Che quella dell’isolamento della Russia e di Vladimir Putin a livello internazionale sia una favola a cui credono ancora pochi irriducibili, nemmeno all’interno delle cancellerie occidentali ma più che altro nei media troppo ingenui o troppo servizievoli, è sotto gli occhi di chiunque. Nonostante una dozzina di pacchetti sanzionatori da parte dell’Unione Europea e analoghi provvedimenti restrittivi dai Paesi del G7, il tutto diretto dagli Stati Uniti, il Cremlino continua a perseguire la stessa strategia in Ucraina, non mutandola di un millimetro, e ormai dialoga affabilmente con tutto il resto del mondo, dalla Cina all’India, passando per l’Africa, il Grande Sud e naturalmente il Medio Oriente, con la guerra tra Israele e Hamas che sta rischiando di far esplodere un conflitto molto più ampio e pericoloso di quello tra Mosca e Kyiv.
Nella ridefinizione dei rapporti internazionali, Putin ha trovato un appoggio nella Turchia
La Russia ha dovuto ridefinire i rapporti internazionali a partire da una decina d’anni, dopo la crisi ucraina del 2013-2014 sfociata nel cambio di regime a Kyiv, nell’annessione della Crimea e nella prima guerra del Donbass. E Vladimir Putin ha trovato un punto d’appoggio proprio in un Paese membro della Nato che in Medio Oriente occupa una posizione strategica, la Turchia. Tra il presidente russo e quello turco vi è affinità nell’approccio autocratico al governo e nel pragmatismo che è essenziale nelle relazioni internazionali, così che il Cremlino e Recep Tayyp Erdogan si trovano spesso e volentieri dalla stessa parte del tavolo da buoni partner, e non agli opposti come nemici giurati. Con Stati Uniti e Unione Europea a fare da spettatori in un teatro in cui Ankara suona la propria musica senza badare a quelle che in Occidente sono percepite stonature contro le quali nulla si può.
Il conflitto in Ucraina e la guerra tra Israele e Hamas hanno avvicinato Ankara e Mosca
L’invasione dell’Ucraina ha paradossalmente quindi avvicinato ancor di più Mosca ed Ankara, che fa esercizi di ottimo equilibrismo perseguendo i propri interessi nazionali e rifiutando di seguire pedissequamente la linea che Washington ha imposto senza troppi problemi a Bruxelles. Così Erdogan si è fatto un baffo delle sanzioni comminate alla Russia e ha continuato a fare affari con Putin, tanto che lo scambio commerciale tra i due Paesi è salito già dell’80 per cento nel 2022, per un valore di oltre 60 miliardi di dollari, e quest’anno il volume totale sarà ancora maggiore: da una parte c’è il settore trainante dell’energia, dal nucleare al gas e al petrolio, dall’altro quelle delle costruzioni e anche del turismo, facilitato appunto dal fatto che la Turchia è aperta ai turisti russi che non hanno bisogno del visto. La guerra in Israele e nei territori palestinesi ha avvicinato ancor di più i due Paesi, più che altro per il posizionamento di Erdogan che, contrariamente a Stati Uniti ed Europa, schierati sostanzialmente a fianco di Tel Aviv, si è erto a difensore persino di Hamas. Più bilanciato il ruolo di Putin, a cui interessa mantenere buoni rapporti con Israele, mostrando comunque il tradizionale sostegno ai palestinesi. Nonostante altrove, dalla Siria al Caucaso, Russia e Turchia siano su versanti opposti, i due presidenti sono riusciti sempre a preservare, anzi a rafforzare nel corso degli anni, quella che non è certo un’alleanza strategica, ma situazionale, con Putin ed Erdogan a cercare di massimizzare il proprio vantaggio al momento opportuno.
Le linee rosse insuperabili nell’ambito di una collaborazione pragmatica
Sono stati quindi messi da parte incidenti di percorso, come l’abbattimento in Siria nel 2015 di un caccia russo da parte della Turchia, e il Cremlino non si è mai adirato per gli aiuti militari all’Ucraina, nell’ottica appunto di una collaborazione continuativa che si focalizza sulle questioni più redditizie. Erdogan ha cercato di mediare tra Mosca e Kyiv e se il primo accordo sul grano del 2022 è anche farina del suo sacco, poi non è riuscito a far cambiare idea a Putin che lo scorso autunno ha annullato l’intesa. In definitiva ci sono per tutti e due linee rosse che non possono essere superate, ma in questi anni entrambi sono arrivati al massimo di quello che potevano fare l’uno per l’altro. E forse ancora un po’ di spazio per manovre comuni resta.