Daily Archives: 23 Settembre 2023

Le calciatrici spagnole tra lotta di classe e di genere

Girls Power? No, Poder Feminino. Perché ciò che sta accadendo in Spagna va ben oltre il calcio e riguarda un mutamento sociale complessivo, al quale i Paesi dell’Europa mediterranea farebbero bene a guardare con attenzione. Qui succede infatti che le professioniste del calcio hanno intrapreso una durissima battaglia per i diritti, sulla linea di confine fra lotta di classe e rivendicazione di genere. Nel farlo possono anche giovarsi di una posizione di forza, che viene dall’essere il movimento calcistico femminile fresco campione del mondo. E che invece di adagiarsi sulla gloria è partito all’attacco per rivendicare in via definitiva il ruolo che alle calciatrici compete. Perché le spagnole, nel pallone, non sono l’altra metà del cielo (che poi nemmeno metà sarebbe, vista la pesantezza del grado di sperequazione); loro sono un cielo a parte e per questo chiedono di essere trattate nella loro specificità. Per riuscire nell’intento hanno accettato di affrontare la lotta dura. L’hanno condotta fino in fondo. E infine sono riuscite a spuntarla, portando a casa tutti gli obiettivi che si erano prefissate. In questo momento le donne spagnole del calcio sono una chiara potenza. E da loro parte un segnale forte per tutti gli altri sistemi sportivi nazionali, che al calcio femminile continuano a conferire, sia pure per gradi diversi, un’importanza secondaria.

Le calciatrici spagnole tra lotta di classe e di genere
I festeggiamenti della Nazionale di calcio femminile spagnola dopo la vittoria ai Mondiali (Getty Images).

Rubiales e il bacius belli della protesta

Sarà banalizzante far partire tutto da lì, eppure è un dato di fatto. Il bacio inflitto dall’allora presidente della Federcalcio spagnola, Luis Rubiales, alla calciatrice Jenni Hermoso ha fatto da detonatore. I motivi di malessere nel movimento erano già vasti e nemmeno tanto latenti. Ma dopo l’episodio che si è verificato sul palco della premiazione dei Mondiali di Australia e Nuova Zelanda la scena è cambiata. Che ciò sia avvenuto a causa di un episodio estemporaneo e di un gesto assolutamente sconsiderato è l’ennesimo segno di come, sovente, le grandi mobilitazioni esplodano per caso, nonostante esistano tutte le pre-condizioni per farle scaturire. Ma al di là di tali considerazioni resta il fatto che da quella vicenda giunge una dimostrazione netta su quanto il tempo sia cambiato e su come le calciatrici non abbiano più intenzione di rassegnarsi a un ruolo di subalternità. E le dimissioni di Rubiales ne sono evidente dimostrazione. Quanto il personaggio sia attaccato al potere è noto, e il suo tentativo di resistere a capo della RFEF nonostante avesse un Paese intero schierato contro è stata l’ennesima prova di impermeabilità al senso etico-morale della leadership. Con formidabile faccia da tolla Rubiales aveva persino provato a far passare per consensuale il bacio dato alla calciatrice fresca campione del mondo. Il fatto che un soggetto così resistente a qualsiasi pressione sia stato costretto a farsi da parte per effetto di una mobilitazione del calcio femminile è un segno potente. Da qui in avanti le cose sono cambiate e il nuovo regime politico del calcio spagnolo non potrà non tener presente questo mutamento sociale.

Le calciatrici spagnole tra lotta di classe e di genere
Luis Rubiales (Getty Images).

La defenestrazione del ct campione del mondo e la sfida di Montessat Tomé

Da questo mutamento nella distribuzione del potere non si salva nessuno. Nemmeno il commissario tecnico campione del mondo, giusto colui che aveva appena portato la nazionale femminile in cima al mondo, Jorge Vilda. A lui non è bastata la gloria conquistata sul campo. Sulla bilancia dei meriti e dei demeriti ha pesato molto di più l’atteggiamento di consenso verso il presidente federale arroccato alla poltrona. Il pessimo spettacolo di quel giorno di fine agosto, quando tutti si aspettavano le dimissioni di Rubiales e invece hanno dovuto constatare che bisognasse rimuoverlo con la gru, ha lasciato il segno sul Ct. Quel giorno Jorge Vilda era in prima fila e quando Rubiales ha esclamato per ben cinque volte «No voy a demitir!» ha applaudito. Da quel momento in poi il suo rapporto con le campionesse del mondo è finito. Tutte hanno preteso il suo licenziamento, annunciando che altrimenti non avrebbero più risposto alle convocazioni. A ricoprire il suo posto è stata chiamata una donna, l’ex calciatrice Montessat Tomé. Che certo dovrà misurarsi con un’eredità scomoda (quando sostituisci il commissario tecnico campione del mondo in carica puoi soltanto pareggiare), ma che se la si mette sul piano del nuovo potere femminile nel calcio spagnolo è una risposta perentoria.

Le calciatrici spagnole tra lotta di classe e di genere
Il ct Jorge Vilda con Luis Rubiales (Getty Images).

La battaglia per la dignità salariale

Rubiales o non Rubiales, il fronte del conflitto fra il calcio femminile spagnolo e la RFEF era comunque aperto sul versante del professionismo e dei diritti salariali. Che come succede in altri Paesi è un fronte estremamente turbolento. La questione era in agenda da tempo, ma dopo il trionfo della nazionale ai Mondiali è diventata ancora più urgente. Le calciatrici si sono trovate in una posizione di forza e l’hanno sfruttata. Come era giusto che accadesse. Al centro delle rivendicazioni c’era la questione del salario minimo, da portare a livelli di dignità. Che nella fattispecie significa fargli toccare i 25 mila euro lordi annui entro il 2026. Cifre lontanissime da quelle dei colleghi uomini, ma che costituiscono già una conquista. Per ottenere l’obiettivo le calciatrici hanno minacciato il blocco del campionato nazionale e, ancora una volta, il rifiuto di rispondere alle convocazioni in nazionale. La RFEF, che deve pure fare i conti col vuoto di potere lasciato da Rubiales, non è riuscita a controbattere. È dovuto intervenire il Consiglio Superiore dello Sport per convocare un tavolo delle riforme che vada incontro alle richieste delle calciatrici. Dunque per adesso lo sciopero è revocato, ma rimane lì come opzione nel caso si dovesse scoprire che sono in corso tentativi di cincischiare. Le ragazze del calcio non scherzano né sono disposte a farsi prendere in giro.

Covid Italia, quasi un milione di dosi di vaccino in arrivo il 25 settembre

Sono in arrivo lunedì 25 settembre, in Italia, le prime dosi di vaccino – aggiornato contro le recenti varianti – destinate alla campagna anti-Covid. Le 969.600 dosi del nuovo vaccino, destinate alla somministrazione nelle Rsa e ai fragili, nei giorni successivi saranno distribuite alle Regioni.

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Un numero equivalente di dosi arriverà entro il 9 ottobre

Un numero equivalente arriverà entro il 9 ottobre, indicano fonti ministeriali. Complessivamente l’Italia riceverà oltre 9 milioni di dosi. Per fine ottobre saranno quasi 4 milioni quelle distribuite. Le rimanenti, più di 5,2 milioni di dosi, arriveranno a novembre.

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Giorgio Napolitano, funerali di Stato martedì 26 settembre

Il sottosegretario di Stato Alfredo Mantovano ha disposto che per il presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano si celebrino le esequie di Stato. Non sarà così necessario convocare un Consiglio dei ministri straordinario.

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Camera ardente domenica 24 e lunedì 25 al Senato

I funerali di Stato di Napolitano si terranno martedì 26 settembre in piazza Montecitorio. Si aprirà invece domenica 24 alle 10 al Senato la camera ardente per il Presidente emerito, morto a Roma all’età di 98 anni. Dalle 11 l’accesso sarà aperto a tutti fino alle 19 e poi di nuovo dalle 10 alle 16 di lunedì.

Giorgio Napolitano, funerali di Stato martedì 26 settembre. Da domenica 24 camera ardente al Senato. Proclamato il lutto nazionale.
Bandiere a mezz’asta a Milano (Ansa).

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Il giorno delle esequie di Stato sarà dichiarato lutto nazionale

«A seguito del decesso del Presidente emerito della Repubblica senatore di diritto e a vita Giorgio Napolitano si dispone, dal 22 settembre 2023 fino al giorno della celebrazione delle esequie di Stato, l’esposizione a mezz’asta delle bandiere nazionale ed europea sugli edifici pubblici dell’intero territorio nazionale e sulle sedi delle rappresentanze diplomatiche e consolari italiane all’estero. Il giorno delle celebrazioni delle esequie di Stato sarà dichiarato lutto nazionale», si legge nel provvedimento.

Cos’è il piano morbido della Cina per annettere Taiwan

Né missili, né bombe, né tantomeno uno sbarco anfibio. La Cina prova a giocare la carta economica per attrarre Taiwan. Pechino ha infatti proposto di trasformare la provincia meridionale del Fujian, la più vicina a Taipei, in una cosiddetta zona di sviluppo integrato, con il fine ultimo di creare un ponte virtuale con l’isola. Le autorità cinesi hanno varato una serie di misure politiche definite “speciali” per migliorare l’accesso delle imprese taiwanesi al Fujian, il tutto attraverso lo Stretto di Taiwan e nell’ambito di un piano a lungo termine. La situazione potrebbe risuonare come paradossale, visto che gli aerei e le navi da guerra del Dragone – da poco anche i droni – continuano a praticare manovre attorno alla possibile preda, aumentando la pressione sul governo locale guidato da Tsai Ing-wen e spingendo gli Stati Uniti ad aprire il loro ombrello protettivo sul partner asiatico.

Cos'e? il piano morbido della Cina per annettere Taiwan
La provincia del Fujian è la più vicina a Taiwan.

Eppure, accanto a una strategia apparentemente orientata più a drenare le risorse dell’esercito taiwanese, fino a spuntarne le armi, che non a imbastire uno sbarco, ecco che prende forma un modus operandi parallelo. In quest’ultimo, la Cina ha iniettato massicce dosi di soft power, nel tentativo di fare breccia nell’élite imprenditoriale di Taipei, una parte della quale risulta tanto pragmatica quanto desiderosa di continuare a fare affari con Pechino.

Cittadini di Taiwan invitati ad acquistare case e investire in Cina

Le nuove misure sono state rilasciate dal Comitato centrale del Partito comunista cinese e dal Consiglio di Stato. I due organi istituzionali hanno fatto sapere che la provincia costiera cinese del Fujian sarebbe diventata una “zona di dimostrazione” per lo sviluppo integrato con Taiwan. Sul tavolo ci sono, per la precisione, 21 misure, che spaziano dal concedere facilitazioni ai taiwanesi per vivere nella suddetta provincia e ad accedere ai servizi sociali locali, all’espandere le iscrizioni degli studenti di Taipei nelle scuole cinesi, senza dimenticare la proposta di agevolare cooperazione industriale tra le due parti dello Stretto. Tra gli altri provvedimenti troviamo anche quelli volti a incoraggiare i cittadini di Taiwan ad acquistare case e investire sul territorio cinese. «La mossa ha lo scopo di approfondire lo sviluppo integrato attraverso lo Stretto in tutti i campi e di promuovere la riunificazione pacifica della madrepatria», ha scritto il quotidiano cinese China Daily. Il Global Times, altro giornale di Pechino, ha descritto il documento contenente le misure come un piano «equivalente a delineare il futuro progetto di sviluppo dell’isola di Taiwan».

Cos'e? il piano morbido della Cina per annettere Taiwan
Supporter dell’indipendenza di Taiwan (Getty).

Apertura di una zona di sviluppo sperimentale a Pingtan

Cong Liang, vicepresidente della Commissione nazionale cinese per lo sviluppo e la riforma, ha spiegato che la Cina approfondirà lo sviluppo integrato della città di Xiamen e delle isole Kinmen controllate da Taiwan, consentendo a queste ultime di accedere al sistema economico cinese speciale presente sull’altra sponda dello Stretto. In termini concreti, questa integrazione dovrebbe riguardare i trasporti nonché i collegamenti di gas ed energia elettrica. L’apertura di una zona di sviluppo sperimentale a Pingtan, il punto più vicino della Cina alla principale isola di Taiwan, sarà inoltre accelerata. Nel frattempo, le azioni di alcune società del Fujian sono schizzate alle stelle. I titoli di Strait Innovation Internet e Zhongfu Straits Pingtan Development Co, entrambe con sede a Pingtan, sono aumentati rispettivamente dell’8 e del 5 per cento, in un mercato altrimenti relativamente piatto.

Cos'è il piano morbido della Cina per annettere Taiwan
La presidente di Taiwan Tsai Ing-wen (Getty).

Oltre alle 21 misure, Pechino è tornata a parlare della volontà di costruire una ferrovia ad alta velocità attraverso lo Stretto, senza però fornire dettagli. Al netto delle tensioni politiche, qualsiasi collegamento ferroviario tra Cina e Taiwan affronterebbe formidabili sfide tecniche, come la perforazione di complessi strati di roccia e la necessità di progettare l’opera tra due linee di faglia sismiche.

Integrazione economica come quella progettata per Hong Kong

Taipei ha criticato l’intero piano cinese, e non solo per le evidenti divergenze geopolitiche. «Se la parte continentale non può migliorare efficacemente i suoi problemi economici interni, le misure pertinenti per integrare e beneficiare Taiwan saranno irrealistiche», ha infatti aggiunto il Consiglio per gli affari continentali di Taipei. Certo è che l’approccio morbido di Pechino per integrare l’economia del Fujian a Taiwan ricorda vagamente quanto attuato nei pressi di Hong Kong, risucchiata dal Dragone e inserita a pieno titolo, come punta di diamante, nel progetto della Greather Bay Area, ossia il tentativo cinese di creare una sorta di Silicon Valley nel sud del Paese.

Cos'e? il piano morbido della Cina per annettere Taiwan
Manifestanti taiwanesi anti-Cina che solidarizzano con Hong Kong (Getty).

Pechino non ha comunque abbandonato la pista militare

In attesa di capire se una simile ricetta avrà successo anche per Taiwan, il Dragone non ha abbandonato l’opzione di una riannessione da conseguire con il pugno duro. L’esercito cinese ha inviato un gruppo di attacco di portaerei oltre la punta meridionale della “provincia ribelle”, nell’Oceano Pacifico occidentale, guidato dalla portaerei Shandong e scortato da decine di aerei da guerra. Il ministero della difesa giapponese ha rilevato due flottiglie di otto navi da guerra che navigavano attraverso lo stretto di Miyako, a sud di Okinawa, su un percorso che secondo gli analisti potrebbe convergere con il suddetto gruppo. Altre decine e decine di sortite di aerei sono state rilevate nelle ore seguenti. Se il cerchio dovesse chiudersi, Taiwan si ritroverebbe, di fatto, circondata. A gennaio 2024, intanto, sono in programma le elezioni presidenziali a Taipei e la Cina sembra aver fornito due opzioni al prossimo leader taiwanese: l’integrazione economica o lo stato di assedio.

Accordo Figc-Dazn, audio Var in tv

Svolta storica nei rapporti tra arbitri, informazione e tifosi: dal 24 settembre sera gli audio dei dialoghi tra i Var e i direttori di gara saranno trasmessi, grazie ad un accordo appena firmato tra la Federcalcio e Dazn. Per questioni regolamentari gli audio saranno quelli del turno precedente di campionato e andranno in onda nella trasmissione Sunday Night Square, subito dopo il posticipo domenicale.

Accordo Figc-Dazn, audio Var in tv. Saranno trasmessi tutte le settimane all'interno di Sunday Night Square.
Intervento del Var durante Juventus-Napoli (Getty Images).

Il designatore arbitrale Rocchi ospite di Dazn il 24 settembre

Gli audio delle conversazioni tra arbitri e sala Var saranno resi pubblici nel nuovo format “Open Var”, nel quale saranno analizzati i casi più interessanti (e controversi). Nella puntata d’esordio del 24 settembre, per l’occasione, sarà in studio il designatore degli arbitri di A e B Gianluca Rocchi, che ricostruirà insieme alla?squadra di Dazn i principali episodi di questa stagione calcistica.

Accordo Figc-Dazn, audio Var in tv. Saranno trasmessi tutte le settimane all'interno di Sunday Night Square.
Gianluca Rocchi (Ansa).

Gravina: «Vogliamo creare una rinnovata cultura sportiva»

«Accogliamo con grande favore questo nuovo progetto, realizzato insieme a Figc. È un momento storico che consentirà al mondo arbitrale di aprirsi sempre di più in un’ottica di trasparenza. In tale maniera potremo spiegare i percorsi decisionali dell’arbitro sul terreno di gioco e l’importante attività svolta dai video match officials al Centro Var di Lissone. Questo favorirà anche la conoscenza del regolamento per accrescere sempre più la cultura calcistica a vantaggio di tutti gli appassionati», ha dichiarato il presidente dell’Associazione Italia Arbitri Carlo Pacifici. Così Gabriele Gravina, presidente della Figc: «Vogliamo contribuire a creare nel nostro Paese una rinnovata cultura sportiva, una profonda conoscenza del regolamento del gioco più amato dagli italiani e far conoscere meglio il mondo arbitrale. Lo spazio Figc-Aia all’interno della programmazione di Dazn non è una moviola, ma l’occasione per capire, in totale trasparenza, come nascono le scelte dei direttori di gara in uno dei settori più innovativi e rivoluzionari del calcio degli ultimi anni, che è il Var».

Gas ai massimi da fine agosto, previsti ulteriori aumenti

A seguito della decisione della Russia azzerare le esportazioni di gasolio e di benzina, il gas naturale al Ttf di Amsterdam si è portato sui massimi dal 28 agosto, quando i future su settembre chiusero a 41,5 euro, poco sotto i 41,7 euro registrati cinque giorni prima. I contratti future sul mese di ottobre hanno chiuso la seduta del 22 settembre a 39,79 euro al megawattora.

Attesi altri aumenti nonostante il livello elevato di scorte in Europa

In una settimana i future di Amsterdam hanno guadagnato l’1,8 per cento, ma il prezzo il 22 settembre è salito fino al 7,3 per cento a 41,9 euro, considerando il massimo di giornata. La corsa non è finita però: sono infatti previsti ulteriori aumenti nel corso dell’autunno, nonostante il livello elevato di scorte in Europa, che ha raggiunto il 94,48 per cento a 1.075,88 TWh. Prima è la Germania con 240,22 TWh, pari al 94,61 per cento della capacità di riempimento, seguita dall’Italia, con 185,94 TWh, pari al 95,21 per cento dello stock disponibile. Seguono i Paesi Bassi con il 95,86 per cento a 136,5 TWh e la Francia, con l’89,48 per cento di riempimento a 122 TWh.

La mossa della Russia sui carburanti ha ripercussioni su altre materie prime

Nonostante ciò, la mossa di Mosca di fermare temporaneamente le esportazioni dei carburanti, spiegano gli analisti, ha ripercussioni anche su altre materie prime, come appunto il gas. Attualmente Il 60 per cento di quello consumato in Europa giunge via gasdotto e il 40 per cento è Gnl trasportato su nave, su cui incide il maggior costo dei carburanti. Proprio sul fronte del gas liquido sembrano ormai alle spalle i problemi degli scioperi in Australia, da dove proviene circa il 10 per cento del Gnl mondiale, mentre proseguono le manutenzioni di una piattaforma in Norvegia, principale fornitore del Nord Europa, che incidono sulle estrazioni.

Sorrento, violenta l’ex fidanzatina sotto minaccia di morte: arrestato 17enne

Un 17enne è stato arrestato perché per tre mesi, non accettando la fine della relazione con la fidanzata, avrebbe costretto la ragazza a subire atti di violenza, con minacce gravi rivolte alla giovane e anche ai suoi famigliari. I fatti risalgono ai mesi di giugno, luglio e agosto: il ragazzo, arrestato dai carabinieri di Sorrento, è accusato di atti persecutori, violenza sessuale e rapina ai danni della ex fidanzatina. L’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal gip per i minorenni di Napoli, è stata eseguita dai carabinieri sotto il coordinamento della Procura per i minori. L’arrestato è stato trasferito presso l’istituto penale per i minorenni di Nisida.

Micaela Ramazzotti: «La fine del matrimonio con Virzì? Il dolore mi ha aiutato a girare il mio film»

A volte la sofferenza può diventare un’importante fonte di ispirazione per gli artisti: ne sa qualcosa Micaela Ramazzotti, la cui separazione dal marito Paolo Virzì si è rivelata molto utile per il suo progetto cinematografico appena uscito nelle sale.

«Il dolore mi ha ha permesso di essere illuminata e presente sul set»

Intervistata dal Corriere della Sera, l’attrice ha avuto l’occasione di raccontarsi a pochi giorni di distanza dall’anteprima veneziana del suo Felicità, la prima pellicola in assoluto che ha avuto l’occasione di girare come regista. Un’esperienza che forse non sarebbe stata la stessa, a quanto pare, se nel medesimo periodo Ramazzotti non avesse dovuto affrontare il dolore per la fine del matrimonio con Paolo Virzì, a sua volta noto regista. Quando le è stato chiesto in che modo la rottura abbia influito sul tono del racconto, la regista ha commentato: «Avevo questa storia in testa ormai da tempo, ma il periodo di dolore che stavo attraversando mi ha permesso di essere molto illuminata e presente sul set. Nell’arte la sofferenza può aiutare. Felicità ha preso vita in un momento in cui avevo un grande dispiacere, ma ho saputo trasformarlo. Ero creativa». Nonostante quello che ha passato di recente, Micaela Ramazzotti oggi si definisce «molto felice» e ha precisato che si augura che nella sua prima fatica cinematografica si possa ritrovare «chi è in affanno, chi ha la testa piena di moscerini, ma non ha ancora trovato la forza di curarsi».

Ramazzotti-Virzì: prima la crisi (superata) poi la rottura definitiva

Virzì e Ramazzotti si erano conosciuti nel 2007 sul set di Tutta la vita davanti ed erano convolati a nozze nel 2009. I due in realtà già nel 2018 avevano dovuto affrontare un momento molto difficile, che però erano poi riusciti a lasciarsi alle spalle. Ma i problemi di cuore sarebbero presto tornati a bussare alla loro porta. A marzo del 2023 il magazine Oggi aveva infatti confermato in anteprima le loro intenzioni di separarsi nuovamente, questa volta in modo definito.

Pantelleria: uomo dà fuoco alla moglie, la donna è in gravissime condizioni

Una donna è in gravissime condizioni dopo che il marito nella notte le ha gettato addosso liquido infiammabile, per poi darle fuoco. È successo a Pantelleria. La 48enne è ricoverata all’ospedale Civico di Palermo, dove è stata trasportata con l’elisoccorso, con ustioni sul 70 per del corpo. Anche il marito è rimasto ustionato al volto con il ritorno di fiamma e rischia ora di perdere la vista. A lanciare l’allarme sono stati i vicini, che hanno sentito le urla della donna. Sulla vicenda indagano i carabinieri.

Pordenone, bambino di 10 anni ucciso dall’esplosione di un residuato bellico

È morto Gabriele Cesaratto, il bambino di 10 anni rimasto gravemente il 22 settembre dopo essere stato colpito da un’esplosione avvenuta nella pertinenze della sua abitazione a Vivaro, in provincia di Pordenone. Lo scoppio sarebbe stato determinato da un ordigno bellico, verosimilmente un residuato. Il bambino era stato portato in gravissime condizioni all’ospedale di Pordenone dove il nonno Silvio, che era con lui, rimane ricoverato in gravi condizioni.

La deflagrazione è avvenuta nel garage della casa di famiglia

A Vivaro, nel giorno dei funerali del bambino di 10 anni morto dopo essere stato investito dall’esplosione di un ordigno bellico, sarà proclamato il lutto cittadino. Lo ha deciso il sindaco del piccolo centro, Mauro Candido, che lo ha reso noto con un post sul profilo social esprimendo dolore, a nome della comunità di Vivaro, Basaldella e Tesis, per «la drammatica scomparsa del piccolo Gabriele». Rivolgendosi ai genitori del bambino, Candido ha rivolto«”le più sentite condoglianze e la vicinanza dell’ Amministrazione comunale , nonché di tutta la popolazione, per questa immane tragedia». Secondo le prime ricostruzioni, l’ordigno sarebbe deflagrato nel garage-officina del nonno di Gabriele: sarebbe stato proprio lui a portare in casa il residuato bellico.

Matteo Messina Denaro è in coma irreversibile

Scorrono i titoli di coda sulla storia del boss riuscito a sfuggire alla cattura per 30 anni, arrestato il 16 gennaio mentre andava in una delle cliniche più prestigiose di Palermo per sottoposti alla chemioterapia: Matteo Messina Denaro è in coma irreversibile.

Il capomafia ha chiesto di non essere più alimentato

Dopo l’arresto il capomafia di Castelvetrano è stato portato nel supercarcere de L’Aquila dove è stato sottoposto alle cure per il cancro al colon scoperto a fine 2020. Ed è lì che sta vivendo le sue ultime ore. Il boss di Cosa Nostra ha chiesto infatti di non essere più alimentato, rifiutandosi di subire accanimento terapeutico. Negli ultimi giorni, dopo due interventi, al peggiorare delle condizioni di salute Messina Denaro è stato prima sottoposto alla terapia del dolore, poi sedato. Al capezzale la nipote e legale Lorenza Guttadauria e la giovane figlia Lorenza, riconosciuta recentemente e incontrata per la prima volta nel carcere di massima sicurezza dell’Aquila ad aprile. Dall’arresto il padrino è stato interrogato più volte dai pm di Palermo precisando, fin dal primo incontro, che non avrebbe mai collaborato con la giustizia. E così è stato.

Tra Fashion Week e caro affitti a settembre Milano è davvero Milano: il racconto della settimana

Venerdì, ore 13.00. Mentre arrivo, in ritardo, alla Fondazione Prada, per pranzare con Dodo mi rendo conto che al tavolo di fianco al nostro è seduta Camille Charriere. Mi guardo intorno e mi accorgo che la gente qui dentro si somiglia praticamente tutta: gran fisici, labbra cesellate, ultimo grido. Devo dire che Dodo in mezzo non sfigura, anche se noto che indossa sopra una coreana bianca di lino una giacca a vento leggera Nike e ai piedi ha un paio di Adidas Stan Smith.

«Mai mischiare Adidas con Nike, hombre», faccio, criptico, prima di sedermi di fronte a lui e fare cenno al cameriere per ordinare un beverone energizzante. «Hai visto che c’è Camille Charriere? L’ultima volta che sono venuto qui c’era Gwyneth Paltrow», aggiungo. Intorno a noi alcuni ragazzi bevono champagne mentre consultano la timeline di Instagram.
«Chi cazzo è Camille Charriere?», domanda Dodo, con aria interrogativa.
«Una influencer, scrittrice, podcaster. Una tizia da 1,4 milioni di follower», rispondo.
«Non vi sopporto a voi dello spettacolo», sospira, poi agguanta la birra che ha davanti e inizia a bere dalla bottiglia.
«Credimi», dico, alzando le mani, «ormai è assolutamente fondamentale».
«A quali sfilate sei stato questa settimana?», mi chiede.
«Nessuna», mormoro. «Io vivo nell’attimo presente, bello. E oggi ho una marea di cose da fare. Tu piuttosto, cosa ci fai qui?».
«Sono a Milano per lavoro, sono appena atterrato dopo un mese e mezzo di Bali. È paura! Ci dovresti andare. Sono stato benissimo. La miglior vacanza della mia vita».
«Secondo me vai forte, davvero forte. Nessuno è come te».
«Tu invece, piccolo orfanello degenerato, come te la passi? Vederti è impossibile».
«Sono presissimo, hombre, figurati che settimana scorsa ho addirittura celebrato un matrimonio. Mi cagavo addosso che manco la Ferragni prima di Sanremo. Però poi ho spaccato, come sempre del resto». Mi stringo nelle spalle. Poi mi soffermo a osservarlo e a parte il tono di voce troppo alto quando parla e il fatto che è profumato peggio di una figa devo ammettere che lo trovo abbastanza in forma.
«Caro, comunque ti trovo in forma», gli dico avvicinandomi.
«Anche tu, sei sempre uguale, e sei ancora abbronzato».
«Poco», preciso, con nonchalance.
«Vabbè, raccontami di te, che progetti hai? Cosa stai facendo?».
«Sono come Mauro Repetto, inseguo i miei sogni».
«Ma chi? Il biondino degli 883?».
«Esatto, lui. Ho appena letto il suo libro, tra l’altro molto più interessante di quelli di un mucchio di scrittori che incontro in giro per Milano impegnati a farsi i pompini a vicenda. Una storia pazzesca, comunque».
«Alla fine non è finito benissimo, però».
«Sì, in effetti poteva finire meglio».
«Come i tuoi racconti. Possono essere meglio. Devi uscire dalla comfort zone. Basta parlare di te», frigna Dado, e mentre lo dice mi rendo conto, mio malgrado, che ha completamente ragione.
«Oddio, difficile farlo», mugolo. «Dov’è il mio addetto stampa? Questa chiacchierata è già un racconto».

Tra Fashion Week e caro affitti a settembre Milano è davvero Milano: il racconto della settimana
Un’azione del derby Milan Inter (Getty Images).

Venerdì, ore 21.30. Dopo che il Milan ha perso 5-1 il derby mi sono così depresso che ho deciso di iniziare a seguire il rugby. L’unico problema è che non conosco affatto le regole, così adesso me ne sto qui, seduto nel mio salotto, a osservare lo schermo del computer mentre su Sky trasmettono Francia-Namibia senza capire un accidenti. È la seconda volta in vita mia che guardo una partita di rugby, la prima era stata circa una decina d’anni fa, un pomeriggio di settembre, in un pub ad Antibes. Io e Ofelia, in barca con Bob e Cleopatra, avevamo preso l’abitudine di prendere il tender e trascorrere le giornate su una piccola spiaggia, irraggiungibile via terra, poco lontano da Cannes. La stagione era quasi finita, ogni tanto grigliavamo del pesce fresco, bevevamo vino bianco francese e, se il tempo non era particolarmente favorevole, ci spingevamo fino ad Antibes e andavamo in un vecchio pub accanto al porto a bere birra. Io avevo la barba lunga, la pelle bruciata dal sole e i polsi stracolmi di braccialetti che, per tutta l’estate, avevo comprato in ogni porto dove ci eravamo fermati: Rosignano, S. Vincenzo, Porto Azzurro, Portoferraio, Capraia, Bastia, Saint Florent, Macinaggio, Porto Vecchio, Cogolin, Saint Tropez. Eravamo stati in barca a vela per oltre un mese e ricordo che quel giorno, mentre al pub di Antibes trasmettevano Francia – Sud Africa, ero parecchio triste perché l’indomani saremmo dovuti tornare a Milano.

Dopo che il Milan ha perso 5-1 il derby mi sono così depresso che ho deciso di iniziare a seguire il rugby. L’unico problema è che non conosco affatto le regole, così adesso me ne sto qui, seduto nel mio salotto, a osservare lo schermo del computer mentre su Sky trasmettono Francia-Namibia senza capire un accidenti

Penso a quel pomeriggio di 10 anni fa mentre in sottofondo suona il vinile, che è stato definito da tutti il caso discografico dell’estate jazzistica, Evenings at the Village Gate, ovverosia 80 magnifici minuti inediti di musica di John Coltrane, registrati a New York durante un live dell’agosto del 1961. Fuori piove, o forse ha appena smesso, e io, in totale solitudine, rollo uno spino di CBD, cammino nervosamente avanti e indietro per la stanza in boxer, scalzo e con indosso la maglia della nazionale. Ogni tanto mi fermo, guardo fuori dalla finestra, osservo la mia immagine riflessa nel vetro e poi mi chino sul grosso tavolo bianco posto al centro del soggiorno e scribacchio qualcosa sul mio taccuino, cercando vanamente di mettere ordine tra i pezzi che devo consegnare ai giornali e tutte le altre mille cose che ho in testa.

 

Da quando siamo tornati dalla Grecia a fine agosto è la prima volta che mi fermo dopo i week-end trascorsi a Venezia, a Camogli e a quello dedicato al matrimonio di Roffredo della scorsa settimana, con mega party annesso, in una villa in mezzo al Parco Sempione, con 250 invitati. Ce lo ripetevamo con Ofelia, mentre passeggiavamo sotto il sole con in testa i nostri cappelli di paglia sulla spiaggia di Naxos o mentre ci dividevamo un piatto di ricci crudi da Pipinos ad Antiparos, che l’estate sarebbe finita il giorno del matrimonio, e in effetti il tempo ci ha dato ragione. Mi ero ripromesso prima di partire per le vacanze di fare un piano di battaglia per affrontare la nuova stagione ma come da regolamento lo avevo clamorosamente disatteso e, una volta rientrato, sono stato travolto per l’ennesima volta dalla solita soffocante routine di cui mi sono lamentato tutti i santi giorni negli ultimi due anni. La storia come spesso accade si ripete e in particolare Milano a settembre è sempre più simile a se stessa, presa tra il caro affitti e i van con i vetri scuri con dentro le modelle della fashion week che zigzagano per le trafficate strade del centro mentre io, nel frattempo, non solo non sono in grado di progettare alcunché ma non riesco nemmeno ad andare a vedere all’Alcatraz il concerto di Paul Weller, fin dai tempi degli Style Council, super presente nel mio personalissimo Pantheon estetico-musicale di riferimento.

La famiglia tradizionale in Rai e l’ossessione della destra per la cultura dominante

Il giornalista de L’Espresso Simone Alliva con mastodontica pazienza ha spulciato gli oltre 400 emendamenti piovuti sul nuovo contratto di servizio della Rai depositato in Vigilanza e ne ha trovato uno – pericolosamente curioso – firmato dai parlamentari di Forza Italia Roberto Rosso, Maurizio Gasparri, Rita Dalla Chiesa, Andrea Orsini. Si legge che la Rai dovrebbe impegnarsi, tra le altre cose, a dare «una rappresentazione positiva dei legami familiari secondo il modello di famiglia indicato dall’articolo 29 della Costituzione». Il modello di famiglia evocato tra le righe non è nient’altro che la cosiddetta “famiglia naturale” che Giorgia Meloni ormai da anni ci propina in ogni uscita pubblica immaginando un’istituzione messa in pericolo dal libertinaggio moderno, dagli omosessuali e dall’ideologia “gender” che nessuno della maggioranza è mai riuscito a spiegare cosa sia, ma che viene ossessivamente ripetuta come un mantra.

La famiglia tradizionale in Rai e l'ossessione della destra per la cultura dominante
Maurizio Gasparri (Imagoeconomica).

Definire il perimetro dei diritti per poterne escludere di nuovi

La “famiglia naturale e fondata sul matrimonio” sventolata dai prodi parlamentari è ovviamente usata nella sua natura escludente. Alla maggioranza non interessa dire concetti che già sappiamo e che sono incardinati nella storia del nostro Paese; a loro interessa rifiutare la modernità e definire il perimetro dei diritti per poterne escludere di nuovi, come hanno già ampiamente fatto con i figli della gestazione assistita che si sono ritrovati orfani per decreto o con le cosiddette “famiglie arcobaleno” ghettizzate nel cassetto dei respingenti contro natura che devono essere additati.

La televisione vista come mezzo principale della concimazione

L’emendamento però dice anche molto di più. Ci dice, per esempio, che come insegnò Silvio Berlusconi la televisione (soprattutto quella pubblica) viene vista come mezzo principale della concimazione di un comune sentire. Se “lo dice la televisione” che le famiglie buone sono quelle “naturali”, allora sarà vero. La pensano così al governo, ancorati alla credibilità della tivù come se non fossero passati questi ultimi 15 anni che hanno (con la collaborazione di partiti di tutti gli schieramenti) fracassato l’autorevolezza dei media. L’emendamento ci dice anche che la prima preoccupazione di questi che governano è quella di riuscire a instillare una cultura dominante, che è la loro vera ossessione, forse per un mai sopito complesso di inferiorità oppure perché la considerano una garanzia per preservare le proprie posizioni.

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Bruno Vespa durante una puntata dedicata a Silvio Berlusconi dopo la sua morte (Imagoeconomica).

Propaganda, guarda caso, come quella di Putin nel 2013

Come giustamente sottolinea Alliva, la proposta ha un’orribile consonanza con la legge che Vladimir Putin volle in Russia nel 2013, quando lo zar era ancora un mito per la presidente del Consiglio e per i suoi ministri. In quel caso Putin vietò la propaganda di qualsiasi forma di famiglia “non tradizionale”, non solo in televisione ma anche nelle produzioni cinematografiche e letterarie. In questo caso i parlamentari di Forza Italia devono avere pensato che i libri e i film siano arti troppo spicce per essere toccate. In effetti cominciare dalla televisione di Stato garantisce minori polemiche. L’importante è iniziare piano piano.

La famiglia tradizionale in Rai e l'ossessione della destra per la cultura dominante
La propaganda putiniana in tivù (Getty).

La vicinanza con i più retrogradi capi di governo in Europa

Si arriva così all’ultimo e più preoccupante lato della medaglia, cioè la vicinanza di Giorgia Meloni con i peggiori e più retrogradi capi di governo in Europa (e non solo). L’asse con Viktor Orban o con il premier polacco non è una gustosa scenetta da rilanciare sui social o, per gli avversari, da attaccare con il sorriso sulle labbra. Giorgia Meloni ha sempre ripetuto di ammirare quel tipo di politici per le loro politiche, per le loro scelte, per la durezza con cui circoscrivono i diritti. Non è una barzelletta. Meloni sa benissimo che non potrebbe da un giorno con l’altro imporre decisioni che solleverebbero una protesta popolare che finirebbe per travolgerla, ma sa benissimo anche che occorre un logorio lento e paziente che possa rendere potabile ciò che oggi apparirebbe scandaloso. Imporre alla Rai di suggerirlo è un granello di un progetto molto più ampio, che passa dall’indignazione per il libro del generale Vannacci alla sostituzione etnica del cognato ministro e alla lunga sequela di improvvide uscite dei suoi compagni di partito e di governo. Non sarà facile, non sarà breve, ma sono convinti di poterci riuscire. Anche con un emendamento sul contratto Rai che di fatto mette fuori dal perimetro la stessa Meloni, che incidentalmente non è sposata. Quindi non “naturale”.

Tutti gli insulti dalla politica che Giorgio Napolitano si è preso da vivo

Terrone, bolscevico, boia. Ma anche un anziano furbo e un oligarca, che avrebbe meritato di essere processato. La galleria di epiteti affibbiati al presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano, morto a 98 anni nella serata di venerdì 22 settembre, è piuttosto lunga e singolare. Nelle ore in cui si accatastano i comunicati stampa che sembrano sfornati con il ciclostile per ricordare la figura dell’ex capo di Stato, alla memoria riaffiorano tutti gli affondi nei suoi confronti. Non è così frequente che un presidente diventi oggetto di attacchi tanto duri da parte della politica. Con accuse ben sopra le righe.

Tutti gli insulti dalla politica che Giorgio Napolitano si è preso da vivo
Umberto Bossi e Giorgio Napolitano (Imagoeconomica).

Bossi condannato per vilipendio e poi graziato da Mattarella

Il caso principe resta quello di Umberto Bossi, condannato per vilipendio al presidente della Repubblica a un anno di reclusione (poi cancellato dalla grazia di Sergio Mattarella) per averlo definito «terrone». «Mandiamo un saluto al presidente della Repubblica, nomen omen. Non lo sapevo che era un terùn», disse lo storico leader leghista nel dicembre 2011, durante la Berghem Frècc, la festa del Carroccio organizzata a Bergamo.

Le frecciatine per il processo sulla trattativa Stato-mafia

Anche l’ex sottosegretario all’Interno, il grillino Carlo Sibilia, è stato rinviato a giudizio per il reato di vilipendio al presidente della Repubblica. Sotto inchiesta finì il tweet: «Perchè secondo voi impediscono agli scagnozzi Riina e Bagarella di “vedere” il boss?», pubblicato nel 2014, pochi giorni prima della testimonianza resa proprio da Napolitano nell’ambito del processo sulla trattativa Stato-mafia.

Gli attacchi incrociati di Di Pietro e Grillo

Un caso eccezionale: un presidente della Repubblica che si sottopone alle domande dei magistrati per fatti avvenuti due decenni prima. Il procedimento ha sicuramente gravato sull’immagine dell’allora inquilino del Quirinale, soprattutto da un punto di vista mediatico. Il leader di Italia dei valori, Antonio Di Pietro, sosteneva fosse un modo «per impedire di conoscere i fatti, andando oltre i confini costituzionali del suo mandato». La tesi di Beppe Grillo invece era un’altra: «La sua rielezione è servita a metterlo in una situazione di massima sicurezza». Il guru del Movimento 5 stelle lo etichettò poi come un «anziano furbo», protagonista del colpo di Stato del secondo mandato, chiedendone l’impeachment.

Il 5 stelle Sorial lo definì «boia», per Silvio era un bolscevico

Sempre nel M5s l’ex deputato Giorgio Sorial definì Napolitano un «boia» che vuole «cucirci la bocca». Una ricostruzione giornalistica, poi, attribuì a Silvio Berlusconi l’affermazione: «Napolitano non è imparziale, gli italiani devono capire che è un bolscevico».

Il pensiero della premier Meloni: «Un oligarca contro il popolo»

Pure la presidente del Consiglio in carica, Giorgia Meloni, non è stata tenera nei suoi confronti. Nel 2016, a un anno dalla fine del mandato al Colle, non esitò a definirlo un «oligarca contro il popolo» e chiedendone addirittura le dimissioni da senatore a vita. Un pensiero consolidato, del resto: qualche anno dopo, l’attuale premier disse che Napolitano aveva un’idea tutta sua di democrazia. Sempre dal centrodestra, per il segretario della Lega e vicepremier Matteo Salvini è stato «un traditore che dovrebbe essere processato».

Da ministro dell’Interno anche lui alle prese coi flussi migratori

Insomma, Napolitano non ha incarnato una figura storica unitaria. Anzi. Il carattere spigoloso, da comunista migliorista della prima ora, non ha aiutato a forgiare un’immagine pop. Da sempre ha preferito coltivare il rapporto con le istituzioni più che rabbonire gli elettori. È stato presidente della Camera in una delle legislature più difficili della storia repubblica, dal 1992 al 1994, in piena era Tangentopoli, e successivamente è stato ministro dell’Interno nel governo Prodi, firmando in quegli anni la famosa Turco-Napolitano, una legge che tocca un tema attualissimo, il controllo dei flussi migratori. La riforma istituiva i centri di permanenza temporanea per i migranti.

Tutti gli insulti dalla politica che Giorgio Napolitano si è preso da vivo
Giorgio Napolitano e Giuliano Amato nel 1991 (Imagoeconomica).

Primo ex comunista a essere eletto al Quirinale

Napolitano ha comunque rappresentato la rottura in varie direzioni, non solo per la testimonianza nel processo sulla trattativa Stato-mafia. Nel 2006 è stato il primo ex comunista a essere eletto al Quirinale, rompendo il tabù del fattore K, ossia l’appartenenza alla tradizione comunista che ha impedito – nella Prima Repubblica – l’alternanza dei partiti avversari al governo e l’accesso alle alte cariche da parte degli esponenti comunisti, salvo qualche eccezione come la presidenza della Camera, assegnata a Pietro Ingrao e Nilde Iotti.

Il “reinsediamento” tra duri attacchi e applausi

Ma Napolitano è stato anche il capo dello Stato a essere eletto una seconda volta, una possibilità sottintesa dalla Costituzione repubblicana, ma che prima del 2013 non era mai avvenuta. Il discorso alla Camera per il suo “reinsediamento” lasciò il segno: i duri attacchi alla classe politica, una bocciatura senza pari, vennero accolti con fragorosi applausi da parte dei parlamentari. Erano loro i bersagli dell’elenco di una «lunga serie di omissioni e di guasti, di chiusure e di irresponsabilità» che il capo dello Stato snocciolò a Montecitorio.

Bossi gli diede anche del «guerrafondaio»

In mezzo c’è stato il suo presunto sostegno agli attacchi in Libia per rovesciare il regime di Gheddafi, che gli sono valse implicite accuse – una fatta ancora da Bossi – di essere «guerrafondaio». Vari elementi che, uniti all’interventismo in politica, hanno contribuito alla narrazione del Re Giorgio, come è stato soprannominato, ossia l’uomo che portò nel 2011 Mario Monti a Palazzo Chigi, alla guida del governo tecnico, con una raffinata strategia, indicandolo subito come senatore a vita. Un’operazione rimasta indigesta al centrodestra, con in testa Silvio Berlusconi che andò proprio da Napolitano al Quirinale per rassegnare le dimissioni della sua ultima esperienza da presidenza del Consiglio. Ma la morte, come direbbe qualcuno, è una livella. Quindi spazio alle dichiarazioni di maniera.

Confusi e felici stasera su Rai Movie: trama, cast e curiosità

Stasera 23 settembre 2023 andrà in onda il film Confusi e Felici alle ore 21.10 sul canale Rai Movie. Il regista è Massimiliano Bruno che ha curato anche la sceneggiatura in collaborazione con Edoardo Falcone. Nel cast ci sono Claudio Bisio, Marco Giallini, Anna Foglietta, lo stesso Massimiliano Bruno, Caterina Guzzanti e Pietro Sermonti.

Confusi e felici è il film che andrà in onda questa sera 23 settembre 2023 su Rai Movie, ecco tutte le informazioni.
I protagonisti del film (X).

Confusi e Felici, trama e cast del film in onda stasera 23 settembre 2023 su Rai Movie

La trama racconta diversi eventi che ruotano intorno al fatto che anche i psicoanalisti possono cadere in depressione. Un esempio sotto questo punto di vista è Marcello (Claudio Bisio), uno psicoanalista che un giorno decide di chiudersi in casa e limitare al massimo i contatti con l’esterno. Questo gesto non viene preso bene dalla sua segretaria Silvia (Anna Foglietta) che ha un’idea strana ma che potrebbe funzionare: decide di radunare tutti i pazienti dello specialista per spingerlo a uscire da questa crisi improvvisa.

Tuttavia, a complicare le cose c’è il fatto che i pazienti di Marcello sono molto particolari: c’è Nazareno (Marco Giallini), uno spacciatore che ha attacchi di panico, Pasquale (Massimiliano Bruno), un uomo di 40 anni che vive ancora con la madre, Vitaliana (Paola Minaccioni), una ninfomane invadente ed Enrico (Pietro Sermonti) e Betta (Caterina Guzzanti), una coppia in crisi sessuale. Questo strano manipolo di personaggi, unendo le forze, riuscirà a dare vita a delle esilaranti situazioni che potranno avere però un risvolto positivo.

Confusi e Felici, cinque curiosità sul film 

Confusi e Felici, il cameo di tre cantanti molto famosi

Nel film appaiono tre cantanti molto famosi che fanno un cameo e cantano una canzone insieme agli attori protagonisti. Si tratta di Max Gazzè, Daniele Silvestri e Niccolò Fabi. I tre artisti hanno un buon rapporto con Massimiliano Bruno, regista della commedia.

Confusi e Felici, un titolo diverso inizialmente

Inizialmente questo film doveva avere un titolo diverso. Infatti, la produzione aveva intenzione di chiamarlo Tutti per Uno. In seguito questo titolo venne scartato e venne preferito Confusi e Felici.

Confusi e Felici, le location per le riprese

Il film è stato girato a Roma. Non a caso, nelle diverse scene è possibile notare quelli che sono i luoghi più famosi della capitale.

Confusi e felici è il film che andrà in onda questa sera 23 settembre 2023 su Rai Movie, ecco tutte le informazioni.
I personaggi della pellicola (X).

Confusi e Felici, il regista parla del suo ruolo nel film 

Il regista della pellicola Massimiliano Bruno, nel corso di un’intervista a Repubblica, ha rivelato il suo ruolo nel film e perché ha dovuto entrare anche a far parte del cast: «Sono un quarantenne bambacione che vive ancora con la mamma. Veramente avevo scritto il personaggio per Lillo, ma all’ultimo minuto non era più disponibile per una questione di date».

Confusi e Felici, l’esperienza di Giallini sul set

Marco Giallini, in un’intervista al sito culturaeculture.it, ha parlato del perché ha partecipato a questo progetto. Le sue parole sono state: «Ho fatto questo film perché conosco Massimiliano da anni, siamo amici e volevo lavorare con lui. Condividiamo la passione calcistica. Io sono della Roma, lui tifa Juve e potete immaginare la domenica! Nazareno mi è simpatico perché è un tenero banditello e mi sono divertito molto a interpretarlo».

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