Un aereo delle pattuglia delle Frecce Tricolori è precipitato a San Francesco al Campo, nei pressi dell’aeroporto torinese di Caselle: frammenti del caccia MB.339 hanno colpito una vettura in transito, con a bordo un intero nucleo famigliare. Nello schianto è morta una bambina di cinque anni. Il fratello di nove ha riportato ustioni ed è ora ricoverato all’ospedale infantile Regina Margherita. Feriti anche i genitori.
Terribile incidente a Torino, dove un aereo delle Frecce Tricolori è precipitato durante una esercitazione, uccidendo una bimba di 5 anni e, secondo le prime notizie, ferendo il suo fratellino e i suoi genitori. Salvo il pilota, che si è lanciato all'ultimo con il paracadute.… pic.twitter.com/AlW6TWqxTo
Secondo le prime ricostruzioni la Freccia Tricolore è caduta in fase di decollo, schiantandosi al fondo della pista dell’aeroporto di Caselle, dove una vettura stava percorrendo una strada di campagna che costeggia lo scalo. L’auto è stata colpita da un pezzo incandescente dell’aereo. Il pilota si è salvato lanciandosi con il paracadute, mentre gli altri velivoli sono poi atterrati a Linate.
Tra le ipotesi l’impatto con uno stormo di uccelli
Uno stormo di uccelli, che avrebbe ostacolato la fase del decollo impattando con il velivolo. In gergo, un bird strike: è questa una delle ipotesi più accreditate da fonti militari in merito allo schianto dell’aereo. L’altra ipotesi, meno accreditata, è che si sia verificato un guasto al motore.
Annullato l’airshow in programma a Collegno
La pattuglia era appena partita per un sorvolo a bassa verso Vercelli, nell’ambito della manifestazione organizzata a Collegno, alle porte di Torino, per celebrare il centenario dell’Aeronautica Militare. Domani, poi, le Frecce Tricolori avrebbero dovuto essere il culmine di un airshow per il centenario dell’Aeronautica militare: l’evento è stato annullato.
È stimato che quasi 300 mila bambini siano stati esposti alla tempesta Daniel nella Libia orientale e che un numero crescente di bambini e famiglie abbia richiesto assistenza umanitaria, in seguito ai danni significativi subiti da numerose abitazioni, ospedali, scuole e altre infrastrutture essenziali. Secondo quanto è stato riferito, la tempesta ha causato la morte di oltre 5 mila persone, mentre altre centinaia risultano ancora disperse. Sono almeno 30 mila gli sfollati interni, riparati nelle scuole e in molte aree, che sono rimasti isolati e inaccessibili. Almeno tre ospedali risultano essere attualmente fuori servizio e almeno dieci centri di assistenza sanitaria primaria vengono dati per allagati.
Le catastrofiche alluvioni che hanno devastato la città di #Derna e la #Libia orientale hanno lasciato una scia di distruzione.
Migliaia di bambini hanno bisogno di tutto, e l'UNICEF sta già distribuendo medicine, kit igienici e altri beni.
Unicef: «Tragedia che arriva dopo un decennio di conflitto»
Michele Servadei, rappresentante dell’Unicef in Libia ha fatto il punto della situazione sulla crisi umanitaria che ha colpito i più piccoli: «I bambini libici stanno affrontando un’altra tragedia dopo oltre un decennio di conflitto. La nostra priorità è aumentare l’assistenza salvavita, in particolare fornendo forniture sanitarie, acqua e servizi igienici, sostegno psicosociale, rintracciare le famiglie e prevenire le malattie trasmesse dall’acqua. Per evitare una catastrofe, non possiamo permetterci di perdere tempo». Servadei dal momento della catastrofe ambientale è impegnato sul campo, è occupato infatti nel monitoraggio aree colpite dalle inondazioni. E ha aggiunto: «Sappiamo da precedenti disastri in tutto il mondo che le conseguenze delle inondazioni sono spesso più letali per i bambini dell’evento meteorologico estremo stesso. I bambini sono tra i più vulnerabili e sono ad alto rischio di epidemie, mancanza di acqua potabile, malnutrizione, interruzione dell’apprendimento e violenza». Oltre ai rischi immediati di morti e feriti, le inondazioni in Libia rappresentano un grave rischio per la salute e la sicurezza dei bambini. L’Unicef ha bisogno di almeno 6,5 milioni di dollari per interventi urgenti salvavita ed è pronto a sostenere i bambini e le famiglie che necessitano di aiuti umanitari ad Al Bayda, Al Marj, Bengasi, Derna e nelle altre aree colpite. Le priorità immediate sono l’acqua potabile, le forniture mediche e le squadre sanitarie mobili, il sostegno psicosociale e il rintracciamento delle famiglie.
A seguito delle alluvioni che hanno devastato in Grecia la regione della Tessaglia, più di 200 mila animali sono stati dichiarati morti, ha reso noto il ministro greco dello Sviluppo agricolo, Lefteris Avgenakis.Tra questi, ci sono più di 61mila ovini e caprini, e quasi 20mila suini.
Le carcasse potrebbero portare al rischio di malattie infettive
Il ministro della Difesa, Nikos Dendias, ha annunciato che le Forze armate sono state mobilitate per contribuire allo sforzo di raccolta delle carcasse degli animali nelle aree colpite dalla tempesta Daniel. Le autorità hanno messo in guardia gli abitanti dal rischio delle malattie infettive che si potrebbero diffondere a causa del bestiame morto.
La docuserie su Taffo, l’impresa romana di pompe funebri famosa per le sue pubblicità e le sue campagne social dissacranti, avrà il via con molta probabilità nei primi mesi del 2024. Si concentrerà sulla famiglia Taffo e sui retroscena della loro comunicazione. Tutto ciò che verrà mostrato nella docuserie è realmente accaduto, come sarà precisato anche nel montaggio.
Protagonista del programma la famiglia Taffo, nessun riferimento alle ombre giudiziarie
Il docu-reality Questa cassa non è un albergo vedrà come protagonista tutta la famiglia Taffo: il capostipite Luciano; la moglie Luana Aloisi, che gestisce Taffo Pet per la cremazione degli animali da compagnia; ma anche i figli, Daniele e Alessandro, che si occupano di amministrazione e comunicazione. Scopo del programma è descrivere in maniera autentica ciò che si cela dietro all’attività dei Taffo e alla loro comunicazione, tanto originale quanto “scorretta”. Nessun riferimento né alle ombre giudiziarie, né alle polemiche che hanno coinvolto la famiglia abruzzese per gli appalti Ama, l’azienda comunale che gestisce raccolta, trattamento e smaltimento dei rifiuti a Roma.
«Una delle family business più vitali di sempre»: le parole di Cristiana Mastropietro
Così Cristina Mastropietro, produttrice di Pesci Combattenti, società di produzione televisiva indipendente, ha definito l’attività dei Taffo: «La morte è un tabù, anche se riguarda tutti. Quella dei Taffo è una delle family business più vitali che esistano, anche se si occupa di morte». Ha poi continuato: «Sembra un paradosso, ma c’è una logica: dopo un funerale cosa fa solitamente? Si va a mangiare, cioè si torna alla vita. È importante onorare la morte, ma lo è altrettanto tornare alla vita. […]». Caratteristica della serie sarà il suo affrontare la morte in modo ironico, peculiarità della Taffo onoranze funebri.
Nel pasticciaccio del San Carlo di Napoli, l’unica cosa sicura è che a questo punto e per un bel pezzo ancora la gestione dovrà seguire i tempi della magistratura. E sapendo quali essi siano – ancorché secondo le regole d’urgenza – non ci sono molti dubbi sul fatto che un’ordinata e proficua attività sia nei prossimi mesi qualcosa di molto simile a una chimera. E dunque, fermo restando che il giudizio di merito sul ricorso di Stéphane Lissner contro il suo licenziamento vedrà la prima e non necessariamente decisiva udienza nel mese di gennaio 2024, il prossimo passaggio riguarda l’annunciato ricorso dell’Avvocatura dello Stato contro l’ordinanza con la quale la giudice del lavoro di Napoli ha ordinato il reintegro del sovrintendente messo alla porta nello scorso luglio, in virtù del decreto legge n. 51 del 10 maggio del 2023, che all’articolo 2 reca “Disposizioni in materia di Fondazioni lirico-sinfoniche”.
Il pasticcio Lissner-Fuortes sarà risolto con i tempi della magistratura
Il San Carlo è insomma destinato a navigare a vista in attesa e nella sovrapposizione di pronunce giuridiche di vario tipo. Né sembra – dalle prime mosse in parte dovute e in parte no – che il Consiglio d’indirizzo, presieduto dal sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, abbia scelto la strada più utile per il teatro. Perché è senz’altro condivisibile il proclama del primo cittadino partenopeo, peraltro riecheggiato anche dal ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano per quanto di sua competenza (le nomine a lui spettano), secondo cui «le sentenze si rispettano», il fatto però è che qui non ci troviamo al cospetto di una sentenza, ma di un’ordinanza volta a ripristinare lo “status quo ante” in attesa appunto di una decisione che verrà solo dopo che il procedimento vero e proprio sarà a giunto a sentenza (tralasciando per semplicità le ulteriori possibilità di appello). E dunque sicuramente non prima della prossima primavera.
Il contratto di Fuortes e quella clausola vessatoria
E tuttavia, se l’ordinanza obbliga la Fondazione di San Carlo a ripristinare la validità del contratto con Lissner fino a definitiva pronuncia giudiziaria sulla interruzione del contratto stesso, non è detto questo comporti il reinserimento del sovrintendente licenziato nella normale operatività. Detto in soldoni (alla lettera): è inevitabile che Lissner debba essere pagato fino a quando il giudice non si esprimerà sulla regolarità del suo licenziamento, ma non appare così automatico che debba rientrare nelle funzioni precedenti. Senza contare che nel giro di qualche settimana l’annunciato ricorso dall’Avvocatura dello Stato potrebbe riportare le pedine al punto di partenza. Lasciando in piedi la causa di lavoro determinata dal ricorso di Lissner contro il suo licenziamento che sarà discussa, come si diceva, a partire da gennaio 2024. E fra parentesi, viene da chiedersi se la Fondazione abbia adottato la ovvia misura cautelare (per il proprio bilancio) da assumere in questi casi, cioè comunque accantonare lo stipendio del manager licenziato che ha aperto un contenzioso, fino a quando non ci sarà una sentenza in merito. A margine, per dare l’idea del guazzabuglio, una questione giuridica complessa si configura anche per quanto riguarda il contratto di Carlo Fuortes, nel quale, secondo quanto riportavano i giornali, esiste una clausola che lo obbliga a rinunciare all’incarico nel caso in cui il licenziamento del suo predecessore sia annullato dalla magistratura. Su questo punto, però, l’ex ad della Rai appare deciso a resistere, eventualmente avanzando a sua volta ricorso. Ed entrano in ballo questioni complicate come la natura e il carattere di una “clausola vessatoria”.
Dal centrosinistra e dalla Regione fuoco amico sul sindaco Manfredi
Oltre le sottigliezze giuridiche e gli intricati percorsi procedurali, non si può fare a meno di osservare che la “tempesta perfetta” che sta coinvolgendo la Fondazione napoletana è figlia di scelte affrettate e poco ponderate. E non ci riferiamo ovviamente alla decisione di puntare su Fuortes come sovrintendente, che ha molte buone ragioni, ma ai passaggi compiuti per realizzare questo progetto. Sorprende che prima di dare il via all’avvicendamento non sia stato cercato un accordo con Lissner, tanto più per il fatto che molte polemiche avevano accompagnato il decreto che ne permetteva il licenziamento, il cosiddetto “lodo Fuortes”. Un provvedimento al centro delle polemiche in quanto – secondo i suoi critici – era stato artificiosamente (e anche malamente) costruito per liberare la principale poltrona in Rai a uso e consumo del governo Meloni. Il risultato è che il sindaco di Napoli si trova ora coinvolto in un pericoloso “fuoco amico”, con la parte politica che lo sostiene in Comune (il centrosinistra) che plaude all’apparente rovinoso fallimento della sua idea per il San Carlo e la Regione che conferma il suo gelido distacco delle politiche di Manfredi per il glorioso teatro. In Consiglio di Indirizzo il rappresentante del presidente De Luca si era astenuto sulla nomina di Fuortes, ed era proprio assente pochi giorni fa, al momento delle decisioni dopo l’ordinanza pro-Lissner; e intanto le contribuzioni regionali sono una variabile assai poco stabile.
Lissner pensionato avrebbe potuto ricoprire l’incarico di Sovrintendente?
Quanto al nocciolo della questione (cessazione dell’incarico al compimento del 70esimo anno), molto interessante appare un intervento pubblicato l’11 maggio scorso sul Gazzettino di Venezia a firma di Cristiano Chiarot, a lungo sovrintendente della Fenice e poi dal 2017 all’estate 2019 del Maggio Fiorentino. L’autorevole addetto ai lavori veneziano scriveva nel momento in cui a Napoli il licenziamento di Lissner e l’ingaggio dell’ex ad Rai erano ancora di là da venire, ma già divampava la polemica sul “lodo Fuortes”. La tesi di Chiarot (che assume una posizione molto chiara a favore del suo ex collega all’Opera di Roma) è che il discusso decreto, nel porre il limite dei 70 anni per esercitare l’attività di sovrintendente, realizzi una parità di trattamento fra italiani e non italiani. E poi l’autore dell’articolo aggiunge una considerazione per molti aspetti sorprendente: «… Già secondo la legislazione vigente, Lissner, al di là del suo pedigree e dei suoi meriti, non avrebbe mai potuto ricoprire l’incarico di sovrintendente al San Carlo, in quanto la legge italiana impedisce di occupare tali posti di responsabilità a chi gode già di una pensione nel nostro Paese». Questa pensione (prima che del San Carlo, dal 2005 al 2015, Lissner è stato per un decennio sovrintendente della Scala) non risulta al magistrato che ha firmato l’ordinanza di reintegro, il quale esamina la questione previdenziale, sottolinea che si tratta di elemento dirimente, ma aggiunge (come riportato dal Corriere del Mezzogiorno) che Lissner «… è cittadino straniero, il quale è pacifico che non goda di trattamento pensionistico con oneri a carico dello Stato italiano». Chissà se qualcuno riterrà necessaria una verifica.
Concerto a sorpresa dei Maneskin a New York. La band romana si è esibita in un pop up live show nella celebre Times Square a Manhattan. La band, reduce dal trionfo ai VMAs 2023 dove ha vinto nella categoria ‘Best Rock’, ha cantato davanti a una folla in visibilio che subito è accorsa sotto palco riempiendo la piazza.
THE DRIVERSeptember 15, 2023; Times Square Pop Up – New York City, USA.
Il 21 settembre si esibiranno al Madison Square Garden
L’esibizione a sorpresa nel cuore di Manhattan arriva a pochi giorni dalla ripartenza del tour mondiale ‘Rush! World Tour’ che vedrà la band italiana esibirsi il 21 settembre nel leggendario Madison Square Garden di New York, per poi proseguire nelle maggiori arene del Nord America, Sud America (Argentina, Brasile, Cile e Colombia), Giappone, Regno Unito, Europa e per la prima volta in Australia, con tantissime date già sold out.
HONEY! (ARE U COMING?)September 15, 2023; Times Square Pop Up – New York City, USA.
A luglio 2023 si è stimata una flessione congiunturale per entrambi i flussi commerciali con l’estero, più intensa per le importazioni (-4,7 per cento) che per le esportazioni (-1,8 per cento). Lo rileva l’Istat spiegando che nel mese di luglio l’export diminuisce su base annua del 7,7 per cento in termini monetari (era +1,0 per cento nei due mesi precedenti) e dell’11,6 per cento in volume.
Flessione tendenziale del 19,4 per cento in valore, calo più contenuto in volume
L’import registra una flessione tendenziale del 19,4 per cento in valore – molto più ampia per l’area extra Ue (-31,8 per cento) rispetto all’area Ue (-5,7 per cento) – mentre in volume mostra un calo del -3.7 per cento, più contenuto.
La stima del saldo commerciale, +6.375 milioni di euro
La stima del saldo commerciale a luglio 2023 è pari a +6.375 milioni di euro (a luglio 2022 era -460 milioni ). Il deficit energetico (-4.821 milioni) è in forte riduzione rispetto all’anno precedente (-11.412 milioni). Nei primi sette mesi dell’anno, invece, il saldo commerciale è positivo per 16,2 miliardi (era -15,4 miliardi nello stesso periodo del 2022). Nel mese di luglio 2023 i prezzi all’importazione diminuiscono dello 0,4% su base mensile e dell’11,4 per cento su base annua (da -9,9 per cento di giugno).
Sono iniziate a Roma le riprese di Eterno Visionario, il film che Michele Placido ha dedicato a Luigi Pirandello. Tra i protagonisti della pellicola: Fabrizio Bentivoglio, Valeria Bruni Tedeschi, Federica Luna Vincenti, Giancarlo Commare, Aurora Giovinazzo e Michelangelo Placido. Dopo il successo mondiale de L’ombra di Caravaggio, Placido ha affrontato uno degli scrittori italiani più celebrati e rappresentati al mondo: Luigi Pirandello. Eterno Visionario compie un viaggio nel mondo emotivo di un uomo con un legame conflittuale con i figli, un rapporto controverso con il fascismo e il sogno di un amore assoluto. Un autore – che è stato premio Nobel per la letteratura – di un teatro scandaloso, sovversivo e troppo moderno per il perbenismo borghese. La pellicola di Placido è un mix di emozioni e colpi di scena, un racconto appassionante che si dipana fra Roma, la Stoccolma dei Nobel, la Berlino dei cabaret e di Kurt Weill, la Sicilia arretrata degli zolfatari e degli arcaici paesaggi, la bellezza incantata della Milano di inizio Novecento e l’America che consacra il genio di Pirandello, a Hollywood e a Broadway.
Il cast
Fabrizio Bentivoglio ha vestito i panni di Luigi Pirandello, Valeria Bruni Tedeschi ha impersonato Antonietta Portulano e FedericaLuna Vincenti ha incarnato Marta Abba. I tre figli dell’autore sono interpretati invece da Giancarlo Commare (Stefano), Aurora Giovinazzo (Lietta) e Michelangelo Placido (Fausto). Il ruolo dell’agente e collaboratore di Pirandello, Saul Colin, è stato affidato a Michele Placido. La fotografia è stata firmata da Michele D’Attanasio, le scenografie da Tonino Zera, i costumi da Andrea Cavalletto, il montaggio è stato opera di Consuelo Catucci mentre le musiche originali di Eterno Visionario sono del duo Oragravity. Il film è stato diretto da Michele Placido ed è nato da una sceneggiatura di Placido, Matteo Collura e Toni Trupia ed è stato prodotto da Federica Luna Vincenti per Goldenart Production con Rai Cinema in co-produzione con la società belga GapBuster. Realizzato con il contributo del Ministero della Cultura – Direzione Generale Cinema e audiovisivo – e della Regione Siciliana, Assessorato del Turismo, dello Sport e dello Spettacolo e della Sicilia Film Commission, Eterno Visonario uscirà nei cinema con 01 Distribution.
Gli studenti e i lavoratori che da mercoledì sono tornati con le tende in piazza Leonardo Da Vinci a Milano per protestare contro il caro affitti hanno occupato gli spazi dell’ex cinema Splendor, affacciato su viale Gran Sasso. Un piccolo corteo di alcune decine di persone è partito dal Politecnico con in testa uno striscione con scritto: «Siamo le tende e ci prendiamo un tetto». Nell’edificio abbandonato si terrà oggi 16 settembre un’assemblea per discutere i temi del caro affitti e dell’emergenza abitativa, alla quale – fanno sapere gli organizzatori – «sono attese un centinaio di persone provenienti da tutta Italia». Il sindaco di Milano, Beppe Sala, ha convocato in Comune per venerdì 22 settembre rettori e studenti per un nuovo incontro sul caro affitti.
È tutto pronto su Rai Uno per la partenza di una nuova stagione di Domenica In, il contenitore domenicale che vede da anni alla guida Mara Venier. La trasmissione ripartirà domenica 17 settembre con tante nuove storie, riguardo alle quali la conduttrice ha avuto l’occasione di regalare qualche piccola anticipazione in conferenza stampa.
Mara Venier in conferenza stampa: «Sarà la mia ultima Domenica In»
Ai giornalisti la conduttrice ha spiegato prima di tutto le sue intenzioni rispetto al suo futuro lavorativo: Mara Venier ne è infatti convinta, quella in arrivo sarà la sua ultima Domenica In. Le motivazioni dietro questa decisione sono essenzialmente familiari, e il volto Rai a proposito ha dichiarato: «Ci lavoro dieci mesi l’anno. Col tempo penso di dovermi dedicare di più alle persone che amo, a mio marito, i miei figli, i miei nipoti, perché la vita ti porta davanti a delle cose improvvisamente». Scherzando sugli ultimi gossip che la vorrebbero in rotta di collisione con il marito, Nicola Carraro, la conduttrice ha poi aggiunto: «Voglio vivermi il mio amore anche se pare da qualche parte scrivano che mi sto separando… non lo sapevo».
Chi segue Mara Venier da tempo sa bene che, ad onor del vero, non è questa l’unica volta in cui abbia dichiarato di voler lasciare il programma. In questa occasione però la conduttrice sembra essere più convinta del solito, e a riguardo ha aggiunto: «Stavolta sono fermamente convinta che sia giusto, come mi ha insegnato Renzo Arbore. Lui mi dice sempre che bisogna lasciare quando stai in alto, non quando cadi: è quello che vorrei fare».
Barbara d’Urso ospite della nuova edizione di Domenica In? Mara Venier: «L’ho già invitata»
A margine della conferenza stampa delle scorse ore, Mara Venier ha anche avuto occasione di rispondere ad alcune domande di Super Guida Tv, che ha voluto indagare sulla possibilità che Barbara d’Urso, il cui contratto a Mediaset scade a dicembre, possa prendere parte al programma come ospite. «Ho invitato Barbara, il suo contratto scade a dicembre, è probabile, spero che lei accetti il mio invito. Mi piacerebbe molto, da gennaio credo che lei potrebbe anche venire. È già stata invitata», ha precisato Venier, che nel salotto di Domenica In 2023 ospiterà, tra gli altri, anche i The Kolors, Matteo Bocelli, Carlo Verdone e i Pooh.
«Ursula von der Leyen domani si recherà a Lampedusa su invito del primo ministro italiano Giorgia Meloni». Lo ha scritto sui social il portavoce della Commissione europea Eric Mamer. Già oggi 16 settembre la presidente della Commissione europea incontrerà a Roma la premier, come annunciato dal suo portavoce in mattinata a margine di un evento ad Hanau, in Germania.
La Germania riattiva il meccanismo di solidarietà
Von der Leyen raccoglie così l’invito di Meloni, che nella serata del 15 settembre ha annunciato «misure straordinarie per far fronte agli sbarchi» a Lampedusa . In attesa delle mosse europee, nel consiglio dei ministri di lunedì 18 settembre – ha anticipato la premier – verrà modificato «il termine di trattenimento nei centri di permanenza per i rimpatri di chi entra illegalmente in Italia, limite che verrà alzato al massimo consentito dalla normativa europea ovvero 18 mesi», mentre per i richiedenti asilo rimarrà a 12. In più, ha aggiunto Meloni, verranno costruite delle strutture in località isolate, facilmente perimetrabili e sorvegliabili. Sull’isola intanto proseguono gli sbarchi: 13 solo a partire da mezzanotte, con più di 500 persone arrivate. E c’è da registrare una tragedia: un neonato, partorito da donna partita dalla Tunisia su un barchino, è morto poco dopo essere venuto al mondo. Dati i massicci arrivi, la Germania ha intanto annunciato di voler riattivare il meccanismo di solidarietà interrotto di recente.
Voci su una tendopoli: la protesta degli abitanti di Lampedusa
Cresce intanto la tensione a Lampedusa. E non per nuovi scontri tra polizia e migranti. Un centinaio di lampedusani, con il vice sindaco Attilio Lucia (Lega) in testa, hanno bloccato il traffico verso il municipio, alla notizia che nell’ex base militare Loran verrà creata una tendopoli e dell’arrivo sull’isola di mezzi e attrezzature dell’Esercito. «Non possiamo accogliere tutta questa gente. Il governo deve mettere due navi in rada. Il sindaco è da nove mesi che lo chiede e ripete: Lampedusa deve essere bypassata. Questo è un governo fallimentare», ha detto Lucia. La notizia della creazione della tendopoli è già stata però smentita dalle autorità.
«Nel terremoto in Marocco ho perso 18 parenti e la mia amica del cuore, Fatima, morta assieme alla sua figlia di 14 anni»: è un racconto drammatico quello che fa all’ANSA Hanane Chattabi, cittadina marocchina che da una ventina di anni vive a Foligno. «I miei cugini, e i miei zii erano nei villaggi più colpiti dal sisma, vicino a Marrakech», aggiunge. «Il mio papà fortunatamente sta bene», sottolinea Chattabi, «e anche la sua casa non ha riportato danni, invece uno dei miei fratelli è stato davvero miracolato».
Il toccante racconto di Hanane Chattabi: «Io e Fatima eravamo cresciute insieme»
«Qualche giorno prima del terremoto era partito per una vacanza, la sua casa è stata rasa al suolo, meno male che dentro non c’era nessuno». Al dolore per aver perso i parenti, si è aggiunto quello per la sua amica. «Faccio fatica ancora a credere che sia accaduto tutto questo. Quando martedì sera mi è stato detto che tra le vittime c’era anche Fatima mi è caduto il mondo addosso, siamo cresciute insieme», racconta Hanane, una operatrice socio sanitaria. «Lei con la figlia», aggiunge, «non abitavano in quel territorio, erano andate qualche giorno fa a casa di una zia ed hanno trovato la morte».
«Non capisco perché il Marocco non accetti gli aiuti»
«Le notizie che arrivano attraverso i telegiornali» dice ancora la donna, «a volte non raccontano bene la situazione, i miei amici che vivono a Marrakech parlano di una catastrofe senza limiti e hanno bisogno di aiuti. Non comprendo bene perché il Marocco ancora non accetti quelli di tutti i Paesi, ma so che ha bisogno di essere supportato per riprendersi da questa catastrofe». «Assieme ad altri rappresentanti della comunità marocchina stiamo cercando, nel nostro limite, di fare qualcosa per la nostra gente, ma qui servono dei sostegni nazionali», aggiunge ancora Chattabi. «Da quello che mi raccontano», aggiunge, «manca tutto, anche il latte per i bambini. Se avessi la possibilità di farlo andrei immediatamente giù a dare un aiuto, il mio cuore adesso più che mai è in Marocco».
L’anti Belt and Road Initiative, la via del cotone, addirittura la fusione delle antiche via della Seta e via delle Spezie. L’ultimo progetto infrastrutturale partorito nel corso del G20 di Nuova Delhi ha in realtà un nome ben preciso. Si chiama India-Middle East-Europe Economic Corridor, traducibile come Corridoio economico India-Medio Oriente-Europa. Stiamo parlando di un collegamento fra tre macro regioni tanto diverse e lontane quanto complementari, in primis dal punto di vista commerciale e geopolitico. Il risultato finale dovrebbe coincidere con una ragnatela di ferrovie, porti e collegamenti energetici, anche se al momento è nebbia fitta su gran parte del dossier.
L’impegno promesso da Meloni durante la presidenza italiana del G7
Sappiamo soltanto che l’ufficialità è arrivata in India, con la firma di un memorandum d’intesa (MoU) siglato dai Paesi coinvolti: Stati Uniti, India, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Germania, Francia, Italia e Unione europea. Il primo ministro indiano Narendra Modi, padrone di casa del summit G20, ha salutato il mega progetto come «una testimonianza dell’impegno umano e dell’unità tra i Continenti», mentre per il presidente degli Stati Uniti Joe Biden è qualcosa di «davvero importante». Giorgia Meloni, pronta a fare retromarcia sulla via della Seta con la Cina, ha invece dichiarato che l’Italia si impegnerà a lavorare per la realizzazione del corridoio durante la presidenza italiana del G7, in calendario tra un anno. Il principe ereditario saudita, Mohammed bin Salman, ha addirittura fatto sapere che l’Arabia Saudita metterà sul tavolo un investimento dal valore di 20 miliardi di dollari, esortando gli altri leader ad avviare immediatamente la pianificazione e l’attuazione del piano.
Partecipano anche Giordania e Israele (ma occhio ai rapporti Tel Aviv-Riad)
Pare che le trattative per arrivare a un punto comune sul Corridoio economico siano andate avanti per mesi, in gran segreto, tra i diretti protagonisti. Gli stessi che al vertice del G20 hanno faticato a nascondere un entusiasmo palpabile, tra sorrisi e strette di mano in favore delle telecamere. Ma che cos’è, a cosa serve e come prenderà forma il Corridoio economico India-Medio Oriente-Europa? Partiamo dai partecipanti per tessere quanto meno i contorni del progetto. Accanto ai sette attori che hanno firmato il MoU, dovrebbero partecipare anche Giordania e Israele. È emerso però subito un problema: il governo israeliano non ha rapporti diplomatici con quello saudita. Nelle intenzioni dei promotori, l’intero disegno dovrebbe tuttavia contribuire a stabilizzare il Medio Oriente. Considerando che gli Stati Uniti sono impegnati a convincere Tel Aviv e Riad a normalizzare le loro relazioni, potrebbe dunque esserci all’orizzonte una soluzione diplomatica al rebus, riguardante anche la situazione palestinese. Passando alla struttura del piano, il memorandum prevede al momento due direttrici, una ferroviaria e l’altra marittima, che uniranno l’India ai Paesi del Golfo, e questi ultimi all’Europa. Il collante tra le tre aree – asiatica, mediorientale ed europea – sarà un insieme di ferrovie e porti, ancora da definire.
L’obiettivo di fondo è contrastare la Cina nella regione Asia-Pacifico
Il Corridoio va inserito sulle fondamenta relative ad altri due progetti precedenti: la Partnership for Global Infrastructure and Investment (Pgii) e il Global Gateway. La Pgii è stata creata dal G7 per contrastare la Cina nella regione Asia-Pacifico e prevede un impegno collettivo a mobilitare risorse per 600 miliardi di dollari, al fine di sostenere i Paesi a basso e medio reddito nella costruzione di infrastrutture. L’iniziativa è allineata al Global Gateway, lanciato dalla Commissione europea nel 2021 per mobilitare finanziamenti fino a 300 miliardi di euro per progetti infrastrutturali nei soliti Paesi in via di sviluppo. L’obiettivo dell’ultimo piano annunciato a Nuova Delhi è tuttavia molto più ambizioso, e consiste nel migliorare i flussi commerciali ed energetici dall’Asia meridionale al Golfo, e da qui all’Europa.
Attenti però a dare per morta la Belt and Road Initiative
Il Corridoio, che ridurrà il tempo necessario per trasportare le merci da un attore all’altro, sarà insomma formato in due tronconi, amalgamati da gasdotti, infrastrutture per reti elettriche oltre che da cavi sottomarini e terrestri per facilitare lo scambio di dati e rendere più efficienti le connessioni internet. Il MoU non ha stabilito né chi finanzierà il tutto né quanti soldi saranno richiesti per completare l’opera. I Paesi coinvolti hanno 60 giorni per creare appositi gruppi di lavoro per stabilire un programma concreto e stilare le tempistiche d’esecuzione. Attenzione, infine, a definire il Corridoio economico India-Medio Oriente-Europa un’alternativa alla Belt and Road. Se nell’ottica statunitense, almeno dal punto di vista del soft power, è realmente così, per Emirati Arabi e Arabia Saudita – che fanno parte anche della Bri – si tratterà di avere tra le mani uno strumento complementare alla Bri, una leva in più da attivare per incrementare i rispettivi sviluppi. A conferma di come le potenze energetiche del Golfo siano ormai pronte a trasformarsi in hub globali, conditio sine qua non per raggiungere lo status di colossi globali.
Il leader della Cecenia Ramzan Kadyrov è malato e versa in gravi condizioni. Lo ha detto il rappresentante della direzione principale dell’intelligence del ministero ucraino della Difesa Andriy Yusov, spiegando che l’aggravamento di Kadyrov non sarebbe legato a eventi traumatici, in quanto invece conseguenza di patologie già esistenti. Secondo alcune voci, il capo della Repubblica cecena sarebbe in coma.
Le voci sulla malattia e il video sul tapis roulant
Circa una decina di giorni fa, in risposta alle ricorrenti voci che lo volevano gravemente malato, Kadyrov aveva diffuso via social un video che lo vedeva impegnato in una corsa a ritmo sostenuto su un tapis roulant. Non in condizioni fisiche perfette, visto l’evidente sovrappeso, ma di sicuro non preoccupanti. Almeno a prima vista. Il filmato era stato girato al chiuso, in una sala in cui si intravedevano quadri con cornici dorate, lampadari sfarzosi e vistosi mobili: un contesto decisamente kitsch.
Ramzan Kadyrov, leader of Chechnya, posted a video of him running on a treadmill to Instagram pic.twitter.com/sbLiIxy58Y
Fedelissimo di Putin, di recente ha elogiato Prigozhin
Dalle fonti ufficiali per il momento non è arrivata alcuna risposta. Alcuni canali social (anche ceceni), scrivono che il “macellaio di Grozny”, fedelissimo di Vladimir Putin – ma di recente ha elogiato Yevgeny Prigozhin -, è stato trasportato a Mosca in un primo momento per le cure e poi trasferito negli Emirati Arabi Uniti. Nei giorni scorsi è anche circolata la notizia secondo cui Kadyrov avrebbe fatto seppellire vivo il vice primo ministro ceceno e medico personale Elkhan Suleimanov, sospettato di aver cercato di avvelenarlo.
Picchia duro Matteo Renzi, intervenuto alla festa di Open. Ne ha per tutti, in particolare per il governo di Giorgia Meloni, alle prese con la grana degli sbarchi a Lampedusa, ma anche per il Partito democratico, alla ricerca di una vera identità. «Altro che marcia su Roma, questa è una retromarcia sulla Garbatella: una retromarcia costante, su tutto», ha detto il leader di Italia Viva parlando dell’attuale governo. »Meloni ha detto che difende Dio e la famiglia. Non so se Dio se n’è accorto, la famiglia sua forse sì».
«Non devi respingere chi sta in mare, chi sta in mare lo salvi»
Sui migranti, ha detto Renzi, «il problema è rispettare la legge». Il governo, invece, fa forza sulla paura. «Quando vedo 500 extracomunitari alla stazione di Milano alle 23 che fanno un po’ di casino, è evidente che come cittadino ho un po’ di paura, è fisiologico: e chi lo nega, nega la realtà… Giochi la carta della paura, o dici che chi è in Italia o lavora o viene respinto? Non devi respingere chi sta in mare, chi sta in mare lo salvi». L’ex premier attacca poi Matteo Salvini: «Non fa più tweet. Mi hanno dato del criminale perché arrivavano i profughi, oggi arrivano i profughi ma non attacco il governo, dico che i criminali sono gli scafisti. Meloni e Salvini hanno perso la faccia sull’immigrazione, semmai l’hanno avuta».
«Schlein e Conte sono i migliori amici di Meloni a loro insaputa»
Così poi sul Partito democratico: «Se si allea con il Movimento 5 stelle perde, per avere la maggioranza deve allargarsi al centro». Elly Schlein e Giuseppe Conte, continua Renzi, «insieme sono i migliori amici di Meloni a loro insaputa». Il fondatore di Italia Viva ha poi ricordato il suo Pd: «Mi piaceva un sacco… era il Partito democratico che vinceva le elezioni, non solo quello che vinceva le primarie. Facevamo la legge sulle unioni civili, oggi si accontentano di andare al Gay Pride». Renzi parla infine delle prossime Europee: «Io provo a fare politica e ci metto la faccia. Se mi candido lo faccio con le preferenze».
Uno dei figli di El Chapo è arrivato negli Stati Uniti dopo essere stato estradato dal Messico, per affrontare un processo per traffico di droga. Si tratta di Ovidio Guzman Lopez, 33 anni, accusato ad aprile insieme ad altre 20 persone di far parte di una rete globale di narcotraffico che, gestita dal cartello di Sinaloa, utilizzava sostanze chimiche provenienti dalla Cina per tagliare il fentanyl, potente oppioide antidolorifico usato per tagliare le partite di stupefacenti.
Il fentanyl è la principale causa di morte tra gli statunitensi tra i 18 e i 49 anni
Il fentanyl, 50 volte più potente dell’eroina, è la principale causa di morte tra gli americani tra i 18 e i 49 anni. «Questa azione è l’ultimo passo nello sforzo del Dipartimento di Giustizia di colpire tutti gli aspetti delle operazioni del cartello di Sinaloa», ha dichiarato in un comunicato il procuratore generale degli Stati Uniti Merrick Garland, ringraziando il governo messicano per aver garantito il trasferimento di Guzman Lopez.
Guzman Lopez era stato arrestato dalle forze armate messicane il 5 gennaio
Guzman Lopez, ricercato dal 2019 dalle autorità Usa, che alla fine del 2021 avevano offerto cinque milioni di dollari per la sua cattura, è stato arrestato dalle forze armate messicane il 5 gennaio in una piccola cittadina fuori da Culiacán, capitale dello stato di Sinaloa. Suo padre, il più potente signore della droga, è stato condannato all’ergastolo negli Stati Uniti nel 2019, mentre la moglie di El Chapo, Emma Coronel Aispuro, è stata rilasciata pochi giorni fa a Los Angeles dopo aver scontato una pena di due anni.
Il caro vita frena i consumi. L’erosione del potere d’acquisto e dei risparmi inizia a incidere sulla spesa delle famiglie che, in assenza di inversioni di tendenza, dovrebbe diminuire nel secondo semestre di 3,7 miliardi rispetto ai primi sei mesi dell’anno. È quanto emerge dalle previsioni elaborate dal Centro Europa Ricerche per Confesercenti.
A frenare i consumi è anche l’aumento dei tassi di interesse
A frenare i consumi, oltre all’inflazione, è anche l’aumento dei tassi di interesse portato avanti dalla Bce, ormai giunto al decimo rialzo consecutivo. La decisione è stata presa per contrastare appunto l’inflazione, ma purtroppo influenza negativamente la capacità di spesa delle famiglie (in particolare di quelle che hanno sulle spalle un mutuo a tasso variabile), impattando sulla crescita complessiva dell’economia.
All’erosione del potere d’acquisto si aggiunge quella dei risparmi
A fine anno la crescita complessiva della spesa delle famiglie dovrebbe quindi attestarsi sul +0,8 per cento contro il +4,6 per cento dello scorso anno. Inoltre nel 2023 la quota dei consumi sul Pil rischia di essere la più bassa dal 2000. All’erosione del potere d’acquisto si aggiunge quella dei risparmi, utilizzati dalle famiglie nella prima fase dell’aumento dei prezzi per mantenere i livelli di consumo precedenti.
Hugh Jackman e Deborra-Lee Furness hanno annunciato la separazione dopo 27 anni di matrimonio. In un comunicato unico la coppia ha detto di aver «avuto la fortuna di vivere quasi tre decenni insieme, come marito e moglie, in un matrimonio meraviglioso e amorevole», aggiungendo di aver intrapreso «questo nuovo capitolo con gratitudine, amore e gentilezza».
«Ci separiamo per perseguire il nostro sviluppo personale»
«Abbiamo deciso di separarci per perseguire il nostro sviluppo personale», hanno spiegato in una dichiarazione congiunta alla rivista People. I due attori si erano incontrati nel 1995 sul set della serie tv Corelli. All’epoca Furness si era già fatta un nome come attrice (in particolare con il suo ruolo di motociclista vendicativa in Shame), mentre Jackman – più giovane di 13 anni – era ancora fresco di studi d’arte drammatica: avrebbe raggiunto la fama solo a partire dal 2000 quando, ancora sconosciuto al grande pubblico, fu scelto dal regista Bryan Singer per il ruolo di Wolverine nel suo film X-Men.
Hanno due figli: «La nostra famiglia sarà sempre la priorità»
Jackman e Furness si sposarono un anno dopo essersi conosciuti, nel 1996. Hanno due figli: Oscar di 23 anni e Ava di 18. «La nostra famiglia è stata e sarà sempre la nostra più grande priorità», hanno sottolineato i due attori nella loro nota stampa. Ad aprile Jackman ha celebrato il 27esimo anniversario di matrimonio con un post su Instagram: «Ti amo così tanto. Insieme abbiamo creato una bellissima famiglia. La tua risata, il tuo spirito, la tua generosità, il tuo umorismo, la tua impertinenza, il tuo coraggio e la tua lealtà sono un dono incredibile per me».
È stata inaugurata sabato 16 settembre 2023 la mostra Massimo Capodanno. Retrospettiva in programma fino all’8 ottobre 2023 a Baronissi. Presenti alla conferenza stampa di presentazione, tenutasi il 14 settembre, il sindaco Gianfranco Valiante e il direttore artistico del Museo FRaC Massimo Bignardi. L’esposizione apre la rassegna Fotografia 23, un ciclo di tre appuntamenti che, fino a dicembre, si alterneranno nella Galleria dei Frati del Museo-FaRaC Baronissi. Curata da Nicola Capodanno, figlio dell’artista scomparso nel 2022, la mostra riunisce un repertorio di oltre 50 scatti fotografici realizzati nel corso della sua vita, mettendo insieme le migliori immagini del fotoreporter al servizio dell’agenzia giornalistica Ansa con quelle realizzate nella sua vita privata. L’esposizione è stata realizzata con la collaborazione con l’Associazione Positano Arte e Cultura.
Dalla politica alle persone: l’attività fotografica di Massimo Capodanno
Approdato alla fotografia alla fine degli Anni 60, con le sue istantanee Massimo Capodanno ha raccontato mezzo secolo d’Italia e dei suoi cambiamenti, mettendo al centro dell’obiettivo la persona: la violenza degli anni di piombo, le personalità della Democrazia cristiana e del Partito comunista, le tragedie che hanno sconvolto il Paese, senza dimenticare i presidenti della Repubblica e i papi che si sono succeduti. Numerose le missioni all’estero in cui ha partecipato come inviato.
Oltre ai grandi eventi della società, si è dedicato alle storie di persone, raccontando vizi e virtù di un Paese in cambiamento. Tra gli scatti che hanno lasciato il segno la potente immagine del cadavere che galleggia nelle acque di Ustica dopo la tragica strage del 1980, fotogramma simbolo dell’accaduto.
Parole a caso, bugie vendute un tot al chilo e poi la solita speranza che tutto finisca solo in un po’ di polvere. Matteo Salvini non riesce più a trattenere la soddisfazione di vedere la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il ministro all’Interno Matteo Piantedosi in difficoltà mentre a Lampedusa la situazione esplode e i flussi migratori non mostrano segali di flessione. È una felicità fatta di amor proprio (e quello a Salvini non manca mai) con l’aggiunta di una possibile strategia: se Meloni e Piantedosi non riescono a controllare gli sbarchi ancora una volta di più Matteo Salvini verrà ricordato come «l’unico che c’è riuscito». Mica per niente una frase simile l’ha vergata l’editorialista Vittorio Feltri che oltre agli editoriali anticipa le strategie.
L’emergenza elettoralmente gli porta sempre molta fortuna
Ebbro di felicità, Salvini non si è controllato ed è inciampato sulla guerra. Un mesto Antonio Tajani si aggirava per le vie del ministero ripetendo con il sorriso a tutti questa barzelletta della «guerra di Salvini». Il lapsus è freudiano: il ministro Salvini avrebbe voluto proporsi come l’unico comandante in grado di vincere questa battaglia e ha deviato su una guerra che non ha né capo né coda. Ciò che conta per il ministro alle Infrastrutture e vicepremier è fare annusare ai suoi elettori (e ancora di più a quelli dei Fratelli d’Italia) l’aria dell’emergenza che elettoralmente gli porta sempre molta fortuna.
Sulle richieste d’asilo ci sono molto Paesi messi peggio di noi
Per questo, senza nessun controllo delle proporzioni, Salvini ha parlato dell’Italia come «unico Paese in Europa con un’immigrazione di queste dimensioni». Pericolo, invasione: siamo ancora sempre qui. Solo che alle 62 mila richieste d’asilo fino a giugno registrate in Italia fanno da controcanto le 187 mila richieste d’asilo che pendono in Germania (il triplo!), le 99 mila in Spagna e le 93 mila in Francia. L’Italia è mestamente fuori dal podio delle emergenze di cui il leader leghista avrebbe così bisogno per logorare la sua alleata. Se si calcolano le richieste d’asilo per ogni abitante (come ha fatto Pagella politica partendo dai dati Eurostat) va anche peggio: quest’anno, fino a luglio 2023, la Germania ha ricevuto una richiesta d’asilo ogni 447 abitanti, la Spagna ogni 483, la Francia ogni 729, mentre l’Italia ogni 947. L’incisione è molto più “invasiva” che in Italia a Cipro (una richiesta ogni 161 abitanti), in Austria (394), Estonia (458), Lussemburgo (548), Slovenia (562), Grecia (619), Belgio (640), Paesi Bassi (783), Bulgaria (841) e Irlanda (938). In questo caso ci sono 13 Paesi europei messi “peggio” dell’Italia.
Guarda caso a Bruxelles nessuno calcola le esternazioni del Capitano
No, non è solo la guerra che non c’è. Nelle parole di Matteo Salvini c’è una narrazione che non ha nessuna contezza delle proporzione, al di là dei diritti umani, che lo rende un provinciale agitatore di falsità per interesse personale. Anche questo non è nuovo: parliamo dello stesso ministro che nei primi giorni di legislatura aveva rivenduto come “emergenza nazionale” i rave party che sono prestissimo scomparsi dai radar, meritandosi comunque il primo di una lunga serie di decreti sorti sul percolato della cronaca. E ha ragione Carlo Calenda quando invita a osservare come le parole di Salvini siano scivolate a Bruxelles senza che nessuno gli dedicasse nemmeno un plissé. Ma, come sottolinea il leader di Azione, non ci si può permettere di dimenticare che il redivivo Salvini che non sta nella pelle per la gioia sia un vice presidente del Consiglio dei ministri che rappresenta l’Italia. Si comporta come quei matti al bari di cui ridono tutti, quelli che hanno nemici immaginari e che discettano di tutto sparando numeri a caso. Ma qui non siamo al bar. Almeno noi no: non siamo al bar.