Il 21 settembre è entrato ufficialmente l’autunno, ma il freddo e il maltempo tipici della stagione si stanno facendo attendere. Per gli amanti dell’estate prolungata, però, il clima idilliaco sembra essere terminato, con un ciclone atlantico, denominato Medusa, che scalza l’anticiclone africano provocando effetti visibili di maltempo in Italia tra la giornata di lunedì 16 e martedì 17 ottobre. Si prevedono temporali, forti venti e neve sulle Alpi sopra i 2 mila metri.
Il primo maltempo d’autunno interessa in particolar modo le regioni del Sud d’Italia, dove, così come riferito da Ilmeteo.it, sono attese nella giornata del 16 ottobre pioggesparse e qualche temporale, con fenomeni concentrati soprattutto su Puglia e Campania. Unica eccezione è rappresentata dalla Sicilia, dove l’estate perdura e le temperature restano alte. Nelle restanti aree del Paese, invece, nelle prime giornate della settimana è atteso cielo nuvoloso, ma le piogge tardano ad arrivare, con qualche eccezione prevista sui rilievi del Nord-Ovest e sul versante tirrenico del Centro Italia.
Le precipitazioni si estendono al Centro-Nord nel weekend
L’ondata di maltempo si sposta al Centro-Nord nel weekend, quando sono attese precipitazioni intense sulle regioni settentrionali, specie in Veneto e Friuli Venezia Giulia, e sui settori tirrenici di Toscana, Lazio, e Campania. In queste aree non sarebbe da escludere anche la possibilità di alluvioni lampo. La pioggia porta con sé anche un inevitabile calo delle temperature in tutto il Paese.
Arriva la neve sulle Alpi sopra i 2 mila metri di quota
In questo primo assaggio di autunno non manca anche la neve, con i fiocchi che sono attesi entro il fine settimana sulle Alpi centro occidentali superiori ai 2 mila metri di quota.
E alla fine, dopo varie peripezie, l’offerta di Kkr e del Mef per rilevare la rete Tim è arrivata sui tavoli dell’ex monopolista dei telefoni. Non si sa ancora bene come andrà a finire, perché Vivendi, che è il socio di riferimento, continua a storcere il naso, e si presuppone che i giorni a venire verranno spesi per cercare di ammansire le resistenze dei francesi. Non sarà facile. Da quando il gruppo di Bolloré è in Italia, ha preso solo bastonate: prima con Mediobanca, poi Mediaset, adesso la storia rischia di ripetersi con Tim dove, rispetto all’investimento iniziale, ha già perso 3 miliardi, praticamente quasi tutto. Finale, quindi ancora da scrivere. Anche se la mossa del fondo americano consente momentaneamente al governo, suo socio nell’operazione, di gridare vittoria. Non importa se, rispetto alle sue iniziali ambizioni, l’infrastruttura non viene nazionalizzata (come sbandierato da incauti proclami di ministri sbruffoni) ma ricalca in parte un modello già usato per le reti del gas e dell’elettricità: nocciolo duro statale, quanto basta per indirizzare gestione e strategie, il resto fondi e investitori istituzionali che hanno un solo obiettivo: guadagnarci. L’unica vera nazionalizzazione realizzata da questo esecutivo resta dunque quella di Autostrade, passata dal controllo dei Benetton a quello di Cdp, che per comprarla si è svenata. Tant’è che ha dovuto rinunciare ad avere un ruolo nell’affaire Tim, anche se nelle intenzioni di Palazzo Chigi doveva essere il perno dell’intera operazione.
Il Mef ora deve trovare una contropartita per Vivendi
Sulla compagnia telefonica si potrebbero versare fiumi di inchiostro. Il suo passaggio ai privati è cominciato male e finito peggio, visto che l’enorme indebitamento che si trascina da un quarto di secolo – oltre 26 miliardi – è figlio di chi (Colaninno, Gnutti e compagnia, complice il govrno D’Alema) l’ha scalata affondandola. Da allora, miliardo più miliardo meno, la situazione non è mai cambiata al punto di diventare insostenibile. Scorporare la rete forse dal punto di vista strategico non era una buona idea tant’è che, come sostengono quelli di Vivendi, nessuno lo ha fatto. Ma era una strada obbligata, l’unica percorribile per una società i cui margini che la concorrenza ha progressivamente ridotto vengono sacrificati quasi esclusivamente al servizio del debito. Andando avanti così, lo schianto era sicuro. C’erano altri copioni da seguire? Sì, ma sono stati via via scartati: dall’opa, soluzione meno costosa ma resa impossibile dal troppo debito, alla scissione proporzionale che avrebbe fatto della Rete e dei Servizi due realtà quotate diverse. Palazzo Chigi ha scelto la via americana, e adesso la deve sostenere fino in fondo se non vuole trovarsi alle prese con la patata bollente di un’altra crisi industriale (Ilva e Ita Airways bastano e avanzano) e 40 mila dipendenti sul piede di guerra. E deve farlo anche in fretta, perché lo scenario geopolitico si sta deteriorando e i riflessi sull’economia italiana non tarderanno ad arrivare. Primo passo di Giorgetti e Gaetano Caputi, il capo di gabinetto che dopo mesi di incomprensioni ha ritrovato l’intesa con Meloni ed è l’artefice dell’operazione Tim: trovare una contropartita per i francesi che neutralizzi il loro antagonismo. Non impossibile, ma difficile. Lo sa bene il mercato che, all’indomani della presentazione dell’offerta di Kkr, s’è mostrato gelido.
Un documentario racconterà la tragedia al Supernova, il festival musicale nel deserto israeliano dove hanno perso la vita circa 260 persone. Lo studio di produzione locale Sipur ha annunciato, come riporta Deadline, un progetto per onorare la memoria di tutti coloro che sono stati uccisi nell’attacco di Hamas nel kibbutz di Re’im, definito «l’11 settembre di Israele». All’interno ci saranno diversi filmati inediti girati direttamente dai partecipanti prima, durante e dopo l’arrivo dei terroristi. Interverranno poi investigatori, militari e vari giornalisti che hanno seguito in prima persona le vicende, fornendo esperienze personali e personali punti di vista. Ancora ignota la data di uscita sulle emittenti locali e un’eventuale rilascio a livello internazionale. Alla regia ci sarà Yariv Mozer, autore del film The Devil’s Confession: The Lost Eichmann Tapes.
Le parole del regista: «Un dovere verso Israele raccontare questa storia»
Parlando ai microfoni di Deadline, Mozer ha ricordato le difficoltà nel guardare le immagini del massacro. «Nulla poteva prepararmi a quanto ho visto al festival Supernova», ha spiegato il regista. «Considero però come un mio dovere, in quanto autore di documentari, raccontare al mondo l’orribile storia di coloro che hanno perso la vita grazie a testimonianze dei sopravvissuti». Obiettivo principale sarà anche quello di celebrare giovani uomini e donne di Israele «il cui unico peccato era il desiderio di musica e la passione per l’amore e lo spirito di libertà». Gli ha fatto eco Emilio Schenker, Ceo di Sipur, che ha sottolineato la grande rapidità con cui l’intera troupe ha messo a punto il progetto. «È un imperativo fare tutto ciò che è in nostro potere per fare luce sul più grande male commesso contro il nostro popolo dopo l’Olocausto», ha spiegato. «Il mondo non deve mai dimenticare».
Intervenuta al MIA di Roma, il Mercato Internazionale dell’Audiovisivo, Sara Bernstein, direttrice di Imagine Documentaries ed ex produttrice di HBO, ha elogiato i documentaristi durante i conflitti. «Hanno dato vita ai migliori racconti di guerra degli ultimi decenni», ha dichiarato nella Capitale. «Più il pubblico può entrare nei panni di qualcun altro, maggiori saranno l’empatia e il coinvolgimento». Lo studio di produzione Sipur, come ha riportato l’Hollywood Reporter, presenterà il progetto del documentario a potenziali acquirenti internazionali al mercato televisivo Mipcom di Cannes, in programma dal 16 al 19 ottobre. Subito dopo gli attacchi al rave, gli U2 in concerto a Las Vegas avevano dedicato il brano Pride (In the Name of Love) a tutte le vittime della tragedia.
I carabinieri hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico di tre persone in relazione a due “lupare bianche” risalenti al 2001 nell’area dell’Alto Ionio cosentino e collegate a contesti di ‘ndrangheta. I provvedimenti restrittivi, emessi dal Gip distrettuale di Catanzaro su richiesta della Dda, sono stati eseguiti dai militari del Ros e del Comando provinciale di Cosenza, con il supporto di quelli del Comando provinciale di Crotone.
Identificati a distanza di 22 anni
Le due “lupare bianche” delle quali sono stati identificati a distanza di 22 anni, grazie all’apporto di alcuni collaboratori di giustizia, i presunti responsabili, hanno avuto come vittime Andrea Sacchetti e Salvatore Di Cicco, scomparsi, e mai più ritrovati, rispettivamente, il 6 febbraio ed il primo settembre del 2001. Le indagini e gli approfondimenti effettuati dai carabinieri hanno consentito di riscontrare le dichiarazioni dei “pentiti” secondo le quali i due omicidi sarebbero maturati, é detto in una nota stampa, «nel contesto degli equilibri tra cosche di ‘ndrangheta, all’epoca operanti nel territorio di Rossano e Corigliano Calabro, ricostruendone, a livello indiziario e cautelare, anche se i procedimenti pendono ancora nella fase delle indagini preliminari e necessitano della successiva verifica processuale nel contraddittorio con la difesa, la dinamica e la causale».
Lunedì 16 ottobre 2023, alle ore 7.15 circa, sul suo profilo Instagram e poi su RaiPlay, Fiorello ha dato il via ad Aspettando Viva Rai 2!, in attesa del ritorno della trasmissione tv Viva Rai 2 previsto per il 6 novembre 2023. Al fianco del conduttore, come sempre, Fabrizio Biggio, Mauro Casciari e il resto del cast con qualche new entry. Il primo ospite è stato Tommaso Paradiso che di recente è uscito con l’album Sensazione Stupenda.
Prima puntata e tante novità in vista per Viva Rai 2!
Da un glass di cortesia improvvisato in un bar di Roma, Fiorello e il resto del cast di Viva Rai 2! hanno dato così il via alla nuova stagione della fortunata trasmissione mattutina. Il primo ospite è stato il cantante Tommaso Paradiso, che oltre a presentare il suo nuovo disco ha intonato anche le sue più famose hit. La seconda stagione ha in serbo delle importanti novità, prima tra tutti il cambio location rispetto all’anno precedente. Dopo Via Asiago, la glass room di Viva Rai2! si trasferirà al Foro Italico di Roma, all’interno del parcheggio del complesso sportivo del Coni. Altra news, la trasmissione ha inizio un quarto d’ora prima e al cast si è aggiunto anche Giulio Armeni, creatore della pagina social Filosofia coatta. Come sempre al centro della trasmissione ci saranno le notizie e i fatti del giorno, commentati però in stile ironico e satirico, all’insegna della leggerezza e del buonumore. Confermati anche il corpo di ballo e il coreografo, Luca Tommassini.
Addio a Suzanne Somers, attrice diventata nota in tutto il mondo per i ruoli di Chrissy nella sitcom Tre Cuori in affitto e di Carol in Una bionda per papà morta all’età di 76 anni. Nata il 16 ottobre 1946 a San Bruno, California, da oltre 20 anni lottava contro un tumore al seno e si è spenta il giorno prima del suo 77esimo compleanno. Questo l’annuncio comparso sulla sua pagina Instagram: «Suzanne Somers è morta serenamente nella sua casa nelle prime ore del mattino del 15 ottobre. È sopravvissuta a una forma aggressiva di cancro al seno per oltre 23 anni. Era circondata dal suo amorevole marito Alan, da suo figlio Bruce e dai suoi parenti stretti. La sua famiglia si era riunita per festeggiare il suo 77esimo compleanno, invece celebrerà la sua vita straordinaria e ringrazia i suoi milioni di fan e follower che l’hanno amata teneramente».
Suzanne debuttò come attrice alla fine degli Anni 60. Il suo primo ruolo fu nel film di Steve McQueen Bullitt, ma divenne celebre quando fu scelta come la bionda al volante della Thunderbird bianca nel film del 1973 American Graffitidi George Lucas. Recitò in molte serie televisive negli Anni 70, tra cui Agenzia Rockford, Magnum Force e L’uomo da sei milioni di dollari. La grande popolarità arrivò però con Tre cuori in affitto, trasmesso su ABC dal 1977 al 1984, anche se la sua partecipazione si interruppe nel 1981. Nella serie interpretava la bionda svampita che condivideva un appartamento a Los Angeles con Joyce De Witt e con un John Ritter nei panni di Jack.
A soli 35 anni Daniel Noboa ha vinto le elezioni presidenziali in Ecuador diventando il capo di Stato più giovane della storia del Paese sudamericano. Ci è riuscito superando al ballottaggio Luisa González, candidata di Revoluciòn Ciudanana (sinistra) che aveva raccolto più voti al primo turno. Noboa fa parte della coalizione Acción Democrática Nacional, gruppo politico centrista nato appunto per sostenere la sua candidatura al Palazzo di Carondelet.
Noboa completerà la durata del mandato di Lasso
Il capo dello Stato eletto era entrato a sorpresa nel secondo posto utile per il ballottaggio al termine del primo turno svoltosi il 20 agosto, dove aveva ottenuto il 23,47 per cento dei voti, circa un milione meno di González, vincitrice con il 33,6 per cento dei suffragi. Al ballottaggio ha invece ottenuto il 52,3 per cento dei voti, contro il 47,7 della rivale: entrerà in carica a dicembre governerà fino a maggio del 2025, ovvero fino alle elezioni anticipate convocate dopo lo scioglimento del parlamento da parte dell’ex presidente conservatore Guillermo Lasso, nel tentativo di bloccare un procedimento di impeachment nei suoi confronti. Di fatto, Noboa completerà la durata del suo mandato di Lasso.
Noboa, da imprenditore a politico: le sfide che lo attendono
Nato il 30 novembre 1987 a Guayaquil, Daniel Roy-Gilchrist Noboa Azin è figlio di Álvaro Noboa, l’uomo più ricco dell’Ecuador e cinque volte candidato alla presidenza. E, prima d’intraprendere la carriera politica (è parlamentare dal 2021), ha ricoperto diversi incarichi dirigenziali presso la Noboa Corporation, azienda dedita all’esportazione fondata dal padre. Durante le campagne elettorali dei due turni di votazione, il neoeletto presidente ha cercato di mostrarsi come una personalità fuori dall’establishment, assicurando comunque di voler rafforzare il modello di libero mercato esistente nel Paese. González ha riconosciuto la sua vittoria promettendo collaborazione in Parlamento, «ma non certo per privatizzare le risorse o rendere precaria la vita dei cittadini» dell’Ecuador. Da parte sua, Noboa si è impegnato ad affrontare immediatamente la violenza e l’insicurezza (anche economica) che si sono impadronite del Paese da alcuni anni e di dare una risposta rapida alla carenza di posti di lavoro.
Un dirigente scolastico di 61 anni di una scuola superiore di Grammichele, nel Catanese, è stato arrestato dai Carabinieri della Compagnia di Caltagirone per violenza e tentata violenza sessuale nei confronti di sette studentesse minorenni. Le indagini sono state avviate dopo la denuncia di una 15enne su presunti atti sessuali subiti. In tutto le vittime sarebbero sette.
Convocava le studentesse e le minacciava di «sculacciate» se non avessero studiato
Secondo l’accusa i fatti sarebbero avvenuti nell’ufficio di presidenza dove le studentesse venivano convocate con la scusa di discutere del rendimento scolastico. Le testimonianze delle vittime hanno aiutato gli agenti a ricostruire il modus operandi del 61enne. Secondo quanto scrivono i carabinieri del comando provinciale di Catania, le studentesse una volta sole nell’ufficio sarebbero state minacciate dal preside di essere «sculacciate» o «prese a morsi» se non avessero studiato. In quelle stesse occasioni, il dirigente scolastico avrebbe inoltre cercato approcci fisici con abbracci, pacche sul fondoschiena, toccamenti di zone erogene come i fianchi e carezze sui ventri nudi. In due casi, continua il comunicato dell’Arma, «l’uomo si sarebbe addirittura spinto nello strusciare, durante un abbraccio, la mano della minore contro le sue parti intime, nonché avrebbe posato le sue dite sulle labbra della studentessa, dopo averle lui stesso baciate». Nei confronti del 61enne è stata eseguita un’ordinanza cautelare ai domiciliari emessa dal gip di Caltagirone su richiesta della locale Procura.
Jo Squillo, nome d’arte di Giovanna Maria Coletti, è nata a Milano il 22 giugno 1960 ed è una cantautrice, conduttrice televisiva e attivista. È conosciuta per il brano Siamo donne, presentato al Festival di Sanremo 1991, e perché negli anni ha fondato il suo canale Class TV Moda.
Jo Squillo: biografia e carriera
La conduttrice ha esordito, non ancora 18ennne, come una degli esponenti del punk italiano. Nel 1980 ha pubblicato il 45 giri Sono cattiva/Orrore in qualità di membro del gruppo interamente al femminile Kandeggina Gang. Nel 1981, come solista, ha pubblicato l’LP solista Girl senza paura e, sempre da sola, nel 1983 ha pubblicato il singolo Avventurieri con cui ha partecipato al Festivalbar. Dopo il successo di Siamo donne, ha debuttato come conduttrice tv presentando su Antenna 3 il programma musicale Scorribande. Per tutti gli Anni 90 ha continuato a pubblicare nuovi singoli e album come La mia preghiera, Movimenti e Aria. Nel 1992 ha recitato nel film di Pier Francesco Pingitore Gole ruggenti, dove ha cantato la canzone Timido, inclusa nell’album Movimenti. Nello stesso anno ha anche condotto con Paolo Bonolis Caccia al ladro su Canale 5. L’anno seguente, il 1993, si è dedicata prevalentemente alla televisione conducendo Il grande gioco dell’oca, il Festival di Castrocaro e Sanremo famosi. Ha inoltre partecipato al Festival di Sanremo con la canzone Balla italiano. Dal 1999, come conduttrice, ha presentato per Rete 4 il programma settimanale TV Moda, dedicato a quel mondo. Nel 2000, dopo l’ultimo singolo pubblicato nel 1997, è uscita con il cd Donne al sole e nel 2002 ha fondato ed è diventata direttrice del canale satellitare TV Moda, che dal 2007 ha iniziato a chiamarsi Class Tv Moda.
Nel 2005 ha fatto parte del cast del reality La fattoria e nel corso degli anni ha continuato a comporre canzoni nuove, unendo questa passione alle lotte femministe. Nel 2019 ha partecipato anche a L’isola dei famosi. Durante il periodo della pandemia da Covid-19 ha intrattenuto le persone con dei dj set in diretta su Instagram. Dal 17 settembre al 5 novembre 2021 ha partecipato come concorrente della sesta edizione del Grande Fratello VIP, dove è stata eliminata nel corso della 16esima puntata.
Jo Squillo: la vita privata
La conduttrice e cantautrice è sposata con Gianni Muciaccia. Quest’ultimo negli Anni 70 ha fondato il gruppo Kaos Rock, conoscendo la futura moglie proprio nella scena musicale milanese quando lei cantava nella band delle Kandeggina Gang. I due, oltre a diventare una coppia, hanno collaborato anche musicalmente e Muciaccia è diventato poi direttore artistico e produttore discografico. La coppia non ha figli, ma Jo ha reso noto di avere una “figlia elettiva”. Si tratta di Michelle Masullo nata il 18 settembre 1999 a Campologhetto Bagnaria di Arsa (Udine) che di professione fa la modella e speaker radiofonica. A proposito del loro rapporto, la cantante ha affermato: «Lei già ha una mamma e io sono la sua diversamente madre. Quando ho perso i miei genitori questa bellissima ragazza è entrata nella mia vita e mi ha restituito tutto. Faceva la modella, si alzava all’alba per prender quattro soldi e avere la possibilità di sfilare. Ero affascinata da questa ragazza che si sbatteva molto. I miei genitori avrebbero voluto una nipote e me l’hanno mandata loro».
Contrordine compagni, abbiamo scherzato. La Rai potrebbe tornare al passato, con l’addio ai generi e il ritorno ai direttori di rete (Rai1, Rai2, Rai3, eccetera). La riforma tanto voluta dall’ex amministratore delegato, Fabrizio Salini, rischia di finire nel cestino. Che le cose non funzionassero lo si era capito già da un po’ da diverse voci interne all’azienda, ma a confermarlo ci ha pensato lo stesso ad Roberto Sergio. «L’organizzazione per generi non funziona, c’è molta confusione. Innanzitutto manca un coordinatore tra i generi e le reti. Poi molti si sentono deresponsabilizzati. Non so se torneremo al vecchio sistema coi direttori di rete, sta di fatto che il sistema così non funziona», ha detto il capo azienda mercoledì 11 ottobre. Un’inversione di rotta notevole che boccia l’organizzazione orizzontale (i generi che distribuiscono i programmi alle singole reti) e potrebbe far risorgere quella verticale che, secondo molti, non è mai sparita. E forse anche questo è stato il problema.
Il malessere è noto da tempo. Aggravato anche dalle solite beghe da cortile: chi lavora nei generi fa fatica a rapportarsi con i colleghi delle reti e questi ultimi a loro volta ne boicottano il lavoro, facendo aumentare la confusione che a volte diventa un vero e proprio stallo sulle produzioni dei programmi. Insomma, un corto circuito che fa male alla Rai. Uno dei vulnus è che il piano iniziale prevedeva, appunto, la nomina di un coordinatore che avrebbe dovuto fare da collegamento tra gli stessi generi e i responsabili delle reti (che non sono più direttori). Il nome che si era fatto per quell’incarico era quello di Angelo Teodoli, ma poi la nomina non è mai arrivata. E la confusione è cresciuta. Il via libera all’organizzazione per generi arrivò nell’ottobre del 2021 dall’allora ad Carlo Fuortes e dalla presidente Marinella Soldi, che però si trovarono già tutto impacchettato dalla precedente dirigenza. Il progetto, dicevamo, è di Salini, ad Rai dal luglio 2018 al luglio 2021 in quota cinque stelle, mentre il presidente era Marcello Foa, in quota Lega. Una dirigenza perfettamente rappresentativa del governo Conte 1, sostenuto da pentastellati e salviniani. Ma già all’epoca c’era chi aveva evidenziato le criticità del progetto, come Rita Borioni, che sedeva in consiglio di amministrazione in rappresentanza del Pd. «In Cda io votai contro perché intravedevo la confusione che si sarebbe creata con questa trasformazione. Inoltre, temevo un processo di uniformità dei canali. Senza più direttori di rete il rischio è che i canali generalisti si assomiglino un po’ tutti perdendo le identità, come mi pare stia accadendo ora, col rischio di apparire come un unico grande contenitore dove c’è dentro di tutto», spiega Borioni a Lettera43. «E poi, volendo proseguire su questa strada, era necessario nominare un coordinatore, cosa mai fatta. Infine, mi pare che organizzare la Rai per generi presupponga come passo successivo la sparizione dei canali generalisti in favore di quelli solo tematici. E non mi sembra sia questa l’intenzione», aggiunge l’ex consigliera.
Il precedente fallimento della riforma dell’informazione
Un punto di vista che si è rivelato profetico visto che ora pure l’attuale vertice, rappresentativo della maggioranza meloniana, pensa di tornare al passato, coi cari, vecchi, direttori di rete. Anche se poi alcune direzioni orizzontali sopravviveranno, come Rai Kids, Fiction o Cinema. La vicenda, però, evidenzia ancora una volta come la televisione pubblica sia irriformabile: ogni volta che ci si prova il progetto viene ucciso in culla o, se viene realizzato, poi si pensa a rivederlo. Come la famosa riforma dell’informazione e delle news. Il primo a pensarci fu Luigi Gubitosi, con l’idea di realizzare delle newsroom, progetto che ha continuato a galleggiare per anni con l’opposizione di tutti i direttori di tg e testate terrorizzati di perdere la poltrona. Con Renzi al governo, anche Antonio Campo Dall’Orto, insieme a Carlo Verdelli, tentò la riforma delle news, ma il piano venne stoppato in Cda, provocando le dimissioni di Verdelli, seguite poi da quelle di Campo Dall’Orto quando, qualche mese dopo, gli fu bocciato il piano industriale, da cui tra l’altro la riforma delle news era stata espunta. In una prima bozza del piano industriale di Salini la riforma dell’informazione ricomparve, per poi subito sparire perché, si racconta, era un tema non gradito al presidente Foa, oggi ricomparso in Rai come conduttore radiofonico. Per la cronaca, gli attuali generi e i rispettivi direttori sono: Intrattenimento day time (Angelo Mellone), Intrattenimento prime time (Marcello Ciannamea), Approfondimento (Paolo Corsini), Offerta informativa (Monica Maggioni), Cinema e Serie tv (Adriano De Maio), Rai Cultura (Silvia Calandrelli), Rai Fiction (Maria Pia Ammirati), Rai Kids (Luca Milano), Rai Sport (Jacopo Volpi), Rai Play e Digital (Elena Capparelli).
Otto sbarchi, con un totale di 386 migranti, a partire dalla sera domenica 15 ottobre, a Lampedusa. Gli ultimi, in ordine di tempo, barchini, con a bordo 51 pakistani, bengalesi, egiziani e siriani e 49 (2 donne e 4 minori) bengalesi, etiopi, siriani ed egiziani, sono stati soccorsi dalle motovedette di Capitaneria di porto e guardia di finanza a mezzanotte e mezza e alle 3,30.
Disposto il trasferimento di 303 ospiti
Entrambi i natanti, a detta dei profughi sbarcati, sono salpati da Zouara in Libia. Prima di loro, facendo arrivare ad un totale di 14 approdi nell’arco di 24 ore, erano giunti 533 migranti. All’hotspot di contrada Imbriacola vi sono, al momento, 798 profughi, fra cui 64 minori non accompagnati. Per metà mattinata, la Prefettura di Agrigento ha disposto il trasferimento di 303 ospiti della struttura che verranno imbarcati sul traghetto di linea per Porto Empedocle.
Svolta in Polonia che a sorpresa, almeno secondo l’unico exit poll diffuso nella serata di domenica 15 ottobre, dovrebbe abbandonare la deriva sovranista e anti-Ue che l’ha caratterizzata per otto anni e ritornare a un rapporto più conciliante con l’Unione europea. Alle elezioni legislative che hanno segnato un’affluenza record – ha votato il 70 per cento degli aventi diritto, secondo Gazeta Wyborcza, l’affluenza più alta dal 1989 – Destra Unita, la coalizione guidata dal partito conservatore e nazionalista Diritto e Giustizia (PiS) di Jaroslaw Kaczynski è arrivata prima come previsto, con il 36,8 per cento dei consensi distanziando l’alleanza elettorale centrista ed europeista Coalizione Civica (Ko) dell’ex presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, al 31,6. Ma Tusk potrà contare su una maggioranza di 248 deputati al Sejm, la Camera bassa, considerando le alleanze con due partiti minori che si sono già dichiarati disposti a governare con lui. Nuova Sinistra, blocco di sinistra formato dal partito Sinistra Insieme e da altre forze politiche più piccole, è infatti dato all’8,6 per cento. In totale i due blocchi avrebbero ottenuto il 40,2 per cento. Tre punti in più del 36,8 per cento ottenuto da Destra Unita. il PiS dunque nonostante sia il primo partito non avrebbe i voti sufficienti per governare.
Tusk: «Questo periodo cupo è finito, il regno populista di Diritto e Giustizia è finito»
«Questo periodo cupo è finito, il regno populista di Diritto e Giustizia è finito», ha esultato Tursk in serata davanti ai suoi sostenitori. «La Polonia ha vinto, la democrazia ha vinto». La certezza però si avrà solo a fine scrutinio. Resta infatti l’incognita di Terza Via, che comprende un partito centrista e uno di centrodestra, dato al 13 per cento. In caso trattasse con PiS la situazione potrebbe infatti ribaltarsi. Sempre secondo gli exit poll Konfederacja, partito di destra che nella scorsa legislatura era all’opposizione, non sarebbe andato oltre il 6 per cento.
L’annunciata invasione israeliana di Gaza, con le truppe schierate al confine e i tank già in posizione, rischia di scoperchiare il vaso di Pandora in Medio Oriente, con un escalation del conflitto in tutta la regione dagli esiti imprevedibili. Si sono intensificati gli scontri con gli Hezbollah in Libano, alleati dell’Iran. E da Teheran è arrivato un avvertimento chiaro: «Nessuno può garantire il controllo della situazione» se Israele invade la Striscia, è stato il monito del ministro degli Esteri iraniano Hossein Amirabdollahian dopo un incontro a Doha con il leader di Hamas Ismail Haniyeh. Un quadro complessivo che ha spinto il segretario di Stato Usa Antony Blinken a tornare di nuovo in Israele dopo un tour nella regione. E la Casa Bianca ad ammettere apertamente – per bocca del consigliere per la Sicurezza nazionale Jake Sullivan – di «non poter escludere che l’Iran scelga di impegnarsi direttamente in qualche modo».
A Gaza, secondo l’Onu, ci sono oramai circa un milione di sfollati e il portavoce militare israeliano Daniel Hagari ha fatto sapere che sono circa 600 mila quelli che hanno lasciato il nord della Striscia per spostarsi a sud, secondo l’ordine dato dall’esercito stesso. Il bilancio dei morti intanto sta salendo ogni giorno di più. A Gaza – secondo il ministero della Sanità locale – sono 2.670, con 9.600 feriti. Secondo i servizi di pronto soccorso della Striscia ci sono inoltre 1.000 dispersi tra le macerie degli edifici distrutti dai raid israeliani, con i mezzi di recupero che non hanno più benzina per muoversi. Israele, anche sotto la pressione internazionale, ha deciso di riaprire le forniture di acqua all’enclave palestinese nel sud. In Israele le vittime sono arrivate ad oltre 1400 (289 i soldati uccisi), mentre i feriti sono più di 3.000. Gli israeliani che hanno lasciato il sud (soprattutto Sderot) e il nord del Paese sono, secondo i media, circa 60mila.
Verso la riapertura del valico di Rafah
Il valico di frontiera di Rafah che collega la Striscia di Gaza all’Egitto dovrebbe essere riaperto alle 9 di lunedì 16 ottobre, le 8 in Italia, fino alle 14 ora locale. Lo riferisce Nbc New citando Kamel Khatib, rappresentante dell’ambasciata palestinese. L’apertura permetterà ai cittadini stranieri di uscire dall’enclave palestinese assediata e permetterà l’ingresso di beni umanitari.
Abu Mazen: «Le azioni di Hamas non rappresentano il popolo palestinese»
“Le politiche e le azioni di Hamas non rappresentano il popolo palestinese«, ha detto il presidente dell’Autorità palestinese Abu Mazen durante un colloquio con il presidente venezuelano Nicolas Maduro, stando all’agenzia palestinese Wafa, secondo cui Abu Mazen ha inoltre sottolineato che L’Olp (organizzazione per la liberazione della Palestina) è la unica rappresentante legittima del popolo palestinese.
Stasera 16 ottobre 2023 andrà in onda il film Charlie’s Angels sul canale Rai 2 alle ore 21.20. La regista è Elizabeth Banks che ha collaborato anche alla sceneggiatura in collaborazione con David Auburn e Jay Basu. Nel cast ci sono la stessa Elizabeth Banks, Kristen Stewart, Ella Balinska, Naomi Scott e Sam Claflin.
Charlie’s Angels, trama e cast del film stasera 16 ottobre 2023 su Rai 2
La trama racconta la storia delle Charlie’s Angels, un gruppo di donne chiamate semplicemente Angeli, agenti segreti che operano per la società Townsend. Il capo degli angeli è la bionda e letale Bosley (Elizabeth Banks) che ha il ruolo di trovare delle nuove reclute che possano diventare Angeli e poter portare a termine delle missioni pericolose ma vitali per la sicurezza del mondo. Un giorno, un ingegnere informatico di nome Elena Houghlin (Naomi Scott), si rivolge all’agenzia perché rivela l’esistenza di una tecnologia informatica che ha il potere di distruggere intere nazioni se finisse nelle mani sbagliate.
A quel punto, Bosley decide di affidare il compito alla stessa Elena, prima addestrata a dovere per poter lavorare sul campo e ad altre due agenti scelte accuratamente. In particolare, la scelta ricade sulla maga dei travestimenti Sabina (Kristen Stewart) e sull’ex agente dell’MI6 Jane (Ella Balinska). L’obiettivo è quello di recuperare una valigetta che contiene la tecnologia pericolosa ma gli ostacoli sono dietro l’angolo e un passo falso potrebbe avere conseguenze disastrose.
Charlie’s Angels, 5 curiosità del film stasera 16 ottobre 2023 su Rai 2
Charlie’s Angels, un netto cambio rispetto al passato
Non è il primo film dedicato alle Charlie’s Angels. Nel 2000 era già stato realizzato un lungometraggio omonimo ma in quel caso le protagoniste utilizzavano solo armi corpo a corpo o arti marziali, come fortemente voluto dalla produttrice esecutiva e protagonista Drew Barrymore. In questo film invece, le protagoniste fanno un largo uso di pistole ed esplosivi, rendendo il film più spettacolare.
Charlie’s Angels, una canzone per dare forza al cast
Il cast al femminile aveva un inno speciale per incitarsi prima delle riprese. Si tratta della canzone Bad Girlseseguita dalla cantante Donna Summers: tale canzone è presente anche nella scena del party tra ragazze.
Charlie’s Angels, le tante attrici che hanno rifiutato di prendere parte al progetto
Ci sono molte attrici che hanno rifiutato di entrare nel cast di questa produzione. Nel dettaglio, le attrici che hanno rifiutato un ruolo sono Lupita Nyong’o, Margot Robbie, Emma Stone e Jennifer Lawrence.
Charlie’s Angels, un’attrice ha svolto gran parte delle sue scene d’azione
L’attrice Ella Balinska ha realizzato le scene d’azione per la maggior parte da sola. Questo significa che l’attrice non si è affidata a stuntmen o controfigure per molte scene.
Charlie’s Angels, gli incassi non esaltanti al botteghino
Nonostante il cast famoso, la pellicola non ha avuto un grande successo al botteghino. Il budget per la realizzazione della pellicola è stato di circa 55 milioni di dollari mentre secondo il portale Box Office Mojo i risultati sono stati di circa 73 milioni di dollari.
Stasera 16 ottobre 2023 andrà in onda sul canale Italia 1 il film The Foreigner alle ore 21.20. Il regista è Martin Campbell mentre la sceneggiatura è stata scritta da David Marconi. Nel cast ci sono Pierce Brosnan, Jackie Chan, Charlie Murphy e Katie Leung.
The Foreigner, trama e cast del film stasera 16 ottobre 2023 su Italia 1
La trama racconta la storia di Quan Ngoc Minh (Jackie Chan) un uomo tranquillo e quieto che vive a Londra e che in passato ha servito nelle forze speciali durante la guerra del Vietnam. Dopo essere fuggito dal Vietnam e aver perso la moglie e due figlie durante la fuga, ora cerca solo di dimenticare il passato lavorando in un ristorante cinese e facendo crescere senza problemi la figlia adolescente Fan (Katie Leung). Tuttavia, neanche a Londra l’uomo trova pace: un giorno la figlia Fan muore a causa di un attentato terroristico portato avanti da un’organizzazione chiamata come Nuova IRA.
Quan decide quindi di rivolgersi a Scotland Yard per avere maggiori info su chi abbia ucciso sua figlia ma gli agenti dimostrano un atteggiamento omertoso e superficiale. Decide quindi di indagare da solo e riesce a scoprire dopo poco tempo che dietro l’organizzazione terroristica si nasconde addirittura il vice primo ministro dell’Irlanda del Nord, Liam Hennessey (Pierce Brosnan). Anche se il vice primo ministro nega il suo coinvolgimento, Quan non si tirerà indietro e a poco a poco farà luce su un giro di mercenari inquietante e pericoloso.
The Foreigner, 5 curiosità del film stasera 16 ottobre 2023 su Italia 1
The Foreigner, il panico creato a Londra
Nel 2016 durante le riprese del film vennero fatte alcune telefonate alla polizia per segnalare un probabile attacco terroristico in centro a Londra. Tuttavia, non era un attacco terroristico ma si trattava di un’esplosione effettuata dagli stuntmen del film per realizzare una scena.
The Foreigner, Jackie Chan canta la canzone dei titoli di coda
L’attore Jackie Chan oltre a interpretare il protagonista della pellicola si è occupato anche di cantare la canzone che si sente nei titoli di coda e si intitola A Common Man.
The Foreigner, regista e attore protagonista si riuniscono dopo anni
Il regista Martin Campbell e l’attore protagonista Pierce Brosnan si riuniscono sul set dopo anni. Infatti, i due avevano collaborato al film della serie James Bond, Goldeneye, del 1995.
The Foreigner, il primo film del regista dopo un flop clamoroso
Questo rappresenta il primo film del regista Martin Campbell dopo il flop clamoroso di Lanterna Verde, film del 2011 con Ryan Reynolds. Questa pellicola è stata un successo al botteghino invece visto che ha incassato in tutto il mondo circa 145 milioni di dollari a fronte di un budget di 35 milioni di dollari.
The Foreigner, la pellicola non ha un soggetto originale
Il soggetto del film non è originale. Infatti, la pellicola è tratta dal romanzo del 1992 scritto dall’autore britannico Stephen Leather e intitolato The Chinaman. Inoltre, nonostante il nome della pellicola sia diverso rispetto a quello del libro, in realtà il personaggio di Jackie Chan viene identificato diverse volte con il nome The Chinaman.