Daily Archives: 11 Ottobre 2023

Floyd Mayweather invierà aiuti in Israele con il suo jet privato

Floyd Mayweather si schiera per Israele. L’ex pugile americano, vincitore di tutti i 50 incontri della carriera, ha infatti annunciato con alcuni post su Instagram che invierà viveri alla popolazione vittima della guerra. Come ha riportato Tmz, a bordo del suo jet privato, il campione americano organizzerà una spedizione di cibo, acqua e vestiti per i civili oltre a giubbotti antiproiettile per l’esercito israeliano contro Hamas. Air Mayweather, questo il nome della missione umanitaria dell’ex mattatore del ring, sarà guidato dai suoi quattro piloti personali AJ Ramey, Chris Javier, Sam Kniskern e Freeman Blakney. «Io sono per la pace, per i diritti umani», ha scritto l’ex pugile sul suo profilo Instagram. «Condanno l’antisemitismo in ogni sua forma e con ogni mezzo. Il terrorismo non è mai la risposta».

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Floyd Mayweather: «I terroristi di Hamas attaccano vite innocenti»

In altri post su Instagram, l’ex pugile americano si è scagliato violentemente contro Hamas, che ha definito «un gruppo terroristico che sta attaccando vittime innocenti». Floyd Mayweather ha poi spiegato di volersi schierare dalla parte di Israele in quanto convinto difensore «di tutti gli esseri umani». Auspicando il ritorno in patria dei cittadini americani coinvolti negli attacchi di Hamas, ha espresso solidarietà per le vittime e per le famiglie delle persone rapite «durante gli orribili crimini di guerra». Assieme ai suoi post ha anche condiviso una foto che lo ritrae a Gerusalemme durante uno dei suoi viaggi nel Paese. «Questo non è il momento della politica, ma della solidarietà e della sicurezza», ha concluso l’ex pugile sui social. «Dio benedica il genere umano».

L’ex pugile, ritiratosi da imbattuto nel 2017, manderà viveri alla popolazione e giubbotti antiproiettile ai militari. Il messaggio su Instagram: «Non è il momento della politica, ma della sicurezza». Già in estate aveva pagato alloggio e cibo agli abitanti di Maui.
L’ex pugile americano Floyd Mayweather (Getty Images).

Il trasporto di viveri in Israele non sarà la prima missione umanitaria di Floyd Mayweather. In estate infatti, come hanno riportato Tmz e il Daily Mail, pagò cibo e acqua per circa 70 famiglie di Maui colpite dai terribili incendi che hanno devastato l’isola delle Hawaii. Ha inoltre fornito loro un alloggio in vari alberghi per settimane e pagato pranzi e cene nei ristoranti. In collaborazione con H&M ha persino inviato una fornitura di vestiti a tutti coloro che hanno perso o hanno dovuto lasciare la loro casa. Bronzo ai Giochi di Atlanta 1996, il pugile ha poi dominato in varie categorie Wbc, Ibf e Wba. Ha concluso la sua carriera nel 2017, dopo un incontro con il campione di arti marziali miste Conor McGregor, ritirandosi da imbattuto. Fra le 50 vittorie, ben 27 (oltre il 50 per cento) sono arrivate per KO.

De Laurentiis incontra Conte per affidargli il Napoli

Il presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis avrebbe in programma nella giornata di mercoledì 11 ottobre un incontro con il tecnico Antonio Conte per valutare la possibilità che sia lui a guidare il Napoli al posto di Rudi Garcia. La situazione viene descritta al momento come molto complicata, ma se dovesse sbloccarsi, Conte potrebbe arrivare subito a Castel Volturno per guidare la squadra e il rapporto con Garcia potrebbe risolversi in maniera anticipata e consensuale.

De Laurentiis stanco dei flop di Rudi Garcia

A spingere Aurelio De Laurentiis a muoversi in prima persona è il rapporto mai nato con Rudi Garcia e le prestazioni decisamente sottotono della squadra campione d’Italia in questo avvio di stagione. Già nella giornata del 10 ottobre, infatti, il patron del Napoli aveva rotto il silenzio sul rapporto con il tecnico francese, ammettendo di stare pensando a una possibile soluzione. «Con Garcia sto vivendo un momento no, prenderò le decisioni opportune quando sarà il momento di prenderle. Ogni decisione affrettata è sbagliata», ha detto De Laurentiis che ha poi aggiunto: «Quando prendi un allenatore che non conosce più il calcio italiano, forse fa fatica. Sarebbe accaduto a qualunque altro. Non è scritto da nessuna parte che ci siano delle soluzioni matematiche per vincere nello scudetto. Io credo che anche quest’anno fino alla fine ce la giocheremo. L’unica responsabilità che ho oltre ad aver scelto l’allenatore è che non ho avuto la possibilità di stargli tutti i giorni vicino a Castel Volturno».

Rudi Garcia
Rudi Garcia, allenatore del Napoli (Getty images).

Con il no di Conte pronti Tudor o Galtier

Nel momento in cui l’accordo con Antonio Conte non dovesse concretizzarsi, Adl avrebbe già delle alternative in agenda. Si tratterebbe, in ordine di preferenza, di Igor Tudor e di Christophe Galtier. Scelte secondarie che non convincerebbero del tutto, con la dirigenza che starebbe facendo dunque il possibile per arrivare all’accordo con Antonio Conte.

Salta l’ospitata di Zaki a Che tempo che fa

Patrick Zaki non sarà la «meravigliosa sorpresa» della prima puntata di Che tempo che fa sul Nove il 15 ottobre. La spiegazione ufficiale del forfait l’ha fornita Fabio Fazio stesso: come riporta Repubblica, vista la stringente attualità della guerra tra Israele e Hamas la puntata d’esordio è stata rimontata. L’attivista egiziano presenterà il suo libro Sogni e illusioni di libertà (edito dalla Nave di Teseo) prossimamente.

Netanyahu «serial killer»: le polemiche per il post di Zaki

Ma come? Proprio vista l’attualità, la presenza di Zaki sarebbe stata preziosa al dibattito. Il ricercatore infatti ha preso una netta posizione contro Israele con un post che ha scatenato più di una polemica. «Quando un serial killer cerca di convincere la comunità internazionale che rispetta le convenzioni internazionali, per legalizzare l’uccisione di civili.
dove possono andare!!!», ha tuonato Zaki su X definendo il premier israeliano Benjamin Netanyahu, su cui indubbiamente pesanti responsabilità e che anche il progressista Haaretz ha definito un «gang leader», addirittura un serial killer.

Come prevedibile, questo è bastato perché la stampa di destra bollasse il già ‘indigesto’ Zaki sostenitore di Hamas. Così il ricercatore è stato costretto ad aggiustare minimamente il tiro spiegando meglio la sua posizione. «Nel conflitto tra Israele e Palestina nessuno può essere ritenuto filo-Hamas se sostiene la Palestina. Non sono con Hamas ma sembrerebbe che assumere la posizione di difendere i civili palestinesi vi metta in una situazione problematica, soprattutto perché tutti i media internazionali sono pro-Israele e non parlano della grave crisi umana che c’è dall’altra parte», ha spiegato sempre su X l’ex studente dell’Alma Mater.

«La mia priorità», ha continuato l’attivista per i diritti umani, «sarà sempre la vita dei civili, condannerò sempre qualsiasi violenza contro i civili in tutto il mondo, e così facendo sarò sempre dalla parte dei deboli e contro il fascismo e l’occupazione». Perché «le politiche razziste e di colonizzazione del governo di Netanyahu costituiscono la radice dello stato di guerra apparentemente perenne in cui ci troviamo ora, con il tragico risultato della perdita di migliaia di vite civili, tra cui donne e bambini innocenti». Una posizione netta e chiara, insomma, che avrebbe potuto arricchire il dibattito sull’attualità mediorientale nel salotto nuovo di zecca di Fazio e Luciana Littizzetto.

 

 

Operazione contro la ‘ndrangheta: arresti e sequestri di beni

La Polizia di stato, con il coordinamento della direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, ha eseguito diverse misure cautelari e sequestri di beni a carico di soggetti indagati per associazione mafiosa e altri reati, ritenuti affiliati alle cosche di ‘ndrangheta Libri e Tegano-De Stefano di Reggio Calabria. L’operazione si è svolta sotto il coordinamento della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria diretta dal procuratore Giovanni Bombardieri.

Sequestrate preventivamente 11 società

A Reggio Calabria e in altre città italiane i poliziotti hanno eseguito numerosi provvedimenti restrittivi disposti dal gip a carico di soggetti indiziati, a diverso titolo, e allo stato del procedimento in fase di indagini preliminari, dei reati di associazione mafiosa, estorsione, tentato omicidio, detenzione illegale di armi, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti. L’indagine condotta dalla squadra mobile, in particolare, ha colpito presunti esponenti delle cosche Libri e Tegano-De Stefano del mandamento centro di Reggio Calabria, tra le quali vigeva un accordo spartitorio per le estorsioni da eseguire in alcune aree della città. Contestualmente all’esecuzione dei provvedimenti restrittivi è in corso il sequestro preventivo di 11 società riconducibili a imprenditori a cui viene, invece, contestato il reato di concorso esterno in associazione mafiosa.

Genova, 14 scooter a fuoco davanti alla facoltà di Architettura

14 scooter a fuoco nella notte tra martedì 10 e mercoledì 11 ottobre 2023 in stradone Sant’Agostino nel centro storico di Genova, davanti alla facoltà di Architettura. Sul posto sono intervenuti i vigili del fuoco, la Polizia locale e la Polizia di stato. Il calore ha mandato in frantumi i vetri della sede universitaria e del palazzo di fronte. Da chiarire le cause del rogo ma con ogni probabilità si tratta di un gesto doloso.

In Cassazione il ricorso di Amanda Knox contro la calunnia

Approderà giovedì 12 ottobre in Cassazione il ricorso con il quale Amanda Knox, dopo essere stata definitivamente riconosciuta estranea all’omicidio di Meredith Kercher, chiede di essere assolta anche per la calunnia nei confronti di Patrick Lumumba, reato per il quale venne condannata a tre anni di reclusione. La sentenza diventata definitiva è stata ora impugnata dall’americana, con gli avvocati Carlo Dalla Vedova e Luca Luparia Donati.

Le motivazioni del ricorso

Il ricorso ha fatto leva sulla decisione (a lei favorevole) della Corte europea dei diritti dell’uomo e di un nuovo articolo introdotto nel codice di procedura penale con la riforma Cartabia. L’istanza verrà esaminata dalla quinta sezione in Camera di consiglio e in forma non partecipata. Memorie e documenti sono stati già inviati alla Corte e nessuno degli interessati sarà quindi presente in aula. La decisione verrà comunicata alle parti con una posta elettronica certificata tra le serate di giovedì 12 e venerdì 13 ottobre.

La procura generale ha chiesto il rigetto

La procura generale presso la Cassazione ha intanto chiesto il rigetto del ricorso, sostenendo che la giurisprudenza italiana sia più forte della decisione presa in sede europea. Si è costituito nel giudizio anche Lumumba, con l’avvocato Carlo Pacelli, chiedendo che l’istanza venga respinta. I giudici della Cassazione potranno decidere di confermare la condanna per calunnia (già scontata con i quasi quattro anni passati in cella per l’omicidio Kercher al quale si è sempre proclamata estranea), di revocare senza rinvio, cioè assolvere, o di annullare con rinvio, e in questo caso ci sarebbe un nuovo processo da celebrare a Perugia ma solo per quel reato. Al centro di questo troncone processuale le dichiarazioni rese da Knox agli investigatori poco prima di essere arrestata e con le quali accusò del delitto Lumumba, che per quelle parole finì in carcere per 14 giorni prima che venisse accertata la sua estraneità al delitto e prosciolto su richiesta del pm.

Palermo, ragazza in bici aggredita a colpi di casco

Una ragazza di 23 anni è stata picchiata a colpi di casco da quattro ragazzi mentre stava tornando a casa, davanti a decine di passanti e automobilisti che non sarebbero intervenuti. È successo in via Roma a Palermo nel tardo pomeriggio di lunedì 9 ottobre 2023. La giovane, senza alcun motivo mentre ascoltava la musica con le cuffiette, è stata raggiunta da schiaffi che l’hanno fatta cadere dalla bici. Mentre era a terra la vittima è stata raggiunta da un colpo di casco. La stessa ha raccontato che a colpirla sono state due coppie di ragazzi, due ragazze e due ragazzi, che dopo l’aggressione sono fuggite via. Ha presentato una denuncia ai carabinieri e al Pronto soccorso le è stato riscontrato un lieve trauma cranico. Sono state acquisite le immagini dei sistemi di videosorveglianza per cercare di risalire ai quattro aggressori. La giovane è certa di non conoscerli e non sapere per quale motivo sia stata aggredita.

Previsioni meteo, ultimi giorni di caldo e bel tempo: dal weekend sarà autunno

Ultimi giorni di caldo e bel tempo. Dalla settimana del 16 ottobre un vortice ciclonico raggiungerà l’Italia provocando un’intensa ondata di maltempo e temperature di 5-7 gradi sotto la media. L’autunno, meteorologicamente parlando, è alle porte. È quanto annunciato da Antonio Sanò, fondatore del sito www.iLMeteo.it. L’anticiclone africano continuerà a proteggere l’Italia, garantendo un’atmosfera stabile su tutte le regioni. Il cielo sarà prevalentemente sereno e soltanto in Liguria mentre sull’alta Toscana e sul Triveneto la nuvolosità potrà essere più presente, talvolta anche con un cielo molto nuvoloso o addirittura coperto. Non mancheranno alcune nebbie, soprattutto sulle pianure di Veneto ed Emilia-Romagna.

Temperature in calo, piogge abbondanti e nubifragi nel weekend

La situazione cambierà radicalmente nel corso del weekend del 14-15 ottobre 2023. Le correnti atlantiche instabili acquisteranno sempre più vigore, fino allo scalzare dell’anticiclone. Nel corso del fine settimana l’aria più instabile porterà le prime piogge al Nord-Ovest e poi sul Triveneto, localmente sull’alta Toscana. Poi, con l’inizio della settimana successiva, piogge via via più abbondanti e sotto forma di nubifragio si abbatteranno su Toscana, Lazio e Liguria per poi estendersi a gran parte del Paese. Le temperature subiranno un brusco crollo, tanto che dalla prossima settimana si scenderà addirittura sotto la media di 5-7 gradi.
Nel dettaglio:

  • Mercoledì 11 ottobre 2023. Al Nord bel tempo, salvo locali nubi e nebbie al mattino sul Triveneto; al Centro soleggiato; al Sud cielo poco nuvoloso.
  • Giovedì 12 ottobre 2023. Al Nord bel tempo, locali nebbie sul Triveneto e più nubi in Liguria; al Centro sole prevalente e caldo; al Sud bel tempo.
  • Venerdì 13 ottobre 2023. Al Nord tempo stabile con locali nebbie; al Centro cielo poco nuvoloso; al Sud soleggiato.

La campionessa Sofia Goggia è la nuova ambassador Armani

La campionessa Sofia Goggia è la nuova ambassador Armani. Portavoce e volto del brand, indosserà abiti Giorgio Armani per le occasioni istituzionali e capi EA7 Emporio Armani per le performance sportive. A partire dalla stagione autunno/inverno 2023/24, Sofia Goggia si aggiunge infatti agli atleti testimonial della linea EA7 Emporio Armani. La sua partecipazione alla Coppa del Mondo di Solden, che avrà inizio con le gare del 28 ottobre 2023, segnerà l’inizio della collaborazione. La sciatrice, campionessa olimpica nella discesa libera a Pyeongchang 2018, vincitrice di quattro Coppe del Mondo di discesa libera e di due medaglie mondiali va ad affiancarsi agli altri testimonial EA7, eccellenze italiane e internazionali nelle rispettive discipline: i tennisti Fabio Fognini, Simone Bolelli, Lorenzo Sonego, Alexander Bublik, Nikoloz Basilashvili, Veronika Kudermetova, i pallavolisti Paola Egonu e Simone Giannelli e il nuotatore Simone Barlaam.

Zelensky: «La guerra è nella fase finale, la più dura»

«La guerra della Russia contro l’Ucraina è nella fase finale, che potrebbe essere la più dura, ma attualmente è difficile prevedere la fine delle ostilità», così il presidente ucraino Volodymyr Zelensky alla tv romena Digi24. Intanto il segretario di Stato alla Difesa degli Usa, Lloyd Austin, nel suo intervento di apertura della riunione del Gruppo di contatto Nato per la difesa dell’Ucraina ha annunciato che l’amministrazione Biden presto invierà «un pacchetto di assistenza in materia di sicurezza per l’Ucraina, del valore di 200 milioni di dollari».

Zelensky: «Non posso dare una data per la fine della guerra»

«È l’ultima parte della guerra. Non è il suo centro. Il primo periodo fu l’occupazione, seguito dall’arresto dell’avanzata e dalla presa dell’iniziativa. Penso che siamo nell’ultima parte. Le paure che abbiamo sono tante: i soldi, le armi, ma siamo nell’ultima parte, la più dura». E poi: «Non posso dirvi la data esatta, non credo che nessuno possa farlo, forse solo Donald Trump, un giorno».

Oslo, protesta di attivisti per l’ambiente contro parco eolico

Alle 7.30 di mercoledì 22 ottobre 2023 giovani attivisti del movimento ambientalista Natur og Ungdom e rappresentanti del popolo Sami hanno bloccato una strada vicino al Parlamento ad Oslo per protestare contro un parco eolico che, a loro dire, ostacola il diritto degli indigeni Sami di allevare renne nella Norvegia artica.

La protesta potrebbe durare giorni

«Oggi compie due anni il verdetto della Corte Suprema norvegese», ha dichiarato l’attivista Ella Marie Haetta Isakssen ricordando la sentenza definitiva che ha dichiarato il parco eolico di Fosen, vicino a Trondheim, in violazione dei diritti umani, tuttora inapplicata. Manifestanti e giornalisti sono accorsi da diverse parti della regione Sami, ma anche da Finlandia e Svezia, per mostrare il loro supporto alla comunità di Fosen.

Tende piantate per strada

Greta Thunberg arriverà giovedì 12 poiché deve rimanere in Svezia in attesa del verdetto del processo a suo carico per una precedente azione in cui, insieme ad altri attivisti, aveva bloccato l’accesso al porto petrolifero di Malmo. La sentenza del processo è prevista per le 15.45. I giovani hanno occupato la strada a Oslo, creando una catena umana e impedendo il passaggio in una delle strade principali della capitale norvegese. I Sami hanno eretto numerose Lavvu, le loro tende tradizionali, in strada, annunciando la loro intenzione di protestare finché il governo norvegese non avrà compiuto progressi sulla questione. La Polizia è giunta sul posto qualche minuto dopo per monitorare la situazione, ma finora non è intervenuta contro i manifestanti.

Salvini: «Nel 2032 possibile la prima centrale nucleare, la vorrei a Milano»

Non è un segreto che il governo Meloni voglia riportare il nucleare in Italia, e dopo il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin che si è espresso più volte a favore dell’energia atomica, ora è il ministro Matteo Salvini a tornare sul tema. «Ho chiesto ai tecnici del mio ministero. Se partiamo nel 2024, nel 2032 possiamo accendere il primo interruttore di una centrale nucleare», ha detto il vicepremier e ministro delle Infrastrutture intervenendo a un convegno a Roma sul nucleare. «Da milanese la prima centrale la vorrei a Milano», ha aggiunto, «o vorrei un reattore di ultima generazione nella mia città».

Salvini: «Sostegno dell’intero governo»

«Ci tengo a portarvi il convinto sostegno non solo della mia forza politica ma dell’intero governo», ha detto Salvini, sottolineando che «a questo convegno partecipano tre ministri. Io della Lega, Pichetto di Forza Italia e Urso di Fratelli d’Italia. C’è un’idea complessiva di sintesi. Ora cerchiamo di pianificare. Bisogna mettere insieme quattro ministeri, imprese, ambiente, infrastrutture e Mef, occorre coordinarsi e darsi dei tempi». Il ministro ha poi fatto un accenno all’Ue sostenendo che a livello europeo «non bisogna ragionare ideologicamente».

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Cos’è la minimum tax e cosa prevede il progetto Ocse

Mercoledì 11 ottobre l’Ocse ha pubblicato una bozza di accordo che punta a ripartire in modo più equo tra gli Stati gli introiti fiscali provenienti dalle grandi multinazionali, in particolare, dai colossi del web. La cosiddetta “convenzione multilaterale” non è ancora aperta alla firma degli Stati. Alcuni Paesi come l’India, il Brasile e la Colombia nutrono ancora delle riserve su alcuni punti. «C’è un ampio consenso sull’architettura generale» del testo, dichiara alla stampa Manal Corwin, direttrice Ocse per la politica fiscale e l’amministrazione. L’obiettivo è che l’accordo venga firmato entro fine 2023, e include: l’attribuzione di una parte dei profitti delle multinazionali alle giurisdizioni in cui si trovano i consumatori, una minimum tax del 15 per cento sulle imprese multinazionali, il rafforzamento della trasparenza fiscale.

La minimum tax mira a contrastare lo spostamento dei profitti delle multinazionali nei paradisi fiscali

Dal 2017, l’Ocse coordina su richiesta del G20 i negoziati internazionali per limitare le pratiche di evasione fiscale delle multinazionali e introdurre un sistema di ripartizione più equo degli introiti fiscali tra Stati membri. La minimum tax che si vuole introdurre è un’imposta minima che si applica alle grandi multinazionali, indipendentemente dal luogo in cui queste hanno la propria sede legale o dove generano i propri profitti. L’obiettivo è quello di garantire che queste imprese paghino un’aliquota d’imposta minima, indipendentemente dal Paese in cui operano. La bozza di accordo pubblicata dall’Ocse prevede che l’aliquota minima sia del 15 per cento. Questa aliquota si applicherà alle grandi multinazionali che hanno un fatturato annuo di almeno 750 milioni di euro. La minimum tax è una misura importante per contrastare l’evasione fiscale e la concorrenza fiscale tra i Paesi. In particolare, questa misura dovrebbe aiutare a ridurre la pratica delle multinazionali di spostare i propri profitti in Paesi con aliquote d’imposta più basse. Inoltre, aiuterebbe ad aumentare le entrate fiscali per gli Stati, che potranno utilizzare queste risorse per finanziare servizi pubblici e infrastrutture. In Italia, la bozza di accordo dell’Ocse è stata approvata dal parlamento con la legge di bilancio 2023, e l’aliquota del 15 per cento si applicherà a partire dal 2024. Secondo una stima realizzata dal Centro Studi Confindustria, l’Italia potrebbe recuperare circa 3,5 miliardi di euro all’anno grazie alla minimum tax. Questa cifra si basa sull’ipotesi che l’aliquota minima si applichi a 3.000 imprese multinazionali che operano in Italia.

Israele stretto tra la volontà di annientare Hamas e il rischio di escalation nell’area

Dopo lo choc per l’attacco di Hamas, l’esercito israeliano sta bombardando incessantemente la Striscia di Gaza, dove si prepara a entrare da terra con i 300 mila riservisti richiamati nelle giro di poche ore. Man mano che vengono diffusi maggiori dettagli sull’azione dei terroristi islamici, nella popolazione dello Stato ebraico aumenta il senso di umiliazione e rabbia, perché i segnali di un attacco c’erano tutti ma sono stati ignorati – insieme al desiderio di vendetta. La riuscita dell’operazione di Hamas è stata totale. Un successo che non può essere perdonato. Perciò la risposta di Tel Aviv deve essere altamente aggressiva. Sì, ma fino a che punto si può spingere, se già le Nazioni Unite hanno definito «illegittimo» l’assedio di Gaza?

Per l’Idf la «massima priorità è eliminare i comandanti di Hamas»

Quasi ogni cittadino israeliano conosce qualche amico o conoscente coinvolto negli attacchi nel Sud del Paese. Da qui la volontà di mobilitarsi. Ai 300 mila riservisti richiamati dall’esercito si sono aggiunti numerosi  volontari. Come se il popolo israeliano volesse rimediare agli errori del suo governo. Israele però deve capire cosa fare. E come. Nell’ultima notte sono stati centrati 450 obiettivi dell’organizzazione paramilitare islamista e delle altre fazioni palestinesi. Solo a Beit Hanoun, nel nord della Striscia, sono stati 80 gli obiettivi colpiti, comprese due banche usate da Hamas, un tunnel e due centri operativi. Nella giornata del 10 ottobre le forze di difesa israeliane (Idf) hanno ucciso 18 miliziani palestinesi, «terroristi che non erano riusciti a rientrare a Gaza e che continuavano a nascondersi in posti vicino il confine». Sarebbe inoltre andato distrutto il sistema di rilevamento aereo di Hamas. «Stiamo andando verso un incremento degli attacchi verso la Striscia. La massima priorità è quella di eliminare i comandanti di Hamas», ha detto il portavoce militare Daniel Hagari. Fonti palestinesi affermano che i missili israeliani hanno distrutto a Gaza la casa della mente degli attacchi di Hamas a Israele, Mohammed Deif, uccidendo il fratello e membri della sua famiglia, compresi il figlio e la nipote. Dello stratega dell’assalto non si avrebbero però notizie.

I dubbi di Israele: cosa fare, davvero, con la Striscia di Gaza e Hamas? Il vero obiettivo di Tel Aviv non è ancora chiaro.
La devastazione di Gaza dopo i missili israeliani (Getty Images).

Il dramma dei civili palestinesi: l’assedio è appena iniziato

Va da sé che, compiendo attacchi in aree densamente popolate allo scopo di eliminare i comandanti, Israele continuerà a uccidere civili innocenti. Bambini compresi. Il bilancio nella Striscia è già salito a oltre mille vittime. E questo potrebbe causare problemi in futuro sulla scena internazionale. Bisogna aggiungere che Hamas ha minacciato di giustiziare un ostaggio per ogni bombardamento israeliano su abitazioni civili a Gaza senza preavviso. In realtà, scrive Haaretz, lo scopo dell’operazione militare israeliana potrebbe essere tuttora indefinito. Lo Stato ebraico vuole mettere in atto una “semplice” rappresaglia o eradicare una volte per tutte Hamas da Gaza? Il secondo obiettivo richiederebbe l’occupazione della Striscia, che fino a pochi giorni fa non era certamente nei piani. Sempre secondo quanto riporta il quotidiano israeliano, si avverte il consenso, nella politica e nella maggior parte dei media, sul fatto che non ci sia altra scelta che bombardare a tappeto Gaza, per poi andare casa per casa. Una prospettiva che fa rabbrividire. Anche perché i 2,2 milioni di palestinesi che vivono nella Striscia sono in trappola. Per questo gli Usa stanno lavorando per creare corridoi umanitari per civili, feriti e medicine. Anche perché a Gaza è in vigore il blocco totale del rifornimento di energia elettrica, acqua e cibo, mentre gli sfollati interni, ha fatto sapere l’Onu, si avvicinano a 200 mila.

I dubbi di Israele: cosa fare, davvero, con la Striscia di Gaza e Hamas? Il vero obiettivo di Tel Aviv non è ancora chiaro.
Palestinesi in fuga dalla Città di Gaza (Getty Images).

Il rischio di un allargamento del conflitto e il ruolo degli Usa

C’è poi la questione del possibile allargamento del conflitto. Da nord, Hezbollah continua a lanciare razzi su Israele, in risposta ai colpi di artiglieria sparati da Tel Aviv in Libano a ridosso della Linea Blu che segna la demarcazione tra i due Paesi. Nel breve periodo, lo spostamento di diverse divisioni al comando settentrionale dovrebbe ridurre la possibilità di un attacco a sorpresa da Beirut, come avvenuto con Hamas nel sud del Paese.  L’esercito israeliano ha inoltre reso noto di aver individuato il lancio di cinque razzi dalla Siria e di aver risposto attaccando le postazioni nemiche. Sullo sfondo c’è poi l’Iran, che potrebbe aver fornito ad Hamas appoggio militare. E qui entrano in gioco  gli Stati Uniti. Washington ha deciso di rafforzare la sua presenza militare in Medio Oriente, sia aerea che navale, spostando due portaerei vicino alle coste di Israele. Più che per Gaza, un messaggio per Teheran. Per la cronaca, il 10 ottobre Hadi al Amiri, uno degli esponenti più agguerriti del jihadismo sciita iracheno, ha dichiarato: «Se gli americani interverranno, noi li prenderemo di mira», riferendosi alle truppe statunitensi dispiegate in Iraq. Insomma, l’Idf non avrebbe reali problemi nel condurre una campagna prolungata nella Striscia di Gaza. La grande difficoltà risiederebbe in una guerra su più fronti, nella quale sarebbe necessario un aiuto reale da parte degli americani. Con tutte le conseguenze del caso. In tutto questo,  temendo una rivolta araba, il ministro della Sicurezza nazionale israeliano, Itamar Ben Gvir, ha detto che «occorre distribuire armi ai cittadini».

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I dubbi di Israele: cosa fare, davvero, con la Striscia di Gaza e Hamas? Il vero obiettivo di Tel Aviv non è ancora chiaro.
La barriera al confine tra Israele e Libano (Ansa).

I negoziati non sono una possibilità: Netanyahu pronto al pugno duro

Per Benjamin Netanyahu Hamas ha agito con «una ferocia mai vista dai tempi della Shoah». Definendo l’operazione Diluvio di Al-Aqsa  l’11 settembre israeliano. La narrativa di Bibi, a cui è stato affidato il compito di formare un governo di unità nazionale, è che una democrazia che si difende dopo un attacco criminale di questo tipo sia legittimata ad adottare misure molto più dure. Soprattutto perché le violenze perpetrate nelle comunità al confine di Gaza non sono l’espressione di una lotta per la liberazione nazionale, ma un attacco terroristico da parte di un’organizzazione fondamentalista, che ha evidenziato di non aver alcuna intenzione di avviare negoziati con Israele. Questo, scrive Haaretz, richiederà un nuovo modo di pensare da parte della sinistra sionista israeliana che sperava che le intenzioni bellicose di Hamas potessero essere frenate. Per Israele è stato un colpo duro, durissimo, destinato a influire sulla stabilità della regione. E Hamas ha confermato di essere il peggior nemico della causa palestinese: è questa, al momento, l’unica certezza.

Troppi stranieri in una scuola di Bari, genitori trasferiscono i figli

Nella scuola primaria Don Bosco di Bari, i genitori di quattro alunni hanno chiesto il trasferimento dei propri figli perché non vogliono che stiano in classe con altri bambini non italiani. «È successo in una prima elementare nella quale ci sono sette alunni stranieri su 20, ma cinque di loro sono nati a Bari, non hanno neanche un gap linguistico. Gli altri due sono nati in Georgia e in Bangladesh», ha spiegato il dirigente scolastico Gerardo Marchitelli.

Il racconto del dirigente scolastico

«I genitori sono venuti a chiedermi il cambio classe nei primissimi giorni di avvio dell’anno scolastico. Avendo capito la motivazione ho risposto che avrebbero avuto solo due strade, far restare i loro figli dov’erano o chiedermi il nulla osta per cambiare scuola», ha detto Marchitelli. Le famiglie a quel punto hanno scelto la seconda strada. Il dirigente scolastico non vuole però sentire parlare di razzismo nella sua scuola: «È un problema che c’è ovunque. C’è anche chi si preoccupa della presenza di un bimbo disabile perché secondo lui potrebbe rallentare la programmazione. I muri da abbattere sono migliaia».

«Per me nessuno è straniero»

Il preside della Don Bosco aveva già avuto qualche problema in passato. «Ma nulla di grave. E non ho paura che ora ci sia un’escalation di casi. Dopo questo episodio non ci sono più stati problemi», ha dichiarato Marchitelli. «La parola straniero la scuola non la conosce, noi non siamo interessati al colore della pelle, per noi i bambini sono solo alunni. Per me nessuno è straniero».

Gaza, Israele ha colpito 450 obiettivi tra cui banche usate da Hamas e l’Università islamica

Il ministro per la Sicurezza nazionale: «Armi ai civili, si teme una rivolta» 

Tensione altissima nei centri vicini alla Striscia. Il ministro della Sicurezza nazionale, l’esponente di estrema destra Itamar Ben Gvir, riferendosi ai disordini che nel maggio 2021 infiammarono città israeliane a popolazione mista ebraica e araba, ha detto di aver dato istruzione al capo della polizia di prepararsi ad affrontare una nuova insurrezione. «Penso che essa sia imminente», ha aggiunto Ben Gvir parlando con i giornalisti a Sderot, una cittadina vicina a Gaza. «Ho dato ordine che da oggi tutti qua possano girare armati»

Tennis, l’annuncio degli Open d’Australia: «Nadal ci sarà»

Rafael Nadal giocherà l’Open d’Australia 2024. Ad ufficializzare la presenza dello spagnolo è stato il direttore del torneo, Craig Tiley, a margine della presentazione del primo Slam della prossima stagione. «Il campione dell’Open d’Australia 2022 ha lavorato duro per recuperare dall’infortunio. Ha sempre dato il meglio a Melbourne e nessuno può dubitare la forza del suo spirito competitivo. Sono rimasto in contatto con il suo team, è tornato in campo ad allenarsi e ha l’obiettivo di tornare a Melbourne a gennaio», ha dichiarato. Nadal, 37 anni, vincitore di 22 titoli Slam, è fermo dal torneo australiano del 2023, quando ha sofferto una lesione al flessore dell’anca sinistra durante la partita persa contro Mackenzie McDonald al secondo turno. Il maiorchino si è operato a inizio giugno e allora i tempi di recupero erano stimati in circa cinque mesi.

Librandi cambia ancora: torna con Renzi e si candida con Il Centro alle Europee 2024

Certi politici fanno dei giri immensi e poi ritornano. Parafrasando Antonello Venditti, eccone un altro protagonista dell’ennesimo cambio di casacca: Gianfranco Librandi ha annunciato la sua candidatura alle Europee 2024 con la lista Il Centro di Matteo Renzi. Per Librandi si tratta di un ritorno a casa, visto che nel 2019 aveva aderito alla nascente Italia viva, salvo poi distaccarsene nel 2022 quando, alle Politiche, si era presentato in un collegio uninominale di Milano in quota +Europa.

Librandi: «Mi candido con Renzi, Italia pronta alla sfida»

Ad annunciare la sua candidatura europea con la lista Il Centro è stato lo stesso Gianfranco Librandi: «Ho partecipato all’iniziativa del Teatro Parenti di Milano e rispondo con entusiasmo all’appello di Matteo Renzi per un progetto europeo innovativo e vincente. Il Centro pronto alla sfida». Poi ha aggiunto: «E anche io personalmente sono entusiasta di misurarmi sul mio territorio candidandomi per rappresentare a Strasburgo le imprese e il mondo del lavoro. Inizia una grande sfida: la vinceremo insieme a Matteo Renzi con chi non vuole rassegnarsi al sovranismo di destra e al populismo di sinistra».

Tutti i partiti di Librandi: Pd, Scelta civica, Civici e innovatori…

Per Librandi, come detto, è un ritorno a casa, in quella che ha come capofamiglia Renzi, lo stesso uomo che aveva seguito nel 2019 in Italia viva dopo essere stato eletto in parlamento con il Partito democratico nel 2018. Non si tratta, tuttavia, dell’unico passaggio di partito di Librandi che ai Dem era arrivato solo nel 2017 dopo l’esperienza con Scelta civica, forza politica che gli ha permesso di arrivare per la prima volta alla Camera dei deputati nel 2013. Nel 2016, a seguito dello scontro di vedute con il segretario Enrico Zanetti che voleva un’alleanza strutturale con Denis Verdini, lasciò Scelta civica formando il gruppo parlamentare di ispirazione centrista Civici e innovatori, poi sciolto per mancato raggiungimento del numero minimo di partecipanti. È passato così al Gruppo misto della Camera e poi al Pd, quindi a Italia viva e ha tentato di tornare in Parlamento nel 2022 con +Europa, ma non riuscendo a superare la soglia di sbarramento. Si è interrotta così la sua esperienza parlamentare, iniziata nel 2013 e finita nel 2022.

Gianfranco Librandi
Gianfranco Librandi e Matteo Renzi nel 2016 a Saronno (Imagoeconomica).

A Milano ha appoggiato prima Moratti e poi Sala

Non è tutto. Prima di arrivare in parlamento, nel 2004, Gianfranco Librandi ha fatto il consigliere comunale a Saronno nelle liste di Forza Italia che, di lì a poco, sarebbe confluita nel Popolo della libertà. Da quest’ultimo schieramento è uscito nel 2009, per candidarsi nel 2011 come sindaco di Milano, salvo poi ritirarsi e appoggiare con la sua lista, Unione Italiana con Librandi, la candidata del centrodestra Letizia Moratti. Non fu eletto, ma qualche anno dopo, alle Comunali del 2021, il suo appoggio è andato al candidato del centrosinistra Beppe Sala.

Centocelle, ragazzo di 12 anni morto precipitando dal quinto piano

Dramma a Centocelle, dove nel tardo pomeriggio di martedì 10 ottobre 2023 un ragazzo di 12 anni è morto precipitando dal quinto piano della casa dove abitava.

L’ipotesi più accreditata è quella del gesto volontario

La tragedia si è consumata intorno alle 19.00 in un palazzo che si affaccia su piazza dei Mirti, non distante dalla fermata della metro C. Stando alle prime ricostruzioni sembrerebbe che alcuni testimoni abbiano visto il ragazzo allargare le braccia prima di cadere nel vuoto. L’ipotesi più accreditata al momento è quello del suicidio. Immediato l’intervento dei soccorsi, giunti rapidamente sul posto insieme ai carabinieri. Il ragazzino è stato così trasportato al più vicino ospedale, ma per lui non c’è purtroppo stato più nulla da fare: troppo gravi le ferite riportate nel violento schianto contro il suolo. I carabinieri sono attualmente al lavoro per cercare di ricostruire con maggior precisione la dinamica degli eventi.

In casa c’erano anche i genitori del bambino

Al momento dei fatti il ragazzo si trovava in casa insieme ai genitori, come riportato da Il Messaggero. Tra le ipotesi non si escludono l’istigazione al suicidio o l’emulazione di qualche sfida social.

EasyGroup fa causa a Easy Life, la band britannica costretta a cambiare nome

Il gruppo pop britannico Easy Life dovrà cambiare nome per colpa di EasyGroup. La società con sede a Londra, madre fra le altre anche della compagnia aerea EasyJet, ha infatti accusato la band di aver sfruttato il marchio per accrescere la sua visibilità e il suo successo. È colpa della quasi totale omonimia con Easylife, brand per la vendita di articoli al dettaglio nel Regno Unito, acquisito dalla società nel 2022. Sebbene il complesso esista dal 2015, ha deciso di non difendersi in tribunale per i costi troppo alti di un processo che potrebbe protrarsi per più anni. «Non abbiamo i fondi», hanno spiegato i musicisti in una nota riportata dal Guardian. «Le nostre carriere e, di conseguenza, le nostre vite sarebbero a serio rischio».

Dagli aerei sui poster ai gadget della band, perché EasyGroup ha fatto causa

EasyGroup ha definito il complesso britannico, nato a Leicester nel 2015, «un ladro di marchi» in quanto avrebbe sfruttato la popolarità del brand per accrescere i guadagni nel Regno Unito. Sotto accusa alcuni gadget della band, troppo simili ai prodotti della compagnia inglese, e persino i poster dei concerti, su cui sarebbe visibile un aereo con la stessa livrea della flotta EasyJet. I musicisti, con il loro linguaggio volgare presente nelle loro canzoni e sulle magliette ufficiali, avrebbero anche danneggiato la reputazione della società. «Deliberatamente hanno ingannato i consumatori, spingendoli a pensare di far parte della famiglia Easy con l’intento di aumentare le vendite», hanno spiegato i legali di EasyGroup. «Il signor Matravers (il frontman, ndr.) ha sfruttato il nostro marchio per le sua attività di marketing».

Nonostante potesse far valere i suoi diritti sul nome, come ha sottolineato il Guardian, la band ha deciso di non difendersi. «Non ci sono buone opzioni a nostra disposizione», hanno spiegato i cantanti. «Il processo potrebbe durare fino al 2025, bloccando ogni nostra pubblicazione fino a tale data. Non potendo rilasciare nuova musica, le nostre vite sarebbero a rischio, pertanto cercheremo un nuovo nome». Il complesso inglese ha inoltre aggiunto che, qualora non dovessero vincere la causa, potrebbero perdere qualsiasi cosa, persino gli strumenti con cui suonare. In programma due ultimi live giovedì 12 nella loro Leicester e venerdì 13 a Londra per poter salutare i fan. «Vi daremo le canzoni che desiderate», hanno scritto gli Easy Life sul sito ufficiale. «In futuro non sappiamo cosa succederà, ma dopo ogni tempesta viene la quiete».

Easy Life, la breve carriera della band pop di Leicester

La band capitanata da Murray Matravers ha debuttato sul mercato musicale due anni dopo la formazione, nel 2017. Il loro primo singolo, Pockets, gli consentì di ottenere il primo contratto discografico con la casa di produzione Island Records. Nell’aprile dell’anno successivo è uscito il mixtape Creature Habits, che gli fece raggiungere le vette delle classifiche britanniche. Nel 2020 è poi arrivato Junk Food, che ha preceduto di un anno il primo album in studio Life’s a Beach, che si issò al secondo posto delle classifiche del Regno Unito. L’ultimo disco, Maybe in Another Life, è invece sbarcato nell’ottobre 2022, accompagnato da un tour.

La band britannica Easy Life dovrà cambiare nome. Per EasyGroup ha sfruttato il marchio per accrescere la popolarità e vendite ai concerti.
Il poster dei concerti con l’aereo troppo simile alla compagnia easyJet (Easy Life, Facebook)
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