Antonella Clerici ha attaccato la Mediaset e si è definita «un po’ incavolata» per la controprogrammazione ricevuta in questi anni e per un programma in particolare, quello di Gerry Sconti dedicato ai bambini. Si tratta di Io Canto Generation, considerato molto simile a The Voice Kids, trasmissione con cui tornerà su Rai1 proprio Antonella Clerici, venerdì 24 novembre. Durante una conferenza stampa negli studi Rai di via Mecenate, a Milano, la conduttrice ha dichiarato: «Sono contenta, come sempre, di fare da apripista a questo genere di trasmissioni, e mi capita ogni volta. Inizio coi bambini e qualcuno mi viene dietro immediatamente. Mi tallona, mi attenziona molto, direi».
Clerici sul programma di Gerry Scotti: «Due cose diverse»
Poco dopo, Antonella Clerici è stata provocata da un giornalista: «Perché non far scontrare Io Canto Generation e The Voice Kids nello stesso giorno?». Lei ha risposto: «Perché no? Non c’è nessun problema per me, io non ho problemi. Gli scontri ci sono sempre e quindi va bene, insomma. Io non mi tirerei indietro mai. Anzi qualche volta andrebbe anche bene». Poi ha smorzato i toni: «Però dico che siamo totalmente due cose diverse, secondo me. Ieri non ho visto la puntata, ma credo che il nostro format sia diverso, internazionale… Insomma è diverso, in comune ci sono solo i bambini che cantano».
L’attacco a Mediaset: «Mi controprogramma il più forte che ha»
E infine, un attacco a Mediaset sulla controprogrammazione di Canale 5. Clerici ha spiegato: «Mi piace che la concorrenza mi controprogrammi moltissimo. Cioè non solo mi attenziona prima, ma mi controprogramma nello stesso giorno con uno dei prodotti più forti che ha e che, come sapete, è il mio amico Paolo Bonolis». Il riferimento è al programma Ciao Darwin. La conduttrice ha continuato: «Non vi nascondo che da una parte, onestamente, questo mi fa un po’ incavolare. Però, allo stesso tempo, mi fa piacere perché vuol dire che siamo bravi e facciamo un buon lavoro. Ci tengono, perché vincere contro il nulla è molto facile, però provare a lottare controprogrammati come siamo noi dà una certa soddisfazione. In qualunque modo vada a finire, noi ce la mettiamo tutta».
Salva Ferrer, ex difensore dello Spezia ora all’Anorthosis Famagosta, a Cipro, ha il linfoma di Hodgkin. Lo ha annunciato il calciatore 25enne su Instagram. «Non posso negare sia stato un colpo molto duro sia per me che per la mia famiglia, ma la prognosi è positiva e spero di avere un rapido recupero per tornare a giocare e godermi tutto il resto il prima possibile. Ho chiarissimo che per lottare contro questa malattia la paura non serve a niente», ha scritto Ferrer, annunciando lo stop al calcio giocato per dedicarsi alle cure.
Classe 1998, Ferrer era stato acquistato dallo Spezia nel 2019 dai catalani del Gimnàstic di Tarragona. Ora gioca a Cipro, ma il suo cartellino è ancora di proprietà del club ligure. «Per quattro stagioni hai lottato come un vera aquila per onorare la nostra maglia. Abbiamo gioito, ci siamo abbracciati e abbiamo pianto insieme. Conosciamo bene la tua forza e siamo certi che anche in questo caso saprai uscirne vincitore! Forza Salva! Siamo tutti con te!», ha scritto lo Spezia sui canali social.
La seconda Guerra del Football ha come epicentro lo stadio Maracanà di Rio de Janeiro. Si celebra in due tempi, esattamente come se fosse una partita, ma da adesso in poi rischia di espandersi verso altri campi da gioco e di battaglia. È la guerra tra Brasile e Argentina, i due giganti del Sud America che dalla fine del giogo colonialista nel XIX secolo si contendono l’egemonia sul continente e che proprio sui campi da calcio trovano una perfetta sublimazione della loro rivalità. Una rivalità storicamente molto accesa, ma mai andata oltre il segno dell’agonismo e oltre il perimetro del rettangolo di gioco. E invece durante il mese di novembre 2023 si è avuto in due riprese lo scontro sanguinario. Che ha coinvolto le tifoserie calcistiche, ma è indice di qualcosa di più profondo. E poiché il ripetersi della circostanza in terra brasiliana dimostra che questo qualcosa di profondo c’è, adesso è il caso di pensare al rischio di veder replicare lo schema in Argentina, o in giro per il Sud America, tutte le volte che le tifoserie dei due Paesi dovessero incrociarsi.
Assalto premeditato prima della finale di Libertadores
Il primo episodio di questa svolta violenta si è verificato all’inizio di novembre. Per l’esattezza è stato venerdì 3, vigilia della finale di Coppa Libertadores per la cui disputa è stato scelto il Maracanà. A giocarsi il principale trofeo sudamericano per club sono giunti i brasiliani del Fluminense (che quindi giocano in casa) e gli argentini del Boca Juniors. Come è normale in circostanze del genere, gran parte della tifoseria ospite giunge il giorno prima nella città in cui si gioca la partita. Ciò che purtroppo dà vita a uno scenario inedito, con la spiaggia di Copacabana che si trasforma da luogo da cartolina globale in terreno di caccia all’uomo. I tifosi argentini vengono inseguiti e aggrediti, senza che vi sia una causa scatenante. Si tratta di un assalto premeditato, che avvelena la vigilia della gara vinta l’indomani (2-1) dal Fluminense. Né l’assalto della spiaggia di Copacabana rimane isolato, dato che nelle ore successive altri episodi, sia pur di portata minore, si susseguono.
La partita a rischio del Maracanà e le due tifoserie mescolate
Si tratta di un precedente pesante, che eleva il livello di tensione fra le due patrie calcistiche e fa indicare come una partita a rischio quella fra due squadre nazionali messa in calendario per martedì 21 novembre. Si gioca per le qualificazioni al Mondiale 2026 e visto il precedente andato in scena poco più di due settimane prima era molto alto il livello di tensione e attenzione. Ma ciò non è bastato per evitare scontri, che anzi in questa occasione si sono verificati sugli spalti del Maracanà. Complice una vendita scarsamente controllata dei tagliandi d’ingresso, le due tifoserie si sono trovate mescolate dentro i vari settori dello stadio. Ciò che, viste le recentissime violenze a margine della finale di Libertadores, ha provocato immediatamente gli scontri.
Prima i violenti tafferugli sono avvenuti fra le opposte fazioni di tifosi, poi è toccato al confronto fra i poliziotti brasiliani (che hanno manganellato senza complimenti) e tifosi ospiti. L’inizio della partita è stato ritardato di oltre mezz’ora, ma viste le circostanze è un prodigio che gli incidenti si siano fermati lì e non abbiano provocato vittime. Come ha detto Lionel Messi dopo la partita (vinta 1-0 dall’Argentina): «Poteva essere una strage».
Il razzismo anti-brasiliano che contagia tutto il Sud America
Ma perché tanta violenza? Molte potrebbero essere le spiegazioni, al di là della rivalità storica fra le due patrie calcistiche. Fra queste ne può essere indicata una, tutta interna al calcio e incubata negli anni più recenti. Riguarda il razzismo che contagia gli stadi sudamericani non meno di quanto avviene in quelli europei. E le principali vittime di tali manifestazioni di razzismo sono proprio i brasiliani, che ovunque si spostino per il Sud America vengono accolti da odiose manifestazioni di discriminazione.
La scimmia con la banana sui profili social di Marcelo
La lista degli episodi è lunga e ha colpito le tifoserie di quasi tutti i club brasiliani impegnati nelle competizioni internazionali sudamericane. Atti odiosi di questo genere sono stati particolarmente frequenti in occasione delle gare contro i club argentini. E l’ultimo, clamoroso episodio si è registrato giusto nelle ore che precedevano la finale di Coppa Libertadores tra Fluminense e Boca Juniors. È successo infatti che sui profili social di Marcelo, ex esterno del Real Madrid che è andato a chiudere la carriera nel Fluminense, un tifoso argentino ha postato l’immagine di una scimmia che mangia una banana.
Quanto questo episodio e i precedenti possano avere inciso nell’esplosione dell’odio fra le tifoserie dei due Paesi non è cosa su cui ci si possa esprimere con certezza. Di sicuro non hanno favorito la pacificazione degli animi. Altrettanto sicuro è che la situazione ha raggiunto un tale livello di gravità da indurre la confederazione calcistica sudamericana (Conmebol) a inasprire le sanzioni per i club i cui tifosi si rendano protagonisti di comportamenti discriminatori.
Dopo la crescita, il Brasile è affondato con Bolsonaro
Sullo sfondo rimangono le relazioni fra i due giganti del Sud America. Che da sempre soggette alla lotta per l’egemonia sul continente. Rispetto a ciò, i due Paesi attraversano una fase di confuso passaggio. In questo scorcio di XXI secolo i due Paesi hanno percorso traiettorie ampiamente divergenti. Il Brasile ha dapprima segnato una crescita economica rilevante, che lo ha portato a essere la decima potenza mondiale, salvo poi avere una grave crisi di rigetto coincisa col periodo in cui il suo prestigio internazionale avrebbe dovuto toccare il culmine: il 2014-2016, anni in cui sono stati ospitati dapprima il Mondiale di calcio e poi le Olimpiadi di Rio de Janeiro. La presidenza di Jair Bolsonaro ha poi prodotto un passaggio di profonda spaccatura sociale dalla quale il Paese non si è ancora ripreso.
Entrare nei Brics? La vittoria di Milei rivede i piani dell’Argentina
Dal canto suo l’Argentina passa da un default al rischio di vederne materializzare un altro. Il primo ventennio del secolo è stato caratterizzato dall’ennesima oscillazione fra liberismo e peronismo, ciò che ha determinato per il Paese la difficoltà a marcare una presenza strategica sul piano internazionale. La prospettiva di entrare nel club dei Brics (di cui il Brasile è socio fondatore) è stata molto caldeggiata sotto la presidenza della repubblica di Alberto Férnandez. Ma con la nuova presidenza di Javier Milei, che porta alle estreme conseguenze il populismo peronista e il liberismo, questa prospettiva è stata rapidamente accantonata. Per dirla eufemisticamente, entrambi gli Stati stanno vivendo una fase di passaggio. Che prevede la fiera e reciproca inimicizia come indispensabile ingrediente.
Ha preso il via, con un incontro nazionale tenutosi presso la sede di Caritas Italiana a Roma il 22 novembre, il progetto PEPE (Promuovere Engagement di comunità contro la Povertà Educativa) coordinato da Caritas Italiana e con il sostegno di UniCredit. Pensato quale “opera segno” per affrontare la povertà educativa in tutte le sue forme, l’iniziativa intende contribuire a sviluppare sistemi territoriali di contrasto alla povertà minorile, che pongano al centro i giovani, in un’ottica di comunità educante e di welfare generativo. Un’attenzione specifica sarà dedicata ai NEET, ossia a quei giovani che non studiano, non lavorano né sono in formazione.
Iniziative in cinque diocesi italiane nei 18 mesi di sperimentazione
La fase di sperimentale di avvio, della durata di 18 mesi, si articolerà in diverse iniziative in cinque diocesi italiane – al Sud Caltanissetta, al Centro Roma, nel Nord Italia Mantova, Pavia e Modena – con l’intento di sviluppare buone pratiche replicabili in tutto il Paese. Il progetto propone un modello di azione basato sull’incontro con ragazzi in situazioni di disagio non conclamato in un’ottica di prevenzione. Prevede il protagonismo e la partecipazione attiva dei giovani, la personalizzazione degli interventi di accompagnamento, la costruzione e la scommessa su una comunità capace di essere “educante”.
Don Marco Pagniello: «Vogliamo aiutare i ragazzi a vivere i propri sogni»
«Con questo progetto», ha sottolineato il direttore di Caritas Italiana don Marco Pagniello «vogliamo pensare ragazzi e giovani come protagonisti della loro vita, aiutarli ad abitare la propria storia anche quando ciò può essere faticoso e a vivere i propri sogni. Per fare tutto questo è fondamentale che ci sia una comunità educante, che si assuma questa responsabilità. Per questo il progetto si declina in territori concreti, nei quali le cinque Caritas diocesane coinvolte sono chiamate a sviluppare percorsi in base al proprio contesto, con l’impegno di Caritas Italiana di collegarli attraverso lo sviluppo di una comunità di pratiche e la scelta di linee di azione comuni: educativa di strada, coinvolgimento della comunità che educa, percorsi personalizzati».
Taricani: «Vogliamo agire come motore di crescita collettiva»
Gli ha fatto eco Remo Taricani, deputy head of Italy di UniCredit: «Siamo orgogliosi di affiancare Caritas nella realizzazione di questo progetto che intende rispondere in modo articolato e sostenibile ai diversi bisogni della povertà educativa. Il programma propone un’ampia progettualità per fornire l’aiuto più idoneo alle diverse comunità locali in base ai loro bisogni specifici. Come banca vogliamo agire da motore di crescita collettiva e contribuire allo sviluppo dei nostri territori e delle loro persone. Il nostro obiettivo è consentire alle comunità di progredire e il progetto PEPE va esattamente in questa direzione, perché l’educazione è uno dei fattori determinanti della sostenibilità. L’istruzione è un catalizzatore di sviluppo, è un elemento chiave nella lotta contro le disuguaglianze e nella riduzione della povertà, è il motore essenziale per un futuro migliore e più sostenibile. Il nostro sostegno al progetto, attraverso il?Fondo Carta Etica di UniCredit con cui già da anni destiniamo risorse a diverse iniziative di solidarietà su tutto il territorio, rientra nel più ampio focus del Gruppo verso la formazione e i giovani, aspetti fondamentali per il benessere individuale e la prosperità collettiva e per promuovere il progresso sociale ed economico a lungo termine. L’attenzione di UniCredit ai temi sociali è infatti centrale, tanto che a livello di Gruppo nel 2022 abbiamo investito 36,5 milioni di euro in iniziative sociali e filantropiche, di cui 8 milioni proprio a favore di istruzione e giovani».
Le brigate Ezzedine al-Qassam, braccio armato di Hamas, hanno confermato con un comunicato che la tregua a Gaza mediata dal Qatar «inizierà venerdì mattina alle 7» ore locali, ovvero le 6 in Italia. «Durerà quattro giorni e prevede un arresto completo delle attività militari», afferma l’organizzazione palestinese, spiegando che durante questo periodo «50 prigionieri sionisti donne e bambini sotto i 19 anni saranno rilasciati» in cambio, per ciascuno di loro, del rilascio di «tre prigionieri palestinesi, donne e bambini». L’ufficio del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha confermato di aver ricevuto un elenco preliminare degli ostaggi che dovrebbero essere rilasciati. I criteri con i quali sono stati scelti i primi ostaggi che verranno liberati da Hamas sono «puramente umanitari», ha spiegato il ministero degli Esteri del Qatar. Il primo gruppo di ostaggi, 13 persone, sarà rilasciato alle ore 16 locali.
L’esercito israeliano ha arrestato il direttore dell’ospedale al-Shifa
Il direttore dell’ospedale al-Shifa di Gaza «è stato arrestato a seguito delle prove che mostrano che la struttura sotto la sua direzione è servita come comando e centro di controllo di Hamas». Lo ha fatto sapere il portavoce dell’esercito israeliano, aggiungendo che «il tunnel del terrore sotto l’ospedale ha anche usato l’elettricità e le risorse sottratte all’ospedale». Hamas, spiega l’Idf, «ha immagazzinato numerose armi all’interno dell’ospedale e sul terreno dell’ospedale stesso» e, dopo il massacro del 7 ottobre, i terroristi hanno cercato rifugio all’interno della struttura, «alcuni di loro portando con sé ostaggi provenienti da Israele».
Hezbollah, 48 razzi dal Libano verso il nord di Israele
Il gruppo sciita libanese Hezbollah ha dichiarato di aver lanciato oggi 48 razzi contro una base militare nel nord di Israele, in uno dei più grandi attacchi missilistici dall’inizio del fuoco incrociato tra le parti più di sei settimane fa.
L’Idf: «Colpiti oltre 300 obiettivi terroristici di Hamas»
L’esercito israeliano ha colpito «oltre 300 obiettivi terroristici di Hamas» nella Striscia. Lo ha fatto sapere l’Idf: colpiti «centri di comando militari, tunnel, depositi di costruzione d’armi e postazioni di lancio di missili anti tank». Le truppe in particolare hanno operato nelle zone di Jabalia e Beit Hanoun, considerate due roccaforti di Hamas nel nord della Striscia. Sono stati trovati imbocchi di tunnel «sotto una moschea e dentro aree civili».
Completamente evacuato l’ospedale indonesiano di Gaza
L’ospedale indonesiano di Gaza è stato completamente evacuato. Lo riporta Al Jazeera citando Sarbini Abdul Murad, capo dell’organizzazione indonesiana Medical Emergency Rescue Committee: «L’ospedale è ora vuoto e i nostri volontari sono stati trasferiti in una scuola vicino all’ospedale europeo di Rafah. I medici e i feriti sono stati trasferiti all’ospedale europeo. I nostri volontari si stanno rifugiando in una scuola con migliaia di altre persone».
Cinque persone, tra cui tre bambini, sono state accoltellate da un uomo nel centro di Dublino, la capitale dell’Irlanda. Secondo quanto riferito dalla polizia locale, è stata arrestata una persona e i feriti sono stati trasportati in ospedale. L’Irish Independent ha rivelato che il fatto sarebbe accaduto nei pressi di una scuola intorno alle 13, nella zona nord della città, a Parnell Square. Oltre ai cinque coinvolti, anche il presunto aggressore sarebbe stato medico dopo aver riportato alcune ferite. La polizia della capitale irlandese ha parlato di «incidente grave» e avrebbe escluso il movente terroristico.
Multiple stabbings of young school children in Dublin City Center
A five year old girl is alleged to have passed away due to her injuries
Every single politician , NGO & bought & paid for piece of filth that welcomed these foreign criminals to our shores.
L’Italia è in semifinale di Coppa Davis grazie a Jannik Sinner e Lorenzo Sonego. I due Azzurri infatti hanno vinto il match di doppio contro la coppia olandese formata da Tallon Griekspoor e soprattutto da Wesley Koolhof, numero 8 nella classifica mondiale di categoria. Il risultato finale è stato di 6-3, 6-4 in un’ora e 24 minuti di gioco. Nel primo parziale fondamentale un break nell’ottavo game, che ha portato l’altoatesino a servire per il set. Ottima la prestazione al servizio del numero 4 al mondo, che ha servito ben quattro prime vincenti consecutive. L’equilibrio del secondo set si è rotto al settimo gioco grazie a due vincenti di Sonego. Da quel momento gli Azzurri hanno controllato i propri game al servizio, portando a casa la vittoria.
Quanto ai match in singolare, nel primo incontro Matteo Arnaldi aveva perso in rimonta 6-7, 6-3, 7-6 contro Botic Van de Zandschulp in quasi tre ore di gioco. Il sanremese aveva anche avuto tre chance per prendersi la vittoria nel tiebreak decisivo, di cui una anche sul proprio servizio. Jannik Sinner invece aveva ristabilito la parità battendo 7-6, 6-1 numero 23 del ranking Atp Tallon Griekspoor in un’ora e 15 minuti. In semifinale la nazionale affronterà la vincente fra la Serbia di Novak Djokovic e la Gran Bretagna di Cameron Norrie.
All’appello manca soltnato l’ultimo quarto di finale della Coppa Davis 2023 fra Serbia e Gran Bretagna. Il numero 1 al mondo Novak Djokovic, dopo la vittoria della ATP Finals di Torino, aveva aspramente criticato la decisione di giocare per il quarto anno consecutivo l’ultimo atto della competizione in Spagna. «Così è troppo», aveva spiegato Nole. «Si tratta di un torneo globale e le finali non dovrebbero giocarsi sempre nello stesso posto per più di un anno». Già definita invece l’altra semifinale del tabellone. Nei match giocati fra 21 e 22 novembre, Australia e Finlandia avevano rispettivamente sconfitto Repubblica Ceca e Canada. Sorprendente soprattutto l’eliminazione dei nordamericani campioni in carica, caduti in entrambi gli incontri di singolare senza riuscire a vincere nemmeno un set. Destino simile per gli australiani, con il solo Alex De Minaur capace di strappare un parziale agli avversari, prima di arrendersi però 2-1.
Botta e risposta dai toni accesi tra Giorgia Meloni e Matteo Renzi, durante il question time con la premier al Senato. Il leader di Italia viva ha puntato il dito contro la mancata coerenza della presidente del Consiglio che «si è fermata all’opposizione». Poi ha contestato il «disegno paradisiaco che ha fatto e che non corrisponde alla realtà del Paese». I riferimenti sono stati alle dichiarazioni sugli sbarchi dei migranti, che «sono raddoppiati», alle politiche europee e alle promesse sul taglio delle accise sulla benzina. E su quest’ultimo tema Meloni ha risposto in maniera piccata: «Ci aiuti lei con i suoi rapporti con bin Salman, visto che li ha». Il riferimento è alle consulenze che il senatore ha svolto in passato in Arabia Saudita, incassando oltre un milione di euro.
Meloni: «Non abbiamo la bacchetta magica»
Dopo l’attacco di Renzi, la premier ha ringraziato ironicamente per l’assist e parlato della fiducia dei mercati. A vantaggio dell’azione del governo ha parlato anche della «promozione di quattro agenzie di rating, che non sono di solito buone su questa materia». E poi ha citato lo spread, ora «ai minimi da molto tempo: sono dati che dicono qualcosa in più rispetto alle valutazioni delle opposizioni». Ma è sulla benzina che ha contrattaccato: «Noi non abbiamo la bacchetta magica per i miracoli. Come lei sa, il costo della benzina dipende soprattutto dalla scelta dei paesi che detengono il petrolio. Se ci vuole dare una mano con il suo amico bin Salman, forse ci aiuta ad abbassare il prezzo. Visto che ha buoni rapporti, faccia da ponte per aiutare gli italiani».
La risposta di Renzi: «Prima voce del popolo, ora parla di spread»
Matteo Renzi non si è scomposto e ha ribattuto: «Signora presidente è meraviglioso vederla cambiare in questo modo. Dall’opposizione ci parlava della voce del popolo, io ora le parlo del prezzo del pane e lei mi risponde con lo spread?». Poi il riferimento all’Arabia Saudita: «Siamo qui per aiutarla, le ho mandato centinaia di sms che non hanno avuto risposta, sono disponibile ad aiutare anche in tema di prezzo del petrolio, non si faccia incantare da chi le sta intorno e la loda per qualunque cosa». E ancora: «Lei prova a fare un racconto di se stessa come fosse Cenerentola, ma lei non è Cenerentola, né la Bella Addormentata, né Biancaneve. È la presidente del Consiglio e lei si trova a guidare un Paese con il fatto che non sta governando la situazione economica delle famiglie».
Tra i fondatori del Partito democratico, ex governatore dell’Emilia-Romagna negli Anni 90, politico di lunghissimo corso, ministro, scrittore e ora, a 72 anni, anche attore. Pier Luigi Bersani esordisce infatti al cinema, tra i protagonisti del corto Coupon – Il film della felicità di Agostino Ferrente, che verrà presentato il 29 novembre al Torino film festival.
La trama del cortometraggio
Il regista ha riunito nel cast anche il cantautore Andrea Satta, Milena Vukotic, la poetessa Maria Grazia Calandrone e Paolo Lombardi. Testimonial di un manifesto, salumiere, cassiere di un supermercato, giocatore di bocce e rider: sono i molti ruoli-cameo che con grande ironia Bersani ricopre nel suo esordio al cinema. Il corto dura 20 minuti e vede come protagonista Andrea, che si aggira per una Roma deserta d’agosto con la sua bicicletta per comprare scatolette di tonno, con le quali accumula punti per vincere il misterioso Coupon della felicità.
Il Giorno del Ringraziamento – o Thanksgiving Day – è una festa ricca di storia e tradizione, la quale riflette i valori fondamentali della gratitudine, della famiglia e della generosità. La sua importanza negli Stati Uniti va oltre il semplice pranzo: rappresenta un momento in cui le persone si riuniscono per celebrare le benedizioni e fortune ricevute e condividere la gioia con i propri cari. Attraverso le sue tradizioni uniche e le curiosità culinarie, questa festa rimane un elemento fondamentale della cultura americana, e quest’anno la celebrazione è prevista per giovedì 23 novembre.
La storia del Thanksgiving Day dalle origini a oggi
Il Giorno del Ringraziamento viene celebrato ogni quarto giovedì di novembre. Questa giornata, ricca di radici profonde, è caratterizzata da una combinazione di elementi storici, culturali e sociali che la rendono unica e amata da milioni di persone in tutto il paese. L’origine risale al 1621, quando i primi coloni inglesi, noti come Padri Pellegrini, giunti a bordo della Mayflower, festeggiarono il raccolto abbondante insieme ai nativi americani della tribù Wampanoag dopo un difficile primo inverno in America. Questo incontro amichevole tra coloni e nativi è comunemente considerato il primo Thanksgiving della storia. Durante la celebrazione, si narra che coloni e nativi abbiano condiviso cibo, tra cui tacchini, mais, zucca e altri prodotti locali. La pratica di ringraziare per il raccolto abbondante si diffuse tra i coloni e nel corso degli anni divenne una tradizione celebrata in vari modi. Tuttavia, il Giorno del Ringraziamento come lo conosciamo noi oggi fu istituito dal presidente Abraham Lincoln nel 1863, in piena Guerra Civile.
I valori del Giorno del Ringraziamento: generosità e famiglia
Negli Stati Uniti, questo giorno rappresenta un momento in cui le persone si riuniscono per esprimere gratitudine per le proprie fortune. È un’occasione per riflettere sulla propria vita e sulla solidarietà, rafforzando i legami familiari e sociali. La festa sottolinea l’importanza della generosità e dell’aiuto reciproco, valori considerati fondamentali nella cultura americana. Spesso celebrata in famiglia, la festività prevede un grande pranzo in cui il protagonista indiscusso è il tacchino ripieno. La preparazione stessa del pasto costituisce un rituale significativo, con molte famiglie che seguono ricette tramandate di generazione in generazione. Il tacchino viene farcito con un ripieno composto da pane, verdure, erbe e spezie, e solitamente è accompagnato da una salsa dolce a base di mirtilli. Oltre al pranzo, le parate del Thanksgiving Day rappresentano un altro elemento distintivo della festività. La più famosa è probabilmente la Macy’s Thanksgiving Day Parade a New York, lanciata nel 1924. Subito dopo il Thanksgiving, si avvia il Black Friday, che segna l’inizio della stagione degli acquisti natalizi.
Curiosità sul Giorno del Ringraziamento
Tra le particolarità associate a questa festa ci sono alcuni piatti tradizionali che occupano un posto speciale nel cuore degli americani. Uno dei più celebri è sicuramente la pumpkin pie, una torta preparata con zucca, spezie e crema, spesso accompagnata da una porzione di panna montata o gelato. Tuttavia, il grande protagonista indiscusso è il tacchino: si stima che ogni anno negli Stati Uniti vengano consumati circa 46 milioni di tacchini durante il Thanksgiving Day. Inoltre, a sostenere l’idea di istituire la Giornata del Ringraziamento fu la scrittrice Sarah Josepha Hale. Secondo la sua visione, questa festività avrebbe promosso l’unità e rinforzato lo spirito coeso della popolazione dopo una guerra civile. Pertanto, fin dal 1846, Hale si dedicò a convincere i presidenti degli Stati Uniti a rendere questa celebrazione nazionale.
Il presidente della Figc, Gabriele Gravina, ha ammesso che la Federazione italiana gioco calcio ha rifiutato la proposta di organizzare i Mondiali 2030 insieme a Egitto e Arabia Saudita. L’intervista in cui il numero uno del calcio italiano parla della vicenda andrà in onda domenica 26 novembre alle ore 20.50 su Tv2000, all’interno del programma Soul, condotto da Monica Mondo. Gravina ha spiegato che «abbiamo rifiutato in maniera convinta per ragioni di problemi internazionali, legate al caso Regeni, e per la non condivisione di alcuni valori. Non si può far finta di nulla sempre».
Gravina: «Coltivare la passione nel rispetto dei valori»
Il presidente Gravina ha spiegato: «Nel mondo dello sport sono fondamentali le questioni morali. Parliamo sempre di valori, cerchiamo di testimoniare ai giovani quanto sia fondamentale l’immagine. Coltivare sì la passione ma nel rispetto dei grandi valori dello sport. In un momento di espansione del fenomeno della globalizzazione gli interessi predominano. Lo viviamo negli ultimi tempi in maniera esponenziale, l’abbiamo vissuto come Federazione italiana gioco calcio rifiutando una proposta di organizzazione insieme all’Arabia Saudita del campionato del mondo 2030. Abbiamo rifiutato la proposta in maniera convinta, pur coscienti della grande possibilità di successo di quell’abbinamento insieme all’Egitto: Egitto, Arabia Saudita e Italia. Lo abbiamo fatto per ragioni di problemi internazionali, legate al caso Regeni, e per la non condivisione di alcuni valori. Non si può far finta di nulla sempre».
Il caso scommesse: «Noi puniamo, la giustizia italiana no»
Gravina ha parlato anche del caso scommesse: «Il mondo del calcio è ritenuto colpevole, non so di che cosa, dato che per la legge italiana le scommesse sono lecite. Tuttavia noi puniamo, la giustizia italiana no. Si esce attraverso un processo di formazione, e soprattutto serve il dialogo tra chi spinge non a fare pubblicità al gioco, ma a fare proposte commerciali, che invitano a scommettere. Io parlerei di una piaga sociale vera e propria che ha colpito anche il mondo del calcio». E durante l’intervista si è parlato anche dell’addio dell’ex ct della Nazionale italiana, Roberto Mancini: «Non sul piano sportivo, ma sul piano umano la sua scelta è stata una delusione. Mi sono sentito tradito in un sentimento puro, nei confronti di Roberto, che ho sempre considerato un amico. Al di là degli interessi della sua scelta tecnica per me è stata una ferita che faccio fatica a rimuovere».
L’Australia nella morsa dei topi. Le spiagge del Queensland sono infatti invase da migliaia di esemplari che si stanno riversando sulle coste dalle zone più interne del Paese. «Sono ovunque», ha spiegato all’agenzia di stampa Afp Derek Lord, residente di Normanton. «Hanno letteralmente distrutto un’automobile durante la notte, rosicchiando tutti i cavi del vano motore». Come testimoniano numerosi video pubblicati sui social X e Facebook, è possibile imbattersi in gruppi di decine e anche centinaia di carcasse nei pressi della riva del mare oppure lungo il corso dei fiumi. «Abbiamo sentito che altri topi stanno arrivando qui dall’entroterra», ha aggiunto Jemma Probert, proprietaria di un charter di pesca nella zona. Con il tempo piovoso che da giorni colpisce il Queensland, gli abitanti temono infatti che il peggio debba ancora arrivare.
Australia, i topi si sono riprodotti grazie al clima favorevole
La popolazione dei topi in Australia ha raggiunto numeri che non si vedevano dal 2011. Una riproduzione, secondo gli esperti, spinta soprattutto dall’eccezionale clima umido dovuto alle costanti piogge e ai buoni raccolti del Queensland. L’aumento esponenziale della popolazione e la conseguente mancanza di cibo per sfamare tutti gli animali avrebbero spinto i roditori a riversarsi in grande numero verso le coste. Tuttavia molti di loro non sopravvivono al lungo viaggio per malattie e fame. Particolarmente colpita anche la città di Karumba, nel Nord dell’Australia, solitamente frequentata da pescatori e amanti del birdwatching. Qui i cittadini temono ripercussioni sul turismo, con un considerevole impatto sull’economia locale.
We think we have a rat problem
Rats have been driven out from inland Queensland, Australia to the coast line.
They are washing up on the beach alive and dead, as if they have been flushed out of some underground pipeline.
Già nel 2021 la Commonwealth Scientific and Industrial Research Organization (Csiro), agenzia australiana responsabile della ricerca scientifica, aveva lanciato un primo allarme. Il ricercatore ed esperto di roditori Steve Henry aveva infatti segnalato la rapida riproduzione dei topi in tutto il Paese. «Riparo e fonti di cibo creano le condizioni perfette affinché prosperino e sopravvivano», aveva spiegato lo studioso. Inoltre si tratta di una specie capace di raggiungere la maturità molto rapidamente. Una singola coppia riproduttiva può generare fino a 500 cuccioli in una singola stagione fra la primavera e l’estate. I topi inoltre impiegano solo sei settimane per raggiungere la piena maturità e il loro periodo di gestazione è di soli 19-21 giorni. «Alcune femmine restano incinte appena dopo aver partorito».
Il sindaco di New York Eric Adams è accusato di aver molestato sessualmente una ex collega nel 1993. Lo riporta The Messenger, citando alcune fonti. La denuncia è stata presentata prima della scadenza dell’Adult Survivor Act, che per un anno fino a giovedì 23 novembre ha permesso querele civili per fatti penalmente prescritti: proprio in questi giorni denunce per aggressione sessuale sono state inoltrate alla Corte suprema statale a carico dell’attore Jamie Foxx e del cantante dei Guns N’Roses Axl Rose. Nella stessa serie rientrano le accuse al rapper Puff Daddy e all’ex Ceo dei Grammy Neil Portnow.
Adams è indagato dall’Fbi per corruzione in campagna elettorale
L’accusatrice, rimasta ignota, ha citato in giudizio l’ex presidente del borough di Brooklyn e agente della polizia di New York come imputato insieme all’ufficio transiti della NYPD e alla Guardian Association: la presunta vittima ha chiesto un risarcimento da almeno 5 milioni di dollari. «Il sindaco non sa chi sia questa persona. Se si sono mai incontrati, non lo ricorda», ha dichiarato il portavoce di Adams. Per il primo cittadino della Grande Mela l’accusa è un nuovo colpo dopo le polemiche per le indagine dell’Fbi per corruzione durante la sua campagna elettorale.
Alvise e Ludovica Casellati, figli della ministra delle Riforme istituzionali Elisabetta Casellati, sono indagati per evasione fiscale con l’accusa di aver usato fatture false. L’avviso di conclusione delle indagini è stato notificato dalla procura di Milano. A riferirlo il Corriere della Sera.
Al centro dell’indagine l’attività del promotore finanziario Domenico Angiolella
L’accusa riguarda un controvalore complessivo di meno di 15 mila euro ritenuti «elementi passivi fittizi». L’inchiesta ruota attorno all’attività del promotore finanziario Domenico Angiolella, accusato di esercizio abusivo dell’intermediazione finanziaria, e della moglie. Le fatture in questione, consigliate da Angiolella, sono state utilizzate dai due Casellati jr nelle dichiarazioni Iva 2022 e 2023 per “scaricare” fiscalmente i costi pagati allo stesso promotore per l’attività di loro gestore con la sua società, e fatti invece figurare come remunerazione della sua “ricerca di sponsor” per la ditta individuale dello studio del figlio avvocato, e per la società di software della figlia.
La famiglia Casellati sostiene che i figli siano stati truffati
La famiglia Casellati sostiene al contrario d’aver perso quasi tutti i risparmi che Angiolella avrebbe truffato ai figli, e la ministra nega di aver mai avuto sentore delle fatture false. Il difensore dei figli di Casellati, Ernesto De Toni, ha spiegato che, «dopo aver appreso la situazione dagli atti ricevuti pochi giorni fa, immediatamente hanno provveduto a sanare con l’Agenzia delle Entrate le violazioni fiscali di importo modesto che risultano contestate loro», e che «presto andranno in procura a spiegare il rapporto con Angiolella». Il legale ha ribadito che la ministra «non ha avuto alcun ruolo» nella vicenda, «risultando evidente l’interesse del falso promotore finanziario a coinvolgerla per i propri scopi illeciti» visto che «dagli atti Angiolella risulta aver truffato centinaia di persone per somme molto rilevanti». Il difensore di Angiolella, Alessandro Brustia, ha spiegato che nessuno ha mai presentato la querela necessaria a rendere procedibile l’eventuale truffa, reato infatti non contestato dai pm. Su questo punto il legale dei figli di Casellati ha annunciato che «stanno predisponendo le denunce».
La regione del Corno d’Africa è da settimane colpita da piogge torrenziali e inondazioni legate al cambiamento climatico e al fenomeno meteorologico El Niño. I Paesi più colpiti sono Somalia, Etiopia e Kenya, dove le inondazioni stanno distruggendo le aree urbane causando almeno 100 morti e oltre mezzo milione di sfollati interni. I tre Stati sono in cima alla lista dei paesi africani più colpiti dagli eventi climatici estremi, e vedono l’alternanza tra alluvioni e stagioni di siccità da record che hanno già generato una grave insicurezza alimentare nella regione.
In Somalia entro il 2023 il bilancio degli abitanti colpiti potrebbe salire a 4 milioni
Secondo quanto riferito lunedì 20 novembre in conferenza stampa dal direttore dell’Agenzia somala per la gestione dei disastri, Mohamud Moalim Abdullahi, sono almeno 50 le persone rimaste uccise durante le alluvioni in Somalia, mentre sono 687.235 le persone che sono state costrette a fuggire dalle loro case. «Le piogge previste tra il 21 e il 24 novembre potrebbero causare ulteriori inondazioni aggravare il bilancio», ha aggiunto. L’agenzia umanitaria Ocha delle Nazioni Unite ha affermato che il numero di persone sfollate a causa delle inondazioni in Somalia «è quasi raddoppiato in una settimana», mentre sono complessivamente 1,7 milioni le persone colpite dal disastro. Il Comitato internazionale di soccorso ha dichiarato inoltre che le precipitazioni superiori alla norma dovrebbero persistere fino alla fine del 2023, prevedendo che il bilancio delle persone colpite dal disastro ambientale salirà a 4,3 milioni di abitanti, un quarto della popolazione somala. Oltre ad aver distrutto case, scuole e ospedali, gli eventi climatici estremi hanno danneggiato strade, ponti e altre infrastrutture, ostacolando la circolazione delle persone e dei rifornimenti e portando ad un aumento dei prezzi dei beni di prima necessità.
Nel Corno d’Africa sono 14 milioni le persone colpite dalla siccità
Il Corno d’Africa è una delle regioni più vulnerabili ai cambiamenti climatici, e gli eventi meteorologici estremi si verificano con crescente frequenza e intensità. La regione sta uscendo dalla peggiore siccità degli ultimi quattro decenni. Secondo i dati del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico dell’Onu (Ipcc), in Somalia, la siccità ha colpito circa 7,1 milioni di persone, di cui 2,8 milioni di bambini. In Etiopia gli abitanti colpiti sono 5,6 milioni, di cui 2,1 milioni di bambini. In Kenya, la siccità da record ha colpito circa 1,5 milioni di persone, di cui 500 mila bambini. Lo studio Climate Change 2022: Impacts, Adaptation and Vulnerability dell’Ipcc ha affermato che nei prossimi anni «il Corno d’Africa è destinato a sperimentare una maggiore frequenza e intensità delle siccità, con conseguenze potenzialmente devastanti per la sicurezza alimentare, la salute umana e l’economia». Inoltre, nell’ultimo decennio all’interno della crisi per la risorse causata dal cambiamento climatico si è vista l’infiltrazione strategica di gruppi terroristici come al-Shabab che, impegnato negli scontri con le forze governative somale, ha spinto alla fuga migliaia di abitanti.
OpenAI, azienda responsabile dello sviluppo di ChatGPT, è tornata a far parlare di sé dopo aver introdotto la versione Voice dell’app, un’espansione per smartphone che si propone come diretta concorrente di Assistente Google, Alexa e Siri. Consiste, infatti, nella possibilità di impiegare l’intelligenza artificiale mediante il riconoscimento vocale, ricevendo risposte vocali, analogamente a quanto già offerto dalle applicazioni concorrenti. La novità era stata anticipata da diverso tempo, ma era inizialmente riservata agli abbonati al servizio Plus.
ChatGPT interagisce direttamente con la voce
ChatGPT Voice è accessibile a tutti, gratuitamente. Attraverso un post su X, OpenAI ha dichiarato: «ChatGPT Voice è ora fruibile da tutti, gratuitamente. Scarica l’app sul tuo telefono e tocca l’icona delle cuffie per iniziare una conversazione». Come gli altri assistenti vocali, è possibile interagire con il chatbot tramite il riconoscimento vocale. L’AI rimane in ascolto una volta avviata la conversazione, consentendo la continuità anche durante il passaggio tra diverse applicazioni, fino a quando non si chiude l’interazione premendo la “X”. L’aggiornamento è già disponibile per l’app principale, incluso il supporto in italiano sia su Android sia iOS. La lingua parlata è automaticamente riconosciuta, eliminando la necessità di configurazioni nell’app e consentendo di porre direttamente la propria domanda. La voce generata risulta molto naturale, malgrado la sua inclinazione tipicamente anglosassone.
ChatGPT with voice is now available to all free users. Download the app on your phone and tap the headphones icon to start a conversation.
Antonella Zarri, madre di Alice Scagni, uccisa dal fratello Alberto il primo maggio 2022 a Quinto, è tornata a parlare dopo il caso di Giulia Cecchettin. Si è rivolta al governo, citando soprattutto il ministro e vicepremier Matteo Salvini. Ha dichiarato: «La vicenda di Giulia mi ha restituito la rabbia necessaria per lottare. Molti esponenti illustri di autorità istituzionali trovano modo di intervenire per rassicurare l’opinione pubblica sulla determinazione dello Stato a perseguire i femminicidi. Il ministro Salvini in testa. Carcere a vita per i responsabili. Buttiamo via le chiavi. Pensiamo forse che così abbiamo risolto tutti problemi?»
Zarri: «Lo Stato non può dirsi libero da responsabilità»
E ancora: «A tutti i responsabili dei femminicidi vengono giustamente inflitte pene pesanti come è giusto che sia. Lo Stato in questo modo può dirsi libero da ogni responsabilità? Assolutamente no. Ascolto con grande amarezza i consigli che una poliziotta offre alle donne ed alle loro famiglie nei servizi televisivi. Raccomandano attenzioni ai primi segni premonitori di queste tragedie che devono essere subito rappresentati alle forze dell’ordine che debbono immediatamente intervenire».
La madre di Alice: «I nostri appelli inascoltati»
Poi Zarri ha concluso: «Ma provo tanta amarezza perché non posso non pensare alle infinite telefonate, denunce e richieste di aiuto che io e mio marito abbiamo fatto invano ad autorità sanitarie e di Polizia. Il femminicidio di mia figlia Alice è stato ampiamente annunciato ma i nostri appelli sono rimasti inascoltati. Oggi, l’omicida di mia figlia, è stato ancora una volta pestato in carcere. Questa volta in modo brutale. Per i politici qualunque cosa accada è colpa degli altri, persino delle famiglie stesse delle vittime».
Alberto aggredito nella notte
Le parole di Antonella Zarri sono arrivate poche ore dopo l’aggressione subita da Alberto Scagni in carcere. Nella notte tra il 22 e il 23 novembre, l’uomo è stato sequestrato e picchiato da due detenuti. A salvarlo è stato il personale della polizia penitenziaria. Poi è stato trasferito al pronto soccorso dell’ospedale, dove si trova in condizioni critiche.
Sono stati integralmente annullati dal Tar gli atti del Comune di Milano che prevedevano il divieto di accesso nelle zone di area B e C di bus e camion sprovvisti dei sensori dell’angolo cieco. L’obbligo era entrato in vigore il primo ottobre 2023, con la decisione che era stata presa da Palazzo Marino dopo una serie di incidenti mortali.
Per il Tar della Lombardia il Comune non è competente su ordine e sicurezza
Secondo il Tar della Lombardia, a cui si sono rivolti con due differenti ricorsi poi riuniti aziende di trasporto e Assotir, il Comune non ha le competenze per normare in materia di circolazione stradale per quanto riguarda ordine pubblico e sicurezza, su cui ha competenze esclusive lo Stato. Il Tar ha sottolineato che «il codice della strada ha accentrato presso gli organi centrali, con scelta esente da profili di manifesta incongruità, l’omologazione e l’approvazione sia dei dispositivi di controllo e regolazione del traffico sia dei dispositivi ulteriore di marcia». Le Regioni possono intervenire su temi che riguardano la tutela della salute e i Comuni possono «istituire aree a traffico limitato nei centri abitati (Aree B e C di Milano nel caso di specie) per esigenze di prevenzione degli inquinamenti e di tutela del patrimonio artistico, ambientale e naturale». E in questo caso «è palese che un dispositivo volto a scongiurare incidenti in danno di pedoni e ciclisti risponda ad un’esigenza di ordine pubblico e sicurezza, del tutto estranea a componenti incidenti sull’ambiente e i beni culturali ma invece funzionale alla tutela dell’incolumità personale per prevenire una serie di reati (…) come l’omicidio colposo e le lesioni colpose».
Per Palazzo Marino la misura resta essenziale
Secondo l’assessora milanese alla Mobilità si tratta però di una «misura essenziale per proteggere i ciclisti e i pedoni». Palazzo Marino, ha aggiunto, è orientato «a proporre appello al Consiglio di Stato», ma nel frattempo ha chiesto al governo di intervenire «in modo da introdurre questa misura in tutte le città per tutelare chi percorre le strade in bicicletta e a piedi».
Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini ha dichiarato che anche in occasione dello sciopero del 27 novembre non sarà accettato uno stop di 24 ore. Dal Ministero già nella giornata del 22 novembre che ci si sta adoperando «per ridurre i disagi dei cittadini in vista dello sciopero generale dei trasporti proclamato in tutta Italia per il prossimo lunedì». Il leader della Lega ha lanciato un appello alle sigle sindacali con l’intento di rivedere lo stop, come già accaduto lo scorso 17 novembre. Il rischio per i sindacati, qualora decidessero di insistere, è di una nuova precettazione
Salvini: «Farò tutto ciò che mi permette di fare la legge»
Matteo Salvini ha quindi dichiarato: «Non accetto 24 ore di blocco del trasporto pubblico perché sarebbe il caos. Se applicano il buonsenso non intervengo, ma se pensano di fermare tutta l’Italia per 24 ore non lo permetterò e farò tutto quello che la legge mi permette di fare». Già inviata dal Ministero la lettere ufficiale ai sindacati con l’invito a ridurre la durata della mobilitazione. Ma il riferimento di Salvini sembra essere alla precettazione, di cui si è già parlato per lo sciopero di pochi giorni fa.
I sindacati: «Non desisteremo»
Ma stavolta i sindacati non sembrano intenzionati a fare passi indietro. In una lettera al Mit, le sigle Usb, Cub Trasporti, Cobas Lavoro Privato, Adl Cobas, Al Cobas ed Sgb hanno scritto: «Non desisteremo e confermiamo lo sciopero nazionale degli autoferrotranvieri a sostegno dell’esercizio del diritto di sciopero e per aumenti salariali dignitosi, la tutela dei diritti e della sicurezza degli addetti al servizio di Ttpl e dei passeggeri, nonché a favore di investimenti pubblici per rilanciare un settore strategico al servizio dei cittadini». E ancora: «Stigmatizziamo l’intervento del Mit auspicando che non sia seguito da eventuali ulteriori provvedimenti del Ministro Salvini. Le nostre istanze a tutela dei lavoratori e del diritto alla mobilità dei cittadini, più volte sollevate e rappresentate al Ministero ed al Governo, sono rimaste inascoltate e private della necessaria attenzione delle istituzioni nazionali e locali».
Il Dipartimento della Protezione Civile ha dichiarato un’allerta maltempo per il tardo pomeriggio di giovedì 23 novembre che prevede piogge e temporali diffusi su Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia, soprattutto nei settori meridionali e ionici. I fenomeni saranno caratterizzati da rovesci di forte intensità, frequente attività elettrica e forti raffiche di vento. Si prevedono, inoltre, venti da forti a burrasca provenienti dai quadranti orientali su Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia, con possibili mareggiate lungo le coste esposte. Sulla base delle previsioni e degli eventi in corso, è stata dichiarata l’allerta arancione anche per la giornata di venerdì 24 novembre su gran parte della Sicilia e sui settori ionici della Calabria. Emessa, infine, un’allerta gialla per Marche, Abruzzo, Molise, Puglia, Basilicata, sul versante orientale della Sardegna e sul rimanente territorio di Calabria e Sicilia.