Daily Archives: 21 Ottobre 2023

L’Argentina al voto per scegliere il nuovo presidente, è Milei il favorito

Le elezioni più incerte per l’Argentina degli ultimi decenni arrivano nel peggior momento per la terza economia dell’America Latina, alle prese con un’inflazione tra le più alte al mondo (138 per cento su base annua), un tasso di povertà del 40 per cento e un debito fuori controllo. Gli argentini tornano alle urne per eleggere il nuovo presidente nonché parte del Congresso nazionale (metà dei deputati e un terzo dei senatori). Vista la rinuncia di Alberto Fernandez a ricandidarsi, a contendersi la presidenza sono l’economista ultraliberista Javier Milei, l’attuale ministro dell’Economia Sergio Massa – centrosinistra – e l’ex ministra di destra Patricia Bullrich.

Argentina al voto per scegliere il nuovo presidente. Favorito l’anti-sistema Milei. A contendergli la presidenza Massa e Bullrich.
Javier Milei (Getty Images).

Milei ha promesso di «eliminare i parassiti della casta»

Le Primarias, Abiertas, Simultáneas y Obligatorias (Peso) del 13 agosto, con le quali ciascun partito/coalizione ha scelto il candidato alle presidenziali del 22 ottobre, hanno visto prevalere a sorpresa Milei, capace di ottenere il 30 per cento dei voti. Economista eletto al Congresso nel 2021 dopo aver acquisito notorietà come personaggio radiofonico e televisivo antisistema, Milei ha promesso di «eliminare i parassiti della casta» e di tagliare drasticamente la spesa pubblica. Apprezzato soprattutto dai giovani (in Argentina si può votare a 16 anni), è su posizioni iperliberiste in economia – si autodefinisce anarco-capitalista – e conservatrici nel sociale: è ad esempio antiabortista e contrario all’educazione sessuale nelle scuole. Fondatore di La Libertad Avanza, coalizione che lo sostiene in queste elezioni, ha cinque mastini, tutti con nomi di noti economisti. E, seconda curiosità, compie gli anni (53) proprio il 22 ottobre.

Argentina al voto per scegliere il nuovo presidente. Favorito l’anti-sistema Milei. A contendergli la presidenza Massa e Bullrich.
Sergio Massa (Getty Images).

A contendergli la presidenza ci sono Massa e Bullrich 

A sfidare il grande favorito per la presidenza ci sono l’alfiere del peronismo, fedelissimo di Cristina Kirchner e attuale ministro dell’Economia Massa, candidato della coalizione Unión por la Patria, sorta sulle ceneri del Fronte de Todos, e l’esponente dell’opposizione Bullrich. Il primo è dal 2022 a capo del “superdicastero” dell’Economia, della Produzione e dell’Agricoltura, appositamente istituito con l’obiettivo (fallito) di dare una svolta alla politica economica del governo di Fernandez. La seconda, candidata di Juntos por el Cambio, è a capo della corrente di destra del partito Propuesta Republicana dell’ex presidente Mauricio Macrì: promette il pugno di ferro contro i «professionisti dello sciopero» e la criminalità dilagante nel Paese.

Argentina al voto per scegliere il nuovo presidente. Favorito l’anti-sistema Milei. A contendergli la presidenza Massa e Bullrich.
Patricia Bullrich (Getty Images).

In base ai sondaggi, Milei è in testa con il 35 per cento delle intenzioni di voto, contro il 30 per cento di Massa e il 26 per cento di Bullrich. Staccatissimi altri due candidati minori, Myriam Bregman (sinistra radicale) e Juan Schiaretti (centro), sotto al 4 per cento. Se nessuno supererà il 50 per cento dei voti, i primi due si sfideranno al ballottaggio il 19 novembre. Al secondo turno, sempre secondo i sondaggi, Milei avrebbe nettamente la meglio su Massa, mentre sarebbe più ridotto il margine nella sfida con Bullrich, che al ballottaggio vincerebbe sull’attuale ministro dell’Economia. Insomma, lo scenario che vede Massa presidente è altamente improbabile.

Argentina al voto per scegliere il nuovo presidente. Favorito l’anti-sistema Milei. A contendergli la presidenza Massa e Bullrich.
Il primo turno delle presidenziali argentine si tiene il 22 ottobre (Getty Images).

La crisi dell’Argentina e gli scenari in caso di vittoria di Milei

L’Argentina sta vivendo una profonda crisi economica. Il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale prevedono una diminuzione del 2,5 per cento del Pil entro la fine del 2023 e un gravoso aumento dell’inflazione, che potrebbe superare il 170 per cento. Inarrestabile la svalutazione della valuta nazionale, che in due anni è passata da 99 pesos a 365 pesos per un dollaro. Circa 12 milioni di argentini vivono in condizioni di povertà – circa un quarto della popolazione – e la siccità che ha colpito il Paese è destinata a fare ancora più danni, con una flessione delle esportazioni totali (dalla soia al mais, fino al grano) stimata del 25 per cento. In caso di vittoria dell’antisistema Milei le sue idee potrebbero ridisegnare l’assetto politico ed economico del Paese, visto il programma di politica estera che contiene alcuni elementi in totale rottura con le priorità diplomatiche argentine. Milei, ad esempio, auspica un regime di libero scambio con il resto del mondo da realizzare tramite il ritiro l’Argentina dal Mercosur, prossimo all’accordo di libero scambio con l’Unione europea. E poi c’è la questione del Brics. L’Argentina è uno dei Paesi che ha annunciato di voler entrare formalmente nell’alleanza geopolitica composta (al 2023) da Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica. Milei (al pari di Bullrich) ha infatti promesso che se diventerà presidente cancellerà l’adesione del Paese e con essa l’idea di de-dollarizzazione.

Israele: «Hezbollah si è unito ai combattimenti, pagherà un prezzo altissimo»

Dopo il transito di 20 camion con aiuti umanitari per popolazione della Striscia di Gaza, il valico di Rafah è stato chiuso di nuovo. Gli aiuti saranno distribuiti solo nella parte meridionale dell’enclave palestinese, ha riferito una fonte dell’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi (Unrwa). «Questo convoglio limitato non sarà in grado di cambiare il disastro umanitario che sta vivendo la Striscia di Gaza», ha commentato il capo dell’ufficio comunicazioni di Hamas, Salama Maruf. Degli aiuti non fa e non farà parte nessun tipo di carburante, ha precisato il portavoce dell’esercito israeliano, David Hagari.

Israele: «Hezbollah si è unito ai combattimenti, pagherà un prezzo altissimo». Gli aggiornamenti sulla guerra.
Il valico di Rafah (Ansa).

Secondo l’esercito di Tel Aviv sono 210 gli ostaggi di Hamas

Dopo la liberazione di madre e figlia statunitense, sono 210 al momento gli ostaggi nelle mani di Hamas. Lo ha riferito l’esercito ha informato, aggiungendo di aver depennando le persone sulla base «di informazioni di intelligence». Hagari ha confermato che l’obiettivo prioritario di Israele è di riportarli tutti a casa. Sarebbero 307 i soldati israeliani caduti dall’inizio dell’attacco di Hamas.

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Sale a 4.385 il numero dei morti nella Striscia di Gaza

È salito a 4.385 il numero dei morti nella Striscia, di cui 1.756 minori e 976 donne. Lo ha fatto sapere il ministero della Sanità di Gaza, citato dai media. I feriti sono 13.561. «Nel nord della Striscia di Gaza ci sono 20 ospedali, al momento sei hanno evacuato, dieci non lo hanno ancora fatto e quattro si stanno rifiutando», ha detto un funzionario di Tel Aviv. Sono almeno 1.700 i palestinesi arrestati da Israele dall’inizio della guerra: tra essi 450 i palestinesi affiliati di Hamas fermati in Cisgiordania.

Il ministro della Difesa israeliano: «Hezbollah pagherà un prezzo altissimo»

«Hezbollah ha deciso di prendere parte ai combattimenti, e per questo pagherà un prezzo altissimo». Lo ha detto il ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant. Mentre continuano gli scambi di fuoco lungo il confine, il conflitto rischia di allargarsi. Il primo ministro dell’Iraq Mohammed Shia’ Al Sudani, nel suo discorso al summit per la pace del Cairo, ha evidenziato che «il conflitto potrebbe diffondersi a livello regionale in modo tale da minacciare le forniture energetiche globali». Da Cipro arriva la notizia di un bomba artigianale fatta esplodere vicino all’ambasciata israeliana a Nicosia: arrestati quattro giovani, di età compresa fra i 17 e i 21 anni, di origine siriana.

Israele: «Hezbollah si è unito ai combattimenti, pagherà un prezzo altissimo». Gli aggiornamenti sulla guerra.
Giorgia Meloni al Cairo (Ansa).

Meloni: «Cadere nella trappola di Hamas sarebbe molto stupido»

«L’efferatezza di Hamas è da condannare senza ambiguità. Quanto accade a Gaza non deve diventare uno scontro più ampio». È il monito di Giorgia Meloni dal Cairo. «La soluzione strutturale della crisi prevede l’istituzione di due Stati, con i loro rispettivi popoli. L’impressione che ho, per le modalità con cui si è svolto l’attacco, è che l’obiettivo di Hamas fosse costringere Israele a una reazione contro Gaza che creasse un solco incolmabile fra Paesi arabi, Israele e Occidente, compromettendo la pace per tutti i cittadini coinvolti, compresi quelli che si dice di voler difendere». E poi: «Il bersaglio siamo tutti noi, e cadere in questa trappola sarebbe molto, molto stupido».

Meryl Streep divorzia dal marito dopo 45 anni

Meryl Streep ha annunciato il divorzio dal marito Don Gummer dopo 45 anni di matrimonio, quattro figli e cinque nipoti, rivelando di aver intrapreso «vite separate da sei anni». In una dichiarazione congiunta, l’attrice premio Oscar e l’ormai ex marito, scultore, hanno spiegato che nonostante la separazione si prenderanno «sempre cura l’uno dell’altro».

Meryl Streep divorzia dal marito Don Gummer dopo 45 anni. I due hanno rivelato di aver intrapreso «vite separate da sei anni».
Meryl Streep (Getty Images).

I due si erano conosciuti e sposati nel 1978

Streep e Gummer erano sposati nel 1978, dopo essersi conosciuti grazie al fratello di lei nello stesso anno. La coppia ha avuto quattro figli: Henry (nato nel 1979), musicista conosciuto col nome di Henry Wolfe, Mamie (1983), Grace (1986) e Louisa (1991). Come detto, sono cinque i nipoti.

L’ultima volta insieme agli Oscar del 2018

Come riportano i tabloid, l’ultima apparizione pubblica di coppia dei due risale alla cerimonia degli Oscar del 2018. Come per Will Smith e Jada Pinkett, il matrimonio era finito da tempo, ma non ne era stata data notizia. La lunga assenza della coppia in pubblico non aveva creato pettegolezzi, dato che i due sono sempre rimasti lontano dai riflettori, vivendo prevalentemente sulla costa orientale degli Usa, in Connecticut, anziché in California. E ai Princesa de Asturias Awards, che si sono svolti il 20 ottobre, l’attrice, non accompagnata dal marito, ancora indossava la fede.

Meloni sapeva o no dei fuorionda di Giambruno?

Secondo Repubblica, Pier Silvio Berlusconi avrebbe informato Giorgia Meloni dei fuorionda con protagonista Andrea Giambruno trasmessi poi da Striscia la Notizia. La comunicazione sarebbe avvenuta addirittura a settembre, nel corso di una visita a Villa Grande, l’ex residenza romana di Silvio Berlusconi. La circostanza viene però smentita dal Corriere della Sera, secondo cui persino l’amministratore delegato di Mediaset sarebbe stato all’oscuro dei filmati poi trasmessi dal tg satirico di Canale 5.

Meloni sapeva o no dei fuorionda di Giambruno? Secondo Repubblica sarebbe stata avvertita da Pier Silvio Berlusconi. Il Corriere smentisce.
Pier Silvio Berlusconi (Imagoeconomica).

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La versione del Corriere, molto diversa da quella di Repubblica

Non è dato sapere se la rottura tra Meloni e Giambruno ci fosse già stata, come ha fatto intuire la premier su Twitter, oppure se i fuorionda di Striscia la Notizia siano stati la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso. Difficile pensare invece a una separazione improvvisa. Per il Corriere è in ogni caso certo, invece, che Pier Silvio fosse all’oscuro di tutto. «Non ne sapevo nulla, altrimenti ti avrei avvisata. Non ho potuto far nulla per impedirlo»: questo, più o meno, avrebbe detto Berlusconi a Meloni, aggiungendo di essere «molto dispiaciuto» per la messa in onda dei video di Giambruno. Il Corriere poi va oltre: l’ad di Mediaset avrebbe anche accennato a un freno agli altri fuorionda dell’ormai ex compagno della presidente del Consiglio, che secondo diverse fonti sarebbero ancora più sgradevoli di quelli precedenti.

Meloni sapeva o no dei fuorionda di Giambruno? Secondo Repubblica sarebbe stata avvertita da Pier Silvio Berlusconi. Il Corriere smentisce.
Andrea Giambruno (Imagoeconomica).

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Secondo il Corriere, Mediaset non ha intenzione di licenziare Giambruno

Negato anche un presunto patto per far fuori Giambruno. Il giornalista, stando almeno alla versione ufficiale, è stato sostituito alla guida di Diario del giorno, programma di Rete 4 che conduce da oltre un anno, per sua stessa decisione. E, secondo quanto riportato dal Corriere, Mediaset non avrebbe intenzione di licenziarlo.

Friuli Venezia-Giulia, iniziati alle 14 i controlli ai confini

La sospensione del Trattato di Schengen in merito ai controlli alle frontiere per ragioni di sicurezza legate a possibili infiltrazioni terroristiche attraverso la rotta balcanica scatta è scattato alle ore 14 di sabato 21 ottobre. Inizialmente il provvedimento durerà 10 giorni, cioè fino alle 14 di martedì 31 ottobre. La misura è prorogabile. Per quanto riguarda il Friuli Venezia-Giulia, il dispositivo comprende i 22 valichi principali con la Slovenia, a est, e a nord, con l’Austria, lungo 232 chilometri di confine: in entrata e in uscita dall’Italia potranno essere chiesti i documenti.

Friuli Venezia-Giulia, iniziati alle 14 i controlli ai confini. La misura riguarda i 22 valichi principali con la Slovenia e con l'Austria.
Pattugliamento al valico di frontiera di Fernetti, Trieste (Ansa).

Dalla Germania alla Svezia, i Paesi che hanno riattivato i controlli su alcune frontiere

Le modalità di controllo saranno attuate in modo da «garantire la proporzionalità della misura, adattate alla minaccia e calibrate per causare il minor impatto possibile sulla circolazione transfrontaliera e sul traffico merci», ha spiegato Palazzo Chigi. Oltre all’Italia, hanno riattivato i controlli su alcune loro frontiere anche Austria, Germania, Norvegia, Repubblica Ceca, Polonia, Slovacchia, Svezia e Francia, che

Torri faro, tende e comunicazioni fornite ai valichi su richiesta delle Prefetture

«Su richiesta delle Prefetture di Udine, Gorizia e Trieste, come Protezione civile regionale ci siamo immediatamente attivati per fornire supporto logistico, con fornitura di torri faro, tende, moduli abitativi e con radio per la telecomunicazione nelle zone non coperte dalla telefonia mobile, nei valichi principali e secondari che saranno presidiati da oggi e per 15 giorni a seguito della sospensione degli accordi di Schengen decisa dal Governo italiano per i confini con la Slovenia». Lo ha comunicato l’assessore regionale con delega alla Protezione civile del Friuli Venezia-Giulia Riccardo Riccardi, a margine del vertice che si è tenuto nella Prefettura di Udine, al quale hanno preso parte le Forze dell’ordine interessate dalle attività di controllo dei confini.

I Rolling Stones ci insegnano ancora cosa è il rock

Alberto Arbasino, fosse ancora vivo, avrebbe 93 anni. Mick Jagger e soci, oggi fuori con il loro nuovo lavoro Hackney Diamonds, ne hanno 80, chi più chi meno. Arbasino, tra le sue tante invenzioni letterarie – ricordiamo che a lui si deve l’iconica “casalinga di Voghera e quel “signora mia”, così snob da diventare simpatico – ha coniato la massima «si parte come brillanti promesse per diventare soliti stronzi, a pochi il privilegio di diventare venerati maestri». Parola più, parola meno. Ragionamento perfetto, buono per tutte le situazioni. Ma non per i Rolling Stones. Che hanno toccato tutte queste voci, per poi arrivare ben oltre il ruolo di venerati maestri: sono vere e proprie leggende viventi. Fatevi un giro in una qualsiasi città, specie quelle come Milano o Roma, infestate da cantieri, e vedrete come in genere passano le giornate i loro coetanei, a trascinare stancamente carrelli per la spesa, guardare come viene su quel palazzo, parlare stancamente su qualche panchina, se non in casa fissi su un programma qualunquista di Rete4. Questo mentre i, accompagnati dalle schitarrate iconiche di Keith Richards – il quale recentemente ha dichiarato di aver smesso da decenni con le droghe, questo dopo averci raccontato con dovizie di dettagli nella sua bio di essersi fumato anche le ceneri del padre morto – alternandosi tra classici rock’n’roll di matrice nera e ballad sdolcinate, tutte acustiche e archi, i nostri paladini ci dimostrano, oggi più che mai, che non solo il rock non è stato seppellito dalla trap, ma ci sono buone probabilità che le sopravviverà, mostrando sempre e comunque la lunga linguaccia, da poco apparsa anche sulle maglie del Barcellona.

Sarà il genio o una strana congiuntura astrale ma le canzoni girano che è una bellezza

Il disco, chiederà qualcuno? Ha ancora oggi senso tirare fuori un album? E ha senso tirare fuori un album di una band che da sempre, primi Anni 60, lavora su un unico mood? Sì, ha senso. Perché, sarà il genio, quello che li ha fatti assurgere a leggende, appunto, o sarà una strana congiuntura astrale che ciclicamente li vede al posto giusto nel momento giusto, ma questa manciata di nuove canzoni – nuove ma che potrebbero comodamente essere antiche – girano che è una bellezza, e girano anche nei cellulari, volendo, non necessariamente in stereo hi-fi. Partiamo con la decisamente funzionale Angry, funzionale per far discutere ma anche sufficientemente radiofonica per finire un po’ in tutte le airplay. I vecchietti in questione ben sanno che per arrivare al loro pubblico è meglio passare di lì che nelle Playlist di Spotify. Il lavoro si dimostra solido e impeccabile, con tracce sempre a fuoco e qualche picco in alto di quelli che ti fanno sobbalzare sulla sedia, se sei loro coetaneo una di quelle comprate in una televendita di Mastrota in tv, in regalo una bicicletta col cambio Shimano, immagino.

La dolce e smielata Depending on You è di quelle che, è scritto, finirà in una qualche scena strappalacrime di una commedia romantica grazie alla voce di Jagger sempre capace di creare empatia immediata con l’ascoltatore; Whole Wide World è un rockaccio amarissimo sulla brutta china che ha preso la loro città, Londra, e con essa tutto il mondo, con le chitarre di Richards e Ron Wood che si intrecciano come in fondo hanno sempre fatto. Poi arrivano le atmosfere rilassate e quasi caraibiche di Dreamy Skies, impreziosita dalla armonica del cantante e dall’hammond di una garanzia come Benmont Tench, direttamente dagli Heartbreakers del mai abbastanza compianto Tom Petty. Seguono la caciaresca Live by the Sword, con di nuovo tutti i componenti dietro i rispettivi strumenti, Charlie Watts redivivo compreso, miracoli della tecnologia, Bill Wyman figliol prodigo sempre gradito come l’ospite Elton John, e Tell me Straight, il classico momento Keith Richards, col rugoso asso delle sei corde anche al microfono.

I Rolling Stones ci insegnano ancora cosa è il rock
Keith Richards, Ron Wood e Mick Jagger (Getty Images).

Sweet Sounds of Heaven impreziosita dal genio di Lady Gaga e Stevie Wonder

Due due sono i punti che meritano particolare attenzione, e non solo da parte dei sodali della band che rischia di diventare la più longeva del pianeta. Parto dalla fine, e segnalo subito Sweet Sounds of Heaven, il gospel lunghissimo, oltre cinque minuti, praticamente quasi tre canzoni, stando ai diktat e standard imposti da Daniel Ek di Spotify, dove al fianco di Jagger c’è una artista che indubbiamente, destino permettendo, continuerà a lungo a stupirci per la sua geniale versatilità: Lady Gaga. Una canzone che prende il concetto di incedere del tempo e lo fa a pezzi, dimostrando come una bella canzone è in grado di superare le mode, la contemporaneità, puntando dritto dritto verso l’infinito e oltre, per dirla con Buzz. Lady Gaga, per altro, dei nostri vecchietti potrebbe essere più nipote che figlia, l’anagrafe parla chiaro. Una canzone che se fosse uscita negli Anni 60 avrebbe avuto esattamente lo stesso impatto, perché il rock’n’roll è questa cosa qui, signora mia, non certo solo una faccenda di pose e ammiccamenti, di cui comunque sia i Rolling Stones che Lady Gaga sono maestri indiscussi. Per la cronaca, alle tastiere c’è tale Stevie Wonder, perché se sei i Rolling Stones e chiami anche un Dio in terra come l’ex enfant prodige della Motown, il Dio prende e arriva.

Con Sir Paul McCartney in Bite My Head Off 

Arriviamo quindi a Bite My Head Off, che vede al basso Sir Paul McCartney, altro ultra 80enne piuttosto in forma, con un tour mondiale lì dietro l’angolo. Una canzone che è un vero pugno in faccia, violento e sardonico, dove i nostri si divertono a fare il verso, attenzione attenzione, vedi come a volte le leggende possono diventare volendo soliti stronzi, a quel punk che ormai quasi 50 anni fa aveva provato a mandarli definitivamente in pensione. Un brano punk rock storto, come il punk era per questioni spesso di incapacità, e come in fondo sono spesso state le canzoni dei Rolling Stones, sporche il giusto per graffiare le anime, capaci di profumare di sudore e umori vari, una certa idea di sesso sempre presente, anche quando apparentemente non sembra.

La carezza ai Maneskin e la certezza che il rock sarà anche da boomer ma è molto divertente

Hackney Diamonds sicuramente non farà mai i numeri di un Bad Bunny, e magari neanche quelli dei Maneskin, indicati proprio da Mick Jagger come la più grande rock band al mondo (nonostante siano italiani), fatto che lo ha lasciato stupito, ha dichiarato ai microfoni di 7 del Corriere della Sera, tanto quanto le sue parole lasciano stupiti noi: chissà se dobbiamo considerare Damiano e soci anche più grandi degli Stones. Il disco però ci regala almeno due canzoni che rimarranno nelle nostre orecchie parecchio, volendo anche tre, e che comunque ci dicono che il rock sarà anche una faccenda da boomer o da nostalgici, ma a volte essere boomer e nostalgici è proprio molto divertente.

Arrestato in Liguria l’anarchico Luca Dolce

Il Nucleo operativo centrale di sicurezza della polizia di Stato ha arrestato nei pressi di Bordighera (provincia di Imperia) l’anarchico Luca Dolce. Noto con lo pseudonimo “Stecco”, il 37enne era latitante dal 2021 e al momento della cattura aveva una carta di identità falsa. Dovrà scontare la pena di 3 anni e 6 mesi per condanne divenute definitive ed espiare la misura cautelare in carcere pendente per un altro procedimento. In passato è stato detenuto nel carcere di Tolmezzo e nel 2019 in quello di Ferrara, dove da maggio a dicembre aveva condiviso un periodo di detenzione con Alfredo Cospito, prima del trasferimento nel penitenziario di Modena.

Il ruolo nell’organizzazione anarco-insurrezionalista presente in Trentino

Dolce è stato arrestato dai Nocs al termine di una complessa indagine della Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione, che aveva costituito un gruppo di lavoro con le Digos di Trento, Trieste, Treviso, Genova e Brescia. Impegnato nell’attività di propaganda, con la redazione e pubblicazione di numerosi scritti caratterizzati da profili istigatori e apologetici, il triestino Dolce è dal 2009 parte integrante della radicata organizzazione anarco-insurrezionalista presente in Trentino, per la quale si è occupato a lungo della logistica.

La condanna per la partecipazione alla protesta al Brennero contro il muro anti-migranti

Le indagini hanno evidenziato il ruolo del 37enne nel coordinamento a livello nazionale di attività anti-carcerarie, caratterizzate dall’uso della violenza in occasioni di pubbliche manifestazioni, sfociata in invasione di terreni ed edifici, imbrattamento, resistenza a pubblico ufficiale e altri reati. Tra esse la manifestazione della Lega del dicembre 2018 a Rovereto: in quell’occasione un gruppo di circa 70 persone del movimento anarchico, con caschi e bastoni erano andate allo scontro le forze dell’ordine presenti. Dolce – che tra il 2013 ed il 2018, quando ha tenuto contatti epistolari anche con noti detenuti appartenenti alle Brigate Rosse – nel 2023 è stato condannato a 3 anni e 6 mesi di reclusione per aver partecipato il 7 maggio 2016 (con altri 62 anarchici) alla manifestazione di protesta al Brennero contro il muro anti-migranti, annunciato e mai realizzato dall’Austria.

È morto il vignettista Sergio Staino

È morto in ospedale a Firenze Sergio Staino, uno dei più noti disegnatori e fumettisti italiani di sempre. “Papà” di Bobo ed ex direttore del l’Unità, aveva 83 anni ed era malato da tempo. Ricoverato una prima volta nel novembre del 2022, era uscito dall’ospedale a settembre nel settembre del 2023, ma poi era stato ricoverato di nuovo pochi giorni fa, quando le sue condizioni erano peggiorate.

È morto il vignettista Sergio Staino, noto soprattutto per il personaggio Bobo. Aveva 83 anni. Era stato anche direttore de l’Unità.
Sergio Staino (Ansa).

Da Bobo su Linus alla direzione de l’Unità, la carriera di Staino

Nato a Piancastagnaio (Siena), dopo la laurea in architettura aveva insegnato educazione tecnica in vari licei della provincia di Firenze. La sua carriera da fumettista era iniziata nel 1979, con la pubblicazione della striscia di Bobo – il suo alter ego – sulla rivista di fumetti Linus. Successivamente ha collaborato con numerosi quotidiani e riviste, tra cui l’Unità, Il Messaggero, Il Corriere della Sera, La Stampa, L’Espresso, Panorama. Nel 1986 aveva fondato (e diretto) il settimanale satirico Tango, inserto umoristico de l’Unità pubblicato fino al 1988 per un totale di 127 numeri. L’8 settembre del 2016 era stato nominato direttore dell’Unità, carica da cui si dimise nell’aprile successivo dopo uno sciopero dei giornalisti contro un piano di licenziamenti voluto dalla proprietà. Era poi torneto a dirigere la testata fino alla sua chiusura, il 2 giugno del 2017. Nel corso della carriera si era cimentato anche come regista: nel 1989 aveva diretto il film Cavalli si nasce e nel 1992 Non chiamarmi Omar. E in Rai aveva creato Cielito lindo, varietà satirico condotto da Claudio Bisio e Athina Cenci.

L’omaggio della politica, da Calenda a Renzi

«Volevo bene a Sergio Staino. Era non solo un grande artista ma anche una persona buona e profonda. Conservo questa vignetta nel mio ufficio. La fece dopo un duro scontro con una multinazionale su una crisi industriale. Ed è per me una medaglia», ha scritto Carlo Calenda su X. Così Matteo Renzi: «La morte di Sergio Staino mi riempie il cuore di tristezza. Sergio è stato spesso un feroce critico e allo stesso tempo un affettuoso fratello maggiore. Ma per me è sempre stato soprattutto una persona vera con cui confrontarsi e discutere. Il mio messaggio di condoglianze più affettuoso a Bruna, ai figli Michele e Ilaria, a tutti quelli che gli hanno voluto bene». Questo il saluto di Piero Fassino: «Ci ha lasciati Sergio Staino, gia direttore de L’Unità e padre di Bobo, il personaggio delle sue vignette, interprete dei sentimenti, delle ansie, delle speranze del popolo della sinistra. Grazie Sergio, ci mancherai, ma ti porteremo nel cuore».

Sciopero attori, la proposta Clooney non decolla

La generosa proposta lanciata da George Clooney e altre star di serie A per sbloccare la vertenza degli attori di Hollywood è stata prontamente rispedita al mittente: «Grazie, ma no grazie», ha detto la presidente della Sag-Aftra, Fran Drescher, spiegando, in un video postato su Instagram, perchè quanto suggerito dai divi «non avrebbe alcun impatto sul contratto per il quale stiamo scioperando».

La proposta di Clooney era quella di abolire il tetto della quota associativa

Clooney, affiancato da altri attori tra cui, Scarlett Johansson, Kerry Washington, Tyler Perry, Bradley Cooper, Meryl Streep, Robert De Niro, Ben Affleck, Jennifer Aniston, Reese Witherspoon, Emma Stone, Laura Dern e Ryan Reynolds, che erano tutti presenti allo zoom con la Dreschner e il capo negoziatore Duncan Crabtree-Ireland, aveva proposto di abolire il tetto che blocca a un milione di dollari il massimo della quota associativa che le star devono pagare per essere membri del sindacato. Secondo i calcoli di Clooney, questo porterebbe a un’iniezione di fondi da 50 milioni di dollari all’anno (sulla base di un pool di 160 divi che guadagnano una media di 21 milioni di dollari all’anno): una cifra che potrebbe essere usata, ad avviso delle star, per coprire il gap che separa le richieste della Sag con quanto sono pronti a sborsare i produttori.

La presidente Dreschner ha respinto l’idea

«Il problema è che questo non ha nulla a che fare con il contratto. È come paragonare mele alle arance», ha continuato la Dreschner spiegando che sono gli studi a dover aprire il portafoglio per pagare equamente chi sta davanti alla macchina da presa. Clooney aveva proposto inoltre di ristrutturare la distribuzione dei profitti dello streaming in modo che i colleghi che guadagnano meno siano i primi ad essere pagati. Niente spiragli dunque, mentre l’agitazione cominciata a metà luglio si avvia a superare, il 21 ottobre, il traguardo del centesimo giorno. Intanto, a rendere ancora più amara la vita di attori da mesi senza lavoro, la Sag ha vietato agli iscritti al sindacato di scegliere costumi di Halloween ispirati a film e serie tv di successo come Barbie e Mercoledì per poi postare le loro immagini sui social media: sarebbe una forma di promozione indiretta vietata dal codice dell’agitazione.

Incendi in Sicilia, oltre 150 persone evacuate nel Messinese

Sono circa 150 le persone evacuate nella notte dai sindaci e dalle forze dell’ordine nel Messinese, a causa degli incendi che hanno interessato le zone di San Pier Niceto, Condró e Gioiosa Marea. Decine le case bruciate specialmente nei tetti in legno, infissi esterni e tettoie. Le fiamme in alcuni casi sono arrivate anche all’interno. Diversi gli incendi anche nel Palermitano. La zona più colpita quella di Corleone e quella di Cefalù. Decine gli ettari andati in fumo nell’ennesima giornata di scirocco.

Interventi anche nelle province di Enna, Catania e Agrigento 

La situazione, nel complessivo, è adesso sotto controllo e migliorano le condizioni meteo. «Dalla mattinata stanno operando canadair dei vigili del fuoco e elicotteri della Forestale, pertanto al momento non necessitano ulteriori rinforzi di Squadre di Volontariato AIB delle altre province», ha dichiarato Bruno Manfrè, capo servizio di Messina della protezione civile regionale. Sono inoltre intervenute decine di squadre di volontari antincendio dalle province di Catania, Agrigento e Enna, attivati e coordinati dai funzionari dal dipartimento di protezione civile che hanno collaborato con le squadre dei vigili del fuoco.

 

Scomparsa a Milano, il cadavere a pezzi trovato nella casa del vicino

È stato sottoposto a fermo con l’accusa di omicidio volontario Domenico Livrieri, vicino di casa di Marta Di Nardo, 60enne scomparsa a Milano da due settimane il cui corpo è stato trovato nascosto nell’appartamento dell’uomo, in via Pietro Da Cortona al civico 14. Il cadavere era stato fatto a pezzi e in avanzato stato di decomposizione. Secondo quanto reso noto dai carabinieri Livrieri, che avrebbe problemi di tossicodipendenza e avrebbe avuto una sorta di relazione con la vittima, ha vari precedenti ed è in cura per problemi psichiatrici.

Di Nardo era sparita improvvisamente il 4 ottobre

In casa del presunto omicida sono stati trovati, spiegano i carabinieri, alcuni effetti personali della donna. Inoltre «sono emerse tracce della presenza dell’uomo all’interno dell’abitazione in un periodo successivo alla sua scomparsa». Di Nardo era sparita improvvisamente il 4 ottobre. A denunciarne la scomparsa era stato il figlio, che vive a Paderno Dugnano e con cui la donna non aveva molti rapporti. Livrieri, in cura per tossicodipendenza e problemi psichiatrici, era stato fin da subito il principale sospettato della polizia.

Il corpo è stato rinvenuto nel controsoffitto

Gli indizi, tra cui una ricetta medica posteriore alla data della scomparsa rinvenuta nella casa della vittima e le testimonianze dei vicini, che hanno raccontato di aver visto l’uomo entrare e uscire dall’appartamento di Di Nardo, hanno portato alla perquisizione nell’abitazione di Livrieri. Il corpo è stato ritrovato nel controsoffitto, a cui si accede con una botola dalla cucina, avvolto in una coperta e tagliato in due parti.

La rottura Meloni-Giambruno e la vita terribile da scapolo: il racconto della settimana

Quest’estate ho letto un libro di un tizio che raccontava la storia di una coppia che si era appena lasciata. «Non ci si lascia mai a 40 anni», diceva a un certo punto, prima di cominciare a descrivere lo straniamento e iniziare a sezionare una dopo l’altra le porzioni di dolore che via via gli presentavano emotivamente il conto della fine della relazione. Ho iniziato a pensare così, sdraiato su un lettino di una spiaggia greca, scaldato dal sole della mia relazione stabile, come mi sarei comportato se questa cosa fosse successa a me. L’idea di tornare alla vita da scapolo, e all’appartamento che continuavo a tenere in via Amedeo d’Aosta nello stesso palazzo in cui ero nato strisciò verso di me con un sibilo acido. Ma la vita da scapolo, come ben sapevo, era un labirinto orrendo.

Per un attimo su quel lettino su una spiaggia di Antiparos, mentre i camerieri portavano secchielli di ghiaccio con bottiglie di Veuve Cliquot pensai: «Abbandona la casa in Viale Regina Giovanna, fatti crescere la barba, ricomincia a drogarti, seduci donne con la metà dei tuoi anni, organizzati per scrivere il tuo romanzo, diventa maniaco della forma fisica. Libera l’Andrea di una volta»

Lo sapevano tutti che gli scapoli andavano fuori di testa, invecchiavano da soli, diventavano patetiche controfigure di se stesse in perenne crisi esistenziale. Gli scapoli pagavano una domestica per lavare la biancheria, si ritrovavano da soli in qualche club dove erano troppo vecchi per stare, ordinando l’ennesimo gin tonic corteggiando ragazze più giovani di loro con la merda nel cervello. Quel pomeriggio però, per un attimo su quel lettino su una spiaggia di Antiparos chiamata Soros, mentre i camerieri giravano, vestiti di lino bianco, portando secchielli di ghiaccio con dentro bottiglie di Veuve Cliquot pensai: «Abbandona la casa in Viale Regina Giovanna, fatti crescere la barba, ricomincia a drogarti, seduci donne con la metà dei tuoi anni, scopatele tutte, organizzati uno studio per scrivere il tuo romanzo, diventa maniaco della forma fisica, confida i tuoi fallimenti agli amici cari che non frequenti più. Libera l’Andrea di una volta. Ricomincia dal principio. Lasciati fagocitare dalla wave milanese fatta di creativi e starlette e giovani scrittori che tanto detesti. Elimina lo chic. Racconta la tua storia a tutti e convincili uno a uno anche se sai che ti stai inventando tutto».

La rottura Meloni-Giambruno e la vita terribile da scapolo: il racconto della settimana
Soros beach.

Così chiusi gli occhi e invece che in una piccola isola dispersa nell’Egeo mi ritrovai in Puglia, in Salento, di fianco a Dodo, sorseggiando vino bianco sulla terrazza affacciata sul mare de La Fortunata, la magnifica villa che i suoi affittano da decenni a Marina Serra e che di fatto nel tempo si è trasformata nella loro residenza estiva. Di colpo quei pensieri innescarono qualcosa, percepii dentro di me una piccola implosione mentre uno stormo di corvi immaginari cominciarono a volteggiare sopra la mia testa. Poi nella mia mente iniziarono a scorrere una serie di immagini, simili alla pellicola di un film, dove il protagonista, un 40enne smilzo con gli occhiali e il cranio rasato, molto simile a me era, in compagnia di una ragazza con i capelli biondi di nome Carla, ma che noi tutti chiamiamo Carlà, alla francese, in un’altra terrazza affacciata sul mare in un appartamento vicino a un locale chiamato Jamao.

«Non dovrei farmi coinvolgere per una quantità di motivi», disse lei, e poi aggiunse, sospirando: «Per prima cosa sei sposato…». «Da meno di un anno!», gemetti, «ma in questo momento siamo, diciamo, in una pausa di riflessione». «Andre…». Sprofondai la faccia nel suo collo e poi mi abbassai, fino a inginocchiarmi ritrovandomi a fissare le suo cosce aperte. In un attimo le infilai le mani sotto il vestito di cotone leggero scoprendo un pancino teso e abbronzato e indugiando con le dita verso il basso ventre puntando le mutandine sottili. Poco dopo ci ritrovammo avvinghiati e mentre le leccavo la bocca mi sorpresi ad assaporare il suo lucidalabbra, cosa che mi riportò con la mente ai tempi del liceo e alle ragazze con cui uscivo d’estate a Rapallo e me la spassavo steso su una sdraio davanti a una piscina dal fondo blu ai Bagni Ariston ed ero abbronzato e portavo una collana di conchiglie e ascoltavo Love Street dei Doors e lei si chiamava Ludovica. Le immagini proseguirono. Ero sempre davanti a una piscina in una tenuta enorme nell’entroterra salentino, ma la ragazza questa volta non era più Carlà ma si era trasformata in Sofia, o forse era qualcun’altra? Azzurra forse, che con un moccioso in mano, reclamava 2 mila euro di alimenti che quel mese secondo lei non le avevo corrisposto. «Sono per l’apparecchio di tuo figlio!», mi urlava, paonazza in volto, senza nascondere il suo risentimento nei miei confronti che con il tempo si era trasformato in odio. «Devi conoscere tuo figlio», mi ripeteva, «è essenziale per lui avere un rapporto con il proprio padre!».

La mente fa brutti scherzi ogni tanto, soprattutto quando si mette a fare certi pensieri strani, come adesso mentre con la tazza di caffè fumante sul comodino scorrendo le notizie sull’iPhone, leggo del tweet di Giorgia Meloni sulla fine della sua relazione la cui conclusione somiglia a una di quelle frasi motivazionali che nel migliore dei casi diventano dei brutti tatuaggi

Non c’era altro da aggiungere, stavo andando fuori di testa. Così mi alzai dal lettino e dopo aver lanciato uno sguardo furtivo a Ofelia, stesa di fianco a me a prendere il sole, mi gettai in acqua, barcollando, cercando di cancellare quegli assurdi pensieri che mi erano balenati nella malata scatola cranica. Così presi a nuotare e ogni bracciata che facevo, quando tiravo fuori la testa per respirare e aprivo gli occhi vedevo il volto di mio padre, e le immagini di una libreria a casa nostra a Milano, in via Amedeo d’Aosta, piena zeppa di fotografie che non avevo mai notato. Quasi tutte mie, che forse gli servivano come promemoria del mio abbandono, anche se quando se ne andò la casa di Via Amedeo d’Aosta già non esisteva più da parecchio tempo. Decisi di tornare a riva quando l’unica immagine che continuamente mi si proiettava davanti agli occhi era una foto di noi due: io a 17 anni, occhiali da sole, serio, abbronzato e lui di fianco a me, bruciato dal sole, e vestito di bianco. Fermi, davanti alla villa a Forte dei Marmi e un sole fortissimo che luccicava in cielo. Ero stremato dal dolore. Quante volte avevamo litigato in quella vacanza? Quante volte ero andato in pezzi durante quei giorni snervanti? Continuai a pormi quelle domande per una decina di minuti, mentre mi asciugavo al sole, e fu solo al secondo bicchiere di champagne che trangugiai tutto di un fiato che mi resi conto che quel viaggio con mio padre non era mai esistito perché io a 17 anni durante l’estate ero andato ad Amsterdam e Parigi con Dodo e Nosama.

La mente fa brutti scherzi ogni tanto, soprattutto quando si mette a fare certi pensieri strani, come adesso mentre, appena sveglio, con la tazza di caffè fumante sul comodino scorrendo le notizie con in mano l’iPhone, leggo del tweet di Giorgia Meloni sulla fine della sua relazione con il compagno Andrea Giambruno e la cui conclusione somiglia a una di quelle frasi motivazionali che nel migliore dei casi diventano dei brutti tatuaggi: «Tutti quelli che hanno sperato di indebolirmi colpendomi in casa sappiano che per quanto la goccia possa sperare di scavare la pietra, la pietra rimane pietra e la goccia è solo acqua». Tornare scapolo, scoparsi una donna diversa ogni notte, e poi? Rischiare di diventare come mio padre, o come quel ragazzo che l’altra sera a una festa, con aria gradassa, parlando con un tale, fissandolo negli occhi gli ha detto: «Fate i figli e state a casa. Minchioni! È proprio adesso che dovete uscire e farvi le altre donne. Non capite veramente un cazzo!». E pensare che avrei voluto scrivere del centenario di Calvino o al massimo un tales sul ritorno sulla scena di Fabrizio Corona.

Meloni può lasciare chi vuole, ma la sua maggioranza non dia lezioni di virtù

Sul fatto che la sfera personale e privata sia o no anche “politica” si dibatte ogni volta. Quanto possa essere “personale”che la presidente del Consiglio Giorgia Meloni si separi via social un venerdì mattina dopo due giorni in cui una rete televisiva legata a un partito di governo ha evidenziato i censurabili comportamenti dell’ormai ex dimenticabile compagno Andrea Giambruno, è tutto da vedere.

Com'è nata la storia d'amore, ormai naufragata, tra Giorgia Meloni e l'ex compagno Andrea Giambruno? Ecco il racconto.
Giorgia Meloni e Andrea Giambruno (Instagram).

Figli e bambini di serie A  di serie B

Dicono che non ci debbano finire in mezzo i bambini. L’affermazione tagliata così appare pressoché incontestabile. Eppure di minorenni dati in pasto dalla politica ne abbiamo visti decine. Ci sono ad esempio i figli delle coppie omogenitoriali presi a calci dalla politica con l’iter parlamentare della controversa proposta di legge, presentata da Fratelli d’Italia, che intende rendere la gestazione per altri reato universale, ossia perseguibile se commesso all’estero da un cittadino italiano. Trentatré certificati di nascita relativi a 33 coppie di mamme registrati dal sindaco Sergio Giordani dal 2017 a oggi sono state impugnate a Padova, dopo Milano, e potrebbero provocare dei figli orfani per decreto perché la politica si è interessata del “personale” proprio “mettendo in mezzo dei minori che non c’entrano nulla”. Non lo diciamo noi, lo dice chiaramente il Parlamento europeo che condanna le istruzioni impartite dal governo italiano al Comune di Milano di non registrare più i figli di coppie omogenitoriali. Ritiene che questa decisione porterà inevitabilmente alla discriminazione non solo delle coppie dello stesso sesso, ma anche e soprattutto dei loro figli, ritiene che tale azione costituisca una violazione diretta dei diritti dei minori, quali elencati nella Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza del 1989 ed esprime preoccupazione per il fatto che tale decisione si iscriva in un più ampio attacco contro la comunità LGBTQI+ in Italia. Questo è “personale” o “politico”?

Definire usa e getta i matrimoni finiti degli altri è personale o politico?

Nel 2019 Giorgia Meloni votò contro la legge cosiddetta “sul divorzio breve” dicendo «no al matrimonio usa e getta soprattutto in presenza di figli. I bambini non sono un dettaglio: vanno tutelati sempre». Definire “usa e getta” i matrimoni finiti degli altri è “personale” o “politico”? Credere che la tutela dei figli passi per il mantenimento di relazioni che non funzionano solo per incagli burocratici è “personale” o “politico”?

Meloni può lasciare chi vuole, ma la sua maggioranza non dia lezioni di virtù
Giorgia Meloni al villaggio Coldiretti (Imagoeconomica).

Attaccare la giudice Apostolico tirando in ballo il figlio è personale o politico?

Ancora. I recenti attacchi alla giudice Iolanda Apostolico di Catania presa di mira dalla maggioranza di governo per avere applicato leggi che smontano il decreto Cutro hanno riguardato anche un risibile processo (finito in un’assoluzione) di suo figlio: sono un aspetto “personale” o “politico”? E questo è solo uno delle decine di casi di magistrati che sono stati attaccati dalla politica su aspetti personali e non nel merito delle loro decisioni. Il caso del calzino turchese del giudice Mesiano che solo un giorno prima aveva condannato la Fininvest a pagare una multa milionaria per danni alla Cir di Carlo de Benedetti è un caso-scuola: ripreso mentre andava dal barbiere e giudicato per il colore delle calze. È “personale” o “politico”?

I consigli per evitare di essere stuprate erano politica o paternalismo d’accatto?

Ancora. I membri dei partiti di maggioranza che per settimane hanno giudicato le scelte personali della scrittrice Michela Murgia ritenevano che fosse un aspetto “politico”? Ancora: tutte le volte che i partiti di maggioranza (ma anche lo stesso Giambruno con il noto lupo) hanno spiegato alle donne come dovrebbero comportarsi per non essere molestate o peggio ancora stuprate hanno fatto “politica” o paternalismo intervenendo nella sfera privata? Un esempio recente: la presidente del Consiglio che interviene sui suoi social su uno spot pubblicitario entrando nel dibattito sulla rappresentazione delle coppie separate è un atto “personale” o “politico”? Ma soprattuto: decidere quale sia la formula giusta della famiglia che rispetti le tradizioni e decidere chi possa amare chi e in quale modo è una questione “personale” o “politica”?

Ognuno è libero di vivere come crede, a disturbare è l’ipocrisia

Questa maggioranza ha costruito la sua propaganda su tre aspetti che non hanno nulla a che vedere con il ruolo istituzionale. Dio rientra in una sfera religiosa e quindi privata all’interno di uno Stato che si definisce laico per Costituzione. La famiglia è il risultato di volontà (e incidenti, come la presidente del Consiglio ha appena provato sulla sua pelle) che non hanno nulla a che vedere con la politica. La Patria tanto decantata è inserita, per Costituzione, all’interno di ordinamenti di legge sovranazionali. Non funzionerà l’ipocrisia dei moralisti di governo. Giorgia Meloni è libera di prendere le decisioni personali che preferisce e come preferisce, Matteo Salvini è libero di avere figli con chi preferisce. Nessuno li giudica. Molto semplicemente stiamo facendo notare che è l’ipocrisia che ci disturba perché lancia falsi segnali virtuosi.

Aperto per aiuti umanitari il valico di Rafah, no al passaggio di persone

Il valico di Rafah tra Gaza e l’Egitto è stato aperto alle ore 10 locali (le 9 in Italia) per il passaggio di aiuti umanitari. Dopo aver appreso la notizia, una cinquantina di palestinesi con doppia cittadinanza (in particolare egiziana) sono arrivati al valico nella speranza di passare nel Sinai. Ma gli uffici del terminal passeggeri del valico sono rimasti chiusi. Hamas intanto ha liberato due ostaggi statunitensi: Judith Raanan, e sua figlia, la 17enne Natalie. Raanan, che erano arrivate in Israele da Chicago per celebrare la festa ebraica di Sukkot con la famiglia. Il presidente americano Joe Biden ha parlato al telefono con le due donne, garantendo loro «il pieno sostegno del governo degli Stati Uniti per riprendersi da questa terribile esperienza».

L’Idf: 7 mila razzi lanciati da Gaza contro Israele 

Sono stati quasi 7 mila i razzi lanciati da Gaza contro Israele dall’attacco di Hamas. Lo ha fatto sapere l’esercito israeliano, spiegando che circa 450 di questi sono ricaduti all’interno della Striscia. Secondo la stessa fonte sono stati oltre mille «i terroristi neutralizzati, molti di loro dopo essersi infiltrati in Israele». Nella notte ancora raid su postazioni di Hezbollah mentre un missile anticarro partito dal Libano ha ucciso un soldato israeliano, ferendone altri tre.

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Aperto il valico di Rafah, Hamas libera due ostaggi americani. Gli aggiornamenti sul conflitto israelo-palestinese.
Missili lanciati dalla Striscia di Gaza (Ansa).

Hamas: più di 4 mila i morti nella Striscia di Gaza

Il ministero della Sanità di Hamas fa sapere che nella Striscia di Gaza i morti dall’inizio del conflitto sarebbero 4.137. Oltre 1.600 bambini sarebbero stati uccisi in due settimane di bombardamenti a Gaza. Più di 4.200 altri sarebbero stati feriti. Lo ha dichiarato Adele Khodr, direttore regionale Unicef per il Medio Oriente e il Nord Africa. Sono invece almeno 17 i dipendenti dell’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (Unrwa) rimasti uccisi nella Striscia di Gaza dall’inizio della guerra tra Israele e il movimento islamico palestinese Hamas. Lo ha reso noto il commissario generale dell’Unrwa, Philippe Lazzarini.

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L’Università Islamica di Gaza e il quartier generale dell’Unrwa (Ansa).

Nato: «Risorse sufficienti per sostenere Israele e Ucraina»

La Nato dispone di risorse sufficienti per sostenere Israele nel conflitto con Hamas, ma anche per sostenere militarmente l’Ucraina nella guerra con la Russia. Lo ha detto all’emittente tv rumena Digi 24 il vice segretario generale dell’Alleanza, Mircea Geoan?: «I 32 Paesi della Nato, con la Svezia, spero, hanno più di un miliardo di persone e oltre il 50 per cento del Pil globale». Abbastanza risorse per «piani di difesa specifici» nel contesto in cui l’Alleanza ha individuato due minacce dirette: «La Russia e il terrorismo».

 

 

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