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Cosa c’è dietro il Corridoio economico India-Medio Oriente-Europa, l’anti via della Seta
L’anti Belt and Road Initiative, la via del cotone, addirittura la fusione delle antiche via della Seta e via delle Spezie. L’ultimo progetto infrastrutturale partorito nel corso del G20 di Nuova Delhi ha in realtà un nome ben preciso. Si chiama India-Middle East-Europe Economic Corridor, traducibile come Corridoio economico India-Medio Oriente-Europa. Stiamo parlando di un collegamento fra tre macro regioni tanto diverse e lontane quanto complementari, in primis dal punto di vista commerciale e geopolitico. Il risultato finale dovrebbe coincidere con una ragnatela di ferrovie, porti e collegamenti energetici, anche se al momento è nebbia fitta su gran parte del dossier.
L’impegno promesso da Meloni durante la presidenza italiana del G7
Sappiamo soltanto che l’ufficialità è arrivata in India, con la firma di un memorandum d’intesa (MoU) siglato dai Paesi coinvolti: Stati Uniti, India, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Germania, Francia, Italia e Unione europea. Il primo ministro indiano Narendra Modi, padrone di casa del summit G20, ha salutato il mega progetto come «una testimonianza dell’impegno umano e dell’unità tra i Continenti», mentre per il presidente degli Stati Uniti Joe Biden è qualcosa di «davvero importante». Giorgia Meloni, pronta a fare retromarcia sulla via della Seta con la Cina, ha invece dichiarato che l’Italia si impegnerà a lavorare per la realizzazione del corridoio durante la presidenza italiana del G7, in calendario tra un anno. Il principe ereditario saudita, Mohammed bin Salman, ha addirittura fatto sapere che l’Arabia Saudita metterà sul tavolo un investimento dal valore di 20 miliardi di dollari, esortando gli altri leader ad avviare immediatamente la pianificazione e l’attuazione del piano.

Partecipano anche Giordania e Israele (ma occhio ai rapporti Tel Aviv-Riad)
Pare che le trattative per arrivare a un punto comune sul Corridoio economico siano andate avanti per mesi, in gran segreto, tra i diretti protagonisti. Gli stessi che al vertice del G20 hanno faticato a nascondere un entusiasmo palpabile, tra sorrisi e strette di mano in favore delle telecamere. Ma che cos’è, a cosa serve e come prenderà forma il Corridoio economico India-Medio Oriente-Europa? Partiamo dai partecipanti per tessere quanto meno i contorni del progetto. Accanto ai sette attori che hanno firmato il MoU, dovrebbero partecipare anche Giordania e Israele. È emerso però subito un problema: il governo israeliano non ha rapporti diplomatici con quello saudita. Nelle intenzioni dei promotori, l’intero disegno dovrebbe tuttavia contribuire a stabilizzare il Medio Oriente. Considerando che gli Stati Uniti sono impegnati a convincere Tel Aviv e Riad a normalizzare le loro relazioni, potrebbe dunque esserci all’orizzonte una soluzione diplomatica al rebus, riguardante anche la situazione palestinese. Passando alla struttura del piano, il memorandum prevede al momento due direttrici, una ferroviaria e l’altra marittima, che uniranno l’India ai Paesi del Golfo, e questi ultimi all’Europa. Il collante tra le tre aree – asiatica, mediorientale ed europea – sarà un insieme di ferrovie e porti, ancora da definire.
L’obiettivo di fondo è contrastare la Cina nella regione Asia-Pacifico
Il Corridoio va inserito sulle fondamenta relative ad altri due progetti precedenti: la Partnership for Global Infrastructure and Investment (Pgii) e il Global Gateway. La Pgii è stata creata dal G7 per contrastare la Cina nella regione Asia-Pacifico e prevede un impegno collettivo a mobilitare risorse per 600 miliardi di dollari, al fine di sostenere i Paesi a basso e medio reddito nella costruzione di infrastrutture. L’iniziativa è allineata al Global Gateway, lanciato dalla Commissione europea nel 2021 per mobilitare finanziamenti fino a 300 miliardi di euro per progetti infrastrutturali nei soliti Paesi in via di sviluppo. L’obiettivo dell’ultimo piano annunciato a Nuova Delhi è tuttavia molto più ambizioso, e consiste nel migliorare i flussi commerciali ed energetici dall’Asia meridionale al Golfo, e da qui all’Europa.

Attenti però a dare per morta la Belt and Road Initiative
Il Corridoio, che ridurrà il tempo necessario per trasportare le merci da un attore all’altro, sarà insomma formato in due tronconi, amalgamati da gasdotti, infrastrutture per reti elettriche oltre che da cavi sottomarini e terrestri per facilitare lo scambio di dati e rendere più efficienti le connessioni internet. Il MoU non ha stabilito né chi finanzierà il tutto né quanti soldi saranno richiesti per completare l’opera. I Paesi coinvolti hanno 60 giorni per creare appositi gruppi di lavoro per stabilire un programma concreto e stilare le tempistiche d’esecuzione. Attenzione, infine, a definire il Corridoio economico India-Medio Oriente-Europa un’alternativa alla Belt and Road. Se nell’ottica statunitense, almeno dal punto di vista del soft power, è realmente così, per Emirati Arabi e Arabia Saudita – che fanno parte anche della Bri – si tratterà di avere tra le mani uno strumento complementare alla Bri, una leva in più da attivare per incrementare i rispettivi sviluppi. A conferma di come le potenze energetiche del Golfo siano ormai pronte a trasformarsi in hub globali, conditio sine qua non per raggiungere lo status di colossi globali.