Daily Archives: 2 Luglio 2023

Scomparsa, stasera la prima puntata su Rai 1: trama e cast della fiction

Stasera 2 luglio 2023 su Rai 1, alle ore 21.25, andrà in onda la prima puntata della fiction Scomparsa. Si tratta di una serie composta da 12 episodi dalla lunghezza di 50 minuti che è stata realizzata da Endemol Shine con protagonista Vanessa Incontrada. È incentrata sulla sparizione di una ragazza, Camilla, che viene cercata con insistenza dai suoi genitori e in particolare dalla madre, che fa di tutto per avere indizi su di lei. La fiction sarà disponibile in streaming e on demand anche sulla piattaforma Rai Play.

Scomparsa, stasera la prima puntata della nuova fiction su Rai 1, ecco trama, cast e informazioni al riguardo.
Vanessa Incontrada in una scena della fiction (Facebook).

Scomparsa, la trama della fiction in onda stasera 2 luglio 2023 su Rai 1

Siamo a San Benedetto del Tronto, poco prima dell’inizio di una nuova stagione estiva. Nora Telese (Vanessa Incontrada) è una psichiatra che si è trasferita da poco in questa nuova località insieme a sua figlia Camilla (Eleonora Gaggero). Le due hanno un rapporto molto stretto come madre e figlia e si considerano amiche. Infatti, nonostante la differenza di età, si parlano spesso e si raccontano la loro giornata. Camilla è una ragazza responsabile e anche abbastanza matura ma le cose cambiano improvvisamente quando decide di andare a una festa accompagnata dall’amica Sonia (Pamela Stefana). Infatti, dopo il party le due giovani scompaiono nel nulla. Non si hanno più tracce di loro e l’unico indizio della loro presenza è la borsa di Camilla, ritrovata in un campo a diversi chilometri di distanza dal luogo della festa e da San Benedetto del Tronto.

La polizia, dopo essere stata allertata, si mette subito sulle tracce delle due ragazze. A coordinare le indagini ci pensa il vicequestore aggiunto Giovanni Nemi (Giuseppe Zeno), che si interfaccia con Nora e allo stesso tempo cerca costantemente indizi per ricostruire la vicenda. La storia delle due giovani scomparse colpisce l’intera comunità che si attiva per poter dare una mano a Nora a ritrovare la figlia. Diversi personaggi cercano di fare la loro parte nelle ricerche, dal ristoratore Amir (David Sef) al maestro di windsurf (Simon Grechi). Tuttavia la vicenda farà scoprire a Nora che la giovane le nascondeva molti segreti. Allo stesso tempo, anche coloro che fanno parte della comunità hanno molti segreti e a poco a poco verranno fuori tutti i loro scheletri nell’armadio.

Scomparsa, il cast della fiction 

Protagonista principale di questa fiction è l’attrice e conduttrice di origini spagnole Vanessa Incontrada. Dopo il grande successo come conduttrice ha deciso di lanciarsi in questa nuova carriera ,e prima di tale fiction, aveva recitato anche nel film Non c’è Campo di Federico Moccia. Al suo fianco, nel ruolo di sua figlia, c’è la giovane attrice Eleonora Gaggero, conosciuta dai più giovani principalmente per il suo ruolo nella sitcom targata Disney Channel Alex & Co. e per il piccolo ruolo nel film Fratelli Unici con Raoul Bova. Ha grande importanza nella fiction anche il personaggio interpretato da Giuseppe Zeno, il vicequestore Giovanni Nemi. L’attore non è nuovo a fiction di questo genere visto che nel corso della sua carriera ha preso parte a opere come Incantesimo, Il paradiso delle signore, Un posto al sole e L’onore e il rispetto.

Scomparsa, stasera la prima puntata della nuova fiction su Rai 1, ecco trama, cast e informazioni al riguardo.
L’attrice Vanessa Incontrada (Getty Images).

Nel cast della serie recita anche l’ex concorrente del reality show Grande Fratello Simon Grechi, protagonista in altre fiction come Carabinieri e Le Tre Rose di Eva. Tra gli altri membri del cast ci sono Pamela Stefana, Federico Russo, Romano Reggiani, Saul Nanni, Fabio Camilli, Euridice Axen, Marco Cocci e Alberto Molinari. Per i fan di Un posto al sole c’è anche una sorpresa, visto che potranno riconoscere tra i membri del cast la bella Clotilde Sabatino.

Brenda Cuomo, ritrovata a Napoli la 23enne scomparsa

Dopo ore di paura e di apprensione, Brenda Cuomo, la 23enne scomparsa venerdì 30 giugno dalla frazione Capriglia di Pellezzano (Salerno), è stata ritrovata. La ragazza era alla guida della sua automobile, una Clio Bianca, rintracciata a Napoli nel primo pomeriggio di oggi, domenica 2 luglio, da una pattuglia dell’ufficio prevenzione generale della questura di Napoli in via Firenze, angolo corso Novara, direzione piazza Garibaldi. Le forze dell’ordine, dopo il riconoscimento, hanno accompagnato Brenda a casa.

Si trovava a Napoli Brenda Cuomo, la 23enne scomparsa venerdì 30 giugno nel Salernitano. La giovane è in buone condizioni di salute.
Brenda Cuomo (foto Facebook).

La scomparsa e la denuncia dei genitori

L’ultima ad aver avuto un contatto con la giovane era stata la madre. Brenda l’aveva chiamata nel primo pomeriggio di venerdì 30 giugno per avvisarla che non sarebbe andata al lavoro perchè si stentiva stanca, poi più nulla. Al momento del rientro a casa da parte della madre, nessuna traccia della figlia. Immediato l’allarme alle forze dell’ordine che hanno provveduto ad attivare i servizi di ricerca in collaborazione con carabinieri e Polizia di Stato. Alcuni degli amici più cari avevano riferito di averla vista turbata negli ultimi tempi.

Sconosciuti i motivi dell’allontanamento

Non si conoscono i motivi che hanno portato Brenda Cuomo ad allontanarsi da casa, anche se l’ipotesi più accreditata è quella di un gesto volontario. Proprio nella serata di sabato la madre, Monica Iannicelli, aveva scritto un post alla figlia: «Mi basta sentire solo la tua voce, ti prego, anima mia, non lasciarmi così! Qualsiasi cosa la sistemiamo insieme come sempre… chiamami, ti scongiuro».

 

La scalata di Uniqlo e i segreti del fondatore Tadashi Yanai

«Dobbiamo soddisfare tutti i tipi di persone, siano essi miliardari, appartenenti alla classe media, o a quella più bassa. Se non ci rivolgiamo a tutte le persone non possiamo avere successo». L’obiettivo di Tadashi Yanai è sempre stato ambizioso: competere con i grandi gruppi del fast fashion, come H&M, Zara, Gap e Mark & Spencer, ma rivolgendosi a una clientela più ampia possibile. Con il fine ultimo di diventare il numero uno al mondo nel settore dell’abbigliamento. Yanai, classe 1949, non è più un giovane imprenditore di belle speranze. Ha costruito un impero sulla vendita di vestiti e così è diventato l’uomo più ricco del Giappone, con un patrimonio netto stimato tra i 34 e i 38 miliardi di dollari. È fondatore e presidente della Fast Retailing, il gruppo che controlla il gigante dell’abbigliamento Uniqlo e altri marchi, tra cui J Brand, Helmut Lang, Theory, Comptoir des Cotonniers, Princess tam.tam.

La scalata di Uniqlo e i segreti del fondatore Tadashi Yanai
Negozi Uniqlo in Giappone (Getty).

L’inizio con utensili da cucina e vestiti maschili

Oggi Mr. Tadashi vive in una casa di 1.540 metri quadrati, dal valore di 50 milioni di dollari, nei boschi fuori Tokyo, possiede un’altra casa da 74 milioni di dollari nel quartiere di Shibuya, nel cuore della capitale giapponese, e due campi da golf alle Hawaii, dove ogni estate vi trascorre tre settimane per cimentarsi nel suo hobby preferito. È passato tanto tempo quando, da giovane, in un Paese devastato dalle follie nazionaliste post Seconda guerra mondiale, abitava sopra il negozio di abbigliamento maschile del padre, a Ube, in una piccola città nella prefettura di Yamaguchi. Kanichi Yanai era un sarto e gestiva il Men’s Shop Ogori Shoji, che negli Anni 70 avrebbe aperto altri negozi in diverse località. Il giovane Tadashi si è laureato in economia e scienze politiche presso la Wasada University nel 1971. «All’epoca avrei preferito non lavorare per tutta la vita. È così che ero. Mio padre mi ha chiesto di trovare lavoro e purtroppo ne ho trovato uno», ha raccontato. Ha iniziato a vendere utensili da cucina e abbigliamento maschile in un supermercato della catena Jusco per poi, dopo un anno, entrare nell’azienda del padre.

La scalata di Uniqlo e i segreti del fondatore Tadashi Yanai
Tadashi Yanai col testimonial Roger Federer (Getty).

Nel 1984 aperto il primo negozio a Hiroshima

La carriera di Yanai è dunque iniziata in maniera quasi casuale. Col tempo, il futuro re dell’abbigliamento asiatico è diventato presidente della catena Men’s Shop Ogori Shoji. Nel 1984 ha fondato una sua creatura, Unique Clothing Warehouse, abbreviata in Uniqlo, e aperto il primo negozio a Hiroshima. Qualche anno dopo, nel 1991, ha cambiato il nome dell’azienda del padre in Fast Retailing, per riflettere la strategia di espansione della catena di abbigliamento. La strada era tracciata. Nel 1996, Yanai aveva già aperto più di 200 negozi Uniqlo in tutto il Giappone. Nel 1998, a Tokyo se ne contavano 2 mila. Il ritmo di espansione era pazzesco, arrivando persino alle 300 aperture all’anno. Per capire l’entità del fenomeno, nel 1998 un giapponese su quattro aveva acquistato il prodotto più popolare del marchio: una giacca in pile da 15 dollari. Si trattava di un successo enorme, che nel 2001 spinse Yanai ad avventurarsi all’estero. Al momento ci sono più di 2.400 negozi in 25 Paesi. L’inconfondibile scritta rossa su sfondo bianco è apparsa anche nelle strade delle grandi città europee. Per la cronaca, Uniqlo ha aperto il primo (e al momento unico) negozio in Italia nel 2019, a Milano, in piazza Cordusio.

La scalata di Uniqlo e i segreti del fondatore Tadashi Yanai
Il patrimonio del fondatore di Uniqlo è stimato tra i 34 e i 38 miliardi di dollari (Getty).

Il concetto di Lifewear, ossia abbigliamento per la vita

Uniqlo ha saputo trasformare la sua immagine iniziale, quella di una catena a basso prezzo che aveva costruito la sua reputazione su prezzi economici vestiario. «Non mi interessa essere il più economico. Voglio essere apprezzato per aver offerto bei vestiti. Essere conosciuti per essere a buon mercato è triste», ha affermato Yanai. Ci sono infatti differenze sostanziali tra Uniqlo e le concorrenti del settore. Il brand giapponese non segue i calendari di vendita degli altri marchi di fast fashion; al contrario, la sua programmazione viene guidata dallo sviluppo dei prodotti anziché dalle tendenze del momento. Punta sullo stile minimale e funzionale dei capi. Produce abiti semplici, efficienti e intrisi di innovazione tecnologica, tre caratteristiche tipiche del made in Japan. Lo stile, invece, è pensato per adattarsi e migliorare ogni ambito della vita, ed è per questo che Uniqlo ha sposato il concetto di Lifewear, ossia abbigliamento per la vita.

La scalata di Uniqlo e i segreti del fondatore Tadashi Yanai
Uniqlo è arrivato a competere con i grandi marchi di abbigliamento (Getty).

Il successo di cashmere e biancheria intima termica Heattech

La grande svolta dell’azienda è arrivata nel 2004, con la nuova Dichiarazione di qualità globale, una promessa di smettere di produrre prodotti a basso prezzo e di bassa qualità. «Uniqlo non è un’azienda di moda. È un’azienda tecnologica», ama ripetere il fondatore. Da quel momento in poi, ha iniziato a produrre cashmere e la biancheria intima termica Heattech, ancora adesso due delle sue categorie di maggior successo. Oltre che per la sua coloratissima maglieria in cashmere e merino, Uniqlo è diventata famosa per i suoi piumini leggeri, il suo denim giapponese, realizzato con tecniche tradizionali e, sempre di più, per le sue camicie. L’azienda ha inoltre rafforzato la collaborazione con il gigante dell’innovazione Toray per creare tessuti tecnologicamente capaci di soddisfare le esigenze climatiche e pratiche. «Non sono mai veramente soddisfatto di niente perché questo mondo è in continua evoluzione. Se continui a salire, vedrai un’altra montagna più alta. Sali su quella vetta e ne vedi un’altra. Alla fine morirò perché questa è la vita. Ma sto scalando montagne perché mi piace farlo», ha ammesso Yanai, pronto a scalare un’altra montagna.

F1 Austria, Verstappen trionfa a Spielberg

Max Verstappen vince il Gran premio d’Austria di F1 a Spielberg, decima tappa stagionale del mondiale. Sul podio anche la Ferrari di Charles Leclerc e l’altra Red Bull di Sergio Perez che si guadagna il terzo posto. Per il pilota Verstappen si tratta della 42esima vittoria in carriera, nonostante Leclerc non gli abbia reso le cose facili. Al terzo mondiale, Super Max sembra ormai non avere rivali. Sarà possibile vedere la replica della corsa della F1 sul tracciato del Red Bull Ring sul canale 8 del digitale terrestre a partire dalle ore 19.

Super Max vince il Gran premio di F1 in Austria. Terza la Ferrari di Lecrerc e l'altra Red Bull di Perez. La replica della gara sul canale 8.
Max Verstappen (Getty Images).

L’ordine di arrivo del Gran premio di F1

  1. Max VERSTAPPEN (Red Bull Racing)
  2. Charles LECLERC (Ferrari) +5.155
  3. Sergio PEREZ (Red Bull Racing) +17.188
  4. Carlos SAINZ (Ferrari) +21.377
  5. Lando NORRIS (McLaren) +26.327
  6. Fernando ALONSO (Aston Martin) +30.317
  7. Lewis HAMILTON (Mercedes) +39.196
  8. George RUSSELL (Mercedes) +48.403
  9. Pierre GASLY (Alpine) +57.667
  10. Lance STROLL (Aston Martin) +59.043
  11. Alexander ALBON (Williams) +69.767
  12. Esteban OCON (Alpine) 1 L
  13. Logan SARGEANT (Williams) 1 L
  14. Guanyu ZHOU (Alfa Romeo) 1 L
  15. Nyck DE VRIES (AlphaTauri) 1 L
  16. Valtteri BOTTAS (Alfa Romeo) 1 L
  17. Oscar PIASTRI (McLaren) 1 L
  18. Yuki TSUNODA (AlphaTauri) 1 L
  19. Kevin MAGNUSSEN (Haas F1 Team) 1 L
  20. Nico HULKENBERG (Haas F1 Team) ritirato

 

 

 

 

Morto Francesco De Bartolomeis, il pedagogista del tempo pieno in Italia

Si è spento il 29 giugno, Francesco De Bartolomeis, antifascista dichiarato e decano dei pedagogisti italiani, considerato un innovatore, oltre che cultore della materia. Uno degli apporti più importanti che diede al mondo della scuola  fu il metodo dei laboratori scolastici e del tempo pieno. La notizia della morte, avvenuta all’età di 105 anni, è stata data dalla nuora, l’ex senatrice del Pd Vittoria Franco, a esequie già avvenute.

Si è spento all'età di 105 anni, Franscesco De Bartolomeis, il pedagosista fautore del tempo pieno in Italia.
Francesco De Bartolomeis (foto Facebook).

Francesco De Bartolomeis, vita e pubblicazioni

De Bartolomeis è stato docente di pedagogia all’Università di Torino dal 1956 al 1988. Appassionato della sua materia, la pedagogia, negli anni Cinquanta e Sessanta si adoperò per far conoscere anche in Italia i più importanti studiosi europei e nordamericani, riuscendo anche a farli pubblicare dagli editori con cui collaborava come Loescher e Nuova Italia. Tra le sue numerose pubblicazioni vi sono La pedagogia come scienza (La Nuova Italia, 1953), La ricerca come antipedagogia (Feltrinelli, 1969) e Il sistema dei laboratori (Feltrinelli, 1978).

Nel 1972, all’Università di Torino, inizia la sperimentazione dei laboratori per mettere a punto una strategia di sviluppo per apportare delle innovazioni nella scuola ordinaria. Il sistema dei laboratori da lui elaborato diventò l’ossatura del tempo pieno a scuola. Nel 1975 il Partito Comunista torinese lo candida come indipendente in Consiglio comunale. In accordo con l’assessore all’istruzione Gianni Dolino avvia l’iniziativa del tempo pieno e delle mense scolastiche nelle scuole torinesi.

 

Pescara, muore soffocata da un boccone al pranzo di nozze del figlio

La tragedia è avvenuta a Serramonacesca, in provincia di Pescara, nella giornata di ieri, sabato 1 luglio, durante un pranzo di nozze. Mentre i neo sposi e gli invitati erano seduti a tavola, un boccone è andato per traverso alla madre dello sposo. La donna ottantacinquenne si è spenta per soffocamento davanti agli occhi dei presenti.

Doveva essere un giorno di festa per le nozze del figlio, ma durante il pranzo la madre dello sposo è morta soffocata per un boccone.
Ambulanza Croce rossa (foto Imagoeconomica).

Le difficoltà respiratorie e il decesso

Le persone sedute accanto alla madre dello sposo, si sono accorte subito di quanto stava accadendo, dando immediatamente l’allarme. Nonostante la tempestività dei soccorsi – qualcuno tra gli invitati ha provato anche la manovra di Heimlich – per la donna non c’è stato nulla da fare. Il sospetto è che a causare l’improvviso decesso sia stato un pezzo di prosciutto. Le autorità non hanno aperto alcun fascicolo di indagine e la salma è stata riconsegnata ai familiari per i funerali.

Chiara Gualzetti, morta anche la madre della ragazza uccisa da un coetaneo

E’ mancata nella notte tra sabato 1 e domenica 2 luglio, Giusy Gualzetti, la madre di Chiara assassinata due anni fa, all’età di 15 anni nel parco dell’Abbazia di Monteveglio, a Bologna, da un suo coetaneo. La notizia della scomparsa è stata diffusa dallo stesso marito della donna e papà di Chiara, Vincenzo Gualzetti, al fianco della moglie in questi mesi di malattia.

La donna era malata da circa 15 mesi. A dare la notizia il marito e papà di Chiara, con il quale si era sposata un mese fa.
Vincenzo Gualzetti, la moglie Giusy e la figlia Chiara (foto Facebook).

L’annuncio del marito sui social

Con un post pubblicato su Facebook, nella pagina Giustizia per Chiara, il marito di Giusi Gualzetti ha annunciato la morte della donna: «Purtroppo oggi una cattiva notizia che mai avrei voluto dare. Anche Giusy è volata via. Dopo 15 mesi di lotta contro la malattia stanotte si è spenta. Sono sicuro che ora sia di nuovo con Chiara. Non ho parole. Continuo a dire che mi sembra di vivere un incubo».

La morte di Chiara e la malattia della madre

Solo un mese fa, la coppia aveva deciso di sposarsi. Le nozze, celebrate in ospedale dal sindaco Daniele Ruscigno per via delle precarie condizioni di salute della donna, erano un desiderio della figlia: «Siamo sicuri che oggi era lì vicino a noi». Anche il primo cittadino ha dedicato delle parole di cordoglio con un post sui social, scrivendo «Con grande dolore apprendiamo della scomparsa di Giusy, la mamma di Chiara Gualzetti».

E prosegue: «Il nostro ultimo incontro risale a pochi giorni fa quando con emozione ho celebrato il matrimonio tra lei e Vincenzo. Giusy e Vincenzo, colpiti dal più grande dei lutti, hanno dedicato quella giornata e i sorrisi che l’hanno accompagnata, alla loro Chiara. Giusy ha combattuto fino all’ultimo, con determinazione e una forza straordinaria. La stessa con la quale ha affrontato questi anni terribili. Ora che ci ha lasciato, ci stringiamo come intera comunità a Vincenzo, condividendo il suo dolore».

Sparatoria di massa a Baltimora: due morti e 28 feriti

È di due morti e 28 feriti il bilancio della sparatoria avvenuta a Baltimora, negli Stati Uniti. Tre delle persone coinvolte sarebbero ricoverate in gravi condizioni. I colpi da arma da fuoco sarebbero stati esplosi, come riportato dalla CNN, durante una festa di quartiere.

Una tranquilla festa di quartiere si è trasformata in tragedia a Baltimora, dove è avvenuta una sparatoria che ha causato due morti e 28 feriti .
Forze di polizia, Stati Uniti (Getty Images).

Nessun indizio sul movente

Richard Worley, commissario ad interim del dipartimento di Polizia locale ha confermato, durante una conferenza stampa, i numeri forniti relativi a morti e feriti, aggiungendo che non ci sono ancora indizi o sospetti sul movente del gesto.

Sindaco di Baltimora: «atto sconsiderato e codardo»

Brandon Scott, il sindaco di Baltimora, ha parlato di «un atto sconsiderato e codardo che ha cambiato per sempre le vite delle persone coinvolte». Scott ha riferito alla CNN che la sparatoria mette in evidenza la necessità di affrontare l’eccessiva diffusione di armi illegali. Il primo cittadino ha poi rivolto un appello alla comunità «Chiunque avesse informazioni per aiutare a trovare i responsabili si faccia avanti».

 

Funky Nothingness, l’ultimo regalo di Frank Zappa

Curato, come è avvenuto sinora praticamente per tutta la produzione post mortem di Frank Zappa, dal figlio Ahmet e da Joe Travers (e con un un mastering di altissimo livello curato da John Polito), a 30 anni dalla scomparsa del compositore e musicista americano, è appena uscito Funky Nothingness. Di per sé, la cosa non farebbe particolare notizia, visto che, ormai, gli album pubblicati dopo la scomparsa del genio di Baltimora hanno superato quelli pubblicati in vita (siamo ormai oltre i 70, contro la cinquantina o poco più pubblicati dal 1966 al 1993, anno, appunto, della morte di Zappa). Ma in questo caso, il nuovo lavoro merita particolare attenzione: non solo presenta molte tracce inedite e rare (23 sulle 25 presenti in vari formati, dal cd al vinile), ma propone un materiale che, come cita la comunicazione ufficiale della Zappa Records, era stato selezionato dallo stesso Zappa come potenziale sequel di Hot Rats, ovvero l’album se non più celebre, sicuramente il più iconico di tutta la sua sterminata produzione.

Funky Nothingness, l'ultimo regalo di Frank Zappa
La copertina di Funky Nothingness.

Una band stellare: Underwood, Sugarcane Harris, Bennett e Dunbar

Sin dall’inizio della sua carriera musicale, Zappa si era reso conto di quanto fosse importante registrare tutto il possibile, che fosse una jam session improvvisata in studio o una performance live. In questo caso, si tratta di una serie di session svoltesi tra febbraio e marzo del 1970 presso il Record Plant di Los Angeles, all’epoca fresco di apertura. Protagonisti, quattro straordinari musicisti, Ian Underwood (tastiere, sassofono, chitarra ritmica), Max Bennett (basso), Don Sugarcane Harris (violino, organo e voce) e Aynsley Dunbar (batteria). Gli stessi che, l’anno prima, avevano suonato nella maggior parte dei brani registrati per Hot Rats, l’album, prevalente strumentale, che aveva consacrato Zappa e i Mothers of Invention come protagonisti della scena mondiale del rock. In realtà, non è facile stabilire quanto questa formazione avesse provato e registrato, ma è probabile che i musicisti si fossero ritrovati per ben più a lungo, se è vero, come ha scritto Ken Dryden su All about jazz, che «la band aveva chiaramente una padronanza delle nuove composizioni e degli arrangiamenti di Zappa, suonandoli con l’intensità di repertorio abituale di un set live».

Funky Nothingness, l'ultimo regalo di Frank Zappa
Zappa nel 1969 (Getty Images).

Blues, R&B a go-go e molte chicche

Zappa aveva già selezionato i brani migliori e li aveva mixati per una futura pubblicazione ma, vuoi per il molto tempo passato a comporre, provare con le varie band, andare in tour, vuoi perché in quello stesso anno aveva incontrato sulla sua strada Howard Kaylan e Mark Wolman (“Eddy & Flo”) e con loro si era buttato a capofitto nella realizzazione di un altro straordinario album, Chunga’s Revenge, quel materiale è rimasto sepolto negli archivi fino a oggi. Senza contare che, sempre in quel periodo, il compositore stava altrettanto alacremente lavorando a 200 Motels, l’opera orchestrale (poi anche colonna sonora dell’omonimo film) che sarà eseguita in anteprima al Pauley Pavilion dell’UCLA il 15 maggio 1970 dalla Filarmonica di Los Angeles diretta da Zubin Mehta. Funky Nothingness regala quindi ai fan di Frank Zappa una vera “perla” d’epoca. Propone, soprattutto, materiale relativo alle radici blues e R&B del compositore, generi che non aveva mai smesso di esplorare, e che Hot Rats propone spesso in un suggestivo impasto con rock e soprattutto jazz. C’è quindi un po’ tutto il classico “repertorio” appunto blues (sia acustico che elettrico) e non mancano gli omaggi alle canzoni R&B vintage degli Anni 50 (tanto amate da Zappa). Basta ascoltare il gioioso medley di due successi di Hank Ballard, Work With Me Annie e Annie had a Baby, per cogliere tutta l’ammirazione del genio di Baltimora per questo tipo di produzione musicale. E propone alcune chicche davvero impagabili. Per esempio l’esteso “workhout” (12 minuti) di I’m a Rollin’ Stone del bluesman Lightnin Slim, in cui, oltre a suonare la chitarra, Zappa è impegnato come voce principale. Per gli zappofili potrebbe essere interessante godersi quella voce, perché sarà, tutto sommato, una delle ultime occasioni: nel dicembre dell’anno successivo (1971), a seguito di una rovinosa caduta dal palco, durante un concerto al Rainbow Theatre di Londra, procuratagli dall’aggressione un giovane spettatore (pare ingelosito per alcuni apprezzamenti rivolti da Zappa alla sua fidanzata), oltre a riportare fratture multiple alle gambe, trauma cranico, ferite alla schiena e al collo che lo costringeranno a quasi un anno di forzata semi-immobilità, il musicista si ritroverà con uno schiacciamento della laringe che gli abbasserà per sempre la voce di mezza ottava.

Funky Nothingness, l'ultimo regalo di Frank Zappa
Frank Zappa è nato a Baltimora il 21 dicembre 1940 e morto a Los Angeles il 4 dicembre 1993 (Getty Images).

The Clap con Zappa batterista 

Altra curiosità è il brano The Clap (ripreso poi su Chunga’s Revenge), un assolo di percussioni suonato dallo stesso Zappa che, nelle due versioni del brano (una di 11, e una di quattro minuti), dimostra tutta la sua attrazione per i poliritmi e le soluzioni percussive più originali. Del resto, come sanno gli zappofili più incalliti, prima di “scoprire” la chitarra, Zappa era nato come batterista e, 14enne, si esibiva come tale con la sua prima band, i Ramblers. Vero «tesoro» (parola di Ken Dryden) di Funky Nothingness è però la doppia esecuzione (due versioni, più una falsa partenza, inserita probabilmente per interesse “storico”), di Twinkle Tits, una poco conosciuta eppure straordinaria jam session strumentale «che fonde diversi generi in una forza esplosiva». La versione migliore è probabilmente la n. 5, che in 16 minuti propone, dopo un’introduzione esotica di influenza quasi mediorientale (che include un po’ di pianoforte honky-tonk, un basso acustico, marimba e chitarra), una dominante virata molto bluesy, mentre Harris e Zappa si alternano con assoli di energia pazzesca.

Il boogie della Transilvania e altri inediti

Ma non è finita qui: c’è un’altra “scoperta”, quella di un master inedito di 18 minuti di uno dei capolavori zappiani, Transylvania Boogie, che suona molto diverso dalla versione pubblicata su Chunga’s Revenge, anche se gli ultimi cinque minuti sembrano essere stati utilizzati per la traccia base dell’LP originale. Zappa domina la scena con una lunga e trascinante improvvisazione, mentre la sezione ritmica mantiene il “fuoco”, come si dice, per tutta la durata della jam, con un sublime assolo di organo bluesy di Underwood. Ci sono poi anche due versioni inedite di Sharleena (sempre pubblicata poi su Chunga’s Revenge) e due bonus, Halos and Arrows, un affascinante brano strumentale con due chitarre separate, chitarra ritmica e basso, e Khaki Sack. Come si vede, insomma, non mancano i motivi per scoprire un lavoro che si segnala probabilmente come una delle cose migliori e più interessanti della produzione zappiana postuma fin qui realizzata.

Roma, contromano con un suv sulla Laurentina. Morta una donna

Viaggiavano contromano a bordo di un suv Telsa, i cinque ragazzi che nel pomeriggio di sabato primo luglio si sono schiantati contro una Lancia Y. A bordo dell’utilitaria la 67enne Simona Cardone, morta a causa del violento impatto. Due dei giovani sono rimasti feriti e portati in ospedale, ma non sarebbero in pericolo di vita, come riportato da RomaToday.

L'incidente è avvenuto nel pomeriggio di ieri, sabato primo luglio, sulla via Laurentina. Alla guida del potente suv, un giovane ventenne.
Ambulanza (Getty Images).

Incidente Laurentina: un ventenne alla guida del suv

Il terribile incidente è avvenuto intorno alle 18.30 nella zona a sud est della città, al chilometro 21, in direzione Pomezia della via Laurentina. Sul posto sono intervenuti i vigili del fuoco, il personale del 118 e gli agenti del gruppo Eur per i rilievi e i controlli. Alla guida della Tesla vi era un giovane romano di 20 anni, sottoposto ai test di alcol e droga. Su quanto accaduto è intervenuto Paolo Colangelo, presidente della Confarca, confederazione delle autoscuole, come riportato dal quotidiano: «Bisogna essere ancora più attenti nella guida di questi veicoli, poiché possono essere sottovalutati, soprattutto da chi è alle prime armi al volante, e raggiungere velocità elevate in pochissimo spazio di tempo».

Colangelo: «Servono corsi di sensibilizzazione alla sicurezza stradale»

Il presidente Confarca ha concluso ribadendo la necessità di introdurre «corsi di sensibilizzazione alla sicurezza stradale da effettuare dagli insegnanti delle autoscuole all’interno delle scuole guida. Il Codice della strada, lo ricordiamo, demanda a tali figure professionali la formazione per il conseguimento della patente, ma anche per la sicurezza stradale. Inoltre, il mercato delle auto è in evoluzione, si conoscono pochissimo le vetture ibride ed elettriche e vi è una gran necessità di aggiornamento e, soprattutto, di impartire nozioni di sicurezza stradale per scongiurare nuovi, drammatici incidenti mortali».

Coach Carter stasera su Canale 5: trama, cast e curiosità

Stasera 2 luglio 2023 andrà in onda, su Canale 5 alle ore 21.35, il film intitolato Coach Carter. La pellicola ha debuttato nei cinema di tutto il mondo nel 2005 e appartiene ai generi drammatico e sportivo. Il film è stato diretto da Thomas Carter mentre la sceneggiatura è stata scritta da Mark Schwahn e John Gatins. All’interno del cast ci sono attori molto famosi come Samuel L. Jackson, Rob Brown, Rick Gonzalez e Channing Tatum.

Coach Carter su Canale 5, ecco trama, cast e curiosità di questo film in televisione stasera 2 luglio 2023.
Coach Carter, interpretato da Samuel L. Jackson (Facebook).

Coach Carter, trama e cast del film in onda stasera 2 luglio 2023 su Canale 5

La trama del film ruota intorno alle vicende di Ken Carter (Samuel L. Jackson), un ex giocatore di basket che dopo il ritiro dal campo ha deciso di aprire un negozio di articoli sportivi. Un giorno, Carter si imbatte nell’offerta per allenare gli Oilers della Richmond High School, sua scuola quando era giovane. L’offerta viene accettata e, durante il suo primo giorno come allenatore, Carter comprende di avere a che fare con ragazzi difficili. Per questa ragione decide di consegnare loro dei contratti con dei termini da rispettare, come avere una buona media voti, sedersi ai primi banchi e presentarsi in giacca e cravatta alle partite. Intanto Damien (Robert Ri’chard), figlio di Carter,  decide di trasferirsi alla Richmond per poter giocare nella squadra del padre. Gli allenamenti di Carter portano tantissimi benefici tanto che gli Oilers diventano una delle squadre rivelazioni del campionato. Difatti, il team conquista una serie di vittorie consecutive e riesce a partecipare a un torneo, vincendolo.

I membri della squadra, però, per dedicarsi al basket stanno trascurando la scuola e prendono brutti voti. Il coach non approva questo comportamento e decidere di sigillare la palestra della scuola, vietando gli allenamenti fino a quando i giocatori non avranno preso buoni voti. La sua scelta viene criticata dai genitori dei ragazzi, che lo trascinano in tribunale e riescono ad avere la meglio dal punto di vista legale. Coach Carter è sconfitto ma continua nel suo compito di allenatore, dal momento che ora viene visto come un mentore dai suoi giovani allievi, anche da Timo Cruz (Rick Gonzalez), un ragazzo che inizialmente non aveva accettato le sue regole. I ragazzi avranno appreso la lezione, riusciranno a migliorare i loro voti e si concentreranno per continuare gli allenamenti, sognando di poter vincere con un record il campionato statale.

Coach Carter, 5 curiosità sul film

Coach Carter, il film adatta una storia vera

Il film adatta la vera storia di Ken Carter, il coach dei miracoli della scuola di Richmond, a Los Angeles. Quando gli fu chiesto dalla produzione quale attore assumere per interpretarlo, Carter rispose senza ombra di dubbio Samuel L. Jackson. Inoltre, il vero coach era presente sul set ogni giorno e si disse soddisfatto dell’interpretazione di Jackson che lo rappresentava al 98 per cento.

Coach Carter su Canale 5, ecco trama, cast e curiosità di questo film in televisione stasera 2 luglio 2023.
L’attore protagonista Samuel L. Jackson (Getty Images)

Coach Carter, la pellicola segna l’esordio sul grande schermo per Channing Tatum

In questo film fa il suo esordio Channing Tatum, che interpreta il ruolo di Jason Lyle. In seguito Tatum diventerà un buon attore e diverrà famoso a livello internazionale grazie alle sue interpretazioni in pellicole come Step Up, Dear John, Magic Mike e 21 Jump Street.

Coach Carter, lo sceneggiatore autore di una serie di successo 

Uno degli sceneggiatori del film è Mark Schwahn. Quest’ultimo ha curato anche le sceneggiature di film come Perfect Score e Costi quel che Costi. Tuttavia, il suo lavoro più famoso è una serie tv, One Tree Hill. Schwahn ha creato questa serie andata in onda dal 2003 al 2012.

Coach Carter, il lavoro faticoso degli attori sul set

Gli attori presenti sul set hanno dovuto svolgere un lavoro faticoso per portare a termine le riprese. Infatti, le scene delle partite venivano riprese da svariate angolazioni e gli attori dovevano ripetere più volte le stesse azioni. Inoltre, per essere simili a dei veri atleti, dovevano allenarsi in palestra per cinque ore al giorno, ogni giorno.

Coach Carter, un successo al box office

Coach Carter nel tempo è diventato un cult, ma ottenne un grande risultato anche al momento del suo debutto nei cinema. Infatti, come riporta Wikipedia, il film è stato realizzato con un budget di 30 milioni di dollari e al botteghino ha guadagnato circa 77 milioni di dollari.

Maxxi, Sgarbi: no a scuse e dimissioni

Tira dritto senza voltarsi il sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi dopo le polemiche scoppiate a seguito della diffusione social dei video legati al suo «discusso» intervento durante la serata al Maxxi, museo nazionale delle arti del XXI secolo, tenutasi martedì 21 giugno a Roma. Intervistato dal cantante Morgan, Sgarbi si è lasciato andare a battute definite sessiste e fuori luogo, scherzando sul numero di donne portate a letto, paragonate a dei trofei, tra parolacce e volgarità, il tutto davanti al presidente del museo Alessandro Giuli.

Il sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi chiude a qualunque possibilità di scuse o di dimissioni. La replica in diretta Instagram.
Vittorio Sgarbi, sottosegretario alla Cultura (Getty Images).

La lettera dei dipendenti del Maxxi

La reazione dei dipendenti del Maxxi è contenuta in una lettera redatta il 28 giugno in cui si legge: «Con rammarico sentiamo di rappresentarle il nostro dispiacere per i contenuti degli interventi del sottosegretario Sgarbi che in nessun modo collimano con i valori che da sempre hanno contraddistinto il nostro lavoro all’interno di questa istituzione, luogo di cultura libera, inclusiva e critica nei confronti di pregiudizi e luoghi comuni. […] Siamo certi che la governance saprà individuare le modalità più idonee per esprimere il proprio dissenso e per il futuro evitare di esporre l’istituzione tutta a simili gravi intemperanze». La richiesta dei dipendenti sarebbe stata tuttavia rigettata dal neo-presidente, come riportato da Domani e le persone firmatarie della lettera sarebbero state convocate personalmente negli uffici di Giuli con la richiesta di fare retromarcia rispetto a quanto dichiarato.

Sgarbi: «Ma di che c***o mi devo scusare?»

Durante la diretta instagram di Conversazioni dal mare, il critico ha chiarito la sua posizione: «Ho passato tutto il giorno a rispondere ai giornali, al Corriere a la Repubblica, che mi chiedevano: “Lei non si scusa”? Ma di che c***o mi devo scusare? Di essermi divertito?». Sgarbi, come riportato da Open, ha parlato di «censura intollerabile», affermando che «la sua attività di conquista è finita: ho 71 anni, sono vecchio, non gioco più. Mi dispiace» e ancora «hanno chiesto di scusarmi, mi hanno detto che sono sessista. Ora mi auguro che le persone che hanno ascoltato il mio intervento possano pensare che si è trattato di una provocazione. Alla domanda di un amico – riferendosi al musicista Morgan – “Quante donne hai avuto?”, ho risposto in modo giocoso. Ebbene oggi risponderò nessuna, sono sempre stato casto, anzi sono vergine».

 

Francia, quinta notte di proteste con 719 arresti

Sono ormai giunte a cinque le notti di caos in Francia, tra incidenti, scontri e incendi, che non accennano a placarsi. Solo nelle ultime ore sono stati ben 719 gli arresti, come riportato dal quotidiano Le Monde. Dopo che la casa del sindaco di Haÿ-les-Roses, in Val-de-Marne, è stata attaccata con un’auto ariete, il primo cittadino ha denunciato quello che ha definito come un tentato omicidio. Disordini a Marsiglia, Nizza, Strasburgo, mentre a Parigi la situazione nella notte è rimasta sotto controllo. Le proteste si sono estese anche in Svizzera dove, nel centro di Losanna, sono stati presi di mira e saccheggiati diversi negozi.

In Francia non si placano le proteste scoppiate dopo la morte del giovane Nohel M. avvenuta martedì scorso per mano di un agente di polizia.
Francia, scontri e proteste (Getty Images).

I funerali di Nahel senza polizia

Si sono svolti ieri, sabato 1 luglio, nella moschea di Ibn Badis, i funerali di Nahel M., il 17enne ucciso a Nanterre da un agente di polizia nella giornata di martedì. Vietato l’ingresso ai giornalisti, per una cerimonia funebre celebrata nel più stretto riserbo. Il corpo del giovane, all’interno di una bara bianca, è stato trasportato a spalla dai suoi parenti per poi essere sepolto nel cimitero di Mont-Valérien. Al funerale non erano presenti poliziotti: l’ordine dei presenti è stato gestito da alcuni funzionari del comune, non armati.

Dispiegamento di blindati ed elicotteri a Marsiglia e Lione

Il ministro dell’Interno francese Gérald Darmanin ha annunciato, nella giornata di sabato, che «enormi mezzi» come blindati ed elicotteri sono stati inviati a Marsiglia e Lione per aumentare la sicurezza e l’ordine pubblico, con il dispiegamento dell’unità del Gign, il gruppo di pronto intervento della gendarmeria. Secondo le dichiarazioni del ministro verranno mobilitati, in tutto il paese, circa 45 mila agenti.

 

 

Fabri Fibra e la rivoluzione del rap nostrano

Proprio negli stessi giorni in cui la casa editrice Castello pubblica Tutti vogliono un fenomeno, la biografia Fabri Fibra scritta dal critico musicale Michele Monina, Universal lancia sul mercato per la prima volta in vinile, a distanza di 17 anni dall’uscita, l’album Tradimento, con cui il rapper di Senigallia nel 2006 debuttava con una major. Dando inizio a una rivoluzione.

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La copertina di Tradimento (dal profilo Fb di Fabri Fibra).

Oggi tutto è rap ma alla fine degli Anni 90 il genere era dato per morto

Oggi il rap è dappertutto, basta accendere la radio, guardare i programmi televisivi e le vetrine dei negozi di streetwear nelle strade delle principali città italiane. Rime a profusione, basi irresistibili, taglie over, capelli colorati, tatuaggi e soprattutto un mare di sneaker. E oggi, anche in Italia, è entrato a far parte del sistema, del mainstream, oltre a essere un’industria capace di generare montagne di utili. Sembra strano ma tutto questo si deve in gran parte proprio a quel ragazzo marchigiano, oggi 46enne, che all’anagrafe risponde al nome di Fabrizio Tarducci. Nel 2006, da solo, con Tradimento, Fabri Fibra riaccese le luci su un movimento ormai dato da tutti per morto e sepolto. La scena, nata intorno alla metà degli Anni 90, era ormai implosa. I gruppi che ne avevano fatto la fortuna non esistevano più: i Sangue misto, sciolti; gli Articolo 31, sciolti; i Sottotono, sciolti. Tanto per citarne alcuni. Restava qualche sparuto manipolo di coraggiosi, che imperterrito continuava a fare rime ritrovandosi in una nicchia fatta di jam e di dischi autoprodotti, totalmente ostracizzata dalle radio e dalle etichette discografiche. Anche il giornale, o meglio la fanzine, AELLE, che di quel mondo era sia il megafono sia il punto di riferimento, era stata costretta a chiudere i battenti.

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Fabri Fibra in concerto (dal profilo Fb).

In fuga dalla provincia

Poi arrivò Fabri Fibra e tutto cambiò. Lo spiega bene Paola Zukar, oggi tra le più importanti manager discografiche italiane, che di AELLE era stata una delle fondatrici, nel suo libro Rap. Una storia italiana, edito da Baldini+Castoldi: «Il disco di Fibra, Mr. Simpatia, è stato la svolta del rap italiano, come una puntata pilota di una serie di successo con il riscontro di critica e pubblico scelto, che poi ha convinto l’industria a produrre la serie intera. È arrivato con la roba giusta nel momento giusto, con determinazione incrollabile, dalla più profonda provincia centro-italiana». Fibra negli ambienti si era già fatto notare a cavallo degli Anni 2000, con alterne fortune: presente in un cult dell’epoca come Novecinquanta, l’album prodotto da Fritz Da Cat, che raccoglieva il meglio tra gli emergenti della scena hip-hop, con gli Uomini di Mare, la sua prima band intrisa di suoni west coast, sempre nello stesso anno aveva pubblicato Sindrome di fine millennio. Lavoro al quale seguì nel 2002 Turbe giovanili, il suo primo album solista, prodotto da un altro mostro sacro dell’ambiente, Neffa. «Era il disco di un ragazzo di provincia, che raccontava la vita di provincia e cercava di uscire dalla provincia. Avevo stampato 1000 copie, scegliendo anche delle lavorazioni costose per l’artwork e mettendoci un sacco di soldi di tasca mia; e le avevo spedite in giro un po’ a tutti quelli che pensavo sarebbero stati interessati a quell’album, nella speranza che succedesse qualcosa. Non successe», raccontò Fibra in un’intervista a Rolling Stone. Con Mr. Simpatia e soprattutto con Tradimento che segnò l’esplosione totale del personaggio invece qualcosa successe, eccome.

Così Fibra ha aperto la strada a Club Dogo e Marracash

Fabri Fibra diventò contemporaneamente il nemico pubblico numero uno e il rapper più odiato in Italia. Pezzi come Rap in guerra, Su le mani, Ogni donna e il contestassimo Cuore di latta, che raccontava la storia di Erika e Omar e dell’omicidio di Novi Ligure, contengono messaggi che ancora oggi affascinano quanto sconvolgono. Le radio iniziarono a trasmettere a nastro il singolo Applausi per Fibra e il disco schizzò in testa alle classifiche. La scena hip-hop si era ufficialmente azzerata e rigenerata dando vita a fenomeni come i Club Dogo prima e Marracash. Quanto a quel ragazzo di Senigallia, ancora oggi è sulla cresta dell’onda e affronta a testa alta la sfida di rimanere uno dei top player del game in un mercato iper giovanilista. Tutto questo senza Tradimento non sarebbe stato possibile.

La triste parabola di Achille Lauro, da rockstar a Fragole

Avevamo lasciato Achille Lauro nei panni della rockstar assoluta. Al Mudec lo scorso anno ha presentato la sua «installazione vivente, tributo alla celeberrima e iconica artista Marina Abramovi?» (parole sue) dopo aver regalato quadri situazionisti come superospite a Sanremo. E coi suoi «Wow» e il suo accento romano era riuscito a strappare un contratto da capogiro alla Warner, lasciando Sony con il famoso cerino in mano.

La triste parabola di Achille Lauro, da rockstar alle Fragole di Love Mi f
La performance di Achille Lauro all’Eurovision 2022 (Getty Images):.

Da ospite di serie B a Sanremo al palco di Love Mi a cantar di Fragole

Certo, Lauro è anche colui che sempre a Sanremo, ma in gara, è andato a fare il battezzatore, che ha cavalcato un toro meccanico all’Eurovision, eliminato per giusta causa, quello che è finito a fare la parodia di se stesso in compagnia di Fedez e Orietta Berti in un tormentone estivo che grida vendetta, e che è tornato a Sanremo per il quinto anno di fila, ma stavolta a cantare in piazza, con quel senso di imbucato tipico di chi non ce l’ha fatta a entrare nel cast ma ha dietro un promoter troppo grosso per non fare almeno un passaggio tv, vedi alla voce Salzano. Poi di colpo ce lo siamo trovati sul palco di Love Mi, la megafesta organizzata da Fedez in piazza Duomo. I maligni dicono megafesta per se stesso, perché a fronte di qualche decina di migliaia di euro dati in beneficenza in tasca delle sue società sarebbero entrati bei soldoni. Prima Lauro ha vestito i panni del truce satanista accompagnato dalla versione hard-discount de La fura del baus, e poi ha duettato con la solita Rose Villain, già vista con Rosa Chemical a Sanremo. Lo stesso Rosa Chemical che sembra aver scippato proprio ad Achille Lauro il ruolo di quello strano ma che fa simpatia, il tutto in una canzone, Fragole, che è un reggaettino all’acqua di rose, tutto allusivo ma per niente incisivo.

Il re del tormentone diventato solo tormento

Non a caso, Achille che per qualche tempo ha fatto milioni di stream e view e che ha anche piazzato bei colpi in classifica, di colpo è diventato uno qualsiasi, scomparendo dalla vetta (anzi, in vetta non ci è mai arrivato, e staziona stancamente al 21esimo posto), seppellito da tormentoni che tali sono realmente e ormai relegato nei panni del tormento. Una canzone, Fragole, sciapa, senza graffio e, diciamolo, anche musicalmente piuttosto spenta, che sembra cristallizzare un momento infelice del cantautore, rimasto orfano del suo manager Angelo Calculli, quello che letteralmente se l’è inventato, e anche dell’ispirazione. Il tutto senza però aver dato luogo – che so? – almeno a uno straccio di autodistruzione, tipica delle rockstar sul viale del tramonto, lui che ha sempre rivendicato la sua appartenenza a un mondo di strada. E invece nulla. Solo la perdita di successo, e forse l’attestazione di un talento che era tale più in virtù di chi lavorava con lui che di lui stesso.

Ci ha fatto credere di essere come Lucifero, un angelo caduto, invece era solo una comparsa nella grande truffa del Rock’n’roll

Essere manipolati da abili strateghi non significa non avere talento: i casi di Elvis e dei Sex Pistols

Faccio un passo indietro a un’estate di molti anni fa. Elvis Presley, vuole la leggenda, viene trovato morto seduto sulla tazza del cesso di Graceland, la sua tenuta da favola a Memphis, Tennessee, un enorme cheesburger ancora stretto tra le mani, portato via da un infarto dovuto proprio agli stravizi, cibo, alcool e via discorrendo. Niente di particolarmente glamour, nel farsi trovare stecchito mentre si è seduti sul water, anche se l’idea che qualcuno dipendente evidentemente da cibo mangi anche in bagno è quantomeno sufficientemente bizzarra per essere l’uscita di scena di una leggenda. Il fatto che il tutto sia accaduto nell’estate del 1977 – cioè proprio l’anno in cui il mondo della musica, mainstream compreso, veniva scosso dalle provocazioni stravaganti dei Sex Pistols e Malcolm McLaren e il punk esplodevae come fenomeno sociologico ancor più che musicale, con la sua carica eversiva fatta della logica del Do It Yourself – non ha certo fatto altre che colorare il tutto di sfumature ulteriormente ambigue: il Re muore quando Johnny Rotten chiede a Dio di salvare la Regina. Elvis Presley e i Sex Pistols, del resto, in maniere giocoforza diverse, sono stati due facce della stessa medaglia. Progetti manipolati da abili strateghi, nel caso di Presley il colonnello Parker, capaci di intercettare un talento e costruirci intorno una carriera per regalare alle masse esattamente quel che le masse volevano. Talenti piegati al sistema, quindi, ma non per questo necessariamente depotenziati. Sicuramente ascrivibili a segmenti di determinati mercati, case history da studiare in uno dei tanti master per chi vuole lavorare nello show business che spuntano fuori come i funghi.

La triste parabola di Achille Lauro, da rockstar alle Fragole di Love Mi f
Achille Lauro (dal profilo Instagram).

Quell’aria da truce satanista nascosta dal motivetto più irrilevante degli ultimi anni

Ora, passare a parlare, tornare a parlare di Achille Lauro dopo aver citato Elvis Presley e i Sex Pistols, ne ho coscienza, è tanto bizzarro quanto pensare a una uscita di scena a cavalcioni sulla tazza di un cesso – Sid Vicious avrebbe seguito Elvis a ruota, morto di overdose con l’ombra dell’omicidio della sua Nancy Spungen a aleggiare su di sé – ma quel che sta capitando al trapper/cantautore romano negli ultimi tempi ha in effetti dell’anomalo, quasi del leggendario: riuscire a passare nel giro di poco tempo da quello che pontifica, citando a memoria le battute di Velvet Goldmine, film di Todd Haynes usato da Calculli come copione del suo percorso artistico dalla trap al mainstream, a cantare di fragole e champagne in compagnia di Rose Villain, l’aria da truce satanista nascosta dal motivetto più irrilevante degli ultimi anni (e stiamo parlando di anni che hanno sfornato musica deprecabile come mai prima), è qualcosa che forse meriterebbe a sua volta un film, forse anche una serie su Netflix, Beppe Fiorello a vestire i suoi panni, titolo di lavorazione: “Wow, la parabola discendente di un aspirante rockstar”. Ci ha fatto credere di essere come Lucifero, un angelo caduto, invece era solo una comparsa nella grande truffa del rock’n’roll.

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