Monthly Archives: Luglio 2023

Mai fidarsi di mia figlia stasera su Rai 2: trama, cast e curiosità

Stasera 29 luglio 2023 andrà in onda il film intitolato Mai fidarsi di mia figlia, alle ore 21.20 su Rai 2. Il regista di questo lungometraggio thriller è Ian Niles mentre la sceneggiatura è stata scritta da Chanon Finley e Charlie Phoenix. Nel cast ci sono Claire Coffee, Matt Dallas, Jordan Lane Price e Liam Obergfoll.

Mai fidarsi di mia figlia è il film che andrà in onda stasera su Rai 2, ecco trama, cast e curiosità della pellicola.
Locandina del film (Facebook).

Mai fidarsi di mia figlia, trama e cast del film in onda stasera 29 luglio 2023 su Rai 2

La trama del film racconta la storia di Greg (Matt Dallas) e Katie (Claire Coffee), coppia che conduce una vita idilliaca e passa le proprie giornate in modo spensierato e felice. I due abitano in una bellissima casa in un tranquillo quartiere di periferia e hanno due figli adolescenti, Tommy (Liam Obergfoll) e Lauren (Lauren DiMario). Greg ha anche un’altra figlia, avuta da una relazione precedente finita male, la giovane Samantha (Jordan Lane Price). Quando Greg, chirurgo di successo, viene a sapere della morte della sua compagna precedente, decide di accogliere Samantha in casa sua, così da fornirgli un rifugio sicuro e stabilire un rapporto con lei.

Inizialmente l’integrazione della giovane con la nuova famiglia di Greg sembra andare a gonfie vele, tutto scorre in modo tranquillo e armonioso. Tuttavia, con il passare del tempo, Katie inizia a notare dei comportamenti strani da parte di Samantha. Dal momento che Katie è una psichiatra, decide di indagare su Samantha e vuole scoprire quali siano le sue vere intenzioni. Non passerà molto tempo che la giovane rivelerà i suoi desideri, ovvero vendicarsi contro la famiglia del padre. Samantha, infatti, non vuole riconciliarsi con gli altri ma li vuole distruggere, togliendo loro ogni cosa.

Mai fidarsi di mia figlia, 4 curiosità sul film 

Mai fidarsi di mia figlia, la location delle riprese

Gran parte delle riprese del film sono state realizzate in diverse località dello stato di New York.

Mai fidarsi di mia figlia, l’esordio per un’attrice del cast

Mai fidarsi di mia figlia rappresenta l’esordio cinematografico per l’attrice di origini italiane Lauren DiMario. Dopo aver partecipato a questo progetto, l’attrice ha preso parte anche al film del 2021 I molti santi del New Jersey, prequel della serie I Soprano diretto dal regista Alan Taylor.

Mai fidarsi di mia figlia è il film che andrà in onda stasera su Rai 2, ecco trama, cast e curiosità della pellicola.
L’attrice Lauren DiMario (Twitter).

Mai fidarsi di mia figlia, un buco verso la fine del film 

Verso la fine del film c’è il confronto finale tra Samantha, Katie e gli altri membri della famiglia. In una scena clou, Samantha viene colpita alla testa con un vaso ma non è chiaro chi abbia compiuto quest’azione. In effetti, la scena non è molto chiara e gli spettatori hanno ipotizzato che sia stata Katie a colpire la ragazza, ma ciò rimane un mistero e un buco di trama.

Mai fidarsi di mia figlia, la pellicola fa parte di un ciclo della LMN

La pellicola Mai fidarsi di mia figlia è stata distribuita da Lifetime Movie Network, rete televisiva via cavo spesso conosciuta come LMN. In effetti, questo film è stato realizzato come parte di un ciclo di pellicole thriller per l’emittente chiamato Hateful & Grateful.

Io, loro e Lara stasera su Rete 4: trama, cast e curiosità

Stasera 29 luglio 2023 andrà in onda sul canale Rete 4 alle ore 21.25 il film Io, loro e Lara. Si tratta di una commedia diretta da Carlo Verdone che ha scritto anche la sceneggiatura in collaborazione con Pasquale Plastino e Francesca Marciano. Nel cast c’è lo stesso Carlo Verdone con Laura Chiatti, Anna Bonaiuto, Sergio Fiorentini e Angela Finocchiaro.

Io, loro e Lara, è il film che andrà in onda questa sera su Rete 4, ecco tutte le informazioni come trama, cast e curiosità.
Carlo Verdone in una scena del film (Twitter).

Io, loro e Lara, trama e cast del film in onda stasera 29 luglio 2023 su Rete 4

La trama racconta la storia di Carlo Mascolo (Carlo Verdone), un prete impegnato in una missione in Africa. Dopo essersi dedicato a fondo in questa missione, Carlo ha una profonda crisi spirituale e decide di tornare a Roma dalla sua famiglia per potersi rilassare e fare chiarezza sulla sua vita. Tuttavia, quando arriva nella Capitale trova la sua famiglia piena di problemi: il padre anziano Alberto (Sergio Fiorentini) ha perso la testa per la sua badante moldava Olga (Olga Balan) e ha deciso di sposarla. I fratelli di Carlo, Luigi (Marco Giallini) e Beatrice (Anna Bonaiuto), non approvano quest’unione anche perché temono di perdere la loro parte d’eredità.

Improvvisamente, la badante perde la vita. Tutto sembra ristabilirsi ma nella vita di Don Carlo arriva Lara (Laura Chiatti), la figlia della defunta. Alberto decide di far stabilire la ragazza in casa perché sconsolato dalla perdita della sua partner. Inizialmente, Lara e Carlo stringono amicizia e si avvicinano sempre di più, ma il loro rapporto si incrina quando il prete scopre che la ragazza conduce un’ambigua doppia vita. Questa scoperta darà il via a una lunga serie di equivoci e situazioni imbarazzanti che serviranno al Don per comprendere la strada che deve seguire.

Io, loro e Lara, 5 curiosità sul film

Io, loro e Lara, Carlo Verdone ha dedicato il film al padre

Carlo Verdone, regista, sceneggiatore e attore del film, ha voluto dedicare questo suo lavoro al padre Mario, morto durante la realizzazione della pellicola.

Io, loro e Lara, i premi e le nomination per il lungometraggio

I critici hanno molto apprezzato questo film di Verdone. Non a caso, Io, loro e Lara ha ricevuto due nomination ai David di Donatello 2010: una per il Miglior attore non protagonista a Marco Giallini e l’altra per il Premio David Giovani a Carlo Verdone. Inoltre, il film ha vinto un Nastro d’argento nella categoria Miglior soggetto ed è stato nominato come Miglior commedia, perdendo contro Mine vaganti di Ferzan Ozpetek.

Io, loro e Lara, gli incassi della pellicola

Il film ha avuto un ottimo risultato al botteghino. In totale ha ottenuto circa 16 milioni di euro ed è diventato il nono film più visto al cinema in Italia nel 2010.

Io, loro e Lara, per la prima volta Verdone interpreta un prete

È la prima volta che Carlo Verdone interpreta un prete in uno dei suoi film. Lui stesso ha voluto commentare questo ruolo particolare e, come riportato anche dal sito Popcorntv.it, le sue parole a riguardo sono state: «A ben vedere è davvero la prima volta che interpreto un sacerdote. L’ho sentito molto vicino: non è un caso se ho voluto lasciargli il nome di Carlo».

Io, loro e Lara, è il film che andrà in onda questa sera su Rete 4, ecco tutte le informazioni come trama, cast e curiosità.
Il regista Carlo Verdone oggi (Getty Images).

Io, loro e Lara, le location del film

Il film è stato girato tra l’Italia e l’Africa. In particolar modo, alcune delle location in Italia sono le Terme di Caracalla a Roma, i Cinecittà Studios di Roma, Piazza Mazzini, Piazza San Pietro e il Colosseo.

Non è un paese per giovani stasera su Rai Movie: trama, cast e curiosità

Stasera 29 luglio 2023 andrà in onda il film intitolato Non è un paese per giovani alle ore 21.10 su Rai Movie. Il regista di questa commedia è Giovanni Veronesi, che ha curato anche la sceneggiatura in collaborazione con Ilaria Macchia. Nel cast ci sono attori come Sergio Rubini, Filippo Scicchitano, Giovanni Anzaldo e Sara Serraiocco.

Non è un paese per giovani stasera 29 luglio 2023 su Rai Movie, ecco trama, cast e curiosità della pellicola.
Una scena con i tre protagonisti del film (Twitter).

Non è un paese per giovani, trama e cast del film in onda stasera 29 luglio 2023 su Rai Movie

La trama racconta la storia di Sandro (Filippo Scicchitano) e Luciano (Giovanni Anzaldo), due giovani che si conoscono mentre lavorano, come camerieri, per lo stesso ristorante di Roma. Entrambi hanno dei sogni e vorrebbero raggiungere i loro obiettivi: Sandro vorrebbe segretamente diventare uno scrittore di successo mentre Luciano vorrebbe aprire un ristorante con connessione wi-fi a Cuba, sfruttando il fatto che sull’isola caraibica le connessioni sono rare e preziose. Dopo aver accumulato un tesoretto economico, i due decidono di lasciare l’Italia e partire per Cuba, vista come una frontiera che permetterà di coronare i loro sogni.

In effetti, una svolta per i due avviene subito, visto che dopo essere atterrati conoscono Nora (Sara Serraiocco), una giovane italiana che è travolgente, bella, un po’ matta e anche un po’ malinconica. Insieme a Nora, i due giovani scopriranno l’isola e si renderanno conto che Cuba non è poi quella che speravano ma impareranno ad apprezzare la vita e le opportunità che offre.

Non è un paese per giovani, 5 curiosità sul film 

Non è un paese per giovani, le nomination per il film

Il film ha ricevuto ben tre nomination ai Nastri d’argento 2017 nelle categorie Miglior attrice protagonista a Sara Serraiocco, Miglior colonna sonora a Giuliano Sangiorgi e Cinquina speciale 2017 – Miglior film sui giovani. Tuttavia, non è riuscito a conquistarne nessuno.

Non è un paese per giovani, la colonna sonora della pellicola

La colonna sonora della pellicola è stata realizzata da Giuliano Sangiorgi dei Negramaro. Grazie alla canzone, intitolata Lo sai da qui, il cantante è riuscito a vincere un Ciak d’oro nel 2017 per la Miglior canzone originale.

Non è un paese per giovani stasera 29 luglio 2023 su Rai Movie, ecco trama, cast e curiosità della pellicola.
Il cantante Giuliano Sangiorgi dei Negramaro (Getty Images)

Non è un paese per giovani, i filmati all’inizio e alla fine della commedia

All’inizio e alla fine del lungometraggio il regista ha inserito dei filmati di reali testimonianze di italiani all’estero. Una scelta per voler ricordare al pubblico che la trama della pellicola è ispirata alle esperienze reali di centinaia di connazionali che ogni anno si recano all’estero per cercare fortuna.

Non è un paese per giovani, il regista si è ispirato a un suo programma in radio

Giovanni Veronesi, regista dell’opera, ha realizzato questo film nominandolo come il programma radiofonico che per tre anni ha condotto su Radio 2. All’interno della trasmissione radiofonica Non è un paese per giovani, Veronesi ascoltava le richieste degli italiani all’estero e permetteva loro di esprimersi in merito alla vita lontano dal loro paese.

Non è un paese per giovani, i tempi e le location delle riprese

Le riprese del film sono durate sei settimane. La pellicola è stata girata tra Roma, Cuba e Cayo Largo.

Confindustria: «L’Italia rallenta, secondo trimestre quasi fermo»

La dinamica del Pil italiano nel secondo trimestre «è stimata molto debole, quasi ferma» e le attese per il terzo trimestre «sono poco più positive»: flettono l’industria e le costruzioni mentre prosegue la crescita moderata dei servizi, trainati dal turismo. La crescita è «frenata dai tassi alti» e anche «il traino estero all’export di beni si è arrestato». Del resto la Germania «è in recessione» anche se secondo gli esperti durerà poco. È questo il quadro di sintesi tracciato dal Centro studi di Confindustria (Csc) nel report Congiuntura flash che arriva alla vigilia dei nuovi dati dell’Istat sul Pil italiano attesi lunedì 31 luglio 2023.

In Molise il primo santuario dedicato alle vittime del lavoro

Martedì 28 luglio 2015 tre operai erano impegnati nella ristrutturazione della chiesa di S. Maria di Costantinopoli a Pietracatella (Campobasso), lesionata dal terremoto del 31 ottobre 2002. Verso le 13, l’improvviso crollo della volta che trascinò a terra, da un’altezza di 10 metri, i tre uomini, tutti di Riccia (Campobasso). Uno morì, due rimasero feriti in gravemente. Da domenica 30 luglio 2023 la chiesa sarà elevata a Santuario diocesano per le vittime del lavoro, il primo in Italia. La cerimonia, alle 11.30, verrà officiata dall’arcivescovo di Campobasso-Bojano monsignor Giancarlo Bregantini, preceduta alle 9 dalla deposizione di fiori in ricordo delle vittime della miniera di Monongah (Usa) dove, il 6 dicembre 1907, a seguito di un’esplosione, persero la vita anche 87 operai partiti dal Molise.

Il sindaco Tommasone: «Sarà un luogo di incontro e riflessione»

«Questa scelta», ha spiegato il parroco, don Stefano Fracassi, a Tv 2000, «è nata dalla preghiera spontanea della comunità. Insieme al priore Luigi Tomassone abbiamo “bussato” alla porta del cuore del nostro vescovo chiedendo un riconoscimento ufficiale a questa spontaneità della gente». Gli ha fatto eco il sindaco di Pietracatella Antonio Tomassone: «Il nostro comune accoglie e custodirà questo luogo. Nel 2023 non è possibile avere ancora vittime sul lavoro. Sarà un luogo di incontro e riflessione affinché tragedie del genere non avvengano più».

I promotori dell’iniziativa: «Occorre educare alla coscienza del lavoro»

«La vita più di ogni altra cosa e prima di ogni altra cosa, vale più la vita o il profitto?». Con questo interrogativo Bregantini ha motivato la decisione di dedicare la chiesa alla vittime sul lavoro. »In questa circostanza», ha aggiunto, «sarà eletta una Bolla specifica». «La gente ha sete di speranza», hanno spiegato i promotori dell’iniziativa. «Educare alla speranza anche nei luoghi di lavoro è fondamentale. Il lavoro costruisce la società». Dalle parole di Papa Francesco «comprendiamo come il lavoro rappresenti un’esperienza primaria di cittadinanza, in cui trovano forma intere comunità, frutto dell’impegno e dei talenti di ciascuno. Tra i compiti della nostra società, e in particolar modo del sindacato, c’è educare alla coscienza del lavoro, forte di una solidarietà tra i lavoratori stessi».

Giambruno: «La foresta nera? Era una battuta. Con Giorgia non ne ho parlato»

Andrea Giambruno torna sulla frase pronunciata durante la sua trasmissione, Diario del giorno, nei confronti del ministro tedesco Karl Lauterbach, reo di aver espresso timori sulla fine del turismo nel nostro Paese a causa delle alte temperature conseguenza di «un cambiamento climatico che sta distruggendo l’Europa meridionale». Il giornalista e compagno della premier, con tono evidentemente scocciato e spazientito, l’aveva invitato a rimanere in Germania: «Sono 20-30 anni che in qualche modo i tedeschi ci devono spiegare come dobbiamo vivere noi. E se non ti sta bene te ne stai a casa tua eh». Aprendo quello che è già stato definito come “il caso Giambruno”, iniziato pochi giorni prima definendo il caldo torrido registrato al Sud «non una grande notizia», cosa che aveva fatto irritare più di un volto del Biscione.

Giambruno chiarisce: «Nessun risentimento dal ministro tedesco»

Intervistato dal Corriere della Sera, il conduttore ha così dichiarato: «È da stamattina che sorrido. Escludo che un ministro tedesco si possa risentire della battuta di un giornalista italiano». A chi gli ha fatto notare che, oltre ad essere un cronista, è anche il compagno della presidente del Consiglio ha risposto: «L’articolo 21 della Costituzione ancora mi autorizza a fare una battuta. O dobbiamo cambiare la Costituzione apposta per me?». Ha quindi chiarito cosa intendeva dire affermando che da decenni i tedeschi cercano di spiegarci come vivere: «Mi riferivo alla caduta del governo Berlusconi, nel 2011. Tutti sappiamo come è andata: lui voleva fare debito per i cittadini, i nostri titoli di Stato furono venduti nella notte, lo spread salì in modo spropositato e il governo cadde. Questo perché Berlusconi non riteneva gli italiani secondi a nessuno e credo che questo dovrebbe essere l’atteggiamento di tutti i nostri governi». Aggiungendo, a proposito di Lauterbach:«Lui ha detto che il turismo in Italia è destinato a fallire per via del clima, una cosa neanche supportata dai dati. Mi sembra pure da menagramo».

«Nessuno può dire che nego il cambiamento climatico»

Giambruno ha infine voluto difendersi dall’accusa di essere un negazionista del cambiamento climatico: «Ho fatto decine di puntate sull’argomento e sui relativi fondi del Pnrr, invitando anche gli ambientalisti più esasperati. Nessuno può dire che ho negato il cambiamento climatico». E sulla reazione della sua compagna alle sue uscite: «Non ne abbiamo parlato. Ma le pare normale che la sua visita alla Casa Bianca è un successo e che, accanto, sui quotidiani, si parli del “caso Giambruno”? Sviare l’attenzione su di me mi sembra un modo per non ammettere che questo governo le sta azzeccando tutte».

Il mio viaggio in treno verso Malpensa con i lanzichenecchi: il racconto della settimana

La vigilia di Natale sono entrato nella libreria del mio quartiere per cercare una guida di Tangeri da regalare ad Ofelia per un viaggio in Marocco che avevamo in programma e che in realtà non abbiamo mai fatto. Mi ero lasciato conquistare dall’idea di rifugiarmi qualche giorno tra la casbah e la Medina marocchina suggestionato dalla letteratura che in quel periodo mi era capitata tra le mani. Ero rimasto stregato dalle suggestioni che quella città internazionale che profumava di kif e marijuana, di spie, di bar tenuti da espatriati molto simili all’Humphrey Bogart di Casablanca mi regalava. Mi vedevo già con il mio completo di lino beige coloniale e il mio panama Montecristo da 2K avvinghiato al mio triplo gin tonic, come Ian Fleming mentre scriveva il suo ennesimo James Bond, seduto ai tavolini dell’Hotel Minzah. «Quest’anno, non si va a Cap Ferrat», sentenziò  una volta la scrittrice americana Gertrude Stein fissando negli occhi il giovane e biondo Paul Bowles, «si va a Tangeri!». Anche se poi in realtà con Ofelia siamo andati due volte a Cap Ferrat e nessuna a Tangeri. D’altronde né io né lei abbiamo mai conosciuto Gertrude Stein. Tuttavia quel pomeriggio della vigilia di Natale, girovagando per gli scaffali della libreria del mio quartiere, rimasi rapito dalla copertina di un’altro libro: la monumentale biografia, scritta da Blake Bailey, di Philip Roth, sopra la quale troneggiava una fantastica foto in bianco e nero dello scrittore americano, adagiato mollemente, in una posa pensosa davanti ad una finestra. Così lo presi in mano, iniziai a sfogliarlo, a soppesarlo e a prendere confidenza con quella carta ruvida e profumatissima di oltre mille pagine. L’equivalente cartaceo di un maglione di cachemire. «Fanculo a Tangeri», mi dissi, e senza pensarci troppo lo tirai su. Anche se di Philip Roth non avevo mai letto niente in vita mia. Tre giorni più tardi ero già alla Rizzoli in Galleria Vittorio Emanuele a comperare Lamento di Portnoy e Pastorale americana, due tra i più acclamati capolavori di Roth, con l’aggiunta di un libro di racconti di Woody Allen, solo perché avevo letto da qualche parte che i due si erano sempre detestati e l’idea di metterli insieme nella stessa busta e portarli a casa, così per fare a entrambi un dispetto, mi divertiva parecchio.

Raramente si è folgorati dai libri, specialmente per noialtri che con i libri ci lavoriamo, ma mi ricordo che Portnoy riuscì nell’impresa di mandarmi letteralmente fuori di testa come ai tempi accadde con Il giovane Holden, Arancia Meccanica, Bastogne o American Psycho. Il romanzo è un lungo monologo di Alexander Portnoy, l’ebreo americano protagonista del titolo, rivolto al suo psicoanalista. Un po’ come Woody Allen, (sempre lui), in Annie Hall tracciava, durante il racconto della sua storia con Annie, un perfetto percorso psicologico, così Roth faceva con Portnoy, riportando per filo e per segno il suo torrenziale vaniloquio. La cosa mi fece immedesimare a tal punto che mentre il tipo parlava delle peggiori nefandezze, del tormentato rapporto con la madre e di tutte le sue nevrosi ebraico-newyorkesi,  vedevo dall’altra parte ad ascoltarlo la faccia del mio psycho (90 euro a seduta). Natalia Ginzburg in una sua recensione su La Stampa del 22 marzo 1970 scrisse: «L’analista non ha voce, e non ha consistenza né dimensione. Potrebbe tacere sempre – come tace – ed essere però una presenza. Potrebbe avere una sua oscura e misteriosa realtà. Non ne ha nessuna. È una sedia vuota. Certo l’autore non aveva in testa, per questo analista, nessun volto umano. Se avesse un volto, lo sentiremmo respirare nell’ombra. Invece no. In quel vuoto, si avverte invece l’autore con una sua volontà cartacea, la volontà di metter là un analista perché la confessione di Portnoy sembri più vera». Io pensavo esattamente il contrario.

Quel pomeriggio di luglio cambiai lo sguardo su mio padre che, per la prima volta, vidi davanti a me per quello che era: non più un supereroe ma un semplice essere umano di 84 anni. Fino a allora mi aveva generato, criticato, distrutto. Quel giorno usciti dallo studio del mio psicologo decisi che non glielo avrei mai più permesso

La prima volta che entrai nello studio del mio strizza lui riceveva ancora al piano terra di un caseggiato in una piccola via dietro Porta Venezia. Doveva essere il 2008, credo. Mia zia era morta da un paio d’anni, mio padre viveva all’estero ormai da un’eternità, con Allegra andava sempre più di merda e la mansarda dove abitavo in via Tiepolo “puzzava stabilmente di marijuana e freebase”. Ricordo che come prima cosa mi diede una matita in mano e mi fece fare un cerchio su un foglio con un piccolo puntino al centro, chiedendomi di inserire all’interno della circonferenza le persone che più erano importanti per me. Io diligentemente presi la matita e, senza pensarci troppo, prima inserii i nomi di tutti i miei amici e poi, sparsi qui e là, dentro e fuori dal cerchio, quelli di qualche ragazza. Ricordo che rimase sbalordito quando si rese conto che nell’elenco non era stato messo nessuno dei miei famigliari. In definitiva, consigliato da DFA, avevo deciso di rivolgermi a lui non tanto per analizzare la mia disastrosa condizione esistenziale ma per un motivo più pratico: da circa un paio di settimane ero vittima di violenti e continui attacchi di panico e mi arresi rapidamente al fatto che per risolvere la questione avevo bisogno di aiuto. Sorprendentemente l’apporto dello strizza fu quasi miracoloso e in breve tempo gli attacchi di panico così come erano arrivati se ne andarono. Se mi guardo indietro considero il 2008 per una serie di motivi una sorta di spartiacque, come fosse l’inizio della mia svolta personale che probabilmente senza il mio strizza non sarebbe mai avvenuta.

Arrivavo da anni di devastazione rigorosa e sistematica, fisica e mentale. Orari folli, alimentazione sballata, inconcludenza totale. E così, durante quell’anno terribile, ci furono l’inevitabile programma di disintossicazione, le infinite seconde possibilità, le continue ricadute, le scivolate nell’abisso dell’orrore, il panico e, infine, l’esplosione. Dopo un anno di sedute però sentivo di stare un po’ meglio e probabilmente fu per questo che risalii immediatamente la china. Se dovessi segnare due punti cardinali del periodo della terapia sicuramente sceglierei come primo la risoluzione del problema degli attacchi di panico e, immediatamente dopo, l’incontro che avvenne un pomeriggio di luglio del 2009, nel quale mio padre spiegò la finanza degli Anni 80 al mio psicologo. Papà si trovava casualmente in città non ricordo bene per quale motivo e sorprendentemente accettò di presentarsi all’appuntamento con me e il mio strizza. «Se è importante per te vengo volentieri», mi rispose al telefono un paio di giorni prima e nonostante il caldo soffocante si presentò davanti allo studio nella piccola via dietro Porta Venezia, vestito di tutto punto, con tanto di completo estivo blu di Brooks Brothers e cravatta a pois di Marinella, e oltretutto in perfetto orario. Per tutta la sua vita mio padre aveva quasi sempre lavorato in apnea, senza mai venire in superficie. In tutta la sua carriera non ha mai rilasciato un’intervista completa, di peso. Non una parola ai giornalisti sui suoi affari, sulle sue passioni, sui suoi programmi. Non fosse stato per le inchieste collegate alla Montedison e a Raul Gardini, il suo nome sarebbe rimasto nell’ombra. Un po’ finanziere e un po’ brasseur d’affaires, molto bocconiano e di buona famiglia, raccontò tutta la sua vita al mio strizza quel pomeriggio di luglio del 2009 partendo dal giorno in cui finiti gli studi in via Sarfatti decise di mettersi a vendere film. «Non avrei mai pensato di mettermi a lavorare con la finanza», disse a un certo punto. Parlò poco di noi, ma si soffermò parecchio sul giorno in cui fu costretto a chiudere il suo ufficio, l’attico giungla pieno zeppo di ficus Benjamin, 650 metri quadrati affacciati su Piazza San Babila, e di opere che aveva collezionato negli anni e che andarono all’asta. «Le valutarono 4 miliardi e mezzo. La passione di una vita», disse, «quasi tutta messa insieme nella seconda metà degli Anni 80». Non una parola sulle case intestate a mio fratello che costrinse con l’inganno a farsi cedere per poi vendere. Non un accenno al fondo fiduciario lasciato a me da mia madre che gestì con la complicità delle banche e che svuotò completamente. La sua difesa, agguerrita e convinta, si basò completamente sulla tesi che «per fare affari bisognava stare a certe regole e giocare in serie A non era come partecipare a un pranzo di gala». Per quanto la seduta non toccò mai per tutto il tempo l’argomento del rapporto tra padre e figlio risultò per me sorprendentemente risolutiva, perché quel pomeriggio di luglio cambiai lo sguardo su mio padre che, per la prima volta, vidi davanti a me per quello che era: non più un supereroe ma un semplice essere umano di 84 anni. Fino ad allora mio padre mi aveva generato, criticato, distrutto. Quel giorno usciti dallo studio del mio psicologo decisi che non glielo avrei mai più permesso.

Il mio viaggio in treno verso Malpensa con i lanzichenecchi: il racconto della settimana
Il doc girato all’Elba.

Non tornai nello studio del mio psicologo, che nel frattempo si era trasferito nella più centrale via del Torchio, per circa nove anni. Fino al giugno del 2018. Ricordo che in quel periodo stavano girando un documentario su di noi e sulla nostra idea di radio itinerante. La troupe ci aveva seguito fino all’Isola d’Elba dove avevamo progettato una serie di trasmissioni in barca a vela. I pirati, ci chiamavano. Eravamo deejay ma anche giornalisti d’assalto, io avevo 38 anni e Alb 35 e in cuor nostro, finalmente, credevamo di avercela fatta davvero. Per me era come vivere una seconda giovinezza e la naturale evoluzione di quando a 24 anni divenni famoso come “il vocalist dell’anno”, cosa che comportò articoli sui giornali, interviste in programmi televisivi in seconda serata e la trasformazione del mio personaggio, fatto tutto di apparenze, punk e ribellione, in una storia sexy da raccontare agli amici o a qualche cena con i propri familiari. Nel 2004 tornato da un’estate trascorsa a Tenerife al Royal Country Club per un breve periodo mi fidanzai con quattro ragazze contemporaneamente e tutte le porte in città mi si spalancavano davanti. Con Allegra ci mettemmo praticamente insieme durante quella vacanza alle Canarie e una volta tornati in città diventammo la coppia più chiacchierata del momento. Tipo Pete Doherty & Kate Moss. Ma con più droga. C’erano sempre altre ragazze e soprattutto altri ragazzi. Allegra diceva che la sua attrazione per “i cattivi soggetti” era come una droga e che la mia “imprendibilità” la eccitava. Poi le luci della ribalta si spensero e seguirono due aborti, un overdose e gli attacchi di panico di cui sopra. Poi passarono gli anni, arrivò Ofelia e grazie a lei mi gettai a capofitto nella nuova vita che mi veniva offerta. Ripartii da zero e mi illusi che in quella estate del 2018, all’Isola d’Elba, le luci della ribalta che volevo assolutamente riottenere si fossero riaccese per sempre. Evidentemente mi sbagliavo, ancora una volta. Ero diventato una persona molto diversa da quella che ero stata in precedenza. Consapevole, matura, affidabile. Avevo lavorato sodo per ottenere quel poco che avevo e non avevo nessuna intenzione di rinunciarci. In realtà anche quella volta ero semplicemente perso nei sogni su me stesso e nonostante tutto la realtà mi era sfuggita di mano.

Il mio viaggio in treno verso Malpensa con i lanzichenecchi: il racconto della settimana
In Grecia.

Fortunatamente c’era Ofelia e c’era il lavoro al bar a tenermi ancorato a terra. Ma non bastavano. La mia vita attuale nonostante tutto mi opprimeva. Fu per questo che decisi di tornare dal mio strizza, o forse anche solo per dimostrargli quanta strada avevo fatto nei nove anni in cui non ci eravamo visti. Dopo un paio di sedute partii per la Grecia e passai le vacanze bevendo bloody mary nella super-villa da 10 mila euro al mese che la famiglia di Ofelia aveva affittato a Sèrifos. Leggevo romanzi di autori americani o giapponesi, continuamente, per tutto il giorno steso al sole ed ero “totalmente fuori di testa” & “troppo concentrato su me stesso”. Perciò poteva essere semicomprensibile che Ofelia mi  lasciasse e che dopo avermi definito uno «stronzo egoista» filasse via sulla Porsche presa a nolo da sua sorella Cleopatra. E invece no. Paradossalmente quella fu l’estate in cui ci ritrovammo e ci legammo l’uno all’altra ancora di più. «Dio è greco!», urlavo in mezzo alla strada a pochi metri dalla spiaggia che avevamo sotto casa e il giorno in cui finirono le vacanze ricordo che piansi come un bambino. Non volevo più tornare indietro. Fosse stato per noi saremmo rimasti lì in eterno, in quel non-luogo sospeso dalla realtà. Durante l’inverno invece ce ne tornammo a New York. Perché era lì che dovevo stare per capire come evolvermi ancora e perché era lì l’epicentro musicale e culturale della wave che volevo seguire. Affittammo un appartamento sulla Quinta, tra il Flatiron e Union Square, e il giorno di Natale, quando andammo da Whole Foods a fare colazione con addosso i nostri maglioni in shetland e i nostri parka pesanti, ricordo che eravamo così felici che ci sembrava di stare nel posto più bello del mondo.

Il mio viaggio in treno verso Malpensa con i lanzichenecchi: il racconto della settimana
A New York.

Penso a tutto questo mentre in treno scorro le foto sull’iPhone e rivedo parte dei momenti che vi ho raccontato, uno dopo l’altro, con lo slow-motion, mentre sto per partire per le vacanze. Nella testa le immagini si mischiano a un sacco di altri pensieri che vanno dal romanzo che mi sono messo in testa di scrivere al podcast letterario che ho intenzione di produrre l’anno prossimo, agli articoli che devo consegnare ai giornali entro fine mese, alla casa per settembre da prendere in affitto a Camogli. Trovo incredibile che al giorno d’oggi non ci sia una fottuta prima classe sul treno da Milano Centrale a Malpensa e si debba essere costretti a viaggiare in compagnia di un gruppo di Lanzichenecchi con in testa cappellini da baseball con visiere a tesa larga e musica assordante sparata nelle orecchie. Io nonostante il caldo indosso un vestito di lino tutto stazzonato e una camicia leggera e Ofelia, di fronte a me, un vestito a fiori di Lisa Corti, dal sapore vagamente indiano. Quando c’è classe regaz, che ve lo dico a fare. Meno male che ho la mia cartella di cuoio marrone dalla quale non mi separo mai, nemmeno sotto la doccia, dove custodisco gelosamente la mia mazzetta di giornali che comprende il New York Times, anche se non parlo una parola d’inglese, Le Monde, anche se non so il francese, e una mezza dozzina di quotidiani italiani che non nomino perché, a parte ovviamente quelli per cui lavoro, fanno così decisamente cacare che li compro tanto per darmi un tono ma non li apro nemmeno. A parte le pagine della Cultura, ovvio, che poi sono quelle sulle quali scrivo io. Cerco di estraniarmi, tengo tra le mani un’edizione francese di un libro dello scrittore inglese Julian Barnes e sono indeciso se scrivere la fine di questo racconto con la mia stilografica sul mio taccuino Moleskine oppure andare a masturbarmi in bagno, guardando un video porno sull’iPad per poi pulirmi con il fazzoletto che appositamente porto sempre con me nel taschino della giacca. Mentre il treno si ferma a Saronno (non pensavo che un treno diretto a Malpensa potesse passare addirittura per Saronno), mi guardo intorno e non capisco dove vada tutta questa gente, quando intorno a noi il cambiamento climatico sta uccidendo il mondo sempre più velocemente facendo bruciare la Grecia e la Sicilia e devastando Milano con uragani notturni di grandissimo spessore. Ma fatto sta che il treno arriva al Terminal 1 e sono costretto a scendere guardandomi intorno e sorprendendomi del fatto che nessuno di quei giovani in bermuda e sneaker ultracolorate non solo non si sia avvicinato a me per chiedere un autografo o, che so, una foto, ma oltretutto nessuno mai mi abbia rivolto la parola e addirittura fatto un cenno di saluto (Ero forse diventato nuovamente irrilevante?). In fondo per loro non esisto, sono solamente un uomo di mezza età, con la giacca e i pantaloni lunghi, che legge giornali in inglese e libri in francese e che, a un certo punto del viaggio, si è dovuto calare una pastiglia di viagra anche per farsi una sega. Vabbè, sicuramente Portnoy avrebbe apprezzato, il resto è noia avrebbe detto qualcuno, perché in fondo a me di questi quattro ragazzini non me ne frega veramente un cazzo.

Con il reality presidenziale di Giambruno Rete4 torna ai tempi di Fede

«Moriremo retequattristi» è la dolente chiosa che il giornalista Sergio Scandura utilizza spesso sul suo account Twitter. Il retequattrismo del resto è un non luogo che negli anni si è costruito un’identità. Eravamo ragazzi e Rete 4, Canale 5 e Italia 1 venivano proposte come la modernità della televisione italiana, e col tempo abbiamo imparato a distinguerne le anime. Canale 5 e Italia 1 erano i canali delle trasmissioni sguaiate, della risata anabolizzata mentre Rete 4 appariva come la rete più rassicurante, rotonda. Poi con l’arrivo di Emilio Fede, parcheggiato là con la missione di condurre spudoratamente il telegiornale che Silvio Berlusconi sognava a rete unificate, il tratto distintivo è stato chiaro: era lì che si sperimentavano le formule possibili dell’occupazione del potere camuffato da informazione.

Con Giambruno Rete4 conferma la sua missione: fingere di informare concimando la propaganda

Sono passati gli anni, Pier Silvio Berlusconi ha mischiato le carte ma Rete 4 risale agli onori della cronaca come laboratorio. Identica la missione: fingere di informare mentre si concima la propaganda che serve al potere. Emilio Fede non c’è più, decotto e deluso dalla dipartita del padrone. A prendere il volo è Andrea Giambruno storico giornalista dell’azienda travolto da un’improvvisa popolarità. Giambruno è, più di tutte le altre cose, il compagno (duole chiamarlo così, come proprio non vorrebbe, ma la lingua italiana non lascia scampo alle famiglie non cristianamente naturali) della presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Meloni, a dire il vero, pretenderebbe di essere chiamata “il” presidente. La coppia suona ancora peggio: “il compagno del presidente del Consiglio” è una definizione a un passo dal burrone del demoniaco gender.

Con il reality presidenziale di Giambruno Rete4 torna ai tempi di Fede
Emilio Fede in una foto del 2010 (Imagoeconomica).

Se la moglie di Renzi avesse bacchettato un ministro straniero sarebbe scoppiato un caso diplomatico

Delle scorribande politiche di Giambruno nella sua striscia quotidiana Diario del giorno se ne è scritto parecchio in questi giorni. Urge però una prefazione: il compagno di un capo di governo a cui viene affidato un programma quotidiano di commento politico è roba degna delle autarchie che di solito osserviamo raccapricciati da lontano. Se Kim Jong-un facesse presentare una trasmissione alla moglie Ri Sol-ju sui nostri giornali fioccherebbero gli editoriali indignati che chiedono l’intervento dei Caschi blu dell’Onu. Non c’entra niente, ci dicono, perché Mediaset è una televisione privata, mica di Stato. Ci mancherebbe, si potrebbe rispondere. Ma che un imprenditorie televisivo non scorga un problema di autorevolezza e indipendenza è un sintomo dello stato del sistema dell’informazione. Tant’è che se il giornalista Giambruno bacchetta il ministro tedesco Karl Lauterbach la notizia c’è, eccome, e finisce nelle pagine di politica. E questo non accade perché «contro il compagno della premier stanno tutti lì con il dito puntato» come dicono dalle parti del governo: accade perché se la moglie di Draghi (o di Conte o di Renzi) avesse dato del coglione a un ministro qualsiasi avremmo avuto seri nodi diplomatici da sciogliere. Con una differenza sostanziale: quelle avrebbero potuto farlo a una cena tra amici, questo può permettersi di farlo su una televisione nazionale sotto il bollino del “programma di informazione”. Si coglie il dislivello?

Con il reality presidenziale di Giambruno Rete4 torna ai tempi di Fede
Giorgia Meloni e Andrea Giambruno al Quirinale (Imagoeconomica).

Lo stile alla Emilio Fede: postura amicale, deridere chi la pensa diversamente e gigioneggiare nel ruolo di ‘vicino al potere’

Giambruno nel giro di pochi giorni è riuscito a irridere il ministro tedesco e la Germania oltre ad avere confezionato un servizio con dati falsi per negare il cambiamento climatico. Roba da Emilio Fede, appunto, perché ne contiene tutti gli elementi: la realtà piegata alla propaganda, la postura amicale e rassicurante, la derisione di chi sostiene tesi contrarie e un certo gigioneggiare nel suo ruolo di “vicino al potere”. Ha il terrore di essere considerato un raccomandato: al Corriere della Sera aveva detto «ho dimostrato che, di tv, qualcosina capisco. Sono quasi 20 anni che la faccio. Primo giorno a Telenova, a 22 anni, mentre ancora studiavo all’università Cattolica», anticipando di non avere per niente compreso la delicatezza del suo ruolo. Anzi, nel corso delle dichiarazioni rilasciate al quotidiano, ribadiva che ogni critica ricevuta è in realtà un modo di ferire la compagna Giorgia Meloni, Presidente del Consiglio, di cui peraltro proprio lui ha diffuso per primo in onda il video-messaggio del Primo Maggio. «Cosa deve fare, deve smettere di lavorare?», mi dice indispettito un parlamentare di Fratelli d’Italia. Sì, forse sarebbe meglio. O forse qualcuno dovrebbe spiegare che logica ci sia nel sospendersi dalla conduzione del telegiornale Studio Aperto («una scelta presa insieme all’azienda per una questione di reciproca opportunità», disse a ottobre dell’anno scorso) per prendersi una striscia di approfondimento. Perché da fuori ha tutta l’aria di essere un reality presidenziale usato per diventare megafono della propaganda del potere. Ma sarebbe troppo per essere vero. O no? Anche per Rete 4.

Catania, bimbo di 18 mesi muore all’asilo nido

A Calatabiano, nel Catanese, un bambino di 18 mesi è morto nel pomeriggio di venerdì 28 luglio mentre si trovava all’asilo nido. Secondo una prima ricostruzione avrebbe avuto una crisi respiratoria. A lanciare l’allarme è stata una maestra. Sul posto è arrivata un’ambulanza del 118, ma il personale medico, vista la gravità della situazione, ha chiesto l’intervento dell’elicottero.

Il piccolo si trovava nell'asilo nido di Catalabiano. A dare l'allarme la maestra. La procura di Catania ha aperto un'inchiesta.
Ambulanza (Getty Images).

Disposta l’autopsia per accertare le cause del decesso

I medici hanno tentato di rianimare il piccolo, ma senza riuscirci. La procura di Catania ha aperto un’inchiesta e ha disposto l’autopsia per accertare le cause del decesso. Le indagini, affidate ai carabinieri, sono state avviate anche per verificare la tempistica dei soccorsi.

Uefa, Juventus fuori dalla Conference league e 20 milioni di multa

La Juventus è esclusa dalla Conference league per la stagione 2023/2024 e dovrà pagare una multa di 20 milioni di euro. La decisione arriva direttamente dalla prima camera dello Uefa club financial control body per il mancato rispetto del Settlement agreement, l’accordo con cui lo scorso agosto i bianconeri si erano impegnati a rientrare parametri del Fair play finanziario entro il 2025.

Juventus: «Il nostro operato è corretto ma non faremo appello»

La Juventus ha fatto sapere in una nota che «pur continuando a ritenere inconsistenti le asserite violazioni e corretto il proprio operato, ha dichiarato di accettare la decisione rinunciando a proporre appello, escludendo espressamente, e lo Uefa Cfcb prendendone nota, che questo possa costituire ammissione di qualsiasi responsabilità a proprio carico».

Dopo le Filippine, la furia del tifone Doksuri arriva in Cina

Danni alle linee elettriche, alberi sradicati e chiusura improvvisa di fabbriche e centri commerciali. Sono gli effetti del tifone Doksuri che si è abbattuto nelle scorse ore sulla provincia sud-orientale cinese del Fujian, portando forti piogge e violente raffiche di vento. A riportarlo è il Guardian, precisando che si tratta del secondo tifone più forte dopo Meranti che nel 2016 costrinse alla chiusura delle scuole e all‘evacuazione dei lavoratori dalle piattaforme per l’estrazione di petrolio e gas offshore.

La velocità del vento pari a 137 km/h

Non ci sarebbero state segnalazioni immediate di feriti o decessi. La velocità del vento di Doksuri è stata pari a 137 km/h, secondo il Centro meteorologico nazionale cinese. Le precipitazioni orarie a Xiamen, Quanzhou e Putian hanno superato i 50 mm, ha aggiunto la China Meterological Administration. Il tifone Doksuri ha già lasciato una scia di morte e distruzione nelle Filippine. Sono 39 le vittime del suo passaggio sull’arcipelago di cui oltre una ventina a causa dell’affondamento di un barcone.

Filippine: centinaia di migliaia gli sfollati

Sono invece centinaia di migliaia le persone colpite e sfollate dopo il passaggio del tifone Doksuri. La tempesta ha colpito anche Taiwan con interruzioni di energia elettrica, centinaia di alberi abbattuti, mentre più di 200 voli nazionali e internazionali sono stati sospesi o ritardati solo venerdì 28 luglio e i servizi ferroviari tra il sud e l’est di Taiwan sono stati interrotti.

 

Russia-Ucraina: esplosione in un caffè a Taganrog, nella regione di Rostov

Sono almeno 15 le persone rimaste ferite in un’esplosione avvenuta in un caffè a Taganrog, una città portuale della Russia meridionale, nella regione di Rostov, a confine con l’Ucraina. Il governatore della regione di Rostov Vasily Golubev, citato dalla Tass, ha dichiarato: «Finora 15 persone hanno richiesto assistenza medica e sono in cura. Tutte hanno riportato lievi ferite da frammenti. Non ci sono state vittime».

L’esplosione presumibilmente causata da un razzo

Secondo il governatore, l’esplosione è stata presumibilmente provocata da un razzo. Subito dopo l’esplosione a Taganrog, Mosca ha annunciato di aver abbattuto un altro missile sopra la regione meridionale di Rostov, questa volta nel distretto di Azov. Secondo il ministero della Difesa russo, il missile abbattuto farebbe parte di un altro tentativo di attacco ucraino in territorio russo.

Zelensky sposta il Natale: anche in Ucraina si festeggerà il 25 dicembre

Il Natale in Ucraina non si festeggerà più il 7 gennaio ma il 25 dicembre. Lo ha deciso il presidente Volodymyr Zelensky, che ha firmato la legge con cui la festività cambia data. A riportarlo sono i media di Kiev, che spiegano come la scelta stata presa per lanciare un messaggio di rottura alla Chiesa ortodossa russa. Sul sito web del Parlamento ucraino il governo ha annunciato le modifiche: «La lotta per la propria identità contribuisce al desiderio di ogni ucraino di vivere la propria vita con le proprie tradizioni e festività». E viene sottolineato che lo scopo è di «abbandonare l’eredità russa di imporre le celebrazioni natalizie il 7 gennaio».

Il Natale si festeggerà in Ucraina il 25 dicembre e non il 7 gennaio
Un albero di Natale in piazza a Kyiv (Getty).

Le altre modifiche della legge

Ma non è stato spostato soltanto il Natale. Nella legge sono state inserite varie modifiche che riguardano altre feste nazionali. La Giornata della statualità ucraina, che si festeggiava il 28 luglio, viene anticipata al 15. La Giornata dei difensori dell’Ucraina si festeggerà il primo di ottobre mentre quella dell’Intercessione della Santa Madre di Dio il 14 dello stesso mese. Le modifiche rientrano in un piano complessivo che ha visto protagonista anche la Chiesa ortodossa ucraina, che ha adottato il nuovo calendario giuliano lo scorso 27 luglio. Entrerà in vigore dal primo settembre.

Il Natale si festeggerà in Ucraina il 25 dicembre e non il 7 gennaio
Alcuni fedeli in cattedrale nel giorno di Natale (Getty).

Potrebbe cambiare anche la Pasqua

Adesso potrebbe cambiare anche la data della Pasqua. Ma in questo caso la riflessione è più ampia. Nel 2025 si celebreranno i 1700 anni del Concilio di Nicea. Da tempo le chiese pensano a un punto di incontro proprio per riunificare la data tanto all’interno del mondo cattolico quanto di quello ortodosso. Ad annunciarlo è stato, in passato, il Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo. Papa Francesco, inoltre, ha più volte auspicato la riunificazione della data per tutti i cristiani.

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Così Phuket è diventata la nuova meta degli oligarchi russi in vacanza

Prima fu la Romagna, poi arrivarono la classica Costa Smeralda e la blasonata e decadente Versilia. Con le scritte in cirillico, le boutique del Forte con commesse madrelingua e le agenzie immobiliari in fermento per affitti e vendite di ville da milioni di euro (pure il ribelle Prigozhin pare ne possieda a Forte dei Marmi, un gioiello da 400 metri quadri e un giardino da 16 ettari dal valore di 3,5 milioni). Dall’invasione dell’Ucraina, però, le cose sono cambiate. E gli oligarchi russi sono stati costretti a modificare i piani vacanza. Lo stop ai collegamenti aerei diretti con l’Unione europea e l’Occidente e le conseguenze delle sanzioni, li hanno spinti a scoprire altri lidi, Paesi con un sistema di visti meno rigido. Come la Thailandia.

Da gennaio a giugno 2023 più di 790 mila russi hanno visitato il Paese, il 1000 per cento in più rispetto al 2022

Come scrive Bloomberg, secondo il ministero del Turismo thailandese, da gennaio a giugno 2023, ben 791.574 cittadini russi hanno vistato il Paese: il 1000 per cento in più rispetto allo stesso periodo del 2022. Più della metà di loro è atterrata nello scalo di Phuket. A guardare i dati dell’ente turistico locale, una vera e propria invasione visto che maggior parte dei visitatori proviene dalla Federazione. Proprio Phuket per i russi sta diventando una seconda casa. Secondo i dati forniti dall’agenzia immobiliare Knight Frank Thailand, nel 2022, sull’isola sono state vendute 338 ville, un incremento dell’82 per cento rispetto al 2021 e la metà sono state acquistate da russi. Christian Steinbach, direttore vendite di FazWaz Property Group, ha raccontato di aver venduto 16 proprietà a un solo acquirente. Russo. Ma qual è l’identikit del tipico cliente? Come ha spiegato Elena Marinicheva, vicepresidente di Russia Sotheby?s International Immobiliare il profilo è quello di un manager-imprenditore, sulla trentina, originario delle regioni orientali della Federazione, come Vladivostok. Ma non mancano investitori da Mosca e San Pietroburgo.

Così Phuket è diventata la nuova meta degli oligarchi russi in vacanza
Un resort a Phuket (Getty Images).

Il ministro degli esteri Lavrov ha addirittura inaugurato sull’isola un consolato

Vista l’attrazione esercitata da questo paradiso, il ministro degli Esteri Sergey Lavrov a luglio ha addirittura inaugurato sull’isola una sede consolare. Esattamente nel villaggio costiero di Royal Phuket Marina, dove si trovano ville che vanno dai 300 mila a diversi milioni di dollari. Località dotata, ça va sans dire, di un porto attrezzato per grandi imbarcazioni. Nel dicembre 2022 qui è stato avvistato lo yacht del magnate immobiliare e comproprietario del gruppo di investimento Absolut, Alexander Svetakov. Mentre nel gennaio 2023, il miliardario Igor Rybakov ha organizzato sull’isola un corso di formazione aziendale con 20 persone.

Così Phuket è diventata la nuova meta degli oligarchi russi in vacanza
Sergey Lavrov, ministro degli esteri russo (Getty Images).

Annunci in russo all’aeroporto e borscht alle bancarelle degli ambulanti

E così a Phuket hanno cominciato a organizzarsi. Sono spuntati nuovi stabilimenti balneari e ristoranti di specialità russe. Nikolai Batargin, proprietario del gruppo Chekhoff, ha recentemente aperto un terzo locale. E sull’isola ha messo piede anche la catena di ristorazione russa Veranda. I thailandesi, dal canto loro, si sono adattati. All’aeroporto di Phuket gli annunci ora sono anche in lingua russa. I nomi dei negozi sono scritti in cirillico e i venditori ambulanti oltre al pad thai o il tom yum, ora servono borscht e frittelle. Insomma Phuket is the new Forte.

Sicuritalia, 879 telecamere di videosorveglianza su L’Aquila e provincia

Spiragli virtuosi di Pnrr. Si scorgono a L’Aquila, dove una proficua collaborazione tra pubblico e privato ha generato un esempio virtuoso – best practice direbbero quelli bravi – di utilizzo dei fondi Pnrr in ambito sicurezza. Il capoluogo abruzzese sarà infatti il primo in Italia ad attivare una rete integrata di videosorveglianza ad alto contenuto tecnologico che andrà a interessare una superficie comunale di 473 chilometri quadrati, la nona per estensione in Italia.

I dispositivi aiuteranno le forze dell’ordine a garantire maggiore sicurezza ai cittadini

Le telecamere verranno installate in 200 punti considerati strategici, che coinvolgono ben 60 frazioni: dal centro storico a ospedali e distretti sanitari passando per scuole, parchi pubblici, centri sportivi, ferrovie, caselli autostradali, sottopassi ferroviari e cimiteri. Una rete capillare di ultima generazione che include telecamere con inquadratura fissa, con ripresa a 360 gradi (speed dome), e quelle ad hoc per la lettura delle targhe, queste ultime collegate direttamente al data base del ministero degli Interni che gestirà direttamente le segnalazioni di veicoli denunciati o sospetti. Un network tecnologico che sarà gestito da control room operative posizionate nelle sedi della polizia municipale, questura, carabinieri e Guardia di finanza e che consentirà di supportare le forze dell’ordine nel garantire una maggiore sicurezza alla collettività, anche attraverso l’innalzamento dell’azione di deterrenza nei confronti degli episodi di inciviltà urbana e criminalità.

Da “normale” a “buona” amministrazione: già predisposta l’installazione delle telecamere

L’iniziativa è stata lanciata dal Comune de L’Aquila, in stretto coordinamento con prefettura e forze dell’ordine, e con la partnership tecnologica di Sicuritalia, prima azienda italiana della sicurezza con 17.500 dipendenti, oltre 100 mila clienti e un fatturato consolidato di 750 milioni di euro. Il progetto parte dalla gara Consip sulla videosorveglianza per la Pubblica amministrazione aggiudicata a giugno 2022 a cui il Comune dell’Aquila ha fatto accesso cogliendo in pieno le opportunità fornite dal Pnrr e dal relativo fondo complementare per le aree colpite dal sisma. Dopo poco più un anno i risultati sono tangibili ed è stata già predisposta l’installazione di quasi 1.000 telecamere sparse sul territorio, con un investimento da parte dell’amministrazione di circa 4 milioni di euro. Per completare il progetto ci vorranno circa 700 giorni, con il coinvolgimento di un team di specialisti, anche locali, già occupati nell’aggiornamento e nella riprogettazione del sistema attuale, che ha richiesto numerosi sopralluoghi in territorio particolarmente complessi. Da “normale” a “buona” amministrazione, verrebbe da dire, dove finalmente la tanto decantata “messa a terra” dei progetti del Pnrr è stata realizzata in tempi brevi e con la collaborazione proficua di istituzioni pubbliche e player privati.

Il sindaco Biondi: «Progetto senza precedenti»

«Il progetto è senza precedenti e punta a migliorare la qualità della vita con un impianto ad altissimo valore tecnologico utile anche allo sviluppo ulteriore dei sistemi di digitalizzazione nella nostra città, che vive una fase di piena rigenerazione. L’Aquila ha tutte le caratteristiche per rappresentare un punto di riferimento per le città medie interne d’Italia», ha commentato il sindaco Pierluigi Biondi, Fratelli d’Italia, nel riportare l’esperienza virtuosa del proprio comune sul piano nazionale.

Dall’Abruzzo arriva una sterzata “forte e gentile” sull’utilizzo dei fondi Pnrr, ancor più significativa se si pensa a quanto questo territorio sconti ancora le ferite del terremoto del 2009 che a 14 anni di distanza vedono L’Aquila ancora stretta tra macerie e orgoglio, tra resilienza e spirito di ricostruzione. Troppo spesso si cercano esempi virtuosi oltre i confini, quando invece basterebbe mettere da parte l’esterofilia e sbirciare nel proprio giardino. Qualcosa di buono ogni tanto si trova.

Mondiali di scherma, Kharlan potrà gareggiare: è stata riammessa dopo la squalifica

Olga Kharlan potrà gareggiare nella prova a squadre ai Mondiali di scherma di Milano. Lo ha deciso la federazione, con un dietrofront che arriva a 24 ore dalla sospensione dell’atleta. L’ucraina si è rifiutata di salutare la russa Anna Smirnova dopo averla battuta 15 a 7. La scelta della Fie è stata di riammetterla dandole il beneficio del dubbio. Kharlan, campionessa in carica, aveva infatti porto la lama per congedarsi dall’avversaria, come da protocollo Covid ancora in vigore all’inizio dei Mondiali. Un gesto, quindi, considerato in buona fede.

Olga Kharlan è stata riammessa dopo la squalifica per non aver salutato l'avversaria russa
Olga Kharlan e Anna Smirnova al termine dell’incontro (Getty).

Il Cio aveva chiesto «sensibilità»

Anche il Cio, il Comitato olimpico internazionale, è intervenuto dopo la squalifica di giovedì 27 luglio dell’ucraina Olga Kharlan. Dal comitato era arrivato l’appello alle federazioni a maggiore «sensibilità» nella gestione dei confronti tra gli atleti ucraini e russi. Questi ultimi gareggiano come neutrali. Un portavoce ha dichiarato: «Incoraggiamo le federazioni internazionali a gestire situazioni – ha aggiunto – che coinvolgono ucraini e individui atleti neutrali con il necessario grado di sensibilità. Continuiamo a essere pienamente solidali con gli atleti ucraini e la comunità olimpica dell’Ucraina». La presidenza ucraina ha commentato la sospensione definendola «assolutamente vergognosa».

Abodi sulla squalifica: «Grave decisione»

Anche il ministro dello Sport Andrea Abodi è intervenuto in mattinata, inviando una lettera al presidente del Coni, Giovanni Malagò, al presidente della Federazione italiana scherma, Paolo Azzi, e al presidente del comitato organizzatore di Milano 2023, Marco Fichera. Si legge: « In relazione alla squalifica comminata all’atleta ucraina Olga Kharlan dalla Federazione Internazionale Scherma, in occasione dei Campionati mondiali attualmente in corso di svolgimento a Milano, tenendo conto degli evidenti impatti che la decisione sta determinando al di là degli aspetti meramente sportivi, si richiede di fornire, con cortese urgenza, tutti gli elementi in vostro possesso che hanno condotto alla grave decisione, con riguardo anche alle tempistiche di approvazione del Regolamento sulla base del quale è stata assunta la decisione».

Olga Kharlan è stata riammessa dopo la squalifica per non aver salutato l'avversaria russa
Olga Kharlan (Getty).

Pnrr, via libera alla terza rata da 18,5 miliardi

Via libera ufficiale della Commissione europea alla terza rata del Pnrr dell’Italia da 18,5 miliardi di euro. L’esecutivo Ue ha approvato anche le modifiche proposte da Roma agli obiettivi della quarta tranche. La presidente Ursula von der Leyen, dopo l’ok, ha dichiarato: «Continueremo a essere al fianco dell’Italia in ogni passo necessario per assicurare che il Piano sia un successo italiano ed europea: avanti tutta con Italia domani. L’Italia ha mostrato molti progressi nel portare avanti riforme cruciali e gli investimenti previsti dal suo Pnrr».

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Da Bruxelles c'è l'ok alla terza rata del Pnrr
Ursula von der Leyen (ANSA).

Gentiloni: «Due passi avanti per l’Italia»

A commentare il via libera è anche il commissario europeo per l’Economia, Paolo Gentiloni: «Oggi compiamo due importanti passi avanti con l’attuazione del piano di ripresa e resilienza dell’Italia. Una volta completate le procedure necessarie, l’Italia riceverà 18,5 miliardi di euro per continuare a sostenere lo sviluppo economico del Paese in questi tempi difficili. Nel frattempo, la nostra valutazione positiva delle modifiche mirate agli impegni per la quarta rata aprirà la strada all’Italia per presentare tale richiesta dopo la pausa estiva».

Meloni: «Molto soddisfatta»

E commenta anche la premier Giorgia Meloni: «Sono molto soddisfatta della decisione di oggi della Commissione europea, che ha deliberato il pagamento della terza rata del Pnrr e ha approvato le modifiche proposte dal Governo sulla quarta rata. Un grande risultato che consentirà all’Italia di ricevere i 35 miliardi di euro previsti per il 2023 e che è frutto dell’intenso lavoro portato avanti in questi mesi e dalla forte sinergia del Governo con la Commissione europea».

Fitto: «Risultato di lungo confronto con il governo»

Il ministro al Pnrr Raffaele Fitto ha scelto Twitter per i primi commenti: «Accogliamo con soddisfazione le decisioni della Commissione UE e apprezziamo le parole di Ursula von der Leyen: la valutazione positiva sulla terza rata e le proposte alle modifiche di alcune misure della quarta consentiranno all’Italia di ricevere entro quest’anno i 35mld del PNRR». E in un altro tweet: «Le decisioni prese dalla Commissione UE sono il risultato di un lungo confronto costruttivo con il Governo Meloni. Continueremo la cooperazione sulle modifiche del PNRR, incluso il Capitolo RePowerEu».

The Morning Show, arriva la terza stagione su Apple Tv: confermata la quarta

Apple Tv+ ha presentato il teaser della terza stagione di The Morning Show, la serie interpretata e prodotta da Jennifer Aniston e Reese Witherspoon, che uscirà il 13 settembre su Apple Tv + con 10 episodi che andranno in onda ogni mercoledì fino all’8 novembre. The morning show sta riscuotendo un enorme successo di pubblico tanto che è stata già confermata la quarta stagione.

La trama di The Morning Show 3

La serie si snoda all’interno del network televisivo UBA svelandone tutte le dinamiche di potere e di arrivismo. La nuova stagione parte dalla crisi che sta vivendo l’emittente e che mette in discussione il futuro di tutti fino a quando un gigante della tecnologia mostra interesse verso la rete. Questa possibilità spingerà al limite la lealtà dei singoli protagonisti. Si formeranno alleanze inaspettate e le storie private dei protagonisti saranno utilizzate come armi in una battaglia che costringerà tutti a confrontarsi con i propri valori e principi, dentro e fuori dalla redazione. Nel cast della terza stagione ci sono Billy Crudup, Mark Duplass, Nestor Carbonell, Karen Pittman, Greta Lee, Jon Hamm, Nicole Beharie e Julianna Margulies.

Una serie pluripremiata

Fin dalla prima stagione, la serie ha riscosso un grande successo e tanti riconoscimenti. Billy Crudup, nei panni di Corey Ellison, ha vinto un Emmy come Attore non protagonista in una serie drammatica, oltre a un Critics Choice Award, mentre Jennifer Aniston ha ricevuto un SAG Award per la Migliore interpretazione in una serie drammatica. La serie ha anche ricevuto la nomination dalla Television Critics Association come Outstanding New Program e un Tv Choice Award per Best New Drama, attestandosi come il prodotto di punta di Apple Tv+. Il merito della serie è quello di fornire un’indagine approfondita delle dinamiche di potere che si manifestano nell’industria dei media, un comparto molto importante negli Stati Uniti. Per la seconda stagione, invece, Reese Witherspoon ha ricevuto una nomination agli Emmy come Miglior attrice protagonista in una serie drammatica mentre Billy Crudup una nomination come Miglior attore non protagonista in una serie drammatica. Marcia Hay Harde è infine stata candidata come Miglior guest star femminile in una serie drammatica.

SACE aderisce alla EU Energy Platform per l’approvvigionamento energetico in Italia ed Europa

Il Gruppo SACE ha aderito alla EU Energy Platform lanciata dalla Commissione europea e gestita da PRISMA, l’azienda informatica leader nella gestione digitale dell’approvvigionamento energetico in Europa. La piattaforma è dedicata all’acquisto comune di energia a livello europeo tramite il meccanismo AggregateEU.

La piattaforma mette in comunicazione domanda e offerta

Nel dettaglio, in risposta alla crisi energetica e nel quadro degli sforzi volti ad implementare il piano REPowerEU per la diversificazione delle forniture energetiche in Europa, la EU Energy Platform ha lo scopo di agevolare gare di appalto collettive per la compravendita di gas, mettendo in contatto domanda europea e offerta internazionale. Il meccanismo AggregateEU, in particolare, è il servizio messo a punto da PRISMA che ha l’obiettivo di aggregare la domanda di gas delle imprese dell’Ue e di abbinarla alle offerte di fornitura più competitive in tempo per la successiva stagione di stoccaggio. Avviata nell’aprile 2022 a seguito del mandato conferito dal Consiglio europeo, l’iniziativa copre una serie di azioni riguardanti il gas naturale e il GNL (e in futuro l’idrogeno) per sostenere la sicurezza dell’approvvigionamento dell’Unione europea, l’acquisto di energia a prezzi accessibili, l’aggregazione della domanda e l’uso efficiente delle infrastrutture del gas dell’Ue. Attraverso l’adesione all’EU Energy Platform, il Gruppo SACE mette a disposizione i propri servizi assicurativi e finanziari per agevolare l’approvvigionamento di gas da parte di imprese italiane per supportarne l’attività e il percorso di transizione energetica nell’ambito del Green New Deal italiano.

Michal Ron: «Supportiamo le imprese nell’accesso all’energia»

«Per noi del Gruppo SACE contribuire alla sicurezza energetica del Paese e al sostegno dell’export italiano sono due obiettivi cruciali alla luce dell’attuale contesto globale che vede l’Italia e l’Europa ancora potenzialmente esposte a rischi legati all’approvvigionamento energetico», ha dichiarato Michal Ron, chief international business officer di SACE. «A questo proposito, l’adesione del Gruppo all’EU Energy Platform rappresenta uno strumento importante per rispondere a questa duplice esigenza supportando le imprese nell’accesso all’energia nel mercato europeo». L’accreditamento alla piattaforma è gratuito e non vincolante per tutte le imprese interessate residenti in Italia o in altro paese membro dell’Unione.

Taylor Swift, a Seattle i fan scatenati provocano un lieve terremoto

Taylor Swift può aggiungere un altro primato alla sua già incredibile carriera musicale. I suoi fan, durante i due live del 22 e 23 luglio al Lumen Field di Seattle, hanno scatenato un vero e proprio terremoto ballando le sue canzoni. La sismologa Jackie Caplan-Auerbach ha infatti registrato sulla strumentazione della città un’attività sismica di 2,3 gradi di magnitudo sulla scala Richter. Curiosamente, l’evento si è verificato in modo identico per tutte e due le serate dal vivo della popstar, nonostante il pubblico fosse differente. «Ho confrontato i dati e sono quasi uguali», ha spiegato l’esperta, che insegna geologia alla Western Washington University. Già, quasi, perché c’è una lieve discrepanza di 26 minuti fra i due giorni. «Ho scoperto che un live è iniziato con circa mezz’ora di ritardo, quindi tutto torna».

Terremoto di magnitudo 2,3 al concerto di Taylor Swift a Seattle, provocato dai fan scatenati. Lo stesso successe a Napoli per lo Scudetto.
Taylor Swift durante un concerto dell’Eras Tour (Getty Images).

Il confronto con un touchdown nel football e il caso in Italia

Il Lumen Field può vantare inoltre un altro primato. I sismografi di Seattle registrarono un lieve terremoto anche in occasione della partita di football dei Seahawks nel 2011. Scoppiando al touchdown del talento locale Marshawn Lynch, soprannominato dai tifosi The Beast, i supporter generarono un’attività pari a 2 gradi esatti sulla scala Richter. «Stavolta c’è una netta differenza in termini di durata», ha specificato la dottoressa Caplan-Auerbach. «Il tifo dopo un touchdown continua per pochi secondi prima di spegnersi». Diversa la situazione durante un concerto, dove l’euforia può protrarsi per diverse ore. Senza dimenticare la potenza degli altoparlanti e di tutto l’impianto audio del live. La conferma del terremoto arriva anche dalla giornalista della Cnn Chloe Melas che ha seguito l’evento per la tv americana. «Potevi sentire la terra che tremava sotto i piedi», ha raccontato. «Non ho mai visto nulla del genere».

Il terremoto al concerto di Taylor Swift ricorda molto da vicino un caso simile avvenuto in Italia, a Napoli. Il 30 aprile 2023, in occasione della sfida fra gli Azzurri di Luciano Spalletti e la Salernitana, il Diego Armando Maradona si presentò sold out. In caso di successo, i padroni di casa avrebbero infatti vinto lo Scudetto, il terzo della loro storia e il primo dopo oltre 30 anni. Al gol del momentaneo 1-0 di Mathías Olivera, lo stadio esplose generando un lieve terremoto di 2 gradi sulla scala Richter. La partita però si concluse in pareggio per via del gol di Boulaye Dia che fissò il risultato sull’1-1 finale. Una festa solo rimandata alla domenica successiva.

Taylor Swift, numeri record per il suo Eras Tour che arriverà in Italia

Intanto la popstar Taylor Swift continua a macinare numeri da record in tutto il mondo. Ad appena 33 anni è una delle artiste più ascoltate sul pianeta e ogni sua data è sold out in pochi minuti. Lo stesso vale per i due concerti in Italia, previsti per il 13 e il 14 luglio 2024 allo stadio San Siro di Milano. C’è però chi ha pensato di rivendere i biglietti subito, a prezzo ovviamente maggiorato. Online, da Viagogo a StabHub, infatti si possono trovare tagliandi a oltre 5 mila euro, con prezzi medi fra 350 e 700 euro ciascuno. Taylor Swift intanto, secondo il Wall Street Journal, potrebbe incassare circa 1 miliardo dall’intero tour, che si chiuderà soltanto l’1 agosto 2024 a Londra. Supererebbe così Elton John, che con la sua serie di concerti d’addio lunga tre anni ha totalizzato circa 900 milioni di euro in tutto il mondo.

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