Daily Archives: 14 Ottobre 2023

Perché le elezioni in Polonia sono un test sull’Europa

Dopo otto anni di governo conservatore, con le elezioni di domenica 15 ottobre la Polonia si trova di fronte a un bivio. Continuare sulla stessa strada, quella di Diritto e Giustizia (Pis), il partito di Jaroslav Kaczynski, (membro in Europa dei Conservatori e riformisti di Giorgia Meloni) che accanto al premier Mateusz Morawecki conta anche il presidente Andrei Duda, oppure ritornare su quella ancora più vecchia, affidandosi all’opposizione di Coalizione civica (Ko), piattaforma progressista guidata da Donald Tusk, premier tra il 2017 e il 2014 prima di diventare presidente del Consiglio europeo, predecessore di Charles Michel. Alle ultime elezioni il PiS aveva trionfato con oltre il 43 per cento delle preferenze, conquistato la maggioranza assoluta e formato un governo con gli alleati conservatori di Accordo (P) e gli euroscettici di Polonia solidale (Ps), a cui si erano aggiunti poi i repubblicani (Pr); in sostanza comunque il potere era finito nelle mani di Kaczynski e del PiS, a cui però ora rischia di scappare di mano.

Perché le elezioni in Polonia sono un test sull'Europa
Cartelloni elettorali a Varsavia (Getty Images).

Le frizioni con l’Ue e le proteste interne hanno fatto perdere smalto al PiS

In mezzo, in questi otto anni, non ci sono stati solo i conflitti con l’Unione europea, preoccupata per la stretta autoritaria e conservatrice del Paese, dalla discussione sulla divisione dei poteri a quelle sui diritti delle donne, leggasi aborto, tra le zuffe con l’opposizione parlamentare e le sollevazioni di piazza, ma anche un paio di crisi migratorie, una pandemia, la guerra in Ucraina con il presunto allontanamento di Varsavia da Kyiv, e il contesto internazionale sempre più fragile. Dopo la vittoria del 2019 PiS ha iniziato così a perdere qualche colpo e alla vigilia del voto la situazione per il blocco nazionalpopulista non è proprio tranquillizzate. A seconda dei sondaggi, la forbice che divide Diritto e Giustizia e Coalizione civica va da uno a 10 punti percentuali: dal testa a testa alla chiara vittoria per PiS (sarebbe la terza vittoria) che però perderebbe in ogni caso almeno una decina di punti rispetto all’ultima tornata elettorale. Ko è data sì in ascesa, ma non riuscirà a dare la spallata, per cui avrebbe bisogno del sostegno di chi, almeno secondo i numeri della vigilia, sta aumentando il proprio consenso, vale a dire Terza Via (Td), piattaforma centrista, e Lewica, alleanza di sinistra, entrambe accreditate intorno al 10 per cento. Una cosa è certa: il prossimo governo sarà una coalizione che si formerà intorno al partito vincitore in base a quello che saprà offrire agli eventuali partner, che potranno essere reclutati alle estremità, destra e sinistra. C’è però il rischio che il voto non esprima un vero vincitore. Secondoil think tank Eurasia Group c’è una probabilità del 55 per cento che il parlamento rimanga sospeso. Ciò non solo lascerebbe la politica polacca nel limbo, ma potrebbe anche incoraggiare i perdenti a mettere in discussione il risultato, soprattutto se la differenza sarà minima.

Perché le elezioni in Polonia sono un test sull'Europa
Il leader di Coalizione Civica Donald Tusk (Getty Images).

L’escamotage dei referendum per mobilitare il popolo conservatore

Le elezioni saranno accompagnate inoltre da quattro domande referendarie su vari temi che vanno dal compromesso sull’asilo nell’Unione europea alla privatizzazione delle aziende statali, dall’innalzamento dell’età pensionabile al rafforzamento del confine con la Bielorussia. Secondo l’opposizione si tratta di una tattica strumentale del governo per mobilitare l’elettorato conservatore e tirare acqua al proprio mulino. E in effetti la questione della mobilitazione è fondamentale per la vittoria: la grande manifestazione organizzata da Tusk all’inizio di ottobre che ha portato in piazza a Varsavia 1 milione di persone, almeno secondo gli organizzatori, ha dato la scossa per il rush finale della campagna elettorale che ha fatto arrivare Ko a soffiare sul collo di PiS. Difficile prevedere se basterà questo all’ex premier per riuscire a riprendere le redini di un Paese che rimane ancora abbastanza saldo nelle mani di Kaczynski e che in ogni caso risulta spaccato tra una parte conservatrice e nazionalpopulista e una più progressista ed europeista. Senza contare il partito degli indecisi – il 45 per cento circa degli aventi diritto – che non sa ancora se e per chi voterà. Con un terzo governo di PiS proseguiranno le frizioni interne e quelle con Bruxelles, con Ko a Varsavia miglioreranno i rapporti con l’Unione, dove la Polonia rimarrà ben salda, come nella Nato.

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Sabato in Polonia si vita anche per quattro referendum (Getty Images).

Raid continui su Gaza, Israele: «Ucciso il capo di Hamas che ha guidato l’attacco»

Dopo una notte in cui l’esercito israeliano ha condotto attacchi senza sosta su obiettivi di Hamas nella Striscia, 750 in tutto, tra cui «tunnel sotterranei, compound e postazioni militari, residenze di terroristi di primo piano utilizzati come centri di comando militare, depositi di armi e reti di comunicazione», i raid di Tel Aviv sono andati avanti durante la giornata del 14 ottobre arrivando a uccidere «numerosi operativi». Tra essi, fanno sapere l’esercito israeliano e lo Shin Bet, anche Ali Kachi, il comandante delle forze d’elite Nakba, che aveva guidato il massiccio attacco dei miliziani contro Israele una settimana fa. Nel 2005 Kachi era stato arrestato in seguito al rapimento e all’uccisione di israeliani ed era stato rilasciato nell’ambito dello scambio di prigionieri per la liberazione di Gilad Shalit. L’Idf aveva già annunciato l’uccisione di Merad Abu Merad, capo del sistema aereo di Gaza, ritenuto «responsabile di aver diretto i terroristi».

Attacchi continui sulla Striscia di Gaza, Israele: «UccisoAli Kachi, il capo di Hamas che ha guidato l’attacco».
Artiglieria israeliana in azione (Getty Images).

Hamas ha comunicato che le bombe israeliane hanno ucciso nove ostaggi

Il bilancio delle vittime continua a salire a Gaza. Secondo il ministero della Salute nell’enclave gestita da Hamas, dall’inizio dei bombardamenti israeliani sono morte 2.215 persone, tra cui 724 bambini. Vittime anche tra gli ostaggi presi da Hamas, da sapere la stessa organizzazione terroristica: nei raid di Tel Aviv sarebbero morti nove prigionieri, di cui quattro stranieri. Secondo l’Onu, nella Striscia le bombe israeliane hanno distrutto finora almeno 1.300 edifici.

Attacchi continui sulla Striscia di Gaza, Israele: «UccisoAli Kachi, il capo di Hamas che ha guidato l’attacco».
Palestinesi in fuga tra le macerie di Gaza (Getty Images).

La fuga lungo i corridoi umanitari, ma tanti palestinesi rimangono in trappola

Due corridoi umanitari sono stati aperti per consentire agli abitanti della Striscia di spostarsi in sicurezza verso sud nell’enclave palestinese. Sono circa 423 mila i palestinesi che hanno lasciato le loro case, fa sapere l’Onu. «Ci sono persone che dormono sui pavimenti, ovunque, anche all’interno dell’ospedale. L’affollamento porterà a un’epidemia, alla diffusione di malattie infettive», scrive su X Ghassan Abu Sitta, chirurgo ricostruttivo che si trova all’interno dell’ospedale di Shifa, a Gaza.

Il portavoce dell’esercito israeliano, tenente Jonathan Conricus, ha accusato Hamas di impedire ai residenti nel nord di Gaza di evacuare la zona, «mandando loro messaggi o bloccandoli».

Israele ha arrestato 230 membri di Hamas in Cisgiordania

L’esercito israeliano ha arrestato oltre 230 operativi di Hamas in diverse località della Cisgiordania dall’inizio dell’operazione Spade di Ferro. Tra gli arrestati, aggiunge il Jerusalem Post, ci sono anche due esponenti di spicco dell’organizzazione terroristica, Sheikh Adnan Asfour e Ahmed Awad, catturati a Nablus.

Attacchi continui sulla Striscia di Gaza, Israele: «UccisoAli Kachi, il capo di Hamas che ha guidato l’attacco».
Razzi di Hamas intercettati da Israele (Getty Images).

Il Libano vuole denunciare Israele per la morte del reporter Issam Abdallah

Il Libano è pronto a presentare una denuncia al Consiglio di sicurezza dell’Onu per «l’uccisione intenzionale da parte di Israele del giornalista libanese Issam Abdallah» e per il ferimento di altri colleghi. Lo ha annunciato il ministero degli Affari esteri di Beirut.

Michael Caine ufficializza l’addio al mestiere di attore

Dopo aver dichiarato essere «più o meno andato in pensione», Michael Caine ha confermato di aver dato addio al mestiere di attore a 90 anni, di cui 66 passati recitando «Ho deciso. Ho fatto un film da protagonista e ricevuto incredibili recensioni. Cosa potrei fare di meglio?», ha detto alla Bbc il due volte premio Oscar. «Le uniche parti possibili sono quelle del 90enne. Al massimo di un 85enne. Non sarò più protagonista. Così mi sono detto: Meglio lasciare adesso. Ho 90 anni. La mia preoccupazione è di arrivare vivo all’ora di pranzo».

Il 90enne Michael Caine ufficializza l’addio al mestiere di attore dopo l’ultimo ruolo nel film The Great Escaper.
Michael Caine alla prima di The Great Escaper (Getty Images).

In The Great Escaper è un veterano della Royal Navy

Caine, vero nome Maurice Joseph Micklewhite, in The Great Escaper ha interpretato la parte di Bernard Jordan, un veterano della Royal Navy che nel 2014 scappò da una casa di riposo del Sussex per partecipare alle cerimonie per i 70 anni dello sbarco in Normandia. Al suo fianco Glenda Jackson, attrice e parlamentare laburista morta a giugno, e a John Standing, nel ruolo immaginario di un pilota della Raf che fa amicizia con l’anziano Bernard sul traghetto che li sta portando in Francia. L’annuncio dell’addio alle scene da parte di Caine arriva a poche settimane da quando l’attore aveva detto al Guardian che pensava di recitare nel ruolo di Charles Darwin, in una produzione in programma nel 2024.

Il 90enne Michael Caine ufficializza l’addio al mestiere di attore dopo l’ultimo ruolo nel film The Great Escaper.
Michael Caine nel 1966 (Getty Images).

La notorietà nel 1966 con Alfie, poi i due premi Oscar

Nato nel 1933, Caine ha raggiunto la notorietà internazionale nel 1966 con Alfie, affermandosi poi nel decennio successivo con pellicole quali Carter (1971), L’uomo che volle farsi re (1975) e Quell’ultimo ponte (1978). Negli Anni 80 ecco i principali riconoscimenti della carriera, ovvero un BAFTA Award e un Golden Globe per Rita, Rita, Rita (1983) e il primo dei due Oscar della carriera come miglior attore non protagonista grazie al ruolo di Elliot in Hannah e le sue sorelle di Woody Allen (1986). La seconda statuetta è poi arrivata per l’interpretazione di un medico in Le regole della casa del sidro (1999). In tempi più recenti ha interpretato Alfred Pennyworth, il maggiordomo di Bruce Wayne/Batman nella trilogia del cavaliere oscuro diretta da Christopher Nolan.

Crosetto: «Con i migranti può arrivare anche chi vuole fare del male»

«Ora diventa fondamentale difendere la sicurezza del Paese e sono convinto che questa necessità aumenterà nei prossimi mesi, sia perché una riesplosione dell’integralismo è possibile, sia perché fenomeni di questo tipo aumentano il rischio di immigrazione. In questo momento il rischio è che non sempre ci sia un’immigrazione di povertà ma anche di soggetti che arrivino per fare del male. Quindi va aumentato ancora di più il controllo perché non possiamo permetterci adesso di far entrare persone che verrebbero a combatterci». Così il ministro della Difesa Guido Crosetto, a margine delle commemorazioni per l’ottantesimo anniversario dell’eccidio di Cefalonia, che si sono svolte in Grecia.

Il ministro della Difesa Guido Crosetto l'ancia l'allarme: «Con i migranti può arrivare anche chi vuole fare del male».
Migranti in arrivo a Lampedusa (Getty Images).

«Contro il terrorismo si risponde tutti insieme»

In Grecia Crosetto ha anche detto che «Non serve a nulla ricordare se non ci consente di imparare: significa capire dalla storia come comportarci su quello che accade oggi». La storia, ha proseguito il ministro «ci insegna che anche nella guerra si possono rispettare o no le regole umane, che quando il nemico si arrende lo si rispetta e non lo si uccide, che le donne, i bambini, gli ospedali e la comunità civile vanno tenuti fuori». E poi: «Contro il terrorismo si risponde tutti insieme senza riflettere un secondo e lo si fa ricordando che ci sono dei valori anche in guerra, anche contro i nemici».

Il ministro della Difesa Guido Crosetto l'ancia l'allarme: «Con i migranti può arrivare anche chi vuole fare del male».
Il palazzo del Viminale (Ansa).

Il Viminale ha individuato 28 mila obiettivi sensibili

Secondo quanto riferito dal Viminale sono oltre 28mila gli obiettivi sensibili in Italia di cui 205 quelli israeliani, in prevalenza diplomatici e religiosi. La ricognizione è stata effettuata nel corso del comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica, presieduto dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. «Oggi la dimensione dell’attacco è più complicata da prevenire perché la minaccia può arrivare da singoli che non frequentano moschee, ma si indottrinano online e poi decidono di passare all’azione». Lo ha detto il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, parlando di minacce del terrorismo jihaista nel corso della festa de Il Foglio a Firenze.

Il Louvre è stato evacuato per un allarme bomba

Il Museo del Louvre è stato evacuato e chiuso attorno alle ore 12 del 14 ottobre a causa di un allarme bomba. La misura si è resa necessaria dopo che la direzione ha ricevuto «un messaggio scritto, che segnalava rischi per la struttura e i suoi visitatori». Le procedure si sono svolte mentre l’edificio veniva circondato dalla polizia.

L’evacuazione rientra nel protocollo abituale previsto con dell’innalzamento del livello di allerta del piano Vigipirate ad “allerta attentati” dopo l’attacco avvenuto in un liceo di Arras. Il Louvre resta così chiuso per l’intera giornata, «il tempo necessario per procedere alle indispensabili verifiche».

Allerta alta: l’Eliseo mobilita 7 mila militari

Dopo l’attacco che ha causato un morto e tre feriti nel liceo di Arras in Francia, il presidente Emmanuel Macron ha deciso di mobilitare fino a 7 mila soldati della forza Sentinelle, che saranno dispiegati entro lunedì 16 ottobre e fino a nuovo ordine. L’Eliseo ha adottato il livello di sicurezza “emergenza attentato”, ovvero il più alto nel quadro del dispositivo Vigipirate, che consente un’eccezionale mobilitazione di risorse.

Parigi, il Museo del Louvre è stato evacuato e chiuso per un allarme bomba. La Francia alza al massimo il livello di allerta terrorismo.
Il liceo di Arras teatro dell’attacco (Getty Images).

Rafforzati anche i controlli al confine con l’Italia

Presenza di militari e controlli rafforzati anche al confine italo-francese a seguito dell’attacco terroristico avvenuto ad Arras. Per quanto riguarda i valichi di frontiera nei pressi di Ventimiglia, al territorio già ampiamente presidiato dai francesi per scongiurare l’ingresso clandestino di migranti dall’Italia, si sono aggiunti una decina di uomini mobilitati esclusivamente per presidiare La Turbie, con controlli costanti sulle auto che transitano verso Francia. Pattuglie anche all’ingresso di Mentone.

Gli effetti economici e geopolitici della crisi israeliana in Asia

Contraccolpi economici, commerciali e politici. Le conseguenze della guerra tra Israele e Hamas hanno superato i confini regionali e stanno bussando (anche) alle porte dell’Asia. Un continente più vicino all’epicentro delle tensioni di quanto si possa immaginare. Le dinamiche del mondo globale, del resto, sono soggette alla classica teoria dell’effetto farfalla: ogni piccolo cambiamento locale comporta, in maniera più o meno evidente, alterazioni su scale più grandi. È per questo che i principali governi asiatici, già alle prese con due impicci non da poco come l’elevata inflazione e l’aumento dei rendimenti del debito del Tesoro statunitense, devono adesso affrontare nuovi rischi. Tutti figli dalla crisi israeliana.

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Scossa economica: prezzo del greggio su del 5 per cento

All’indomani della pioggia di missili che dalla Striscia di Gaza si è riversata su Israele, il prezzo del petrolio ha subito uno scossone non irrilevante. Il greggio ha fatto segnare un balzo all’insù del 5 per cento in un solo giorno, mentre le quotazioni del Wti e del Brent sono rispettivamente salite del 3,8 per cento, a 86 dollari al barile, e del 3,6 per cento, a 87,6 dollari. Numeri e dati volubili, soggetti a cambiamenti e alterazioni, ma che hanno fatto scattare un primo, serio, campanello d’allarme in Asia. Cioè in una regione energivora, affamata di risorse energetiche e materie prime. S&P Global Commodity, non a caso, avvisava che l’intero continente avrebbe rappresentato i tre quarti della crescita della domanda globale di petrolio nel corso del 2023 e più della metà nel 2024.

Gli effetti economici e geopolitici della crisi israeliana in Asia
Il prezzo del petrolio è aumentato dopo l’acuirsi del conflitto Israele-Hamas (Getty).

La Cina consuma oltre 14 milioni di barili di petrolio al giorno

Dando un’occhiata alle cifre del 2022, notiamo come la Cina consumi oltre 14 milioni di barili di petrolio al giorno, seguita da India (oltre 5 milioni), Giappone (più di 3) e Corea del Sud (poco meno di 3). A seguire troviamo poi “Tigri” e “Tigrotte asiatiche”: Indonesia (1,5 milioni), Thailandia (1,2), Singapore (1,1), solo per citare alcune nazioni affamate di petrolio. I riflettori sono quindi puntati su Israele. La visione più ottimistica è che la crisi rientrerà presto e che le sue ricadute economico-finanziarie saranno temporanee. Secondo questo approccio, affinché un conflitto abbia un impatto duraturo e significativo sui mercati petroliferi è necessario assistere a una riduzione della fornitura e dei trasporti del petrolio. Un fenomeno che, almeno per il momento, non si è verificato.

La variabile Iran: occhio a ciò che succede nello Stretto di Hormuz

Dall’altro lato, non è però da escludere che la guerra possa estendersi ad altri Paesi, compresi i protagonisti del commercio delle risorse energetiche. Da questo punto di vista, la variabile chiave coincide con l’Iran, accusato di aver supportato Hamas nell’attacco contro Israele. Se Teheran dovesse essere risucchiata nello scontro, allora è lecito attendersi problemi di approvvigionamento petrolifero. Il motivo è semplice: negli ultimi anni, l’esercito iraniano ha creato non pochi grattacapi alle navi transitanti attraverso lo Stretto di Hormuz, il passaggio marittimo incastonato tra Oman e Iran dal quale viaggia il 30 per cento del petrolio internazionale.

Gli effetti economici e geopolitici della crisi israeliana in Asia
Lo Stretto di Hormuz.

In caso di dirottamento delle navi, viaggi più lunghi e costi maggiori

L’Iran ha più volte approfittato della dipendenza globale da questo choke point per dimostrare la sua potenza. Non a caso, il Dipartimento della Difesa Usa sostiene che gli iraniani abbiano attaccato o sequestrato una ventina di navi mercantili soltanto nell’ultimo biennio. Detto altrimenti, qualora il conflitto arrivasse anche a queste latitudini, gli armatori dovranno dirottare le loro imbarcazioni verso viaggi alternativi. Molto più lunghi e, va da sé, costosi, con forti perturbazioni nel mercato petrolifero. Un eventuale conflitto tra Iran e Israele trasformerebbe insomma lo Stretto di Hormuz in una sorta di tiro al bersaglio contro qualunque spedizione battente bandiera affiliata a Tel Aviv. Nel frattempo, gli Stati Uniti stanno posizionando un gruppo d’attacco nel Mediterraneo Orientale, nei pressi di Gaza e del Canale di Suez. Un altro segnale preoccupante per i mercati.

Gli effetti economici e geopolitici della crisi israeliana in Asia
Una nave mentre attraversa lo Stretto di Hormuz (Getty).

Tensioni politiche: Pechino e India sono per la soluzione dei due Stati

Accanto alle questioni economiche troviamo un altrettanto corposo dossier politico. La Cina si è mantenuta cauta nell’esprimere il suo giudizio sulla vicenda, chiedendo la fine delle violenze ma senza condannare espressamente Hamas, come avrebbero invece auspicato gli Stati Uniti. Il Dragone propende per la “soluzione dei due Stati”, Israele e Palestina, per risolvere ogni crisi nella regione mediorientale. Così come l’India di Narendra Modi, che ha espresso solidarietà al governo israeliano ma che, al tempo stesso, non intende inimicarsi i suoi più importanti partner locali, molti dei quali sconvolti dalla reazione di Tel Aviv.

Gli effetti economici e geopolitici della crisi israeliana in Asia
Il premier indiano Narendra Modi (Getty).

Paesi a maggioranza musulmana allineati con la causa palestinese

In generale, lo scoppio della guerra ha ampliato le divisioni asiatiche, soprattutto nel Sud-Est della regione. Paesi a maggioranza musulmana, come Indonesia e Malesia, si sono allineati alla causa palestinese. Gli altri Stati dell’Asia che non riconoscono Israele – Afghanistan, Bangladesh, Maldive e Pakistan – hanno ancor più esplicitamente evidenziato le brutalità di Israele a Gaza e reiterato le richieste per uno Stato palestinese. Con il rischio che le frange estremiste locali possano risvegliarsi mettendo in atto attentati e azioni terroristiche. Di pari passo, gli interessi commerciali hanno spinto il resto del continente a mantenersi timidamente in equilibrio o a sostenere Israele. Se non altro a causa dell’elevato numero di cittadini di svariati Paesi coinvolti nella crisi. La Thailandia, che conta oltre 30 mila lavoratori migranti in Israele, piange per esempio 18 vittime ed è in apprensione per altre 11 persone rapite, con tutta probabilità ostaggio di Hamas.

Addio alla poetessa Louise Gluck, premio Nobel per la letteratura

È morta all’età di 80 anni la poetessa americana Louise Glück, insignita del Nobel per la letteratura nel 2020. Lo ha reso noto l’Università di Yale, dove insegnava. Nata a New York e considerata una delle più grandi figure della poesia americana, nel corso della sua carriera ha pubblicato 12 antologie, debuttando con Firstborn nel 1968.

Non solo Nobel: gli altri premi della poetessa

Nel 1993 aveva vinto il Premio Pulitzer per la poesia per la sua raccolta L’iris selvatico, ottenendo il primo di una lunga serie di riconoscimenti: nel 2003 era stata poi insignita del prestigioso titolo di poeta laureato degli Stati Uniti e nel 2014 del National Book Award per la poesia. Tra i suoi versi più celebri figurano quelli di Nostos, dall’antologia Lettere al futuro: «Guardiamo il mondo una volta, da piccoli. Il resto è memoria».

Addio alla poetessa americana Louise Gluck, premio Nobel per la letteratura. Aveva 80 anni e insegnava a Yale.
Louise Gluck (Getty Images).

Le poesie di Glück sono conosciute per il tono austero

Cresciuta a Long Island e discendente da parte di padre di ebrei ungheresi emigrati all’inizio del XX secolo, Glück era stata premiata dall’Accademia svedese «per la sua inconfondibile voce poetica che con austera bellezza rende universale l’esistenza individuale», diventando la 16esima donna ad aggiudicarsi il Nobel per la letteratura. Le poesie di Glück sono conosciute per la loro precisione linguistica e, appunto, il tono austero.

Francia, Macron mobilita 7 mila militari dopo l’attacco nel liceo

Dopo l’attacco che ha causato un morto e tre feriti nel liceo di Arras in Francia, il presidente Emmanuel Macron ha deciso di mobilitare fino a 7 mila soldati della forza Sentinelle, che saranno dispiegati entro lunedì 16 ottobre e fino a nuovo ordine. L’Eliseo ha adottato il livello di sicurezza “emergenza attentato”, ovvero il più alto nel quadro del dispositivo Vigipirate, che consente un’eccezionale mobilitazione di risorse.

Francia, Macron mobilita 7 mila militari dopo l’attacco nel liceo. Le Sentinelle dispiegate entro lunedì 16 ottobre e fino a nuovo ordine.
Poliziotti presidiano il liceo Gambetta (Getty Images).

Chi è Mohamed Mogouchkov, l’attentatore di Arras

L’autore dell’attacco del 13 ottobre è Mohamed Mogouchkov, nato nel 2003 in Cecenia ed è arrivato in Francia all’età di cinque anni. Tuttora ha soltanto la nazionalità russa, non avendo ottenuto quella francese. La madre dal 2014 vive con i figli in un centro di accoglienza, dopo che diverse organizzazioni umanitarie si erano opposte all’espulsione di tutta la famiglia. Il fratello maggiore, Mosvar, è in carcere dal 2019, coinvolto in un progetto di attentato contro l’Eliseo. Mogouchkov, che aveva già aggredito un insegnante quando era studente, era stato posto sotto sorveglianza dal 2 ottobre, in quanto schedato “S”, ovvero a rischio radicalizzazione. Il suo profilo era quello di «un individuo radicalizzato il cui potenziale era noto ma che ha deciso di passare improvvisamente all’azione, rendendo difficile la sua neutralizzazione», ha detto una fonte vicina al dossier. Da diverse settimane i servizi di sicurezza transalpini stavano esprimendo particolare preoccupazione per la radicalizzazione dei giovani nord-caucasici.

Francia, Macron mobilita 7 mila militari dopo l’attacco nel liceo. Le Sentinelle dispiegate entro lunedì 16 ottobre e fino a nuovo ordine.
Controlli a La Turbie (Getty Images).

Rafforzati anche i controlli al confine con l’Italia

Presenza di militari e controlli rafforzati anche al confine italo-francese a seguito dell’attacco terroristico avvenuto ad Arras. Per quanto riguarda i valichi di frontiera nei pressi di Ventimiglia, al territorio già ampiamente presidiato dai francesi per scongiurare l’ingresso clandestino di migranti dall’Italia, si sono aggiunti una decina di uomini mobilitati esclusivamente per presidiare La Turbie, con controlli costanti sulle auto che transitano verso Francia. Pattuglie anche all’ingresso di Mentone.

Uccide la moglie e poi chiede alla figlia di chiamare il 112

Una donna di 53 anni è stata uccisa a coltellate attorno alle 3 di notte dal marito da cui si stava separando. È successo nella casa dove viveva la donna a Cerreto d’Esi, in provincia di Ancona: nell’abitazione al momento del fatto c’era una figlia della coppia, minorenne, alla quale l’uomo avrebbe detto di chiamare i carabinieri. Quando i militari sono arrivati Franco Panariello, questo il nome dell’omicida, ha mostrato dove aveva gettato l’arma del delitto, un coltello da cucina.

I due da diversi mesi non vivevano più insieme

Panariello, 55 anni, operaio metalmeccanico, è stato arrestato per omicidio volontario pluriaggravato. E viene valuta anche la premeditazione, perché avrebbe portato con sé il coltello. Da mesi era di fatto separato dalla moglie, Concetta Marruocco, 53 anni, infermiera: lei abitava a Cerreto d’Esi, in centro, lui a Cancelli di Fabriano. La coppia, originaria di Torre del Greco, ha avuto anche altri due figli maggiorenni, che abitano altrove.

L’uomo ha colpito l’ormai ex moglie con 15 fendenti

In serata Panariello era andato al pronto soccorso per un malore. Dopo essere stato dimesso, è tornato a casa, da dove è uscito di nuovo diretto questa volta verso l’abitazione della moglie, in piena notte. Entrato con un mazzo di chiavi rimasto in suo possesso, avrebbe avuto una discussione con Marruocco, per poi colpirla più volte con una coltello: circa 15 fendenti. Come detto in casa c’era anche la figlia minorenne della coppia, che ha assistito alla morte della madre, per poi sentirsi dire dal padre di chiamare il 112.

Morto a 87 anni l’attore Mark Goddard

L’attore statunitense Mark Goddard, noto per aver interpretato il personaggio del maggiore Don West nella serie televisiva Lost in Space, è morto all’età di 87 anni. La notizia è stata confermata dalla moglie Evelyn Pezzulich. Il decesso è avvenuto martedì 10 ottobre a Hingham, nel Massachusetts.

La fama grazie alla parte del maggiore West

Dopo un inizio di carriera con parti in serie tv come Johnny Ringo, I Detectives e Perry Mason, Goddard aveva raggiunto la fama grazie al ruolo del maggiore West nella serie Lost in Space che, andata in onda negli Usa tra il 1956 e il 1968, raccontava le avventure della famiglia Robinson nello spazio. Nel 1998 aveva fatto un cameo nell’adattamento cinematografico della serie televisiva fantascientifica, al fianco dei protagonisti della pellicola William Hurt, Matt LeBlanc e Gary Oldman. Nel corso della carriera Goddard, che era nato il 24 luglio 1936 a Lowell, nel Massachusetts, ha recitato inoltre nelle serie tv Barnaby Jones, Una vita da vivere, The Doctors e General Hospital, dove è stato per anni uno dei personaggi ricorrenti.

L’uscita di Le schegge e come mi innamorai di Bret Easton Ellis: il racconto della settimana

Dopo 13 anni di attesa martedì scorso è uscito il nuovo romanzo di Bret Easton Ellis, Le schegge, che io aspettavo come una ragazzina dei 90 attendeva l’uscita dell’ultimo disco dei Take That. Da quando nel 1985 è entrato, con un bazooka puntato, nella scena letteraria mondiale, distruggendola, lo scrittore californiano è rimasto una delle figure più controverse e divisive in circolazione. Le violenze sessuali e i massacri descritti minuziosamente in American Psycho, forse il suo libro di maggior successo, e il finale di Less than Zero, con il quale esordì proprio nel 1985, con un 12enne brutalmente stuprato da un gruppo di ragazzini ricchi, sono solo due degli innumerevoli esempi che potrei fare per descrivere la poetica d questo autore che tramite l’uso della violenza ha narrato l’oscuro esistenziale di una generazione come pochi altri sono riusciti a fare negli ultimi 40 anni.

Ellis era ancor più enfant di Amis e McEwan quando pubblicò il suo primo successo letterario e per certi versi infinitamente più terrible, cosa che lo rese la prima vera e propria rockstar della letteratura

Cosa succede quindi quando un enfant terrible cresce? Le schegge in accoppiata con la mia immagine sbiadita riflessa dallo specchio del bagno sono le risposte a questa domanda. Come La vita da dentro di Martin Amis anche Ellis gioca con l’autofiction (come del resto già aveva fatto nel precedente Lunar Park) avvertendo il lettore che solo oggi che ha compiuto 57 anni si sente pronto a raccontare questa storia, ambientata nelle ville sopra le colline di Los Angeles nel 1981 tra licei esclusivi, macchine veloci, vestiti di marca, droghe e massicce quantità di psicofarmaci. Anche la narrativa di Martin Amis iniziò con il sesso e poi con la droga e perfino quella di Ian McEwan, conosciuto all’inizio della sua carriera come Ian Macabre per i suoi racconti pieni di incesti e omicidi sessuali, partì nella medesima maniera. Ellis era ancor più enfant di Amis e McEwan quando pubblicò il suo primo successo letterario e per certi versi infinitamente più terrible, cosa che lo rese la prima vera e propria rockstar della letteratura, infilandolo in un sorta di Brat Pack letterario che negli Anni 80 sfavillava nei locali alla moda di New York, insieme a un gruppo di giovani scrittori di successo come lui, tra i quali sicuramente spicca il nome di Jay McInerney, suo acerrimo rivale ma anche amico fraterno, che tanto quanto Ellis spaccò la scena con Le mille luci di New York, all’interno del quale tra modelle e cocaina raccontò miti e ossessioni dell’America edonista e reganiana.

L'uscita di Le schegge e come mi innamorai di Bret Easton Ellis: il racconto della settimana
Le schegge, il nuovo libro di Bret Easton Ellis (Einaudi).

La prima volta che mi capitò in mano un libro di Bret Easton Ellis non l’avevo mai sentito nominare prima. Fu per caso un pomeriggio del gennaio del 2000 quando Giada si presentò a un nostro appuntamento in Piazza Leo con un pacchetto regalo per il mio ventesimo compleanno. «Ho trovato questo in libreria e non ho potuto che pensare a te», mi disse, porgendomi un mastodontico volume intitolato Glamorama, un infinito delirio schizofrenico che raccontava la storia di un improbabile gruppo di modelli-terroristi tra New York, Londra, Parigi e Milano, scritto in maniera anfetaminica, incalzante e prodigiosa. Persi così completamente la testa per Glamorama e Bret Easton Ellis divenne il mio scrittore preferito di tutti i tempi, e lo è rimasto anche oggi, per distacco, a quasi 24 anni da quel pomeriggio in Piazza Leo dopo il quale lessi tutto quello che aveva scritto guidato da qualcosa di soprannaturale. Drogatissimo con qualsiasi sostanza mi capitasse a tiro il me ventenne scopava Giada per sdebitarsi con grandissimo trasporto. Infilavo il naso nel suo culo e la lingua, da dietro, nella sua fica bagnata durante quell’inverno del 2000 aprendole le gambe più che potevo. In giro si era sparsa la voce che stessimo insieme anche se non era vero e io mi beavo di questi pettegolezzi con i miei amici più cari, mentendo, e non perdendo occasione di descrivere i rapporti sessuali che avevamo in camera sua, a casa di sua madre in Largo Rio de Janeiro, nella stessa villetta dove una volta aveva abitato Battisti e, dice qualcuno, perfino Carlo Emilio Gadda.

Con Giada non usavamo mai preservativi così stavo bene attento, anche se spesso ero troppo sconvolto per controllarmi, a non venirle dentro. Le venivo sulle tette, in faccia, sulla schiena, chiusi a doppia mandata dietro la porta di vetro con gli infissi bianchi mentre dalle casse dello stereo posto di fianco alla finestra affacciata su Viale Romagna suonavano i dischi degli Oasis, di cui lei andava matta, soprattutto (What’s the story) Morning Glory?, che quasi sempre andava in loop. All’epoca frequentavo una costosissima scuola privata in una piccola palazzina dalle parti di Piazza Aspromonte e per fare il duro vendevo il fumo ai miei compagni e ai ragazzi delle classi di fianco, nei bagni ai cambi d’ora o durante l’intervallo. Entravo in classe solo per frequentare le ore di italiano e i miei temi venivano letti ad alta voce dalla professoressa di lettere perché semplicemente erano perfetti, anche se avevo l’insufficienza in tutte le altre materie. Con Giada finì perché io ero troppo stupido, perché ero già innamorato di Lucilla e perché un giorno si arrabbiò molto dopo che non le restituii una grossa somma di denaro che mi feci prestare per fare un acquisto di hashish e marijuana dato che i miei contatti non mi facevano più credito, perché andavo sempre sotto con i soldi. «Vai a fare in culo, tu e quella troia che ti scopi, che nemmeno te la scopi mi sa, frigida com’è!», mi urlò, rossa in faccia, un giorno sotto casa mia in Viale Corsica, «e ridammi i mei soldi, tossico di merda!». In realtà non me la presi più di tanto, perché in cuor mio sapevo che aveva ragione, e infatti con Giada, a fasi alterne, continuammo a vederci anche negli anni successivi, legati da un qualcosa che a entrambi non doveva mai essere stato troppo chiaro. Uscivamo insieme le sere di San Valentino se entrambi eravamo single, ci stonavamo di birre e spini lascivi e ogni tanto finivamo ancora a letto insieme, a casa di suo padre in via Spontini o da me, nella mansarda di via Tiepolo, mentre lei faceva avanti e indietro da Venezia dove si era trasferita a studiare e io cercavo in maniera del tutto fallimentare di dare qualche esame alla Facoltà di lettere e filosofia alla Statale in via Festa del Perdono alla quale ero iscritto.

Dopo la sentenza di Lucano, Nordio invii una ispezione pure a Crotone

Ispezioni, ispezioni dappertutto. Ogni volta che un tribunale non emette una sentenza confacente alle volontà del governo la parola magica è “ispezione”. La missione degli ispettori del ministero alla Giustizia in tournée per i tribunali italiani è ormai un genere letterario. Viene da chiedersi esattamente cosa dovrebbero fare questi poveri emissari che qualcuno immagina come sicari: arrivano nel tribunale, interrogano sotto la luce di una lampada sbieca come si vede nei film gialli il povero giudice di turno e gli chiedono perché abbia emesso una sentenza del genere. Presumibilmente quello risponderà che ha scritto tutto nella sentenza, rifacendosi a leggi che sono facilmente reperibili, ancora di più al ministero della Giustizia. Contro la giudice Iolanda Apostolico del tribunale di Catania il ministro alla Giustizia Carlo Nordio ha promesso un’ispezione «leggera». Ha detto proprio così. Così un’ispezione leggera? Senza manganelli? Di fronte a uno spritz? Dicono da via Arenula che l’ispezione serve «per raccogliere informazioni». Ovvero? Chiederanno in giro se hanno mai incontrato la temibile giudice libera-migranti con qualche sinistro travestimento? Chiederanno al suo fruttivendolo se la giudice è colpevole di qualche tic alimentare?

Dopo la sentenza di Lucano, Nordio invii una ispezione pure a Crotone
Iolanda Apostolico nel video del 2018.

Le ispezioni annunciate dal guardasigilli suonano come il”ti aspetto fuori” delle medie

Sono arrivati ai più alti vertici dello Stato e della politica eppure ministri, leader di partito e parlamentari non hanno ancora compreso il concetto id gerarchia delle leggi. Non gli va già che esista un diritto internazionale e delle convenzioni che (fortunatamente) impediscono di inserire gli stranieri come prede nella prossima stagione venatoria. Forse quando chiedono il “sovranismo” in fondo intendono proprio questo: che ogni governo e ogni Stato riparta ogni volta da zero potendo immaginare un concetto di legalità avulso dalla comunità internazionale, dai diritti, dalla storia. “L’ispezione” annunciata dal ministro e invocata dai partiti ormai suona come il “ti aspetto fuori” quando andavamo a scuola, dopo il litigio con qualcuno, promettendogli di sfidarsi in un ambiente meno controllato e – appunto – con meno doveri.

Dopo la sentenza di Lucano, Nordio invii una ispezione pure a Crotone
Carlo Nordio (Imagoeconomica).

Consigliamo a Nordio di mandare i suoi ispettori anche a Crotone 

Nel fitto calendario di ispezioni che il ministro Nordio promette ci permettiamo però di suggerirne una. Tanto una più o una meno ormai fa poco differenza. A Crotone c’è un tribunale che non molto tempo fa ha condannato un ex sindaco che non interessava a nessuno finché non è diventato un simbolo, Mimmo Lucano da Riace. Una pena mostruosa: 13 anni e mezzo di prigione. Leggendo quella sentenza (l’abbiamo letta senza bisogno di andare lì a ispezionare) si immaginava che quel sindaco così ligio e indifeso di fronte alle telecamere fosse riuscito in un piano diabolico da bestseller: secondo i giudici di Crotone fingeva di essere buono (tanto da diventare una testimonianza a livello internazionale) ma incarnava il peggio della politica italiani degli ultimi decenni. Anzi, a rileggere quella sentenza di condanna, si poteva immaginare anche che fosse talmente furbo dall’avere distratto soldi (che non sono mai stati trovati) continuando ad avere conti correnti personali pressoché vuoti e uno stile di vita pari alle persone che accoglieva. Avremmo dovuto studiare quel capolavoro di criminalità nelle scuole: Mimmo Lucano incarnava un ventaglio di reati che ne facevano il paradigma della peggiore amministrazione pubblica possibile.

Dopo la sentenza di Lucano, Nordio invii una ispezione pure a Crotone
Mimmo Lucano (Imagoeconomica).

Cosa potrebbero dirci i giudici che hanno scambiato Lucano per un boss diabolico?

Qualche giorno fa Diabolik Lucano è ritornato a essere un piccolo e dimenticabile ex sindaco di provincia dedito all’accoglienza come sancisce il diritto internazionale e come raccomandano gli ammennicoli religiosi sventolati ogni volta da membri del governo. È stato condannato per il “risibile” reato di abuso d’ufficio. L’aggettivo “risibile” lo rubiamo proprio al ministro Nordio che mica per niente quel reato lo vuole abolire. Quindi la sentenza d’Appello ci dice che al tribunale di Crotone hanno preso un abbaglio non indifferente, scambiando per “boss” un quasi innocente. Ecco, sarebbe curioso sapere cosa risponderebbero agli ispettori di Nordio coloro che hanno concorso alla prima sentenza di Lucano. Sarebbe curioso chiedergli dove abbiano visto reati inesistenti e come abbiano potuto definire “diabolico” un sindaco forse solo un po’ pasticcione. Dovrebbero dirci gli ispettori – a noi oltre che a Nordio – cosa siano quei 12 anni di differenza di condanna su cui ha pasteggiato elettoralmente una certa parte politica. Anche perché – pensateci bene- non è peggio un ministro che ha usato la (mala)giustizia per accumulare credito politico che una persona di giustizia che manifesta un valore?

Attacchi senza sosta su Gaza, aperti due corridoi umanitari

Durante la notte l’esercito israeliano ha condotto attacchi senza sosta su obiettivi di Hamas nella Striscia, 750 in tutto, tra cui «tunnel sotterranei, compound e postazioni militari, residenze di terroristi di primo piano utilizzati come centri di comando militare, depositi di armi e reti di comunicazione», arrivando a uccidere «numerosi operativi». Tra essi, fa sapere l’Idf, anche il capo del sistema aereo di Gaza, Merad Abu Merad, ritenuto «responsabile di aver diretto i terroristi» durante il massacro del 7 ottobre. Vittime non solo tra Hamas, ovviamente, ma anche e soprattutto tra i civili, con la costa «presa di mira dal fuoco delle navi», scrivono i media palestinesi. Dall’inizio delle ostilità i morti a Gaza per gli attacchi israeliani sono almeno 1.900, ha dichiarato il ministero della Sanità di Hamas. I corpi di alcuni israeliani rapiti sono stati recuperati dall’esercito durante la prima incursione di terra a Gaza, fanno sapere fonti dell’Idf.

Notte di attacchi su Gaza, aperti due corridoi umanitari. Ucciso il capo del sistema aereo della Striscia. Gli aggiornamenti.
Tank israeliani in azione (Getty Images).

Aperti due corridoi umanitari, finora sono 423 mila gli sfollati

Le forze armate israeliane hanno comunicato agli abitanti della Striscia di Gaza l’apertura – tra le 10 e le 16 – di due corridoi umanitari che consentiranno di spostarsi in sicurezza verso sud nell’enclave palestinese. A chi vive a Gaza City è stato consigliato di muoversi verso sud da Beit Hanoun a Khan Yunis, mentre chi risiede vicino alla costa e ad ovest di Olive potrà spostarsi lungo le strade di Daldul e Al-Sana in direzione di Salah Al-Din e Al-Bahr. Il portavoce dell’esercito israeliano, tenente Jonathan Conricus, ha accusato Hamas di impedire ai residenti nel nord di Gaza di evacuare la zona, «mandando loro messaggi o bloccandoli». Sono circa 423 mila i palestinesi che hanno lasciato le loro case, fa sapere l’Onu.

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I caccia F-15 statunitensi sono arrivati in Medio Oriente

Nell’ambito degli sforzi degli Stati Uniti «per rafforzare la propria posizione e migliorare le operazioni aeree in tutta la regione», gli aerei da combattimento F-15 Strike Eagle sono arrivati in Medio Oriente. «L’esercito americano è impegnato a garantire sicurezza e protezione durature», ha affermato il tenente generale dell’aeronautica americana Alexus G. Grynkewich.

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Notte di attacchi su Gaza, aperti due corridoi umanitari. Ucciso il capo del sistema aereo della Striscia. Gli aggiornamenti.
Caccia F-15 (Ansa).

Israele ha arrestato 230 membri di Hamas in Cisgiordania

L’esercito israeliano ha arrestato oltre 230 operativi di Hamas in diverse località della Cisgiordania dall’inizio dell’operazione Spade di Ferro. Lo riferiscono i media israeliani. Tra gli arrestati, aggiunge il Jerusalem Post, ci sono anche due esponenti di spicco dell’organizzazione terroristica, Sheikh Adnan Asfour e Ahmed Awad, catturati a Nablus.

Raid in Libano, morto un video-fotoreporter della Reuters

Nei bombardamenti condotti dall’esercito israeliano su postazioni di Hezbollah in Libano, avvenuti a seguito dell’abbattimento di due velivoli non identificati su Haifa partiti dalla terra dei cedri, è rimasto ucciso Issam Abdallah, video-fotoreporter della Reuters.

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