Daily Archives: 25 Agosto 2023

Tijl De Decker morto a 22 anni: il ciclista belga si è scontrato con un’auto

Tijl De Decker, ciclista belga di 22 anni, è morto dopo due giorni d’agonia. Il 23 agosto scorso il corridore della Lotto-Dstny si è scontrato con un’auto durante un allenamento a Lier. Dopo essere stato trasportato all’ospedale di Lierre, ad Anversa, è stato sottoposto a un primo intervento chirurgico. Poi il trasferimento all’ospedale universitario, dov’è morto oggi a distanza di 48 ore. Un dramma per il mondo del ciclismo, che perde una delle sue promesse. De Decker nello scorso marzo ha vinto la Parigi-Roubaix Under 23.

Tijl De Decker morto a 22 anni il ciclista belga si è scontrato con un'auto
De Decker esulta dopo la vittoria (Instagram).

Il comunicato della Lotto-Dstny: «Tijl ha perso la sua battaglia»

L’annuncio è arrivato direttamente dalla Lotto-Dstny, squadra belga che il prossimo anno avrebbe fatto debuttare De Decker tra i professionisti. Su Twitter il profilo ufficiale scrive: «È con grande tristezza che annunciamo la scomparsa di Tijl De Decker, a seguito di un incidente in allenamento mercoledì scorso. La squadra ha il cuore spezzato da questa notizia e invia tutto il suo amore e i suoi pensieri alla famiglia e ai suoi cari di Tijl in questo momento incredibilmente difficile». Poco prima è stato inviato il comunicato ufficiale: «Nonostante i migliori sforzi del personale dell’ospedale, Tijl non è riuscito a farcela e questa mattina ha perso la sua battaglia».

Heulot: «Lo ricorderemo sempre come un giovane talentuoso»

A parlare è stato anche il Ceo della squadra, Stéphane Heulot: «Siamo devastati dalla perdita. Tijl aveva mostrato grandi progressi quest’anno e abbiamo creduto nel suo margine di crescita. Passare al team professionistico sarebbe stata una scelta logica. Sfortunatamente non diventerà mai professionista e lo ricorderemo sempre come un giovane talentuoso, un ragazzo cordiale e amichevole». Si tratta della seconda tragedia che sconvolge il mondo del ciclismo in pochi mesi. Il 16 giugno scorso a morire è stato il ciclista svizzero Gino Mäder, caduto in un burrone durante una discesa al Giro di Svizzera.

Tijl De Decker morto a 22 anni il ciclista belga si è scontrato con un'auto
Il 22enne al traguardo della Parigi-Roubaix U23 (Instagram).

Gruppo San Donato si espande a livello europeo: acquisita la maggioranza di AHoP

Gruppo San Donato, in collaborazione con GKSD S.r.l. , annuncia la stipula di un accordo per l’acquisizione di una quota di maggioranza in American Heart Of Poland, AHoP, il principale fornitore indipendente di cure cardiovascolari in Europa, nonché uno dei tre principali fornitori di servizi sanitari privati in Polonia con il più grande complesso di riabilitazione medica/spa. Grazie a questa importante intesa, il Gruppo San Donato, il più grande gruppo privato della sanità italiana, rafforza ulteriormente la sua posizione di leader del settore sanitario europeo, in linea con l’obiettivo strategico di sostenerne il consolidamento.

Dall’accordo nasce un’eccellenza nella cura delle malattie cardiovascolari

L’accordo darà origine ad un’eccellenza nel trattamento delle malattie cardiovascolari, contribuendo a migliorare la qualità dell’assistenza sanitaria, della ricerca medica e dell’istruzione in Europa. La collaborazione tra le società sarà profondamente sinergica grazie alla complementarità delle loro aree di competenza, come ad esempio l’espansione del modello di business in Polonia facendo leva sull’esperienza di GSD, il miglioramento della ricerca di medici altamente qualificati, la collaborazione in materia di ricerca e sviluppo, l’accesso ad un’avanzata istruzione e formazione sanitaria, lo scambio di know-how e di best practice, la creazione di un gruppo di acquisto di apparecchiature medico-sanitarie. Inoltre, essa favorirà un ulteriore consolidamento sia in Polonia che in Europa.

GSD cura 5,4 milioni di pazienti l’anno

GSD è il più grande gruppo sanitario privato italiano e il primo in Europa per cure intensive, formazione medica e ricerca. Con 56 centri medici, ospedali universitari e di ricerca leader a livello mondiale e un avanzato polo universitario (l’Università Vita Salute San Raffaele, che ha ben 22 programmi di master e dottorati di ricerca), oltre a una ricerca medica che si colloca tra le prime 10 su scala mondiale (per citazioni di ricerca sanitaria), GSD è il pioniere della terapia genica e cellulare a livello globale. Il Gruppo San Donato cura oltre 5,4 milioni di pazienti all’anno, effettuando oltre 14 milioni di procedure e impiegando oltre 27.000 medici.

AHoP è il principale fornitore di servizi sanitari privati in Polonia

GKSD in Italia gestisce un portfolio diversificato di società che generano valore aggiunto per i suoi stakeholder facendo leva sul suo know-how unico, che si concentra su diversi settori, tra cui quello immobiliare, ingegneristico, energetico, degli appalti e dei servizi di consulenza sanitaria. AHoP, grazie al suo management, è diventata il principale fornitore di servizi sanitari privati in Polonia, offrendo cure mediche e riabilitative di alto livello al settore sanitario pubblico, con una crescita organica dei ricavi di oltre 2,5 volte negli ultimi 3 anni, raggiungendo ad oggi circa 250 milioni di euro. L’azienda sta pianificando di accelerare il consolidamento del mercato per incrementare ulteriormente la crescita del gruppo: la strategia del management prevede un ulteriore raddoppio delle attività con investimenti superiori a 1 miliardo di PLN (circa 225 milioni di euro) per fornire ai pazienti un’assistenza medica di livello mondiale.

Gli standard di qualità di AHoP

AHoP è riconosciuta per aver raggiunto i più alti standard di qualità grazie ad un personale competente ed esperto. Con 77 sedi (20 reparti di cardiologia, 2 di chirurgia vascolare, 4 di riabilitazione, 22 ambulatori, punti di diagnostica e laboratorio) e il supporto di oltre 3.780 collaboratori di qualità, tra cui 1.200 medici, il gruppo rimane concentrato sul sostegno al sistema sanitario pubblico in Polonia. AHoP è specializzata nelle malattie legate all’invecchiamento della popolazione, con trattamenti complessi che vanno dalle operazioni di alto livello a programmi di riabilitazione e cure ambulatoriali e diagnostiche. Operando nelle aree rurali, il gruppo è in grado di offrire assistenza al 78% della popolazione della Polonia. AHoP è partner e fornitore del Ministero della Salute e del Fondo Nazionale per la Salute, con un focus principale sulle malattie cardiovascolari, che includono più del 12% dei casi gravi gestiti dall’azienda in tutta la Polonia.

GSD e GKSD sono state supportate nell’operazione da BNP Paribas (in qualità di Sole Financial Advisor), LEK Consulting, Deloitte, GKSD Advisory e Rymarz Zdort Maruta per la consulenza legale. Gli azionisti di AHoP sono stati supportati da PWC (Corporate Finance and Transaction Services) e Clifford Chance, mentre Dentons ha fornito consulenza legale al management. La transazione è soggetta all’autorizzazione dell’Ufficio per la concorrenza e la protezione dei consumatori in Polonia.

Rotelli: «Polonia economia importante»

Paolo Rotelli, Presidente dell’Università Vita-Salute San Raffaele e Vicepresidente del Gruppo San Donato, ha dichiarato: «Lo sviluppo di un’assistenza sanitaria di qualità, il progresso della ricerca in campo sanitario e un’istruzione di qualità supportata dall’avanzamento e dall’innovazione della tecnologia rimangono gli obiettivi principali del Gruppo San Donato. La Polonia è un’economia importante e GSD non vede l’ora di espandere e migliorare la qualità delle cure nel Paese».

Ghribi: «Ora collaborazioni in energia e infrastrutture»

Kamel Ghribi, Presidente di GKSD S.r.l., ha dichiarato: «L’ingresso del Gruppo in Polonia consentirà anche una maggiore collaborazione in altri settori, tra cui l’energia e le infrastrutture, che sono anch’essi un obiettivo chiave per GKSD S.r.l., e si dimostra sempre più efficace la partnership tra GSD e GKSD nell’espansione internazionale del Gruppo».

Szlachta: «GSD ottimo partner»

Adam Szlachta, CEO del Gruppo AHoP, ha dichiarato: «Negli ultimi anni abbiamo sostituito tutte le principali apparecchiature mediche e investito in due nuovi ospedali generali per portare la nostra base di asset a livello mondiale. Siamo molto orgogliosi che GSD abbia apprezzato la qualità dell’assistenza medica e che ci sosterrà nell’ulteriore crescita organica e tramite M&A. GSD è un ottimo partner per gli investimenti futuri e porta un incredibile know-how per migliorare gli standard medici in Polonia in stretta collaborazione con NFZ. Sono pienamente convinto che la partnership tra GSD e AHoP si tradurrà nel fornire ai cittadini polacchi i migliori servizi sanitari».

Buszman: «Sosteniamo l’espansione della medicina moderna»

Il professor Pawel Buszman, Fondatore di AHoP, ha dichiarato: «In qualità di fondatore di AHoP, creata nel 2000, sono molto lieto che il nostro gruppo sanitario si unisca alla riconosciuta rete ospedaliera internazionale del Gruppo San Donato. Inoltre, è importante che il suo ulteriore sviluppo venga sostenuto dal gruppo GKSD S.r.l. Negli ultimi 23 anni abbiamo sviluppato servizi cardiovascolari integrati e di alta qualità per i cittadini polacchi sparsi in tutto il Paese, supportati da una ricerca scientifica all’avanguardia. Come parte del nuovo gruppo internazionale, l’esperienza del nostro personale contribuirà a sostenere l’ulteriore espansione della medicina moderna nel mondo».

Czy?: «Contribuito a salvare molte vite»

Zbigniew Czy?, Fondatore di AHoP, ha aggiunto: «Sono molto orgoglioso del management e vorrei ringraziare tutti i dipendenti e i partner di AHoP per aver creato una realtà sanitaria così incredibile. Abbiamo contribuito a salvare numerose vite, e sono sicuro che il futuro dei pazienti del gruppo sarà ancora più luminoso».

Sosna: «Partnership farà accelerare lo sviluppo di AHoP»

Rafal Sosna, tra i principali azionisti, ha commentato: «Grazie alla professionalizzazione e all’innovazione, AHoP è diventata uno dei principali operatori del mercato sanitario polacco. Sono certo che la partnership con GKSD non farà che accelerare il percorso di sviluppo dell’azienda, e guardo con fiducia al futuro di AHoP».

Il calcio e la sindrome saudita: perché l’assalto dei petrodollari ci sta facendo ammattire

La scalata saudita nel calcio si fa inarrestabile e le reazioni da parte europea sono sempre più isteriche. Manifestano una paura scomposta, perché emotivamente sregolata ma anche colma di incoerenze. Quei petrodollari intimoriscono, ma al tempo stesso sono ambiti. La solita doppia morale, poiché li si valuta a seconda che schiaccino nell’angolo di una concorrenza non sostenibile o che diano ossigeno a finanze asfittiche. Ma al di là dell’incoerenza, cosa davvero fa paura di questa massiccia dimostrazione di forza finanziaria saudita?

Il calcio e la sindrome saudita: perche? l'assalto dei petrodollari ci sta facendo perdere il lume
Cristiano Ronaldo gioca nell’Al-Nasrr (Getty).

In gioco ci sono potere politico ed egemonia culturale

Risposta semplice: si ha paura di perdere centralità. Che significa veder dissolvere non soltanto potere economico e politico, ma anche egemonia culturale, facoltà di dettare l’agenda delle priorità, governare i processi di mutamento. Detto in termini semplificati: è la paura di essere provincializzati. Una prospettiva difficile da accettare, ma che si espande nel mondo del calcio (e dello sport in generale) in piena coerenza con quanto sta accadendo nel vasto scacchiere globale della politica e dell’economia, col possibile allargamento dei Brics di cui proprio i sauditi dovrebbero essere parte. Una paura umanamente giustificabile, ma che comunque non servirà a cambiare la direzione delle cose. Né lo farà l’atteggiamento spocchioso da nobili in decadenza che guardano con terrore alle nuove élite. Tanto più se quelle nuove élite stanno usando il medesimo mezzo dei nobili in decadenza per acquisire posizione di supremazia: la forza del capitale.

Il calcio e la sindrome saudita: perche? l'assalto dei petrodollari ci sta facendo perdere il lume
Il principe saudita Mohammad bin Salman (Getty).

L’inarrestabile scalata: golf, cricket, Formula 1, tennis…

Partiamo da un assunto: i sauditi si stanno prendendo non soltanto il calcio, ma lo sport intero. Si annettono il golf con la Liv Golf, si apprestano a fare altrettanto col cricket, hanno messo le mani sul vasto fenomeno degli e-sport, vogliono il secondo Gran Premio annuale di Formula 1 (dopo l’appuntamento fisso a Gedda) da far disputare nella città futuristica di Neom, nella stessa Neom ospiteranno i Giochi invernali asiatici del 2029, hanno appena soffiato la Next Gen di tennis a Milano. Avrebbero voluto anche il Mondiale di calcio 2030, ma infine hanno deciso di desistere per puntare all’edizione di quattro anni dopo.

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Sergej Milinkovic-Savic dell’Al-Hilal (Getty).

L’economia dell’intrattenimento sarà cruciale come le rinnovabili

Dunque si tratta di un’espansione a tutto campo, che vede lo sport come un pezzo strategico nel campo dell’economia dell’intrattenimento. Che è anche una delle economie cruciali del XXI secolo, unitamente a quella delle energie rinnovabili. Il piano strategico di sviluppo nazionale, Vision 2030, consegna allo sport grossa parte delle ambizioni di fare dell’Arabia Saudita una potenza globale non soltanto sul piano economico, ma anche sul piano culturale e degli stili di vita.

Il calcio, una macchina da debito schiacciata dal suo gigantismo

In un contesto strategico del genere, il calcio non poteva che essere il bersaglio grosso. Grosso e fragile. Perché il movimento calcistico globale è una macchina produttrice di debito, a rischio di rimanere schiacciata dal suo stesso gigantismo. E dunque se arriva un attore capace di iniettare denaro nel movimento, per di più in quantità esagerate, viene ben accolto. Ma che succede se chi inietta il denaro nel movimento vuol comprarsi il movimento stesso, escludendo chi fin qui lo ha controllato? La risposta sarebbe semplicissima: se succede è perché è inevitabile che succeda. Si tratta di una fra le tante applicazioni della spietata e darwinista logica del mercato. Chi ha inventato questa logica? Pietoso silenzio.

Il calcio e la sindrome saudita: perche? l'assalto dei petrodollari ci sta facendo perdere il lume
Karim Benzema dell’Al-Ittih?d (Getty).

A colmare lo scarto di appeal ci pensa il più convincente degli argomenti

I sauditi comprano adesso come compravano negli anni passati. Con una differenza, tuttavia. Che negli anni passati compravano calciatori a fine carriera, ciò che faceva del loro campionato un cimitero degli elefanti. Invece adesso vogliono il meglio. Calciatori nel pieno dell’attività, pronti a trasferirsi in un campionato non ancora di prima fascia, convinti dal richiamo irresistibile del denaro. Ancora una volta, si tratta dell’applicazione di una logica elementare: il soggetto più ricco si prende il meglio disponibile sul mercato, e se c’è da colmare uno scarto di appeal (campionato nazionale non seducente) lo si colma col più convincente degli argomenti. Storicamente le società calcistiche europee hanno fatto incetta di talento estero applicando questo schema. E così hanno costruito un vantaggio competitivo (l’Europa come terra calcistica di approdo) che però adesso non è più sufficiente.

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Firmino e, dietro di lui, Mendy, Demiral e Ibanez, tutti dell’Al-Ahli (Getty).

Gabri Veiga testimonia il definitivo mutamento di mentalità

Né basta rivendicare la superiore qualità delle principali leghe europee rispetto al campionato saudita, per provare a arginare la tendenza. Perché se un giovane come lo spagnolo Gabri Veiga, con tutta una carriera davanti a sé, preferisce la Saudi Professional League (Spl) alla Serie A (il Napoli, nella fattispecie), significa che non è più nemmeno una questione di superiore offerta economica. Piuttosto, si è avuto un lento ma costante mutamento della mentalità che investe i calciatori in primis. E i calciatori di quest’ultima generazione hanno un’idea completamente diversa dello sviluppo di carriera. Un’idea post-agonistica, che privilegia la realizzazione economica a quella sportiva. E chissà che un giorno non si scopra un rovesciamento del ciclo: coi calciatori migliori che vengono a chiudere la carriera in Europa dopo aver gonfiato il conto in banca a Riad e dintorni.

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Gabri Veiga del Celta Vigo: ha preferito l’Al Ahli al Napoli (Getty).

L’argomento (fuori luogo) della Superlega: era un livello sovranazionale

In queste settimane di confusione da rischio provincializzazione è capitato di sentire tirare in ballo argomenti sommamente forzosi. Spicca la recriminazione sulla mancata realizzazione della Superlega per club, vista come una soluzione meno peggio della scalata saudita. A questo argomento rispondiamo con un interrogativo: ma che ci azzecca? La Superlega doveva essere un’organizzazione sovranazionale (con relativa competizione) che avrebbe impattato sull’Uefa e indebolito i campionati nazionali. Qui invece siamo in presenza di una lega nazionale che si sta espandendo, fino a minacciare le principali leghe europee. La Saudi Pro League non sarà mai una Superlega, magari non arriverà mai a essere nemmeno una lega del massimo livello sul piano internazionale. Riproduce piuttosto uno schema da Nba, con la centralizzazione della governance dei club e delle decisioni, ma rimane una lega nazionale. Qualcuno si sente di strepitare contro la Nba? Aggiungiamo: se la Superlega fosse partita, i sauditi si sarebbero comprati pure quella. Amen.

Il no per Salah e i timori della Premier League: perdere il primato

Già che è stata menzionata la Nba, giusto deviare sulla Premier League inglese. Che è la Nba del calcio e perciò si ritiene seriamente minacciata dalla Saudi Pro League. Il rifiuto del Liverpool di cedere Mohammed Salah all’Al-Ittihad è stato accompagnato dalla precisazione che il calciatore non verrà ceduto ai sauditi indipendentemente dall’offerta. Domanda: non verrà ceduto perché ritenuto indispensabile, o perché non lo si vuol cedere ai sauditi? L’interrogativo apre scenari che riguardano proprio la Premier. Per il momento la massima lega inglese non vede minacciato dagli arabi il primato calcistico globale, ma a lungo andare la corsa finanziaria al rialzo potrebbe rivelarsi sanguinosa. In questo momento sono proprio gli inglesi a temere più di tutti la forza dei sauditi, anche perché sanno che toccherebbe a loro sfidarli. Ma come farebbero? I sauditi li hanno in casa, come proprietari del Newcastle United. Saranno anni molto difficili per la Premier.

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Momo Salah è stato dichiarato incedibile dal Liverpool (Getty).

Esiste una soluzione? Forse solo accettare le regole e abituarsi

Ma allora come si può rimediare? Francamente non vediamo quali possano essere i rimedi. Ribadiamo: se la logica è quella del mercato, promossa nel calcio proprio dagli europei, bisogna accettarla. E aspettare di vedere quanto durerà l’ondata saudita. Abbiamo visto tramontare l’epoca degli oligarchi russi, e poi esplodere la bolla cinese dopo soli due anni dal suo avvio. Quanto vorranno e potranno ancora spendere i sauditi per assicurarsi il controllo del giocattolo? Questo è il vero interrogativo. Tutto il resto è paura di provincializzazione. Passerà con l’abitudine.

Wwe, morto il wrestler Bray Wyatt a soli 36 anni

Wrestling in lutto per la morte di Bray Wyatt. Il campione della Wwe nel 2017, all’anagrafe Windham Rotunda e uno degli interpreti più amati degli ultimi 15 anni, è deceduto all’età di 36 anni. Ad annunciarlo su Twitter (X) Triple H, ex lottatore e oggi responsabile della creazione di contenuti per la Wwe, che ha parlato direttamente con il padre di Wyatt. «Sarà per sempre un membro della nostra famiglia», ha scritto in un breve post social, chiedendo il rispetto della privacy per la famiglia. «I nostri pensieri sono con i suoi cari in un momento così triste». Secondo il giornalista di Fightful.com Sean Ross Sapp, Wyatt sarebbe stato stroncato da un infarto. «A inizio 2023 aveva contratto il Covid, che gli aveva provocato problemi cardiaci (e costretto a lasciare le competizioni, ndr.)», ha spiegato il reporter. «Stava però migliorando e progettava il rientro sul ring».

Numerosi i saluti da parte di colleghi e amici. La Wwe ha dedicato un breve post sui profili ufficiali in cui si dice «rattristata nell’apprendere la morte prematura di Bray Wyatt». Commosso anche l’attore Dwyane Johnson che proprio nel wrestling si guadagnò il soprannome di The Rock. «Ho il cuore a pezzi», ha scritto online la star di Hollywood. «Era un personaggio unico, interessante e raro, difficile da creare nel folle mondo del wrestling professionistico». Affranto anche John Cena, che come Johnson ha abbracciato il cinema dopo la carriera nella lotta. «Sono devastato», ha scritto l’attore. «Hai tirato fuori il meglio di me». L’intera Wwe ha annullato ogni riunione o incontro in sua memoria. Wyatt lascia la sua ex moglie Samantha e le loro due figlie, oltre all’attuale compagna JoJo Offerman, con cui ha avuto altri due bambini.

Chi era Bray Wyatt e la morte nel 2020 dell’ex collega Luke Harper

Classe 1987, nato a Brooksville in Florida, Bray Wyatt proveniva da una famiglia di lottatori. Avevano infatti trascorso una carriera nel wrestling suo nonno Blackjack Mulligan e suo padre Mike Rotunda. Nella Wwe anche il fratello Taylor, che si esibisce con il nome di Bo Dallas. Già campione al liceo, come ha ricordato la Bbc, Bray Wyatt vinse una borsa di studio alla Troy University per giocare a football. La sua passione per la lotta però gli fece abbandonare il corso prima del diploma, portandolo al debutto nel professionismo nel 2009. Windham Rotunda ha combattuto sotto diversi nomi, da Husky Harris a Duke Rotundo, ma ha legato la sua carriera a Bray Wyatt. Celebri le sue apparizioni nella Wyatt Family assieme a Erik Rowan, Braun Strowman e a Luke Harper, scomparso a 41 anni nel 2020. In carriera ha vinto, oltre al titolo mondiale Wwe Championship, anche lo SmackDown Tag Team Champioship e altre competizioni.

Bray Wyatt sarebbe stato stroncato da un infarto. Assente dal ring da febbraio, progettava il rientro. Il ricordo del mondo Wwe.
Da sinistra Braun Strowman, Bray Wyatt ed Erick Rowan (Getty Images).

Proprio la morte di Harper per una malattia polmonare lo aveva scosso profondamente. «Eri il mio migliore amico, ma anche mio fratello e il mio partner», aveva postato su Instagram. «Fa malissimo, avrei voluto tanto poterti dire addio». In conclusione del post, aveva espresso il desiderio di sedere di nuovo accanto a lui dopo la morte. «Conservami un posto ovunque tu sia, lì è dove appartengo», aveva scritto. «Quando sarà il mio momento ti raggiungerò, fratello». Nel 2022, Bray Wyatt rivelò anche di aver superato seri problemi di salute mentale. «Avevo perso la mia carriera», aveva detto a Sportsmanor. «Avevo smarrito la fiducia in me stesso e la mia strada. Credevo che a nessuno importasse di me, ma sbagliavo».

Bray Wyatt sarebbe stato stroncato da un infarto. Assente dal ring da febbraio, progettava il rientro. Il ricordo del mondo Wwe.
Bray Wyatt all’ingresso sul ring (Getty Images).

Estradato in Italia Wolfgang Rieke: è il camionista che ha ucciso Davide Rebellin

I carabinieri del Nucleo Investigativo di Vicenza hanno preso in consegna stamani al valico del Brennero Wolfgang Rieke, il camionista tedesco nei cui confronti è stato emesso un ordine di custodia cautelare in carcere dal Gip di Vicenza per il reato di omicidio stradale e omissione di soccorso nei confronti dell’ex campione di ciclismo Davide Rebellin, travolto e ucciso il 30 novembre scorso dall’autoarticolato da lui guidato, in una rotatoria a Montebello Vicentino.

Rieke si è presentato spontaneamente

Lo riferisce il procuratore della Repubblica di Vicenza, Lino Giorgio Bruno. Nei confronti di Rieke era in corso di svolgimento il procedimento relativo all’esecuzione del mandato di arresto di europeo, emesso su richiesta della procura vicentina dal Gip del Tribunale. Rieke, previe intese tra Procura, militari dell’Arma e i difensori, si è spontaneamente presentato ai fini dell’esecuzione della misura cautelare.

Il camionista arrestato in Germania il 17 giugno

Rieke è stato arrestato in Germania il 17 giugno scorso, a otto mesi dall’incidente in cui è morto Davide Rebellin. Il ciclista è stato urtato e travolto dall’autoarticolato nei pressi dello svincolo autostradale di Montebello Vicentino. A guidare era il tedesco e per la procura di Vicenza la morte dell’atleta «è da imputare esclusivamente a una pluralità di norme comportamentali da parte di Rieke». Quest’ultimo, dopo aver investito Rebelllin, si è avvicinato al suo corpo e poi ha preso posto nell’abitacolo del mezzo, allontanandosi. Alcuni testimoni lo hanno immortalato con gli smartphone.

Estradato in Italia Wolfgang Rieke è il camionista che ha ucciso Davide Rebellin
Davide Rebellin (Getty).

La famgilia di Rebellin a giugno ha chiesto giustizia 

«Vogliamo giustizia per quello che è successo. Bisogna vedere se quell’uomo ha visto o no mio fratello. Ma la cosa che ha fatto più male, la cosa che non è perdonabile, è che è tornato indietro, è sceso dal camion, lo ha guardato a terra ed è andato via senza chiamare i soccorsi. Deve essere punito anche solo per questo», ha detto a giugno al Quotidiano Nazionale il fratello del ciclista, Simone. «Che abbia visto o no mio fratello quando lo ha investito solo lui lo sa, purtroppo. Penso che non abbia voluto ucciderlo. Ma come si fa a lasciarlo lì, a non chiamare i soccorsi e ad andare via?».

La Roma prepara il blitz a Londra per Lukaku: contatti con il Chelsea

Romelu Lukaku vestirà la maglia della Roma? I tifosi sognano e i portali sportivi ne sono sempre più convinti: la trattativa non solo è reale, ma si può chiudere già nelle prossime ore. Sky Sport ha parlato di un blitz della dirigenza della Roma a Londra già nel tardo pomeriggio del 25 agosto. Il Chelsea, squadra che detiene il cartellino dell’attaccante belga, ha aperto al trasferimento in prestito dopo le trattative naufragate con Inter e Juventus. L’esperto di calciomercato Gianluca Di Marzio intanto su Instagram ha svelato che «il vicepresidente Ryan Friedkin e il ds Tiago Pinto stanno partendo dalla capitale per un volo privato per Londra».

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Mourinho: «Pinto mi ha promesso un altro colpo»

In mattinata a parlare di Lukaku è stato il tecnico della Roma Josè Mourinho. L’allenatore ha parlato prima della gara dei giallorossi contro il Verona e a chi gli ha chiesto del belga ha risposto: «Quando il direttore Pinto mi ha proposto Azmoun mi ha detto che arriverà anche un altro attaccante. E così mi fa felice. Se l’altro è un attaccante di qualità, allora Belotti, Azmoun e questo ipotetico terzo attaccante, parliamo di buone opzioni lì davanti. Chi mi ha promesso Pinto? Nessun nome, però mi hanno detto che la società lavorerà forte per un altro attaccante, con caratteristiche diverse da quelli che abbiamo oggi». Sui social, intanto, molti fan romanisti hanno rilanciato la foto della coppia d’attacco da sogno composta dal centravanti ex Inter e Paulo Dybala.

Friedkin e Pinto sarebbero già in partenza. I tifosi sognano la coppia formata dal gigante belga e Paulo Dybala
Paulo Dybala durante un’amichevole estiva con la maglia della Roma (Getty).

La Roma chiede Lukaku in prestito secco

Resta da capire la formula del trasferimento. La Roma ha chiesto al Chelsea il prestito secco di Lukaku, senza alcun obbligo di riscatto. L’attaccante ha, però, un ingaggio pesante, da 12 milioni. La dirigenza giallorossa vorrebbe pagarne soltanto una parte, per non gravare troppo sulle proprie casse. Difficile, ma non impossibile.

Friedkin e Pinto sarebbero già in partenza. I tifosi sognano la coppia formata dal gigante belga e Paulo Dybala
Lukaku esulta dopo un gol in un match dell’Inter (Getty).

Ledure cambia foto su WhatsApp: è seduto sulla panchina della Roma

Mentre le indiscrezioni si susseguono, a far sognare i tifosi della Roma è anche il procuratore di Lukaku, Sebastien Ledure. L’agente nelle scorse ore ha modificato la propria foto profilo di WhatsApp e curiosamente appare seduto proprio sulla panchina dei giallorossi. Lo scatto, come sottolinea il portale forzaroma.it, risale allo scorso settembre, in occasione del Social Football Summit che si tiene allo stadio Olimpico ogni anno. Coincidenza o indizio di mercato?

Onlyfans, da Carmen Electra a Bella Thorne: quanto guadagnano le star?

Per la prima volta nella sua storia, la piattaforma Onlyfans ha superato 1 miliardo di euro di ricavi in un anno. È quanto risulta dai dati del 2022, che hanno garantito al proprietario Leonid Radvinsky un utile di ben 400 milioni. Fondamentale la presenza di star mondiali tra cantanti, attori e volti noti della tv che vendono contenuti per adulti sui loro profili. L’ultima in ordine di tempo è Drea De Matteo, nota per aver prestato il volto ad Adriana La Cerva ne I Soprano. Mercoledì 23 agosto l’interprete oggi 51enne ha iniziato a pubblicare foto e video per i suoi abbonati, al costo di 15 dollari (circa 13 euro) al mese. È solo l’ultima di una lunga serie di celebrità che hanno scelto Onlyfans guadagnando cifre da capogiro. La rapper Iggy Azalea ha totalizzato 4 milioni in un mese, Bella Thorne addirittura 1 milione in appena 24 ore.

La rapper Iggy Azalea ha incassato 4 milioni in un mese, Bella Thorne 1 milione in 24 ore. I guadagni su Onlyfans di cantanti e attori.
Drea de Matteo ha annunciato l’iscrizione su Onlyfans (Getty Images).

Dal rapper Tyga a Carmen Electra, le star di cinema e musica su Onlyfans

Sfruttando la sua fama sul piccolo schermo grazie a Baywatch, Carmen Electra ha creato un profilo Onlyfans nel maggio 2022. «Sentivo di doverlo fare», ha raccontato alla rivista People. «Per la prima volta nella mia vita sono il capo di me stessa e posso entrare in contatto con i miei fan senza che qualcuno mi controlli». L’iscrizione all’account è gratuita, ma occorre sborsare circa 25 dollari al mese per visualizzarne i contenuti. Non mancano inoltre pacchetti Vip a tariffe più elevate. «Si adatta perfettamente a chi sento di essere», ha poi aggiunto l’attrice 50enne. «Sono la direttrice creativa dei miei scatti». Su Onlyfans anche la sua ex collega sul set di Baywatch Donna D’Errico, attrice 54enne che si è iscritta nell’agosto 2022. I fan possono inviarle persino suggerimenti per migliorare la qualità delle sue foto. «Ricevo tanti commenti di body positivity», ha detto al Daily Mail.

Parlando di profitti, in pochi potranno battere Bella Thorne. L’attrice e cantante, nonché ex fidazata di Benji Mascolo, si è unita a Onlyfans nell’agosto 2020 con un debutto eccezionale. Nelle prime 24 ore ha incassato infatti 1 milione di dollari per un totale di circa 11 milioni in totale. L’iscrizione al suo account è gratuita, ma seguono abbonamenti da 16 a 100 dollari per visualizzare foto e video. Chi vuole può anche pagare tramite un acquisto su Amazon di un prodotto utile alla creator, dalle stoviglie allo shampoo. Supera le sette cifre invece il guadagno della rapper Iggy Azalea, che si è iscritta nel gennaio 2023. Su Onlyfans pubblica senza alcuna censura fotografie, video, illustrazioni, musica e persino poesie esclusive. Analizzando il suo profilo, il Daily Mail ha ipotizzato un incasso di 340 mila dollari solo dagli abbonamenti in due settimane. Ancora più alti i ricavi del rapper Tyga, che ha però eliminato il suo account nell’agosto 2021: si parla di quasi 8 milioni di dollari al mese.

Il caso di Cardi B e i guadagni più alti di sempre

Differente invece il caso di Cardi B, fra le rapper più influenti del panorama musicale mondiale. L’artista ha aperto un profilo su Onlyfans nell’agosto 2020, che ha poi cancellato nel novembre 2021. «Sarà un posto speciale per me e i miei fan», aveva scritto anche su Instagram, spiegando che non avrebbe mai pubblicato contenuti per adulti. Ha infatti postato esclusivamente backstage dei suoi concerti e stralci della sua vita personale. Pur avendo rilasciato soltanto sei foto e video, ha dichiarato ben 9,4 milioni di dollari. Discorso simile per la nostra Federica Carta, che ad aprile annunciò la sua iscrizione, precisando di pubblicare solo inediti per i fan più affezionati. Chi sono però le creator più ricche di Onlyfans? La star di Real Housewives of Miami Larsa Pippen guadagna 10 mila dollari al giorno, la modella Bhad Barbie ha totalizzato addirittura 1 milione nelle prime sei ore dall’iscrizione, record ancora imbattuto. Nessuno arriva però alla modella Blac Chyna che dalla registrazione nell’aprile 2020 ha incassato ben 240 milioni di dollari.

La rapper Iggy Azalea ha incassato 4 milioni in un mese, Bella Thorne 1 milione in 24 ore. I guadagni su Onlyfans di cantanti e attori.
La modella Blac Chyna ha incassato 240 milioni di dollari su Onlyfans (Getty Images).

Meteo, in arrivo una forte ondata di maltempo

Il caldo e l’afa hanno le ore contate. Venerdì 25 agosto sarà ancora bel tempo su tutta l’Italia, ma già tra sabato 26 e domenica 27 sono previsti i primi forti temporali su Alpi, Prealpi e alte pianure di Piemonte e Lombardia. Sul finire di domenica irromperà il ciclone proveniente dal nord Europa che scatenerà una violenta ondata di maltempo e un crollo delle temperature anche di 20°C. Sono le previsioni di Antonio Sanò, fondatore del sito www.iLMeteo.it, che segnalano inoltre la possiilità di nubifragi e grandinate con chicchi di grosse dimensioni.

Sanò: «Improvvisi allagamenti o alluvioni lampo»

«L’acqua che potrebbe cadere in poche ore» – ha affermato Sanò – «non riuscirà a essere assorbita dal terreno, provocando quindi improvvisi allagamenti o alluvioni lampo. In montagna non mancheranno frane o smottamenti». Previsto anche un sensibile abbassamento dei valori massimi della temperatura, che rispetto a quelli attuali potrebbero scendere fino a 20°C. Questo tracollo potrebbe favorire il ritorno della neve sull’arco alpino a partire dai 2.000-2.500 metri.

Le previsioni nel dettaglio

Le previsioni nei prossimi giorni:

  • Venerdì 25. Al nord: sole e caldo intenso, qualche temporale
    sui confini alpini. Al centro: sole e caldo intenso. Al sud:
    soleggiato.
  • Sabato 26. Al nord: temporali forti su Alpi e Prealpi del
    Nordovest, anche sulle rispettive pianure, attenzione alla
    grandine. Al centro: sole e un po’ meno caldo. Al sud: sole con
    caldo in aumento.
  • Domenica 27. Al nord: temporali più frequenti e via via più
    diffusi e fortissimi da ovest verso est. Al centro: più nubi in
    Toscana, sole altrove. Al sud: soleggiato, più caldo in Puglia.

Forte maltempo anche lunedì e martedì per il ciclone proveniente dal nord Europa che si abbatterà sull’Italia.

Heineken cede le attività in Russia e perde 300 milioni

Heineken ha completato il processo di vendita delle sue attività in Russia al gruppo Arnest, concludendo il processo di uscita dal mercato russo iniziato nel marzo del 2022, dopo l’invasione dell’Ucraina. Gli asset, si legge in una nota, sono stati venduti per un euro, costando alla multinazionale della birra una «perdita cumulata attesa di 300 milioni di euro», con un impatto trascurabile sull’utile per azione 2023 e senza impattare sull’outlook per l’esercizio.

Dipendenti: garantito l’impiego per i prossimi tre anni

Arnest Group è il più grande gruppo russo di cosmetici, casalinghi e imbottigliamento in lattine. Oltre a rilevare gli asset, che includono sette birrifici, si farà carico dei 1.800 dipendenti in Russia, garantendone l’impiego per i prossimi tre anni. L’accordo prevede che entro un periodo di sei mesi Heineken, il cui marchio è stato già ritirato dal mercato russo, cessi anche la produzione della birra Amstel mentre nessun marchio internazionale sarà concesso in licenza, con l’eccezione dei marchi regionali più piccoli, oggetto di una licenza triennale necessaria per assicurare la continuità del business.

«Al sicuro le fonti di reddito dei dipendenti»

Il colosso olandese non riceverà proventi, royalties o commissioni dalla Russia e non si è ritagliato delle opzioni di riacquisto degli asset per rientrare nel Paese. «Anche se ha richiesto molto più tempo di quanto sperassimo, questa transazione mette al sicuro le fonti di reddito dei nostri dipendenti e ci consente di lasciare il Paese in modo responsabile» ha dichiarato il ceo Heineken Dolf van den Brink.

Ursula von der Leyen: «Scatta la nuova legge Ue sui servizi web»

«Stiamo portando i nostri valori europei nel mondo digitale. Con regole severe in materia di trasparenza e responsabilità, la nostra legge sui servizi digitali mira a proteggere i nostri bambini, le nostre società e le nostre democrazie». Sono le parole postate su X dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. «Gli utenti» riporta Le Figaro «beneficeranno d’ora in poi di una protezione rafforzata, ma anche di un maggiore controllo e di una maggiore scelta».

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Legge in vigore dal 25 agosto

«A partire da oggi 25 agosto, le grandi piattaforme online devono applicare la nuova legge», ha confermato la Von der Leyen. Coinvolte le 19 piattaforme entrate nella lista della Commissione lo scorso 25 aprile. «Ci aspettiamo di ricevere le valutazioni secondo il Digital services act sui rischi sistemici su cui si devono focalizzare», ha commentato alla stampa di Bruxelles il portavoce della Commissione Ue responsabile per l’economia digitale, Johannes Bahrke.

Trump, perché la foto segnaletica è così brutta? Parola agli esperti

La foto segnaletica di Donald Trump, scattata nel carcere di Fulton County, a nord di Atlanta, è ormai virale. Complice la pubblicazione su tutti gli account social dell’ex presidente americano, assieme alla scritta «Mai arrendersi», lo scatto sta facendo il giro del web fra sostenitori e oppositori del tycoon. Persino Elon Musk ha ritwittato la foto, aggiungendovi la didascalia “Next Level”. Tra chi parla di una situazione «surreale e divertente» e chi invece sottolinea la natura «teatrale» della vicenda, in tanti hanno posto l’accento sulla scarsa qualità dello scatto. «All’inizio pensavo si trattasse di un meme», ha spiegato alla Bbc Jake Olson, fotografo professionista dell’Ohio, che ha ricordato anche le foto segnaletiche dell’ex sindaco di New York Rudy Giuliani e altri avvocati coinvolti nel processo per aver tentato di sovvertire le elezioni del 2020 in Georgia. «È la tempesta perfetta delle brutte foto».

Dall’illuminazione allo sfondo grigio, gli errori nella foto segnaletica di Trump

«Chi ha scattato non ha seguito nemmeno una delle regole fondamentali della fotografia», ha proseguito Olson. In prima battuta, ha posto l’accento sull’illuminazione. Donald Trump, così come Giuliani, si trova sotto un’unica fonte di luce proveniente dall’alto. Un errore da principianti, secondo Olson, in quanto si ottiene un pallore malsano sul viso del soggetto e una lucentezza eccessiva nell’immagine. «In tutti si può vedere un riflesso sulla fronte», ha aggiunto Ray Mantle, docente di fotografia a Pittsburgh. «Non hanno un bell’aspetto, appaiono stanchi. Sembra sia in corso un interrogatorio». Non va meglio se si presta invece attenzione allo sfondo grigio. «Occupa quasi il 40 per cento della metà superiore dell’inquadratura», ha sottolineato Olson. «Troppo esagerato».

Illuminazione scadente, sfondo grigio troppo ampio e inquadratura errata. Gli esperti commentano gli errori alla foto segnaletica di Trump.
La foto segnaletica di Rudy Giuliani (Twitter).

Capitolo espressioni facciali. «Se dovessi realizzare una brutta foto segnaletica, direi di fare esattamente quello che hanno fatto in questo caso», ha sentenziato Olson. Ha ricordato come l’avvocato Jenna Ellis nel suo scatto sorrida mentre guarda la telecamera, mentre il collega Ray Smith fissa l’obiettivo senza mutare la posizione della bocca o degli occhi. «Per molte di queste persone, si tratta di un debutto politico», ha affermato Mantle. «Sanno che tanta gente vedrà le immagini, potrebbero pentirsene». Realizzare una buona foto segnaletica, tuttavia, può essere molto difficile. Ne sanno qualcosa anche alcune celebrità come Justin Bieber, Lindsay Lohan o Paris Hilton. «Sorridere non è sempre la via migliore», ha detto Cooper Lawrence, reporter che ha seguito diversi arresti delle star. «Rischi di sembrare arrogante. Si tratta di andare in cella, non di fare un’audizione».

Due ragazzine di 13 anni stuprate al Parco Verde di Caivano

Due cuginette, di appena 13 anni, sono state violentate da un gruppo di sei adolescenti al Parco Verde di Caivano, in provincia di Napoli. Il fatto, come riferisce Il Mattino è avvenuto a inizio di luglio. La conferma della violenza sarebbe avvenuta anche dalle visite mediche in due ospedali cittadini. Per le due ragazze è stato deciso l’allontanamento dal Parco Verde e ora vivrebbero in una casa famiglia. Le indagini sono andate avanti, in queste ultime settimane, nel più assoluto riserbo ma è trapelato che si sta procedendo all’analisi di alcuni telefoni cellulari per cercare di ricostruire con esattezza la dinamica dei fatti. Le due ragazze sarebbero state condotte in un capannone abbandonato della zona con l’inganno.

Cresta sugli ingressi: licenziati bigliettai della Basilica di San Marco

Sei collaboratori con i quali è già stato chiuso il rapporto di lavoro: è il primo passo compiuto dalla procuratoria di San Marco che ha scoperto nei giorni scorsi una serie di illeciti sulla vendita dei biglietti per l’ingresso a Venezia alla Basilica e al Campanile.

Illeciti scoperti dal confronto con la bigliettazione elettronica

Gli addetti alla biglietteria avrebbero intascato parte dei soldi della vendita dei ticket d’ingresso. Gli illeciti sono stati scoperti grazie al confronto della bigliettazione elettronica.

Legge anti-pezzotto, segnalati 100 siti pirata: ma nessuno di loro è stato bloccato

Il debutto della legge anti-pezzotto, in vigore dall’8 agosto e approvata dal Senato a luglio, è stato un flop. Secondo quanto previsto, i siti pirata in cui sono state trasmesse le immagini delle gare di Serie A rischiavano la chiusura entro 30 minuti. Uno stop che, però, non c’è stato. Repubblica racconta che nessun portale è stato bloccato e chi ha cominciato a vedere le partite in streaming illegalmente è riuscito ad arrivare fino al 90esimo. Il quotidiano spiega che sulla carta la struttura funziona. E infatti sono stati segnalati un centinaio di siti pirata. Ma nella pratica, nessuno di loro è stato oscurato.

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Perché i siti non sono stati oscurati

Il ritardo audiovideo nelle immagini mandate in streaming dai siti pirata è stato di appena 15 secondi rispetto a Dazn. Un danno per la società che detiene, fino alla stagione in corso, i diritti di 266 partite in esclusiva e di altre 114 in co-esclusiva della Serie A. La domanda adesso è: perché i siti non sono stati oscurati? Repubblica spiega che non si può intervenire perché AgCom sta ancora implementando la piattaforma, acquisita nei primi giorni d’agosto. Ci sarà un tavolo tecnico durante la prima settimana di settembre in cui gli operatori del settore definiranno i requisiti tecnici utili a disabilitare domini e indirizzi IP. Una questione anche burocratica, che farebbe slittare a inizio ottobre l’inizio del blocco dei siti.

Legge anti pezzotto, segnalati 100 siti pirata ma nessuno di loro è stato bloccato
Una telecamera a bordocampo (Getty).

Dazn ha chiesto il risarcimento a 26 siti pirata

Intanto Dazn ha avviato azioni legali contro 26 siti pirata. La richiesta di risarcimento danni sarà avanzata, entro fine settembre, anche contro altri 50 portali. I vertici della società hanno anche proposto «ad AgCom tutta la nostra collaborazione per la segnalazione ed il blocco dei siti pirata al fine di ridurre le perdite che l’intero sistema audiovisivo sta subendo ma soprattutto per tutelare il maggior numero di cittadini dai rischi della criminalità informatica». E sperano in una «rapida adozione della piattaforma», ritenuta «fondamentale».

Legge anti pezzotto, segnalati 100 siti pirata ma nessuno di loro è stato bloccato
Il logo di Dazn sul microfono di un inviato a bordocampo (Getty).

Firenze, due giovani scalano il David al piazzale Michelangelo

Nella notte tra mercoledì 23 e giovedì 24 agosto, a Firenze, è stata scalata la copia della statua del David di Michelangelo, che dal piazzale guarda all’intera città. I protagonisti del gesto sono due giovani, un ragazzo e una ragazza, che sono stati ripresi mentre si arrampicavano sulla statua.

Lo slancio e la leva su una delle statue per salire

Il monumento su cui i giovani sono saliti è una copia ottocentesca della scultura conservata alla galleria dell’Accademia. A distanza di poche ore, si era verificato l’episodio dell’imbrattamento delle mura del Corridoio Vasariano. Nel video, diventato virale, si vede uno dei due che si dà lo slancio per salire facendo leva su una delle statue che si trovano ai piedi del David, mentre la giovane è in piedi intenta a stringere a una delle gambe dell’opera.

Prigozhin è morto davvero? I dubbi su una possibile messinscena

Yevgeny Prigozhin è morto, per volere di Vladimir Putin che così si è vendicato dell’ammutinamento di fine giugno. Oppure no? A darlo per certo è il Gruppo Wagner: uno dei comandanti avrebbe riconosciuto il cadavere del fondatore della milizia mercenaria da un dito mancante, quando però era stato detto fin da subito che per identificare i corpi carbonizzati sarebbe stato necessario l’esame del Dna. Strano. La sensazione è che a essere più convinti della morte di Prigozhin siano i suoi stessi alleati e alcuni dei media a lui associati. Insomma, si sta dando per scontato che a bordo del volo Ra 02795 ci fosse anche lui ma… ci sono dei ma. Intanto lo zar si è affrettato a liquidarlo così: «Era un uomo dal destino complicato e ha commesso gravi errori nella sua vita». Ma le perplessità non sono soltanto frutto di strampalate teorie del complotto: persino il portavoce del governo francese poche ore dopo l’incidente ha espresso «ragionevoli dubbi» su quanto accaduto.

Prigozhin è morto davvero, ucciso per volere di Putin? I dubbi su una possibile messinscena e i motivi per metterla in atto.
Il memoriale dedicato a Prigozhin e Utkin nella sede della Wagner (Getty Images).

Il cadavere identificato da un dito mancante: ma non serviva l’esame del Dna?

Insieme a Prigozhin sono stati identificati anche i resti del braccio destro Dmitri Utkin, fa sapere il canale legato alla Wagner. Rimangono le perplessità espresse dagli esperti di cose russe, riguardo alla velocità con cui era stata confermata la notizia della presenza di Prigozhin sull’aereo abbattuto. È stato per primo il ben informato sito Fontanka, di San Pietroburgo (città di Putin e del suo ex cuoco) a riferire che i corpi delle 10 vittime avevano subito gravi ustioni nel rogo da renderne impossibile l’identificazione senza un esame del Dna. Eppure l’identificazione è arrivata, grazie a un dito mozzato. Utkin sarebbe stato invece riconosciuto dall’altezza e dai tatuaggi.

Un sosia a bordo al suo posto? L’ipotesi

Dopo la fallita rivolta militare contro il Cremlino, gli investigatori russi avevano fatto irruzione nella casa di Prigozhin, trovando passaporti aggiuntivi per possibili sosia che viaggiavano a suo nome, oltre alle (divertenti, va detto) foto dei travestimenti del fondatore della Wagner. Ora, è improbabile che i sosia di Prigozhin, calvi e dai lineamenti simili, si siano sottoposti anche al taglio del dito per somigliargli ancora di più? No, non lo è. Quanto a Utkin, a bordo sì ci poteva essere davvero lui. Ma è un altro discorso. Secondo Alexey Venediktov, ex capo della stazione radio Eco di Mosca, chiusa il 3 marzo 2022 per decisione del Roskomnadzor, per i suoi servizi sull’invasione dell’Ucraina, Prigozhin sarebbe stato facile da individuare mentre entrava nell’aeroporto Vnukovo-3 e proseguiva verso la pista: il giornalista suggerisce che possa essere salito su un altro jet e non su quello poi abbattuto.

Il secondo aereo e l’esplosivo piazzato per simulare la morte

Secondo il Daily Mail, un secondo velivolo, appartenente alla Wagner, è stato visto sui radar volare sopra la stessa regione di Tzer. Sono molte le sfaccettature di questo giallo. I canali Telegram vicini alla Wagner hanno subito detto che l’aereo era stato abbattuto da un missile terra-aria lanciato dall’esercito russo. Ma il canale televisivo Tsargrad ha suggerito invece che l’aereo potrebbe essere stato fatto saltare in aria da un ordigno a bordo. Ipotesi che sembra farsi strada anche nella ricostruzione degli americani. E se lo avesse piazzato proprio Prigozhin per inscenare la sua morte?

Prigozhin è morto davvero, ucciso per volere di Putin? I dubbi su una possibile messinscena e i motivi per metterla in atto.
Vladimir Putin (Imagoeconomica).

Prigozhin era stato già dato per morto nel 2019, dopo la caduta di un altro aereo

«È stato detto che a bordo era presente un passeggero di nome Yevgeny Prigozhin. Ma è anche noto che diverse persone hanno cambiato il loro nome in Yevgeny Prigozhin, come parte dei suoi sforzi per offuscare i suoi viaggi. Quindi, finché non sapremo con certezza che si tratta del Prigozhin giusto, non sorprendiamoci se apparirà a breve in un nuovo video dall’Africa», ha scritto Keir Giles, consulente senior di Chatham House, centro studi britannico specializzato in analisi geopolitiche e delle tendenze politico-economiche globali. E questo ci porta a fare un passo indietro, a quattro anni fa. Prigozhin era stato infatti già dato per morto nel 2019, guarda caso in un incidente aereo in Africa, nello schianto di un Antonov An-72 nella Repubblica Democratica del Congo, che trasportava oltre ad alcuni membri dello staff presidenziale della Rdc anche due cittadini russi. Il capo della Wagner era poi riapparso tre giorni dopo, come se nulla fosse. E stavolta? Secondo alcuni osservatori sarebbe stata tutta una messinscena per permettere a Prigozhin di scomparire e, allo stesso tempo, a Putin di dimostrare di essere ancora in grado di punire i traditori. Amici come prima. Oppure no?

Incendio nel Ponente Ligure: ancora attivo su due fronti

Sono ancora in corso le operazioni di spegnimento dell’incendio che ha colpito il comune di Ceriana, uno dei tre fronti boschivi interessati dai roghi nel Ponente ligure. Malgrado il miglioramento dello scenario, l’incendio è ancora attivo su due fronti: resta pertanto in vigore l’ordinanza di evacuazione delle abitazioni all’interno della zona di interfaccia.

Almeno 260 gli ettari di bosco bruciati

A supporto delle squadre dei vigili del fuoco e dei volontari della Protezione Civile, nella mattinata di venerdì 25 agosto intorno alle 7.30, è intervenuto un canadair. Una prima stima segnala che sarebbero circa 260 gli ettari di bosco bruciati. I sopralluoghi proseguiranno nelle prossime ore. Gli altri due incendi nell’entroterra imperiese continuano a essere considerati in bonifica e sorvegliati con avvicendamento delle squadre di vigili del fuoco e volontari.

Arrestato Cacciapuoti, boss di Villaricca

È stato arrestato dai carabinieri Luigi Cacciapuoti, il boss di Villaricca condannato a 15 anni di reclusione per associazione di tipo mafioso e latitante da tempo. A darne notizia lo stesso ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, che si è complimentato per l’operazione condotta giovedì 24 agosto dai carabinieri a Giugliano in Campania, nell’ambito di un’indagine coordinata dalla Dda di Napoli. Cacciapuoti è considerato elemento di vertice dell’organizzazione camorristica, che vantava ottimi rapporti, anche d’affari, con federazioni criminali di rango come l’Alleanza di Secondigliano e il clan dei Casalesi.

«Arresti frutto di capacità e impegno delle forze dell’ordine»

«Proseguono gli arresti di pericolosi latitanti, frutto delle capacità operative e dell’impegno delle donne e degli uomini delle forze dell’ordine, al lavoro ogni giorno, nei più diversi scenari, per garantire la sicurezza dei cittadini e l’ordine pubblico. A tutti loro va il mio ringraziamento», ha detto Piantedosi. Il clan Ferrara-Cacciapuoti di Villaricca, comune dell’hinterland di Napoli, storicamente rientra (con quello Nuvoletta di Marano di Napoli e dei Casalesi) nel cartello camorristico denominato Nuova famiglia, collegato all’ala corleonese di Cosa Nostra e militarmente contrapposto alla Nco, capeggiata dal defunto Raffaele Cutolo.

Lollobrigida al meeting di Rimini: «Spesso i poveri mangiano meglio». Le reazioni

«In Italia abbiamo un’educazione alimentare interclassista: spesso i poveri mangiano meglio, perché comprano dal produttore e a basso costo prodotti di qualità». Parole che non sono passate inosservate quelle del ministro dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare Francesco Lollobrigida, al Meeting di Rimini. Frasi all’interno di un contesto più ampio e pronunciate durante un incontro sul tema della Food Security e sostenibilità.

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Schlein: «Un governo che vive su un altro pianeta»

Il concetto è stato aspramente criticato dall’opposizione: «Io mi occupo soprattutto di quegli italiani che fanno fatica a fare la spesa, sono tanti, nonostante abbia visto che purtroppo c’è qualche ministro che pensa che i poveri mangino meglio dei ricchi. Non c’è neanche bisogno delle parodie quando c’è un governo che vive su un altro pianeta», ha osservato la segretaria del Pd, Elly Schlein. La reazione dei Cinque stelle è stata affidata al capogruppo in commissione Agricoltura alla camera Alessandro Caramiello che ha giudicato le parole di Lollobrigida «oggettivamente intollerabili» definendo il ministro «inadeguato». Ha scelto invece l’ironia l’ex ministro del Lavoro Andrea Orlando: «Per il ministro Lollobrigida spesso i poveri mangiano meglio dei ricchi. Ecco perché hanno tolto il reddito di cittadinanza. Bisogna fare qualcosa per i ricchi che, poveretti, mangiano male».

La difesa di Foti: «Concetto chiarissimo»

Il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera Tommaso Foti ha cercato di chiarire le parole di Lollobrigida: «Orlando fa finta di non capire, ma penso che tra i tanti presenti al convegno dotati evidentemente di maggiore capacità di comprensione, sia stato chiarissimo il concetto del valore della nostra cultura alimentare interclassista. In Italia, spesso spendere meno significa ricercare prodotti, accorciando le filiere e rivolgendosi ai produttori che ne realizzano mediamente di ottima qualità, come ha sottolineato il ministro Lollobrigida. Significa ricercare meno prodotti sofisticati e costosi, gravati da spese di trasformazione e promozione, che ne aumentano il prezzo, ma non i benefici per la salute. In questo senso siamo più fortunati di altre culture alimentari, nelle quali i ricchi possono permettersi benessere mangiando bene e i più poveri costretti a mangiare prodotti di bassissima qualità».

 

 

Mosca: abbattuti 42 droni ucraini in Crimea

Mosca ha affermato di aver abbattuto 42 droni ucraini in Crimea, descrivendo un massiccio attacco alla penisola annessa dove Kyiv ha dichiarato di aver effettuato una rara operazione di commando. Il ministero della Difesa russo ha infatti affermato che, nella notte tra giovedì 24 e venerdì 25 agosto, è stato «rilevato e distrutto» un missile ucraino che minacciava installazioni civili sul territorio russo, nella regione di Kaluga, a circa 200 chilometri da Mosca. Lo riporta la Tass.

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La conferma della Difesa russa su Telegram

«Nove droni sono stati distrutti in seguito all’impatto del fuoco sul territorio della Repubblica di Crimea. Trentatre droni sono stati neutralizzati a distanza e si sono schiantati senza raggiungere il (loro) obiettivo», ha indicato la Difesa russa su Telegram. Il ministero non ha fornito informazioni su eventuali danni o vittime a seguito della distruzione dei dispositivi.

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