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Ustica, parente di due vittime: «Fu battaglia aerea simulata»
Quel che successe il 27 giugno 1980 al DC9 Itavia, precipitato nel Tirreno mentre era in volo da Bologna a Palermo, non fu causato da un atto di guerra aerea, ma da un’esercitazione, una battaglia aerea simulata. Lo sostiene Giorgio Gjylapian, familiare di due vittime (lo zio Guelfo Gherardi e la compagna Antonella Cappellini), di professione avvocato, il quale si dice certo che lo schianto del velivolo fu causato «dall’interferenza di scia (impropriamente definita “near collision”, ndr) provocata da un aereo militare in esercitazione, con ogni probabilità italiano».
«Non ci furono tracce di esplosione né interna, né esterna»
«Non ci furono tracce di esplosione né interna, né esterna», ovvero di un missile: «tutte le presunte prove che venivano addotte a sostegno delle tesi esplosiviste, sono state smontate da analisi o dati oggettivi», ha detto Gjylapian, citando le parole di Carlo Casarosa, perito nominato dal giudice Priore per le analisi sul relitto di Ustica. La battaglia aerea simulata era, ha specificato, «l’esercitazione Sinadex programmata per le 21, pochi secondi prima della caduta dell’aereo», che prevedeva un attacco simulato sugli aeroporti siciliani, «a cui gli avieri dovevano rispondere con le contromosse difensive». Nel pomeriggio di quel maledetto 27 giugno 1980, dall’aeroporto di Grosseto «era partita una missione di attacco simulato sull’aeroporto di Verona», ha dichiarato Gjylapian. «I tracciati radar questo rivelano: nessuno ha visto aerei in battaglia, a parte l’interpretazione dei due plot successivi alla caduta dell’aereo civile che hanno portato all’accusa di alto tradimento a carico di tre generali».

«Intollerabile che Amato possa confondersi su questa vicenda»
Quanto alle parole di Giuliano Amato, per Gjylapian è «intollerabile che possa confondersi su una vicenda non paragonabile ad altre incombenze del suo ufficio». Fu infatti Amato, sottosegretario del governo Craxi, «a reperire i fondi per ripescare il relitto; fu lui ad asserire che il primo giudice istruttore Bucarelli gli aveva mostrato foto del relitto del DC9 scattate prima del ripescaggio, vicenda che portò alle dimissioni di Bucarelli; fu lo stesso Amato a negare di fronte ai giudici di essere stato informato dai servizi segreti delle responsabilità francesi come invece aveva asserito l’ex presidente Cossiga nella famosa intervista del 2009».