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La crisi della Rai dei generi: torneranno i direttori di rete?
Contrordine compagni, abbiamo scherzato. La Rai potrebbe tornare al passato, con l’addio ai generi e il ritorno ai direttori di rete (Rai1, Rai2, Rai3, eccetera). La riforma tanto voluta dall’ex amministratore delegato, Fabrizio Salini, rischia di finire nel cestino. Che le cose non funzionassero lo si era capito già da un po’ da diverse voci interne all’azienda, ma a confermarlo ci ha pensato lo stesso ad Roberto Sergio. «L’organizzazione per generi non funziona, c’è molta confusione. Innanzitutto manca un coordinatore tra i generi e le reti. Poi molti si sentono deresponsabilizzati. Non so se torneremo al vecchio sistema coi direttori di rete, sta di fatto che il sistema così non funziona», ha detto il capo azienda mercoledì 11 ottobre. Un’inversione di rotta notevole che boccia l’organizzazione orizzontale (i generi che distribuiscono i programmi alle singole reti) e potrebbe far risorgere quella verticale che, secondo molti, non è mai sparita. E forse anche questo è stato il problema.
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Quella nomina di Teodoli mai arrivata
Il malessere è noto da tempo. Aggravato anche dalle solite beghe da cortile: chi lavora nei generi fa fatica a rapportarsi con i colleghi delle reti e questi ultimi a loro volta ne boicottano il lavoro, facendo aumentare la confusione che a volte diventa un vero e proprio stallo sulle produzioni dei programmi. Insomma, un corto circuito che fa male alla Rai. Uno dei vulnus è che il piano iniziale prevedeva, appunto, la nomina di un coordinatore che avrebbe dovuto fare da collegamento tra gli stessi generi e i responsabili delle reti (che non sono più direttori). Il nome che si era fatto per quell’incarico era quello di Angelo Teodoli, ma poi la nomina non è mai arrivata. E la confusione è cresciuta. Il via libera all’organizzazione per generi arrivò nell’ottobre del 2021 dall’allora ad Carlo Fuortes e dalla presidente Marinella Soldi, che però si trovarono già tutto impacchettato dalla precedente dirigenza. Il progetto, dicevamo, è di Salini, ad Rai dal luglio 2018 al luglio 2021 in quota cinque stelle, mentre il presidente era Marcello Foa, in quota Lega. Una dirigenza perfettamente rappresentativa del governo Conte 1, sostenuto da pentastellati e salviniani. Ma già all’epoca c’era chi aveva evidenziato le criticità del progetto, come Rita Borioni, che sedeva in consiglio di amministrazione in rappresentanza del Pd. «In Cda io votai contro perché intravedevo la confusione che si sarebbe creata con questa trasformazione. Inoltre, temevo un processo di uniformità dei canali. Senza più direttori di rete il rischio è che i canali generalisti si assomiglino un po’ tutti perdendo le identità, come mi pare stia accadendo ora, col rischio di apparire come un unico grande contenitore dove c’è dentro di tutto», spiega Borioni a Lettera43. «E poi, volendo proseguire su questa strada, era necessario nominare un coordinatore, cosa mai fatta. Infine, mi pare che organizzare la Rai per generi presupponga come passo successivo la sparizione dei canali generalisti in favore di quelli solo tematici. E non mi sembra sia questa l’intenzione», aggiunge l’ex consigliera.
Il precedente fallimento della riforma dell’informazione
Un punto di vista che si è rivelato profetico visto che ora pure l’attuale vertice, rappresentativo della maggioranza meloniana, pensa di tornare al passato, coi cari, vecchi, direttori di rete. Anche se poi alcune direzioni orizzontali sopravviveranno, come Rai Kids, Fiction o Cinema. La vicenda, però, evidenzia ancora una volta come la televisione pubblica sia irriformabile: ogni volta che ci si prova il progetto viene ucciso in culla o, se viene realizzato, poi si pensa a rivederlo. Come la famosa riforma dell’informazione e delle news. Il primo a pensarci fu Luigi Gubitosi, con l’idea di realizzare delle newsroom, progetto che ha continuato a galleggiare per anni con l’opposizione di tutti i direttori di tg e testate terrorizzati di perdere la poltrona. Con Renzi al governo, anche Antonio Campo Dall’Orto, insieme a Carlo Verdelli, tentò la riforma delle news, ma il piano venne stoppato in Cda, provocando le dimissioni di Verdelli, seguite poi da quelle di Campo Dall’Orto quando, qualche mese dopo, gli fu bocciato il piano industriale, da cui tra l’altro la riforma delle news era stata espunta. In una prima bozza del piano industriale di Salini la riforma dell’informazione ricomparve, per poi subito sparire perché, si racconta, era un tema non gradito al presidente Foa, oggi ricomparso in Rai come conduttore radiofonico. Per la cronaca, gli attuali generi e i rispettivi direttori sono: Intrattenimento day time (Angelo Mellone), Intrattenimento prime time (Marcello Ciannamea), Approfondimento (Paolo Corsini), Offerta informativa (Monica Maggioni), Cinema e Serie tv (Adriano De Maio), Rai Cultura (Silvia Calandrelli), Rai Fiction (Maria Pia Ammirati), Rai Kids (Luca Milano), Rai Sport (Jacopo Volpi), Rai Play e Digital (Elena Capparelli).