Dopo otto anni di governo conservatore, con le elezioni di domenica 15 ottobre la Polonia si trova di fronte a un bivio. Continuare sulla stessa strada, quella di Diritto e Giustizia (Pis), il partito di Jaroslav Kaczynski, (membro in Europa dei Conservatori e riformisti di Giorgia Meloni) che accanto al premier Mateusz Morawecki conta anche il presidente Andrei Duda, oppure ritornare su quella ancora più vecchia, affidandosi all’opposizione di Coalizione civica (Ko), piattaforma progressista guidata da Donald Tusk, premier tra il 2017 e il 2014 prima di diventare presidente del Consiglio europeo, predecessore di Charles Michel. Alle ultime elezioni il PiS aveva trionfato con oltre il 43 per cento delle preferenze, conquistato la maggioranza assoluta e formato un governo con gli alleati conservatori di Accordo (P) e gli euroscettici di Polonia solidale (Ps), a cui si erano aggiunti poi i repubblicani (Pr); in sostanza comunque il potere era finito nelle mani di Kaczynski e del PiS, a cui però ora rischia di scappare di mano.
Le frizioni con l’Ue e le proteste interne hanno fatto perdere smalto al PiS
In mezzo, in questi otto anni, non ci sono stati solo i conflitti con l’Unione europea, preoccupata per la stretta autoritaria e conservatrice del Paese, dalla discussione sulla divisione dei poteri a quelle sui diritti delle donne, leggasi aborto, tra le zuffe con l’opposizione parlamentare e le sollevazioni di piazza, ma anche un paio di crisi migratorie, una pandemia, la guerra in Ucraina con il presunto allontanamento di Varsavia da Kyiv, e il contesto internazionale sempre più fragile. Dopo la vittoria del 2019 PiS ha iniziato così a perdere qualche colpo e alla vigilia del voto la situazione per il blocco nazionalpopulista non è proprio tranquillizzate. A seconda dei sondaggi, la forbice che divide Diritto e Giustizia e Coalizione civica va da uno a 10 punti percentuali: dal testa a testa alla chiara vittoria per PiS (sarebbe la terza vittoria) che però perderebbe in ogni caso almeno una decina di punti rispetto all’ultima tornata elettorale. Ko è data sì in ascesa, ma non riuscirà a dare la spallata, per cui avrebbe bisogno del sostegno di chi, almeno secondo i numeri della vigilia, sta aumentando il proprio consenso, vale a dire Terza Via (Td), piattaforma centrista, e Lewica, alleanza di sinistra, entrambe accreditate intorno al 10 per cento. Una cosa è certa: il prossimo governo sarà una coalizione che si formerà intorno al partito vincitore in base a quello che saprà offrire agli eventuali partner, che potranno essere reclutati alle estremità, destra e sinistra. C’è però il rischio che il voto non esprima un vero vincitore. Secondoil think tank Eurasia Group c’è una probabilità del 55 per cento che il parlamento rimanga sospeso. Ciò non solo lascerebbe la politica polacca nel limbo, ma potrebbe anche incoraggiare i perdenti a mettere in discussione il risultato, soprattutto se la differenza sarà minima.
L’escamotage dei referendum per mobilitare il popolo conservatore
Le elezioni saranno accompagnate inoltre da quattro domande referendarie su vari temi che vanno dal compromesso sull’asilo nell’Unione europea alla privatizzazione delle aziende statali, dall’innalzamento dell’età pensionabile al rafforzamento del confine con la Bielorussia. Secondo l’opposizione si tratta di una tattica strumentale del governo per mobilitare l’elettorato conservatore e tirare acqua al proprio mulino. E in effetti la questione della mobilitazione è fondamentale per la vittoria: la grande manifestazione organizzata da Tusk all’inizio di ottobre che ha portato in piazza a Varsavia 1 milione di persone, almeno secondo gli organizzatori, ha dato la scossa per il rush finale della campagna elettorale che ha fatto arrivare Ko a soffiare sul collo di PiS. Difficile prevedere se basterà questo all’ex premier per riuscire a riprendere le redini di un Paese che rimane ancora abbastanza saldo nelle mani di Kaczynski e che in ogni caso risulta spaccato tra una parte conservatrice e nazionalpopulista e una più progressista ed europeista. Senza contare il partito degli indecisi – il 45 per cento circa degli aventi diritto – che non sa ancora se e per chi voterà. Con un terzo governo di PiS proseguiranno le frizioni interne e quelle con Bruxelles, con Ko a Varsavia miglioreranno i rapporti con l’Unione, dove la Polonia rimarrà ben salda, come nella Nato.