Daily Archives: 9 Luglio 2023

Miracolo a Città del Capo stasera su Canale 5: trama, cast e curiosità

Stasera 9 luglio 2023 andrà in onda, alle ore 21.20, il film Miracolo a Città del Capo su Canale 5. Si tratta di una pellicola che appartiene al genere cinematografico drammatico che ha debuttato nei cinema nel 2022. La regista è Franziska Buch mentre la sceneggiatura è stata scritta da Christopher Silber. All’interno del cast ci sono attori come Sonja Gerhardt, Alexander Scheer, Fritz Karl e Loyiso Macdonald. Il lungometraggio sarà disponibile anche in streaming e on demand sulla piattaforma Mediaset Infinity.

Miracolo a Città del Capo, trama e cast del film in onda stasera 9 luglio 2023 su Canale 5

La trama di questa pellicola racconta la storia di una giovane e ambiziosa dottoressa di Francoforte, Lisa Scheel (Sonja Gerhardt), che vuole portare avanti la sua passione nel campo medico ma purtroppo deve scontrarsi contro un ambiente maschilista. Tutti gli sforzi della dottoressa sembrano essere vani e contro la sua condizione si pone anche il padre, il noto chirurgo e professore Kohlfeldt (Fritz Karl). Il sogno della giovane è quello di poter affiancare il padre, ma ogni suo tentativo fallisce ripetutamente. Per questa ragione, dopo aver meditato per diverso tempo sul suo futuro, Lisa decide di trasferirsi in Sudafrica. Una scelta coraggiosa che la porta a inziare la sua nuova vita a Città del Capo, capitale dello stato.

Stasera andrà in onda il film Miracolo a Città del Capo sul canale televisivo Mediaset Canale 5, ecco trama, cast e curiosità.
Una scena tratta dal film (Facebook).

Una volta in città, si reca dal Dottor Christiaan Barnard (Alexander Scheer) e comincia a collaborare con lui. Insieme, i due decidono di fare qualcosa di rivoluzionario, ovvero eseguire il primo trapianto di cuore su un essere umano. Con loro collabora anche Hamilton Naki (Loyiso Macdonald) che, come uomo di colore, deve lavorare segretamente, altrimenti potrebbe addirittura andare in prigione. La squadra lavora con impegno e dedizione e quando arriverà in ospedale il cuore di una giovane donatrice sarà pronta a entrare nella storia dell’umanità.

Miracolo a Città del Capo, 4 curiosità sul film

Miracolo a Città del Capo, la storia ispirata a fatti realmente accaduti

La storia di Miracolo a Città del Capo è ispirata a fatti realmente accaduti. La trama del film si basa principalmente sul primo trapianto di cuore eseguito nella storia, avvenuto nel 1967 proprio a Città del Capo. Il dottor Christiaan Barnard eseguì il trapianto di cuore da una 25enne morta cerebralmente a uno sportivo lituano di 57 anni. Hamilton Naki era il braccio destro del dottore ma il suo contributo venne a lungo nascosto alla stampa. Infatti, a causa delle leggi dell’apartheid, un coinvolgimento di Naki sarebbe stato illegale e l’uomo sarebbe potuto finire in prigione.

Miracolo a Città del Capo, l’esperienza della regista prima di questo progetto

La regista del film Franziska Buch aveva già lavorato ad altri progetti prima di questo. Tuttavia, si può dire che Miracolo a Città del Capo sia la sua prima grande produzione. Infatti, prima di quest’esperienza aveva soltanto diretto film per la televisione o altri progetti con un budget medio/basso.

Miracolo a Città del Capo, l’attrice protagonista presente in una famosa serie tv

L’attrice protagonista di questo film è Sonja Gerhardt. Si tratta di un’attrice che aveva già recitato in film per il cinema e la televisione, ma il suo ruolo più importante lo ha ottenuto per una serie televisiva interpretando il personaggio di Annett Schneider in Deutschland 83 e nei suoi seguiti.

Stasera andrà in onda il film Miracolo a Città del Capo sul canale televisivo Mediaset Canale 5, ecco trama, cast e curiosità.
L’attrice protagonista del film Sonja Gerhardt (Getty Images)

Miracolo a Città del Capo, la reazione del pubblico al film

Il pubblico non ha apprezzato particolarmente questo film al momento del suo debutto. Ciò è dimostrato dal punteggio che la pellicola ha ottenuto sul noto portale Imdb: su 42 recensioni, la media di questo film è di 6,2 stelle su 10.

Puccini e non solo: i cartelloni dei teatri lirici italiani della prossima stagione

Celebrare il centenario della morte di Giacomo Puccini (Bruxelles, 29 novembre 1924) per i teatri lirici italiani è una sinecura. In linea di massima, non occorreva fare nulla di più del solito. Si parla infatti di un compositore che ha avuto (per restare agli ultimi cinque anni, dati del sito specializzato operabase) quattro titoli fra i 10 più rappresentati, e due sul podio, visto che in questa classifica La bohème è seconda e Tosca terza (la Butterfly figura al settimo posto, Turandot al nono). E infatti, se si dà una scorsa alle stagioni 2023-24 delle Fondazioni lirico-sinfoniche si nota che non si discostano di molto dalla consuetudine: Puccini c’è sempre, più o meno in risalto nei cartelloni per i cast, le direzioni, gli allestimenti. Però, quasi sempre con i soliti titoli, quelli che abbiamo appena citato.

Il Regio di Torino presenta il Puccini meno battuto: da La Rondine alla Fanciulla del WestLe villi

L’eccezione più significativa è data dal Regio di Torino, dove giustamente devono avere preso molto sul serio il ruolo di questo teatro come incubatoio della grande affermazione pucciniana (qui nacquero Manon Lescaut, La bohème e in sostanza il mito pucciniano). Al netto dell’inevitabile opera di Mimì, infatti, in un calendario che gioca in largo anticipo (inaugurazione il 21 settembre con la rara La Juive di Halévy, regia del richiestissimo Stefano Poda, “firma” della controversa Aida areniana di quest’estate) troviamo una buona parte del Puccini che nel repertorio non c’è. Cioè quello della lunga traversata dalla Butterfly a Turandot, un ventennio di riflessioni, elaborazioni, tentativi che più di tutti collocano il musicista lucchese nella modernità novecentesca. E dunque, spazio alla singolare incursione pucciniana nei dominî dell’operetta con La Rondine (dal 17 al 26 novembre), firmata per la regia da Pierre-Emmanuel Rousseau: uno spettacolo, è stato annunciato, ambientato nel 1973, «per rendere omaggio al cinquantenario del nuovo Regio e per evocare il fascino degli anni di Yves Saint-Laurent, Brigitte Bardot, Romy Schneider e Alain Delon». Ma spazio anche all’ancora più rara Fanciulla del West, “nata” al Met di New York nel 1910, anche qui con regia d’autore, quella di Valentina Carrasco (22 marzo – 2 aprile); e perfino alla derelitta opera prima, Le villi, che al Regio non era mai più stata rappresentata dopo il 1884.

Puccini e non solo: i cartelloni dei teatri lirici italiani della prossima stagione
La locandina della prima rappresentazione italiana della Rondine.

Solo a Torino in scena il Trittico nella sua struttura originale

Nel calendario torinese (in cui spicca il nome di Riccardo Muti, unica presenza operistica italiana dal 21 febbraio al 3 marzo, sul podio per il verdiano Un ballo in maschera) figura anche il Trittico, composto come si sa dai tre atti unici Il tabarro, Suor Angelica e Gianni Schicchi. Le singole parti sono – ciascuna per conto suo – piuttosto presenti nel repertorio (specialmente l’ultima, unica incursione di Puccini nel comico) in ogni sorta di “accoppiamento” con altri titoli. Tutto insieme, il Trittico è cosa da festival (Salisburgo l’anno scorso, Taormina Arte in questi giorni) e piuttosto raramente da teatro lirico: nella prossima stagione lo si potrà ascoltare e vedere nella struttura originale solo a Torino, con la direzione di Pinchas Steinberg e la regia nuova di Tobias Kratzer (21 giugno – 4 luglio ’24). All’Opera di Roma, procede infatti dalla scorsa stagione un progetto che vede i singoli atti unici separati e accompagnati da altri titoli, e si avrà quindi Gianni Schicchi insieme a L’heure espagnole di Maurice Ravel, “farsa amorosa” in qualche sintonia con la grottesca vicenda dantesca (7-16 febbraio). Singolare poi la scelta del Comunale di Bologna, che inaugurerà la sua stagione con Manon Lescaut (nuovo allestimento di Leo Muscato, sul podio Oksana Lyniv, dal 27 al 31 gennaio) e avendo deciso di proporre anche il Trittico in una nuova produzione di Pier Francesco Maestrini, diretta da Roberto Abbado, lo farà a serate separate, una per ciascun atto unico, dal 3 al 19 luglio ‘24.

Puccini e non solo: i cartelloni dei teatri lirici italiani della prossima stagione
Il Teatro Regio di Torino (Getty Images).

Le proposte pucciniane della Scala: la Rondine firmata da Irina Brook e la Turandot di Livermore

Resta da dire delle proposte pucciniane della Scala. Si tratta di due nuove produzioni piuttosto intriganti: una Rondine affidata a Irina Brook (la figlia del grande Peter Brook) che il direttore musicale Riccardo Chailly ha riservato alla sua bacchetta, e una Turandot che sarà firmata da Davide Livermore e vedrà sul podio il prossimo direttore stabile di Santa Cecilia, Daniel Harding (dal 25 giugno al 15 luglio ’24). Protagonisti vocali Anna Netrebko (soprano che non si dà limiti di repertorio) e il tenore consorte Yusif Eyvazov. Verrà eseguito il tradizionale completamento del finale (come si sa, mancante per la morte del compositore) scritto negli Anni 20 da Franco Alfano. Peccato sia stato abbandonato quello realizzato da Luciano Berio a fine Anni 90, che pure Chailly aveva adottato in una precedente produzione scaligera. Come ha chiarito Virgilio Bernardoni nell’ultima monografia dedicata a Puccini, uscita per il Saggiatore a fine maggio, si tratta di «un’operazione ermeneutica che ci illumina sul senso possibile del teatro di Puccini nel nostro tempo». In altre parole, un capolavoro per il capolavoro.

Puccini e non solo: i cartelloni dei teatri lirici italiani della prossima stagione
La Scala di Milano (Getty Images).

Al Piermarini tra il Rosenkavalier di Strauss e il Cappello di paglia di Firenze di Rota. Oltre al Don Carlo inaugurale

Fuori dal pianeta Puccini, uno sguardo d’insieme alla prossima stagione dei principali teatri operistici italiani conferma tendenze antiche e recenti in cartelloni decisamente ampi e diversificati. Fra questi teatri, per il momento è giocoforza togliere Firenze, non per una scelta di chi scrive ma perché la devastante crisi arrivata a un passo dalla liquidazione della Fondazione fa sì che non ci sia traccia di programmi oltre la metà di luglio. Nell’assai ricco cartellone della Scala – una forza produttiva (cioè economica) di gran lunga ineguagliabile, con una decina di nuove produzioni – faticherete a trovare musica del Novecento. Lo è, paradossalmente, quella di entrambe le opere di Puccini inserite in stagione, poi si trova lo Strauss del Rosenkavalier (1911), che segnerà peraltro il debutto al Piermarini di Kirill Petrenko, il direttore stabile dei Berliner (12-29 ottobre ’24). E, quasi come un divertissement, il grazioso Cappello di paglia di Firenze che Nino Rota compose nel 1945 e portò in scena solo un decennio più tardi, dalla deliziosa qualità comunicativa (dal 4 al 18 settembre ’24). Troverete invece molti titoli fondamentali di altre epoche, non necessariamente nel grande repertorio (a partire dal Don Carlo verdiano inaugurale, seconda parte della riflessione sul potere aperta lo scorso 7 dicembre dal Boris Godunov di Musorgskij), con nomi di primo piano sia per il podio che per i cast vocali e gli allestimenti. Ci sarà una nuova regia di Damiano Michieletto per la Medée di Cherubini (14 – 28 gennaio), una di Chiara Muti per il Guillaume Tell rossiniano (20 marzo – 10 aprile), una dello straordinario Robert Carsen per la secentesca Orontea di Antonio Cesti, affidata alla bacchetta specialistica di Giovanni Antonini e al controtenore Carlo Vistoli (26 settembre – 5 ottobre ’24).

A Wagner pensa anche la ‘sua’ Bologna con la direzione di Oksana Lyniv

Ultima tappa della prossima stagione l’avvio di una nuova edizione del Ring wagneriano con la regia di David McVicar e la direzione di uno specialista del calibro di Christian Thielemann (28 ottobre – 10 novembre ’24). A Wagner pensa anche la “sua” Bologna (qui avvennero tante prime italiane delle sue opere), ma deve limitarsi – le risorse non sono le stesse della Scala – alla forma di concerto. Peraltro, con la direzione di Oksana Lyniv, la direttrice ucraina che è stata la prima donna nella storia a salire sul podio a Bayreuth. L’oro del Reno verrà eseguito all’auditorium Manzoni di Bologna il 12 e 13 giugno. Il 17 e 19 ottobre 2024 toccherà a Die Walküre.

La grande tradizione protagonista al San Carlo di Napoli

Eguale dedizione alla storia dell’opera meno vicina a noi si trova nell’ampio cartellone del Teatro di San Carlo a Napoli, che sarà inaugurato il 9 dicembre prossimo da una nuova Turandot firmata dal giovane regista russo Vasily Barkhatov, che fa così il suo debutto italiano. I titoli sono una dozzina, oltre la favola cinese di Puccini solo un paio novecenteschi: Elektra di Strauss (27 settembre – 3 ottobre ’24), e Il castello di Barbablù di Bela Bartók (24 – 30 maggio), che sarà proposto in accoppiata con La voix humaine di Poulenc affidato alla massima interprete odierna di questa partitura, Barbara Hannigan. Per i vociomani, da annotare La gioconda di Ponchielli con la coppia Netrebko-Kaufmann (10 – 17 aprile) e la verdiana Traviata con l’eccellente Lisette Oropesa (14 – 30 luglio ’24). Per il resto, spazio a Mozart, Bellini e Donizetti, con titoli noti e amati, senza trascurare la Carmen di Bizet. La grande tradizione, insomma.

Puccini e non solo: i cartelloni dei teatri lirici italiani della prossima stagione
Il San Carlo di Napoli (Getty Images).

La Fenice apre con Contes d’Hoffmann di Offenbach

Il cartellone della Fenice di Venezia, che sarà aperto con una coproduzione internazionale (con Sydney, Londra e Lione) dei Contes d’Hoffmann di Jacques Offenbach firmata dal veneziano Damiano Michieletto e diretta da Antonello Manacorda, con il basso-baritono Alex Esposito fra i protagonisti (24 novembre – 2 dicembre). A seguire il repertorio e le proposte originali anche inedite si equilibrano in un programma in 14 titoli con nove nuovi allestimenti. Si va dal barocco del Tamerlano di Vivaldi affidato allo specialista Diego Fasolis (7 – 15 giugno) al ritorno del Pinocchio, opera per ragazzi scritta da Pierangelo Valtinoni nel 2001 e ampliata nel 2006, già in scena a Venezia nel 2019 (18 – 24 gennaio); si riuniscono Luigi Nono e Arnold Schönberg, nella vita genero e suocero, con La fabbrica illuminata ed Erwartung (13 – 22 settembre 2024), si rende omaggio a una figura cruciale della musica italiana del ‘900 come il veneziano Gian Francesco Malipiero, scomparso nel 1973, proponendone La vita è sogno da Calderón de la Barca (31 ottobre – 9 novembre ‘24); si offre una duplice prospettiva sul neoclassicismo fra Strauss e Respighi, fra Ariadne auf Naxos (regia di Paul Curran, 21 – 30 giugno) e la rarità della stagione costituita da Maria Egiziaca (1932), che il compositore bolognese scrisse nei primi Anni 30 rivisitando a modo suo, non senza intense pagine sinfoniche, lo stile del gregoriano e del Rinascimento. La regia reca la firma di Pier Luigi Pizzi (8 – 16 marzo). In cartellone ci sono naturalmente Puccini, Rossini e Mozart. Manca invece Verdi, e questa è una notizia – non necessariamente negativa – per un teatro al quale l’autore della Traviata fu sempre molto legato, facendovi debuttare cinque opere fondamentali nel suo catalogo.

Puccini e non solo: i cartelloni dei teatri lirici italiani della prossima stagione
La Fenice di Venezia (Getty Images).

Attesa per il Mefistofele di Boito all’Opera di Roma e alla prima assoluta de L’ultimo viaggio di Sindbad,

Verdi entra di stretta misura nel calendario dell’Opera di Roma, solo con un Otello in scena dall’1 al 12 giugno per la regia di Allex Aguilera della Fura dels Baus. L’inaugurazione del 27 novembre prossimo è affidata a Mefistofele di Arrigo Boito (presenta anche alla Fenice nel prossimo aprile) con la regia di Simon Stone, 39enne australiano già di casa a Salisburgo e a New York, dove ha fatto scalpore con una Lucia di Lammermoor ambientata in tempi moderni nella cosiddetta Rust Belt, l’area un tempo sede della grande industria pesante americana, da tempo in crisi. Sarà un debutto italiano destinato a fare discutere. La regia d’autore caratterizza peraltro tutto il cartellone del Costanzi, spesso con debutti nel nostro Paese. Si tratta di una stagione caratterizzata da autori importanti con titoli cruciali nella modernità come la Salome di Richard Strauss per la regia del grande Barrie Kosky (7 – 16 marzo), la Jen?fa di Janá?ek con regia di Claus Guth, spettacolo vincitore nel 2022 dell’Olivier Award per la migliore produzione operistica (2 – 9 maggio), il Peter Grimes di Benjamin Britten secondo la premiatissima regista inglese Deborah Warner (11 – 19 ottobre ‘24), che vedrà sul podio il direttore musicale dell’Opera di Roma, Michele Mariotti, al debutto in questo titolo. Segnalato che Britten sarà anche il protagonista dell’inaugurazione di stagione al Carlo Felice di Genova, con l’infrequente e sofisticato A Midsummer Night’s Dream da Shakespeare, affidato alla bacchetta di Donato Renzetti e alla regia di Laurence Dale (13 – 19 ottobre), mette conto segnalare che a Roma andrà in scena anche una prima assoluta. Parliamo de L’ultimo viaggio di Sindbad, da un testo di Erri De Luca, che il Costanzi ha commissionato alla 48enne compositrice Silvia Colasanti, in programma dal 16 al 23 ottobre 2024. Una prima assoluta, ma solo per l’Italia, è invece la rarità in cartellone al Regio di Torino fra aprile e maggio: si tratta di The Tender Land dell’americano Aaron Copland (1954), opera con vista sul profondo Sud degli States durante la Grande Depressione, emblematica di quanto il teatro musicale viva (anche) parlando di quello che ci accade intorno.

Facci nella bufera per un articolo sul caso del figlio di La Russa: a rischio la striscia su Rai 2?

La bufera sollevata dal caso del presunto stupro compiuto da Leonardo Apache La Russa si allarga. In Puglia la ministra della Famiglia Eugenia Roccella è stata contestata per aver preso le parti del presidente del Senato Ignazio, aspramente criticato per aver difeso il terzogenito, colpevolizzando la 22enne che ha sporto denuncia. Un articolo di Filippo Facci, pubblicato su Libero, rischia adesso di far perdere al giornalista la striscia quotidiana I facci vostri, che gli è stata appena affidata su Rai 2.

Il giornalista Filippo Facci nella bufera per un articolo sul figlio di La Russa: a rischio la striscia quotidiana su Rai 2?
Ignazio e Leonardo La Russa (Imagoeconomica).

«Ogni racconto di lei sarà reso equivoco dalla polvere presa prima di entrare in discoteca»

«Le sofisticate scienze forensi non impediscono che alla fine si scontri una parola contro l’altra, e che, nel caso, risulterà che una ragazza di 22 anni era indubbiamente fatta di cocaina prima di essere fatta anche da Leonardo Apache La Russa e che perciò ogni racconto di lei sarà reso equivoco dalla polvere presa prima di entrare in discoteca», ha scritto Facci su Libero. «Può la tv pubblica essere affidata a chi fa vittimizzazione secondaria?», chiede Sandro Ruotolo, giornalista e responsabile informazione del Partito democratico. «Che dice il comitato etico della Rai? Il servizio pubblico può consentire una lettura del genere sulle donne? Pensateci bene dirigenti di viale Mazzini. Il servizio pubblico è di tutti ma non può esserlo dei sessisti, dei razzisti e del pensiero fascista». Secondo Carlo Calenda, che ha espresso su Twitter il suo pensiero, Facci è «un troglodita che in ogni altro Paese europeo dopo aver scritto questa roba qui, non scriverebbe più neppure sul giornale condominiale». Anche il capogruppo M5S in Commissione Vigilanza Rai Dario Carotenuto e il segretario di Più Europa Riccardo Magi hanno stigmatizzato le frasi di Facci.

La condanna da parte di Usigrai, Fnsi, Ordine dei giornalisti e associazione GiULia

Condanna da parte di Ordine dei giornalisti, Usigrai, Federazione nazionale della stampa e associazione GiULia: «Le leggi, le norme deontologiche, il Manifesto di Venezia. Ma prima di tutto il principio di umanità e di rispetto primario verso le persone, rendono intollerabile quanto scritto da Filippo Facci sulla violenza denunciata a Milano da una ragazza di 22 anni, di cui il giornalista scrive su Libero dell’8 luglio: “Fatta di cocaina prima di essere fatta anche da Leonardo Apache la Russa”. Non c’è alcun diritto di critica in un linguaggio di tale violenza, che calpesta ogni regola di umana solidarietà e di buon senso, e non è schermo il fatto che la denuncia della giovane si sia trasformata in un caso politico, come se questo consentisse l’oltraggio verso la querelante. Non sono i toni dissacranti e ironici a turbare, ma la totale insensibilità su un problema che sconvolge le donne, tutte le donne, con un approccio disposto a violare ogni codice di civile rispetto».

Il giornalista Filippo Facci nella bufera per un articolo sul figlio di La Russa: a rischio la striscia quotidiana su Rai 2?
Filippo Facci (Twitter).

Leonardo La Russa, compatibili con una violenza sessuale le lesioni sul corpo della ragazza che lo ha denunciato

Nuovi sviluppi nella storia della ragazza che ha denunciato per violenza sessuale Leonardo Apache La Russa, terzogenito del presidente del Senato Ignazio. Come scrive il Corriere della Sera citando una fonte della Procura, le lesioni riscontrate sul corpo della 22enne presso la Clinica Mangiagalli di Milano «potrebbero essere compatibili con una violenza sessuale».

LEGGI ANCHE: Difende La Russa e Santanchè, contestata la ministra Roccella

Leonardo Apache La Russa, compatibili con una violenza sessuale le lesioni sul corpo della ragazza che lo ha denunciato.
Leonardo La Russa insieme con il padre Ignazio (Imagoeconomica).

Le lesioni riscontrate all’ospedale nel pomeriggio del 19 maggio

Tre ecchimosi sulla pelle e tre lesioni negli organi genitali sono state accertate nel pomeriggio del 19 maggio, sul corpo della ragazza che aveva denunciato di essere stata violentata la notte precedente, riporta il Corriere. Il riscontro non è risolutivo dal punto di vista giuridico: va inteso più che altro come un indizio da approfondire nelle indagini. Nel sangue della ragazza, durante i controlli, sono state riscontrate anche tracce di cocaina, cannabis e benzodiazepine. Saranno necessari ulteriori esami per capire se la presenza della terza sostanza sia dovuta all’uso abituale di tranquillanti (ammesso dalla stessa giovane) o da altro, ad esempio l’utilizzo della cosiddetta “droga dello stupro”.

Leonardo Apache La Russa, compatibili con una violenza sessuale le lesioni sul corpo della ragazza che lo ha denunciato.
Ignazio La Russa, presidente del Senato (Imagoeconomica).

Il padre della ragazza: «Non ho dubbi su quello che racconta»

I fatti che i pm dovranno accertare sono avvenuti nell’appartamento milanese della famiglia La Russa, nei pressi di corso Buenos Aires. Lì la ragazza, una 22enne di famiglia benestante, è arrivata quella notte con il 19enne Leonardo e con un amico del giovane dopo una serata in discoteca, dove era andata con un’amica, di cui però non ricorda niente a parte aver bevuto due drink. «Spero che chi deve indagare e giudicare sappia valutare oggettivamente i fatti, indipendentemente dalla potenza politica del padre. Se verrà dimostrato quello che racconta mia figlia, e io credo a mia figlia. Lei resterà segnata per tutta la vita. Non ho dubbi su quello che racconta. Da quella notte, mia figlia è devastata», ha detto il padre della giovane.

Festival di Sanremo, le novità dell’edizione 2024 svelate da Amadeus

In collegamento con il Tg1, Amadeus ha anticipato le novità del Festival di Sanremo 2024, che andrà in scena dal 6 al 10 febbraio. A cambiare sarà l’ordine di esibizione degli artisti durante le prime serate, la serata “cover”, la giuria e il numero degli cantanti in gara, a cui verrà riservato anche l’inedito ruolo di co-conduttori.

Cantanti co-conduttori, nuova giuria e non solo. Festival di Sanremo, le novità dell’edizione 2024, in onda su Rai 1 dal 6 al 10 febbraio.
Il Teatro Ariston di Sanremo (Imagoeconomica).

La principale novità: i cantanti diventano co-conduttori

Nella prima serata si esibiranno i 26 cantanti in gara (tra cui i tre finalisti di Sanremo Giovani), mentre 13 saranno presenti nella seconda e altrettanti nella terza. Gli artisti non previsti in gara all’Ariston il mercoledì e il giovedì parteciperanno ugualmente allo show, introducendo le esibizioni degli altri. L’abbinamento tra gli artisti “presentatori” e “interpreti” avverrà con un sorteggio pubblico, che avrà luogo durante le conferenze stampa giornaliere.

Eliminato il limite di riferimento temporale per le cover

Confermata la serata delle cover, il venerdì. Eliminato il limite di riferimento temporale: i cantanti in gara, affiancati da un artista ospite, interpreteranno una canzone tratta dal repertorio italiano e internazionale, uscita fino al 31 dicembre 2023. Le cover potranno comprendere brani da loro stessi precedentemente pubblicati. Gli artisti che parteciperanno al Festival, in coppia tra loro (o in team più ampio) come “sodalizio artistico” formato per l’occasione, potranno non avvalersi della presenza dell’ospite.

Cantanti co-conduttori, nuova giuria e non solo. Festival di Sanremo, le novità dell’edizione 2024, in onda su Rai 1 dal 6 al 10 febbraio.
Amadeus e Chiara Ferragni a Sanremo 2023 (Getty Images).

Via la giuria demoscopica, sostituita da quella delle radio

Si confermano tre le giurie che determineranno le classifiche della competizione. Ma al televoto e alla giuria della sala stampa, tv e web si aggiunge una giuria delle radio, formata da emittenti nazionali e locali, individuate secondo criteri di rappresentanza dell’intero territorio italiano. Scompare dunque la giuria demoscopica. Nella finale di sabato verranno reinterpretate nuovamente tutte le 26 canzoni in gara, che andranno al televoto. Il pubblico, tuttavia, conoscerà solo le prime cinque canzoni della nuova classifica generale, che saranno riproposte dai rispettivi interpreti. A questo punto le votazioni precedenti verranno azzerate e si procederà a una nuova sancita dalle tre giurie. La pubblicazione integrale del regolamento avverrà online lunedì 10 luglio alle ore 12.

Corea del Sud, tra piaga dei debiti e bolla immobiliare

Volantini colorati, cartoline, tagliandi. Tra le strade di Seul, capitale della Corea del Sud, è facile imbattersi in quelle che a prima vista assomigliano a normali pubblicità ma che in realtà sono annunci che offrono prestiti in denaro. Sintomo del pesantissimo macigno economico che sta turbando la vita di centinaia di migliaia di famiglie. Lo stesso che ha fatto schizzare il Paese in vetta alla classifica degli Stati con il più alto rapporto tra debito familiare e prodotto interno lordo. L’ex tigre asiatica nel primo trimestre del 2023 ha toccato il 102,2 per cento, più di Hong Kong (95 per cento) e Thailandia (85,7 per cento). Non solo. La Corea del Sud è stato stato l’unico Paese in cui il debito familiare ha superato il Pil (pari a circa 1,6 trilioni di dollari) con una quota importante legata ai mutui immobiliari. E così, mentre nel mondo Seul è sinonimo di K-Pop, Samsung e Hyundai, sempre più sudcoreani finiscono sommarsi dai debiti.

Corea del Sud, tra piaga dei debiti e bolla immobiliare
Una raccolta fondi per persone in difficoltà a Seul (Getty Images).

La bolla immobiliare e le responsabilità della politica

Alla base del problema dell’elevato debito familiare è la bolla immobiliare. Nell’area metropolitana di Seul, dove vivono oltre 25 milioni di abitanti (la metà della popolazione totale), i costi delle abitazioni sono tra i più alti al mondo. Il rapporto tra prezzi e reddito medio annuo tocca nella Capitale il 12,04 rispetto all’8,4 di San Francisco, l’8,2 di Londra e il 5,4 di New York. Per la Korea Real Estate Commission, il 42,1 per cento di tutti gli acquisti di case avvenuti nel gennaio 2021 sono stati effettuati da giovani tra i 20 e 30 anni. Una fascia d’età che ha dovuto fare uno sforzo immane, visto che l’importo medio dei prestiti ha raggiunto il 270 per cento del  reddito annuo. Come ha sottolineato un report del think tank ING, non è solo in Corea che, negli ultimi anni, i prezzi delle case sono aumentati rapidamente. È accaduto anche in altri Paesi Ocse come Stati Uniti, Europa e Australia. Nel caso sudcoreano, però, in un contesto di mercato di liquidità particolarmente abbondante, la politica ha stimolato la domanda di alloggi in alcune aree metropolitane, come Seul, determinando l’impennata dei prezzi. Oggi, nonostante il costo degli appartamenti sia in calo – lo scorso anno è diminuito di oltre il 20 per cento – le case restano inaccessibili per la maggior parte delle persone. In questo scenario, l’elevato livello di indebitamento delle famiglie è considerato da tempo un importante fattore di rischio per l’economia.

Corea del Sud, tra piaga dei debiti e bolla immobiliare
Una scena di Parasite.

La Bank of Korea aumenta i tassi e limita i prestiti ma così alimenta lo strozzinaggio

Il film Parasite e la serie di Netflix Squid Game inquadrano, in maniera indiretta, i drammi della crisi abitativa e dell’indebitamento. Due spade di Damocle che pendono sulla testa di numerosi cittadini sudcoreani, costretti a intraprendere sul serio un gioco di sopravvivenza per non farsi schiacciare. L’oscura attività dei prestiti è difficile da quantificare. Per farsi un’idea basta però ricordare che nel 2020, l’autorità di regolamentazione del governo ha ricevuto quasi 300 mila segnalazioni di pratiche illegali, il 25 per cento in più dell’anno precedente. Per far fronte ai rischi finanziari, la Bank of Korea ha limitato la concessione di prestiti e annunciato aumenti dei tassi di interesse. Sono però misure che potrebbero non essere sufficienti, avvertono gli esperti, dal momento che chi ha bisogno di denaro cercherà di ottenerlo comunque per vie traverse. Un cane che si morde la coda.

Viale Mazzini interviene sul caso di Viva Rai2!: «No a strumentalizzazioni su via Asiago»

Il caso di Fiorello e Viva Rai 2!, ancora in dubbio a causa delle proteste di alcuni condomini di via Asiago, da dove viene trasmesso il programma, continua a tenere banco in Rai. L’azienda pubblica è intervenuta bollando come «molto fantasiose» alcune ricostruzioni lette in merito alla querelle, che volevano la Rai prota a pagare indennizzi ai residenti, pur di non interrompere lo show: «Non abbiamo mai pensato di incontrare singolarmente i residenti di via Asiago, così come non abbiamo mai previsto alcun tipo di indennizzo. Non ci prestiamo a queste strumentalizzazioni», si legge in una nota.

Fiorello e Viva Rai2!, la Rai interviene sul caso di via Asiago: «No indennizzi ai residenti. Non ci prestiamo a strumentalizzazioni».
Fiorello, conduttore di Viva Rai2! (Imagoeconomica).

Viva Rai2! va in onda alle 7.10: inevitabili i disagi per i residenti

L’assenza di Fiorello dai palinsesti della prossima stagione tv non è dovuta a un ripensamento dello showman e nemmeno dell’azienda, ma all’andamento delle trattative in corso tra i residenti della zona dove viene realizzato il programma. Le proteste dei residenti di via Asiago si sono fatte sentire da subito. Viva Rai 2! va in onda alle 7.10, ma già da un’ora prima la strada si riempie di maestranze Rai che, pur prestando massima attenzione, non possono non far rumore. Complici le temperature più miti della primavera, è aumentata anche la folla di curiosi che raggiungeva via Asiago, rendendo difficile la vita ai residenti del palazzo di fronte.

La risposta della Rai e il videomessaggio di Fiorello

«Purtroppo, per come è stata organizzata durante la stagione scorsa, dobbiamo registrare l’incompatibilità di Viva Rai2! con le esigenze dei residenti, sia per gli orari di messa in onda, la mattina presto, che per le modalità di svolgimento, visto che la strada veniva lasciata sporca e in disordine dopo ogni puntata», aveva dichiarato Lorenza Bonaccorsi, presidente del I Municipio di Roma, auspicando una soluzione in grado di salvaguardare «prima di tutto il diritto al riposo e al decoro dei residenti di quell’area».

Fiorello e Viva Rai2!, la Rai interviene sul caso di via Asiago: «No indennizzi ai residenti. Non ci prestiamo a strumentalizzazioni».
Uno striscione di protesta contro il programma.

La Rai, stizzita, aveva risposto di ritenere «una forzatura inappropriata» l’associazione della strada sporca alla trasmissione, visto che l’azienda al termine della diretta ha «sempre provveduto a restituire il giusto decoro» a via Asiago, dove «oltre ai residenti, sono ubicati anche gli uffici, le redazioni e gli studi di Rai Radio». Nella nota diffusa il 9 luglio, ha aggiunto: «Quanto al degrado, proprio quella parte di strada interessata, “incriminata”, è stata sempre restituita alla cittadinanza, dopo ogni diretta, in perfetto stato. Spiace poi dover constatare che la popolarità del programma, autorizzato dalle autorità competenti a svolgersi in diretta in quel lembo di strada, ed il successo dell’idea di Fiorello vengano utilizzati per alimentare polemiche a danno di una produzione radiotelevisiva che ha visto milioni di italiani appassionarsi, divertirsi, iniziando oltre 100 giornate con il sorriso e il buon umore».

Sulla questione è poi intervenuto in prima persona Fiorello, tramite videomessaggio: «Rinnovo le mie scuse agli abitanti di via Asiago per il danno e il fastidio arrecato. Siamo alla ricerca di una nuova location. Se riusciremo a trovarla entro novembre, si farà il programma; se non ci riusciremo, Viva Rai2! sarà solo un bel ricordo. Ma noi contiamo di trovarla».

Difende La Russa e Santanchè, contestata la ministra Roccella

Intervenuta alla manifestazione “Il libro possibile” a Polignano a mare, dove ha presentato Una famiglia radicale, Eugenia Roccella è stata contestata dal pubblico per aver preso le parti di Ignazio La Russa, finito nella bufera per aver difeso il figlio Leonardo Apache, accusato di violenza sessuale. «Non entro nei casi individuali e nelle reazioni di una persona che ha un rapporto affettivo, è il padre dell’eventuale indagato. Posso dire che è colui che per la prima volta ha proposto una manifestazione di soli uomini contro la violenza sulle donne», ha detto Roccella rispondendo a un giornalista. Da qui i fischi e i “buuu” del pubblico, poi alcuni dei contestatori hanno anche lasciato i loro posti.

Difende Ignazio La Russa e Daniela Santanchè, a Polignano contestata la ministra della Famiglia Eugenia Roccella.
Ignazio La Russa con il figlio Leonardo Apache (Imagoeconomica).

Santanchè come Tortora: altri fischi per la ministra della Famiglia

L’esponente del governo Meloni ha inoltre parlato del caso di Daniela Santanchè, indagata dalla procura di Milano in merito alla gestione delle sue aziende Visibilia e Ki Group. E nel farlo ha citato Enzo Tortora, «come anche tutti i politici che si sono dimessi e poi sono risultati assolutamente innocenti». I loro processi, ha detto la ministra della Famiglia, «sono finiti nel nulla e nessuno ha restituito a queste persone la reputazione», mentre «i magistrati che hanno accusato Enzo Tortora hanno fatto carriera e nessuno gli ha chiesto di rendere conto degli errori commessi». Infine: «Credo da garantista che non ci sia alcun bisogno di dimettersi». A questo punto sono arrivate nuove contestazioni.

Difende Ignazio La Russa e Daniela Santanchè, a Polignano contestata la ministra della Famiglia Eugenia Roccella.
Daniela Santanchè durante l’informativa in Senato (Imagoeconomica).

«Le donne di sinistra si chiedano come mai sia una di destra la prima a guidare il Paese»

A margine, Roccella ha commentato il dissenso espresso dai presenti. «I motivi per cui sono stata contestata non sono legati alle battaglie di oggi, perché questo governo non ha toccato nessuna legge che riguardi per esempio il mondo Lgbtq+ o tantomeno l’aborto», ha detto la ministra. «Ci contestano solo perché non si accetta l’idea che in democrazia possa vincere la destra», che per l’opinione pubblica «deve essere dipinta come sgradevole, bigotta, cattiva». E poi: «Le donne di sinistra si chiedano però come mai sia una donna di destra ad essere la prima donna a guidare il Paese».

F1, GP di Gran Bretagna: griglia di partenza, orario e dove vedere la gara

Si corre il 9 luglio a Silverstone il Gran Premio di Gran Bretagna, decima tappa del campionato del mondo di Formula 1. Max Verstappen su Red Bull, alla quinta pole position consecutiva, partirà all’assalto della sesta vittoria di fila, che sarebbe l’ottava di una stagione a senso unico.

Formula 1, Gran Premio di Gran Bretagna: griglia di partenza, orario e dove vedere la gara di Silverstone.
Max Verstappen celebra la 27esima pole della carriera (Getty Images).

F1, GP di Gran Bretagna: la griglia di partenza

Per il pilota olandese, campione mondiale in carica e leader della classifica iridata, si tratta della 27esima pole position della carriera. Le qualifiche di Silverstone hanno visto una prestazione eccellente della McLaren, con Lando Norris e Oscar Piastri che si sono posizionati rispettivamente al secondo e al terzo posto sulla griglia di partenza. Le Ferrari di Charles Leclerc e Carlos Sainz si sono piazzate subito dietro: i due piloti del Cavallino partiranno dunque dalla seconda e terza fila. A fianco del pilota spagnolo scatta George Russell su Mercedes. Il quarta fila ecco il compagno di scuderia Lewis Hamilton e Alexander Albon su Williams. In quinta Fernando Alonso (Aston Martin) e Pierre Gasly (Alpine). Le qualifiche del secondo pilota Red Bull, Sergio Perez, si sono interrotte già durante la sessione Q1: scatterà dall’ottava fila.

Formula 1, Gran Premio di Gran Bretagna: griglia di partenza, orario e dove vedere la gara di Silverstone.
La Ferrari di Charles Leclerc durante le qualifiche (Getty Images).

F1, GP di Gran Bretagna: il circuito di Silverstone

Insieme al Gran Premio d’Italia, quello di Gran Bretagna è la corsa da sempre presente nel campionato mondiale di Formula 1. Per 12 edizioni si è svolto sul circuito di Brands Hatch e per cinque su quello di Aintree, ma la sua sede storica è proprio Silverstone: è qui che fu corsa, il 13 maggio 1950, la prima gara del campionato del mondo di F1. Per quanto riguarda l’albo d’oro del GP di Gran Bretagna, il record di vittorie – otto – appartiene al britannico Hamilton, mentre tra i costruttori domina la Ferrari, con 18 successi. L’anno scorso a vincere fu proprio il Cavallino, grazie a Sainz (unica vittoria in carriera).

F1, GP di Gran Bretagna: orario e dove vedere la gara

Semaforo verde alle ore 16. Il Gran Premio di Gran Bretagna di Formula 1 sarà trasmesso in diretta su Sky Sport e in streaming su NOW. Alle 19 sarà poi possibile seguire la differita in chiaro su TV8.

Addio a Luis Suarez, morto a 88 anni il regista della Grande Inter

È morto Luis Suarez. L’ex centrocampista spagnolo, regista della Grande Inter di Helenio Herrera, aveva 88 anni. «Il calciatore perfetto che, con il suo talento, ha ispirato generazioni. Ciao, Luisito», si legge sul profilo Twitter del club nerazzurro. E poi: «Un talento unico e un grandissimo interista. Il numero 10 della Grande Inter che portò i nostri colori sul tetto d’Italia, d’Europa, del Mondo. “Se non sapete cosa fare, date palla a Suarez”».

Pallone d’Oro in Catalogna, in Italia diventò il faro della Grande Inter

Nato a La Coruña il 2 maggio 1935, Luis Suárez Miramontes aveva iniziato giocare nella squadra della sua città, attirando ben presto del attenzioni del Barcellona, che lo acquistò nel 1954. In Catalogna, vinse due edizioni del campionato, della Coppa nazionale e della Coppa delle Fiere, aggiudicandosi a livello personale il Pallone d’Oro nel 1960, primo spagnolo nella storia (fatta eccezione per l’oriundo Alfredo Di Stéfano). Nel 1961 approdò all’Inter, voluto dal tecnico Helenio Herrera che lo aveva già allenato a Barcellona. Pur di accontentare il tecnico, il presidente Angelo Moratti versò 300 milioni di lire al Barcellona, che utilizzò la cifra record per ampliare il Camp Nou.

Addio a Luis Suarez, morto a 88 anni il regista della Grande Inter. Nel 1960 aveva vinto il Pallone d'Oro, primo spagnolo nella storia.
Luis Suarez nel 1961 con la Spagna (Getty Images).

Arrivato a Milano come mezzala, il Mago gli cambiò ruolo facendolo diventare il regista di quella che, di lì a poco, sarebbe diventata la Grande Inter. Suarez, con il 10 sulle spalle, guidò i nerazzurri alla vittoria di tre campionati italiani, due Coppe dei Campioni e altrettante Intercontinentali. Dopo nove stagioni all’Inter, condite da 333 partite e 55 reti, nel 1970 passò alla Sampdoria, dove chiuse la carriera a 38 anni. Con la maglia della Spagna collezionò 32 presenze e segnato 14 reti, partecipando alla vittoriosa edizione casalinga del campionato d’Europa 1964.

La carriera di allenatore, dall’Inter alla Spagna: il titolo europeo con l’Under 21 delle Furie Rosse

Dopo il ritiro, Suarez intraprese la carriera di allenatore guidando il settore giovanile del Genoa. Nella stagione 1974/75 guidò l’Inter, chiudendo il campionato con un deludente nono posto. Negli anni successivi allenò poi Cagliari (in Serie A), Spal e Como (in B), prima di sedersi sulla panchina del “suo” Deportivo La Coruña. Da allenatore si era tolto le più grosse soddisfazioni come ct dell’Under 21 spagnola, con cui vinse nel 1986 gli Europei di categoria. Da selezionatore della rappresentativa maggiore guidò invece le Furie Rosse ai Mondiali 1990. Dal gennaio al maggio 1992 tornò sulla panchina dell’Inter, rilevando il dimissionario Corrado Orrico. Entrato nei quadri dirigenziali nerazzurri nel 1995 a seguito dell’insediamento alla presidenza di Massimo Moratti (figlio di Angelo che lo aveva acquistato dal Barcellona), nell’autunno di quell’anno si sedette a interim in panchina per rilevare l’esonerato Ottavio Bianchi, in attesa dell’ufficialità di Roy Hodgson.

Addio a Luis Suarez, morto a 88 anni il regista della Grande Inter. Nel 1960 aveva vinto il Pallone d'Oro, primo spagnolo nella storia.
Luis Suarez e Cesare Maldini a metà Anni Duemila (Imagoconomica).

Guerra in Ucraina, Kyiv ha ammesso l’attacco al ponte di Kerch

Il governo di Kyiv ha ammesso per la prima volta di essere responsabile dell’attacco che ha danneggiato gravemente il ponte di Kerch, che collega Russia e Crimea, avvenuto l’8 ottobre 2022. Nel 500mo giorno della guerra, la vice ministra della Difesa Hanna Malyar ha pubblicato su Telegram un elenco delle azioni più importanti messe a segno dall’esercito, osservando che la data dell’8 luglio ha segnato anche il «273esimo giorno dal primo attacco sul ponte di Crimea sferrato per rompere la logistica dei russi». Il ponte di Crimea, inaugurato a maggio del 2018, fu fatto saltare in aria con esplosivo portato da un camion bomba. La detonazione coinvolse anche un treno merci che trasportava combustibili, facendo crollare due campate della carreggiata nord del ponte stradale, che corre in direzione Russia-Crimea. Il ponte di Kerch è stato riaperto al traffico stradale il 23 febbraio 2023 e a quello ferroviario il 5 maggio.

Guerra in Ucraina, Kyiv ha ammesso l’attacco al ponte di Kerch tramite un messaggio Telegram di una viceministra.
Le fiamme sul ponte dopo l’esplosione (Getty Images).

Nel 500esimo giorno di guerra Zelensky ha visitato l’Isola dei Serpenti

Se l’attacco al ponte di Kerch è uno degli episodi della guerra rimasti nella memoria di tutti, altrettanto si può dire di un altro, avvenuto proprio all’inizio del conflitto: il botta e risposta («Nave da guerra russa, vai a farti fottere!») tra l’incrociatore Moskva e i 13 soldati ucraini a difesa dell’isola dei Serpenti, molto importante dal punto di strategico data la sua posizione nel Mar Nero. In occasione del 500esimo giorno dall’invasione russa, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha visitato l’isola, rendendo omaggio ai caduti e mettendo in risalto il coraggio dei militari di Kyiv. «Oggi siamo sull’Isola dei Serpenti, che non sarà mai conquistata dagli occupanti, come tutta l’Ucraina, perché siamo il Paese dei coraggiosi», ha dichiarato il capo di Stato in un video diffuso sui social media.

Guerra in Ucraina, Kyiv ha ammesso l’attacco al ponte di Kerch tramite un messaggio Telegram di una viceministra.
Il ponte du Kerch, inaugurato nel 2018 (Getty Images).

Zelensky, il viaggio a Istanbul e lo strappo tra Russia e Turchia

Zelensky non è stato solo sull’Isola dei Serpenti, ma anche e soprattutto a Istanbul, dove ha incontrato Recep Tayyip Erdogan. E dalla Turchia è tornato con cinque ex prigionieri di guerra del battaglione Azov, che Erdogan appunto ha consegnato violando gli accordi con Mosca. I cinque comandanti erano stati infatti rilasciati dalla Russia a settembre a condizione che rimanessero in Turchia, sotto la protezione del presidente, fino alla fine del conflitto. I soldati rientrati in Ucraina hanno già detto di voler tornare al fronte. Il Cremlino ha reagito con durezza: «Sono stati violati gli accordi. Ankara non ci ha informati».

Qual è lo stato della democrazia in Ucraina

Il prossimo anno scade il mandato presidenziale di Volodymyr Zelensky e in Ucraina dovrebbero tenersi le elezioni del capo dello Stato. Anche il parlamento dovrebbe essere presto rinnovato, in teoria quest’autunno, ma difficilmente lo sarà. Almeno fino a che il conflitto con la Russia sarà in corso e la legge marziale in vigore. Nella cornice attuale la democrazia nell’ex repubblica sovietica è quindi sospesa ed è probabile che lo sarà ancora a lungo, dato che Zelensky stesso continua a ripetere che la guerra sarà finita solo quando Kyiv avrà ripreso i territori persi nel 2014, dal Donbass alla Crimea. Quasi un anno e mezzo dopo l’inizio dell’invasione russa, la situazione sul terreno non lascia intuire rapidi cambiamenti al fronte, l’annunciata controffensiva ucraina arranca e Mosca, nonostante i problemi interni e la ribellione del capo della compagnia Wagner Evgeny Prigozhin, tiene per ora le posizioni.

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Il presidente ucraino Voldymyr Zelensky (Getty Images).

Dopo aver bandito l’opposizione radicale, in parlamento Zelensky gode di un consenso quasi assoluto

A Kyiv Zelensky ha dunque pieni poteri, più di quelli che la Costituzione consente in tempo di pace al capo dello Stato, il che gli consente di prendere decisioni in maniera rapida organizzando in modo più efficace la difesa nazionale. Durante lo stato di guerra la Carta comunque non può essere modificata e vi sono paletti per prevenire abusi di potere e derive dittatoriali. In parlamento il presidente gode di un consenso praticamente assoluto, dato che da un lato l’opposizione moderata, quella che fa capo all’ex presidente Petro Poroshenko e all’ex premier Yulia Tymoshenko è allineata per forza di cose sulle posizioni dettate dalla guerra, dall’altro quella radicale è stata letteralmente bandita. Dal febbraio 2022 sono state vietate in Ucraina 11 formazioni, tra cui la Piattaforma d’opposizione, erede del Partito delle regioni dell’ex presidente Victor Yanukovich, che alla Rada rappresentava la seconda forza dietro quella di Zelensky.

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Petro Poroshenko (Getty Images).

La stretta sugli oligarchi ridimensionati anche dall’ingresso di nuovi player attirati dal business della ricostruzione

Se da punto di vista strettamente politico la Bankova, il palazzo presidenziale, è diventata una fortezza, anche sul lato del sistema oligarchico il pendolo si è spostato verso il capo dello stato: Zelensky già prima della guerra aveva tentato di circoscrivere l’influenza dei poteri forti, soprattutto di quelli più scomodi, a partire da Poroshenko e Igor Kolomoisky; il conflitto ha dato in seguito una mano al capo dello Stato in vari modi: da una parte perché gli asset degli oligarchi sono stati intaccati dagli eventi bellici e dal crollo dell’economia, dall’altra perché l’intervento occidentale, fatto di aiuti economici e finanziari, ha messo in gioco altri attori, in primo luogo i grandi player privati internazionali, che in prospettiva, con la ricostruzione del Paese, prenderanno il posto degli oligarchi locali, togliendo loro buona fetta della torta. Non è un caso che in questi mesi Zelensky abbia avuto quasi più contatti con Larry Fink di Blackrock che con Rinat Akhmetov.

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Rinat Akhmetov (Getty Images).

Il controllo dei media da parte di Zelensky e i suoi fedelissimi

La Bankova – vale a dire Zelensky e i suoi più stretti collaboratori, dal consigliere Mykhailo Podolyak al ministro degli Esteri Dmytro Kuleba – può inoltre contare sull’appoggio illimitato dei media ucraini, con le tv nazionali unificate nei loro programmi politici, supervisionati dal ministero della Cultura e dell’Informazione, e persino oligarchi come Akhmetov hanno abbandonato il settore della comunicazione televisiva cedendo le proprie licenze allo Stato. Con la pienezza dei poteri, l’esclusione dell’opposizione, la marginalizzazione degli oligarchi, il controllo sui media Zelensky, con il suo entourage, è insomma il padrone dell’Ucraina che però dipende per la sua sopravvivenza dall’Occidente e dal maggior azionista della coalizione, ossia gli Stati Uniti. In questa contesto il potere a Kyiv rimane condizionato e subordinato a quello di Washington, con tutto ciò che ne consegue, dal prosieguo della guerra al business della ricostruzione.

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Il consigliere di Zelensky Mykhailo Podolyak (Getty Images).

 

Edoardo Agnelli e gli altri celebri rampolli infelici o maledetti

Si intitola Edoardo, L’intruso tra gli Agnelli, il libro appena pubblicato da Aliberti, che il giornalista Marco Bernardini ha dedicato al primogenito e unico figlio maschio dell’Avvocato. Edoardo Agnelli è morto suicida all’età di 46 anni. Il suo corpo venne trovato senza vita il 15 novembre 2000, dopo un volo di oltre 80 metri, con indosso una giacca di velluto portata sopra il pigiama, sul greto del torrente Stura, lungo l’autostrada che collega Torino al mare della Liguria. «Se mai ti dovesse capitare racconta qualcosa di me», è scritto in epigrafe.

Edoardo e il rapporto speciale con il cugino ed erede designato Giovannino

Bernardini tiene fede alla parola data, e all’amicizia durata 15 anni con Edoardo Agnelli, tracciando un ritratto impeccabile e particolarmente affettuoso del mancato erede della dinastia che decise di mettere fine alla propria vita «come in un urlo di protesta». Bernardini e Agnelli si conobbero in occasione di un’intervista che il giovane rampollo rilasciò all’allora giornalista di Tuttosport circa i suoi progetti, dalla Juventus (poco tempo prima si era consumata la tragedia dell’Heysel) alla Fiat. «Suo papà si arrabbiò molto, chiese al figlio di dire che avevo travisato le sue parole, lui fu onesto, disse: “Bernardini non ha cambiato una virgola”», ha raccontato Bernardini al Corriere. «Era un uomo coraggioso Edoardo». Inquieto, sensibile, colto, estremamente fragile, Edoardo Agnelli fu sicuramente il più irregolare dell’intera dinastia, un tipo che i suoi compagni di studi in America chiamavano “Crazy Eddie”. Bernardini non tralascia nulla. Dentro ci sono i tormentati rapporti con le donne, tra i quali spicca la storia d’amore con una ragazza di nome Francesca che a un certo punto rimane incinta ma di un figlio non suo. L’anaffettività dei genitori: la madre che preferisce curare i propri giardini e presta maggiore attenzione ai cani husky, il padre che una sera lo fa chiamare, gli dice di prepararsi per andare a vedere assieme la partita allo stadio, e poi non si presenta. Lo stretto rapporto che lo legava al cugino (ed erede designato) Giovanni Alberto detto Giovannino, una specie di John John Kennedy torinese, morto anche lui giovanissimo per un cancro fulminante: «Se oggi fosse vivo Giovannino, lo sarebbe sicuramente anche Edoardo». Una vita trascorsa ai margini, in totale riservatezza, fino all’episodio di Malindi, quando Edoardo venne arrestato in Kenya, trovato con addosso dell’eroina e riportato in fretta e furia a casa da un paio di uomini di fiducia della famiglia tra cui un misterioso personaggio «dall’impeccabile blazer blu». Una storia triste, un romanzo senza lieto fine, quello scritto da Bernardini, che racconta la parabola sofferta di un uomo considerato dalla sua stessa famiglia inadatto, unfit, a guidare l’impero.

Edoardo Agnelli e gli altri celebri rampolli infelici o maledetti
La copertina del libro di Bernardini edito da Aliberti.

La nuova vita di Lapo Elkann 

Quella di Edoardo Agnelli non è l’unica storia di rampolli infelici e maledetti. Sempre in casa Agnelli, ad esempio, Lapo Elkann, figlio di Margherita (sorella di Edoardo) ed Alain Elkann, è finito spesso al centro delle cronache a causa dei demoni con cui da sempre si è trovato a combattere. «La mia sensibilità e la mia grande forza di volontà mi hanno aiutato. Non ho paura delle mie fragilità», ha dichiarato tempo fa a Vanity Fair. «Ho imparato ad accettare me stesso e a chiedere aiuto. C’è voluto del tempo ma oggi sto bene con chi sono». E sembra che finalmente Lapo sia riuscito a far pace con se stesso. Anche grazie anche alla moglie Joana Lemos, ex pilota di rally, con la quale l’ex enfant terrible si è sposato il giorno del suo 44esimo compleanno.

Edoardo Agnelli e gli altri celebri rampolli infelici o maledetti
Lapo Elkann e Joana Lemos sul red carpet di Venezia nel 2022 (Getty Images).

La ‘maledizione’ dei Kennedy

Non tutte le storie di questo tipo però hanno un lieto fine. Basta ricordare i Kennedy. Intorno al nome della celebre dinastia americana sono sorte dicerie, fino a parlare di vera e propria maledizione. I due fratelli John Fitzgerald e Robert morirono assassinati nel 1963 e 1968. l figlio di JFK e di Jacqueline John John morì con la moglie Carolyn Bessette e la cognata Lauren in un incidente aereo nel 1999. Michael Kennedy, il sesto degli 11 figli di Robert ed Ethel, morì nel 1997 a causa di un incidente sulle piste da sci del Colorado. Suo fratello David era morto di overdose nel 1984. E la lista, tra incidenti e morti più o meno accidentali, potrebbe continuare.

Edoardo Agnelli e gli altri celebri rampolli infelici o maledetti
John F. Kennedy Jr con la moglie Carolyn (Getty Images).

La tragica fine di John Paul Getty III

Altrettanto tragica fu la fine di John Paul Getty III, nipote dell’allora uomo più ricco del mondo e fondatore della Getty Oil, che morì nel 2011 a 54 anni, triste e solo, nella sua tenuta nel Buckinghamshire. Erede della dinastia di petrolieri americani visse la sua intera vita all’ombra della sua stessa famiglia. Rapito a Roma nell’estate del 1973 nella zona di Piazza Farnese da una cosca della ‘Ndrangheta calabrese venne rilasciato dopo cinque mesi di prigionia con un orecchio mutilato. Alla richiesta del riscatto il nonno rispose: «Ho 14 nipoti e se pago per uno, prima o poi, mi rapiscono anche gli altri». Poi il vecchio pagò la cifra record di 2,9 milioni di dollari, che prestò al figlio chiedendone la restituzione con un tasso d’interesse del 4 per cento. Costretto su una sedia a rotelle dall’età di 24 anni, dopo un micidiale cocktail di oppio, valium e metadone che lo aveva reso anche cieco, Getty jr non uscì mai dal tunnel imboccato dopo il rapimento. La sua storia è raccontata nel film del 2017 Tutti i soldi del mondo, diretto da Ridley Scott e dalla serie Trust, diretta dal regista britannico Danny Boyle.

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