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Il codice della strada di Salvini tra penalismo d’accatto e neo proibizionismo
Benvenuti nella distopia dello Stato etico, per dei più proposto da coloro che vorrebbero rivendersi liberali. Gli indizi del resto c’erano tutti. Anni passati a spiegare quale fosse la famiglia naturale e quale quella innaturale e contro Dio, anni passati a usare la frusta del buon senso per magnificare come si dovrebbe essere per piacere alla gente che piace, anni di promesse agli elettori con l’orizzonte di un governo che spinto dalla maggioranza degli italiani potesse stabilire un perbenismo obbligatorio. Alla fine eccoci qui, al disegno di legge sulla sicurezza stradale di Matteo Salvini che non ha perso il suo fiuto per il populismo penale usato per saziare le sempre più spalancate fauci dell’indignazione.
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Temi seri che andavano affrontati con studio e ascolto
Il ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture confeziona norme che coniugano le sue due più grandi passioni: la lotta alla droga (spauracchio di ogni brava mamma italiana che ringrazia il cielo per non avere un figlio come tutti gli altri, tutte le mamme la pensano così) e il dolore scioccante di chi perde un familiare in un incidente stradale per colpa degli altri. Gli argomenti sono gravi e seri e meriterebbero – come tutti i temi affrontati dalla politica – studio e ascolto. Perché perdere tempo per studiare e ascoltare – deve avere pensato il leghista – quando ci si può permettere di scrivere un ddl che contenga già l’editoriale per presentarlo? Dice Matteo Salvini che «il messaggio è molto chiaro: se ti stronchi di canne, ti impasticchi in discoteca o sniffi a tempo perso e ti metti al volante, lucido sì o lucido no io ti ritiro la patente e fino a tre anni non la rivedi più».
Codice strada, #Salvini: «Ti stonchi canne, sniffi? Via la #patente » #27giugno #notizie pic.twitter.com/unE1dwJe7A
— AGTW (@AGTW_it) June 27, 2023
E la lotta all’alcol allora? Disturba le lobby amiche
A ben vedere nelle intenzioni ci dovrebbe essere anche la lotta all’alcol, ma quello è nel campo delle cose che vanno dette senza farle per non disturbare le lobby amiche. Così si legge che arriveranno «modifiche alle norme sulla guida dopo l’assunzione di sostanze stupefacenti, con l’eliminazione della necessità che il soggetto sia colto in “stato di alterazione psico-fisica” derivante da assunzione di sostanze stupefacenti. Per il perfezionamento del reato, sarà, quindi, sufficiente che un soggetto si metta alla guida dopo l’assunzione di sostanze stupefacenti, pur non essendo in stato di alterazione». Tradotto: sarà reato essere trovati positivi a sostanze stupefacenti, pur se assunte settimane prima (si resta positivi per settimane) e senza causare pericolo. Siamo allo Stato hegeliano che si pone arbitro assoluto del bene e del male.
Le più basilari logiche del diritto penale non valgono più
Non è la responsabilità e l’eventuale danno stabilito dalla legge il principio fondante. Un automobilista che rischia di investire un pedone perché gingilla con il suo telefono rischia 13 punti della patente e mille euro di multa, un guidatore che è perfettamente lucido e in grado di guidare e non investire cose o persone viene sacrificato sull’altare del penalismo d’accatto. Il nesso di causalità tra evento/rischio/danno tanto caro al diritto penale non vale più. In fondo si tratta di un neo proibizionismo messo in atto da politici che non hanno il fisico e il coraggio di imporlo davvero. Sono gli stessi modi con cui si disarticola il diritto all’aborto attraverso l’obiezione di coscienza negli ospedali pubblici, solo per citare uno dei tanti esempi possibili.
Ai politici fanno schifo i drogati: sì, ma quelli poveri
Ma non c’è solo la vergogna dell’essere proibizionisti travestiti da liberali. Sulla questione delle droghe Salvini (come molti altri esponenti della maggioranza di questo governo) mantengono da anni un doppio filo che non ha bisogno di troppe analisi per essere riassunto così: «A noi fanno schifo i drogati, ma quelli poveri». Perché se volessimo essere d’accordo con il ministro Salvini, allora ci sorgerebbe naturale una domanda: se chi ha fatto uso di droghe (riscontrabili nel sangue, quindi anche tempo fa) non è degno di guidare un’auto, cosa dovremmo fare a coloro che hanno fatto uso di droghe la sera prima di votare una legge in parlamento? Non è una responsabilità che tocca una collettività enormemente più ampia? E un medico? Un giudice? Un esponente delle forze dell’ordine con un’arma in tasca? Ci vuole il fisico per imporre lo Stato etico. Forza, Salvini, non ci deluda.