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Italia viva e Azione ormai separati su tutto, persino sulla carne sintetica
Ci mancava solo la carne sintetica. Italia viva e Azione non riescono a trovare una sintesi, è il caso di dirlo, nemmeno sul divieto di produzione di cibo coltivato in laboratorio voluto fortemente dal ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida. Durante il passaggio al Senato, i renziani hanno deciso di votare a favore del provvedimento aggregandosi alla maggioranza, mentre i calendiani si sono astenuti.
I renziani si schierano con gli allevatori
In Aula la senatrice di Italia viva Silvia Fregolent ha detto: «Vediamo in questo provvedimento assicurazioni e tutela della ricerca italiana, vuole difendere il Made in Italy, gli agricoltori e sostenere i nostri 600 mila allevatori italiani». Aggiungendo poi: «Noi pensiamo che debba essere tutelato un settore, quello dell’agroalimentare, che vale 60 miliardi di export. Vogliamo difendere l’economia di montagna. Poi, un giorno, se scopriremo grazie ai progressi della ricerca italiana che questa carne è carne e non provocherà danni alla salute, lasceremo che il consumatore scelga se salvare l’allevatore o un laboratorio chimico. Oggi io scelgo l’allevatore».
Italia Viva che vota a favore del divieto di carne coltivata in Italia. Azione che si astiene in nome di un mal interpretato principio di precauzione sulla pericolosità della ricerca. Abbiamo un serio problema di antiscientismo tra i sedicenti liberali italiani. Dicono di voler…
— Piercamillo Falasca (@pier_falasca) July 19, 2023
Azione parla di approcci ideologici sbagliati
Diversa la posizione di Azione. In una in una nota i senatori calendiani hanno commentato: «Siamo contrari alla produzione, alla commercializzazione e al consumo di cibi sintetici fino a una dimostrazione scientifica della loro salubrità (principio di precauzione), ma non alla ricerca applicata, che non trova alcun riferimento nella legge presentata dalla maggioranza. Riteniamo folle che per pregiudizi antiscientifici e approcci ideologici si impedisca all’Italia di partecipare alla ricerca scientifica relativa a un nuovo importante settore produttivo. Peraltro a favore della ricerca si sono espresse tutte le associazioni di categoria».
Due partiti separati anche sul salario minimo
Del resto proprio martedì 18 Carlo Calenda lo aveva ribadito: «Siamo due partiti separati che cooperano in parlamento su molte cose». Il punto è che queste cose sono sempre meno. Lo stesso Calenda durante un’intervista tivù ha ricordato: «Per noi il salario minimo è fondamentale, mentre Italia viva non lo sostiene». Infatti Iv è rimasta fuori dall’accordo tra le opposizioni che ha portato Pd, M5s, Alleanza verdi e sinistra, Più Europa e Azione a presentare una proposta unitaria proprio sul salario minimo. I dubbi sul testo unitario delle opposizioni hanno convinto i renziani a non firmare la proposta (comunque inevitabilmente bocciata dalla maggioranza).
Caso Santanchè, nemmeno sulle dimissioni c’è intesa
Ma, solo rimanendo alla cronaca più recente, Italia viva e Azione hanno avuto una posizione diversa anche sul caso che ha interessato la ministra del Turismo, Daniela Santanchè, investita dalle inchieste giornalistiche sulla gestione delle sue aziende. Durante l’informativa a Palazzo Madama è intervenuto il senatore Enrico Borghi (ala Iv) che non ha chiesto le dimissioni della ministra: «Non ci iscriviamo a una logica faziosa, cogliamo il dato politico» e «non chiediamo a voi le dimissioni come voi le avete chieste, ma diciamo che ogni valutazione è nelle sue mani e nelle mani del presidente del Consiglio che si assume la responsabilità. E se c’è dell’altro tragga le sue valutazioni la valutazione è tutta nelle sue mani».
Restare assieme per non perdere il finanziamento pubblico
Stessa posizione di Calenda? Macché. Il leader di Azione avrebbe voluto intervenire in Aula in quella occasione, ma ha ricevuto uno stop dal gruppo. Calenda infatti (come ha poi ha fatto tramite dichiarazioni pubbliche) puntava a chiedere con più forza il passo indietro di Santanchè. Insomma, siamo davvero di fronte a «due partiti separati». Anche se al momento di separazione ufficiale non se ne parla. Il divorzio farebbe perdere circa 50 mila euro di finanziamento pubblico a parlamentare all’anno. Insomma, si continua a dormire nella stessa casa, ma in letti separati. Su un’unica cosa Renzi e Calenda sembrano andare d’accordo: la necessità di una dieta che ha fatto perdere ai due un bel po’ di chili, in una specie di sfida a distanza. Ma forse neppure qui – digiuno a intermittenza o no? – riuscirebbero a trovare un’intesa efficace.