La triste parabola di Achille Lauro, da rockstar a Fragole

Avevamo lasciato Achille Lauro nei panni della rockstar assoluta. Al Mudec lo scorso anno ha presentato la sua «installazione vivente, tributo alla celeberrima e iconica artista Marina Abramovi?» (parole sue) dopo aver regalato quadri situazionisti come superospite a Sanremo. E coi suoi «Wow» e il suo accento romano era riuscito a strappare un contratto da capogiro alla Warner, lasciando Sony con il famoso cerino in mano.

La triste parabola di Achille Lauro, da rockstar alle Fragole di Love Mi f
La performance di Achille Lauro all’Eurovision 2022 (Getty Images):.

Da ospite di serie B a Sanremo al palco di Love Mi a cantar di Fragole

Certo, Lauro è anche colui che sempre a Sanremo, ma in gara, è andato a fare il battezzatore, che ha cavalcato un toro meccanico all’Eurovision, eliminato per giusta causa, quello che è finito a fare la parodia di se stesso in compagnia di Fedez e Orietta Berti in un tormentone estivo che grida vendetta, e che è tornato a Sanremo per il quinto anno di fila, ma stavolta a cantare in piazza, con quel senso di imbucato tipico di chi non ce l’ha fatta a entrare nel cast ma ha dietro un promoter troppo grosso per non fare almeno un passaggio tv, vedi alla voce Salzano. Poi di colpo ce lo siamo trovati sul palco di Love Mi, la megafesta organizzata da Fedez in piazza Duomo. I maligni dicono megafesta per se stesso, perché a fronte di qualche decina di migliaia di euro dati in beneficenza in tasca delle sue società sarebbero entrati bei soldoni. Prima Lauro ha vestito i panni del truce satanista accompagnato dalla versione hard-discount de La fura del baus, e poi ha duettato con la solita Rose Villain, già vista con Rosa Chemical a Sanremo. Lo stesso Rosa Chemical che sembra aver scippato proprio ad Achille Lauro il ruolo di quello strano ma che fa simpatia, il tutto in una canzone, Fragole, che è un reggaettino all’acqua di rose, tutto allusivo ma per niente incisivo.

Il re del tormentone diventato solo tormento

Non a caso, Achille che per qualche tempo ha fatto milioni di stream e view e che ha anche piazzato bei colpi in classifica, di colpo è diventato uno qualsiasi, scomparendo dalla vetta (anzi, in vetta non ci è mai arrivato, e staziona stancamente al 21esimo posto), seppellito da tormentoni che tali sono realmente e ormai relegato nei panni del tormento. Una canzone, Fragole, sciapa, senza graffio e, diciamolo, anche musicalmente piuttosto spenta, che sembra cristallizzare un momento infelice del cantautore, rimasto orfano del suo manager Angelo Calculli, quello che letteralmente se l’è inventato, e anche dell’ispirazione. Il tutto senza però aver dato luogo – che so? – almeno a uno straccio di autodistruzione, tipica delle rockstar sul viale del tramonto, lui che ha sempre rivendicato la sua appartenenza a un mondo di strada. E invece nulla. Solo la perdita di successo, e forse l’attestazione di un talento che era tale più in virtù di chi lavorava con lui che di lui stesso.

Ci ha fatto credere di essere come Lucifero, un angelo caduto, invece era solo una comparsa nella grande truffa del Rock’n’roll

Essere manipolati da abili strateghi non significa non avere talento: i casi di Elvis e dei Sex Pistols

Faccio un passo indietro a un’estate di molti anni fa. Elvis Presley, vuole la leggenda, viene trovato morto seduto sulla tazza del cesso di Graceland, la sua tenuta da favola a Memphis, Tennessee, un enorme cheesburger ancora stretto tra le mani, portato via da un infarto dovuto proprio agli stravizi, cibo, alcool e via discorrendo. Niente di particolarmente glamour, nel farsi trovare stecchito mentre si è seduti sul water, anche se l’idea che qualcuno dipendente evidentemente da cibo mangi anche in bagno è quantomeno sufficientemente bizzarra per essere l’uscita di scena di una leggenda. Il fatto che il tutto sia accaduto nell’estate del 1977 – cioè proprio l’anno in cui il mondo della musica, mainstream compreso, veniva scosso dalle provocazioni stravaganti dei Sex Pistols e Malcolm McLaren e il punk esplodevae come fenomeno sociologico ancor più che musicale, con la sua carica eversiva fatta della logica del Do It Yourself – non ha certo fatto altre che colorare il tutto di sfumature ulteriormente ambigue: il Re muore quando Johnny Rotten chiede a Dio di salvare la Regina. Elvis Presley e i Sex Pistols, del resto, in maniere giocoforza diverse, sono stati due facce della stessa medaglia. Progetti manipolati da abili strateghi, nel caso di Presley il colonnello Parker, capaci di intercettare un talento e costruirci intorno una carriera per regalare alle masse esattamente quel che le masse volevano. Talenti piegati al sistema, quindi, ma non per questo necessariamente depotenziati. Sicuramente ascrivibili a segmenti di determinati mercati, case history da studiare in uno dei tanti master per chi vuole lavorare nello show business che spuntano fuori come i funghi.

La triste parabola di Achille Lauro, da rockstar alle Fragole di Love Mi f
Achille Lauro (dal profilo Instagram).

Quell’aria da truce satanista nascosta dal motivetto più irrilevante degli ultimi anni

Ora, passare a parlare, tornare a parlare di Achille Lauro dopo aver citato Elvis Presley e i Sex Pistols, ne ho coscienza, è tanto bizzarro quanto pensare a una uscita di scena a cavalcioni sulla tazza di un cesso – Sid Vicious avrebbe seguito Elvis a ruota, morto di overdose con l’ombra dell’omicidio della sua Nancy Spungen a aleggiare su di sé – ma quel che sta capitando al trapper/cantautore romano negli ultimi tempi ha in effetti dell’anomalo, quasi del leggendario: riuscire a passare nel giro di poco tempo da quello che pontifica, citando a memoria le battute di Velvet Goldmine, film di Todd Haynes usato da Calculli come copione del suo percorso artistico dalla trap al mainstream, a cantare di fragole e champagne in compagnia di Rose Villain, l’aria da truce satanista nascosta dal motivetto più irrilevante degli ultimi anni (e stiamo parlando di anni che hanno sfornato musica deprecabile come mai prima), è qualcosa che forse meriterebbe a sua volta un film, forse anche una serie su Netflix, Beppe Fiorello a vestire i suoi panni, titolo di lavorazione: “Wow, la parabola discendente di un aspirante rockstar”. Ci ha fatto credere di essere come Lucifero, un angelo caduto, invece era solo una comparsa nella grande truffa del rock’n’roll.

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