Daily Archives: 5 Novembre 2023

Blinken: «Basta violenza estremista sui palestinesi in Cisgiordania»

Il segretario di Stato statunitense Antony Blinken ha chiesto di fermare la «violenza estremista» contro i palestinesi in Cisgiordania, durante l’incontro con il presidente palestinese Abu Mazen a Ramallah. Quest’ultimo, da parte sua, ha detto che l’Autorità nazionale palestinese «si assumerà tutte le sue responsabilità» per Cisgiordania, Gerusalemme Est e Gaza nel quadro «di una soluzione politica globale», chiedendo «la sospensione immediata della guerra devastante e l’accelerazione della fornitura di aiuti umanitari, compresi medicinali, cibo, acqua, elettricità e carburante, a Gaza». L’appello rimane per il momento inascoltato, visto che continuano gli scontri (con vittime) in Cisgiordania. Così come al confine con il Libano, mentre non si fermano i raid israeliani sulla Striscia. In tutto questo il ministro della Difesa iraniano ha avvertito che gli Stati Uniti saranno «colpiti duramente» se a Gaza non ci sarà un cessate il fuoco, prontamente escluso da Benyamin Netanyahu fino a quando gli ostaggi non saranno tornati a casa.

Oltre 9.700 vittime nella Striscia. Blinken: «Basta violenza estremista sui palestinesi». Gli aggiornamenti sulla guerra.
Sfollati palestinesi (Getty Images).

Sale a 9.770 il bilancio delle vittime a Gaza

Sale a 9.770 il bilancio delle vittime a Gaza da quando Israele ha iniziato a colpire la Striscia in rappresaglia agli attacchi del 7 ottobre. Lo riferisce il ministero della Sanità di Hamas, secondo cui di questi almeno 4.800 sono minori. Per quanto riguarda il Libano, in base a un conteggio dell’Afp sono morte 76 persone, tra cui 58 combattenti di Hezbollah. Secondo le autorità sei soldati e un civile sono stati invece uccisi da parte israeliana lungo la Linea Blu di demarcazione.

Oltre 9.700 vittime nella Striscia. Blinken: «Basta violenza estremista sui palestinesi». Gli aggiornamenti sulla guerra.
Tank israeliano (Getty Images).

Il video dell’Idf: lanciarazzi di Hamas in un parco giochi

Le forze di terra israeliane che operano nel nord della Striscia di Gaza hanno localizzato lanciarazzi di Hamas in prossimità di una piscina e di un parco giochi. «Questa è un’ulteriore prova del costante utilizzo da parte dell’organizzazione terroristica Hamas della popolazione civile come scudo umano per scopi terroristici», afferma l’Idf in una nota.

Netanyahu sospende il ministro che ha parlato di bomba atomica su Gaza

Netanyahu ha sospeso da tutte le sedute del governo Amihai Eliyahu, ministro degli Affari e del Patrimonio di Gerusalemme che durante un’intervista radiofonica non ha escluso l’uso della bomba atomica sulla Striscia di Gaza, anche se ne andasse della vita dei 240 ostaggi israeliani. «Le nostre forze operano sulla base del diritto internazionale, per non colpire innocenti», ha detto il premier. Eliyahu è un dirigente del partito di estrema destra Potere Ebraico: il suo leader Itamar Ben Gvir ha commentato che «è comunque chiaro a tutti che occorre distruggere Hamas».

Khamenei e Haniyeh, incontro a Teheran

La Guida suprema dell’Iran, Ali Khamenei, ha incontrato a Teheran il capo dell’ufficio politico di Hamas, Ismail Haniyeh, assieme ad una delegazione. «La politica permanente della Repubblica islamica dell’Iran è di sostenere le forze della resistenza palestinese contro i sionisti occupanti. I crimini del regime sionista a Gaza sono direttamente sostenuto dagli Usa e da alcuni governi occidentali», ha affermato Khamenei.

L’eclissi degli intellettuali e l’urgenza di una rivoluzione culturale

“Lavoro zero reddito intero. Tutto il lavoro all’automazione”. Slogan attualissimo, peccato però che sia apparso sui muri di Bologna nel 1977 nei giorni della rivolta degli studenti universitari che mise sottosopra l’intera città. Erano molto più avanti e spiritosi gli indiani metropolitani di allora degli intellettuali e politici di oggi. Lo ricorda Franco Bifo Berardi, storico attivista e saggista, in una conversazione con il sottoscritto che si riassume in una parola: diserzione. Dei giovani soprattutto (dal lavoro e dal desiderio di fare figli), ma più colpevolmente degli uomini di cultura, dell’intellighenzia.

La classe intellettuale ha fatto la fine della classe operaia: è scomparsa

I tempi velocissimi e distruttivi che stiamo vivendo richiederebbero infatti pensieri nuovi e la mobilitazione quasi fisica di scrittori, artisti, scienziati, cineasti. Il problema però è che la classe intellettuale ha fatto la fine della classe operaia: è sparita come l’idea che compito dei filosofi, per dirla con Karl Marx, sia non di interpretare il mondo ma di cambiarlo. Per trovare una forte tensione di rinnovamento e contestazione dell’esistente, che dovrebbe essere il lievito di una cultura militante, bisogna andare indietro nel tempo. Al movimento del ‘77, appunto, ma ancor più a quello del ‘68, che pure con tutte le degenerazioni e agli eccessi – infantilismo e velleitarismo – è stato un momento di contestazione globale del sistema. “Chiedete l’impossibile”, “una risata vi seppellirà”, ”contro i baroni rossi, neri e a pois” erano slogan che manifestavano un sense of humor oggi completamente scomparso dalle piazze della protesta. Non mancavano i cattivi maestri, ora però sono scomparsi i maestri. Tant’è che se volessimo indicare intellettuali di riferimento per le diverse aree politico-cuturali oggi non sapremmo chi nominare. All’ombra della scomparsa dei maître à penser si scorge la sagoma del critico d’arte e sottosegretario Vittorio Sgarbi.

L'eclissi degli intellettuali e l'urgenza di una rivoluzione culturale
Indiani metropolitani a Milano (giallinovagabondo).

L’esperienza del Gruppo 63 e l’Olivetti

Ma se vogliamo considerare caratteristiche più interne e specialistiche in materia di lavoro culturale, nonché di opposizione alle gerarchie tradizionali, per trovare in Italia un movimento che ha prodotto un rinnovamento radicale dobbiamo risalire al Gruppo 63, da cui scaturì anche la neo avanguardia. Il gruppo di letterati e critici schierati sul fronte dei nuovi linguaggi mediali (la tv, la pubblicità, la pop art), i vari Umberto Eco, Alberto Arbasino, Angelo Guglielmi, Nanni Balestrini poi protagonisti di una stagione culturale nuova che rompeva con la tradizione del neo-realismo, e si sintonizzava con il clima e il sentimento più generale dell’Italia del boom economico. La Rai in bianco e nero era la prima industria culturale del Paese, luogo di sperimentazione, ma anche di fedeltà alla missione di servizio pubblico. Ma da ricordare, perché unica, era anche la circolazione di saperi e intellettuali fra i mondi della cultura e dell’industria. L’Olivetti e il suo profeta Adriano era il porto sicuro di scrittori e poeti (Paolo Volponi, Giovanni Giudici) che diedero vita a una cultura d’impresa capace di creare innovativi prodotti tecnologici (che competevano con IBM), ma anche imprese editoriali (Edizioni di Comunità), fabbriche avveniristiche e insediamenti abitativi modello. Della Rai come di Olivetti restano solo i marchi.

L'eclissi degli intellettuali e l'urgenza di una rivoluzione culturale
Umberto Eco (Getty Images).

L’intellò da Festival

Se la tv pubblica oggi non ha praticamente trasmissioni culturali, la tv commerciale è ovviamente peggio. Anche nella costruzione del “personaggio televisivo”, che attualmente è il prototipo, nel comune sentire, dell’uomo di cultura. Sedersi sulla poltrona di un talk è la condizione indispensabile perché uno psicologo o un filosofo diventi un personaggio da festival. Ovvero nella condizione di monetizzare la propria popolarità televisiva. Con i festival si toccano due tasti dolenti. L’imporsi di una cultura di mezzo – per citare D. MacDonald, autore del celebre e classico Masscult e Midcult – che è una parodia dell’alta cultura.
. E la formazione di compagnie di giro che vanno da un festival della filosofia o della letteratura a quello del mare o della creatività a proporre più o meno la stessa minestra. Servita però con i nomi altisonanti di lectio magistralis o master class. A pagare robusti compensi ai vari Galimberti, Cacciari, Recalcati, per fare tre nomi che sono forse fra i migliori blablatori da festival, sono le fondazioni bancarie. In questo ambito, che è perlopiù turistico, di innovazione culturale, di offerta di modelli alternativi o sperimentali nemmeno si parla. Anche perché essendo i personaggi televisivi l’ingrediente essenziale di una manifestazione che riempia le piazze o i teatri è un pubblico anziano, che come tale guarda la tv, quello che corre ad applaudire. Nei talk da piazza di giovani se ne vedono pochi, di giovanissimi nemmeno l’ombra. Ovviamente ci si dovrebbe chiedere: ma i giovani dove vanno? Nel 1968 e nel 1977 in piazza, volendo colpire al cuore del sistema. Ora invece visto che gli intellettuali vanno in tv e non più a infiammare le aule universitarie, anche i giovani sono renitenti a essere mobilitati e a mobilitarsi. Se non quando le questioni sono molto concrete. E ci sta. Però sia chiaro che se è legittima la protesta contro il caro affitti, piantando le tende in piazze, è allarmante che le questioni ideali non scaldino più menti e cuori giovanili.

L'eclissi degli intellettuali e l'urgenza di una rivoluzione culturale
Massimo Cacciari (Imagoeconomica).

La crisi dell’editoria rappresentata dal successo di Vannacci

Forse il nome Ultima generazione è un chiaro indizio di ritirata ideale e di pessimismo che non riesce più a essere dissacrante ma anche un po’ allegro. Cioè a essere giovani nello spirito. Ma ben poco allegro, per citare anche l’ultimo ma fondamentale caposaldo della cultura, è il mondo dell’editoria, dei libri e anche dei giornali. Del disastro dei giornali di carta parlano i dati diffusionali e la chiusura accelerata delle edicole. Della crisi del libro invece la crescente diffusione del self publising. Dell’auto pubblicazione che ha in Amazon il principale killer dell’industria libraria tradizionale. Il clamoroso successo del Mondo al contrario del generale Roberto Vannacci, unico best seller nazionale dell’anno, suona il de profundis per editori, editor e curatori. Tutti evidentemente incapaci in un periodo di sommovimento epocale di trasformare radicalmente il modo di produrre e vendere libri. È in un simile contesto che forse più che invocare il ritorno degli indiani metropolitani vien da rimpiangere la furia iconoclasta nei confronti di accademie e retaggi culturali che fu del futurismo e dei futuristi capitanati da Filippo Tommaso Marinetti. Ma consapevoli che stiamo parlando di più di un secolo fa. Giusto per ribadire quanto sia polverosa, vecchia e ormai insopportabile tutta la cultura nazionale.

Il sondaggio del New York Times: Trump supera Biden in 5 dei 6 Stati in bilico

A un anno esatto dalla elezioni, Joe Biden è dietro a Donald Trump in cinque dei sei più importanti stati “battleground”, ovvero in bilico tra Repubblicani e Democratici. L’attuale presidente sconta gli enormi dubbi sulla sua età e una profonda insoddisfazione per la sua gestione dell’economia, della politica estera e dell’immigrazione: è quanto emerge da un sondaggio New York Times-Siena College. Il tycoon ha un margine di vantaggio fra i 3 e 10 punti in Arizona, Georgia, Michigan, Nevada e Pennsylvania. Biden è avanti solo in Wisconsin, di 2 punti. Nei sei campi di battaglia, tutti conquistati nel 2020, l’inquilino della Casa Bianca è in media in svantaggio 44 a 48 per cento dei consensi.

In un sondaggio Trump supera Biden in 5 dei 6 Stati in bilico. Il tycoon in vantaggio in Arizona, Georgia, Michigan, Nevada e Pennsylvania.
Joe Biden (Getty Images).

La Russia ha lanciato un missile balistico intercontinentale dal nuovo sottomarino nucleare

Il Ministero della Difesa russo ha pubblicato un video che mostra un test di un missile balistico intercontinentale a capacità nucleare, lanciato dal nuovo sottomarino a propulsione nucleare di Mosca, “Imperator Alexander III”. Secondo il ministero, il lancio del missile Bulava è «avvenuto con successo»: è decollato sotto la superficie del Mar Bianco, sul lato europeo della costa artica, il razzo ha colpito il bersaglio situato nel campo di combattimento Kura, nell’estrema Kamchatcka orientale. Il 2 novembre il presidente Vladimir Putin ha firmato la legge che ritira la ratifica da parte della Russia del trattato globale che vietava i test sulle armi nucleari.

Morto il giornalista e autore televisivo Massimo Ghirelli

È morto Massimo Ghirelli, giornalista e saggista, autore e regista di programmi radio e tv. Ne dà notizia il figlio Parvis, anche lui giornalista: «Se ne è andato con gentilezza, senza disturbare, con l’eleganza e l’accortezza che l’hanno sempre contraddistinto, rendendolo un punto di riferimento ed esempio per amici, colleghi, alunni e conoscenti. Una vita ricca di amore, curiosità, generosità, con al centro la continua ricerca del dialogo e di scambi culturali ed emotivi».

Ideò Nonsolonero, rubrica andata in onda dal 1988 al 1994

Nato a Milano nel 1946, Ghirelli ha ideato e realizzato per sei anni (dal 1988 al 1994) la trasmissione Nonsolonero, rubrica del Tg2 e prima in Italia su immigrazione e razzismo (Premio Mandela 1991). Dal 1985 al 2013 è stato Esperto prima nel Fai (Fondo Aiuti Italiani), e poi presso la direzione generale per la Cooperazione allo Sviluppo del ministero degli Esteri. Consulente per l’informazione di organizzazioni internazionali e di numerose Ong, è stato per 27 anni nel direttivo del Consiglio Italiano per i Rifugiati.

La carriera da giornalista e da docente universitario

Come giornalista ha diretto le riviste Replay e Caffè, ha fondato l’agenzia Migra e ha collaborato a numerose testate nazionali, tra cui La Repubblica (come critico cinematografico) e il Manifesto. Autore di un centinaio di saggi e una decina di libri, tra cui Immigrati brava gente e L’antenna e il baobab, ha insegnato all’università di Algeri (1974-76), tenendo inoltre corsi, master, seminari e conferenze in molte università italiane come La Sapienza di Roma. Dall’autunno 2014, il dipartimento di Studi umanistici dell’Università di Roma Tre assegnato a Ghirelli l’insegnamento di Cooperazione internazionale, poi assegnato dal 2015 al 2021 anche l’insegnamento di Politica internazionale e delle migrazioni. Nel 2022 è stato docente dell’insegnamento magistrale di Storia e Politiche della Cooperazione Internazionale e nel 2023 del corso magistrale di Cooperazione Internazionale.

Attraversa i binari ma cade, muore travolto da un treno

Prima la corsa per attraversare i binari, poi, una volta in salvo sulla banchina ha perso l’equilibrio ed è finito sotto un treno. È morto così alla stazione ferroviaria di Pieve Emanuele e sotto gli occhi di un amico, un uomo di 32 anni, originario dell’Ecuador e residente a Vidigulfo, in provincia di Pavia.

La tragedia è avvenuta attorno a mezzanotte e mezza

Dagli accertamenti effettuati pare che i due, attorno a mezzanotte e mezza, abbiano attraversato imprudentemente i binari. Dopo aver raggiunto la banchina, il 32enne avrebbe perso l’equilibrio finendo sotto il treno Milano-Voghera di Trenord che stava passando in quel momento. Nonostante l’immediato intervento dei soccorsi, per lui non c’è stato nulla da fare. Illeso invece l’amico, sotto choc per aver assistito alla tragedia.

Chi è Shin Won-sik, il ministro della Difesa e super-falco della Corea del Sud

Negli stessi giorni in cui Pyongyang effettuava i suoi ennesimi test missilistici e Kim Jong-un incontrava Vladimir Putin in Russia, in Corea del Sud erano in corso importanti rimpasti di governo. Il presidente Yoon Suk-yeol ha infatti sostituito i ministri della Difesa, della Cultura e dell’Uguaglianza di genere, dopo aver cambiato a giugno il titolare dell’Unificazione e ad agosto quello dell’Industria. Il profilo più controverso tra i nuovi arrivati è senza ombra di dubbio quello di Shin Won-sik, il super falco che si è ritrovato a guidare la Difesa di Seul in un momento delicatissimo. E non solo per il sempre più preoccupante dinamismo militare di Kim, ma anche per altri dossier scottanti che inquietano il governo sudcoreano tra cui la pressione dell’alleato Usa nell’Indo-Pacifico e le storiche rivendicazioni con il Giappone. Oltre alle crisi globali, dall’Ucraina a quella mediorientale.

Chi è Shin Won-sik, il ministro della Difesa e super-falco della Corea del Sud
Shin Won-sik, ministro della Difesa sudcoreano (Ansa).

Chi è Shin Won-sik, il super falco di Seul

Lo staff di Yoon ritiene che Shin, 65 anni, sia la persona giusta per fronteggiare le minacce del vicino. Ma chi è l’uomo scelto dall’alto per dirigere il ministero della Difesa? Innanzitutto è un deputato del Partito del Potere Popolare (PPP), lo stesso dell’attuale presidente, nonché tenente generale dell’esercito in pensione. Nel corso della sua carriera, ha prestato servizio militare per 35 anni e ricoperto incarichi ai vertici della Difesa dove è stato direttore dell’Ufficio di pianificazione politica e vicepresidente e del Joint Chiefs of Staff organismo che raggruppa i capi di ogni ramo principale delle forze armate dell’esercito. Si è ritirato dalle forze armate nel 2016 e ricopre oggi il ruolo di segretario della Commissione di difesa nazionale del PPP. Shin, laureato all’Accademia militare coreana con un dottorato in amministrazione aziendale presso la Kookmin University, è noto in patria per la sua esperienza nella strategia di difesa ed è apprezzato come comunicatore. A giudicare dai primi interventi non teme la reazione della Corea del Nord, anche se ogni parola fuori posto rischia, in questa fase, di generare una reazione di Kim.

Chi è Shin Won-sik, il ministro della Difesa e super-falco della Corea del Sud
Kim Jong-un alla tv nordcoreana (Getty Images).

Il pugno duro contro Pyongyang

Appena entrato in carica, Shin ha mostrato di avere le idee chiarissime su come gestire la principale minaccia nazionale, cioè la Corea del Nord. «In caso di provocazioni, prenderò iniziative immediatamente, vigorosamente, per sbriciolare la volontà del nemico e la sua capacità di fare ulteriori minacce», ha dichiarato dopo aver prestato giuramento. Ha inoltre fatto sapere di voler rafforzare la cooperazione militare con gli Stati Uniti, infischiandosene degli avvertimenti inviati dai nordcoreani di «cessare ogni provocazione». Tra cui Pyongyang annovera anche le esercitazioni congiunte Usa-Corea del Sud che il neo ministro intende intensificare, puntando a combinare le capacità nucleari statunitensi con quelle convenzionali a disposizione di Seul. «La punizione è il contenimento, e il contenimento è la pace», ha sottolineato Shin, lasciando intendere di voler attuare il pugno durissimo contro Kim Jong-un e compagni. Shin ha inaugurato il suo mandato visitando una divisione militare nella provincia di Gyeonggi, non distante dalla Zona Demilitarizzata, e cioè il confine che separa le due Coree, ancora tecnicamente in guerra tra loro. In divisa, ha spiegato ai soldati e agli alti ufficiali cosa fare in caso di provocazioni da parte del Nord. «Se il nemico mette in atto provocazioni militari, per prima cosa punitelo immediatamente. In secondo luogo, punitelo severamente. In terzo luogo, punitelo fino alla fine», ha tuonato il ministro. Il falco di Seul ha dunque inaugurato il nuovo approccio sudcoreano nei confronti del Nord: niente più comprensione e diplomazia, come ai tempi della precedente amministrazione presieduta da Moon Jae-in. Al contrario, Shin intende sradicare la minaccia nordcoreana una volta per tutte, perché ha sottolineato, «la convinzione che la nostra buona volontà possa trasformare la Corea del Nord si è rivelata mera fantasia».

Perché si scioglie la Bobo tv? Cosa c’è dietro la separazione tra Vieri, Adani, Cassano e Ventola

Tutto il Paese ne parla ma senza aver capito di cosa. È un mistero glorioso quello che circonda fin dalla nascita la Bobo tv. E gli enigmi raggiungono la sublimazione in queste ore che hanno visto celebrare il grande colpo di scena: l’uomo solo che si riprende il comando e dice che cambierà il mondo, perché in fondo non c’è altro mondo fuori dal suo streaming. E poiché nel suo streaming comanda solo lui, che gli altri si facciano da parte nonostante abbiano contribuito a edificare questa nuova forma di Commedia dell’Arte. E intorno a tutto ciò si addensano gli interrogativi. Cosa è successo? Quali sono i motivi della rottura? Staranno facendo sul serio o è soltanto una pantomima? Ma soprattutto: perché da due giorni questa storia cattura l’attenzione dei media?

Una trovata mediatica per richiamare altra attenzione?

Prima di andare avanti va precisato che scartiamo l’ultimo interrogativo, perché se si provasse a dargli risposta potremmo benissimo fermarci qui. Proseguiamo allora come se stessimo parlando di una cosa seria e prendendo in considerazione gli altri interrogativi. Partiamo dunque dal chiederci se Christian “Bobo” Vieri e gli altri tre (Daniele Adani, Antonio Cassano e Nicola Ventola) stiano facendo sul serio, o se viceversa si tratti di una trovata mediatica per richiamare un altro po’ di attenzione sul baraccone della Bobo tv. Allo stato delle cose e fino a prova contraria dobbiamo dare per buono che la banda si sciolga qui. Se poi fra qualche giorno o settimana dovesse arrivare il contrordine, avremmo nulla più che l’ennesima conferma di quale sia lo spessore di questa combriccola e dei singoli che la compongono. Ma non succederà.

Cosa c'è dietro la fine della Bobo tv e la rottura tra Vieri, Adani, Cassano e Ventola
Bobo Vieri con Antonio Cassano (Getty).

Che giro economico movimenta la Bobo tv, e quanto ne hanno beneficiato gli altri tre?

Non è nemmeno facile rispondere alle domande su cosa sia successo e quali siano i motivi della rottura, né su chi abbia mollato chi. Le indiscrezioni che circolano sono accomunate da vaghezza. Si parla di uno scherzo fatto da Cassano (e conoscendo lo stile del personaggio non vogliamo nemmeno immaginare) che non sarebbe stato gradito dal padrone di casa. Si aggiunge che lo stesso Cassano e Adani abbiano deciso di salutare la compagnia, con Ventola che si sarebbe sganciato per ultimo. Altre versioni invece parlano di una decisione presa da Vieri, che adesso vagheggia nuovi format. Ovviamente non poteva mancare il tema del vil denaro e su questo magari potrebbe essere lo stesso Vieri a fare chiarezza: che giro economico movimenta la Bobo tv, e quanto ne hanno beneficiato gli altri tre della banda?

L’immancabile “scoop” di Corona e l’intervista a Ventola

In mezzo a tutto ciò s’inserisce l’immancabile Fabrizio Corona, che confeziona il solito “scoop” affermando che lui l’aveva detto (ma senza specificare cosa avesse detto) e caricando su Instagram una “intervista” a Nicola Ventola durante la quale l’ex attaccante dell’Inter dice nulla di nulla. Che poi il nulla di nulla è l’esatta cifra dell’intera storia, dall’alba della Bobo tv alla rottura fra il padrone di casa e i tre ospiti diventati troppo protagonisti. E forse sta proprio in quest’ultimo aspetto il punto di rottura.

Con l’inatteso ritorno di notorietà sono arrivati anche gli spot

Grazie alla Bobo tv i quattro moschettieri che l’hanno animata si sono visti regalare un inatteso ritorno di notorietà. Certamente Bobo Vieri, che si è accreditato come inventore di un format di successo e grazie a questo è diventato un ambito ospite televisivo e un ricercato testimonial pubblicitario. L’ultima campagna pubblicitaria, che lo vede impegnato giusto in queste settimane, riguarda la lotta alla pirateria televisiva da cui il calcio è costantemente è minacciato. E certo, vedere Bobo Vieri che presta la faccia a una campagna contro la pirateria rischia di risvegliare il Jack Sparrow che si annida dentro ognuno di noi, ma questo è un altro discorso. Merita invece sottolineare che anche altri componenti della banda sono diventati personaggi da spot. Da mesi imperversa Adani, che da un po’ di tempo a questa parte si è portato dietro un Nicola Ventola in versione tamarro da calcio-balilla. Rimane fuori dagli spot Antonio Cassano perché davvero sarebbe improponibile. Ma anche lui si è ritagliato uno spazio pubblico non indifferente, soprattutto in occasione della litigata a distanza con José Mourinho.

«Uno per tutti e tutto per uno»: il problema sono i dividendi (non) incassati?

Forse tutti quanti erano diventati troppo autonomi, incassando personalmente un dividendo di notorietà che avevano maturato grazie alla Bobo tv. E se si parla di dividendi da incassare si torna al punto di prima: ok la gloria per tutti, ma sarà mica che per quella banda valesse il motto propugnato dal Numero Uno del Gruppo TNT, cioè «uno per tutti e tutto per uno»? Magari prima o poi uno dei quattro salterà fuori a dire la verità, anziché mandare messaggi trasversali con immagini del Ciro Di Marzio di Gomorra. Nel frattempo, chi proprio si lasciasse appassionare da tutto ciò dovrà rimanere impigliato negli interrogativi attorno ai quali abbiamo ragionato. La Boh boh tv.

Elon Musk lancia l’intelligenza artificiale Grok

Elon Musk lancia Grok, intelligenza artificiale che sviluppata dalla start-up xAI punta a detronizzare ChatGPT. Lo strumento, come ha spiegato il magnate, comincerà a funzionare per «un gruppo selezionato» di utenti del social X, ex Twitter. Non appena xAI farà uscire la versione beta, ha detto Musk, «il sistema Grok sarà disponibile per tutti gli abbonati Premium+ di X» al prezzo di 16 dollari al mese. «Grok ha accesso in tempo reale alle informazioni tramite la piattaforma X, il che è un enorme vantaggio rispetto ad altri modelli», ha aggiunto il patron di Tesla e SpaceX.

Musk era stato tra i fondatori di OpenAI

La start-up xAI creata da Musk ha arruolato ex dipendenti di DeepMind, OpenAI, Google Research, Microsoft Research, Tesla e Università di Toronto, con “regia” affidata a Dan Hendrycks, direttore del Center for AI Safety, organizzazione non profit di ricerca sull’intelligenza artificiale che da tempo collabora con X. Per Musk il lancio di Grok rappresenta una rivincita, visto che il miliardario nel 2015 era stato tra i fondatori di OpenAI, ovvero la società che poi ha lanciato ChatGPT, abbandonata nel 2018 dopo divergenze con gli altri partner Sam Altman e Ilya Sutskever.

Maltempo, allerta arancione in cinque Regioni

Il maltempo non molla l’Italia. Per la giornata del 5 novembre è stata infatti valutata allerta arancione su buona parte dell’Emilia-Romagna, sull’Alta Toscana e su alcuni settori di Friuli Venezia-Giulia, Veneto e Liguria. Allerta gialla sulla Provincia Autonoma di Bolzano, su Umbria, Marche, Lazio, Campania e su alcuni settori di Lombardia, Veneto, Friuli Venezia-Giulia, Liguria, Emilia-Romagna, Toscana, Abruzzo, Molise, Basilicata e Calabria. Le precipitazioni saranno accompagnate da forti raffiche di vento.

In Toscana esonda ancora il torrente Stella

Nel corso della notte c’è stata una nuova rottura del torrente Stella a Quarrata, comune del Pistoiese tra quelli colpiti dalle esondazioni del 2 novembre. Le piogge «hanno fatto alzare i livelli dei bacini con terreni già saturi», ha spiegato sui social il governatore Eugenio Giani. Per i timori legati alla nuova allerta arancione per il maltempo in Toscana, nella serata del 4 novembre erano state disposte evacuazioni preventive di 1.200 persone a Montemurlo, Montale e Prato, in corrispondenza delle rotture dei torrenti Agna e Bagnolo.

Maltempo, allerta arancione in cinque Regioni. Le precipitazioni saranno accompagnate da forti raffiche di vento.
Intervento dei militari in Toscana (Ansa).

A Milano crolla un albero in centro, disagi in Liguria

A causa della pioggia torrenziale, nella notte a Milano un albero si è sradicato ed è crollato su un pullman di turisti polacchi posteggiato in via Manin. Fortunatamente nessuno era a bordo. Disagi poi in Liguria, dove le forti piogge e il vento hanno provocato frane, allagamenti e cadute di alberi. A Chiavari e Rapallo sono stati fatti decine di interventi per la furia del vento che ha raggiunto sulle alture i 150 km orari e per allagamenti determinati dalla concomitanza della mareggiata e della piena dei torrenti. Sorvegliato speciale il fiume Entella, che poco dopo la mezzanotte ha raggiunto il picco della piena esondando alla foce. Il vento ha scoperchiato una casa a Chiavari e fatto crollare decine di alberi in comune di Borzonasca e di Carasco. Allagamenti si sono registrati anche a Recco e Rapallo.

Maltempo, allerta arancione in cinque Regioni. Le precipitazioni saranno accompagnate da forti raffiche di vento.
Mare grosso nel golfo di Napoli (Ansa).

In Campania disagi nei collegamenti per Ischia e Procida

Il forte vento di libeccio, con punte anche di 40 nodi, sta provocando grandi difficoltà nei collegamenti marittimi nel golfo di Napoli. Disagi in particolare sulle linee per Ischia e Procida, con numerose corse cancellate per il maltempo. Sospese tutte le linee dei mezzi veloci, sia dal Molo Beverello che da Pozzuoli. A causa del mare agitato sono stati cancellati anche numerosi collegamenti effettuati dalle navi, che restano ai porti con gli ormeggi rinforzati. La regolarità dei servizi di collegamento resta incerta per il resto della giornata.

Amburgo, padre rapisce la figlia e fa irruzione in auto sulla pista dell’aeroporto

Sono sospese a tempo indeterminato le operazioni di volo nell’aeroporto di Amburgo: un uomo armato e di origini turche nella serata del 4 novembre ha violato il perimetro di sicurezza dello scalo ed è entrato in auto sulla pista, tenendo in ostaggio la figlia di quattro anni.

Amburgo, padre rapisce la figlia e fa irruzione in auto sulla pista dell’aeroporto. Lo scalo è stato evacuato e chiuso.
Task force della polizia all’aeroporto di Amburgo (Getty Images).

Chiede di essere portato in Turchia con la figlia

Poco dopo le 20 l’uomo è stato avvistato dalle forze di sicurezza all’aeroporto Helmut Schmidt di Amburgo alla guida di un’Audi senza targa davanti al Terminal 1. Dopo essersi allontanato a tutta velocità, ha sfondato il cancello nord con l’auto, dirigendosi verso gli aerei sul piazzale e si è fermato accanto a un aereo passeggeri della Turkish Airlines. Durante l’irruzione ha sparato due volte in aria e lanciato due molotov, esplose senza però causare danni. L’automobile è ancora ferma lì: l’uomo, 35 anni, chiede di essere portato in Turchia con la bambina.

Amburgo, padre rapisce la figlia e fa irruzione in auto sulla pista dell’aeroporto. Lo scalo è stato evacuato e chiuso.
L’aereo della Turkish Airlines fermo in pista e, dietro, l’auto del 35enne (Getty Images).

Per la polizia la situazione è «ancora statica»

Sullo sfondo, ha reso noto la polizia di Amburgo, ci sarebbe una disputa per la custodia della minore: la moglie dell’uomo, residente in Bassa Sassonia, aveva precedentemente contattato la polizia denunciando la sottrazione di minorenne. L’aereo è stato evacuato, così come l’intero scalo. Dopo aver negoziato con l’uomo tutta la notte, alle 6.40 del mattino la polizia ha definito la situazione «ancora statica».

Raid su un altro campo profughi a Gaza, almeno 45 morti

Almeno 45 persone sono state uccise e decine sono rimaste ferite in un attacco aereo notturno dell’esercito israeliano al campo profughi di Maghazi, nel centro della Striscia di Gaza, dove continuano a piovere missili. Dalle inizio delle operazioni «sono stati oltre 2.500 gli obiettivi terroristici colpiti» in attacchi via terra, via mare e dal cielo, fa sapere l’Idf, puntando il dito contro Hamas che «impedisce ai civili di mettersi in salvo nel sud di Gaza», mentre «si nasconde nella sua intricata rete di tunnel del terrore».

Sono 1,5 milioni i palestinesi sfollati nella Striscia

Circa 1,5 milioni di palestinesi sono sfollati all’interno della Striscia di Gaza, secondo un documento dell’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari. Le Forze di difesa israeliane hanno annunciato che permetteranno ai residenti di Gaza di evacuare lungo strade specifiche, nonostante le truppe siano finite sotto il fuoco il 4 novembre mentre cercavano di garantire un corridoio sicuro per i civili. La via principale per l’evacuazione sarà la Salah al-Din, con una finestra tra le ore 10 e 14 locali.

Raid su un altro campo profughi nella Striscia di Gaza, più di 50 morti. Gli aggiornamenti sulla guerra tra Hamas e Israele.
Un miliziano palestinese in un tunnel di Gaza (Ansa).

Antony Blinken incontra Abu Mazen in Cisgiordania

Il segretario di Stato Usa Antony Blinken si sta recando a Ramallah per incontrare il presidente palestinese Abu Mazen. Lo riporta Haaretz. Si tratta del primo viaggio del capo della diplomazia Usa in Cisgiordania (dove due palestinesi sono stati uccisi dall’Idf ad Abu Dis) dallo scoppio della guerra tra Israele e Hamas. Intanto il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha lasciato capire che ci sono progressi nel raggiungimento di una pausa umanitaria nella guerra a Gaza. Lo ha dichiarato ai giornalisti uscendo da una messa nel Delaware. A un reporter che gli ha fatto la domanda in merito, il presidente ha risposto “sì”, facendo il gesto del pollice su di approvazione.

Raid su un altro campo profughi nella Striscia di Gaza, più di 50 morti. Gli aggiornamenti sulla guerra tra Hamas e Israele.
Benjamin Netanyahu (Ansa).

Il premier Benjamin Netanyahu contestato a Gerusalemme

«Arriveremo ai vertici di Hamas, arriveremo ed elimineremo Yihia Sinwar. E dico agli abitanti di Gaza: se voi arriverete a lui prima di noi, la guerra si accorcerà». Lo ha detto il ministro israeliano della difesa Yoav Gallant in una conferenza stampa al ministero della Difesa israeliano. Cresce intanto il malcontento nei confronti di Benjamin Netanyahu: manifestanti si sono riuniti per protestare davanti la residenza ufficiale a Gerusalemme del premier, chiedendo le sue dimissioni per quanto accaduto il 7 ottobre.

Non solo gli Stones, i big della musica che battono il tempo

Il mondo intero sembra essersi stupito della vitalità che gli ottuagenari Rolling Stones hanno saputo tirare fuori nella loro ultima fatica discografica, Hackney Diamonds, uscito pochi giorni fa. La prova provata che il rock è vivo e vegeto, e con loro Mick, Keith e soci, assai più arzilli di quanto l’anagrafe e una vita non esattamente nei canoni del salutismo avrebbe potuto far prevedere.

Non solo gli Stones, i big della musica che battono il tempo
I Rolling Stones (Getty Images).

Dai Depeche Mode agli U2, le vecchie glorie che non mollano

In realtà sembra che il rock, o comunque lo stare sopra un palco a suonare e cantare, sia qualcosa di molto simile all’elisir di lunga vita, o quantomeno qualcosa in grado di tenere lontano cadute di spirito e di fisico. Perché a guardare un po’ quel che succede nel mondo in giro per stadi, palasport e arene più o meno grandi, sembra proprio che ci sia una sorta di super-potere di cui molti rockettari sono in possesso: la capacità di andare contro il tempo, non dico ringiovanendosi come il Benjamin Button dell’omonimo film, ma sicuramente procedendo anno dopo anno con energie che solitamente sfuggono di mano ai loro coetanei. Questo ovvio vale per chi a quella vita non esattamente salutista è sopravvissuto, perché come noto molti sono i rockettari caduti sul campo. Ma di fatto, a fianco dei già citati Rolling Stones, tanti sono gli artisti impegnati in tour mondiali che, sulla carta, sfiancherebbero anche un ventenne. Pensate ai Depeche Mode, rimasti in due dopo la morte di Andy Fletcher, sono ripartiti e non sembrano intenzionati a fermarsi, verso l’orizzonte e oltre, come Buzz. O i Duran Duran. Pensate a Bruce Springsteen, che dopo aver annullato alcune tappe del suo ultimo tour mondiale è già lì che scalpita, l’estate prossima potremo vederlo in due date a San Siro incastrate tra centinaia di altre date in giro per il mondo. Pensate a Bob Dylan, il cui tour è tecnicamente iniziato a metà degli Anni 60 e che non ha mai lasciato troppi mesi tra un concerto e l’altro, figuriamoci se può fare eccezione il 2023 o il 2024. O pensate agli U2, che sono partiti per un mese di residency allo Sphere di Las Vegas e ci hanno preso talmente gusto da aver già raddoppiato la posta, nel mentre tirando fuori anche una versione ambient di Achtung Baby, che lì in Nevada stanno proponendo in una sorta di celebrazione per il trentennale saltata nel 2021 causa Covid.

Direttamente dagli Anni 90 i The Corrs e le boyband, dai Blue alla reunion degli Nsync

Alla lista si aggiungono i The Corrs, band irlandese che ha intrapreso il periplo del mondo andando a riproporre una musica che negli Anni 90 andava per la maggiore, e che oggi, evidentemente, continua a incontrare il plauso del pubblico pagante. Pubblico pagante che ha bruciato nel giro di poche ore anche i biglietti del tour di reunion dei Blue, boyband attiva nello stesso periodo, così come quella dei Backstreet Boys, idem, e anche degli Nsync di Justin Timberlake tornati insieme dopo quasi 20 anni con il singolo Better Place.

Non solo gli Stones, i big della musica che battono il tempo
Gli Nsync: Joey Fatone, Lance Bass, Justin Timberlake, JC Chasez e Chris Kirkpatrick (Getty Images).

Roger Waters e Paul McCartney, fresco di Now and Then, ancora in pista

Si può continuare con Roger Waters, ormai in giro in una sorta di neverending tour di dylaniana memoria, così come per Paul McCartney, che superati gli 80 e perso un tour causa Covid, è di nuovo in pista, fresco anche della pubblicazione del discutibile singolo Now and Then, uscito a nome Beatles e inciso con l’ausilio dell’Ia.

Boomer a chi?

Anzi, a dirla tutta, visto che in giro ci sono anche altre vecchie glorie, dai Beach Boys, in tour insieme con i Chicago, ai Grateful Dead, in giro per Usa e Canada come loro abitudine, dai Jefferson Starship, in sostanza quel che resta dei Jefferson Airplane, idem, ai Jethro Tull di Ian Anderson, e ai Deep Purple (assenti giustificati i quasi 80enni Aerosmith, a causa degli acciacchi di Steven Tyler), sembrerebbe quasi di essere stati proiettati attraverso una macchina del tempo, tipo il Tardis di Doctor Who, nel passato, come se di colpo dovessimo aspettare trepidanti il cartellone del prossimo Festival dell’Isola di Wight o di Monterey. Certo, ovviamente si sono persi alcuni personaggi, nessuna delle band in questione può vantare la formazione originale, a causa di defezioni e morti, neanche gli stessi U2 sono al completo con Larry Mullen Jr momentaneamente fuorigioco a causa di un malanno, ma i nomi che campeggiano sui manifesti fuori da stadi, arene e palasport sono sempre quelli, tenuti in vita dai superstiti che non hanno alcuna intenzione di mollare. Anche perché le aspettative di vita si stanno allungando, cambiamenti climatici permettendo, e il numero di persone che possano aver piacere di assistere al concerto di una vecchia gloria si fanno sempre maggiori di quelli che vogliono andare a vedere l’ultimo trapper del momento, ragazzini che presumibilmente ancora non lavorano e faticherebbero a permettersi biglietti sempre più costosi. Quindi bando alle creme antirughe, il rock è il solo rimedio alla decadenza fisica dovuta all’età, e a dirla tutta anche all’ageismo, perché di fronte a un 80enne che canta e balla come un pazzo sul palco nessuno potrà mai dire una frase come «Ok, boomer!» senza correre il rischio di finire sommerso dalle risate degli altri vecchietti presenti.

La Cop28, gli obiettivi lontani dell’Accordo di Parigi e la direzione contraria dell’Italia

I target climatici potrebbero essere irraggiungibili. Se è vero che il nostro approccio all’energia si sta rivoluzionando – guidato da una crescente consapevolezza dell’impatto ambientale dei combustibili fossili e dalla necessità di una transizione verso fonti di energia più sostenibili – i dati, per la verità, non sono incoraggianti: nel presente e in prospettiva futura, la domanda di combustibili è talmente elevata da risultare molto distante dal traguardo fissato dall’Accordo di Parigi, ossia limitare al di sotto di +2 gradi Celsius il riscaldamento medio globale, puntando a un aumento massimo di 1,5 °C.

Mantenere la curva sulla soglia del +1,5 °C è possibile, ma sempre più difficile

A delineare il quadro non incoraggiante è stato il World Energy Outlook 2023 – cioè l’indagine condotta dall’Agenzia internazionale dell’energia (Aie) e pubblicata ogni anno dal 1998 – che fornisce analisi e approfondimenti strategici su diversi aspetti del sistema energetico globale. In un contesto di tensioni geopolitiche e mercati energetici fragili, il rapporto esplora come i cambiamenti strutturali nelle economie e nell’uso dell’energia stanno cambiando le modalità con cui il Pianeta soddisfa la crescente domanda di energia. Secondo il rapporto, mantenere la curva delle emissioni sulla soglia del +1,5 °C è possibile, ma sempre più difficile: stando a uno studio dell’Onu, le temperature sono avviate verso la crescita di 2,4 °C in questo secolo.

La Cop28, gli obiettivi lontani dell’Accordo di Parigi e la direzione contraria dell'Italia
Allagamenti nel Regno Unito per eventi climatici estremi (Getty).

Eventi meteorologici estremi mettono a rischio il sistema energetico

Secondo la ricerca, «questo rischia non solo di peggiorare gli impatti sul clima dopo un anno di caldo record, ma anche di minare la sicurezza del sistema energetico, costruito per un mondo più fresco e con meno eventi meteorologici estremi». Complessivamente, secondo quanto emerso dall’indagine dell’Aie, servono misure più incisive per riportare il nostro Pianeta su una traiettoria sostenibile e affrontare il crescente problema del riscaldamento globale. Questa sfida, del resto, sta ormai diventando un tema centrale nei dibattiti politici, economici e sociali, e richiede oggi azioni decisive.

L’obiettivo Ue: raggiungere la neutralità climatica entro il 2050

Lo studio sulle prospettive mondiali anticipa i temi della Cop28, la Conferenza sul clima in programma a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, da giovedì 30 novembre a martedì 12 dicembre 2023. L’intenzione complessiva dell’Unione europea va nella direzione giusta; gli Stati infatti concordano sulla necessità di aggiornare le strategie allo scopo di abbattere le emissioni di gas serra. A questo proposito, il riferimento principale è al pacchetto Fit for 55, che garantisce di ridurre le emissioni di almeno il 55 per cento entro il 2030, nell’ottica di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050.

La Cop28, gli obiettivi lontani dell’Accordo di Parigi e la direzione contraria dell'Italia
Teresa Ribera Rodríguez, ministra per la Transizione ecologica e la sfida demografica del governo spagnolo Sanchez II (Getty).

Come ha sottolineato Teresa Ribera Rodríguez, ministra per la Transizione ecologica e la sfida demografica del governo spagnolo Sanchez II, «l’Ue è il leader globale nell’azione per il clima. A Dubai saremo in prima linea nei negoziati per dimostrare il massimo impegno europeo nei confronti della transizione verde e per incoraggiare i nostri partner a seguire questo esempio. L’Ue è una forza trainante per il cambiamento e dobbiamo parlare con una sola voce nel mondo. Non possiamo semplicemente usare le difficoltà come scusa per tornare alla situazione precedente all’Accordo di Parigi».

Alla guida della decarbonizzazione ci sarà il petroliere Sultan al Jaber…

Le intenzioni ci sono, ma il difficile è trasformarle in fatti concreti, in particolare nel breve-medio periodo. Guardando all’intero quadro, infatti, ci sono altri aspetti da tenere in considerazione, per esempio le polemiche sollevate proprio sul luogo dove si tiene la 28esima conferenza delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici: alla guida della decarbonizzazione ci sarà Sultan al Jaber, capo della principale compagnia petrolifera del Paese, l’Abu Dhabi National Oil Company. Viene da chiedersi: è possibile che un petroliere guidi la lotta ai principali responsabili delle emissioni di gas serra?

La Cop28, gli obiettivi lontani dell’Accordo di Parigi e la direzione contraria dell'Italia
Sultan al Jaber (Getty).

Cop28 sotto accusa anche per le condizioni dei lavoratori

Oltre a questo, secondo quanto emerso dall’ultimo report dell’organizzazione per la ricerca e la difesa dei diritti umani Fair Square, la situazione dei lavoratori che sgobbano per l’evento è pessima: gli operai sono stati costretti a lavorare all’aperto nei luoghi della Cop28, durante picchi di temperature arrivati anche ai 42 gradi, violando una legge degli Emirati Arabi che vieta di lavorare durante le ore più calde della giornata. Ma mancano sempre meno giorni alla conferenza, dunque bisogna affrettarsi.

Cinque pilastri per mantenere la rotta dell’Accordo di Parigi

Tornando al rapporto, l’Aie propone una strategia che è costituita da cinque pilastri per riprendere la direzione indicata dall’Accordo di Parigi: triplicare la capacità globale di energia rinnovabile; raddoppiare il tasso di miglioramento dell’efficienza energetica; ridurre del 75 per cento le emissioni di metano legate ai combustibili fossili e prevedere investimenti per triplicare i finanziamenti nel settore dell’energia pulita (soprattutto nell’ambito delle economie emergenti e in via di sviluppo); stabilire norme e scadenze che portino a un graduale abbattimento dell’utilizzo dei combustibili fossili, evitando l’utilizzo di centrali elettriche a carbone.

La Cop28, gli obiettivi lontani dell’Accordo di Parigi e la direzione contraria dell'Italia
L’obiettivo di stare sotto l’aumento della temperatura globale di 2 gradi è lontano dall’essere raggiunto (Getty).

L’Italia però è al secondo posto per finanziamento di progetti fossili…

In questo scenario, come si posiziona l’Italia? Stando alla classifica di Oil Change International, è in seconda posizione per finanziamento di progetti fossili con sussidi pubblici, solo dopo gli Stati Uniti d’America; da gennaio 2023 a oggi ha elargito in questo senso oltre 1,2 miliardi di dollari, pari a 1,12 miliardi di euro. Una linea che appare chiaramente in contraddizione con gli obiettivi stabiliti dall’Accordo di Parigi, soprattutto per quanto riguarda il limite di riscaldamento globale di +1,5-2°C.

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