Daily Archives: 22 Novembre 2023

Poste Italiane, raggiunto il traguardo di 10 milioni di carte Postepay Evolution

PostePay si conferma leader nei pagamenti digitali in Italia con la carta Postepay e con il successo della Postepay Evolution, la prepagata dotata di iban che ha raggiunto il traguardo di 10 milioni di carte distribuite da PostePay Spa, la società del Gruppo specializzata nei sistemi di pagamento e nelle telecomunicazioni. Dal 2003, anno di lancio sul mercato, la carta Postepay ha rapidamente ottenuto il favore degli italiani, diventandone lo strumento preferito per eseguire pagamenti e transazioni in modo semplice e sicuro in particolare sui canali online, acquisendo così un ruolo decisivo nello sviluppo dell’eCommerce in Italia.

PostePay conta più di 500 milioni di transazioni e-commerce

Grazie alla carta Postepay, PostePay Spa ha indubbiamente contribuito a rendere familiari gli strumenti digitali per una generazione di italiani attraverso un nuovo modo di fare acquisti e pagamenti. Questo percorso di innovazione ha permesso a Postepay di raggiungere una posizione di leadership nel mercato dei pagamenti digitali, lanciando soluzioni sempre più evolute e sicure. Con più di 500 milioni di transazioni e-commerce oggi Postepay non è solo una carta, ma un autentico ecosistema digitale di servizi e funzioni innovative pensati per rendere semplice la vita di tutti giorni e in grado di generare connessioni di valore per i quasi 30 milioni di carte Postepay, di cui ben 10 milioni Postepay Evolution, la carta prepagata che ha anche il vantaggio di essere una carta conto.

I vantaggi di PostePay Evolution

La Evolution è infatti dotata di iban per rispondere alle esigenze di chi ha bisogno di uno strumento completo per operazioni di pagamento in sicurezza e per ricevere e disporre bonifici, accreditare lo stipendio o la pensione. Negli anni la Postepay Evolution si è costantemente arricchita di nuovi servizi e funzioni, disponibili sulla rete dei 12.800 uffici postali e sui canali digitali, sul sito e sull’app Postepay. Attraverso la gamma di carte prepagate, PostePay Spa risponde alla strategia omnicanale disegnata da Poste Italiane, con una forte connessione tra i canali fisici e digitali. La carta Postepay Evolution si può acquistare infatti presso tutti gli uffici postali, ritirandola immediatamente attiva e pronta all’utilizzo. È inoltre richiedibile anche sul canale digitale, direttamente dall’app Postepay e dal sito postepay.it, dove è disponibile in versione digitale, per poi essere inviata nella versione fisica all’indirizzo indicato dai clienti.

Il successo di PostePay, dalla sicurezza dei pagamenti online agli sconti

Quattro le innovazioni-chiave che hanno caratterizzato la storia di successo di Postepay:

  • pagamenti online sicuri: Postepay è stata all’avanguardia nell’introduzione di standard di sicurezza avanzati per i pagamenti online, garantendo transazioni sicure per i propri clienti consumer e business;
  • mobile app: con oltre 11 milioni di digital wallet attivi e 24 milioni di download, la mobileapp di Postepay rappresenta un vero e proprio ecosistema di servizi digitali, che permette ai clienti di gestire facilmente e in mobilità le proprie disponibilità, anche tramite pagamenti evoluti che non richiedono la carta ma operano in modalità QR code;
  • servizi di ricarica e prelievo: Postepay ha semplificato la vita degli italiani offrendo soluzioni sempre più innovative come la possibilità di effettuare acquisti on line, consentendo alla carta di ricaricarsi “automaticamente” durante l’operazione di pagamento e di effettuare prelievi in modalità cardless;
  • sconti & partnership: Postepay collabora con oltre 30 partner italiani e internazionali, aprendo la strada a offerte e sconti speciali che prevedono fino al 20 per cento di cashback sugli acquisti effettuati dai titolari carta, rendendo l’esperienza di shopping online ancora più conveniente.

TIM rende possibile attivare le eSIM online con l’identità digitale

TIM rende possibile attivare online le eSIM utilizzando l’identità digitale, senza la necessità di recarsi in negozio per perfezionare l’acquisto con il documento di identità e il codice fiscale o attendere la consegna della TIM Card da parte del postino. La eSIM (embedded SIM) è l’evoluzione della attuale SIM fisica, completamente digitale e che permette di utilizzare una linea mobile semplicemente inquadrando con la telecamera dello smartphone il QR Code fornito. Ha vita illimitata ed è possibile trasferirla su un nuovo smartphone utilizzando il QR Code.

eSIM di TIM attivabili con SPID: successivamente anche con CIE

Da mercoledì 22 novembre 2023 i clienti potranno attivare un nuovo numero e iniziare subito a navigare, effettuare e ricevere chiamate o avviare il processo di portabilità del numero già in uso con semplici passaggi. Basterà selezionare l’offerta scelta, effettuare l’autenticazione online con lo SPID dopo aver ricevuto il QR Code via mail e configurare la eSIM sul proprio smartphone inquadrando il QR Code. L’identità digitale SPID può essere utilizzata anche per attivare in modo semplice una nuova linea, fare la portabilità del numero o acquistare una SIM fisica, senza dover ricorrere alla videoidentificazione. Il servizio sarà esteso successivamente anche ad altre identità digitali come la Carta Identità Elettronica (CIE). Con l’introduzione della eSIM di TIM si semplifica ulteriormente l’esperienza d’acquisto in completa sicurezza e riducendo l’impatto sull’ambiente. Ulteriori informazioni sono disponibili sulla pagina dedicata del sito TIM.

La solitudine di Zelensky tra pressing interno e allontanamento dell’Occidente

La guerra non è un film, non finirà presto. Parola di Volodymyr Zelensky, attore comico entrato alla Bankova nella primavera del 2019. Sono passati quasi due anni dall’inizio dell’invasione russa, 10 anni dall’inizio delle proteste di Maidan che portarono al cambio di regime nell’ex repubblica sovietica, oltre otto dallo scoppio del primo conflitto nel Donbass, e il bagliore di realismo del presidente ucraino conferma che la situazione è complicata, al di fuori della fiction. E dire che solo 12 mesi fa la leadership a Kyiv, accompagnata dalla propaganda mediatica di analisti ed esperti occidentali, indicava la vittoria vicina, già nell’estate 2023, con i russi in fuga da Donbass e Crimea.

La solitudine di Zelensky tra pressing interno e allontanamento dell'Occidente
Volodymyr Zelensky (Getty Images).

Il cerchio magico di Zelensky perde i pezzi e l’opposizione che fa capo a Poroshenko ha dato inizio alla partita per la successione

In realtà, fallito il piano A del Blitzkrieg con la presa della Capitale e la destituzione del presidente, Vladimir Putin aveva già pronto il piano B, quello della guerra di logoramento: la seconda fase è iniziata nell’aprile del 2022 e continuerà fino a che non sarà raggiunto un accordo. Al momento la Russia, dopo il sostanziale fallimento della controffensiva ucraina, mantiene l’occupazione di parti delle regioni di Zaporizhzhia e Kherson oltre ai territori presi nella prima guerra; l’Ucraina sembra avere il respiro corto, tra carenza di uomini e armi, con gli aiuti occidentali che finora non si sono rivelati decisivi a mantenere le promesse a una popolazione sempre più stanca e martoriata. In questo contesto Zelensky, la cui popolarità si mantiene alta, nonostante il suo rating sia per forza di cose in discesa, sta attraversando la più difficile fase della sua presidenza di guerra, anche a causa dei contrasti con i vertici militari e il generale Valery Zaluzhny. Non solo: i pezzi del cerchio magico che se ne sono andati, uno su tutti l’ex consigliere Olexy Arestovich, e l’opposizione che fa capo all’ex presidente Petro Poroshenko, hanno avviato già la partita interna per la possibile successione. Zelensky da parte sua ha tagliato la testa al toro, ricordando che in tempo di guerra non si può votare, ma la via per le urne potrebbe trovare sbocchi in caso di tregua e comunque prima o poi a Kyiv si dovrà votare. La data dipenderà dall’andamento del conflitto.

La solitudine di Zelensky tra pressing interno e allontanamento dell'Occidente
Il generale Valery Zaluzhny (Getty Images).

Perché i sospetti di Kyiv di una Maidan 3 orchestrata dalla Russia non sono fondati

Negli ultimi giorni, pressato sul fronte interno e dimenticato su quello internazionale, nonostante le visite placebo a Kyiv del segretario della Difesa statunitense Lloyd Austin e  del ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius, Zelensky ha dichiarato che la Russia starebbe preparando una rivoluzione per defenestrarlo, una sorta di terza Maidan, dopo quella di 10 anni fa e la rivoluzione arancione del 2004, e l’operazione con la regia di Mosca dovrebbe svolgersi entro la fine dell’anno. E così ritorna subito alla fiction, non fine a se stessa, ma sempre con obiettivi precisi: in questo caso non si tratta certo di minacce di sollevazioni popolari come nel 2004 e nel 2013, visto che gli elettori ucraini hanno purtroppo altro a cui pensare che non scendere in piazza contro il presidente. Che tra l’altro gode ancora di molto favore e controlla a maggioranza assoluta il parlamento. È vero che l’opposizione è in fermento, le crepe nell’establishment ci sono, ma la terza rivoluzione con la regia di Mosca è lo spauracchio che viene lanciato verso l’Occidente che un po’ si sta stancando sia della guerra che del presidente. L’appoggio di Stati Uniti ed Europa, nonostante i proclami, non è sufficiente per ribaltare la situazione con la Russia e allora per Zelensky è meglio prospettare il worst case scenario, cioè una sua sostituzione per mano di Mosca, anche se è proprio a Kyiv che ci si sta muovendo per un futuro che potrebbe non essere nemmeno troppo lontano. La guerra non va bene, i dissidi interni stanno venendo alla superficie e Zelensky, senza buoni risultati sul campo, potrebbe trovarsi di fronte già l’anno prossimo a dover fare i conti con nuovi rivali desiderosi di prendere il suo posto alla Bankova. E non tanto con il benestare di Mosca, ma con quello di Washington.

La solitudine di Zelensky tra pressing interno e allontanamento dell'Occidente
Lloyd Austin e Volodymyr Zelensky (Getty Images).

Hamas: «Tregua potrebbe iniziare giovedì mattina alle 10»

Hamas ha annunciato che la tregua nei combattimenti di quattro giorni concordata con Israele potrebbe iniziare giovedì 22 novembre alle 10. Secondo quanto ha riferito il Guardian, tuttavia, l’Idf «non può confermare quando inizierà il cessate il fuoco», mentre le parti stanno discutendo dei dettagli dell’accordo sul rilascio di alcuni ostaggi. Al centro dell’intesa c’è la liberazione da parte di Hamas di 50 donne e bambini tenuti in ostaggio a Gaza dal 7 ottobre, in cambio del rilascio di 150 prigionieri palestinesi detenuti in Israele. Il premier Benjamin Netanyahu ha aggiunto che il cessate il fuoco sarà prolungato di un giorno ogni 10 ostaggi aggiuntivi rilasciati.

Come funzionerà il rilascio degli ostaggi

Entro la serata di mercoledì Hamas informerà Israele dell’identità di almeno 10 ostaggi israeliani che saranno liberati domani, e che fanno parte della lista di circa 100 nomi di detenuti forniti da Tel Aviv. Lo ha riferito Ansa. Israele esaminerà i nomi proposti da Hamas e avanzerà il suo elenco dei primi 30 prigionieri palestinesi da liberare dalle carceri. A quel punto, gli ostaggi saranno consegnati nelle mani della Croce Rossa Internazionale che li trasporterà in Israele, dove se ne prenderà carico l’esercito.

Hamas: «Tregua potrebbe iniziare giovedì mattina alle dieci»
David e Varda Goldstein mostrano le foto dei tre nipoti e della loro madre che sono attualmente ostaggi di Hamas (Getty Images).

Chi sono i detenuti palestinesi che Israele intende rilasciare

Secondo quanto riferito da Haaretz, Israele ha rifiutato di rilasciare i prigionieri condannati per omicidio. I condannati per tentato omicidio, tuttavia, potrebbero essere rilasciati, così come quelli detenuti per reati che vanno dall’attività terroristica a trasgressioni meno gravi come aver causato danni alla proprietà, ostacolato il lavoro della polizia o essersi riuniti illegalmente. Altri reati includono aggressione di agenti di polizia, lancio di sassi e di bombe incendiarie, incendio doloso e possesso di armi da fuoco o esplosivi. I prigionieri palestinesi appartengono ad Hamas, a Fatah, alla Jihad islamica e al Fronte popolare. Molti, tuttavia, agirono di propria iniziativa e un gran numero furono arrestati ma non processati. L’elenco, che comprende 300 nomi, include i prigionieri residenti a Gerusalemme Est e in possesso di una carta d’identità israeliana. Saranno il primo ministro Benjamin Netanyahu, il ministro della Difesa Yoav Gallant e l’ex ministro della Difesa Benny Gantz a determinare quali prigionieri verranno rilasciati in ogni fase. I tre sono anche autorizzati a decidere quando finirà il cessate il fuoco, purché non si estenda per più di 10 giorni.

Il Ddl contro la violenza sulle donne approvato dal Senato: è legge

Il Senato ha approvato il Ddl contro la violenza sulle donne. Il provvedimento, già passato alla Camera a ottobre, ha ricevuto altri 157 sì e diventa legge. L’accelerata è arrivata dopo il femminicidio di Giulia Cecchettin e con il pacchetto di misure si punta a rafforzare il Codice Rosso, potenziando diversi strumenti. Nella nuova legge si parla di arresto in caso di flagranza differita e la distanza minima di avvicinamento aumenta a 500 metri. E ancora è stato deciso di applicare l’ammonimento e l’utilizzo del braccialetto elettronico anche sui reati spia. E in caso di manomissione di quest’ultimo si andrà in carcere.

Approvati due odg del Pd

Durante la discussione, inoltre, sono stati approvati due odg presentati dal Pd. Soddisfatto il presidente dei senatori dem, Francesco Boccia. Quest’ultimo ha spiegato: «Abbiamo ottenuto che venga finanziata con risorse adeguate la formazione per gli operatori sanitari, le forze dell’ordine e il personale sanitario. E soprattutto abbiamo stabilito che in tempi rapidi, dopo l’approvazione della legge di bilancio, si calendarizzino in Parlamento i disegni di legge che intervengono sulla prevenzione e sul contrasto della violenza, a completamento della normativa vigente in modo da arrivare a quella legge nazionale e a quelle misure condivise che hanno chiesto anche le studentesse e gli studenti al ministro Valditara oggi».

Bocciata l’educazione sessuale a scuola

Ma come spiegato da Repubblica, la posizione unitaria chiesta da Giorgia Meloni alla segretaria del Pd Elly Schlein è parzialmente saltata sull’educazione sessuale. Le opposizioni hanno chiesto di introdurre l’educazione sessuale dalle scuole medie in poi e non soltanto quella «emotivo-sentimentale» di cui si parla nell’atto firmato da Lucio Malan, di Fratelli d’Italia. Una richiesta su cui non è stato trovato l’accordo, tanto che i partiti d’opposizione hanno deciso di astenersi durante la votazione dell’ordine del giorno dei capogruppo di maggioranza. E in cambio, si sono visti bocciare quello proposto sull’educazione sessuale.

Pro Vita e Famiglia contro l’educazione sessuale nelle scuole: «Basta confondere l’identità bambini»

Il comitato Pro Vita e Famiglia ha lanciato una campagna di affissione dal titolo Basta confondere l’identità sessuale dei bambini nelle scuole. Stop gender e carriera alias. L’attacco è all’educazione sessuale e affettiva nelle scuole, di cui si parla ormai da giorni, soprattutto dopo il caso di Giulia Cecchettin. Il comitato ha deciso di affiggere diversi cartelloni, partendo da Roma, dove sono già comparsi il 22 novembre. Su X il portavoce Jacopo Coghe ha scritto: «È vergognoso che politici come Zan, Cirinnà e Schlein cerchino di strumentalizzare i recenti fatti di cronaca per sponsorizzare l’educazione affettiva nelle scuole».

Pro Vita e Famiglia: «L’educazione affettiva parte del problema»

Il comitato ha diramato un comunicato in cui si attaccano le opposizioni: «Pensano di prevenire la violenza di genere confondendo ancor di più bambine e bambini, ragazze e ragazzi sulla loro identità sessuale e sulla sana relazione tra uomini e donne, andando così ad aumentare proprio i problemi alla base di questi raccapriccianti fatti. Non solo non esiste alcun nesso tra la cosiddetta fantomatica “educazione affettiva” nelle scuole e la diminuzione delle violenze contro le donne, ma nei Paesi in cui la si impartisce da decenni tali violenze sono addirittura aumentate. L’educazione affettiva in salsa relativista e arcobaleno non solo non è la soluzione del drammatico problema, ma è parte del problema stesso».

Pro Vita e Famiglia contro l'educazione sessuale nelle scuole: «Basta confondere l'identità bambini»
Una manifestazione del comitato Pro Vita e Famiglia (Getty Images).

Attacchi a Gualtieri e Sala

Poi il comitato prosegue attaccando i sindaci di Roma e Milano: «Un indottrinamento martellante che purtroppo trova conferme e terreno fertile in alcune amministrazioni locali, che spingono per introdurre la Carriera Alias e il gender nelle scuole. Come a Roma, dove Roberto Gualtieri, appena eletto, ha istituito un Ufficio per i Diritti Lgbt con a capo Marilena Grassadonia, già presidente di Famiglie Arcobaleno. E ormai da mesi sono numerose le iniziative Lgbt nelle scuole con il sostegno del comune o addirittura gli incontri, come al Municipio XI, per spingere gli Istituti e i Licei ad adottare la Carriera Alias. La stessa Grassadonia, durante una manifestazione pro Ddl Zan a Milano, disse espressamente che “bisogna entrare nelle scuole”. Per non parlare di Giuseppe Sala sempre in prima fila ai gay pride che chiedono, tra le altre cose, la transizione di genere per i minori e di parlare nelle scuole di ogni ordine e grado di sessualità fluida, favole arcobaleno e queer e addirittura in alcuni casi di masturbazione e organi genitali».

Attrice russa uccisa in Ucraina mentre si esibiva per le truppe

Polina Menshikh, attrice russa di 40 anni, è morta in Ucraina sotto i bombardamenti delle truppe di Kyiv. Lo ha annunciato l’agenzia statale di Mosca Tass, confermando un post del teatro di San Pietroburgo. L’interprete si trovava nel villaggio di Kumachovo, nella regione occupata di Donetsk, dove stava intrattenendo l’esercito del Cremlino con uno spettacolo musicale. Nativa della capitale, era nota in Russia anche come coreografa, regista e drammaturga, nonché come direttrice del teatro Nezhen. Le autorità ucraine hanno confermato che durante l’attacco, effettuato dalla 27esima brigata di artiglieria del colonnello Dmitry Khaprach, hanno perso la vita almeno 25 soldati dell’esercito russo. Il Portal di San Pietroburgo ha annunciato che dedicherà la prossima rappresentazione nel cartellone, The Last Test, alla memoria di Menshikh.

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In Rete un video con gli ultimi istanti di vita dell’attrice Menshikh

Su X e Telegram sta intanto circolando anche un video che mostrerebbe gli ultimi momenti di vita di Polina Menshikh. Nel filmato, si vedrebbe l’attrice sul palco mentre suona una chitarra e canta alcuni brani per i volontari della Russia all’interno di un teatro. Improvvisamente, un forte rumore irrompe nella scena prima che il video si oscuri. Secondo i media di Mosca, l’Ucraina avrebbe usato i missili americani Himars per effettuare due bombardamenti distinti del teatro. Il primo avrebbe colpito le auto dei soldati, il teatro e il camerino degli artisti. Il secondo, invece, avrebbe ucciso i soccorritori che si erano precipitati sul luogo dell’attacco. Oltre a Menshikh nessun civile ha perso la vita, ma due condomini e altri quattro edifici nelle vicinanze hanno riportato ingenti danni strutturali.

L’attrice Polina Menshikh non sarebbe morta sul posto ma, stando a quanto ha sottolineato anche la Bbc, si sarebbe spenta in ospedale per le ferite riportate. Un portavoce dell’esercito ucraino ha poi confermato la notizia dell’attacco, ma non ha fornito dettagli sulle vittime civili. Intanto in Russia, molti blogger favorevoli alla guerra e all’invasione hanno criticato l’organizzazione dell’esercito. Una performance capace di riunire decine di persone – nello specifico, erano presenti circa 150 individui – andrebbe categoricamente evitata in quanto facile bersaglio per un’incursione nemica.

Giulia Cecchettin, Turetta: «Ho pensato di farla finita ma non ho avuto il coraggio»

Filippo Turetta, accusato di aver ucciso l’ex fidanzata Giulia Cecchettin lo scorso 11 novembre, ha «pensato di farla finita». Nel giorno in cui il presidente del tribunale tedesco di Naumburg ha dato l’ok all’estradizione, spuntano le parole che il giovane ha rilasciato ai poliziotti in Germania, al momento della cattura.

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Turetta: «Pensato di farla finita ma non ho avuto il coraggio»

Il ragazzo, secondo quanto appreso e rivelato dall’Agi, ha dichiarato: «Ho ammazzato la mia fidanzata, ho vagato questi sette giorni perché cercavo di farla finita, ho pensato più volte di andarmi a schiantare contro un ostacolo e più volte mi sono puntato un coltello contro la gola ma non ho avuto il coraggio di farla finita». Le sue parole sono ora nel verbale redatto dai poliziotti. E questi ultimi hanno anche spiegato di averlo trovato ferito alle mani e alle caviglie. Ma non è ancora chiara la natura delle ferite. Nell’auto di Turetta sono stati trovati un coltello, il terzo, guanti e un cellulare. Inoltre anche nella vettura sono state riscontrate tracce di sangue, oltre che sulle scarpe e sui vestiti del 22enne.

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Non è esclusa la richiesta di perizia psichiatrica

Dopo l’ok all’estradizione, l’avvocato Emanuele Compagno, difensore di Turetta, ha parlato della richiesta di perizia psichiatrica. Ha dichiarato: «È molto presto per pensarci, però è ovvio che se ce ne sarà bisogno lo faremo. Questo tipo di aspetto va indagato perché nessuno finora aveva avuto alcun sospetto su Filippo». E ancora: «Perché non dovremmo escludere di ricorrere a una perizia? Questo non per esonerare il ragazzo da ogni responsabilità, ma per capire davvero fino in fondo che cosa c’è stato nella mente».

Mimun assume al Tg5 la nipote di Mogol, lo sgambetto involontario di Onder a Mediaset e le altre pillole del giorno

La musica piace tantissimo a Clemente Mimun. Al Tg5 è stata assunta la collaboratrice Vittoria Frontini, che è la nipote del più grande paroliere italiano, Mogol. Mimun ha un legame fortissimo con lui, tanto da passare quasi ogni fine settimana nella grande tenuta del Centro Europeo di Toscolano, in quel di Avigliano Umbro, in provincia di Terni, dove Mogol ha la sua factory.

Lo sgambetto involontario di Luciano Onder a Mediaset e Auditel

A Canale5, nel telegiornale mattutino di Clemente Mimun, c’è la rubrica di salute di Luciano Onder, da quasi 10 anni alla corte di Mediaset dopo aver lavorato tutta la vita alla Rai e salvato la vita a tanti colleghi, telefonando di notte agli amici medici. E che combina Onder? Consiglia caldamente di «non mettere la tv nella camera da letto». Panico a Cologno Monzese, dalle parti di Pier Silvio Berlusconi. E pure all’Auditel, dove senza i cosiddetti “teledormienti”, ovvero quelli che ronfano alla grande tenendo acceso il televisore, tanti programmi resterebbero a quota zero spettatori…

Mimun assume al Tg5 la nipote di Mogol, lo sgambetto involontario di Onder a Mediaset e le altre pillole del giorno
Luciano Onder (Imagoeconomica).

Roma dà l’ultimo saluto alla moglie di Bepi Nava, Elvira Vaselli e Anna Kanakis

Giornate piene di funerali, a Roma, e tutti di persone famose nel bel mondo della Capitale. Martedì 21 novembre si è partiti con la Rai di una volta a piangere la scomparsa della moglie di Bepi Nava, storico capo ufficio stampa di viale Mazzini che lasciò il suo posto a Fabrizio Casinelli. Oggi tocca alle esequie di Elvira Vaselli, della notissima famiglia di costruttori romani, nella chiesa di San Salvatore in Lauro, a due passi da via dei Coronari: i primi a partecipare, i banchieri Nattino, quelli di Finnat, con Giampietro e Celeste protagonisti. E poi giovedì, nella stessa chiesa, l’ultimo saluto a Anna Kanakis. Poi tutti alla Notte bianca a Villa Medici.

Giorgino e l’allergia per la Rai

A Francesco Giorgino la Rai non deve piacere. Affatto. Sì, perché anche mercoledì, come in altre occasioni, il mezzobusto tornato nel piccolo schermo con il nuovo governo guidato da Giorgia Meloni tiene a presentarsi con il titolo di “giornalista e docente Luiss”. Ovvero, l’università della Confindustria. L’occasione? La plenaria del Banco dell’Energia, intitolata “Insieme per contrastare la povertà energetica”, a Roma. Chi c’è oltre a Giorgino, nelle Scuderie di Palazzo Altieri, quelle dell’Associazione bancaria italiana? Il presidente del Banco dell’Energia Alberto Martinelli, il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin, il presidente di Iren Luca Dal Fabbro, l’amministratore delegato di Edison Nicola Monti, oltre al parlamentare Walter Rizzetto di Fratelli d’Italia, presidente della commissione Lavoro della Camera dei Deputati.

Mimun assume al Tg5 la nipote di Mogol, lo sgambetto involontario di Onder a Mediaset e le altre pillole del giorno
Francesco Giorgino (Imagoeconomica).

Artemisia Gentileschi mette insieme Sangiuliano e Sgarbi 

Chissà se il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano se ne è accorto: a Genova, nella mostra dedicata al genio di Artemisia Gentileschi, curata dallo storico dell’arte Costantino D’Orazio, nel catalogo sono presenti testi di Pietrangelo Buttafuoco e Vittorio Sgarbi. Si sa, le mostre nascono con largo anticipo, ben prima dello scontro tra Sangiuliano a Sgarbi.

 

Gesto antiviolenza delle 4 dita: cos’è e come si riconosce

Una ragazza di 19 anni è stata aggredita sessualmente a Milano in piazza della Scala, ma per fortuna è riuscita a salvarsi con il gesto antiviolenza delle dita. A comprendere il messaggio di aiuto della giovane è stata una dipendente del McDonald’s, che ha immediatamente contattato la polizia. Per la collettività è cruciale imparare questo segnale, perché intervenire in una situazione di violenza può salvare una vita. Ecco come si fa, da chi è stato ideato e cosa fare nel caso in cui lo si riconosca.

Come fare il Signal for Help

Il Signal for Help è un gesto valido a livello internazionale, ed è stato creato dalla Canadian Women’s Foundation durante la pandemia di Covid-19, a causa dell’aumento di casi di violenza domestica durante il lockdown. Il gesto è molto semplice: per farlo si piega il pollice verso il palmo con le altre quattro dita alzate, che si chiudono a pugno e poi si riaprono a intermittenza, in una sorta di “ciao ciao” a quattro dita. Dopo la sua ideazione, avvenuta nell’aprile del 2020, ben presto si è diffuso tramite la piattaforma di video social TikTok ed è stato adottato dalla rete internazionale di finanziamento delle donne (Wfn), e ha ricevuto ampi elogi per aver contribuito a fornire un contributo al contrasto del problema dell’aumento dei casi di violenza domestica.

Un altro modo per chiedere aiuto è contattare il 1522

La Canadian Women’s Foundation ha sottolineato che il segnale non sempre indica una richiesta di aiuto immediata o un intervento tempestivo delle forze dell’ordine, ma può anche voler dire «sono in difficoltà, raggiungimi in modo sicuro». Il segnale potrebbe anche essere una richiesta di ascolto e informazioni per trovare dei servizi di assistenza. In Italia, un altro metodo per richiedere aiuto in caso di violenza di genere è chiamare il 1522. Il numero è gratuito e attivo 24 h su 24 per accogliere ccon operatrici specializzate le richieste di aiuto e sostegno delle vittime di violenza e stalking.

Usa, l’ambientalista Jill Stein è la terza candidata alle presidenziali

L’ambientalista di sinistra Jill Stein ha lanciato formalmente la sua terza candidatura alle presidenziali americane con il partito dei Verdi. A riportarlo sono stati i media degli Stati Uniti. Stein, 73 anni, ha pubblicato su X un video annunciando la sua discesa in campo e poi lo ha ribadito in un dibattito in diretta su Zoom con il sindacalista di Amazon Chris Smalls.

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Stein: «Serve un’America che funzioni per tutti»

«Questo è un momento politico assolutamente senza precedenti. Dobbiamo iniziare a costruire un’America che funzioni per tutti noi e che includa un salario dignitoso, un Green New Deal, una carta dei diritti economici. Possiamo porre fine a guerre infinite che non risolvono nulla», ha dichiarato Stein. Secondo alcuni analisti nel 2016 l’ambientalista fu determinante nella sconfitta di Hillary Clinton perché, pur ottenendo solo 1,4 milioni di voti a livello nazionale, ha raccolto più preferenze di Donald Trump in Pennsylvania, Wisconsin e Michigan.

Scream VII, licenziata Melissa Barrera per i post sulla guerra in Medio Oriente

Clamoroso scossone in Scream VII. Melissa Barrera, protagonista dei due precedenti capitoli e prossima a tornare nel settimo film, è stata licenziata con effetto immediato. Secondo quanto ha riportato Variety, è colpa di una serie di commenti su Instagram in merito alla guerra in Medio Oriente. Con diverse stories, il volto di Samantha Carpenter ha infatti definito i raid di Israele una «pulizia etnica e un genocidio» sulla Striscia di Gaza, descritta come «un campo di concentramento». Frasi che hanno spinto Spyglass Media Group, la società di produzione del lungometraggio, a stracciare il contratto. «Abbiamo tolleranza zero per l’antisemitismo e l’incitamento all’odio», si legge nel comunicato, riportato anche da Tmz. «Compresi i riferimenti a genocidio, pulizia etnica e negazione dell’Olocausto».

Scream VII, i commenti di Barrera e la replica del regista Landon

«Gaza è un campo di concentramento», ha scritto Barrera nelle stories. «Mettono tutti all’angolo, senza alcun posto dove andare, senza elettricità né acqua. Le persone non hanno imparato niente dalle nostre storie. E proprio come in quei casi, continuano a guardare in silenzio quello che accade. È un genocidio e una pulizia etnica». In altri commenti online, l’attrice di Scream ha attaccato i media occidentali poiché «mostrano solo il lato di Israele. Perché lo facciano, lo lascio dedurre a voi». Subito dopo il licenziamento, la star messicana di Monterrey ha condiviso martedì 21 novembre un’altra storia molto polemica. «Preferisco essere esclusa per chi io includo, che essere inclusa per chi io escludo».

L'attrice Melissa Barrera licenziata da Scream VII per alcune stories sulla guerra fra Hamas e Israele: «Gaza è un campo di concentramento».
Una delle stories di Melissa Barrera (Screenshot Instagram).

Sul caso è intervenuto anche il regista di Scream VII, Christopher Landon, con un post sulla sua pagina X. «Smettetela di gridare, non è stata una mia decisione», ha scritto il cineasta. «Fa tutto schifo, questa è la mia dichiarazione». Avendo tagliato ogni legame con Melissa Barrera, la produzione andrà incontro a un inevitabile ritardo nella realizzazione e nell’uscita del nuovo film della saga. L’attrice avrebbe dovuto di nuovo interpretare Sam Cartpenter, perno della narrazione sin dal quinto capitolo. Il suo addio prevedrà una completa riscrittura della sceneggiatura prima di poter iniziare le riprese, inizialmente fissate per inizio 2024. In dubbio anche il ritorno di Jenna Ortega, salita alla ribalta per la serie Mercoledì su Netflix.

Padova, mamma e figlio morti in casa per una fuga di gas

Due persone, una mamma e suo figlio, sono morte dopo che nella loro casa di è verificata una fuga di gas nel corso della notte. Le vittime sono Rosa Dalla Valle, di 87 anni, e Paolo Rampon, di 60, decedute all’interno della loro abitazione in via Rialto a Teolo, in provincia di Padova, non molto distante dall’abbazia di Praglia.

I vicini hanno sentito uno scoppio

I corpi delle due vittime sono stati ritrovati dai vigili del fuoco giunti sul posto dopo la segnalazione di una vicina che ha notato qualcosa che non andava. Sembrerebbe che intorno alle 3.30 del 22 novembre si sia verificato uno scoppio all’interno della bifamiliare in cui si trovavano Rosa Dalla Valle e il figlio. L’intervento dei pompieri è avvenuto quasi in concomitanza con quello del personale del 118 che, tuttavia, non ha potuto far altro che constatare la morte della mamma e del figlio, verosimilmente avvenuto per intossicazione da monossido di carbonio che si è propagato nella loro casa.

Il tentativo di fuga

In base a quanto fin qui emerso sulla vicenda, sembrerebbe che l’uomo di 60 anni sia stato trovato disteso in cucina e l’ipotesi sarebbe quella per cui, accortosi della fuga di gas, avrebbe acceso la luce della stanza per poter aprire un finestra, innescando però in questo modo la piccola esplosione che è stata sentita dai vicini di casa. L’intera area è stata transennata dalle forze dell’ordine intervenute, con la bifamiliare che risulterebbe annerita in alcune sue parti per via dei tizzoni del fuoco che era stato acceso dagli abitanti della casa la sera prima della fuga di gas. Sul caso è stata aperta un’indagine volta a comprendere se la fuoriuscita di gas possa essere stata provocata da una disattenzione o dal malfunzionamento della cucina.

Black Friday, i lavoratori di Amazon pronti a un nuovo sciopero

Per il quarto anno consecutivo, i lavoratori di Amazon in Italia e in altri trenta Paesi di tutto il mondo hanno deciso di scioperare il 24 novembre. Non si tratta di una giornata qualsiasi, perché è il Black Friday, la giornata dedicata agli sconti e uno dei momenti più attesi per l’acquisto tramite il colosso dell’e-commerce. In Italia, il centro dello sciopero sarà la sede di Castel San Giovanni, in provincia di Piacenza. Ma anche in altri magazzini i dipendenti incroceranno le braccia. A riferirlo sono state Cgil e Ugl. E il sindacato guidato da Maurizio Landini ha ricordato anche che negli ultimi due mesi ci sono già stati tre scioperi: l’11 e il 17 ottobre e il 7 novembre.

Lo sciopero per retribuzioni «inaccettabili»

La Cgil in un comunicato ha parlato di retribuzione «inaccettabile», soprattutto se rapportata all’andamento di Amazon. Il sindacato denuncia anche l’assenza di forme di welfare, il mancato aumento delle cifre dei buoni pasto e la «mancanza di attenzione» della società per temi come la salute e la sicurezza. L’Ugl ha manifestato il «malessere dei lavoratori rispetto al rifiuto dell’azienda a concedere i benefici richiesti e a fronte dell’aumento retributivo di solo l’1,1 per cento». La protesta sarà a carattere internazionale e una delegazione di dipendenti dell’hub di Piacenza parteciperà al presidio di Coventry, nel Regno Unito.

Amazon in disaccordo con la protesta

Dal canto suo, Amazon ha spiegato di essere «in disaccordo con le posizioni espresse dalla campagna “Make Amazon Pay”». I vertici della multinazionale hanno spiegato che dall’arrivo nella penisola sono stati «investiti 16,9 miliardi di euro in Italia e creati  1.000 posti di lavoro a tempo indeterminato, di cui circa 1.700 solo Castel San Giovanni».

Black Friday, i lavoratori di Amazon pronti a un nuovo sciopero
Il logo Amazon su un hub (Getty Images).

E sui pagamenti: «La retribuzione di ingresso prevista dal ccnl commercio è pari a 1655,98 euro. Sulla base di una procedura interna di revisione annuale degli stipendi, a partire dal 1º ottobre 2023, la retribuzione di ingresso a Castel San Giovanni è stata portata a 1.765 euro, cioè circa il 7 per cento in più rispetto a quanto previsto dal ccnl. Ad aprile il ccnl commercio prevedeva un incremento delle retribuzioni. Anziché assorbirlo, poiché i nostri stipendi sono già ampiamente superiori rispetto a quanto previsto dal contratto nazionale, abbiamo deciso di rilanciare con un ulteriore aumento. Queste revisioni annuali degli stipendi ci permettono di garantire e mantenere una equità di trattamento salariale in tutto il network».

Mattia Zaccagni, ladri irrompono nella villa in cui vive con l’influencer Chiara Nasti

Nella serata di martedì 22 novembre dei ladri hanno fatto irruzione nella villa del centrocampista della Lazio Mattia Zaccagni. I malviventi sono entrati nell’abitazione del giocatore in via della Camilluccia a Roma, dove Zaccagni abita con la moglie Chiara Nasti e il figlio Thiago. Secondo quanto riferiscono gli agenti del commissariato di Ponte Milvio e della polizia scientifica, il colpo è stato scoperto dopo le 20 di martedì, quando la coppia è rientrata a casa. I ladri hanno portato via gioielli e contanti, ma è ancora da quantificare il valore del bottino che secondo indiscrezioni sarebbe superiore ai 70 mila euro.

Chiara Nasti: «Non lo auguro a nessuno»

Sul suo profilo Instagram, Chiara Nasti ha voluto ringraziare i fan e gli amici per i messaggi di solidarietà, lamentando la mancanza di sicurezza nel quartiere: «L’unica cosa che mi turba è che già sono stata rapinata prima dell’estate e nonostante questo non gira qualche pattuglia in più per perlustrare la zona. Non lo auguro a nessuno».

 

Putin: la Russia «è pronta ai colloqui» per porre fine alla «tragedia» della guerra in Ucraina

Vladimir Putin, intervenendo in videoconferenza al vertice del G20, ha dichiarato che la Russia è «pronta ai colloqui» per porre fine alla «tragedia» della guerra in Ucraina. Il presidente russo ha quindi accusato Kyiv di aver bloccato ogni tentativo di trattativa, ribadendo come Mosca non si sia mai rifiutata di partecipare a colloqui di pace.

Putin: «Questa guerra e la perdita di vite umane non possono che scioccarmi»

«Alcuni colleghi hanno già affermato nei loro interventi di essere scioccati dalla continua aggressione della Russia contro l’Ucraina», ha detto Putin. «Certo, le azioni militari sono sempre una tragedia per le persone, le famiglie e per il Paese nel suo insieme. Naturalmente dobbiamo pensare a come fermare questa tragedia». Il presidente russo ha quindi ribadito che «la Russia non ha mai rifiutato i negoziati di pace con l’Ucraina. Non è la Russia, bensì l’Ucraina ad aver annunciato pubblicamente il ritiro dal processo negoziale». «Questa guerra e la perdita di vite umane non possono che scioccarmi», ha quindi continuato Putin. «Il sanguinoso colpo di stato in Ucraina del 2014, seguito dalla guerra del regime di Kyiv contro il suo popolo nel Donbass, non è forse scioccante? Non è scioccante oggi lo sterminio della popolazione civile in Palestina e nella Striscia di Gaza?».

Nell’ottobre 2022 Zelensky firmò un decreto in cui dichiarava impossibile un dialogo con Putin

Putin dall’inizio dell’invasione su larga scala dell’Ucraina, non aveva mai definito quella in corso da ormai due anni una guerra, ma una “operazione militare speciale”. Volodymyr Zelensky, dal canto suo, nell’ottobre del 2022 firmò un decreto con cui si dichiarava formalmente impossibile la prospettiva di qualsiasi dialogo con Putin, lasciando però aperta la porta a un dialogo con la Russia. E recentemente in una intervista al Sun ha rivelato che i servizi speciali russi punterebbero a sostituirlo come capo di Stato entro la fine del 2023, «utilizzando qualsiasi mezzo a sua disposizione». Compresi i moti di piazza. L’operazione di Mosca si chiamerebbe Maidan 3, nome che richiama – a parti invertite – le proteste scoppiate a Kyiv nel 2013 che portarono a un cambio di regime e alla fuga il presidente Viktor Yanukovic.

Al Senato è staffetta Forza Italia: Gasparri capogruppo, Ronzulli vicepresidente

Licia Ronzulli si è dimessa da capogruppo di Forza Italia al Senato, lasciando il posto a Maurizio Gasparri. E a sua volta quest’ultimo cede il ruolo di candidata alla vicepresidenza alla collega, per una staffetta che sembra far felice l’intero partito di Forza Italia. Questo è quanto accaduto nel tardo pomeriggio del 21 novembre, quando la decisione è stata approvata per acclamazione dall’assemblea dei senatori di FI, tenutasi a Palazzo Madama.

Il Senato dovrà ratificare l’elezione di Ronzulli

Dell’avvicendamento tra i due si parlava ormai da tempo. Lo scambio di ruoli permetterà a Ronzulli di ricoprire un ruolo istituzionale, non appena il Senato ratificherà la sua elezione a vicepresidente al posto di Gasparri. E quest’ultimo, invece, assumerà un incarico operativo. Così facendo, Antonio Tajani sembra aver messo tutti d’accordo all’interno di Forza Italia. E così il ministro degli Esteri punta ad arrivare al congresso in un clima sereno, essendo anche l’unico candidato alla segreteria. Ci vorranno ancora diversi mesi, perché è ad oggi previsto per fine febbraio. sarà il primo dalla morte di Silvio Berlusconi.

Tajani su X: «Grazie per il lavoro svolto»

Su X, l’ex Twitter, il ministro Antonio Tajani ha dichiarato: «Ringrazio Licia Ronzulli per il lavoro svolto alla guida dei Senatori di FI. Maurizio Gasparri, che ha annunciato le dimissioni da Vicepresidente del Senato, è stato eletto nuovo capogruppo a Palazzo Madama. Licia Ronzulli sarà la candidata alla vicepresidenza del Senato».

Valditara: «Nel libro del prof Amadori non c’è alcuna frase contro le donne»

Il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara ha letto in conferenza stampa in Senato alcune pagine conclusive del libro del prof Alessandro Amadori, consulente e coordinatore del progetto Educare alle relazioni finito al centro delle polemiche per alcune frasi contenute nel suo libro La guerra dei sessi. Piccolo saggio sulla cattiveria di genere. Un volume auto pubblicato nel 2020 nel quale si spiega velatamente che alla base dei femminicidi ci sarebbe anche il tentativo di prevaricazione delle donne sugli uomini.

La posizione del ministro Valditara: «Nessuna parola contro le donne»

«Voglio fare chiarezza: ho letto il libro del prof Amadori, non c’è alcuna frase contro le donne in generale né si giustificano atteggiamenti di prevaricazione contro le donne. Si parla di un rapporto conflittuale tra uomo e donna, si stigmatizza persino il patriarcato e l’atteggiamento violento e si dice che in alcuni casi ci sono atteggiamenti prevaricatori da parte del genere femminile. Non c’è alcun atteggiamento discriminatorio in quelle pagine, lui ha la sua tesi, io potrei averne altre», ha spiegato il ministro.

L’esame della Manovra slitta al 12 dicembre al Senato

Slitta di una settimana, al 12 dicembre, l’esame della Manovra nell’aula del Senato.  È quanto emerge dalla conferenza dei capigruppo che si è riunita a Palazzo Madama, senza ulteriori chiarimenti. Vero è che oltre i 2.600 emendamenti presentati dalle opposizioni, martedì ne sono spuntati anche tre della Lega. Tre proposte di modifica che, si specifica dal Carroccio, come più volte richiesto dal Mef, non sono di carattere oneroso ma, in ogni caso esulano dall’accordo di maggioranza che prevedeva modifiche attraverso un maxi-emendamento concordato.

Le opposizione presentano 2600 richieste di modifica

Dei 2600 emendamenti presentati dalle opposizioni, 1103 sono a firma Pd, 945 del M5s, 330 di Alleanza Verdi e Sinistra italiana , 150 di Iv e una novantina di Azione. «Dimostreremo che non è vero quello che dice la premier Meloni, che la coperta è corta. Se la sai usare, la coperta è sufficiente, genereremo risorse», ha detto il leader dei pentastellati Giuseppe Conte che intende continuare nella sua lotta per il rifinanziamento del Reddito di cittadinanza, abolito dal governo. Così i capigruppo di centrosinistra in commissione Lavoro: «La maggioranza si confronti con noi sul merito delle proposte anziché mettere tutto nelle mani dell’esecutivo. Il nostro è un appello a liberare l’autonomia del Parlamento».

Fiorella Mannoia cambia la sua canzone: «Quando una donna dice no è no»

Fiorella Mannoia ha deciso di cambiare il finale a una delle sue canzoni più famose. Si tratta di Quello che le donne non dicono, brano diventato una sorta di manifesto generazionale e che si conclude con la frase: «Ti diremo ancora un altro sì». Una scelta che la cantante ha spiegato a Repubblica e che riguarda il momento attuale, dopo il femminicidio di Giulia Cecchettin. Fiorella Mannoia ha confessato di non essere mai stata convinta della frase finale e che durante il concerto del 22 novembre all’EuropAuditorium la canzone cambierà forma.

Mannoia: «Quando una donna dice no è no»

Fiorella Mannoia ha spiegato: «È un brano a cui sono molto legata, scritto da Enrico Ruggeri e da Luigi Schiavone e che ho portato a Sanremo nel lontano 1987… Ma ho deciso di cambiare il finale perché era giusto: dicevo sempre “Ti diremo ancora un altro sì”, ma non è mica vero. La cantavo e pensavo “non è mica detto, perché danno per scontato che dobbiamo dire un sì?”. Potrebbe essere un forse, o un no. E quando una donna dice no, con qualsiasi vestito, in qualsiasi circostanza e condizione, è no».

La cantante: «La violenza sulle donne sembra senza soluzione»

Poi ha parlato del momento attuale: «Ci si rende conto che la violenza sulle donne sembra essere una cosa che non trova soluzione, anzi pare che le cose stiano peggiorando, e oggi la rete divulga di più le notizie delle violenze e questo ci dà la dimensione del fenomeno. È una guerra e a innescarla è sempre lo stesso movente. Un uomo che non accetta la volontà di una donna. Ma a preoccuparmi è anche il fatto che alla violenza ci si abitui, per questo è fondamentale mantenere i riflettori puntati. Va abolita l’abitudine di colpevolizzare le vittime e di giustificare il carnefice. C’è ancora molto da fare, ed è un percorso che possiamo fare solo tutti insieme, perché siamo tutti vittime di stereotipi, uomini e donne. Io credo che per cambiare mentalità dovremmo cominciare a parlare nelle scuole già ai bambini delle elementari, che sono più ricettivi. Bisogna insegnare il rispetto reciproco, nei confronti delle donne, del diverso, in generale per insegnare il rispetto umano».

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