Daily Archives: 21 Settembre 2023

Francesco Borrelli sulla serie Gomorra: «Baby criminali dipinti come miti»

Francesco Emilio Borrelli, giornalista e deputato di Alleanza Verdi – Sinistra, ha commentato per Adnkronos la vicenda che ha visto protagonista un 15enne ferito a una gamba da un suo compagno di scuola, tra le mura dell’istituto Marie Curie a Ponticelli, Napoli. «Quelli che un tempo erano considerati luoghi sacri – come le scuole e le chiese – dove non era pensabile portare e utilizzare armi, sono diventati posti in cui l’uso della violenza è uno dei primi elementi che i ragazzini imparano».

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«Un’aggressione a freddo»

Secondo quanto riportato all’agenzia da Borrelli, si sarebbe trattato di un’aggressione a freddo: «Come ha spiegato la giornalista Luciana Esposito, che conosce personalmente i genitori della vittima, il 15enne si stava recando in classe ed è stato accoltellato mentre era di spalle e stava salendo le scale, senza che tra i due vi fosse stato un qualsivoglia alterco. Un fatto gravissimo: a 15 anni sanno usare pistole e coltelli, invece di pallone e giocattoli, come succedeva ai loro coetanei vent’anni fa. Denuncio la questione da tempo, ma è cambiato qualcosa?».

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Baby gang: «Fenomeno in crescita»

Il giornalista afferma inoltre di denunciare la situazione a Ponticelli da anni: «Chi vive il territorio, chi vive la strada, si rende purtroppo conto, da tempo, di ciò che sta succedendo. Quello delle baby gang e, più in generale della violenza tra i giovanissimi, era un fenomeno in crescita già da anni; ora però si è arrivati ad un vero e proprio livello di mitizzazione, che non c’era mai stata prima, grazie anche alle serie tv». Con riferimento a Gomorra, Borrelli ha dichiarato: «Per la prima volta, i baby criminali non sono stati più dipinti come delle ‘chiaviche’, ma come dei miti, perché anche se poi muoiono o rischiano la vita, comandano loro, hanno potere. Siamo passati dal mito di Gomorra al sistema delle baby gang come villaggio Valtour a stampo Mare Fuori».

«Stiamo facendo repressione»

«Anche qui» ha aggiunto «non incolpo la fortunata serie Rai, il problema però è che poi passano determinati messaggi. C’è mai stata una serie su Gelsomina Verde? Sostanzialmente quello che attira e stimola il grande pubblico è il male, il marcio, la violenza. La mitizzazione collettiva del fenomeno. Del resto noi abbiamo avuto tutta una serie di altarini dedicati ai baby criminali. Mi ricordo quando feci la mia prima denuncia, segnalando il problema». E ancora: «Stiamo facendo una repressione – che è necessaria, per carità – ma non ci stiamo ponendo il problema che per smantellare un fenomeno del genere c’è bisogno di offrire altri modelli. E noi, al momento cosa offriamo? Gomorra, Mare Fuori e la disoccupazione».

Roma, picchiato addetto Atac: in tre gli rompono le braccia

L’aggressione è avvenuta alle 16 di mercoledì 20 settembre alla fermata Ottaviano, a Roma. L’addetto Atac in servizio è stato attaccato da tre stranieri che, oltre a provocargli lividi e contusioni con calci e pugni, gli hanno rotto le braccia. Negli ultimi sette giorni, si tratta della quarta aggressione subita dai dipendenti della municipalizzata nella Capitale. A denunciare il caso è stato il segretario regionale Faisa-Cisal del Lazio Gian Luca Donati e il segretario provinciale di Roma Antonio Cannone.

«Serve un tavolo di confronto»

«Nell’ultima settimana» – hanno ricordato – «due verificatori e due addetti alla clientela di Atac hanno subito quattro gravi aggressioni, tutte refertate in ospedale con diversi giorni di prognosi. È una triste realtà resa ancora più grave dal silenzio che proviene dall’Azienda e dalle istituzioni. È incomprensibile il mancato rispetto da parte di Atac dei propri dipendenti che subiscono quotidianamente aggressioni fisiche e verbali. Non è più possibile tollerare tale situazione. Occorre aprire un tavolo di confronto, che veda la presenza di Regione Lazio, Roma Capitale, Città Metropolitana, Atac, Cotral, Trenitalia e gestori privati del Tpl. Servono azioni concrete e noi, come Faisa Cisal Roma e Lazio stiamo cercando di fare la nostra parte».

Zelensky: «Senza aiuti perdiamo la guerra»

«Se non riceviamo gli aiuti, perderemo la guerra». Questo l’appello di Volodymyr Zelensky ai senatori americani, secondo quanto riferito al New York Times dal leader della maggioranza democratica Chuck Schumer. Lo speaker della Camera americana, il repubblicano Kevin McCarthy, ha escluso di mettere nell’agenda l’approvazione di un pacchetto da 24 miliardi di dollari di aiuti all’Ucraina entro la fine dell’anno, come chiesto da Joe Biden.

«Biden pensa solo all’Ucraina»

«Abbiamo i nostri problemi fiscali di cui occuparci» – ha dichiarato McCarthy – «Ci sono 10.000 persone che hanno appena attraversato il confine e il presidente pensa solo all’Ucraina», definendo tuttavia il suo incontro con il leader ucraino come «positivo» e «produttivo». McCarthy, come riportato dall’Ansa, ha negato a Zelenski una sessione congiunta del Congresso che gli avrebbe consentito di rivolgersi a tutti i deputati e i senatori, evitando anche di farsi vedere pubblicamente con il presidente ucraino. Zelenski è quindi apparso con il leader della minoranza dem Hakeem Jeffries e con i leader del Senato, il dem Chuck Schumer e il repubblicano Mitch McConnell.

Incidente a Monacizzo, morto un 50enne: era ai domiciliari e stava andando in tribunale per un’udienza

È accaduto intorno alle 12.00 di giovedì 21 settembre 2023. Pietro Cappuccio era alla guida di una monovolume sulla provinciale 123 Lizzano-Pulsano (Taranto) quando ha perso il controllo dell’auto, è uscito dalla carreggiata ed è morto sul colpo.

L’auto si è ribaltata più volte prima di fermarsi in un vigneto

Secondo quanto ricostruito, l’uomo avrebbe perso il controllo del mezzo all’imbocco di una curva. L’auto è finita fuori strada, colpendo e oltrepassando un muretto e, dopo essersi ribaltata più volte, si è fermata in un vigneto. La velocità potrebbe aver causato l’incidente, anche se le cause sono ancora da accertare. Sono intervenuti sul posto i carabinieri e il 118, che hanno constatato il decesso dell’uomo. Il 50enne di Monacizzo è morto sul colpo in seguito alle profonde ferite riportate. Indagano sulle dinamiche i carabinieri della stazione di Lizzano.

L’uomo era agli arresti domiciliari e si stava recando in tribunale

L’uomo, ai domiciliari, era diretto a Taranto per un’udienza. Aveva ricevuto l’autorizzazione del giudice a recarsi lì con la sua auto, senza scorta. I familiari, che si trovavano in aula al momento del tragico incidente, hanno appreso la notizia in tribunale.

Bologna, liceale salva un uomo dall’infarto e scompare. La famiglia lo rintraccia sui social

Stava andando a prendere la fidanzata al liceo Arcangeli quando, improvvisamente, sul suo cellulare è suonata l’applicazione Dae RespondER del 118 che aveva scaricato qualche mese prima, dopo aver seguito un corso per l’uso del defibrillatore. Matteo Laschi, 18 anni, liceale al San Luigi, non ha perso tempo e trovandosi non lontano dal luogo indicato dall’alert ha deciso di intervenire. Al suo arrivo in via Alamandini, a Bologna, ha trovato un uomo a terra e, senza esitare, ha iniziato a praticare il massaggio cardiaco, in attesa degli operatori sanitari. Come riportato da Repubblica, quando ha sentito il crac della costola rotta, per paradosso, ha capito che stava facendo bene. Al momento dell’arrivo dei soccorsi, Matteo è andato via, tornando alla sua quotidianità.

L’appello della famiglia per ringraziarlo

La famiglia dell’uomo a cui il 18enne ha salvato la vita, desiderosa di ringraziarlo, ha lanciato una sorta di appello su Facebook per rintracciare il ragazzo. È così che l’attore e regista Nicola Borghesi, amico della famiglia, ha raccontato in un post quanto era accaduto. «Internet utile. Il padre di una mia cara amica è stato salvato da un ragazzo sui vent’anni che passava da lì, tramite un massaggio cardiaco che lo ha tenuto in vita mentre arrivava l’ambulanza. Il personale medico del 118 riferisce che l’ignoto salvatore, una volta capito che aveva tenuto in vita lo sconosciuto, è scoppiato a piangere. Di più non sappiamo» ha aggiunto concludendo: «La famiglia del sopravvissuto è commossa e grata e vorrebbe incontrarlo e ringraziarlo, la trovo una cosa umana. Se qualcuno conosce l’ignoto salvatore, o è l’ignoto salvatore, o ha informazioni per trovarlo mi contatti che li metto in contatto con la famiglia».

«Il ragazzo è mio figlio»

A leggere il post, dopo le condivisioni, è stato il padre di Matteo, Alessandro Laschi, che a sua volta ha risposto: «Il ragazzo è mio figlio. Gli ho fatto seguire il corso Blsd lo scorso luglio. Mi aveva raccontato tutto sabato scorso. È stato bravo e ha fatto quello che gli è stato insegnato». L’uomo è il titolare di uno studio sulla sicurezza del lavoro e aveva invitato il figlio a partecipare alle lezioni sulle tecniche di rianimazione. «Siamo tutti molto emozionati» – ha proseguito l’uomo «Tornati a casa dai festeggiamenti per l’anniversario di matrimonio con mia moglie, ho acceso Facebook e ho visto il post. Ho capito che si stava parlando di mio figlio. Siamo riusciti a metterci in contatto con la famiglia del signore, è stato un bellissimo momento. Più tardi faremo anche una videochiamata con la persona che Matteo ha soccorso e che sta meglio». Intanto, fa sapere il quotidiano, il figlio Matteo, al quarto anno del San Luigi, vorrebbe intraprendere una professione che gli consenta di dedicarsi agli altri come la Protezione civile o l’Accademia militare.

Stupro di Palermo, Angelo Flores: «Non ho partecipato. Ho solo ripreso»

Il 22enne, durante l’interrogatorio di garanzia, si è difeso e ha negato di aver violentato la 19enne lo scorso 7 luglio al Foro Italico insieme agli altri ragazzi: «Non ho fatto niente, ero sconvolto, sette ragazzi su una ragazza, poteva essere mia sorella. Quella sera» – ha aggiunto – «non è stata, cioè sì, è stata una cosa sbagliata però io non ho partecipato, gli altri partecipavano. Eravamo lì, alla Vucciria, stavamo ballando, tranquilli (…). Io ero con Gabriele Di Trapani e Christian Barone, Elio Arnao. C’era Cristian Maronia e c’era Samuele La Grassa e basta. E niente, lei ha cominciato a toccarci un pochettino a tutti, perché era ubriaca e diciamo che è successo quello che è successo».

Maronia:  «Non ero eccitato dalla situazione»

Secondo Christian Maronia, anche lui tra gli arrestati per aver partecipato allo stupro di gruppo della giovane, tutto sarebbe nato da un’idea di Angelo Flores, che ha ripreso in parte la violenza mentre i ragazzi erano alla Vucciria. Come riportato da PalermoToday, ha infatti affermato: «Angelo ad un certo punto le ha fatto la battuta: ‘Ma la faresti mai una cosa con noi?’ e lei: ‘Basta che mi fate bere e fumare, sono a posto’…”, ma che poi io sinceramente neanche ero eccitato da questa situazione». La vittima, che dopo gli abusi ha sporto denuncia, ha raccontato invece che furono gli amici di Angelo a farla ubriacare, riferendo ai carabinieri: «Uno di loro disse al barista “falla bere che poi ci pensiamo noi”».

Solo il 12 per cento degli italiani ha fiducia in Vannacci

Soltanto il 12 per cento degli italiani ha dichiarato di avere fiducia nel generale Roberto Vannacci. Di contro, il 62 per cento ha dichiarato di non averne affatto. Questo è quanto è emerso da un sondaggio di Quorum/Youtrend. La rilevazioni è arrivata proprio nei giorni successivi alla polemica sul libro scritto e auto pubblicato dal generale, Il mondo al contrario, e mentre il suo nome viene accostato al mondo della politica. A lui in vista delle Europee 2024 starebbe pensando Matteo Salvini, leader della Lega.

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Vannacci molto lontano dai leader politici

Con il 12 per cento, il generale Vannacci è molto distante dai leader politici tanto del centrodestra quanto dell’opposizione. Secondo l’ultimo sondaggio Quorum/Youtrend, infatti, la premier Giorgia Meloni e il leader del Movimento 5 stelle Giuseppe Conte si attestano al 37 per cento. Dietro, con il 23 per cento, sia la segretaria del Pd Elly Schlein sia il ministro degli Esteri Antonio Tajani. Entrambi sono tallonati da Matteo Salvini, al 22 per cento.

Solo il 12 per cento degli italiani ha fiducia in Vannacci
Vannacci con in mano il suo libro auto pubblicato dal titolo Il mondo al contrario (Imagoeconomica).

Il 16 per cento degli over 55 ha fiducia in Vannacci

La rilevazione analizza anche altri aspetti, come i partiti o le fasce d’età. Ad esempio si evidenzia come il 16 per cento degli over 55 abbia fiducia nel generale, contro il 10 per cento tra gli under 35 e l’8 per cento tra chi ha un’età compresa tra 35 e 54 anni. Tra i partiti, invece, a dichiarare di avere fiducia in lui è stato il 22 per cento degli elettori di Fratelli d’Italia e il 23 per cento degli altri partiti di centrodestra. Solo il 4 per cento, invece, tra gli elettori del Pd e il 6 tra quelli del Movimento 5 stelle.

Solo il 12 per cento degli italiani ha fiducia in Vannacci
Il generale Roberto Vannacci autografa una copia del proprio libro durante un evento (Imagoeconomica).

Detenuto morto a Sassari, il medico legale conferma: Erik Masala si è suicidato

Erik Masala si è suicidato. Lo ha confermato il medico legale al termine dell’autopsia svolta sul corpo del 26enne cagliaritano trovato impiccato lunedì 18 settembre, in una cella del carcere di Bancali. Inizialmente il sostituto procuratore del tribunale di Sassari, Angelo Beccu, aveva disposto un esame esterno sul cadavere del giovane, ma poi lo stesso pm ha deciso per l’autopsia, così da avere maggiori certezze sulla causa del decesso.

I familiari: sul corpo lividi ed escoriazioni

La famiglia di Masala, rappresentata dall’avvocato Riccardo Floris, aveva infatti denunciato la presenza di lividi ed escoriazioni sul corpo del ragazzo e chiesto alla procura di svolgere le necessarie verifiche per appurare cosa fosse successo. Durante la mattinata di giovedì 21 settembre, nell’Istituto di medicina legale, è stata effettuata l’autopsia al termine della quale il medico legale ha fornito la sua relazione al pm, confermando l’ipotesi del suicidio. Dell’esito è stato informato l’avvocato di Masala e la salma è stata restituita ai familiari.

Milano-Cortina 2026, asta deserta per la nuova pista da bob

La costruzione della nuova pista da bob in vista delle Olimpiadi invernali di Milano-Cortina 2026 è diventata un problema. Dopo la prima asta, andata deserta a fine luglio, anche alla seconda chiamata da parte della società Simico non si è presentata alcuna impresa. Resta sempre meno tempo per realizzare il nuovo sliding centre, che dovrebbe essere realizzato nella conca ampezzana. Per il progetto, che è stato osteggiato da ambientalisti, associazioni e parte della popolazione, si parla già di un ritardo importante: la fase di collaudo è prevista per la fine del 2025.

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Simico ha chiamato dieci colossi: appalto da 81 milioni

Come rivela Repubblica, Simico ha invitato una decina di colossi, per un appalto da 81 milioni di euro con la possibilità di subappaltare a imprese locali fino al 50 per cento dei lavori. Per la seconda volta in pochi mesi, però, l’asta è andata deserta. Il motivo potrebbe essere legato all’aumento dei costi edilizi rispetto al periodo pre-pandemico e quello precedente all’invasione russa in Ucraina. Inoltre ci sarebbero problemi logistici dati dalla necessità di aprire nuove strade d’accesso. Oltre ai già citati tempi, sempre più ristretti, e alle polemiche con la cittadinanza e le associazioni.

Milano-Cortina 2026, asta deserta per la nuova pista da bob
La pista utilizzata a Pechino durante l’edizione 2022 delle Olimpiadi invernali (Getty).

Il Coni è preoccupato: Innsbruck e Saint Moritz le soluzioni

Due gli scenari che preoccupano il Coni e la Fondazione Milano-Cortina, che organizzano la manifestazione. Il primo porterebbe a un nuovo bando europeo, con un appalto che dovrebbe salire a 124 milioni più Iva per la sola pista, a cui aggiungere i fondi per le strutture collaterali, come strade, tribune e locali vari. Il secondo, invece, prevede lo spostamento delle gare di bob su strutture già esistenti. Ma si tratterebbe di andare in Austria, a Innsbruck, pagando la struttura dai 12 ai 15 milioni di euro d’affitto, o Saint Moritz in Svizzera.

Nagorno Karabakh, nessun accordo nel primo round di negoziati

Il primo round dei negoziati tra Nagorno Karabakh e Azerbaigian si è risolto con un nulla di fatto. I colloqui si sono tenuti a Yevlakh: secondo quanto riferisce l’agenzia di stampa di Baku Apa, sono state discusse le questioni relative al reinserimento dei residenti armeni che vivono nell’Artsakh, senza però che i rappresentanti giungessero a un accordo.

All’incontro hanno preso parte anche rappresentanti russi

Al tavolo la delegazione armena era guidata da Artur Harutyunyan, mentre quella di Baku dal deputato Ramin Mamedov. All’incontro, per volere di Vladimir Putin, ha partecipato anche un rappresentante del contingente russo per il mantenimento della pace schierato nella regione in seguito al conflitto del 2020. I negoziati si sono svolti in un clima di forte tensione: secondo le autorità armene l’Azerbaigian ha violato il cessate il fuoco, dichiarato a seguito dell’offensiva azera durata 24 ore, accusa però prontamente rispedita al mittente.

Nagorno Karabakh, nessun accordo nel primo round di negoziati. Le delegazioni hanno discusso del reinserimento degli armeni dell’Artsakh.
Yerevan, protesta contro l’operato del governo armeno (Getty Images).

L’Armenia non partecipa ai negoziati e accusa l’Azerbaigian

All’incontro hanno partecipato rappresentanti del Nagorno Karabakh, territorio abitato dalla minoranza armena cristiana che chiede l’indipendenza. L’Armenia ha messo in chiaro di non essere parte del cessate il fuoco o dei negoziati. In un discorso rivolto alla nazione per celebrare il giorno dell’indipendenza, il primo ministro armeno Nikol Pashinyan ha detto che il Paese deve essere «libero da conflitti», senza menzionare specificamente il Nagorno Karabakh. Migliaia di manifestanti si erano riuniti mercoledì 20 settembre a Yerevan, per denunciare il fallimento percepito del governo nel proteggere i connazionali dell’Artsakh. L’Armenia ha però avvertito le Nazioni Unite che l’Azerbaigian sta attuando una «pulizia etnica» ed ha commesso un «crimine contro l’umanità» nel momento in cui ha ripreso il controllo della regione separatista del Nagorno Karabakh. Lo ha detto davanti al Consiglio per i diritti umani dell’Onu a Ginevra l’ambasciatore armeno Andranik Hovhannisyan.

Nagorno Karabakh, nessun accordo nel primo round di negoziati. Le delegazioni hanno discusso del reinserimento degli armeni dell’Artsakh.
Il checkpoint azero lungo il il corridoio di Lachin, che collega Nagorno Karabakh e Armenia (Getty Images).

Le tensioni nate con la dissoluzione dell’Unione Sovietica

La seconda guerra del Nagorno Karabakh si concluse, dopo 44 giorni di combattimenti, la sera del 9 novembre 2020, quando i rappresentanti dell’Armenia e dell’Azerbaigian, tramite la mediazione del presidente russo Putin, firmarono un cessate il fuoco. Da allora l’equilibrio è sempre stato precario, come lo era stato già in precedenza. Le vere, grosse tensioni, in un territorio che prima faceva parte dell’Unione Sovietica, erano infatti iniziate alla fine degli Anni 80, quando la maggioranza armena avallò con un referendum la decisione di entrare nell’orbita di Yerevan. Ed erano sfociate in una guerra nel 1992, dopo il crollo dell’Urss. Il conflitto si concluse con gli accordi per il cessate il fuoco firmati a Bishkek (Kirgizistan) nel 1994: da quel momento il territorio del Nagorno Karabakh, perso dall’Azerbaigian, rimase sotto l’occupazione militare dell’Armenia. Poi il 27 settembre 2020 l’inizio di un nuovo e violento capitolo del conflitto, con centinaia tra morti e feriti, terminato con al riconquista da parte dell’Azerbaigian dei territori perduti in precedenza. Dal 12 dicembre 2022, a seguito di proteste di manifestanti appoggiati dalle autorità dell’Azerbaigian, il corridoio di Lachin, che collega la regione del Nagorno Karabakh all’Armenia, è  stato reso inaccessibile al traffico civile e commerciale: una «politica di terrore deliberata e pianificata», così come definita dal governo di Yerevan, e terminata nel pomeriggio del 20 settembre con la resa definitiva dell’enclave armena dopo l’operazione militare di Baku.

Alzheimer, giornata mondiale: i palazzi si illuminano di viola

«Come segno di vicinanza ai tanti pazienti italiani affetti da Alzheimer e alle loro famiglia, e come segnale di vicinanza istituzionale ai tanti medici e ricercatori che ogni giorno lottano contro questo male abbiamo chiesto di illuminare la facciata dei palazzi istituzionali nella serata del 21 settembre di viola, colore del non ti scordar di me, fiore simbolo della malattia». Ad annunciarlo sono state la senatrice Beatrice Lorenzin e l’onorevole Annarita Patriarca, presidenti dell’intergruppo Parlamentare Alzheimer e Neuroscienze, alla vigilia della Giornata mondiale dedicata alla malattia che si celebra come ogni anno il 21 settembre.

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I dati sulla malattia

«Non è mai troppo presto, non è mai troppo tardi». È lo slogan di quest’anno del mese e della giornata mondiale dell’Alzheimer, istituita nel 1994 dell’Organizzazione mondiale della sanità, che punta a strategie nazionali di prevenzione, con l’individuazione dei fattori di rischio e la loro riduzione, la diagnosi precoce e la presa in carico. Come riportato dal ministero della Salute, oltre 55 milioni di persone convivono con la demenza, una delle principali cause di disabilità e non autosufficienza tra le persone anziane. Un dato che cresce su base giornaliera – riporta la nota diffusa – con previsioni che raggiungono i 78 milioni entro il 2030. L’OMS stima che la malattia di Alzheimer e le altre demenze rappresentano la settima causa di morte nel mondo.

La situazione in Italia

In Italia, secondo stime dell’Osservatorio demenze dell’Istituto Superiore di Sanità, circa 1.100.000 persone soffrono di demenza (di cui il 50-60 per cento sono malati di Alzheimer, circa 600mila persone) e circa 900.000 con disturbo neurocognitivo minore (Mild Cognitive Impairment). Nel nostro Paese, con il Fondo per l’Alzheimer e Demenze sono stati stanziati 14 milioni e 100.000 euro per le Regioni e le Province Autonome (PA) e 900.000 euro per l’Istituto Superiore di Sanità per l’esecuzione di una serie di attività progettuali orientate al perseguimento degli obiettivi del Piano nazionale delle demenze (PND) da realizzare nel triennio 2021-2023.

Bin Salman si difende: «Sportwashing? Pil cresciuto dell’1 per cento»

Il principe saudita Mohammed bin Salman, rispondendo alle accuse di sportwashing, ha difeso la strategia di spesa e investimenti che l’Arabia Saudita ha intrapreso negli ultimi anni, giustificandola come un modo per incrementare il Pil nazionale. Il Regno saudita è accusato di aver investito miliardi di dollari nello sport, acquistando club in tutto il mondo e organizzando eventi calcistici (ma anche di golf o Formula Uno) per migliorare la sua reputazione internazionale e ripulire così la sua immagine di stato autocratico, con scarsa attenzione ai principi democratici e diritti civili.

Arabia Saudita, il principe Bin Salman si difende: «Sportwashing? Pil cresciuto dell'1 per cento». E annuncia nuovi investimenti.
Mohammed bin Salman (Getty Images).

«Ora puntiamo a un altro 1,5 per cento»

«Se lo sportwashing aumenta il nostro prodotto interno lordo di un 1 per cento, allora continueremo con lo sportwashing», ha dichiarato Bin Salman in un’intervista all’emittente Fox News, dicendosi poco interessato alla connotazione negativa del termine. «Abbiamo ottenuto l’1 per cento di crescita del Pil grazie agli investimenti nello sport, e ora puntiamo a un altro 1,5 per cento. Chiamatela come volete, ma noi continueremo per questa strada». Il fondo sovrano saudita Pif, è sbarcato nel 2021 in Premier League acquistando il Newcastle, che in un poco più di una stagione è diventato uno dei club più forti del campionato inglese, qualificandosi per la Champions League attualmente in corso.

Così il virus del sovranismo sta contagiando l’Europa

Da una parte lo stop polacco alla fornitura di armi all’Ucraina e all’importazione di grano da Kyiv (anche se le parti sono al lavoro per trovare una soluzione vantaggiosa per entrambe). Dall’altra le ambiguità di Parigi sull’accoglienza dei migranti in arrivo da Lampedusa, con il presidente Emmanuel Macron e il ministro dell’Interno Gérald Darmanin che giocano al poliziotto buono e a quello cattivo. E, ancora, il temporaneo congelamento, poi ripreso il 18 settembre, del Meccanismo di solidarietà volontaria da parte della Germania che aveva bloccato i ricollocamenti dall’Italia. Mettendoli in fila viene da pensare che più che gli accordi europei e più che le alleanze sbandierate ai quattro venti (come nel caso polacco), poté il tornaconto elettorale. E non solo in vista delle Europee del giugno 2024.

Il PiS polacco cerca di non perdere consensi nelle regioni rurali

Il vento delle destre e dei populismi batte il Vecchio continente, e anche formazioni come Renaissance di Macron e l’Spd di Olaf Scholz devono fare i conti, rispettivamente, con la minaccia sempreverde di Marine Le Pen e con la crescita dell’AfD, ora secondo i sondaggi secondo partito tedesco. Ma anche il reazionario Diritto e Giustizia (PiS) al potere in Polonia non può evidentemente permettersi passi falsi, visto che a ottobre si vota per il rinnovo del parlamento. Il PiS dovrebbe vincere senza sforzi, visto che è dato al 35 per cento. Inseguito però dal centrodestra di Donald Tusk al 30 e con l’incognita della confederazione di estrema destra (Konf) che continua a salire, sfiorando il 14 per cento. Minacciare di abbandonare Kyiv per tutelare gli agricoltori polacchi danneggiati dall’import di grano ucraino, bacino elettorale del PiS, appare dunque il male minore.

Perché la Polonia non fornirà più armi all'Ucraina
Volodymyr Zelensky e il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki (Getty Images).

Le Pen e la destra francese soffiano sull’emergenza

La Francia, sebbene non ci siano elezioni a breve termine, è alle prese con la nuova legge sull’immigrazione (la trentesima in 40 anni) che l’Eliseo vuole portare a casa entro l’anno per dimostrare che la sua maggioranza ha ancora salde le redini del Paese. L’universo macroniano però è tutt’altro che coeso, con la componente più a gauche pronta a dare battaglia per arginare la deriva a destra del governo. I Repubblicani annunciano che non voteranno il testo perché contrari alla sanatoria dei “clandestini” rilanciando l’idea di un referendum sul tema. Idea da sempre sostenuta dal Rassemblement National di Le Pen (che veleggia intorno al 37 per cento) che con Reconquête di Éric Zemmour soffia sul fuoco dell’emergenza permanente. Marion Maréchal, nipote di Marine Le Pen e futura capolista del partito di Zemmour alle Europee, non si è lasciata scappare il palcoscenico di Lampedusa da dove ha non solo ha attaccato frontalmente l’Europa rea di aver abbandonato l’Italia, ma «anche il governo francese che deve cambiare completamente la sua posizione e smettere di alimentare l’arrivo di tutti questi migranti».

Così il virus del sovranismo sta contagiando l'Europa
Il ministro dell’Interno francese Gérald Darmanin (Getty Images).

In compenso la zia, in diretta al tg di Tf1, dopo l’apparizione a Pontida a fianco dell’amico-alleato Matteo Salvini, ha tuonato: «Nessun migrante da Lampedusa deve mettere piede in Francia. Serve assolutamente una moratoria totale sull’immigrazione e dobbiamo riprendere il controllo delle nostre frontiere. Spetta a noi nazioni decidere chi entra e chi resta sul nostro territorio». Passando alla maggioranza, Macron come sempre prende tempo e cerca di ricucire gli strappi, lasciando il lavoro sporco al ministro dell’Interno Darmanin, particolarmente duro nei confronti dell’Italia. La posta in gioco per lui è alta. Non è un mistero infatti che si stia preparando alle Presidenziali del 2027. Ed è consapevole di dover mostrare i muscoli per strappare consensi alla droite e all’estrema droite.

La stretta tedesca: Scholz alle prese con la rimonta dell’Afd

Anche in Germania gli equilibri sono instabili. A ottobre si vota in Baviera e in Assia dove la Spitzenkandidatin dei socialdemocratici è la ministra dell’Interno Nancy Faeser, la stessa che aveva attaccato frontalmente l’Italia congelando i ricollocamenti dal nostro Paese, salvo poi fare dietrofront. Per lei non sarà una passeggiata: l’Spd è al 20 per cento, contro il 31 per cento della Cdu. Ovviamente il tema migranti domina la campagna elettorale. Non solo. Nel 2024 si voterà in tre Land della ex Germania Est dove Alternative für Deutschland rischia di stravincere. Con numeri in costante crescita dell’estrema destra che si alimenta con la solita propaganda xenofoba, la coalizione semaforo ha ben poco spazio di manovra. Secondo un rapporto dell’Istituto per l’economia tedesca di Colonia (Iw) appena pubblicato, nel 2022 sono arrivati in Germania oltre 1,46 milioni di immigrati, ossia oltre un quarto in più rispetto al precedente record di 1,14 milioni nel 2015, anno in cui Angela Merkel aveva aperto i confini ai profughi di Siria e Afghanistan. Le domande di asilo sono state 218 mila e la tendenza è ancora in aumento, visto che nella prima metà del 2023 sono state quasi 173.800 mila (contro le 59.540 ricevute dall’Italia nei primi sei mesi dell’anno). Numeri di fronte ai quali Scholz e il governo hanno risposto adottando politiche di destra, incalzati non solo dall’AfD ma anche dall’opposizione della Cdu.

Così il virus del sovranismo sta contagiando l'Europa
Il cancelliere tedesco Olaf Scholz e la ministra dell’Interno Nancy Faeser (Getty Images).

L’orbanismo ormai detta l’agenda politica europea

A conti fatti pare che l’orbanismo stia dettando l’agenda politica europea. Per scongiurare tonfi alle urne, anche i partiti di centrosinistra e di centro inseguono le destre, sposandone i toni e talvolta le posizioni. Dimenticando però che davanti alla copia, non convinta e spesso annacquata, l’elettorato tende a preferire l’originale.

Israele, l’italo-palestinese El Qaisi resta in carcere

Il ricercato italo-palestinese Khaled El Qaisi resta in carcere. La detenzione è stata prorogata di ulteriori 11 giorni e quindi fino al primo di ottobre. L’arresto è avvenuto a Israele lo scorso 31 agosto, quando l’uomo si trovava al valico di frontiera di Allenby con la Giordania. A rendere noto la decisione presa dai giudici, dopo l’udienza svoltasi oggi a Rishon Le Tzion, è stata la famiglia. Non sono state ancora formalizzate le accuse.

Israele, l'italo-palestinese El Qaisi resta in carcere
Il confine con la Giordania (ANSA).

La famiglia: «Accuse entro tre giorni dal primo ottobre»

Alcuni membri della famiglia hanno spiegato cosa accadrà nei prossimi giorni: «Il tribunale ha deciso che, al termine di questa lunga proroga, sempre finalizzata alla raccolta di elementi, entro un massimo di 3 giorni a partire dal 1 ottobre le investigazioni dovranno presentare delle accuse poiché il termine per questa forma di detenzione cautelare decadrebbe». Anche Amnesty International Italia ha ripreso la notizia, rilanciando l’appello a una «scarcerazione immediata e senza condizioni» su X, l’ex Twitter.

Amnesty International: «In isolamento senza contatti con la famiglia e i legali»

Già diverse ore prima della sentenza, Amnesty International Italia ha «chiesto la scarcerazione immediata e incondizionata di Khaled El Qaisi, a meno che non gli siano prontamente notificati dei capi di imputazione internazionalmente riconosciuti e sia sottoposto a un procedimento penale che rispetti pienamente gli standard internazionali del processo equo». Sollecitato anche il governo italiano. L’organizzazione sul proprio sito ha ripercorso le fasi cruciali dell’arresto e ha spiegato che El Qaisi «è stato tenuto in isolamento per 14 giorni ad Ashkelon e gli è stato impedito di avere contatti regolari con la sua famiglia e con i suoi legali».

L’organizzazione: «Oltre 5 mila palestinesi detenuti»

Sul proprio sito Amnesty International Italia ha poi concluso: «La detenzione di Khaled El Qaisi è l’ennesimo esempio dell’uso spregiudicato della detenzione arbitraria da parte delle autorità israeliane. Sono oltre 5000 i palestinesi detenuti in Israele (165 dei quali di età compresa tra 12 e 17 anni). Tra loro almeno 1260 sono in carcere senza accusa né processo».

MSC ordina a Fincantieri due navi a idrogeno per la flotta Explora Journeys

La Divisione Crociere del Gruppo MSC ha confermato l’ordine di due navi a idrogeno per il suo brand di lusso Explora Journeys con Fincantieri, confermando il suo impegno a raggiungere zero emissioni di carbonio entro il 2050 grazie alla ricerca di tecnologie ambientali nuove e avanzate per le navi di lusso. L’accordo va a completare un investimento totale di 3,5 miliardi di euro in sei navi Explora Journeys. I contratti sono condizionati al conseguimento del finanziamento all’armatore come da prassi di mercato.

Saranno dotate di una nuova generazione di motori a GNL

EXPLORA V ed EXPLORA VI potranno disporre di nuove soluzioni di efficienza energetica e utilizzare carburanti alternativi come il gas bio sintetico e il metanolo. La Divisione Crociere lavorerà con Fincantieri per valutare la possibilità di dotare entrambe le navi della più recente tecnologia per le batterie, oltre a una serie di potenziali tecnologie tra cui la cattura del carbonio e sistemi più avanzati di gestione dei rifiuti. Le imbarcazioni, che saranno consegnate nel 2027 e nel 2028, perseguiranno l’utilizzo di idrogeno liquido con celle a combustibile per le operazioni alberghiere durante la sosta nei porti, per eliminare le emissioni di carbonio a motori spenti. Saranno inoltre dotate di una nuova generazione di motori a gas naturale liquefatto che affronteranno ulteriormente il problema dello slittamento del metano con l’uso di sistemi di contenimento. Il GNL è uno dei combustibili marini più puliti al mondo, attualmente disponibile su scala, ed è destinato a svolgere un ruolo chiave nella transizione verso la decarbonizzazione del trasporto marittimo internazionale. Riduce in modo sostanziale le emissioni di inquinanti atmosferici locali, con una riduzione degli ossidi di zolfo fino al 99 per cento e degli ossidi di azoto fino all’85 per cento, e svolge un ruolo chiave nella mitigazione dei cambiamenti climatici in quanto offre una riduzione fino al 20 per cento delle emissioni di gas serra.

Nell’estate 2024 entrerà in servizio EXPLORA II

La prima nave di Explora Journeys, EXPLORA I, è stata consegnata da Fincantieri nel luglio 2023 e attualmente opera nel Nord Europa. La nave trascorrerà l’autunno in Nord America e l’inverno nel Mar dei Caraibi. Nella primavera del 2024 navigherà al largo della costa occidentale degli Stati Uniti e delle Hawaii, prima di tornare in Europa nell’estate del 2024 per una serie di viaggi nel Mar Mediterraneo.

MSC ordina a Fincantieri due navi a idrogeno per la flotta Explora Journeys
EXPLORA I (Getty).

EXPLORA II entrerà in servizio nell’estate del 2024 e opererà fino ad aprile 2025 nel Mar Mediterraneo, in Medio Oriente, nell’Oceano Indiano e in Africa visitando 82 porti in 26 Paesi. EXPLORA II ha “toccato l’acqua” per la prima volta il 6 settembre 2023, con una cerimonia di “galleggiamento” nei pressi di Genova. EXPLORA III entrerà invece servizio nell’estate del 2026 e la costruzione della nave alimentata a GNL è iniziata il 6 settembre 2023 con una cerimonia di taglio della lamiera. La costruzione di EXPLORA IV, alimentata a GNL, inizierà invece nel gennaio 2024 e sarà completata all’inizio del 2027.

Vago (MSC): «Passo avanti nel nostro impegno di azzerare le emissioni di gas serra»

Pierfrancesco Vago, executive chairman – Cruise Division del Gruppo MSC, ha dichiarato: «In qualità di armatore a livello globale, è con grande orgoglio che effettuiamo ordini per navi innovative dal punto di vista dell’impatto ambientale. Ogni volta che ordiniamo una nuova nave dobbiamo guardare al futuro, perché questa possa utilizzare carburanti di nuova generazione o nuove tecnologie ambientali non appena disponibili. Insieme a Fincantieri, con Explora V e VI cercheremo di sviluppare e implementare nuove soluzioni, tra cui l’adozione di grandi celle a combustibile alimentate a idrogeno e la cattura dell’anidride carbonica, della pirolisi per la gestione dei rifiuti e di altre nuove tecnologie per l’efficienza energetica, che potrebbero rappresentare un importante passo avanti nel nostro impegno di azzerare le emissioni di gas serra entro il 2050».

MSC ordina a Fincantieri due navi a idrogeno per la flotta Explora Journeys
Pierfrancesco Vago (Imagoeconomica).

Folgiero (Fincantieri): «Segnale di crescente vitalità del settore crocieristico»

Gli ha fatto eco Pierroberto Folgiero, amministratore delegato di Fincantieri: «Questo nuovo contratto con MSC è un segnale di crescente vitalità del settore crocieristico, in linea con quanto avevamo previsto. In termini strategici, il nostro futuro dipenderà dalla capacità di guidare l’evoluzione del settore verso tutte le tecnologie della transizione energetica e digitale con l’imprenditorialità necessaria a validare, industrializzare e commercializzare nuove soluzioni. La rilevanza della partnership con MSC in questo senso costituisce un grande stimolo strategico verso il futuro in linea con gli obiettivi di sviluppo tecnologico fissati nel nostro con un nuovo piano industriale. Siamo quindi particolarmente orgogliosi che a marcare l’accelerazione di questa nuova fase sia il progetto Explora, che con la quinta e sesta nave raggiungerà il massimo livello di avanzamento, rendendo sempre più concreta la visione di Fincantieri della nave del futuro».

Ministero dell’Ambiente evacuato per sospetto pacco bomba. Allarme rientrato

Il ministero dell’Ambiente in via Cristoforo Colombo a Roma è stato evacuato, nel pomeriggio di giovedì 21 settembre, per un sospetto pacco bomba. Decine di impiegati si sono ritrovati in strada. Sul posto sono intervenuti i vigili del fuoco. Come riportato da Il Messaggero, il pacco sospetto che ha provocato l’allarme bomba conteneva dei pasticcini. I dipendenti sono dunque potuti rientrare regolarmente in ufficio.

 

 

Il compagno di Gianni Vattimo: «Non ha mai mollato»

«Non ha mai mollato, è sempre stato coerente col suo stile di vita, con la sua storia, coi suoi anni. Anche la decisione di lasciarsi andare è stata coerente con le verità del pensiero debole». Simone Caminada è stato il compagno di Gianni Vattimo per oltre un decennio e anche giovedì 21 settembre, alla camera ardente, è lui a stare vicino al filosofo scomparso due giorni fa, a raccontare chi era e a difendere la loro vita insieme.

«Accanimento della magistratura»

«Non ha voluto reggere alla nuova richiesta di periziare la sua testa, lo ha ritenuto un insulto» ha affermato, parlando di «puro accanimento da parte della magistratura. Ma oggi è anche il giorno per ricordare i momenti felici e più privati. «Noi avevamo i nostri piccoli giochi» – ha raccontato – «sceglievamo un canzone, io cercavo il testo su Google e gliela recitavo. L’ho fatto anche in ospedale e l’altro giorno il marito della sua vicina di letto ha portato dei fichi, allora mi è venuta in mente la canzone di Guccini, I fichi. È stata l’ultima che gli ho letto».

Covid, l’Ema: «I nuovi vaccini proteggono anche dalla variante Eris»

Emer Cooke, direttrice dell’Ema, l’Agenzia europea per i medicinali, ne è certa: «I vaccini adattati approvati dall’Unione Europea proteggono anche dalla variante Eris». Lo ha dichiarato in un’intervista all’Ansa. Cooke ha anche sottolineato che Eris «è una delle varianti che abbiamo seguito» e che i nuovi vaccini sono efficaci anche «contro le più recenti varianti in circolazione». Poi ha parlato della pandemia: «È superata ma il virus è ancora una minaccia per i soggetti a rischio, quindi persone con più di 65 anni, quelle con condizioni di salute precarie e le donne incinte devono vaccinarsi».

Covid, l'Ema «I nuovi vaccini proteggono anche dalla variante Eris»
Emer Cooke, direttrice dell’Agenzia europea per i medicinali (Getty Images).

L’Onu: «Covid simbolo di ingegnosità e fallimento dell’uomo»

A margine dell’Assemblea generale della Nazioni Unite, ha parlato del virus anche Amina Mohammed, la vice segretaria Onu. Ha dichiarato che «il Covid è stato allo stesso tempo la dimostrazione dell’ingegnosità e del fallimento umano. Da un lato ci sono stati i test creati alla velocità della luce e i vaccini sviluppati in tempi record. Dall’altro, la mancanza di preparazione che ha colpito i più vulnerabili e i vaccini monopolizzati dai paesi ricchi mentre le popolazioni delle nazioni più povere ne sono state private». Disuguaglianze che per Amina Mohammed ci sono ancora.

Covid, l'Ema «I nuovi vaccini proteggono anche dalla variante Eris»
Amina Mohammed, vice segretaria Onu (Getty Images).

Amina Mohammed contro la disinformazione

La vice segretaria ha poi chiesto maggiore autorità e finanziamenti per l’Oms, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, per prepararsi a nuove eventuali pandemie. Inoltre ha spiegato come serve una lotta contro la disinformazione che «mina i consigli degli esperti e alimenta lo scetticismo sui vaccini». E infine ha parlato di strategie di risposta che coinvolgano diversi attori, poiché gli shock sono «sempre più internazionali e sempre più complessi».

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Neuralink, svelata la macabra morte delle scimmie nei test di laboratorio

«Nessuna scimmia è morta durante i test di Neuralink». Con queste parole Elon Musk, a inizio settembre, ha negato qualsiasi complicazione durante la sperimentazione sugli animali di un impianto cerebrale. Una nuova indagine di Wired, però, ha scoperto un quadro totalmente diverso, documentando macabri dettagli sul decesso di almeno 12 macachi dopo lunghe sofferenze. La pubblicazione dei documenti è arrivata in un periodo intenso per la società di neurotecnologia, che solo il 20 settembre ha annunciato il reclutamento di volontari per iniziare i test sull’uomo. «Nel lungo termine ridurremo i rischi per l’utilizzo dell’intelligenza artificiale», ha scritto Musk in un post su X. «Immaginate se Stephen Hawking avesse potuto goderne».

Edemi cerebrali e paralisi parziali, così sono morte le scimmie nei test Neuralink

Per la sua indagine, Wired ha analizzato i registri veterinari pubblicati nel 2022 ma risalenti ai test effettuati fra il settembre 2017 e il 2020. Alla ricerca ha contribuito il Physicians Committee for Responsible Medicine, organizzazione no profit che lotta per abolire la sperimentazione sugli animali vivi. «Le parole di Musk sono fuorvianti e categoricamente false», ha spiegato un portavoce. «Sono solo un modo per mascherare ciò che è accaduto in quei laboratori». Uno dei casi più gravi riguarda l’Animale 20, operato nel dicembre 2019. Durante l’intervento, parte del chip si è rotta senza che gli scienziati potessero accorgersene. La notte seguente, il macaco ha iniziato a grattarsi la testa fino a strattonare con violenza un connettore. Il giorno dopo è stata eseguita una nuova operazione, ma le infezioni avevano danneggiato irreparabilmente il cervello, portando all’abbattimento.

Almeno 12 cavie di Neuralink soppresse dopo tremori, emorragie e paralisi. Elon Musk ha negato le accuse e parla di animali malati terminali.
Il fondatore di Neuralink Elon Musk (Getty Images).

Già qualche mese prima, nel marzo dello stesso anno, stessa sorte era toccata a una femmina identificata come Animale 15. Alcuni giorni dopo l’intervento chirurgico, ha iniziato a sbattere la testa sul pavimento senza ragione apparente. Fortemente a disagio, ha tirato i cavi legati al cranio con forza fino a sanguinare, prima di sdraiarsi e tenersi per mano con il compagno di stanza. Dopo aver perso la coordinazione nei suoi movimenti e aver iniziato a tremare per diversi mesi, gli esperti hanno deciso di sopprimerla. Nel marzo 2020 un’altra scimmia dei test di Neuralink, l’Animale 22, ha affrontato lo stesso destino. Due viti infatti si allentarono a tal punto da poter essere tolte a mano libera. Un «errore puramente meccanico» ha scritto la società nel referto, preoccupata solo dal sottolineare che il decesso non derivasse direttamente dal chip.

Elon Musk ha detto di aver usato solo scimmie malate terminali

La nuova indagine di Wired ha anche confutato la dichiarazione di Musk secondo cui Neuralink avesse usato per i suoi test solo scimmie «malate terminali e già vicine alla morte». Un ex dipendente della società, che ha preferito mantenere l’anonimato, ha parlato di affermazioni «ridicole se non persino pura invenzione». Ha ricordato come i primati siano rimasti nei laboratori almeno un anno prima di entrare nel programma di sperimentazione al fine di ottenere una «formazione comportamentale» adeguata. Altri esperti hanno poi sottolineato la giovane età dei macachi in questione, in cui difficilmente così tanti esemplari possono essere a un passo dal decesso. «Impossibile sostenere le affermazioni di Musk, non erano terminali».

Processo Ciro Grillo, una delle presunte vittime in aula venerdì 22 settembre

Venerdì 22 settembre 2023 si tornerà in aula a Tempio Pausania per una delle udienze più attese, la 12esima dall’inizio del dibattimento a porte chiuse, nel processo per violenza sessuale di gruppo che vede imputati Ciro Grillo e tre suoi amici genovesi, Edoardo Capitta, Francesco Corsiglia e Vittorio Lauria. Sul banco dei testimoni salirà una delle due studentesse milanesi presunte vittime dello stupro. La ragazza comincerà la sua deposizione intorno alle 11.30. Prima sarà ascoltata dal pubblico ministero, poi dal pool di avvocati della difesa Alessandro Vaccaro, Gennaro Velle, Andrea Vernazza, Enrico Grillo, Ernesto Monteverde, Mariano Mameli e Antonella Cuccureddu. L’audizione proseguirà sabato 23 settembre a partire dalle ore 10.00.

I fatti risalgono a luglio 2019

La notte tra il 16 e il 17 luglio del 2019 la studentessa si trovava insieme all’amica italo-norvegese, all’epoca dei fatti 18enne, nella villetta a schiera di proprietà della famiglia Grillo a Porto Cervo. Qui, stando a quanto hanno raccontato le due ragazze, dopo una serata trascorsa al Billionaire nella quale avevano conosciuto il gruppo di genovesi, le studentesse sarebbero state invitate a passare la restante parte della notte nella casa dei Grillo, dove avrebbero poi subìto una violenza sessuale di gruppo. La teste che parlerà venerdì 22 settembre in aula sarebbe stata ripresa con un cellulare mentre dormiva su un divano con intorno Ciro Grillo, Vittorio Lauria ed Edoardo Capitta in atteggiamenti offensivi e dal chiaro riferimento sessuale. I filmati che riprendono la scena, oltre ai circa 40 terabyte di documentazione fotografica, video e conversazioni frutto dello scambio di messaggistica tra gli imputati e le due amiche, estrapolati da cinque telefoni cellulari, sono confluiti all’interno del fascicolo processuale.

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