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Le due facce del vertice Russia-Africa di San Pietroburgo
A San Pietroburgo si sono svolti due vertici Russia-Africa. Uno nella sua sede ufficiale, durante il quale si è parlato di scambi commerciali, investimenti, relazioni diplomatiche, iniziative delle Nazioni Unite. L’altro si è tenuto nei corridoi, nelle stanze di albergo, negli ascensori: è qui che sono entrati in gioco il redivivo Yevgeny Prigozhin, l’oligarca Konstantin Malofeev, l’istituto culturale Rossotrudnichestvo, le agenzie di intelligence di Mosca.
Solo 17 capi di Stato si sono presentati al vertice: per il Cremlino è colpa dell’Occidente
Incapace di competere a livello globale con Europa, Stati Uniti e Cina, Stati Uniti la Russia ha puntato tutto sull’Africa. Uno dei leitmotiv del vertice di San Pietroburgo è stata la necessità di cooperazione, al fine di contrastare le politiche aggressive dell’Occidente e creare un mondo veramente multipolare. Un tropo ben consolidato: al forum hanno partecipato rappresentanti di 49 Paesi africani, ma solo 17 capi di Stato si sono presentati a San Pietroburgo; un notevole calo di presenze che Mosca ha addebitato a pressioni occidentali. Nel corso del vertice sono stati conclusi alcuni accordi tra società russe e africane, e sono stati firmati anche alcuni accordi tra organi governativi russi e controparti africane. «Per evitare una crisi alimentare globale», ma soprattutto per rafforzare ulteriormente i legami con il continente, Vladimir Putin si è detto pronto a inviare tra 25 e 50 mila tonnellate di grano nei prossimi 3-4 mesi a Paesi come Burkina Faso, Zimbabwe, Mali, Somalia, Eritrea e Repubblica Centrafricana. Nel corso del vertice, lo zar ha parlato dell’Ucraina, affermando che il suo «status neutrale è di fondamentale importanza per la Federazione Russa», frase a cui sono seguite parole di apprezzamento per i tentativi di mediazione portati avanti da alcuni Paesi africani, ribadendo infine la vicinanza al continente in vista di un nuovo ordine mondiale «basato sui principi universalmente riconosciuti del diritto internazionale e sulla Carta delle Nazioni Unite». Il tema-Ucraina è stato solo sfiorato e quando è successo è rimasto ben scisso da quello del sostegno ai partner sul piano della sicurezza: insomma, Mosca continuerà a dare una mano all’Africa a rafforzare la sua sovranità, ma il conflitto in corso non deve ledere alcun rapporto.
Da Prigozhin a Bout fino a Malofeev e Primakov: chi c’era a San Pietroburgo
Questo per quanto riguarda il forum ufficiale. Fuori si è rivisto Prigozhin, fotografato insieme a un membro della delegazione della Repubblica Centrafricana. Come a dire: l’ammutinamento della Wagner è finito nel nulla, ma il “cuoco di Putin” ha sempre una certa influenza in Africa. Era poi presente a San Pietroburgo Viktor Bout, il più importante, influente e ricco trafficante di armi del mondo, tornato in Russia l’8 dicembre dopo uno di scambio prigionieri tra Mosca e Washington, che ha visto coinvolta anche la cestista Brittney Griner all’aeroporto di Abu Dhabi. Presente a un panel sulla logistica, ha fatto capire di essere pronto a tornare in pista. Si è visto poi a San Pietroburgo il magnate Malofeev, incluso nella lista delle sanzioni imposte da Ue, Stati Uniti e Canada nel 2014, perché coinvolto nell’annessione russa della Crimea. L’Ucraina lo ha accusato di sostenere alcuni gruppi paramilitari filorussi illegali e in passato avrebbe finanziato i movimenti di ultradestra in Europa. Al vertice ha inoltre parlato Maria Lvova-Belova, sulla cui testa pende un mandato di arresto internazionale per la deportazione di bambini dall’Ucraina in Russia: tra il pubblico Karina Kadyrova, figlia di Ramzan Kadyrov. Al vertice ha preso parte poi Yevgeny Primakov, capo di Rossotrudnichestvo: ufficialmente è un’agenzia di cooperazione culturale del governo russo, che opera sulla falsariga dell’Alliance Française o del Goethe-Institut, in realtà è molto attiva nella propaganda pro Cremlino. Dal 2022, Primakov ha espanso notevolmente le attività di “Casa Russia” in Africa. Era poi presente Mikhail Kovalchuk: il fratello Yuri è considerato da molti la seconda persona più potente in Russia. A più attenti non è sfuggita la presenza al vertice di Jean-Dominique Okemba, capo dell’intelligence della Repubblica del Congo (e cugino dle presidente Denis Sassou Nguesso).
La Russia rischia di diventare per l’Africa più un problema che una soluzione
Essenzialmente, i Paesi presenti al forum si potevano dividere in due categorie. Da una parte quelli con governo dipendente dalla Russia e dall’altra quelli che stanno cercando il sostegno di Mosca. Per quanto riguarda i primi, la sopravvivenza al potere di chi al momento tiene le redini dipende effettivamente dalle armi, dal denaro e dai servizi di sicurezza offerti da Mosca: è il caso di Mali, Repubblica Centrafricana, Burkina Faso e, probabilmente, Niger. Gli altri hanno invece bisogno della Russia non tanto per questioni di sovranità, quanto di aiuti di fronte a fame e catastrofi climatiche. Pur di averli, sono pronti a turarsi il naso e stringere accordi (anche commerciali) con Putin. Sì, ma di che tipo? Lo zar promette di regalare grano, ma raramente ha importato dall’Africa e verosimilmente continuerà su tale falsariga. A tante parole, insomma, potrebbero seguire pochi fatti. Alla lunga, la Russia rischia di diventare per l’Africa più un problema che una soluzione a quelli che ha già.