Daily Archives: 9 Settembre 2023

Venezia 80, Leone d’oro a Povere creature: tutti i premiati

Il Leone d’oro dell’80esima Mostra del Cinema di Venezia è andato, come da pronostico, a Povere creature di Yorgos Lanthimos. A presiedere la cerimonia, come nel caso della serata inaugurale, la madrina 2023 Caterina Murino, che con voce commossa ha parlato di «giorni indimenticabili che hanno permesso a tutti di coltivare i propri sogni». Già prima della premiazione, sia la stampa estera sia quella italiana avevano riconosciuto il valore del film con Emma Stone, assegnandogli il voto più alto nella speciale classifica dei giornalisti. La storia racconta la fantastica trasformazione di Bella Baxter (Emma Stone), giovane donna riportata in vita da un brillante ma poco ortodosso scienziato, che entra in contatto con il mondo esterno per la prima volta. Ecco tutti i premi della Biennale.

Tutti i premi della Mostra del Cinema di Venezia.
Il regista Yorgos Lanthimos con il Leone d’oro per il film Povere creature (Getty Images).

Dalla Coppa Volpi al Leone d’argento, tutti i premi della Mostra

Leone d’argento per la miglior regia per Matteo Garrone e il suo Io, capitano. «Parte del film è girato in Marocco, siamo vicini a loro per la tragedia che li ha colpiti», ha spiegato il cineasta, prima di lasciare la parole a Mamadou Kouassi, il cui viaggio è stato raccontato nel film. «Dedico il premio a tutti quelli che non riescono a farcela o a raggiungere Lampedusa. Dobbiamo fermare il traffico di esseri umani». La Coppa Volpi dell’edizione 2023 a Venezia è andata a Peter Sarsgaard per Memory di Michel Franco e a Cailee Spaeny per Priscilla di Sofia Coppola. Il primo, ringraziando giuria e pubblico presente, ha espresso solidarietà per gli attori di Hollywood in sciopero: «L’intelligenza artificiale è un serio problema di oggi, non dobbiamo consegnare la nostra industria alle macchine». L’attrice invece ha raccontato di «un onore incredibile grazie alla fiducia di Priscilla (Presley, ndr), cui dedico il premio».

I premi della mostra del Cinema di Venezia.
Peter Sarsgaard, vincitore della Coppa Volpi a Venezia (Getty Images).

Miglior artista emergente e dunque vincitore del premio Marcello Mastroianni è stato invece Seydou Sarr per il film di Garrone. «Sono talmente felice da non avere parole», ha raccontato visibilmente commosso. «Soltanto, grazie mille a tutti». Il premio speciale della giuria invece è andato a The Green Border di Agnieszka Holland. «Dal 2014 sono morte 60 mila persone nel tentativo di raggiungere l’Europa», ha spiegato duramente la regista. «In tanti si nascondono ancora nelle foreste, privandosi dei loro diritti umani e della loro vita. Alcuni muoiono non perché non abbiamo le risorse, ma perché spesso non li vogliamo». La giuria, presieduta per questa edizione da Damien Chazelle, ha premiato come miglior sceneggiatura Guillermo Calderón e Pablo Larraín per il loro film El Conde. «Spero che attraverso i dialoghi, gli studios possano raggiungere un accordo con gli attori in sciopero», ha detto Larraín.. Il Gran Premio della giuria è andato invece a Evil Does Not Exist di Ryusuke Hamaguchi.

Venezia 80, i premi della sezione Orizzonti parallela alla Mostra

La giuria internazionale, presieduta da Jonas Carpignano, ha inoltre assegnato anche i premi per la sezione Orizzonti, punto di riferimento per le nuove tecnologie e tendenze nel cinema. Miglior film è stato Explanation for Everything di Gábor Reisz che racconta le contraddizioni dell’Ungheria di Orban, mentre il premio per la miglior regia è andato a Mika Gustafson e il suo Paradise is Burning. «Sono scioccata», ha spiegato la cineasta svedese. «C’è ancora molto da raccontare». Il riconoscimento per la miglior sceneggiatura è andato invece a Enrico Maria Artale per il suo El Paraiso. «Ringrazio produttori e la mia famiglia del cinema per il supporto», ha spiegato il regista. «Grazie anche a mia mamma, i momenti difficili non sono nulla in confronto a quanto ti amo».

I premi della mostra del Cinema di Venezia.
Enrico Maria Artale con il premio per la migliore sceneggiatura di Orizzonti (Getty Images).

Quanto alle performance attoriali, la giuria ha voluto premiare Tergel Bold-Erdene per la sua recitazione nel film Ser Ser Salhi (Città del vento). A ritirare il premio la produttrice: «Un riconoscimento storico per la Mongolia». Fra le donne ha invece trionfato Margarita Rosa De Francisco che si è particolarmente distinta in El Paraiso di Artale. «Quando si recita con amore, ogni momento diventa un miracolo», ha detto l’attrice sul palco. «Ringrazio Edoardo Pesce (nel cast, ndr.) e tutta la troupe per aver reso questo possibile». Il premio speciale è andato al film Una sterminata domenica di Alain Parroni, mentre fra i cortometraggi ha trionfato l’albanese Erenik Beqiri con il suo A Short Trip.

I premi collaterali assegnati alla Mostra del Cinema di Venezia

Per quanto riguarda i riconoscimenti collaterali alla Mostra, si è particolarmente distinto Matteo Garrone con il suo Io, capitano. La storia di due giovani ragazzi in viaggio da Dakar per raggiungere l’Europa tramite una lunga traversata del deserto e del Mediterraneo ha infatti vinto il Leoncino d’Oro, assegnato al Lido dai giovani studenti di tutta Italia. La motivazione racconta di una «magistrale trasposizione in immagini di eventi di cui troppo spesso non abbiamo consapevolezza». Il regista, assente però in Laguna, si è portato a casa anche il Premio Francesco Pasinetti del Sindacato Nazionale dei Giornalisti Cinematografici italiani e il Premio Civitas che privilegia opere che promuovono coesione sociale. Alle Giornate degli Autori ha vinto invece Vampire Humaniste Cherche Suicidant Consentant di Ariane Louis-Seize. Leone del Futuro per la miglior opera prima, consegnato da Claudia Gerini, invece per Lee Hong-Chi e il suo Love is a Gun.

Tutti i premi della Mostra del Cinema di Venezia.
Matteo Garrone sul red carpet della Mostra di Venezia (Getty Images).

Lo statunitense Matt Dillon ha invece vinto il premio Mimmo Rotella, dedicato alla relazione tra i linguaggi del cinema e dell’arte per aver «saputo coniugare il grande talento e l’estro di attore e regista con una sempre innata curiosità verso nuovi orizzonti da scoprire». Prima di lui avevano ottenuto il riconoscimento, fra gli altri, anche Mick Jagger, Toni Servillo e James Franco. A Simone Massi è andato invece il premio Carlo Lizzani per il suo Invelle, film di animazione capace di affrontare «con passione e sensibilità la storia d’Italia dall’avvento del fascismo agli anni di piombo». Nella sezione Venezia Classici, che premia il miglior film restaurato e il miglior documentario sul cinema, hanno trionfato rispettivamente Ohikkoshi di Shinji Sômai (1993) e Thank You Very Much di Alex Braverman. Premio degli spettatori invece a Micaela Ramazzotti per il suo Felicità.

LEGGI ANCHE: Venezia 80, Soundtrack Stars per la miglior colonna sonora a Io, capitano

Patrick Zaki si è sposato, matrimonio al Cairo con Reny Iskander

Patrick Zaki, graziato al termine di caso giudiziario in Egitto durato tre anni, come promesso si è sposato con la fidanzata (e ormai moglie) Reny Iskander al Cairo: la cerimonia si è svolta presso la chiesa copta di San Marco, nel quartiere di Heliopolis, secondo il lungo rito copto-ortodosso connotato da canti liturgici. Oltre ai genitori della sposa e dello sposo (papà George e mamma Hala) e alla sorella di Patrick, Marise, in chiesa erano presenti tra gli altri la sua avvocata principale, Hoda Nasrallah, e diversi militanti per la difesa dei diritti umani in Egitto: tra essi Ahmed Douma, come Zaki graziato dal presidente egiziano Abdel Fattah Al-Sisi. La sposa indossava un vaporoso abito bianco con velo, mentre lo sposo un completo nero con papillon e camicia bianca. Durante la funzione Zaki ha poi indossato una pesante tunica bianca con bordature e croce dorate e Iskander un’abbinata mantellina.

Marche, il nuovo Eden dei rockettari stranieri

So che sembra incredibile ma c’è un solo grado di separazione tra chi ha reso immortale frasi quali «e il naufragar m’è dolce in questo mare» e «Silvia rimembri ancora quel tempo della tua vita mortale, quando beltà splendea negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi» e chi ha composto il riff distorto di chitarra di un brano dal titolo Symphony of Destruction, brano che inanella versi come: «Proprio come il pifferaio magico conduceva i ratti per le strade noi balliamo come marionette ondeggiando alla sinfonia della distruzione». Come c’è un grado di separazione anche con chi ha scritto le musiche di Creep, ma lì, in fondo si parlava di un tizio che si sentiva sfigato («Galleggi come una piuma in un mondo bellissimo, io spero di essere stato all’altezza, così dannatamente all’altezza, ma sono uno sfigato, uno strambo»), fuori da quella normalità data quasi per scontata, sorte non troppo distante da chi si sapeva a sua volta inosservato da Silvia. Vai poi a capire se nome reale di una vicina di casa o, come sostenuto da Buffoni recentemente, maschera atta a nascondere una omosessualità rimasta latente.

Quel grado di separazione con Leopardi

Avete presente tutti, no, la regoletta che vuole chiunque, in quel di Hollywood, in grado di raggiungere Kevin Bacon con sole sei mosse? Bene, quel che divide, metaforicamente, Giacomo Leopardi e Dave Mustaine, voce e chitarra dei Megadeth, uno dei nomi di punta dell’Heavy Metal, è un solo grado di separazione, come è un solo grado di separazione che divide l’autore del Sabato del villaggio e la sua Recanati da Jonny Greenwood dei Radiohead. E quel grado di separazione è in realtà misurabile in chilometri, per l’esattezza 66 da Dave Mustaine, a Moresco, in provincia di Fermo, e 53 da Greenwood, lì a Monsampietro Morico, medesima provincia, sempre ai bordi dei Monti Sibillini. Il fatto è che recentemente le Marche, regione non certo centralissima nella narrazione della Bella Italia seppur centrale geograficamente, cinta tra Mare Adriatico e Appennino, sono diventate meta ambita dai rockettari stranieri che in queste lande verdeggianti e assai poco frequentate – se non da cataclismi di varia natura, dai terremoti alle alluvioni non si sono fatte mancare nulla – ultimamente, hanno deciso non solo di venirci a abitare, ma anche di mettere su imprese che con la musica, a dire il vero, poco o nulla hanno a che fare.

Marche, il nuovo Eden dei rockettari stranieri
Thom Yorke e Jonny Greenwood dei Radiohead (Getty Images).

Dall’olio di Greenwood al vino di Mustaine: le imprese marchigiane dei rockettari

Un frantoio, nel caso di Greenwood, già insediato da tempo, al punto che quando il terremoto ha colpito la sua zona, in quello che tutti ricordano come il terremoto di Amatrice ma che nelle Marche ha fatto danni incredibili, col suo partner in crime Thom Yorke, invece di stanza in Sicilia, ha fatto un concerto benefico allo Sferisterio di Macerata. Anche la festa per il restauro dell’organo nella chiesa di Offida, permesso proprio dall’evento benefico, lo ha visto protagonista. Un’azienda vinicola nel caso di Mustaine, proprio in questa anomala estate 2023 che ha visto le Marche presenziate anche da altri Big della musica, quali Roger Waters, a Porto San Giorgio per il compleanno di un amico, e Robert Plant, a Macerata per un concerto, ma proprio a Recanati per qualche giorno di riposo, nello stesso albergo che per altro ospitava Whoopi Goldberg, qui perché impegnata in un film incentrato proprio sulle opere di Leopardi. Olio, quello di Greenwood, che è finito al centro di una delle più scontate polemichette da social, quando si è scoperto che veniva venduto al pubblico britannico per qualcosa come 70 euro alla bottiglia. Il vino della House of Mustaine risponde a nomi invece piuttosto eccentrici, specie per chi non conosce l’opera di colui che fu tra i fondatori dei Metallica, oltre che uno dei più noti artisti in ambito Metal di tutti i tempi: Holy Wars, per il vino rosso, Wanderlust per il Pecorino, She-Wolf per il rosato ed Elysian Fields per il verdicchio dei colli di Jesi. Tutta farina del suo sacco, o meglio della sua voce e del suo plettro, per intendersi. Un modo, il suo, per spostare in Europa una impresa già partita anni fa in California, e che intende poi sviluppare anche in altre parti di Europa, ma che ha nei pressi di Fermo il suo punto di partenza, scusate lo sciocco gioco di parole.

Marche, il nuovo Eden dei rockettari stranieri
Dave Mustaine (Getty Images).

Le voci sull’arrivo di Bob Dylan al Conero

Del resto da tempo si favoleggia di un arrivo in zona anche di Bob Dylan, stavolta sul Conero, nella villa che fu del pilota Michael Schumacher. Già c’è un rosso Conero a lui dedicato, o meglio, che prende il nome da una sua canzone, Visions of Joanne (da Blonde on Blonde), il Visions of J della Fattoria Le Terrazze, ma l’idea di sapere il bardo di Duluth a spasso per il sentiero del Lupo, per la spiaggia di Portonovo (lì magari no, che gli ricorderebbe le contestazioni del 1965 al Newport Folk Festival, Newport= Portonovo) o magari a rimirare proprio l’Ermo Colle, rivolto verso i Sibillini, non troppo distante da lì, è di suo piuttosto suggestiva, tanto più per una regione che ha regalato poco alla musica, almeno a quella mainstream – Fabri Fibra e suo fratello Nesli, il vincitore di una recente edizione di X Factor, Baltimora, la cantautrice indie Maria Antonietta e poco altro, fatta eccezione per i veterani del combat rock, la Gang, al secolo Marino e Sandro Severini, gente che con Greenwood e Mustaine di gradi di separazione non dovrebbe averne proprio. La loro Filottrano ospita il museo dedicato all’esploratore Giacomo Costantino Beltrami, titolare della Belatrami’s County, in Minnessota, dove si trova la sorgente del Mississippi, da lui medesimo scoperta, ispiratore del personaggio dell’Ultimo dei Mohicani scippato da Fenimore Cooper e andato a morire proprio nelle Marche, per amore. Minnessota, guarda il caso, che è esattamente dove si trova Duluth, città che ha dato i natali a Robert Zimmermann, in arte Bob Dylan. Anche in questo caso, è il karma delle Marche, neanche un grado di separazione.

Fabio Fazio e quel rigassificatore poco gradito davanti casa

Rigassificatore? Sì, no, dipende. Di sicuro non davanti a casa mia. È questo il pensiero di molti italiani, condiviso a quanto pare da Fabio Fazio, che su Twitter si è lamentato per il riposizionamento della nave “Golar Tundra” per la rigassificazione, che stazionerà nella rada al largo del porto di Vado Ligure dal 2026 per almeno 17 anni (dunque come minimo fino al 2043).

«E così si torna indietro di decenni: un rigassificatore a meno di tre chilometri dalla costa…altro che vocazione turistica», ha twittato il conduttore, nato a Savona e notoriamente ambientalista. Con il suo post social, Fazio si è “guadagnato” diversi commenti critici. Tra cui: «Ecco i soliti ambientalisti che però si fanno la doccia con l’acqua calda», «Non è un account – parody, vero?», «Predicano in tv e poi sono tutti uguali: not in my backyard». L’impianto dovrebbe soddisfare il 7 per cento del fabbisogno energetico nazionale.

Addio a Domenico De Masi, morto a 85 anni il sociologo dei lavoratori

È morto a 85 anni Domenico De Masi, professore emerito di Sociologia del lavoro presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, dove è stato preside della facoltà di Scienze della comunicazione. Come riporta Il Fatto Quotidiano, De Masi è scomparso a seguito di una improvvisa malattia.

Il dottorato a Parigi e l’insegnamento in Italia

Nato nel 1938 a Rotello, in provincia di Campobasso, De Masi aveva frequentato il liceo a Caserta per poi laurearsi in Giurisprudenza all’Università a Perugia. Successivamente si era trasferito a Parigi per un dottorato in Sociologia del Lavoro. Rientrato dalla Francia, aveva iniziato la carriera accademica in Italia come assistente all’Università Federico II di Napoli, affiancando tale attività a quella di ricercatore all’Italsider di Bagnoli. Nel 1970 aveva accettato l’incarico di assistente presso la nuova facoltà di Scienze politiche a Cagliari, entrando a stretto contatto con figure del calibro di Luigi Berlinguer, Franco Bassanini, Gustavo Zagrebelsky, Valerio Onida. Torna poi a Napoli, aveva insegnato tra Orientale e Federico II, per poi approdare a Roma come docente di Sociologia presso La Sapienza, dove è stato preside della facoltà di Scienze della comunicazione.

Addio a Domenico De Masi, il sociologo dei lavoratori. Numerose le sue pubblicazioni, tra cui Ozio creativo. Aveva 85 anni.
Domenico De Masi (Imagoeconomica).

Ozio creativo e non solo: i suoi libri più importanti

Come studioso, insegnante, ricercatore e consulente, l’interesse di De Masi è sempre stato rivolto alla sociologia del lavoro e delle organizzazioni, alla società postindustriale, allo sviluppo e al sottosviluppo, così come ai sistemi urbani, alla creatività, ai metodi e alle tecniche della ricerca sociale. Numerose le pubblicazioni di De Masi, tra manuali di organizzazione e di sociologia del lavoro. Tra i libri più rilevanti Il lavoratore post-industriale, Il futuro del lavoro e Ozio creativo. Durante la pandemia era stato tra i principali sostenitori del lavoro agile. A metà agosto, mentre era a Ravello, De Masi aveva scoperto di avere una malattia invasiva: i medici del policlinico Gemelli di Roma gli avevano comunicato che gli sarebbe restato poco da vivere. E così purtroppo è stato.

Caso Visibilia, indagato un avvocato: avrebbe falsificato la firma di Santanchè

La Guardia di Finanza, su delega della Procura di Milano, ha svolto una perquisizione nello studio milanese di un avvocato indagato per falso e sostituzione di persona per il tentativo, illegale, di acquisire copia delle carte agli atti del fascicolo sul gruppo Visibilia, in cui Daniela Santanchè è tra gli indagati. Come spiega Il Giornale, la perquisizione è arrivata nel corso di un’indagine in cui la ministra del Turismo è parte offesa, in quanto a sua insaputa, a luglio, il legale avrebbe cercato, falsificando la sua firma, di impossessarsi di atti che attestavano l’esistenza, allora ancora non ufficiale, dell’inchiesta.

LEGGI ANCHE: Paola Ferrari, 200 mila euro per salvare Visibilia concessionaria

Caso Visibilia, indagato un avvocato: avrebbe falsificato la firma della ministra del Turismo Daniela Santanchè.
Daniela Santanchè (Imagoeconomica).

L’avvocato è indagato per falso e sostituzione di persona

Nel mese di luglio, Santanchè affermava di non aver ricevuto alcun avviso di garanzia. E proprio in quei giorni “caldi” alla pm Maria Gravina – che coordina le indagini – era stata depositata una nuova richiesta di accesso agli atti firmata dalla ministra del Turismo. Dopo un confronto con alcuni atti originali di Visibilia con la firma di Santanchè i pm si sono accorti di sostanziali differenze rispetto a quella apposta sull’istanza. A quel punto sono scattate verifiche dell’indirizzo di posta elettronica da cui era partita la richiesta, risultato appartenente a un avvocato milanese. È stata poi la stessa ministra a confermare di non aver né dato incarico al legale di consultare gli atti, né di aver apposto la firma: l’avvocato è ora indagato per falso e sostituzione di persona.

Villa Verdi a Piacenza, Sangiuliano: «Siamo pronti all’acquisto»

«La casa in cui ha vissuto Giuseppe Verdi è un patrimonio che deve rimanere in mani pubbliche». Lo ha detto il ministro alla Cultura Gennaro Sangiuliano, ospite del concerto diretto da Riccardo Muti al Teatro Municipale di Piacenza, il cui incasso è destinato al salvataggio Villa Sant’Agata, dimora di Villanova dove visse e lavorò il musicista di Busseto.

Villa Verdi a Piacenza, Sangiuliano: «Siamo pronti all’acquisto. È un patrimonio che deve rimanere in mani pubbliche».
Gennaro Sangiuliano (Imagoeconomica).

«Come ministero siamo pronti con la cifra necessaria all’acquisto»

«Noi come ministero siamo pronti con la cifra necessaria all’acquisto, qualora occorressero altri fondi ci faremo trovare anche in questo caso pronti. Dobbiamo solo aspettare che il tribunale e la giustizia facciano le loro operazioni. Dopodiché eserciteremo il diritto di prelazione», ha detto Sangiuliano a margine del concerto, che ha visto esibirsi sul palco del Teatro Municipale l’Orchestra giovanile Luigi Cherubini, diretta dal maestro Riccardo Muti. «Il nostro progetto, del quale abbiamo anche discusso con il presidente della Regione Emilia Romagna è quello di creare una fondazione che gestirà un itinerario verdiano: tutto quello che è appartenuto a Verdi, così come una serie di eventi collegati al grande maestro. Eventi che si svolgeranno all’interno della Villa».

Da Aida a La traviata, le opere composte da Verdi a Villa Sant’Agata

La villa di Sant’Agata fu la casa di campagna acquistata nella frazione omonima di Villanova sull’Arda da Verdi coi proventi delle sue opere: costituì la principale abitazione del compositore (e della seconda moglie Giuseppina Strepponi) a partire dal 1851. Qui Verdi compose La traviata nel 1853, Aida nel 1871, Otello nel 1887 e Falstaff nel 1893, più il Requiem in onore di Alessandro Manzoni nel 1874.

Xpeng, la Tesla cinese che vuole conquistare anche l’Europa

L’hanno ribattezzata l’anti Tesla ma il suo vero nome è Xiaopeng Motors, o anche Guangzhou Xiaopeng Motors Technology Co. Conosciuta più semplicemente come Xpeng, la casa automobilistica della ricca provincia cinese meridionale del Guangzhou punta a riscrivere le regole dell’automotive con le sue auto elettriche. Non solo in Cina, dove è presente dal 2014, ma anche nel resto del mondo, Europa compresa. «Abbiamo un piano coraggioso per entrare nell’arena globale. Stiamo per fare il nostro ingresso in uno dei mercati automobilistici più competitivi al mondo», ha dichiarato Brian Gu, il co-presidente del gruppo, in occasione del Salone dell’auto di Monaco. Xpeng ha così svelato le sue carte, spiegando di voler commercializzare la berlina P7 e il Suv G9 in Germania, Francia e Gran Bretagna, a partire dal 2024. Al momento, i due modelli sono già disponibili  in Norvegia, Svezia, Danimarca e Olanda, dove il gruppo ha deciso di stabilire il suo quartier generale continentale. Ma chi c’è dietro Xpeng? E quale è la sua storia?

Xpeng, la tesla cinese
Il modello X9 presentato alla fiera dell’auto di Shanghai (Getty Images).

He Xiaopeng, l’informatico che sognava di realizzare la Tesla cinese

La storia di Xpeng ruota attorno alla figura di He Xiaopeng. Dopo essersi fatto le ossa presso AsiaInfo Technologies, un’impresa statale in prima linea nell’implementazione di Internet in Cina, si è messo in proprio fondando la UCWeb, insieme al collega Liang Jie. Il successo della società diventata leader nelle app attira l’interesse di Alibaba che in breve tempo ne completa l’acquisizione per 4 miliardi di dollari. Jie assume il ruolo di Chief Technical Officer del dipartimento UCWeb, mentre He diventa direttore di Alibaba Mobile. Nel 2014, He Xiaopeng è uno dei primi cittadini cinesi ad acquistare un’auto Tesla. Il talentuoso informatico resta impressionato dalla vettura, e propone ad Alibaba di sviluppare un’auto analoga: elettrica e intelligente. La sua proposta viene però respinta. Poco male, perché lo stesso He grazie alla sua vasta rete di conoscenze individua due ingegneri automobilistici con la giusta esperienza per creare un nuovo progetto. Sono Xia Heng e He Tao, dipendenti della Guangzhou Automobile (GAC), che si buttano a capofitto nel progetto di dare vita a alla “Tesla cinese”. E che con He fondano quella che diventerà la Xpeng Motors.

Xpeng, la Tesla cinese che vuole conquistare anche l'Europa
He Xiaopeng (Getty Images).

Le accuse di spionaggio industriale 

Mentre i due ingegneri iniziano a progettare la prima auto, l’informatico, mente del gruppo, si attiva per trovare i soldi necessari a sviluppare il progetto. Missione riuscita, visto che tra gli investitori del gruppo compaiono Lei Jun, che nel frattempo ha fondato Xiaomi, Alibaba, Foxconn e IDG Capital. I primi rendering della Tesla cinese vedono luce nel settembre 2016. L’auto si chiama Xpeng Beta. Un anno dopo inizia la produzione di prova. Le consegne della versione finale iniziano nel dicembre 2018. Alla fine, l’auto è battezzata G3, abbreviazione di Geek3, nome vincitore di un sondaggio sui social media. Al Salone dell’Auto di Shanghai, nell’aprile 2019, Xpeng mostra il suo secondo modello: il P7, una berlina destinata a fare concorrenza alla Tesla Model 3. L’ultimo gioiello della scuderia è il SUV G6, alternativa al Model Y di Elon Musk. He Xiaopeng non ha mai nascosto l’ammirazione per Tesla, al punto da aver dichiarato in più di un’occasione che Xpeng ha attinto alle informazioni open source della concorrente statunitense. Anche nel design  si notano alcune somiglianze tra i due marchi. Naturalmente non sono mancate accuse e frizioni. Cao Guangzhi, ex dipendente Tesla passato a Xpeng, è stato accusato di aver rubato il codice sorgente del sistema dell’autopilot, fiore all’occhiello delle auto di Elon Musk. Dopo l’ammissione di colpevolezza della ‘spia’, Tesla e Cao hanno risolto il caso in via extragiudiziale. La sfida però ormai è stata lanciata.

Marisa Leo, l’ex compagno preparava da tempo il suo omicidio

Quello di Marisa Leo, compiuto a colpi di carabina calibro 22 da Angelo Reina, è stato un omicidio che il suo ex compagno, preparava da tempo. Stando a quanto emerge dalle indagini condotte dalla squadra mobile di Trapani, il killer (che poi si è suicidato) nelle ultime settimane, aveva noleggiato un’auto: a bordo i poliziotti hanno trovato altri proiettili della stessa arma utilizzata per uccidere la Leo, scrive Repubblica. È stato lo stesso titolare dell’agenzia di noleggio a presentarsi davanti gli investigatori. Inoltre Reina aveva anche fatto pedinare l’ex compagna con un investigatore privato: l’uomo si è presentato spontaneamente in questura a Trapani.

Nel 2020 la nascita della figlia e la denuncia per stalking

La coppia aveva avuto una bambina nel 2020. Ma nello stesso anno Marisa Leo aveva denunciato Angelo Reina per stalking e violazione degli obblighi di assistenza familiare. Il 7 settembre l’uomo ha dato appuntamento all’ex compagna nell’azienda di famiglia, in contrada Farla al confine tra Mazara e Marsala, e l’ha uccisa. Poi si è recato su un viadotto all’ingresso di Castellammare del Golfo e si è tolto la vita con un colpo di arma da fuoco.

Ustica, parente di due vittime: «Fu battaglia aerea simulata»

Quel che successe il 27 giugno 1980 al DC9 Itavia, precipitato nel Tirreno mentre era in volo da Bologna a Palermo, non fu causato da un atto di guerra aerea, ma da un’esercitazione, una battaglia aerea simulata. Lo sostiene Giorgio Gjylapian, familiare di due vittime (lo zio Guelfo Gherardi e la compagna Antonella Cappellini), di professione avvocato, il quale si dice certo che lo schianto del velivolo fu causato «dall’interferenza di scia (impropriamente definita “near collision”, ndr) provocata da un aereo militare in esercitazione, con ogni probabilità italiano».

«Non ci furono tracce di esplosione né interna, né esterna»

«Non ci furono tracce di esplosione né interna, né esterna», ovvero di un missile: «tutte le presunte prove che venivano addotte a sostegno delle tesi esplosiviste, sono state smontate da analisi o dati oggettivi», ha detto Gjylapian, citando le parole di Carlo Casarosa, perito nominato dal giudice Priore per le analisi sul relitto di Ustica. La battaglia aerea simulata era, ha specificato, «l’esercitazione Sinadex programmata per le 21, pochi secondi prima della caduta dell’aereo», che prevedeva un attacco simulato sugli aeroporti siciliani, «a cui gli avieri dovevano rispondere con le contromosse difensive». Nel pomeriggio di quel maledetto 27 giugno 1980, dall’aeroporto di Grosseto «era partita una missione di attacco simulato sull’aeroporto di Verona», ha dichiarato Gjylapian. «I tracciati radar questo rivelano: nessuno ha visto aerei in battaglia, a parte l’interpretazione dei due plot successivi alla caduta dell’aereo civile che hanno portato all’accusa di alto tradimento a carico di tre generali».

Ustica, parente di due vittime: «Fu battaglia aerea simulata». Lo sostiene Giorgio Gjylapian: «Amato non può confondersi».
Giuliano Amato (Getty Images).

«Intollerabile che Amato possa confondersi su questa vicenda»

Quanto alle parole di Giuliano Amato, per Gjylapian è «intollerabile che possa confondersi su una vicenda non paragonabile ad altre incombenze del suo ufficio». Fu infatti Amato, sottosegretario del governo Craxi, «a reperire i fondi per ripescare il relitto; fu lui ad asserire che il primo giudice istruttore Bucarelli gli aveva mostrato foto del relitto del DC9 scattate prima del ripescaggio, vicenda che portò alle dimissioni di Bucarelli; fu lo stesso Amato a negare di fronte ai giudici di essere stato informato dai servizi segreti delle responsabilità francesi come invece aveva asserito l’ex presidente Cossiga nella famosa intervista del 2009».

G20, Meloni: «Mosca usa l’energia come arma di ricatto»

In una Nuova Delhi blindata e insolitamente silenziosa ha preso il via il G20, in scena il 9 e 10 settembre al centro convegni Bharat Mandapam, dove il primo ministro indiano Narendra Modi ha accolto 30 capi di Stato e di governo oltre a 14 responsabili di organizzazioni internazionali. Tra i leader presenti anche Giorgia Meloni, che ha tenuto un intervento nel corso della prima sessione di lavori dedicata a clima, ambiente, energia e sviluppo sostenibile.

«Il nesso clima-energia è sempre più importante»

«Il nesso clima-energia è sempre più importante in una fase nella quale il mondo continua ad affrontare gli effetti a cascata della crisi innescata dalla guerra di aggressione russa all’Ucraina e dall’uso delle forniture energetiche come un’arma di ricatto da parte di Mosca», ha detto Meloni nel corso del suo intervento alla prima sessione del G20, intitolata “One Earth”. Per quanto riguarda clima ed energia, la premier italiana ha sottolineato l’importanza di evitare «approcci troppo radicali o troppo asimmetrici fra gli Stati, particolarmente fra quelli più industrializzati», in quanto «finirebbero per non garantire soluzioni efficaci ai nostri problemi, e allo stesso tempo potrebbero provocare pericolosi squilibri nel rapporto tra le Nazioni e all’interno delle Nazioni stesse».

G20, Meloni: «Mosca usa l’energia come arma di ricatto». Le parole della premier al summit in corso a Nuova Delhi.
Giorgia Meloni e Narendra Modi (Getty Images).

«L’Italia aspira a diventare un ponte tra Europa e Africa»

«Inutile dire che la risposta al cambiamento climatico deve riguardare davvero tutti, altrimenti pensare che possa portare risultati apprezzabili è pura utopia», ha aggiunto Meloni. «Al di là degli impegni sul contenimento del riscaldamento in corso, dobbiamo considerare prioritaria l’adozione di tutte le misure utili alla mitigazione delle conseguenze dei cambiamenti climatici, che impattano soprattutto sui Paesi del sud globale». L’Italia, che «aspira a diventare un ponte tra Europa e Africa per promuovere partenariati reciprocamente vantaggiosi, rifiutando un approccio assertivo o paternalistico», destinerà all’Africa oltre il 70 per cento del Fondo Italiano per il clima: «Tre miliardi di euro nei prossimi cinque anni, equamente destinati a iniziative di mitigazione e adattamento».

Devastante terremoto in Marocco, centinaia di morti

Una forte scossa di terremoto ha colpito la regione di Marrakech, in Marocco, provocando oltre 600 morti e più di 300 feriti: il bilancio delle vittime è purtroppo in continuo aggiornamento. I sismografi hanno registrato la scossa alle 23.11 di venerdì 8 settembre: l’epicentro del terremoto di magnitudo 6.8 della scala Richter è stato localizzato nel centro del Paese, nella provincia di Al Haouz e per la precisione nel municipio di Ighil. Ma la scossa è stata avvertita lungo tutta dorsale della catena montuosa dell’Atlante, a Merzouga, una delle porte del deserto del Sahara, così come a Essaouira e Agadir, affacciate sull’Atlantico. E poi anche a Ouarzazate, Casablanca, Taroudant e Rabat.

Ingenti danni materiali nella città vecchia di Marrakech

Il movimento ondulatorio è durato circa 30 secondi ed ha causato il crollo di diversi edifici in una vasta porzione del Paese. Le parti più fragili delle mura che circondano la medina di Marrakech sono crollate. Erette attorno al 1120 per difendere la città dagli attacchi delle tribù berbere del sud, le mura sono lunghe 10 chilometri e contano 18 porte. Hanno poi ceduto alcune abitazioni e nella piazza Jamaa el Fna è crollato il minareto di una piccola moschea vicino allo storico Cafè de France.

Terremoto in Marocco, centinaia di vittime. L'epicentro del sisma, di magnitudo di 6.8, è stato localizzato a 70 chilometri da Marrakech.
Abitanti di Marrakech in strada dopo il sisma (Getty Images).

Danni poi nella kasbah, mentre nella città nuova si sono formate crepe nel campanile della chiesa cattolica di Gueliz. Crolli di facciate a Essaouira, sull’Oceano atlantico e a Ouarzazate, nel centro Sud.

Non ci sarebbero italiani tra le vittime e i feriti

«Al momento non abbiamo notizie di italiani feriti, né vittime, quindi le cose per i nostri connazionali potrebbero essere andate in modo migliore rispetto ai tanti marocchini purtroppo deceduti». Lo ha dichiarato il ministro degli Esteri Antonio Tajani, spiegando che al momento delle scosse, in quella parte del Paese africano, si trovavano circa 200 italiani. «Sono vicino al Marocco per il tragico terremoto che ha seminato morte e distruzione. L’Italia è pronta ad aiutare, anche per le fasi di soccorso, le autorità marocchine in questi momenti difficili. Una preghiera per le vittime e i loro familiari», ha twittato poi il vicepremier.

Così Palazzo Chigi: «Il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, oggi a Nuova Delhi per il Vertice G20, ha appreso con dolore il tragico bilancio del devastante terremoto che ha colpito il Marocco. Meloni ha espresso vicinanza e solidarietà al Primo Ministro Aziz Akhannouch, ai familiari delle vittime e al popolo marocchino, manifestando la piena disponibilità dell’Italia a sostenere il Marocco in questa emergenza».

La lezione di Batistuta alla politica da spettacolo

Potremmo chiamarla “la lezione di Batistuta”, ma poiché la frase preferita dei leader politici nostrani è sempre “non prendiamo lezioni da nessuno” figurati se porgeranno l’orecchio alle parole di un ex calciatore imbolsito ormai incastrato dentro al mito. Per le elezioni amministrative a Firenze ha circolato il nome del 54enne Gabriel Omar Batistuta, indimenticato e indimenticabile attaccante della Viola, campione argentino impresso nella memoria dei tifosi e dei cittadini toscani per il suo carisma e i suoi gol. Quello segnato a Wembley nel 1999 contro l’Arsenal è un souvenir malinconico come certi monumenti miniaturizzati nella palla di vetro.

Le apparizioni sui giornali e nelle televisioni fanno curriculum

Nella politica che è spettacolo, il nome di Batistuta a qualcuno è sembrato la leva perfetta per strappare la città di Firenze al centrosinistra. Ci avevano già provato con l’ex portiere Giovanni Galli, è vero, ma Batistuta è nel cassetto degli eroi, di fianco al semplice cassetto degli ex calciatori. Nella politica degli anni duemilaventi le apparizioni sui giornali e nelle televisioni sono le caratteristiche fondamentali di un buon curriculum. Basta scrivere un pessimo libro che inneschi una pessima polemica per diventare cangiabile e credibile. Lo sanno benissimo nella Lega di Matteo Salvini dove storicamente, ben prima di lui, una frase razzista o crudele è il viatico per polarizzare l’attenzione dei media, emergere dalla massa e abilitarsi in poche ore in un “politico di primo piano”. La successiva candidatura e la successiva elezione sono semplici conseguenze. Lo sa bene Roberto Calderoli, lo sa bene lo stesso Salvini che era uno sconosciuto consigliere comunale prima di proporre un vagone della metropolitana milanese riservato alle persone con la pelle più scura.

La lezione di Batistuta alla politica da spettacolo
Gabriel Omar Batistuta (Getty).

Diventare personaggi serve per garantirsi una lunga sopravvivenza

Così quei nove anni di Batistuta in maglia viola a partire dal 1991 sotto l’iconica presidenza di Vittorio Cecchi Gori e quei suoi 208 gol sembravano abbastanza per proporsi come amministratore di una delle città più importanti d’Italia. Sembrava un’ottima idea avanzare un candidato che non ha bisogno di spiegazioni e che avrebbe semplicemente dovuto “non sbagliare niente” per vincere. La televisionizzazione della politica è un morbo che ha infettato molti: giornalisti, sportivi, soubrette, virologi. Un caravanserraglio di nomi “spettacolari” che riempie il parlamento italiano e europeo. Sono politici televisivi utili alle feste di partito, quando c’è da vendere la birra e la saltella per incassare. Sono politici televisivi che garantiscono l’approdo al grande pubblico anche delle idee più strampalate. Il vizio è ormai talmente conclamato che i politici, quelli che tapini provengono solo dalla politica o dal lavoro, anelano a diventare personaggi il prima possibile per garantirsi una lunga sopravvivenza nelle istituzioni.

La lezione di Batistuta alla politica da spettacolo
Batistuta allo stadio Franchi di Firenze (Getty).

I posti dovrebbero essere occupati da chi ha la preparazione giusta

Batistuta però ha risposto dando una lezione di politica. Sembra incredibile, sì: «Voglio smentire la notizia che mi vede come possibile candidato sindaco a Firenze. Non faccio politica né in Italia né in Argentina. Non voglio trovarmi in alcun modo in una posizione di potere che dovrebbe essere occupata solo da coloro che sono stati adeguatamente preparati e con sufficiente merito per meritarselo», ha scritto sui suoi social. Il campione è convinto – non solo lui – che i posti di potere dovrebbero essere occupati da chi ha la preparazione e sufficiente merito anche solo per provare la corsa. E Batistuta, come molti altri, è convinto che avere fatto molti gol non rientri in questi parametri, come non lo è evidentemente avere condotto un telegiornale, avere litigato in una popolare trasmissione televisiva o avere ballato al fianco di un noto conduttore.

La lezione di Batistuta alla politica da spettacolo
Damiano Tommasi (Getty).

Il caso dell’ex calciatore Tommasi a Verona è diverso

I più rognosi, rimasti male per la risposta, dicono che a Verona sia accaduta la stessa identica cosa con l’ex calciatore Damiano Tommasi, fingendo di non sapere che lui si è dedicato per anni all’attività sindacale, quindi alla politica. Una cosa è certa: la risposta di Batistuta è un dribbling talmente intelligente nel deserto morale e intellettuale della politica italiana che alla fine l’avremmo votato come sindaco, a saperlo.

Venezia, gli atti osceni di Kanye West e i ricordi del Salento: il racconto della settimana

Kanye West, prima di uscire completamente fuori di testa, è stato nell’ordine: un signor produttore e uno dei rapper più creativi degli ultimi 20 anni. Per chi volesse saperne di più dovrebbe essere ancora disponibile su Netflix il documentario Jeen-yuhs che racconta, in tre episodi, la sua ascesa fin dai tempi in cui, da ragazzo benestante di Chicago, iniziava a muovere i primi passi nel rap game. Se dovessi scegliere un album tra i suoi sicuramente il primo in classifica sarebbe The Life Of Pablo del 2016. Un disco di black music a 360 gradi che, come ho letto da qualche parte, avrebbe potuto fare Prince se fosse cresciuto in tempi diversi. In Pablo Yeezy lancia piccoli pezzi della sua psiche e ti sfida, mentre lo ascolti, a rimetterli insieme. Un po’ come ho fatto io con i Tales in questi due ultimi anni. Come i Tales non sono né racconti né articoli di giornale e appaiono parecchio lontani dalla forma romanzo, i pezzi che compongono The Life Of Pablo più che canzoni sono paragonabili a post, a Gif animate, con testi che giocano sull’attualità saltabeccando tra riflessioni profondamente intime e dichiarazioni totalmente megalomani.

Tornato dalle vacanze quindi mi sono comprato il vinile di TLOP, l’ho ascoltato a ripetizione tutta la settimana e poi, dopo essermi infilato nella mia borsa Hampton Esperienza di Martin Amis, sono saltato su un treno e sono partito per Venezia. Casualmente a Venezia, nonostante la Mostra del Cinema al Lido e la strepitosa festa di Armani all’Arsenale, non si parlava d’altro che di Kanye e dell’accusa di atti osceni in luogo pubblico che gli è stata rivolta dopo essere stato sorpreso dai paparazzi mentre in vacanza in laguna, a bordo di un taxi acqueo, si intratteneva con la moglie in atteggiamenti particolarmente espliciti. «Hai visto Kanye, che si faceva fare un pompino con il culo di fuori l’altro giorno?», mi ha chiesto Davide  mentre ci bevevamo un Martini nel giardino dell’Experimental alle Zattere con di fronte l’isola della Giudecca. «Sì», gli ho risposto, spegnendo nel portacenere l’ennesima Gauloise rossa, abbronzatissimo scalzo e a petto nudo, con in testa il cappello di One Piece di Superduper, deliberatamente stravagante. E di colpo mi sono tornate in mente la mia Bianca (non Censori) e un’estate di parecchio tempo fa.

Sono mitologici ancora oggi tra di noi amici i ricordi delle mirabolanti avventure estive degli anni in Salento, in periodi in cui la Puglia non era ancora il territorio eletto di Meloni e Salvini tra masserie a Ceglie Messapica e compagnia bella ma un luogo paradisiaco dove potersi rifugiare per trascorrere le vacanze. Si stava a Marina Serra e si alloggiava alla Fortunata, una splendida villa le cui terrazze guardavano il mare, e dove c’era sufficiente spazio per ospitare chiunque volesse o dovesse. Giovani e snelli, sempre sudati e a torso nudo vivevamo le giornate una dopo l’altra con l’acceleratore premuto, drogatissimi, ciondolando tra il campo da tennis nel giardino della villa, un Beach Bar chiamato Jamao vicino al mare e gli scogli del Lavaturu. Proprio un pomeriggio al Lavaturu conobbi Bianca, ci innamorammo e in breve diventammo il Signore e la Signora del disordine e del caos. Stavamo in giro tutta la notte fino a tardi e la mattina saltavamo sul suo motoscafo, il Mandrax, e andavamo a fare colazione a Castro o a Leuca. Spesso eravamo nudi o facevamo l’amore in mezzo al mare, all’ancora, vicino a qualche porto. Poi Bianca si infilava una mia polo blu da rugby di Ralph Lauren con le maniche lunghe e mi diceva: «Se vado a letto con qualcuno avrò pur il diritto di usare i suoi vestiti». Poi guidava il motoscafo (senza patente) e mi riportava alla Fortunata mentre sottocoperta svettavano testi di teosofia, magia nera, esoterismo di cui lei andava matta.

Spesso eravamo nudi o facevamo l’amore in mezzo al mare. Poi Bianca si infilava una mia polo blu da rugby di Ralph Lauren con le maniche lunghe e mi diceva: «Se vado a letto con qualcuno avrò pur il diritto di usare i suoi vestiti»

Per tutta l’estate fummo inseparabili. Quando volevamo prenotare un tavolo in qualche ristorante ci annunciavamo al telefono come il conte e le contessa Zigenpuss, perché io avevo letto su qualche rivista che era il nome in incognito che utilizzavano Keith Richards e Anita Pallenberg. Oppure, se ci capitava di imbatterci nei pescatori all’ora giusta, compravamo direttamente i dentici rossi dalle barche e li portavamo agli altri a casa per pranzo. Vivevamo con l’assurda idea in testa di essere degli esuli, anche se lei era salentina e io stavo lì semplicemente in vacanza. Ricordo che alla fine dell’estate volevamo fuggire e trasferirci a Los Angeles, allo Chateau Marmont. Altro che Kanye West.

Powered by WordPress and MasterTemplate