Sono 169 mila le famiglie beneficiarie di reddito o pensione di cittadinanza che hanno ricevuto oggi dall’Inps il messaggio di sospensione del sussidio da agosto in quanto nuclei nei quali non ci sono componenti disabili, minori o over 65 come prevede la nuova normativa. L’ultima rata che hanno percepito è quella del 27 luglio. Secondo quanto si apprende il messaggio annuncia la sospensione in attesa della presa in carico dei servizi sociali. Sarebbero 88mila le persone che potrebbero essere prese in carico. Tra agosto e settembre circa 80mila nuove famiglie dovrebbero avere il beneficio sospeso poiché scadono i sette mesi di durata.
Gazzi: «Guerra sui servizi sociali»
Il presidente degli assistenti sociali, Gianmario Gazzi, non ci sta e dichiara: «La sospensione via sms del Reddito di cittadinanza sta scatenando una guerra sui servizi sociali». E chiede di «intervenire immediatamente prima che le minacce di assalto ai servizi sociali diventino realtà, prima che qualcuna o qualcun assistente sociale venga aggredito. L’invio di un sms da parte dell’Inps nel quale si annuncia la sospensione dal 31 luglio del Rdc ai cosiddetti occupabili sta scatenando una guerra. Riceviamo messaggi preoccupanti dai territori perché i nostri uffici, in molte aree non rinforzati, né preparati, si trovano a gestire migliaia di situazioni di persone, tra i 18 e i 59 anni, a noi sconosciute perché, fin qui, prese in carico da Anpal o Centri per l’Impiego».
Uno striscione di protesta a Napoli (ANSA).
La richiesta: «Immediato spostamento dei termini»
«Davanti a questi uffici», prosegue Gazzi, «si stanno ammassando persone che hanno ricevuto sul loro cellulare il messaggio nel quale leggono che il loro Rdc è sospeso dal mese di agosto e che per poter mantenere il sussidio devono attivare il Supporto per la formazione e il lavoro e che per ottenere il Supporto devono essere presi in carico dai servizi sociali prima della scadenza del Rdc. Migliaia di domande spesso davanti a quattro o cinque assistenti sociali. Chiediamo l’immediato spostamento dei termini da parte dell’Inps e a Comuni e Regioni il rafforzamento dei servizi con i fondi già disponibili. In alcune Regioni è stato speso soltanto il 5% delle risorse messe in campo. Non si fanno riforme sulla pelle delle persone e non possiamo essere noi, assistenti sociali, ad assumere l’onere di ritardi, omissioni e propaganda».
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha visitato la Chiesa di Santa Maria di Gesù distrutta dalle fiamme divampate a Palermo, e in tutta la Sicilia, lo scorso mercoledì. Ad accompagnare il capo dello Stato il presidente della Regione Renato Schifani, il prefetto di Palermo Maria Teresa Cucinotta, il sindaco Roberto Lagalla e l’arcivescovo Corrado Lorefice. Mattarella si è trattenuto in un breve colloquio con il governatore siciliano e con il primo cittadino dopo aver visitato la chiesa che ha i segni degli incendi che hanno devastato la Sicilia. «Una ferita aperta», ha dichiarato il presidente della Repubblica.
La visita di Sergio Mattarella (Imagoeconomica).
Mattarella chiede di restaurare tutto
La struttura è stata distrutta dal fuoco. Le temperature hanno sfiorato i 50 gradi. Con Mattarella, in visita a Palermo per commemorare il giudice Rocco Chinnici a 40 anni dall’omicidio, è stato accompagno da padre Vincenzo, il frate che gestisce la chiesa. Il presidente ha chiesto quali sono stati i beni «andati persi» e quali invece «si possono restaurare». E ha voluto lanciare un messaggio proprio in tal senso, chiedendo un impegno «per restaurarla». Nel cimitero della Chiesa di Santa Maria di Gesù riposa anche il giudice Paolo Borsellino. All’interno del convento, invece, c’erano le spoglie di San Benedetto il Moro e opere d’arte di grande valore artistico-culturale.
La scrittrice Stefania Auci: «Il mio cuore piange»
Nelle scorse ore ha visitato la chiesa anche la scrittrice trapanese Stefania Auci. L’autrice, in lacrime, ha dichiarato: «Quando venivo a trovare i Florio rimanevo a pregare per recuperare serenità nei momenti di moto interiore. È un dolore fisico sono stata così male solo quando è bruciata la cattedrale di Notre-Dame e quando è crollato il tetto della Basilica di Assisi. I palermitani non si sono probabilmente ancora resi conto di quello che è andato perduto. Provo un senso d’impotenza, rabbia, inutilità. Il mio cuore piange, ci sono tanti se e tanti ma in questa storia».
L’Unione degli ufficiali per la sicurezza internazionale, considerata da Washington una compagnia di copertura per la Wagner nella Repubblica Centrafricana, ha condiviso un discorso vocale attribuito a Yevgeny Prigozhin riguardante il colpo di Stato in Niger. Quello che è successo, ha avrebbe detto il fondatore della milizia mercenaria, «non è altro che la lotta del popolo contro i colonizzatori, che hanno cercato di imporre le proprie regole di vita».
Bandiera russa a Niamey dopo il golpe (Getty Images).
Per le strade di Niamey bandiere della Federazione Russa e cori per la Wagner
«Gli ex colonizzatori stanno cercando di tenere sotto controllo la popolazione degli Stati africani» e «riempiono questi Paesi di terroristi e bande di criminali, creando una colossale crisi di sicurezza», recita la voce attribuita a Prigozhin. E poi: «Al fine di mantenere il loro attuale sistema di schiavi in Africa, dispiegano varie missioni all’estero, che contano decine di migliaia di soldati». Il gruppo Wagner è stato per anni uno dei principali attori nella sfera della sicurezza in Africa, ma le sue operazioni all’estero sono state messe in discussione dalla fallita rivolta di giugno. Intanto, dopo il golpe le strade della capitale nigerina Niamey si sono riempite di bandiere della Federazione Russa e in tanti hanno inneggiato alla Wagner.
Il generale Abdourahamane Tchiani (Getty Images).
Il giallo della foto di Prigozhin a San Pietroburgo, dove è in corso il vertice Russia-Africa
Dopo il golpe, il presidente nigerino Mohamed Bazoum è stato rimosso e venerdì 28 luglio il generale Abdourahmane Tchiani, capo della guardia presidenziale, si è autoproclamato capo del governo di transizione. Il generale ha giustificato il colpo di stato parlando del «peggioramento della situazione di sicurezza» e di «malgoverno» in Niger. Nella stessa giornata Nexta Tv ha twittato una foto che smentirebbe l’esilio di Prigozhin, ritratto infatti mentre stringe la mano a un rappresentante della Repubblica Centrafricana durante il vertice Russia-Africa a San Pietroburgo. Secondo la testata online Fontanka, la foto non sarebbe stata scattata a margine del forum, ma nell’albergo Trezini, proprietà della famiglia Prigozhin. Resta anche da capire quando sia stata fatta. Ma il messaggio è chiaro: quello tra la Wagner e l’Africa rimane un legame molto forte.
Tina Knowles, la mamma di Beyoncé, ha divorziato dall’attore Richard Lawson. La coppia si era sposata nel 2015 e per la Knowles erano le seconde nozze. A renderlo noto il sito di gossip Tmz che ha parlato di «differenze inconciliabili».
La Knowles ha chiesto ai giudici di rinunciare al cognome del marito
A chiedere la separazione è stata Tina, ma non si conoscono i motivi. Per la mamma di Beyoncé si tratta del secondo divorzio dopo quello dal primo marito, Matthew Knowles, con cui è stata sposata per circa 30 anni e dal quale ha avuto le due figlie Beyoncè e Solange. La separazione, rende noto il sito Tmz, non sarà amichevole. Si vocifera che la Knowles abbia chiesto al tribunale di negare il sostegno coniugale a lei come al marito, esprimendo la volontà di ripristinare il precedente cognome.
Tina Knowles-Lawson e Richard Lawson (Getty Images).
Tina Knowles, 69 anni, e Richard Lawson, 76 anni, si conoscevano da oltre 30 anni perché la mamma di Beyoncé era una delle migliori amiche della sorella dell’attore, ma solo nel 2013 hanno iniziato a frequentarsi e nel 2015 si sono sposati con una sontuosa cerimonia celebrata su uno yacht al largo di Newport Beach, in California. Una separazione, quella tra la Knowles e Lawson, attore noto in Italia soprattutto per la serie tv, V-Visitors trasmessa nel 1983, che è giunta a sorpresa. La coppia è sempre apparsa inseparabile e fino alla notizia del divorzio non si era mai parlato di crisi. Anche per lui era il secondo matrimonio: prima di sposare Tina aveva avuto una relazione con la collega Denise Gordy con cui ha avuto la figlia, Bianca Lawson, nata nel 1979 e attrice come lui.
È l’ammontare del sequestro effettuato venerdì 28 luglio dalla polizia giudiziaria in quota alla Guardia di finanza della procura a Milano a Mauro Rozza, l’ex campione italiano di body building assolto per totale incapacità di intendere e volere dall’omicidio della moglie uccisa nel 2009 con 60 coltellate, al padre Sergio Rozza e alla madre Antonia Maria Rosa Meanti. Tra i diversi beni, per un ammontare di oltre due milioni di euro, anche 12 immobili tra Milano e Riccione, quattro auto compresa una Ferrari 488 Spider con targa della Repubblica di San Marino, 750.000 euro in contanti trovati in una cassetta di sicurezza e sei orologi di pregio.
Mauro Rozza (Facebook).
L’inchiesta e le accuse
I tre sono indagati, in una inchiesta coordinata dal pm Cristiana Roveda, per aver prosciugato il patrimonio di un’amica di famiglia, vedova di un imprenditore e con gravi problemi psichici tali da essere dichiarata invalida al 100 per cento. Le accuse a vario titolo vanno dal peculato, all’autoriciclaggio e alla frode informatica. Per i tre, il gip Alessandra di Fazio, che ha convalidato il sequestro, ha disposto il divieto di avvicinamento ai luoghi abitualmente frequentati dalla parte offesa.
I giovani del Giffoni Film Fest con le loro legittime ansie legate a clima e futuro colpiscono il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, che non trattiene le lacrime. Una ragazza ammette di soffrire di «eco-ansia» e dice di non voler fare figli in un mondo così a rischio. E al ministro chiede: «Ma lei non ha paura per i suoi figli?». A quel punto Pichetto Fratin scoppia a piangere e asciugandosi le lacrime risponde: «Io ho la forza del dubbio, ho un dovere verso la carica che ricopro verso di voi e verso i miei nipoti».
Ma nel Pnrr tagliati molti interventi su clima e prevenzione
E dire che nel nuovo Pnrr presentato giovedì dal ministro Raffaele Fitto molti dei quasi 16 miliardi di tagli (definanziamenti) riguardano proprio l’ambiente e gli interventi di prevenzione e adattamento al cambiamento climatico. Oltre a integrare un capitolo sul piano Repower EU, la proposta di revisione toglie infatti risorse importanti soprattutto al contrasto del dissesto idrogeologico. Nel dettaglio sono stati eliminati 1,287 miliardi su 2,49 originariamente previsti per il dissesto idrogeologico, 110 milioni per la tutela e la valorizzazione del verde urbano ed extraurbano, 6 miliardi per valorizzazione del territorio ed efficienza energetica dei Comuni, 3,3 per la rigenerazione urbana, 2,5 miliardi per i piani urbani integrati, 675 milioni per la promozione degli impianti innovativi e 1 miliardo per l’utilizzo dell’idrogeno in settori hard-to-abate.
Il ministro Raffaele Fitto (Imagoeconomica).
Pichetto sul dibattito tra «fattore ciclico della Terra o impatto dell’uomo»
Tra l’altro proprio il ministro dell’Ambiente, 24 ore prima delle lacrime al Giffoni, in un’intervista a Sky Tg24 sul cambiamento climatico aveva affermato candidamente: «Il dibattito è se si tratti di un fattore ciclico della terra o dell’impatto dell’uomo. Ed è un dibattito che lasciamo agli scienziati. Non so quanto sia dovuto all’uomo o al cambiamento terrestre». Parole che alimentano le polemiche sul negazionismo.
La Corte suprema di Hong Kong ha respinto la richiesta del governo di vietare Glory to Hong Kong, canzone di protesta che inneggia alla democrazia tanto da diventare inno non ufficiale dei manifestanti nel 2019. Secondo il giudice Anthony Chan che ha emesso la sentenza, un’eventuale ingiunzione avrebbe potuto «avere effetti agghiaccianti, minando la libertà di espressione». Lo scorso 5 giugno il governo aveva chiesto di vietare ogni forma di distribuzione e circolazione della traccia o di parti di essa come la melodia e persino qualsiasi altra versione o adattamento. Si tratterebbe, secondo le autorità, di un «inno di secessione dalla Cina che può causare un grave danno a livello nazionale». Come ha riportato il Guardian, inoltre, il brano non è presente sugli store online di Spotify e iTunes.
Manifestanti per strada al grido di Glory to Hong Kong (Getty Images).
Le ragioni della Corte suprema di Hong Kong e le precedenti pressioni su Google
Tutto era partito a novembre 2022, quando la canzone venne suonata in una gara internazionale di rugby a sette. Glory to Hong Kong partì al posto dell’inno nazionale cinese, prima di essere fermato parlando di un «semplice errore umano». Da allora, il Paese ha assistito a una crescente intolleranza per qualsiasi slogan, dichiarazione o semplice citazione del brano. «Abbiamo il dovere di difendere i diritti umani in virtù della salvaguardia nazionale», ha spiegato il giudice Chan nella nota ufficiale, bollando la richiesta del governo come «priva di utilità». Un eventuale divieto avrebbe potuto presentare ripercussioni anche su persone innocenti, «scoraggiate in attività legittime per paura di violare la nuova legge». Qualora la Corte avesse accolto la richiesta del governo di Hong Kong, Google e gli altri motori di ricerca avrebbero dovuto bloccare ogni accesso dalla rete nazionale.
Manifestanti in protesta al grido della canzone Glory to Hong Kong (getty Images).
Già in passato tuttavia, Google aveva subito pressioni da parte del governo di Hong Kong per limitare o eliminare del tutto la presenza del brano di protesta dal browser. Il colosso americano aveva però negato ogni possibile intervento, affermando che solo un algoritmo è responsabile dei risultati di ricerca. Per il capo della sicurezza locale, Chris Tang, si era trattato di una scelta che aveva «ferito i sentimenti del popolo», mentre il governatore John Lee aveva parlato di «una risposta impensabile e inaccettabile». Intanto, dopo la decisione della Corte suprema, i cittadini hanno festeggiato sui social network, dicendosi pronti a intonare la melodia ogni sera. Preoccupano però le prossime mosse del governo, che secondo il Guardian potrebbe rivolgersi all’Assemblea nazionale del popolo di Pechino come ha già fatto in passato.
Norbert Feher, il killer serbo che nel 2017 uccise in Italia il barista Davide Fabbri e la guardia provinciale Valerio Verri, per poi compiere altri tre omicidi in Spagna, dove è stato arrestato ed è adesso detenuto, è stato condannato ad altri quattro anni di reclusione per violenza in carcere. Conosciuto anche come “Igor il russo”, sta scontando in Spagna un ergastolo con possibilità di libertà anticipata non prima di 30 anni (la massima pena del sistema penale iberico) e due condanne di 25 anni per l’uccisione di un agricoltore e due membri della guardia civile, oltre a una pena di 21 anni per aver sparato ad altre due persone.
Norbert Feher (Getty Images).
Le violenze e le minacce nelle carceri spagnole
Feher si trova nel carcere di Huelva, il quinto penitenziario spagnolo in cui è stato spostato a causa della sua aggressività. Il verdetto di ulteriori quattro anni di galera è arrivato tramite patteggiamento: il killer nel 2021 aveva aggredito con una piastrella affilata cinque funzionari del carcere di Dueñas, dove era stato trasferito dopo aver minacciato un poliziotto di quello di Zuera. A marzo del 2023, inoltre, Igor il russo ha aggredito con modalità simili un dipendente del carcere di massima sicurezza di Madrid.
Il carcere di Dueñas, in Spagna.
Gli inquietanti appunti nella cella del killer
Nella cella del carcere di Dueñas dove Feher è stato detenuto la polizia ha rinvenuto inquietanti appunti scritti dal killer, come la frase: «Il tempo è solo una finestra, la morte è solo una porta. Tornerò e cercherò ognuno di voi», in italiano. Igor il russo, che seminò morte e terrore nel Ferrarese e nel Bolognese nel 2017, due anni dopo è stato condannato all’ergastolo in Italia, pena confermata in tre gradi di giudizio. Per i suoi omicidi, tanto nel nostro Paese quanto in Spagna, è stato inoltre chiamato a risarcire economicamente i parenti delle vittime, per una somma complessiva di 3,8 milioni di euro. Che, però, non è in grado di pagare. Maria Sirica, vedova di Fabbri, ha così chiamato lo Stato a risarcire i danni in sede civile, ritenendolo responsabile di non aver eseguito i due decreti di espulsione emessi a carico di Feher nel 2010 e nel 2011.
Michelle Yeoh e Jean Todt si sono sposati il 27 luglio 2023, con rito civile, nel corso di una cerimonia che è stata celebrata a Ginevra, in Svizzera.
Il matrimonio di Jean Todt e Michelle Yeoh a 19 anni dalla proposta di nozze
I due si sono conosciuti al GP di Shangai a giugno del 2004, in un periodo in cui Jean Todt era ancora il direttore generale e amministratore delegato della Scuderia Ferrari. La loro passione è stata così travolgente che il tecnico Ferrari avrebbe chiesto la mano della sua fidanzata poco più di un mese dopo, alla fine di luglio. Il fidanzamento ufficiale invece era stato confermato dalla diretta interessata al The Late Late Show della CBS in occasione di un’intervista esclusiva che l’attrice aveva concesso a Craig Ferguson. Alcuni dei dettagli delle nozze che i due hanno celebrato sono spuntati online grazie a un post del pilota Felipe Massa, uno degli invitati d’onore che ha condiviso via social una serie di scatti del grande giorno. Tra i presenti ai festeggiamenti, oltre allo stesso Massa, c’erano anche Luca Cordero di Montezemolo, il figlio di Jean e manager di Charles Leclerc Nicolas Todt (il suo assistito invece era assente, poiché attualmente impegnato nel Gp), oltre a Stefano Domenicali, che è l’attuale presidente della Formula 1 ed ex team principal della Ferrari.
Non poteva mancare un momento di raccoglimento per Michael Schumacher, lo storico pilota della Ferrari in coma ormai da 10 anni dopo un terribile incidente sugli sci avvenuto a Méribel, in Savoia, il 29 dicembre del 2013. Nonostante non fosse presente fisicamente, in ogni caso, si può dire che fosse in qualche modo tra gli invitati con lo spirito. Jean Todt, che con Schumacher ha avuto l’onore di lavorare a lungo, si è sentito in dovere di far alzare i calici dei presenti al cielo dedicando all’amico e collega un toccante brindisi («Michael è sempre con noi»).
È il giorno dei funerali di Andrea Purgatori. Il giornalista è morto il 19 luglio scorso dopo una breve malattia e in tanti hanno voluto partecipare, nove giorni dopo, alla esequie celebrate da don Walter Insero nella basilica di Santa Maria Montesanto, la Chiesa degli Artisti in Piazza del Popolo. Commovente il saluto dei figli Ludovico, Victoria ed Edoardo, che hanno voluto ricordare Andrea Purgatori come colui «ha portato sempre avanti la ricerca della verità per cui combatteva ad ogni costo», sottolineando anche il ruolo da «grande padre, un esempio che resta».
Il primo a parlare è Ludovico Purgatori, che racconta: «Papà è stato un grande professionista e un uomo con grandi pregi e difetti, era anche ansioso, burbero, protagonista. Sotto la sua ala protettiva sentivi il suo grande cuore. L’ansia che provava era per il timore di veder soffrire chi amava; il suo essere burbero veniva dalla ricerca della perfezione in ciò che faceva; usava l’essere protagonista per trasmettere i grandi valori in cui più ha creduto nella vita». Suo padre lascia «un grande vuoto colmato in parte dalla gioia e la fortuna di non aver avuto solo un grande padre ma un esempio che resta».
Andrea Purgatori (Getty).
Victoria ed Edoardo: «Un guerriero fino alla fine»
Poi tocca a Victoria Purgatori, in lacrime: «Lo stringevo chiedendogli, “Mica muori vero?” e lui sorridendo mi rispondeva “Oddio, Victoria, no”. È stato un grande giornalista e amico, ma il suo più grande successo è stato come padre». Ed Edoardo ha spiegato perché è stato portato dai vigili del fuoco: «Una delle prime telefonate che ho ricevuto è stata quella di Piero Moscardini, che aveva conosciuto papà tanti anni fa, quando da cronista passava tanto tempo nelle caserme. Mi ha chiesto l’onore di far portare papà ai Vigili del fuoco e naturalmente abbiamo detto sì». Poi il ricordo: «Ha avuto la sua energia dirompente, l’ironia, la forza, la rabbia. Noi figli negli ultimi mesi non l’abbiamo mollato un attimo, siamo stati insieme, abbiamo guardato tanti film, fatto grandi risate e grandi mangiate. È stato un guerriero fino alla fine».
L’uscita dalla chiesa dopo i funerali (Imagoeconomica).
Secondo l’ultima Supermedia Agi/YouTrend, analizzando i numeri del consenso ai partiti non si registrano variazioni significative ormai da diversi mesi, seppur con alcune eccezioni. Tra tutti infatti, un dato si discosta dagli altri: si tratta del piccolo travaso di voti da Forza Italia alla Lega, conseguenza di una flessione del partito di Silvio Berlusconi dopo il picco registrato a giugno per la morte del fondatore.
#Supermedia YouTrend per @Agenzia_Italia dei #sondaggi (e variazione rispetto a un mese fa): FdI 28,7% (-0,2) PD 20,0% (-0,2) M5S 15,9% (+0,1) Lega 9,2% (+0,5) FI 7,6% (-0,6) Az 3,7% (+0,1) AVS 3,1 %(+0,1) IV 3,0% (=) +E 2,3% (=) ItalExit 1,9% (=) UP 1,7% (+0,2) NM 0,9% (-0,1) pic.twitter.com/qEXiU1Gs0Y
Fratelli d’Italia resta il primo partito con il 28,7 per cento (-0,2), mentre tra Lega e Forza Italia aumenta il divario: il partito di Matteo Salvini continua a crescere, ora al 9,2 per cento (+0,5) e gli azzurri guidati dal segretario Antonio Tajani perdono lo 0,6 e scendono al 7,6 per cento, un punto e mezzo, 1,6 di distanza.
Si allontana la rimonta per il Pd
Se nel complesso, emerge un certo immobilismo, c’è chi fa registrare piccoli segnali d’allarme: il Partito democratico infatti si adagia sul filo del 20%, soglia sotto la quale non era mai risceso dopo le prime settimane successive alla vittoria alle primarie di Elly Schlein.
Sabato 29 luglio 2023 Autogrill, in collaborazione con Prolife e Petpro e con il patrocinio dell’Ente Nazionale Protezione Animali (ENPA), offrirà ai viaggiatori in transito nell’area di sosta di Secchia Ovest, sulla A1 Milano-Bologna, la possibilità di ricevere consulenza e assistenza gratuita da un veterinario e da un educatore cinofilo, che saranno a disposizione per fornire tutte le informazioni necessarie per viaggiare consapevolmente e in totale sicurezza con i propri animali al seguito.
L’iniziativa di Autogrill per sensibilizzare contro l’abbandono degli animali
Il progetto ha l’obiettivo di creare un vero e proprio momento di sensibilizzazione contro l’abbandono degli amici a quattro zampe, in un periodo cruciale come quello estivo dove il tasso di abbandono degli animali raggiunge i livelli più alti. Nel corso della giornata, per incoraggiare anche la pratica dell’adozione, i viaggiatori potranno anche provare l’esperienza di realtà immersiva ideata da Petpro Nei panni di Fido. Attraverso gli oculus, sarà infatti possibile vivere il momento dell’adozione di un cane, sia dal punto di vista di chi adotta che dal punto di vista dell’animale.
Il gm Luca D’Alba: «Rispondiamo alle esigenze di tutti i viaggiatori»
«Da sempre al fianco dei viaggiatori, per noi è fondamentale rispondere alle esigenze anche di coloro che si spostano con il proprio animale domestico, offrendo servizi dedicati che rendano piacevole l’esperienza di sosta», ha commentato Luca D’Alba, general manager di Autogrill Italia. «Attraverso la collaborazione con Prolife e Petpro e il patrocinio dell’ENPA vogliamo contribuire alla sensibilizzazione dei viaggiatori sull’importanza di prestare la massima attenzione alle esigenze dei propri animali anche durante gli spostamenti e di essere adeguatamente informati sulle norme da seguire per viaggiare in totale sicurezza, disincentivando comportamenti scorretti». Gli ha fatto eco Marco Bravi, componente dell’Organo di Amministrazione Nazionale di ENPA: «Portare con sé gli animali in vacanza è la base del possesso responsabile. Un viaggio sereno deve tenere presente le esigenze di ogni componente della famiglia, di cui anche gli animali fanno parte. Per loro soste frequenti, acqua da bere e la raccomandazione di non lasciarli neanche per pochi minuti in macchina. Se poi c’è il Fido Park di Autogrill, la sosta diventa una festa. Vivere nei loro panni con l’esperienza offerta da Prolife è una grande occasione di consapevolezza di quanto gli animali arricchiscano la nostra esistenza e quanta attenzione dobbiamo dargli». I Fido Park, presenti in 43 punti autostradali, sono aree dedicate ai cani, esterne ai locali Autogrill, dotate di acqua corrente e gazebo con uno spazio d’ombra. I cani sono ben accetti anche all’interno dei punti vendita, muniti di guinzaglio secondo le disposizioni di legge.
Il consiglio di amministrazione di Intesa Sanpaolo ha approvato i risultati consolidati al 30 giugno 2023. L’istituto bancario ha battuto le attese degli analisti e chiuso il primo semestre dell’anno con un balzo dell’utile netto a 4,22 miliardi, in crescita dell’80 per cento rispetto ai 2,35 miliardi dello stesso periodo dell’anno scorso. L’utile del secondo trimestre sale a 2,27 miliardi, rispetto a 1,96 miliardi dello stesso periodo del 2022. Per l’intero anno, la banca prevede un significativo aumento del risultato della gestione operativa con una conseguente crescita dell’utile netto a ben oltre 7 miliardi di euro. Prevista anche una forte distribuzione di valore: payout ratio cash pari al 70 per cento dell’utile netto consolidato per ciascun anno del piano di impresa. Il cda ha previsto come acconto dividendi cash da distribuire a valere sui risultati del 2023 un ammontare non inferiore a 2,45 miliardi di euro. I risultati «solidi e positivi dei primi sei mesi dell’anno ci consentono di aumentare la previsione di un utile netto 2023 ben superiore a 7 miliardi di euro», ha affermato il ceo Carlo Messina. «Quest’anno», ha aggiunto, «potremo distribuire ai nostri azionisti 5,8 miliardi considerati: il dividendo di maggio, la seconda tranche del buy back e l’acconto dividendo di novembre».
La Federcalcio italiana e quella turca hanno inviato il 28 luglio una lettera alla Uefa in cui si candidano ad organizzare insieme l’Europeo del 2032. L’Italia e la Turchia a tutt’oggi sono le uniche due candidate, dunque a meno di sorprese si va verso l’assegnazione ai due Paesi della rassegna continentale. La decisione è maturata dopo un incontro, avvenuto a Roma nei giorni scorsi, tra il presidente della Figc Gabriele Gravina e il suo omologo Mehmet Büyükeksi. L’assegnazione di Uefa Euro 2032 è prevista il prossimo 10 ottobre durante la riunione del Comitato Esecutivo in programma a Nyon.
Una notizia quella della collaborazione tra i due Paesi che risulterà più utile alla Turchia che all’Italia. A seguito del violento terremoto di questo inverno, il Paese della mezza luna dovrà infatti intervenire per ripristinare le strutture sportive. Ecco allora che il booster economico rappresentato dall’organizzazione di una manifestazione come gli europei rappresenterebbe un beneficio importante. Discorso molto diverso per le piazze italiane, dove gli introiti riconducibili ai campionati di calcio continentali avrebbero garantito liquidità per ammodernare strutture in buone condizioni. Offrendo una sponda importante al sistema calcio italiano.
L’ex giocatore del Liverpool Jordan Henderson, per 12 anni nelle fila dei Reds, ha lasciato la Premier League per approdare in Arabia Saudita. Dalla stagione 2023-24 sarà un nuovo centrocampista dell’Al-Ettifaq, team che milita in Saudi Pro League e allenato da un altro ex di Anfield, Steven Gerrard. Il suo trasferimento alla corte degli sceicchi arabi aveva già destato polemiche, soprattutto nel Regno Unito, in quanto Henderson non ha mai nascosto il suo impegno in favore dei diritti Lgbt, tanto da scendere in campo sempre con una fascia da capitano color arcobaleno. Tuttavia, nel video di presentazione sui social, l’Al-Ettifaq ha pensato bene di oscurarla, facendo apparire il suo braccio in bianco e nero. In Arabia Saudita l’omosessualità infatti è illegale nonché punibile persino con la pena di morte.
Il tweet di Thomas Hitzlsperger su Henderson: «Lo credevo genuino, che stupido»
Immediata l’indignazione e il disappunto di numerosi calciatori, tra cui il 41enne ex Aston Villa, West Ham ed Everton Thomas Hitzlsperger: «Pensavo che il suo sostegno fosse genuino, ma sono stato uno stupido». Tra i primi a fare coming out nel calcio, dichiarò la sua omosessualità nel 2014 soltanto a fine carriera. «Sia chiaro, Henderson può giocare dove vuole», ha proseguito l’attuale direttore sportivo dello Stoccarda. «Sono curioso di sapere quale direzione prenderà il nuovo brand JH, il vecchio ormai è morto». Polemiche anche dal gruppo Lgbt della Kop, la tifoseria più calda del Liverpool, che ha parlato di «dolori e divisioni» dopo il trasferimento del calciatore in Arabia Saudita. «Si è distinto come calciatore modello e ha sempre promosso l’inclusione», hanno spiegato i supporter dei Reds. «Per questo siamo delusi da lui».
So Jordan Henderson finally gets his move to . Fair play to him, he can play wherever he wants to play. Curious to know though how the new brand JH will look like. The old one is dead! I did believe for a while that his support for the community would be genuine. Silly me…
Il 33enne Jordan Henderson ha accettato la corte dell’Al-Ettifaq soprattutto grazie alle esorbitanti cifre che ormai stanno diventando tradizionali nei contratti arabi. Il centrocampista guadagnerà infatti circa 815 mila euro a settimana, arrivando a poco meno di 40 milioni di euro a stagione. Nativo di Sunderland, con i Reds ha vinto due Coppe di Lega nel 2012 e nel 2022, una Premier League nel 2020 e una FA Cup nel 2022. A livello internazionale spicca la Champions League nel 2019, anno in cui seguirono anche la Supercoppa europea e il Mondiale per club. Con la Nazionale inglese ha invece conquistato il secondo posto a Euro 2021 e il quarto nella Coppa del Mondo di Russia 2018.
Giovanni Anastasi è il nuovo presidente di Formez PA. La notizia è stata pubblicata sul sito ufficiale dell’istituto. Il manager è stato scelto dal ministro per la Pubblica amministrazione, Paolo Zangrillo, per completare il rilancio, avviato lo scorso aprile con il commissariamento, dell’organismo in house alla presidenza del Consiglio dei Ministri (Pcm) – Dipartimento della Funzione Pubblica.
Giovanni Anastasi è il nuovo presidente di Formez PA. Il manager è stato scelto dal ministro per la Pubblica amministrazione, @Paolo_Zangrillo, per completare il rilancio dell’organismo in house alla Presidenza del Consiglio – @FunzPub.
Torinese, 57 anni, laureato in Scienze politiche, Anastasi proviene da Ita Airways, di cui negli ultimi due anni è stato Chief transformation officer. Esperto in digitalizzazione e gestione del cambiamento in ambito nazionale e internazionale, ha maturato competenze che vanno dai processi industriali ai servizi di back office, con esperienze di primo piano anche in Teksid aluminum, Iveco e Cnh industrial. È stato anche senior account di Accenture.
Rinnovato il Consiglio di amministrazione
Anche il Consiglio di amministrazione del Formez è stato rinnovato. Ne fanno parte il consigliere Carlo Deodato, segretario generale della Pcm, Marcello Fiori, Capo Dipartimento della funzione pubblica, Filippo Pietropaolo in rappresentanza delle Regioni, Piero Antonelli in rappresentanza dell’Upi e Marco Bronzini in rappresentanza dell’Anci. Il ministro Zangrillo ha nominato nel board Monica Cecchi, Alessandro Zavaglia e, su proposta del ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto, Ermenegilda Siniscalchi. L’Assemblea dei soci, infine, ha nominato nell’organismo Vincenzo Nunziata ed Enrico Bertone.
La dichiarazione di Zangrillo
Il ministro Zangrillo ha commentato la nomina di Anastasi: «Il Dl Pa, che lo scorso giugno il Parlamento ha convertito in legge, attribuisce al Formez nuove funzioni. Alla formazione e al reclutamento è stata infatti aggiunta l’assistenza tecnica alle amministrazioni, in particolare ai Comuni con meno di 5mila abitanti, nell’attuazione del Pnrr. Il Piano è una sfida che non possiamo perdere e gli enti attuatori devono disporre di ogni strumento utile a mettere a terra entro il 2026 i tanti progetti avviati. Ringrazio Marcello Fiori per avere guidato, da commissario straordinario, questa importante fase di transizione. Sono certo che l’esperienza e le capacità del presidente Anastasi permetteranno al Formez di compiere un ulteriore salto di qualità».
Quanti soldi servono per lavare le macchie dei diritti umani negati? Parecchi: basta guardare lo sforzo economico messo in atto dall’Arabia Saudita, diventata il buen retiro di Cristiano Ronaldo prima, di Karim Benzema poi e di Kylian Mbappé chissà. Come evidenziato da un’inchiesta del Guardian, Riad negli ultimi due anni e mezzo ha speso tramite il suo fondo sovrano Public Investment Fund ben 6,3 miliardi di dollari (5,7 miliardi di euro) in affari legati allo sport: più del quadruplo dell’importo dei sei anni precedenti. Una cifra abnorme – frutto di una stima tra l’altro al ribasso – pari al Pil del Montenegro o di Barbados.
Cristiano Ronaldo con la maglia dell’Al Nassr (Getty Images).
Il contratto da un miliardo che ha convinto CR7
Lo sportwashing è una strategia usata da Stati o governi che sfruttano lo sport per rendere moderna la propria immagine e, più in generale, far distogliere lo sguardo dalla pessima situazione dei diritti umani. Può avvenire tramite l’acquisto di società sportive, tesseramento di atleti, organizzazione di eventi o sponsorizzazione degli stessi. Il fondo Pif è lo strumento primario con cui Riad pianifica la trasformazione della propria economia: negli ultimi mesi, a forza di investimenti fuori scala sta rivoluzionando il mercato dei trasferimenri calcistici. La principale operazione di soft power è stato l’approdo di CR7 all’Al Nassr: il fuoriclasse portoghese è stato convinto dal miliardo di euro che si metterà in tasca da qui al 2030, prima come calciatore e poi come ambasciatore del calcio saudita. A distanza di qualche mese lo ha seguito l’ex compagno di squadra Benzema, Pallone d’oro in carica.
Solo Messi ha detto (in parte no) ai soldi sauditi
Non solo immensi campioni a fine corsa e ottimi giocatori in fase calante, come N’Golo Kanté e Roberto Firmino: hanno salutato l’Europa per finire nel deserto, coperti di soldi, anche calciatori nel pieno della carriera come Sergej Milinkovi?-Savi? e Ruben Neves, che avrebbero potuto ambire a tutt’altri palcoscenici. Ha risposto invece picche Lionel Messi, che ha detto no ai 400 milioni annui proposti dall’Al-Hilal per accasarsi negli Stati Uniti: sembrano spiccioli, ma la Pulce aveva comunque detto sì a 25 milioni di dollari per diventare testimonial del turismo in Arabia Saudita. Sempre per quanto riguarda il calio, il fondo Pif ha acquistato a fine 2021 il Newcastle sborsando 390 milioni di dollari e, sempre in ottica sportwashing, quest’anno si è aggiudicata l’organizzazione della Coppa del mondo per club Fifa. Riad punta ai Mondiali, è cosa nota: niente da fare per il 2030, ci riproverà per l’edizione 2034.
Arabia Saudita ha messo le mani sul golf
Se c’è uno sport che più di altri è stato cambiato dagli investimenti sauditi è il golf. Nell’ottobre del 2021, Pif ha investito circa 2 miliardi di dollari per creare il circuito professionistico LIV Golf, entrato in rotta di collisione con quello già esistente Pga Tour, il quale ha intrapreso un’azione legale sostenendo che il progetto finanziato dai sauditi stava attirando i giocatori a violare i loro impegni esistenti. Come è finita? Con un accordo di fusione tra i due circuiti, dopo mesi di battaglia in tribunale. La nuova entità ha come amministratore delegato Yasir al-Rumayyan: già governatore del Public Investment Fund, nonché presidente del Newcastle.
Un momento del match tra Jake Paul e Tommy (Getty Images).
Pugilato e motori: gli altri grossi investimenti di Riad
L’Arabia Saudita ha investito poi parecchio nel pugilato e negli sport motoristici. Il 26 febbraio 2023 lo YouTuber diventato boxeur Jake Paul ha combattuto contro Tommy Fury sul ring allestito nella Diriyah Arena di Riad: i due hanno incassato rispettivamente 3,2 e 2 milioni di dollari, più una quota delle entrate pay-per-view. Nel 2022 la monarchia saudita aveva invece pagato ben 60 milioni di dollari per ospitare il match tra i pesi massimi Oleksandr Usyk e Anthony Joshua. Nel 2021, invece, Pif ha investito 500 milioni di dollari nel gruppo McLaren. La cifra di 6,3 miliardi di dollari indicata dal Guardian, tuttavia, non include gli oltre 40 milioni di dollari che il gigante petrolifero statale Aramco spende ogni anno per sponsorizzare la Formula 1, o altri contratti firmati prima del 2021, come quello da 65 milioni di dollari per l’organizzazione di un Gran Premio in Arabia Saudita. Il totale esclude anche l’ampia spesa di Pif nel mondo degli e-sport, incluso un recente investimento di un miliardo di dollari nella società di videogiochi Embracer Group, così come eventi sportivi di cui non si conosce l’importo della sponsorizzazione, e l’accordo di partnership quadriennale tra il città pianificata di Neom (sulla costa del Mar Rosso) e la Confederazione calcistica asiatica.
Mohammed bin Salman (Getty Images).
Lo sportwashing funziona? Sembra di sì
Tramite queste operazioni di soft power, nel corso del tempo Riad sta provando a proiettare verso l’esterno un’immagine più democratica, aperta e attenta ai diritti umani rispetto alla realtà. La strategia sta funzionando? Dopo l’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi nel 2018, molte grandi società hanno ritirato o sospeso gli investimenti nel Paese. Ma ad esempio Joe Biden, che aveva detto di voler trattare i membri della monarchia saudita come paria, nel 2022 è andato a Riad, dove ha incontrato il principe ereditario e leader de facto, Mohammed bin Salman, «per rafforzare la partnership strategica».
Paola Minaccioni, nata a Roma il 25 settembre 1971, è un’attrice, comica e conduttrice radiofonica. Durante la sua carriera ha vinto un Globo d’Oro come migliore attrice per Magnifica presenza di Ferzan Özpetek (2012) e un Nastro d’Argento come miglior attrice per il film Allacciate le cinture di Ferzan Özpetek (2014).
Paola Minaccioni: biografia e carriera
Paola ha debuttato al cinema nel 1993 con il film Le donne non vogliono più, regia di Pino Quartullo, e durante gli Anni 90 si è divisa tra teatro e cabaret collaborando, tra gli altri, con Lillo e Greg. Ha fatto il suo esordio in televisione con la miniserie La forza dell’amore (1998). Nel 2o03 è tornata a recitare sul grande schermo con il film Cuore sacro diretto da Ferzan Ozpetek, che l’ha diretta anche nei film di successo Magnifica presenza e Allacciate le cinture. Di seguito è apparsa in ruoli minori nei film come Fascisti su Marte, regia di Corrado Guzzanti e Igor Skofic (2006), Notte prima degli esami – Oggi, di Fausto Brizzi (2007) e Cemento armato, per la regia di Marco Martani (2007).
Paola Minaccioni ad Alice Nella Città nel 2021 (Getty Images).
Dal 2007 al 2011 ha riscosso successo entrando nel cast della fiction Un medico in famiglia. Subito dopo la pellicola Mine vaganti di Ferzan Ozpetek, ha recitato anche in Faccio un salto all’Avana, regia di Dario Baldi (2011), Viva l’Italia, regia di Massimiliano Bruno (2012), Pazze di me, regia di Fausto Brizzi (2013), Benedetta follia, regia di Carlo Verdone (2018), Lockdown all’italiana, regia di Enrico Vanzina (2020) e il recente Un matrimonio mostruoso, regia di Volfango De Biasi (2023). In televisione ha preso parte a Notte prima degli esami ’82 (2011), Le fate ignoranti – La serie, regia di Ferzan Ozpetek (2022) e A muso duro – Campioni di vita, regia di Marco Pontecorvo (2022).
Paola Minaccioni: la vita privata
Essendo una persona molto riservata, non è noto se sia sposata o abbia figli. In un’intervista a Vanity Fair ha confessato: «Nella mia vita ho amato tanto, sono stata tradita, ho lasciato. La monogamia è difficile, portare avanti per tanto tempo un rapporto, anche sessuale, è faticoso. Il tradimento esiste, è dietro l’angolo. Se un uomo non ti apprezza hai due possibilità: o ti spegni, o reagisci e lo pianti. Ho scelto la seconda».
La «lotta» è finita. Ora Sinéad O’Connor si trova «senza peso nel buio stellato». E ha «per la prima volta capelli lunghissimi, meravigliosi». È così che il regista Luca Guadagnino e il produttore cinematografico Carlo Antonelli guardano dalla terra il volo della cantante, scomparsa lo scorso mercoledì 26 luglio. E questo loro modo di osservare lo regalano a tutti, perché lo fanno, nero su bianco, tra le pagine dei necrologi dei giornale. Venerdì 28 luglio sul Corriere della seraGuadagnino e Antonelli continuano la «saga» dei pensieri rivolti a noti defunti scomparsi, come già avevano fatto con Silvio Berlusconi, Raffaella Carrà e la Regina Elisabetta.
L’immediato precedente è il necrologio per Berlusconi, scritto sempre dal regista di Bones and All e dal produttore cinematografico con un passato in Fininvest. In questo caso gli scrittori hanno deciso di dividere il testo in due parti. Il necrologio al Cav recita: «Abbiamo passeggiato tutto il pomeriggio per Milano 2, ripensandoti. Le villette color marrone, i ponticelli, la vecchia sede di molti uffici tuoi, il lago dei cigni che ogni tanto gettavano per te l’ultimo canto – Poi, ai margini, i bagliori dei ceri dietro le finestre di case regalate – E dappertutto, nelle strade vuote, l’eco delle tue risate – Quante risate, troppe».
Necrologio di Guadagnino e Antonelli per Silvio Berlusconi
Come in una serie tv, dove tutti attendono con ansia la prossima puntata, anche Guadagnino e Antonelli hanno pensato di creare suspance. Così, la seconda tranche del messaggio per il quattro volte presidente del Consiglio è uscita nel giorno dei funerali. E fa così: «Il giorno dopo ti abbiamo celebrato di nuovo facendo tanti giochi, i tuoi preferiti: il monopoli truccato senza imprevisti o probabilità; lo scarabeo per scrivere paroline eleganti; il karaoke tutte imbellettate come te per far passare ogni pensiero; la seduta spiritica per svegliare il demone nella pancia del Paese. Abbiamo urlato tutta la notte».
Necrologio di Guadagnino e Antonelli per Sinéad O’Connor
I pensieri a Juan-Luc Godard, alla regina Elisabetta e a Raffaella Carrà
I necrologi di Guadagnino e Antonelli erano già comparsi in occasione della morte di altre personalità, dal regista Jean-Luc Godard, al musicista Ryuichi Sakamoto alla regina Elisabetta.
«Rosa, celeste, verde pallido, viola, rosso acceso, rosso scuro, blu profondo, blu cobalto, verde pisello, giallo…Tutti i colori del mondo, il mondo che cercava comunque di dominare e che era ancora Impero per Sua Maestà Regina Elisabetta II. Rest in peace, now», queste le parole apparse in ricordo della sovrana sul Corriere della Sera l’8 settembre scorso. Indimenticabile anche l’omaggio a Raffaella Carrà: «Questa volta non serve unirsi alla commozione e alla gratitudine che stanno travolgendo il mondo per la partenza verso universi paillettati (e dove il collo non si spezza per il colpo di frusta all’indietro) che hanno accolto la compagna umanista Raffaella Carrà con trionfi discotropicali adatti al suo indefesso impegno terzomondista ma semplicemente tramandare a voi ciò che lei stessa ci insegnò, con sapienza campesina, afferrandoci il braccio nel retropalco di un festival di Sanremo di vent’anni fa: le corna non si fanno verso l’alto, mai, ma verso il basso, per scaricare a terra la sfortuna. Grazie per questa lezione centrale che mai scorderemo, nei giorni di lotta».
Il questore di Brescia ha firmato 75 Daspo della durata da tre a dieci anni nei confronti di altrettanti ultras del Brescia calcio che, lo scorso primo giugno, sono stati protagonisti degli scontri dentro e fuori lo stadio Rigamonti. I disordini sono avvenuti in occasione della finale play out tra Brescia e Cosenza persa dai lombardi che sono retrocessi in serie C.
Scontri tifosi (Getty Images).
Video decisivi per la ricostruzione
I 75 Daspo, firmati sulla base della ricostruzione dei video, arrivano dopo i quattro arresti differiti avvenuti alcune ore dopo la partita. Una parte di ultras aveva fatto invasione di campo con lancio di fumogeni mentre altri erano usciti dallo stadio per cercare lo scontro i tifosi del Cosenza.