellicola

La pellicola presenta due errori anacronistici. Infatti, il film è ambientato nel 1957 ma in una scena è possibile ammirare i poster dei film L’infernale Quinlan di Orson Welles e La Donna che Visse Due Volte di Alfred Hitchcock, entrambi usciti nel 1958.

Scioperi dei trasporti, disagi per i viaggiatori il 13 e 15 luglio

In arrivo nuovi scioperi nel settore dei trasporti. Giovedì 13 e venerdì 14 luglio la protesta coinvolgerà i dipendenti di Trenitalia e Italo, che si fermeranno per 23 ore, mentre il 15 luglio sarà la volta del personale di terra degli aeroporti, servizi di handling e check-in, che incroceranno le braccia per otto ore. Nella stessa giornata sciopero anche da parte dei piloti Malta Air (che opera voli Ryanair) e Vueling.

Scioperi dei trasporti, disagi per i viaggiatori il 13 e 15 luglio. I lavoratori di Trenitalia e Italo interromperanno il servizio per 23 ore, il personale di terra degli aeroporti per otto.
Treni alta velocità di Italo e Trenitalia alla Stazione Centrale di Milano (Getty Images).

I dipendenti delle ferrovie si fermano per 23 ore

Le sigle sindacali di categoria Filt-Cgil, Fit-Cisl, Uiltrasporti, Ugl Ferrovieri, Slm Fast Confsal e Orsa Ferrovie hanno proclamato uno sciopero nazionale del personale di Trenitalia e Italo dalle ore 3 di giovedì 13 luglio alle ore 2 di venerdì 14 luglio. «Serve un adeguato piano di assunzioni, una mitigazione dei carichi di lavoro nella programmazione dei turni degli equipaggi, favorendo la conciliazione dei tempi di lavoro con quelli della vita privata, il rilancio del settore manutenzione e ridare centralità alla rete vendita e assistenza ai passeggeri e investimenti tecnologici, crescita professionale e percorsi formativi per tutto il personale degli uffici», spiegano le sigle sindacali. Lo sciopero, avverte Trenitalia sul sito Fsnews, potrebbe avere un impatto significativo sulla circolazione ferroviaria e comportare cancellazioni totali e parziali di Frecce, Intercity e treni regionali di Trenitalia. Gli effetti, in termini di cancellazioni e ritardi, potranno verificarsi anche prima e protrarsi oltre l’orario di termine dello sciopero.

Scioperi dei trasporti, disagi per i viaggiatori il 13 e 15 luglio. I lavoratori di Trenitalia e Italo interromperanno il servizio per 23 ore, il personale di terra degli aeroporti per otto.
Il 15 luglio scioperano i piloti Vueling e Malta Air, che opera i voli Ryanair (Getty Images)

Lo sciopero del personale di terra e dei piloti

Sabato 15 luglio sarà poi la volta del personale di terra degli aeroporti, servizi di handling e check-in, che si fermerà per otto ore, dalle 10 alle 18. L’astensione dal lavoro, spiegano fonti sindacali, è stata proclamata a sostegno della vertenza per il rinnovo del contratto di lavoro scaduto da sei anni. Negli stessi orari incroceranno le braccia anche piloti e assistenti di volo Vueling «a causa della mancata disponibilità aziendale a sviluppare sane e costruttive relazioni industriali con l’organizzazione sindacale maggiormente rappresentativa delle istanze dei lavoratori della compagnia». Si fermeranno invece dalle 12 alle 16 i piloti Malta Air, che opera i voli di Ryanair, a seguito «della sottoscrizione da parte di alcuni soggetti di un accordo totalmente insoddisfacente e poco rispettoso della professionalità e del contributo che il personale navigante ha assicurato e che in particolare, nella fase post pandemia, ha consentito all’azienda un deciso incremento della reddittività».

La storia dell’omicidio di Elisa Claps, sepolta per 17 anni nella soffitta della chiesa

La storia dell’omicidio di Elisa Claps è una di quelle che sembra essere stata scritta da un bravissimo sceneggiatore di film horror, ma, purtroppo, è reale. La ragazza, una studentessa di 16 anni che frequentava il terzo anno al liceo classico di Potenza, è stata uccisa il 12 settembre del 1993 dopo essere uscita di casa con un’amica. Elisa avrebbe dovuto raggiungere la famiglia per un pranzo in campagna, ma a quell’appuntamento non è mai arrivata. Prima, infatti, aveva lasciato la sua amica per incontrarsi con un ragazzo più grande di lei, Danilo Restivo, nella chiesa della Santissima Trinità di Potenza. Da questo momento la ragazza scomparve e per diversi anni di lei non si è saputo più nulla.

La storia dell’omicidio di Elisa Claps

Fondamentale, nel corso delle indagini, è stato l’incontro avvenuto tra Elisa Claps e Danilo Restivo nella suddetta chiesa. I due si erano dati appuntamento la sera prima, con il ragazzo che aveva detto alla giovane di avere un regalo per lei. Interrogato dagli inquirenti, Restivo ha affermato di aver incontrato Elisa in chiesa, ma di averla vista uscire poco dopo dalla porta principale. A vantaggio di Restivo, inoltre, c’era la totale assenza di prove che potessero indicare un suo coinvolgimento nella sparizione. Il ragazzo, tuttavia, il giorno della scomparsa di Elisa Claps si era presentato all’ospedale per farsi curare una ferita alla mano, ma quest’elemento non è bastato ad incriminarlo. Ritenuto innocente, ha continuato la sua vita e si è trasferito per lavoro all’estero.

Il ritrovamento della vittima e la verità sul suo omicidio

Da quel giorno del 1993, per anni non si è saputo più nulla di Elisa Claps fino al 17 marzo 2010 quando, in seguito a dei lavori di ristrutturazione nella chiesta Santissima Trinità, sono stati trovati i resti del suo corpo. La ragazza, dunque, è stata uccisa ed è rimasta sepolta nella chiesa per ben 17 anni. In seguito a questi fatti il nome di Danilo Restivo è tornato tra quelli dei principali sospettati e, secondo il procuratore generale di Salerno «uccise Elisa Claps il 12 settembre 1993 colpendola 12 volte al torace con un’arma da punta e taglio, dopo un approccio sessuale rifiutato dalla ragazza». Per colpire la giovane avrebbe utilizzato materiale di vario tipo, tra cui delle tegole. Danilo Restivo è stato condannato per l’omicidio di Elisa Claps, ma questo lasso di tempo a piede libero gli ha permesso di continuare a macchiarsi di crimini terribili, sempre a danni di donne: il 12 novembre del 2002 ha ucciso la sua vicina di casa in Inghilterra, Heather Barnett, mutilandola. Il 30 giugno 2011 è arrivata la condanna all’ergastolo.

Putin incontrerà Erdogan in Turchia ad agosto

La Turchia sempre più crocevia dei destini della guerra in Ucraina. Al termine dell’incontro con l’omologo Volodymyr Zelensky, ricevuto a Istanbul, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha affermato che Kyiv «senza dubbio merita di entrare nella Nato», aggiungendo poi che, pur essendo solidale con l’Ucraina, Ankara continuerà gli sforzi per porre fine alla guerra.

Putin incontrerà Erdogan in Turchia ad agosto. Lo ha annunciato il presidente turco al termine del bilaterale con Zelensky.
Volodymyr Zelensky e Recep Tayyip Erdogan (Getty Images).

Il Cremlino frena: «Contatti possibili, ma le date esatte non sono state ancora determinate»

«Abbiamo ascoltato la parte ucraina sullo scambio di prigionieri, stiamo anche negoziando con la parte russa. Ho anche discusso la questione con Vladimir Putin, che il mese prossimo visiterà la Turchia», ha detto poi Erdogan. I contatti tra i leader di Russia e Turchia sono possibili, ma le date esatte non sono ancora state determinate. Lo ha riferito il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, alla Tass.

Putin incontrerà Erdogan in Turchia ad agosto. Lo ha annunciato il presidente turco al termine del bilaterale con Zelensky.
Recep Tayyip Erdogan, presidente della Turchia (Getty Images).

Erdogan parla di fine della guerra, ma con le bombe a grappolo c’è il rischio di escalation

Erdogan ha parlato di sforzi per porre fine alla guerra, ma il rischio di escalation è al contrario concreta. Kyiv ha infatti ottenuto da Washington la fornitura di bombe a grappolo, armi controverse e vietate in base alla Convenzione di Oslo, non sottoscritta però da Ucraina, Stati Uniti e Russia. Come spiegato su Twitter dal ministero della Difesa Oleksiy Reznikov, l’esercito ucraino si è impegnato a utilizzare le munizioni a grappolo ad alcune condizioni, tra cui il principio che non possono essere utilizzate nelle città e sul territorio russo. «Avendo esaurito tutte le risorse, promette bombe a grappolo e richiama nuovamente i neonazisti di Kyiv con la prospettiva della Nato, la cui realizzazione significa una terza guerra mondiale», ha scritto su Telegram Dmitry Medvedev, vice presidente del Consiglio di sicurezza russo, riferendosi a Joe Biden. «Forse il nonno morente, ossessionato da fantasie morbose, ha semplicemente deciso di andarsene gentilmente, provocando un Armageddon nucleare e portando con sé metà dell’umanità nell’aldilà…».

Chi è Edgars Rinkevics, primo capo di Stato apertamente gay di una nazione Ue

Edgars Rinkevics, dal 2011 ministro degli Esteri della Lettonia, ha prestato giuramento come presidente del Paese baltico, dopo essere stato eletto a maggio al parlamento Riga al terzo turno di votazioni. È il primo capo di Stato apertamente gay di una nazione dell’Unione europea.

Lettonia: chi è il nuovo presidente Edgars Rinkevics, primo capo di Stato apertamente gay di una nazione Ue.
Edgars Rinkevics, nuovo presidente della Lettonia (Getty Images).

L’Ue ha già avuto capi di governo dichiaratamente omosessuali, ma mai un capo di Stato. Rinkevics, 49 anni, ha fatto coming out nel 2014 – tramite un tweet – e da allora è stato un fermo sostenitore dei diritti Lgbt: il matrimonio gay non è ancora possibile in Lettonia, anche se nel 2022 la Corte costituzionale del Paese ha riconosciuto le unioni tra persone dello stesso sesso.

Nel discorso inaugurale ha promesso che si batterà «per una società inclusiva e rispettosa»

Nel suo discorso inaugurale ha poi incoraggiato i giovani lettoni a «rompere il soffitto di cristallo», definendo la disuguaglianza «un problema significativo». Durante il suo mandato, ha aggiunto, si batterà «per la creazione di una Lettonia moderna e forte, per una Lettonia legale e giusta, per il benessere delle persone, per una società inclusiva e rispettosa». Rinkevics ha promesso poi di continuare a sostenere lo sforzo bellico dell’Ucraina contro la Russia, sottolineando che in politica estera il Paese agirà «in modo rapido, deciso e saggio».

Lettonia: chi è il nuovo presidente Edgars Rinkevics, primo capo di Stato apertamente gay di una nazione Ue.
Edgars Rinkevics, dal 2011 ministro degli Esteri della Lettonia (Getty Images).

Ex giornalista, dal 2011 ha ricoperto l’incarico di ministro degli Esteri

Nato nella località balneare di Jurmala il 21 settembre 1973, Rinkevics si è laureato in Storia e Filosofia nel 1995. Successivamente ha conseguito un master in scienze politiche, seguito da un altro master presso l’Università di Groninga nei Paesi Bassi. Dopo aver iniziato a lavorare come giornalista per Latvijas Radio, a metà Anni 90 ha assunto un incarico presso il Ministero della Difesa e da lì è iniziata la sua ascesa politica. Nel 2011 è entrato a far parte del governo di Valdis Dombrovskis come ministro degli Affari esteri, venendo poi riconfermato anche nei gabinetti di Laimdota Straujuma, M?ris Ku?inskis e Arturs Krišj?nis Kari?š Come presidente, Rinkevics prende il posto di Egils Levits, che è stato presidente per quattro anni: in Lettonia il capo di Stato ricopre soprattutto ruoli cerimoniali, ma può porre il veto alla leggi e indire referendum.

L’Associazione Nazionale Magistrati: «Dal governo attacco pesantissimo»

Dalle fonti di Palazzo Chigi è arrivata «un’accusa pesantissima che colpisce al cuore la magistratura». Lo ha detto il presidente dell’Associazione nazionale magistrati Giuseppe Santalucia, parlando al Comitato direttivo dell’Anm. «La magistratura non ha alcuna voglia di alimentare lo scontro, ma quando il livello dello scontro si alza, il nostro silenzio sarebbe l’impacciato mutismo di chi non sa reagire con fermezza a una politica muscolare rivolta a un’istituzione di garanzia», ha detto Santalucia. «Sarebbe un arretramento e noi non arretriamo quando si tratta di difendere i valori della Costituzione». Ad alimentare le tensioni negli ultimi giorni sono stati gli sviluppi dei casi Delmastro e Santanchè.

L’Associazione Nazionale Magistrati: «Dal governo attacco pesantissimo. Non arretriamo quando si tratta di difendere la Costituzione».
Daniela Santanchè (Imagoeconomica).

La reazione del governo sui casi Santanchè e Delmastro

«Dopo l’indagine sulla ministra Santanchè e dopo la notizia che un gip ha esercitato una prerogativa del codice, c’è stata una nota di Palazzo Chigi di non meglio precisate fonti governative che ha accusato una parte della magistratura di schierarsi faziosamente nello scontro politico», ha detto Santalucia. Per quanto riguarda Delmastro, a seguito dell’imputazione coatta del sottosegretario alla Giustizia, Palazzo Chigi aveva osservato che «in un processo di parti non è consueto che la parte pubblica chieda l’archiviazione e il giudice per le indagini preliminari imponga che si avvii il giudizio».

L’Associazione Nazionale Magistrati: «Dal governo attacco pesantissimo. Non arretriamo quando si tratta di difendere la Costituzione».
Giuseppe Santalucia (Imagoeconomica).

«La separazione delle carriere è una misura per punirci»

«Il sospetto è che la separazione delle carriere e le riforme costituzionali vengano sbandierate non perché si crede che servano a un miglioramento dell’attuale sistema», ma come «una misura di punizione nei confronti della magistratura», ha sottolineato il presidente dell’Anm, chiedendo «umiltà», al governo e alla maggioranza, così come di cambiare passo: «Non si può andare a una riforma costituzionale con questo passo, come risposta reattiva a un provvedimento fisiologico di un giudice che non piace perché colpisce qualcuno che è al governo».

Meteo Italia, in arrivo un’ondata di caldo rovente

Temperature in aumento con valori anche di sei gradi al di sopra delle medie e fino a 10 sulla Sardegna dove si toccheranno punte massime di 40 gradi, che saranno sfiorate anche in Sicilia. Un’ondata di caldo rovente è in arrivo sulla Penisola, dove nel fine settimana nove delle città monitorate dal Centro Meteo Italiano saranno da bollino arancione. Il peggio è atteso però da lunedì.

Meteo Italia, in arrivo un’ondata di caldo rovente. Nove città da bollino arancione nel fine settimana. Le previsioni.
Domenica nove luglio nove le città da bollino arancione (Imagoeconomica).

Tre città da bollino arancione sabato 7 luglio, ben nove domenica 

Il bollettino sulle ondate di calore del ministero della Salute avverte che sabato 8 luglio, su 27 città italiane soggette a monitoraggio, solo otto avranno il bollino verde (zero rischi per la salute della popolazione), 14 quello giallo (equivalente a una pre-allerta per condizioni meteorologiche che possono precedere il verificarsi di un’ondata di calore) e tre saranno accompagnate da quello arancione: si tratta di Roma e Palermo, con 36 gradi di temperatura massima percepita e di Perugia (33). La situazione cambierà decisamente domenica 9 luglio: Bari sarà l’unica città “verde”, 17 quelle in “giallo”. Bollino arancione per Firenze, Roma e Frosinone (entrambe con 37 gradi di temperatura massima percepita), Palermo e Viterbo (36), Torino e Rieti (35), Perugia (34) e Bolzano (33). Nessuna città almeno da bollino rosso, che indica condizioni di emergenza.

LEGGI ANCHE: Il 3 luglio 2023 è stato il giorno più caldo mai registrato

Meteo Italia, in arrivo un’ondata di caldo rovente. Nove città da bollino arancione nel fine settimana. Le previsioni.
Meteo Italia, in arrivo un’ondata di caldo rovente (Imagoeconomica).

Dal 10 luglio nelle isole maggiori attese punte di oltre 40 gradi

Gli aggiornamenti del Centro Meteo Italiano confermano per tutta la settimana dal 10 al 16 luglio una prolungata e intensa ondata di caldo africano, con valori ben al di sopra delle medie, soprattutto sulle regioni del Centro-Sud. Le isole maggiori soffriranno di più con punte di oltre 40 gradi. Andrà poco meglio alla Pianura Padana e alle grandi città come Roma e Firenze, dove le temperature massime saranno di 37-38 gradi. Si tratta di valori di 6-7 gradi maggiori rispetto alla media delle temperature massime di luglio.

Sardegna, scattano i primi sequestri di sabbia rubata sulle spiagge

A darne notizia nelle scorse ore è stata l’associazione Sardegna rubata e depredata: con l’arrivo dell’estate ha cominciato a ripetersi ancora una volta il fenomeno dei turisti che portano via dall’isola importanti quantità di sabbia e di altri piccoli “reperti” del territorio.

Un quintale di sabbia sequestrato negli aeroporti sardi

Soltanto nell’ultima settimana presso l‘aeroporto Elmas di Cagliari è stato sequestrato un quintale di sabbia e ciottoli trafugati come souvenir da viaggiatori inesperti che di recente hanno fatto visita alle magnifiche spiagge dell’isola. In base a quanto riportato da TgCom24 si tratterebbe in modo particolare di sabbie provenienti dalla spiaggia di Is Arutas e dai litoriali di tutta la costa di Baunei. Per quanto i visitatori potrebbero pensare che si tratti di un’azione innocua, in realtà portare via dalla Sardegna ciottoli, conchiglie e ingenti quantità di sabbia è assolutamente vietato dalla legge. C’è in particolare in vigore un divieto nazionale previsto dal Codice della Navigazione che assegna sanzioni amministrative dai 1.549 euro ai 9.296 euro per chi non rispetta gli ecosistemi marini. Tutto quello che si trova sulle spiagge, infatti, appartiene al Demanio: inoltre, rocce e sabbia sono elementi fondamentali per le spiagge, visto che ne scongiurano la progressiva erosione.

Nel 2022 sottratti oltre 72 chili di sabbia, sassi e conchiglie

Si tratta di uno scenario non certo nuovo per le autorità sarde, che ogni anno (soprattutto in estate) devono avere a che fare con questi furti da parte dei turisti più inesperti. Basti pensare che solo nel 2022 i viaggiatori sono stati in grado di portarsi via oltre 72 chili di sabbia, sassi e conchiglie dalla Sardegna, poi sequestrati nel corso della stagione estiva in porti e aeroporti. Le sanzioni sono state pesantissime: in totale, le autorità hanno emesso multe per circa 56 mila euro. I danni principali in questo senso sono stati fatti sui litorali del Sulcis Iglesiente e dell’Oristanese.

Prigozhin torna sui social e attacca i media di Mosca

Secondo un blog legato a Novaya Gazeta, Yevgeny Prigozhin si sarebbe fatto vivo dopo giorni di silenzio attaccando i media russi che, ultimamente, hanno diffuso le immagini della sua abitazione perquisita, mostrando il lusso in cui viveva. «Leggere i giornali, sentire le storie in tv, mi fa stare molto male, i bastardi della tv, che ieri ammiravano i ragazzi della Wagner, ora stanno versando ogni tipo di veleno…Ricordate che non sono stati i vostri figli a combattere nelle nostre file, non sono stati i vostri figli a morire, ma voi, bastardi, state facendo audience con storie come questa». Il blog fa riferimento a un imprecisato canale della Wagner, tuttavia l’account Telegram ufficiale della compagnia militare privata risulta inattivo.

Prigozhin attacca i media di Mosca: «Bastardi, ricordate che non sono stati i vostri figli a combattere e morire nelle nostre file».
Vladimir Putin (Getty Images).

Il capo della Wagner sarebbe tornato in Russia

Le sorti di Prigozhin si sono intanto arricchite di un nuovo colpo di scena. Il capo del gruppo Wagner, che a giugno ha inscenato una ribellione contro la leadership militare del Cremlino sarebbe infatti tornato in Russia. Lo ha dichiarato Alexander Lukashenko, il quale in precedenza aveva fatto sapere che Prigozhin si trovava in Bielorussia, dove era arrivato dopo la sua opera di mediazione con Vladimir Putin. Il fondatore di Wagner non è ancora apparso in pubblico dalla fine della rivolta.

Prigozhin attacca i media di Mosca: «Bastardi, ricordate che non sono stati i vostri figli a combattere e morire nelle nostre file».
Alexander Lukashenko (Getty Images).

Il Cremlino mostra indifferenza per le sorti di Prigozhin

Da parte sua il Cremlino non sta seguendo gli spostamenti di Prigozhin. E non ha intenzione di farlo, secondo quanto dichiarato dal portavoce presidenziale Dmitry Peskov alla stampa russa. Incertezza non solo sul fondatore, ma anche sui soldati del gruppo Wagner, che non avrebbero ancora cominciato a trasferirsi in Bielorussia. Sembra addirittura che che un folto gruppo di wagneriti abbia lasciato la Repubblica Centrafricana e sia arrivato a Mosca: la notizia, che arriva da fonti straniere, è stata però fermamente smentita dal governo di Bangui.

La ragazza che ha denunciato Leonardo La Russa sarà ascoltata dai pm il 10 luglio

Sarà sentita dai pm lunedì 10 luglio la 22enne che ha denunciato per violenza sessuale Leonardo Apache La Russa, terzogenito del presidente del Senato Ignazio. La ragazza, assistita dall’avvocato Stefano Benvenuto, aveva sporto denuncia in procura a Milano lo scorso 3 luglio, per fatti che risalirebbero al 18 maggio: la giovane ha raccontato di essersi svegliata nuda nel letto del figlio del presidente del Senato, al termine di una serata in discoteca di cui non ricordava niente, tranne aver bevuto due drink.

La ragazza di 22 anni che ha denunciato per stupro Leonardo Apache La Russa sarà ascoltata lunedì 10 luglio dai pm.
Leonardo Apache La Russa.

Dai controlli effettuati alla clinica Mangiagalli sarebbe emersa presenza di benzodiazepine nel sangue

Da controlli effettuati il giorno successivo alla clinica Mangiagalli, secondo indiscrezioni, sarebbe emersa presenza di benzodiazepine, che potrebbe essere legata all’assunzione volontaria di un ansiolitico, ammessa dalla 22enne. La giovane ha raccontato di non ricordare niente di quanto accaduto, come capita però alle vittime accertate della “droga dello stupro”. Oltre alle benzodiazepine, la ragazza ha detto di aver assunto anche cocaina prima della serata. I pm di Milano indagano intanto su quanto accaduto. L’attività di indagine si associa ad altre, come i riscontri sulle telecamere, l’audizione dell’amica che ha trascorso insieme alla 22enne la serata in discoteca, di persone che potrebbero aver notate le condizioni della giovane e dell’amico di Leonardo che sarebbe stato indicato, in modo sommario, nella denuncia e che non risulta indagato. Il telefono del ragazzo e quello della presunta vittima sono nelle mani degli investigatori, a caccia di qualche elemento utile per ricostruire quanto accaduto quella notte.

La ragazza di 22 anni che ha denunciato per stupro Leonardo Apache La Russa sarà ascoltata lunedì 10 luglio dai pm.
Ignazio La Russa (Imagoeconomica).

Il polverone scatenato dalle dichiarazioni di Ignazio La Russa, che ha difeso il figlio

Il 7 luglio intanto hanno sollevato un polverone le dichiarazioni di Ignazio La Russa, il quale ha dichiarato di essere certo che il figlio Leonardo «non abbia compiuto alcun atto penalmente rilevante», dopo «averlo a lungo interrogato». Il presidente del Senato, che nella sua abitazione quel giorno ha incrociato la ragazza, ha poi aggiunto che «lascia molti interrogativi una denuncia presentata dopo 40 giorni», facendo notare come la ragazza «per sua stessa ammissione aveva consumato cocaina» prima di incontrare il 19enne Leonardo. Le dichiarazioni di La Russa sono state stigmatizzate da buona parte dell’opposizione: «Disgustoso colpevolizzare una donna che denuncia una violenza», ha dichiarato la segretaria dem Elly Schlein.

Biden rompe gli indugi: dagli Usa bombe a grappolo per l’esercito ucraino

Gli Stati Uniti rompono gli indugi e autorizzano l’invio delle controverse munizioni a grappolo all’Ucraina ignorando l’imbarazzo di alleati come Germania e Francia, così come gli appelli degli attivisti per i diritti civili e le minacce della Russia. La decisione, legata a un nuovo pacchetto di aiuti da 800 milioni di dollari, è motivata dalla carenza di munizioni tradizionali occidentali e dai timori sul ritmo della controffensiva ucraina, che procede più lentamente del previsto. «È stata una decisione molto difficile. Ne ho parlato con i nostri alleati e ne ho discusso al Campidoglio. Gli ucraini stanno esaurendo le munizioni. E questa è una guerra che ruota attorno alle munizioni», ha dichiarato Joe Biden.

Zelensky: «Un tempestivo, ampio e necessario pacchetto di aiuti. Siamo grati al popolo americano e al presidente Biden»

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha ringraziato gli Usa per la nuova fornitura di aiuti militari (la 42esima), di cui fanno parte le munizioni a grappolo. «Un tempestivo, ampio e necessario pacchetto di aiuti alla difesa dagli Stati Uniti. Siamo grati al popolo americano e al presidente Joe Biden per i passi decisivi che avvicinano l’Ucraina alla vittoria sul nemico e la democrazia alla vittoria sulla dittatura», ha scritto su Twitter. «L’aumento delle capacità di difesa dell’Ucraina fornirà nuovi strumenti per liberare la nostra terra e per rendere la pace più vicina». Nel pacchetto sono inclusi anche veicoli corazzati Bradley e Stryker e una serie di munizioni, come proiettili per obici e il High Mobility Artillery Rocket System, sistema missilistico di artiglieria ad alta mobilità.

Guerra in Ucraina, dagli Usa bombe a grappolo per l’esercito di Kyiv. Zelensky ringrazia: «Pace più vicina».
Bambini ucraini giocano attorno all’involucro di una bomba a grappolo (Getty Images).

Le bombe a grappolo sono vietate dalla convenzione di Oslo, che però Usa, Ucraina e Russia non hanno firmato

Le bombe a grappolo sono ordigni, in genere sganciati da velivoli o elicotteri e talvolta con artiglierie, razzi e missili guidati, contenenti un certo numero di submunizioni: quando esplodono in aria, rilasciano queste piccole munizioni, che vengono disperse a distanza. Sebbene siano progettate per scoppiare a contatto con il suolo, una parte delle “bomblets” resta inesploso, con il rischio di provocare mutilazioni o uccidere anche dopo anni e soprattutto tra i bambini, che spesso le scambiano per dei giocattoli.

Guerra in Ucraina, dagli Usa bombe a grappolo per l’esercito di Kyiv. Zelensky ringrazia: «Pace più vicina».
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (Getty Images).

Nel 2008 a Oslo è stata firmata una convenzione per mettere al bando qualsiasi produzione e uso di munizioni a grappolo, sottoscritta da 123 Paesi ma non da Stati Uniti, Russia e Ucraina. «Sarebbe una pericolosa escalation», aveva tuonato l’ambasciatore russo all’Onu Vasily Nebenzya, parlando della possibilità di bombe a grappolo in dotazione all’esercito di Kyiv, “dimenticando” che quello di Mosca le utilizza già dall’inizio del conflitto.

Dichiarazione dei redditi, entro quando si può inviare la documentazione richiesta in seguito ai controlli

Nel momento in cui l’Agenzia delle entrate chiede ai contribuenti la documentazione necessaria a fornire chiarimenti su controlli effettuati sulla dichiarazione dei redditi, questi hanno 30 giorni di tempo per fornirli. Questa è la prassi, anche se per i controlli effettuati nel mese di giugno 2023 e riferiti al periodo d’imposta 2020 sono state previste delle proroghe a causa dei molti impegni finanziari già in programma. Entrando più nello specifico, i cittadini potranno fornire la documentazione richiesta anche dopo la pausa estiva, con il nuovo termine che viene fissato al 15 settembre.

Il nuovo termine per la documentazione richiesta in seguito ai controlli sulla dichiarazione dei redditi

Ad avviare una conversazione con l’Agenzia delle entrate per ottenere una proroga è stato il presidente del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili (Cndcec), Elbano De Nuccio che, nell’informativa numero 92 del 2023, precisa l’intero sviluppo della situazione. In questa si legge: «Cadendo il termine di 30 giorni in un periodo già critico per gli studi professionali per i numerosi adempimenti in scadenza nel mese di luglio, mi sono immediatamente attivato, insieme al tesoriere delegato all’area fiscalità Salvatore Regalbuto, con i vertici istituzionali del ministero dell’Economia e delle Finanze e dell’Agenzia delle entrate al fine di sensibilizzarli sul punto e valutare la possibilità di uno slittamento del predetto termine a dopo la pausa estiva».

La decisione dell’Agenzia delle entrate

In virtù del periodo fitto di impegni per contribuenti e addetti ai lavori, l’Agenzia delle entrate ha deciso di concedere la proroga per l’invio della documentazione oltre i 30 giorni. Tale pratica, quindi, «potrà avvenire, senza conseguenze, anche nei primi 15 giorni di settembre», si legge sempre nell’informativa. Più tempo, dunque, per i contribuenti per poter presentare i modelli richiesti e, allo stesso tempo, anche per i professionisti che in questa delicata fase fiscale dell’anno devono prestare già attenzione a molte scadenze.

Blanco, la trap e l’incomunicabilità tra generazioni

Blanco tiene il suo primo concerto allo stadio Olimpico di Roma, diventando coi suoi 20 anni l’artista più giovane a aver mai calcato quel palco. A leggere i commenti sui social, a parte quelli entusiasti dei tanti e tante ragazzini e ragazzine accorsi per ascoltare il proprio beniamino, sembrerebbe che i genitori che li accompagnavano, a loro volta tanti, seppur lo stadio fosse lontano dall’essere pieno, non abbiano letteralmente capito una parola di quelle cantate dall’artista bresciano. E non certo per una questione geografica, Blanco, come buona parte dei suoi coetanei e più in generale dei cantanti della nuova generazione, tende a usare uno slang di difficile comprensione, e a mangiarsi buona parte delle sillabe, si pensi a Madame, per dire, ma anche a uno qualsiasi dei trapper.

Blanco, la trap e l'incomunicabilità tra generazioni
Blanco all’Olimpico (dal suo profilo Instagram).

Tra Zeta, Alpha e nativi digitali è ormai il caos generazionale

La prima volta che molto probabilmente avete sentito parlare di Generazione X è stata con la pubblicazione del primo romanzo di Douglas Coupland, uscito nel 1991. In realtà il termine esisteva già, ma è in quel preciso momento, con questo libro, che si comincia a parlare di Generazione X per i nati tra il 1965 e il 1980. Generazione precedente alla generazione dei cosiddetti Baby Boomer, i boomer ormai divenuti popolarissimi grazie ai vari meme che costellano i social, nati a cavallo della Seconda Guerra mondiale e che del boom economico erano stati artefici o comunque avevano beneficiato. Le generazioni, così ci avevano spiegato a scuola, si alternavano ogni 25 anni circa, in sostanza il lasso di tempo nel quale una persona divenuta adulta potesse diventare genitore, ma non avevano nomi esotici, a parte forse la Lost Generation che Hemingway ha raccontato in Festa mobile. Come a voler dare un senso al sottotitolo del romanzo di Coupland, “racconti per una cultura accelerata”, da quel momento i tempi tra una generazione e l’altra hanno cominciato ad assottigliarsi, al punto che oggi si parla di generazioni anche a distanza di cinque, sei anni. Dopo la Generazione X, infatti, c’è stata la Y, meglio nota come quella dei Millennials, coloro che in pratica sono diventati maggiorenni intorno al 2000, per poi dare spazio alla Generazione Z, o Centennials, cioè i nati tra la fine dei 90 e gli Anni 10 del nuovo millennio, seguita dalla Generazione Alpha che ha negli attuali 12enni i rappresentanti più ‘anziani’. Metteteci poi i nativi digitali e davvero il quadro d’insieme si fa sempre più confuso, sia per chi di queste categorie fa parte, ma tanto più di chi ne è semplice spettatore. Non dovrebbe del resto sorprenderci che oggi, nell’era di TikTok e dei social, ci sia una categoria di bambini che viene già indicata come una precisa generazione. Non a caso sono loro il target più vezzeggiato dall’industria dell’intrattenimento. Pensate al cinema, tra Pixar, Marvel e Me contro te. E non è un un caso che il video con più views della storia, oltre nove miliardi e mezzo e in continua crescita, sia quella Baby Shark che un tempo avrebbe potuto ambire al massimo a vedersela con Le tagliatelle di Nonna Pina e Il coccodrillo come fa.

Blanco, la trap e l'incomunicabilità tra generazioni
La cosiddetta Generazione Alpha (Getty Images).

I 15 minuti di notorietà di Warhol si sono ristretti a 15 secondi

Nel 1968, quando internet non era ancora stata inventata né predetta dagli scrittori di fantascienza e quando a dirla tutta ancora l’uomo non era neanche andato sulla Luna, sempre in tema di fantascienza, Andy Warhol ebbe a dire la famosa massima su un futuro prossimo nel quale chiunque avrebbe potuto ambire a 15 minuti di notorietà. Ignorava, l’artefice più pop della popart, che quei 15 minuti sarebbero stati decisamente troppi rispetto ai canoni iperaccelerati che TikTok, oltre 50 anni dopo, avrebbe imposto: 15 secondi e via, chi c’è c’è. Tutto a portata di giovanissimi, la Generazione Alpha di cui sopra, al limite la Generazione Z, sempre che non siano già troppo vecchi. Una sorta di strapotere infantile, a discapito dei numeri che vogliono, almeno in Italia, le generazioni più anziane assai più popolate di quelle degli adulti di domani, e anche a discapito di una inesistente capacità economica di chi, evidentemente, non lavora, quindi non guadagna. In questa iperaccelerazione che ha letteralmente reso la realtà evaporata, frammentaria –  altro che Bauman – la soglia di attenzione è ridotta sempre più all’osso e la capacità e anche voglia di approfondire sono ai minimi termini. La tendenza è guardare a se stessi e al proprio gruppo/generazione di appartenenza in maniera assolutistica, come se il nostro mondo fosse il mondo e basta, finendo per non riuscire più neanche a concepire un confronto col passato, quindi con chi c’è stato e ancora c’è da più tempo di noi. Si accusano le altre generazioni di non comprendere, in questo sì potremmo ravvisare una trasversalità comune, si addossano a chi è venuto prima le colpe di un presunto disagio presente o futuro, si tende a liquidare ogni critica come una calcificata impossibilità di mettersi nei panni degli altri.

Blanco, la trap e l'incomunicabilità tra generazioni
Blanco a Firenze (dal suo profilo Instagram).

La trasformazione della lingua e l’appiattimento sul parlato

Lasciamo momentaneamente da parte le generazioni, e parliamo di linguaggio. Nel Dopoguerra, di pari passo con l’invenzione dei giovani (leggetevi l’omonimo libro di Jon Savage, a proposito, L’invenzione dei giovani, edito da Feltrinelli) come categoria di riferimento del marketing, coi loro desideri e quindi le loro necessità che sarebbero presto diventati prodotti per il mercato, in Italia è iniziata una operazione di diffusione di massa dell’italiano come lingua comune, questo anche grazie alla televisione, ricordiamo il programma del maestro Manzi, Non è mai troppo tardi, andato in onda dal 1060 e il 1968. Fino a quel momento l’italiano era lingua per pochi eletti, della borghesia, e quella delle istituzioni. La gente comune ne parlava una versione geograficamente connotata, dialettale. Con la televisione la lingua si è diffusa e ha attecchito. Questo ha fatto sì che, col tempo, la lingua formale abbia cominciato a cambiare, divenendo sempre più simile a quella parlata. L’influenza della lingua dei media ha reso lo scritto sempre più simile all’orale. Tutti abbiamo iniziato a parlare una lingua nuova, e così quella lingua nuova è finita dentro i libri, dentro le canzoni, ovunque. Chiaramente coi social media questa accelerazione ha avuto un’impennata, lasciando che la lingua dei nostri padri, ottocentesca, finisse per uscire definitivamente di scena. Prendiamo ora la musica. E nello specifico la forma canzone. Mai come oggi le liriche delle canzoni attingono dal parlato, un parlato in un codice slang, come del resto succede un po’ in ogni contesto, almeno in ogni contesto che non sia quello statico dei verbali stradali o delle circolari ministeriali. Un tempo si leggevano libri scritti anche nell’Ottocento e li si leggeva così come erano stati scritti, non certo tradotti in un linguaggio più contemporaneo. Erano comprensibili a tutti. A scuola, nei temi, si usava una lingua piana, che non era certo la medesima che si usava oralmente. Di conseguenza esisteva un linguaggio per ogni situazione. Oggi si tende a spalmare su tutto, e quindi a omologare, una lingua unica, che diventa la medesima che si usa sui social, nei temi in classe, negli articoli come nelle canzoni. Una lingua fortemente orientata verso il parlato, quasi uno slang che, ovviamente, è incomprensibile a chi non fa parte della cerchia che quello slang ha creato. Capita così di ascoltare tracce trap di cui non si comprende una singola parola. E non si parla di Thasup che si è inventato letteralmente una lingua propria, sia chiaro.

Ogni epoca ha la controcultura che si merita. E oggi abbiamo Blanco in mutande Calvin Klein

Cercare di essere compresi da chi non parla la stessa lingua non è evidentemente una necessità di chi adotta questa forma. La quasi totalità dei cantanti trap cercano di comunicare ai coscritti, tagliando fuori tutti gli altri. Forse è solo un modo diverso di ammazzare i padri, quella forma di contestazione che proprio nel 1968, quando Andy Warhol parlava di un futuro anche troppo ottimistico, il maestro Manzi riteneva ormai concluso il suo lavoro di alfabetizzazione della nazione e la rivolta giovanile trovava la sua prima incarnazione nelle barricate parigine. Ogni epoca ha la controcultura che si merita, si potrebbe chiosare. Oggi abbiamo Blanco in mutande Calvin Klein che si mangia le sillabe prendendo a calci le rose (del pane, al momento, nessuna notizia). Prossima tappa a San Siro il 20 luglio, gli adulti portino il traduttore simultaneo.

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L’ascesa di Zhang Yong, l’uomo che con gli hot pot ha conquistato il mondo

Da saldatore in una fabbrica di trattori a paperone della ristorazione. Zhang Yong, il più ricco ristoratore cinese, è fondatore e amministratore delegato di Haidilao International Holding Ltd, meglio nota come Haidilao, una catena di ristoranti hot pot che lo ha fatto entrare nel club dei miliardari. E pensare che Zhang – patrimonio stimato: oltre 27 miliardi di dollari – non aveva mai mangiato in un vero ristorante fino all’età di 19 anni. Tre decenni dopo aver abbandonato la scuola superiore (secondo altre fonti avrebbe terminato gli studi liceali), aver interrotto la sua precedente attività manuale ed essersi lanciato nel mondo della ristorazione, per altro senza alcuna capacità pregressa, eccolo sulla copertina delle riviste economiche e in vetta alle classifiche del business. Nel 2019, Forbes Asia lo ha inserito in cima alla lista dei 50 paperoni più ricchi di Singapore. Merito di Haidilao, l’invenzione di Zhang, presto diventata la più grande catena di hot pot in Cina, che conta oggi circa 1.300 ristoranti al di là della Muraglia e un centinaio di altri negozi nel resto del mondo, tra cui Regno Unito, Stati Uniti, Singapore ed Emirati Arabi. Le stime parlano di 60 mila dipendenti complessivi, un giro d’affari annuale di quasi 1,5 miliardi di euro e un attivo di 2,5 miliardi.

Hot pot piccante, tipico della provincia cinese del Sichuan

Ai clienti di Haidilao viene servito un brodo bollente che viene utilizzato per cucinare varie carni, pesce, tofu, verdure e noodles. È questo, in sostanza, l’hot pot, un piatto semplice che, nella sua versione piccante, è tipico della provincia cinese del Sichuan, patria di Zhang. L’imprenditore, nato in Cina ma adesso cittadino di Singapore, ricorda quasi con tenerezza la sua prima cena in un ristorante; un vero ristorante, e non la mensa aziendale proletaria della rugginosa fabbrica di macchine agricole per la quale prestava servizio per appena 14 dollari al mese. Fu un’esperienza unica che il giovane non avrebbe mai dimenticato, anche se il personale di quel locale di campagna era scortese e lo spezzatino servito per niente invitante.

Il litigio con gli ex datori di lavoro per un appartamento

In ogni caso, Zhang rimase in fabbrica per sei anni. Nel 1994 litigò con i datori di lavoro dopo che gli era stato negato un appartamento aziendale per sé e la sua allora fidanzata. A quel punto, in seguito a un paio di tentativi imprenditoriali falliti, e privo di qualsiasi esperienza nella ristorazione, aprì il suo primo ristorante, assieme a due amici e a quella che sarebbe diventata sua moglie. Si trattava di un negozio minimale. con appena quattro tavoli. «Ero senza un soldo, quindi gli altri sono stati i veri investitori del progetto. Anche se non ho contribuito molto in termini di denaro, ho assunto la posizione di direttore generale promettendo che i nostri beni sarebbero cresciuti. Ho giurato che se non ce l’avessi fatta li avrei risarciti tutti», ha spiegato Zhang in un’intervista del 2011 al quotidiano cinese The Economic Observer.

L'ascesa di Zhang Yong, l'uomo che con gli hot pot ha conquistato il mondo
Un ristorante Haidilao.

Umiltà al comando: al centro di tutto c’è il cliente

«All’inizio avevamo solo un punto vendita a Jianyang. Sebbene fosse solo un piccolo punto vendita, siamo riusciti a escludere dal mercato i ristoranti hotpot circostanti», ha raccontato Zhang, che nel giro di qualche mese si ritrovò a gestire il più grande ristorante di hot pot della città. «Il nostro ristorante aveva l’arredamento migliore e aveva persino l’aria condizionata», ha sottolineato il fondatore. E questo è un aspetto fondamentale che aiuta a capire da dove derivi il successo di Hidailao: l’attenzione verso i clienti. Non solo per il cibo offerto, ma anche per altri dettagli, come la fornitura gratuita di manicure, lucidatura delle scarpe e poltrone massaggianti per le persone in attesa di un tavolo. Si tratta, in sostanza, della stessa attenzione che il giovanissimo Zhang non era riuscito a trovare quando mangiò per la prima volta in un ristorante. Detto altrimenti, i negozi Haidilao sono plasmati dalla visione del fondatore, desideroso di offrire ai visitatori un’esperienza di ristorazione invitante e memorabile.

L'ascesa di Zhang Yong, l'uomo che con gli hot pot ha conquistato il mondo
Il tipico hot pot.

Ai dirigenti dei negozi concessi benefit extra

Nel 1998 ha aperto il suo secondo punto vendita. Poi un altro. E un altro ancora, fino a creare la catena odierna. Il fondatore del gruppo conosce le sfide che devono affrontare i migranti cinesi nelle grande città. Per questo fornisce ai dirigenti dei negozi – le figure più impegnate nel lavoro – un sussidio mensile extra per la cura dei loro genitori, e ha creato pure un fondo di emergenza per quando le famiglie dei dipendenti affrontano difficoltà a causa di eventuali disastri naturali. Non è finita qui, perché Haidilao mette a disposizione dello staff appartamenti, e cioè lo stesso benefit che il giovane Zhang non era riuscito a ottenere dai suoi vecchi datori di lavoro. «Vengo dalla campagna, dove le persone credono che se prendi soldi da altre persone e non porti loro benefici, allora sei un bugiardo», ha dichiarato al Wall Street Journal nel 2013.

Raccolto un miliardo di dollari per espandersi nel mondo

Nel 2018, la società ha lanciato un’Ipo (offerta pubblica iniziale) con la quale ha raccolto quasi un miliardo di dollari, usato per espandere ulteriormente la presenza a livello internazionale. La missione è riuscita, anche se Zhang, che divide il suo tempo tra la Cina e Singapore – dove vivono moglie e figlio – e controlla con Miss Shu il 58 per cento di Haidilao, è stato costretto a rallentare la sua corsa a causa della pandemia. L’ambizione, però, è rimasta sempre la stessa. «McDonald’s, Coca-Cola e Starbucks sono tutti un riflesso della cultura americana. Mentre l’economia cinese cresce e il mondo inizia a concentrarsi maggiormente sulla Cina, credo che ci sia una possibilità anche per i ristoranti cinesi», ha commentato Zhang. Pronto a far conoscere gli hot pot del Sichuan a ogni latitudine.

Meloni rispolvera l’attacco alla magistratura, ma almeno Berlusconi ci metteva la faccia

Non c’è niente di più stancante della prevedibilità. Quando la prevedibilità riguarda poi la traiettoria di un governo il disagio è un cerchio che si aggiunge e ingrassa il tronco. Sono bastati pochi mesi a quello Meloni per inabissarsi nel cono difensivo dei governi precedenti: l’attacco alla magistratura.

Il governo Meloni è la prevedibile copia di Berlusconi ma almeno il Cav ci metteva la faccia

Con una punta di invidia si torna ai fasti di Silvio Berlusconi che erse la magistratura a nemico pubblico da sventolare e con i magistrati orchi alla bisogna. Silvio, va riconosciuto, aveva più simpatica sfrontatezza: ci metteva la faccia, recitava la parte con appassionato entusiasmo, ci metteva il corpo senza riuscire a nascondere il divertimento. La prevedibile copia del governo Meloni invece si riconosce per l’infantile tatticismo. Rilascia una nota da “fonti di Palazzo Chigi”. In pratica diventa retroscenista di sé stesso offrendo alla stampa e all’opinione pubblica un boccone che non ha padroni. «Palazzo Chigi contro la magistratura», sono costretti a scrivere i quotidiani, e ognuno si immagina l’edificio di piazza Colonna sbattere le imposte e pestare le porte. Un’accusa senza una firma ha il retrogusto del venticello leggero della calunnia. Se avesse proposto un pezzo del genere un qualsiasi giornalista avrebbe dovuto fare i conti con il suo caporedattore mentre gli appoggiava la mano sulla spalla e gli diceva che no, dai no, non può essere davvero una notizia.

La destra usa tutti i trucchi: gridare all’assedio, cavalcare l’indignazione, tutto pur di non parlare di politica

Invece eccoci qua. A luglio del 2023 il governo Meloni imbocca ufficialmente il sentiero dello scontro con la magistratura come panacea di tutti i mali, di tutti i rischi, di tutte le insofferenze e di tutte le difficoltà. In fondo “l’eredità politica di Silvio Berlusconi” consiste anche in un semplice manuale di trucchi da animatore politico. Li ritroviamo tutti: opporsi all’opposizione mentre si è al governo per lasciare intendere che si sia sotto attacco, cavalcare l’indignazione su questione impolitiche per non dover parlare di politica, rispondere alle domande rivendicando l’umanesimo dei propri errori (perfetta la ministra Santanchè, in questo), sindrome dell’assedio e immediato contrattacco quando c’è di mezzo la magistratura. E le premesse e le promesse? Non c’è problema. La forza delle narrazioni sta anche nel loro sciogliersi in fretta. Le narrazioni sono lavabili, possono essere capovolte, amano essere contraddette. Sembra un’altra era quando Giorgia Meloni si presentava agli italiani promettendo un nuovo patto sociale in cui avremmo conosciuto «una nuova destra». La presidente del Consiglio aveva promesso l’ascolto di ogni protesta e poco dopo si è inventata il reato di manifestazione ambientalista con vernice lavabile. «Sarò la presidente di tutti gli italiani», disse nel suo discorso in parlamento. Anche questa è una frase diventata un genere letterario.

Quella di Giorgia Meloni sembrava una storia ben scritta e invece si è rivelata vecchia

La “storia” di Giorgia Meloni sembrava ben scritta, con gli ingredienti giusti per funzionare. C’era l’infanzia di borgata riscattata dall’impegno, c’era la militanza di partito nell’epoca dei parvenu, c’era l’autonomia, soprattutto. «A differenza di altri io non sono ricattabile», disse Giorgia Meloni presentandosi agli italiani nelle vesti di presidente del Consiglio. La frecciata, manco a dirlo, era rivolta a quel Silvio Berlusconi che inutilmente aveva provato a tarparle le ali. Al di là delle inclinazioni politiche di ognuno ascoltandola si è pensato che almeno avremmo visto una storia nuova. «Peggio di una storia brutta c’è solo una storia vecchia», mi disse un ex direttore molto in vista qualche anno fa. Aggiunse che gli elementi che funzionano sono la crescita esponenziale, una difficoltà imprevista, il superamento della crisi e poi il riscatto. Quanto sia imprevisto che la magistratura indaghi (anche) sulla classe dirigente del Paese ognuno lo può giudicare per proprio conto. Quanto sia prevedibile che una destra sovranista indichi la magistratura come un “deep State” contro lo Stato lo dice la storia recente. Una storia così vecchia che potremmo scrivere già il plot delle prossime puntate: scontro, polarizzazione, caduta, beatificazione. In attesa del prossimo che si professerà finalmente non ricattabile, applausi scroscianti e via, di nuovo.

La nuova Topolino, il rapporto con mio padre e i funerali: il racconto della settimana

A Torino questa settimana sono state presentate le due sorelle della 500: quella maggiore, la 600, e quella minore, la Topolino. «Si tratta di due nomi iconici, che rappresentano grande parte della nostra eredità, un’eredità proiettata verso il futuro non solo dell’auto ma della mobilità», ha detto John Elkann all’evento tenutosi al Lingotto. La Seicento fu prodotta intorno alla metà degli Anni 50 per motorizzare l’Italia del miracolo economico, mentre la Topolino fu disegnata addirittura nel 1934 dall’ingegner Dante Giacosa quando Mussolini chiese al senatore Giovanni Agnelli di creare un’automobile economica che non superasse il prezzo di 5.000 lire, sulla falsa riga di quello che accadde negli stessi anni in Germania con Hitler e la Volkswagen Maggiolino. Quando mio padre arrivò in Italia dalla Bulgaria nei primi anni del Dopoguerra ricevette in regalo dalla sua famiglia adottiva proprio una Topolino (che fu successivamente sostituita da una Lancia Flaminia), di cui il vecchio mi parlava sempre. E forse è questo il motivo per cui un paio d’estati fa decisi di portarmi in Grecia da leggere La polvere del mondo, romanzo uscito nel 1963 di Nicolas Bouvier, nel quale lo scrittore e fotografo ginevrino racconta la storia di un viaggio, intrapreso una decina di anni prima, a bordo di una Topolino mezza scassata, in compagnia dell’amico pittore Thierry Vernet. Un reportage straordinario, che si legge come un libro scritto da Kerouac, in cui i racconti dei due giovani tra Belgrado, Istanbul, Tabriz, Teheran, Quetta e Kabul, balzano fuori dalla pagina come accade nei migliori romanzi d’avventura.

La nuova Topolino, il rapporto con mio padre e i funerali: il racconto della settimana 3
La polvere del mondo di Nicolas Bouvier.

Volente o nolente mio padre mi ha sempre condizionato, anche inconsapevolmente, e credo sia per causa sua, tra le altre cose, che mi sono messo a scrivere, amo leggere e sono un maniaco dell’abbigliamento ossessionato dai posti di lusso. Come spesso mi rimprovera qualcuno. Da quando ho memoria per ricordare, la scrittura viene dal dolore, dalla confusione, dallo stress. Avrei mai iniziato a scrivere senza l’influenza di mio padre? No, sicuramente non lo avrei mai fatto. Lo odiavo, questo è certo e anche oggi credo che parte delle mie nevrosi derivino dal rapporto irrisolto che avevo con lui, oltre che da un’autentica ossessione che ho nei confronti di me stesso. Ogni tanto la gente mi chiede: «Ma è vero che una volta ti sei schiantato in Costa Azzurra a bordo di una Ferrari, seduto sul sedile del passeggero ed eri completamente nudo?». A parte che non ho mai scritto niente del genere, non rispondo mai a queste domande. Come allo stesso tempo sorrido quando sento qualcuno che dice: «Ma quello stemma nobiliare sarà vero? E perché se è così ricco fa il cameriere?». Che poi non ho mai scritto da nessuna parte di essere ricco e al massimo per vivere faccio il barman, non il cameriere, e preparo i migliori Martini in città. Ma cosa vuoi sottilizzare, le persone credono sempre quello che vogliono credere. Amen.

Mica è colpa mia se la mia è una favola scritta alla rovescia, senza lieto fine. Parlo semplicemente di quello che conosco. E ciò non riguarda solo il narcisismo di Andrea Frateff-Gianni, il mio lavoro è paragonabile a un’elegia. È una descrizione dell’angoscia inflitta da un padre indifferente, una testimonianza del dolore dell’amore perduto e un resoconto della frustrazione di un ragazzo che ormai è diventato grande e con questa cosa ci deve fare i conti

Piacerebbe anche a me raccontare la favola dell’ascesa sociale, della scalata, come fanno i rapper. La storia del “vengo dalla strada, non ero nessuno e ora ce l’ho fatta”. Mica è colpa mia se la mia è una favola scritta alla rovescia, senza lieto fine. Parlo semplicemente di quello che conosco. E ciò non riguarda solo il narcisismo di Andrea Frateff-Gianni, il mio lavoro è paragonabile a un’elegia. È una descrizione dell’angoscia inflitta da un padre indifferente, una testimonianza del dolore dell’amore perduto e un resoconto della frustrazione di un ragazzo che ormai è diventato grande e con questa cosa ci deve fare i conti. Oltre a essere, soprattutto, un esorcismo continuo, attraverso i racconti della vita di un alter ego estremo, come del resto la letteratura è piena. Perfino Philip Roth, tanto per citare il più bravo di tutti, ha creato versioni fittizie di se stesso in Zuckerman scatenato e ancora, con un personaggio di nome Philip Roth, in Operazione Shylock. Le star dell’hip-hop lo fanno sempre, presentandosi come più grandi di quello che sono e anche in televisione, il gioco della fama fine a se stessa – una specie di quarto d’ora di celebrità di Andy Warhol dilatato però all’infinito –  era già da parecchio tempo diventata una pratica comune, ancor prima che tutti iniziassimo a trasformare le nostre vite in reality show attraverso i social network. Tornando a mio padre, quando morì, improvvisamente circa un anno e mezzo fa, lasciò dietro di sé un patrimonio ingarbugliato di debiti e altri problemi che pressappoco non valeva un centesimo. Per molto tempo non ci siamo nemmeno parlati ma gli ultimi anni della sua vita gli sono stato parecchio vicino, come se volessi regalarmi una specie di riconciliazione con lui. In fondo credevo di meritarmela.

«Sei una superstar, ormai», mi aveva detto Giulio l’ultima volta che lo avevo visto, prima che iniziasse a stare male, un pomeriggio incontrato per caso in mezzo alla strada in via Morgagni, «devi essere orgoglioso di te stesso». Una frase che mi è rimasta impressa e che mai mio padre, né nessuno della mia famiglia, forse, ha mai nemmeno pensato

Questi pensieri mi girano per la malata scatola cranica anche adesso, seduto in seconda fila, nella Chiesa del Santissimo Redentore in via Palestrina a Milano, al funerale del padre del drugo Fede. Seduto in sesta fila nella navata sinistra, con a fianco Ale Cash, indosso un abito blu di lino e una camicia oxford button down a righe bianche azzurre. Trovo i funerali una cosa straziante però ammetto che su di me, che per motivi familiari ne ho visti tanti, hanno da sempre esercitato un certo fascino come se gli riconoscessi una sorta di sacralità. Oltre ad avere una funzione terribilmente pratica: in una città in cui le riunioni e gli amici e gli appuntamenti sfuggono continuamente, ed è tutto un rimandare e un perdersi, i funerali sono spesso l’unico luogo per ritrovarsi. Non fa eccezione il funerale dell’avvocato Giulio P., che in vita è stato un grand’uomo, di quelli che in giro non capita di vedere tanto spesso. Nella navata sinistra ci sono i famigliari: di fianco alla moglie Silvana si stringono i figli Fede e Alex con la nipote, la piccola Lea. Intorno un po’ di amici, gente che non vedevo da un secolo, altri che non conosco. La cerimonia è sobria, retta da un giovane don molto smart, che ricorda Giulio in maniera affettuosa e garbata. «Era un grande», dico sottovoce ad Ale Cash, e per qualche istante pare impossibile non commuoversi.

La nuova Topolino, il rapporto con mio padre e i funerali: il racconto della settimana
Con il drugo fede a Ios, Grecia 1998 (la foto è di Dario Flores d’Arcais).

Per un lungo periodo da ragazzi con il drugo Fede siamo stati inseparabili, ci chiamavano Boldi & De Sica dal tempo che passavamo assieme. A Milano ai tempi del liceo insieme 24h, ci separavamo solo per dormire. D’estate in giro per l’Europa: ad Amsterdam, in Grecia, a Cadaqués, Barcellona, in Costa Azzurra o a casa dei suoi a Sestri Levante. In inverno da lui a Bologna, mentre frequentava il Dams, o a qualche rave a Zurigo e robe del genere. Ci pensavo casualmente settimana scorsa, ascoltando un podcast di Radio Raheem, Forgotten Tapes, del giornalista e dj Giorgio Valletta, realizzato con vecchie interviste registrate su cassette che risalgono alla fine degli Anni 80 e inizio dei 90, quanto il drugo Fede mi abbia insegnato anche musicalmente. Valletta intervista gente come Aphex Twin, Damon Albarn, Massive Attack, Chemical Brothers, Radiohead. Tutti nomi di gruppi che all’epoca conobbi grazie al drugo Fede, gente che lui e suo fratello Alex ascoltavano in heavy rotation in casa, in macchina, nel walkman, ovunque. Entrambi per me all’epoca rappresentavano un’avanguardia culturale sotto parecchi punti di vista: musica, cinema, letteratura; se mi guardo indietro mi rendo conto che tra i miei amici sono quelli che negli anni mi hanno influenzato maggiormente. E anche la loro famiglia, negli anni della tardo-adolescenza (come già era successo in precedenza con quella di Dodo e di DFA), per un periodo mi aveva in un certo modo quasi adottato. La storia del piccolo orfanello sbandato in fondo ha sempre commosso tutti. Io li guardavo e tra me e me mi dicevo: «Deve essere bello avere una famiglia così unita», e provavo una sensazione quasi di invidia, come quando in quello stesso periodo osservavo Federica, la fidanzata storica del drugo Fede, e mi ripetevo «la vorrei anch’io una donna così», stanco di relazioni tossiche e maleodoranti come quelle che invece capitavano a me, molti anni prima che arrivasse Ofelia. La frase TU SEI SOLO mi si parava continuamente davanti alla faccia.

«Sei una superstar, ormai», mi aveva detto Giulio, l’ultima volta che lo avevo visto, prima che iniziasse a stare male, un pomeriggio incontrato per caso in mezzo alla strada in via Morgagni, «devi essere orgoglioso di te stesso». Una frase che mi è rimasta impressa e che mai mio padre, né nessuno della mia famiglia, forse, ha mai nemmeno pensato. Poi la cerimonia si conclude, il feretro esce dalla chiesa e quando prima di andarmene mi avvicino per abbracciare Silvana, con gli occhi lucidi, lei mi prende le mani e mi dice: «Andrea, sarebbe stato contento di vederti qui. Gli piacevi molto, ti voleva un gran bene». «Anch’io a lui, Silvana. Anch’io a lui».

Divorzio a Las Vegas stasera su Rai Movie: trama, cast e curiosità

Stasera 8 luglio 2023 andrà in onda il film intitolato Divorzio a Las Vegas alle ore 21.20 sul canale televisivo Rai Movie. Si tratta di una commedia che ha debuttato nelle sale cinematografiche italiane nel 2020. Il regista è Umberto Carteni mentre gli sceneggiatori sono Alessandro Pondi, Paolo Logli, Riccardo Irrera e Mauro Graiani. Nel cast sono presenti diversi attori molto conosciuti in Italia come Giampaolo Morelli, Gian Marco Tognazzi, Andrea Delogu e Ricky Memphis.

Divorzio a Las Vegas è il film che andrà in onda questa sera 8 luglio 2023 su Rai Movie, ecco trama, cast e curiosità.
Gian Marco Tognazzi e Andrea Delogu (Facebook).

Divorzio a Las Vegas, trama e cast del film in onda stasera 8 luglio 2023 su Rai Movie

La trama racconta la storia di Lorenzo (Giampaolo Morelli) e Elena (Andrea Delogu), due studenti di 18 anni agli antipodi: lui è il classico secchione che si dedica soltanto allo studio e alla ricerca di buoni voti, lei è la ragazza bella e inarrivabile, un desiderio per moltissimi studenti. La coppia di studenti si ritrova in America e l’ultimo giorno della loro vacanza decide di assumere LSD per rompere con le loro abitudini e la loro vita monotona. Dopo alcune allucinazioni e momenti di vuoto si recano a Las Vegas, la «città del peccato», per sposarsi, un po’ per gioco e un po’ per sfida.

Tuttavia, dopo l’evento i due si dividono e perdono le loro tracce. Dopo circa 20 anni, sono cresciuti e le loro vite sono totalmente cambiate: Elena è una donna in carriera che lavora come manager e ha un impiego di tutto rispetto, Lorenzo è diventato ghost writer e si occupa di scrivere discorsi politici per gli esponenti di qualsiasi fazione. Non hanno contatti tra loro, ma purtroppo devono ricongiungersi a causa del matrimonio di Elena con Giannandrea Bertolini (Gian Marco Tognazzi), uno degli uomini più facoltosi della nazione. Infatti, Elena e Lorenzo devono divorziare e decidono di tornare in gran segreto a Las Vegas, così da annullare il loro matrimonio. Nel corso del viaggio, i due sperimenteranno nuove emozioni e capiranno, in base ai sentimenti che provano, perché avevano deciso di sposarsi in quella notte di follia di 20 anni prima.

Divorzio a Las Vegas, 4 curiosità sul film

Divorzio a Las Vegas, la durata delle riprese e le location 

Le riprese del film sono durate ben sette settimane. In quest’arco temporale, la troupe si è spostata principalmente tra due location, ovvero Roma e Las Vegas. D’altronde, la città del Nevada è il luogo principale dov’è ambientato il lungometraggio ed è la protagonista silenziosa della trama.

Divorzio a Las Vegas, gli incassi del film in Italia

Il film in Italia non ha avuto una brutta accoglienza. In molti hanno paragonato questa commedia ai classici film sentimentali on the road made in USA. Gli incassi al box office sono stati di 253 mila euro.

Divorzio a Las Vegas, l’attore protagonista è anche scrittore 

L’attore protagonista della commedia sentimentale, Giampaolo Morelli, è anche sceneggiatore e scrittore. Non a caso, anche il personaggio che interpreta lavora come ghost writer. In merito alla scrittura e alle parole, Morelli ha dichiarato: «La scrittura è pensiero. Il pensiero porta ad altro pensiero e quindi forse anche a un cambio di punto di vista. La scrittura è un mezzo per diffondere pensiero e il leggerlo, rispetto al sentirlo solamente a voce, ti fa entrare ancora di più nelle cose».

Divorzio a Las Vegas è il film che andrà in onda questa sera 8 luglio 2023 su Rai Movie, ecco trama, cast e curiosità.
Tre degli attori del cast della pellicola: Tognazzi (dietro), Memphis e Morelli (Facebook).

Divorzio a Las Vegas, le parole del regista della pellicola 

Il regista della pellicola, Umberto Carteni, in un’intervista a Movieplayer.it ha parlato del ruolo dell’amore nel lungometraggio e della sua potenza nelle vite umane: «Penso che quando uno è innamorato è folle, tanto che si arrivano a dire cose come ‘Ti amo talmente tanto che mi butterei di sotto’. È come una febbre, viviamo uno stato di alterazione dei sentimenti. Per cui a volte abbiamo anche un po’ paura di questa nostra follia, di questo grande amore che non riusciamo a contenere. Quindi abbiamo bisogno di intercettare la follia dell’altro: due follie che si intercettano sono due amori che si trovano».

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