Daily Archives: 4 Novembre 2023

Chi è Ilya Ponomarev, il dissidente anti-Putin con legami con lo Sbu e i paramilitari neonazisti

Alla fine pare assodato, vista la ricostruzione fatta da media occidentali non certo sospettati di essere filoputiniani, come la Bcc o Radio Free Europe, che la “caccia all’ebreo” all’aeroporto di Makhachkala, capoluogo del Daghestan, repubblica a maggioranza musulmana del Caucaso, non sia proprio stata spontanea, frutto dell’antisemitismo che pur abbonda in tutta la Federazione russa, ma premeditata e organizzata. La spinta maggiore, via social, è arrivata dal canale Telegram Utro Daghestan, gestito da Ilya Ponomarev,  ex deputato russo ora con cittadinanza ucraina, che da Kyiv ormai da tempo si è profilato come una sorta di alfiere nella lotta a tutto campo, aperta e dietro le quinte, contro il Cremlino.

I legami con i gruppi neonazisti e con i Servizi ucraini

Nonostante abbia negato il suo coinvolgimento, Ponomarev che già lo scorso anno aveva fondato Utro Fevralja, piattaforma legata ai gruppi paramilitari neonazisti russi che operano nel conflitto ucraino e dalla quale sono passate le rivendicazioni dell’omicidio di Darya Dugina e del blogger Vladlen Tatarsky, non gode proprio del massimo della credibilità, proprio per i suoi legami sia con le formazioni armate di estrema destra che con l’Sbu, i servizi segreti ucraini, e il capo dell’intelligence militare di Kyiv, Kirilo Budanov. Secondo la ricostruzione della Bbc dei fatti di Makhachkala, tempo fa Ponomarev avrebbe ricevuto direttamente da una fazione islamista del Daghestan la proposta di organizzare proteste antirusse e fino a settembre ha pubblicamente ammesso anche il legame diretto con Utro Daghestan. C’è poco da stupirsi quindi se da Mosca si sia subito puntato l’indice su agitatori esterni per scaricare il barile dei disordini antisemiti.

Chi è Ponomarev, il dissidente anti-Putin con legami con lo Sbu e i paramilitari neonazisti
Ilya Ponomarev (dal suo profilo X).

La carriera politica di Ponomarev, dal Partito comunista a Russia Giusta

D’altra parte l’ex deputato russo, eletto alla Duma nel 2012 con Russia Giusta, partito socialdemocratico guidato da Sergei Mironov e facente parte della cosiddetta opposizione sistemica, quella cioè sostanzialmente funzionale al regime, è ormai da un decennio uno degli oppositori più duri del Cremlino. Nel 2014 fu l’unico a non votare per l’annessione della Crimea e da quel momento ha dovuto cambiare aria, finendo in Ucraina dopo un breve passaggio negli Stati Uniti. La sua carriera politica era iniziata poco dopo l’arrivo di Vladimir Putin al Cremlino e dal 2002 al 2007 è stato nel Partito comunista, diventando poi uno degli animatori delle proteste del 2011/12, con il tentativo di coordinare l’opposizione extraparlamentare di destra vicina ad Alexey Navaly con quella di sinistra di Sergei Udaltsov. Percorso un po’ strano, per un diplomato in fisica con un master in pubblica amministrazione che già alla fine degli Anni 90, poco più che 30enne, lo aveva visto arrivare alla vicepresidenza della Yukos, il colosso petrolifero di Mikhail Khodorkovsky. Erano altri tempi, quelli di Boris Yeltsin, quando appunto Khodorkovsky era ancora uno dei magnifici sette, gli oligarchi che alle spalle del presidente gestivano le cose politiche ed economiche di tutta la Russia. Poi è arrivato Putin a sparigliare le carte e qualche magnate amico del Cremlino che non voleva stare al nuovo gioco trasformò improvvisamente in nemico: Khodorkovsky finì in Siberia, Ponomarev divenne comunista. I legami tra i due non sono però andati perduti. Sono riemersi dopo il 2014 nel contesto della diaspora antiputiana e resi ancora più evidenti dopo l’invasione russa dell’Ucraina nel 2022, tanto che entrambi si sono ritrovati a tifare per Yevgeny Prigozhin, sostenitori di una rivolta armata in Russia che togliesse di mezzo Putin a qualsiasi costo, anche a quello di una guerra civile.

Chi è Ponomarev, il dissidente anti-Putin con legami con lo Sbu e i paramilitari neonazisti
Vladimir Putin (Getty Images).

Il coordinamento dei paramilitari antiputiniani in Ucraina

La questione della rivoluzione contro il Cremlino è diventata centrale per Ponomarev che dallo scorso anno è diventato una sorta di coordinatore anche dei gruppi paramilitari antiputiniani che combattono in Ucraina, legati anche dall’intelligence, come la Legione Libertà della Russia, l’Esercito armato repubblicano (Rna) e il Corpo volontario russo. Sono questi che la scorsa estate, per esempio, hanno inaugurato gli spettacolari raid in territorio russo nella regione di Belgorod, poco significativi nel contesto della guerra al fronte, ma di grande impatto mediatico e politico. Esattamente come gli omicidi mirati di Dugina e Tatarsky, la cui responsabilità è stata assunta da Budanov, o appunto l’aggressione agli ebrei all’aeroporti di Makhachkala, che rientra nella stessa strategia.

Carri armati di Israele nel sud di Gaza City, duri scontri con Hamas

Blindati dell’esercito israeliano sono arrivati a Tel al-Hawa, uno dei quartieri a sud di Gaza City. Lo ha fatto sapere Hamas, aggiungendo che le Brigate al-Qassam, ala militare dell’organizzazione palestinese, sono state impegnate in duri scontri ravvicinati durante i quali hanno anche lanciato un missile anti-carro Kornet contro un mezzo blindato israeliano. Nello stesso quartiere miliziani di Hamas e delle Brigate al-Quds (Jihad islamica) hanno attaccato insieme altri blindati israeliani con colpi di mortaio. Tutto questo mentre i missili di Tel Aviv continuano a colpire nella Striscia, facendo numerose vittime innocenti: l’Idf ha ammesso di aver aver colpito un’ambulanza fuori dall’ospedale Al-Shifa di Gaza City, sottolineando che Hamas trasporta miliziani e armi sui mezzi di soccorso. Razzi israeliani hanno colpito inoltre una scuola gestita dall’Onu, che ospita migliaia di sfollati dal campo di Jabalya (almeno 15 le vittime), un istituto cattolico e un ospedale pediatrico di Gaza.

Carri armati di Israele nel sud di Gaza City, duri scontri con Hamas. Gli aggiornamenti sul conflitto in Medio Oriente.
Ospedale pediatrico di Gaza (Ansa).

Secondo Israele, Hamas sta impedendo le uscite dal valico di Rafah

Hamas sta impedendo ai cittadini stranieri di lasciare Gaza finché Israele non avrà garantito che le ambulanze dall’enclave palestinese potranno raggiungere il valico di Rafah verso l’Egitto. Lo ha detto alla Cnn un funzionario americano. La decisione dei miliziani giunge dopo che Israele ha ammesso di aver colpito un’ambulanza, facendo 15 vittime. Più di 700 cittadini stranieri avrebbero dovuto lasciare Gaza attraverso Rafah nella giornata del 4 novembre. Secondo l’esercito israeliano, Hamas ha sparato con mortai e missili anticarro sulla strada Salah al-Din, che l’Idf aveva lasciato libera per consentire lo spostamento della popolazione dal nord al sud di Gaza.

La Turchia richiama l’ambasciatore a Tel Aviv: sale la tensione

La Turchia ha richiamato per consultazioni il suo ambasciatore a Tel Aviv a causa del «rifiuto di Israele degli appelli al cessate il fuoco» e «i continui attacchi contro i civili» a Gaza. Recep Tayyip Erdogan ha detto di non considerare più il premier israeliano Benjamin Netanyahu come un interlocutore, aggiungendo che farà di tutto per portare le violazioni dei diritti umani e i crimini di guerra da parte di Israele davanti alla Corte penale internazionale. Secondo il ministero degli Esteri di Tel Aviv, la decisione del governo turco di richiamare l’ambasciatore «è un altro passo del presidente Erdogan per schierarsi con l’organizzazione terroristica Hamas».

Carri armati di Israele nel sud di Gaza City, duri scontri con Hamas. Gli aggiornamenti sul conflitto in Medio Oriente.
La devastazione di Jabaliya (Ansa).

Israele ha sganciato due bomba da una tonnellata a Jabaliya

Israele ha usato due bombe da quasi mille chili nell’attacco a Jabaliya, come dimostrano le immagini satellitari e i video dei crateri analizzati dal New York Times. Queste bombe, le seconde più grandi nell’arsenale israeliano, di solito sono impiegate per colpire le infrastrutture sotterranee, ma il loro dispiegamento in un’area densamente popolata come Jabaliya è molto raro.

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Israele: «Se Nasrallah commette errore segna destino Libano»

«Yahya Sinwar ha fatto uno sbaglio e ha segnato il destino di Hamas e quello di Gaza. Se Hassan Nasrallah commette un errore, segnerà il destino del Libano». Lo ha detto il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant, che ha visitato le truppe israeliano dislocate al nord. Gallant ha poi aggiunto che l’aviazione israeliana ha mantenuto gran parte delle sue capacità nell’area nord al confine con il Libano contro Hezbollah, sottolineando che lo Stato ebraico, non è interessato a una guerra con Beirut.

A Milano le due manifestazioni opposte: pro Israele e Palestina

Sabato di manifestazioni a Milano a favore di Israele e della Palestina. È partito da piazza Oberdan il corteo “Stop war no racism” organizzato da “Milano antifascista antirazzista meticcia e solidale”, a cui partecipano circa un migliaio di persone tra cui anche diverse associazioni pro Palestina. Presenti infatti numerose bandiere palestinesi e cori come “Palestina libera” o “Israele fascista, Stato terrorista”. Alla manifestazione, che si svolge in contemporanea a quella organizzata dalla Lega, sventolano anche bandiere come quella di Sinistra Italiana, Unione Popolare e “No Cpr”. Tra gli striscioni più vistosi, ce n’è uno che raffigura una grossa bandiera della Palestina con la scritta “Restiamo umani”. In apertura del corteo, invece, “Niente da festeggiare, stop war racism. Cease fire now”.

In largo Cairoli la manifestazione della Lega

Diverse centinaia le persone presenti in largo Cairoli a Milano per la manifestazione pro-Israele organizzata dalla Lega e dal suo leader Matteo Salvini. Intervenuti, tra gli altri, l’ambasciatore di Israele in Italia Alon Bar, il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara e il presidente del Friuli Venezia-Giulia Massimiliano Fedriga. «A qualche centinaia di metri da qui c’è un’altra manifestazione di cosiddetti antirazzisti che stanno attaccando Israele “Stato terrorista”. Gli ultimi fascisti rimasti sono quelli che stanno sfilando per Milano e che odiano Israele, nostalgici dell’odio e della paura», ha detto Salvini. Così Bar: «Voglio ringraziare il vicepremier e ministro Salvini e tutto il governo italiano per la forte solidarietà espressa nei confronti di Israele in queste settimane. Questa solidarietà ci ha profondamente commosso e vi chiediamo di continuare a sostenerci con forza», ha detto Alon Bar. «I silenzi e l’indifferenza che stiamo vedendo in questi giorni rispetto al massacro di civili voluto da terroristi di Hamas in Israele sono inaccettabili», ha dichiarato Fedriga.

Il “re delle criptovalute” Sam Bankman-Fried giudicato colpevole di frode

L’imprenditore delle criptovalute Sam Bankman-Fried è stato giudicato colpevole di sette capi d’imputazione di frode, associazione a delinquere per commettere frode e associazione a delinquere per riciclare il denaro. Il processo, iniziato un mese fa a New York, ha stabilito che l’inaspettata bancarotta della sua piattaforma di scambio Ftx sia stata causata da una gestione illecita dei fondi. La sentenza è stata fissata per il 28 marzo del 2024, Bankman-Fried e rischia svariati decenni di carcere.

Ha rubato miliardi di dollari a Ftx accelerando il collasso del settore

Si è conclusa così una straordinaria caduta in disgrazia per l’ex miliardario 31enne, uno dei volti più riconosciuto del settore delle criptovalute. «Sam Bankman-Fried ha perpetrato una delle più grandi frodi finanziarie della storia americana: uno schema multimiliardario progettato per renderlo il re delle criptovalute», ha dichiarato l’avvocato americano Damian Williams in una dichiarazione dopo il verdetto riportata dal Bbc. I pubblici ministeri avevano accusato Bankman-Fried di aver mentito a investitori e istituti di credito e di aver rubato miliardi di dollari dall’exchange di criptovalute Ftx, contribuendo ad accelerarne il collasso. Il giovane imprenditore si è dichiarato non colpevole di tutte le accuse, sostenendo che, pur avendo commesso degli errori, aveva agito in buona fede. Bankman-Fried avrebbe usato i soldi che i clienti affidavano a Ftx per vivere una vita lussuosa, acquistare proprietà da milioni di dollari alle Bahamas, dove nel 2022 è stato arrestato, e per coprire un gigantesco buco nel bilancio di un fondo di investimento di sua proprietà, Alameda Research. Ma il processo non è stato molto seguito solo per l’entità della frode e la celebrità del personaggio, ma anche perché che tre dei suoi ex amici intimi e colleghi, inclusa la sua ex fidanzata Caroline Ellison, si sono dichiarati colpevoli e hanno accettato di testimoniare contro di lui nella speranza di ridurre la propria pena.

Le implicazioni del caso nell’industria delle criptovalute

Il caso di Bankman-Fried è stato seguito da vicino anche per le sue implicazioni per l’industria delle criptovalute nel suo insieme, che non è riuscita a riprendersi dalle turbolenze del mercato dello scorso anno. Il caso è stato preso ad esempio dai regolarti negli Stati Uniti che sostengono come il mercato delle criptovalute sia pieno di illeciti. Il New York Times ha scritto che Sam Bankman-Fried «è emerso come simbolo dell’arroganza sfrenata e dei giri di affari loschi che hanno trasformato le criptovalute in un’industria multimiliardaria durante la pandemia», che ha attirato milioni di investitori inesperti, molti dei quali hanno perso i propri risparmi quando il mercato è crollato. Tuttavia, è improbabile che il Congresso approvi nuove regole per le criptovalute in tempi brevi, e saranno i tribunali statunitensi a continuare ad essere i principali attori nella regolamentazione del settore.

Arrestata 27enne accusata di aver ucciso due figli neonati a distanza di un anno

Una donna di 27 anni, di origini indiane e residente fin da bambina a Pedrengo (provincia di Bergamo), è stata arrestata dai carabinieri per doppio infanticidio. I militari hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare: la donna è accusata di aver ucciso i suoi due figli: una bambina di 4 mesi nel 2021 e un bambino di 2 mesi nel 2022. Li avrebbe soffocati perché perché non in grado di «reggere alla frustrazione del pianto prolungato dei bambini», spiegano i carabinieri. Durante gli accertamenti non sono emersi problemi di natura psichica della 27enne, descritta dagli inquirenti come «lucida e ben orientata».

Era stata lei stessa a chiamare i soccorsi, in entrambi i casi

Era stata la stessa donna a dare l’allarme e chiamare i soccorsi in entrambi i casi: si trovava sempre in casa da sola e i soccorsi del 118 si erano rivelati inutili. Inizialmente si era pensato a morte per rigurgiti alimentari, dunque per cause naturali. Ma il secondo decesso aveva insospettito le forze dell’ordine, che avevano così avviato le indagini che hanno portato all’arresto della donna e nel corso delle quali è stato riesumato anche il corpo della prima figlia.

Morta Marina Cicogna, la prima produttrice cinematografica italiana

È morta Marina Cicogna, storica produttrice cinematografica, la prima donna ad affermarsi in un ambiente prevalentemente maschile. Nel corso della carriera aveva prodotto alcuni fra i più importanti film italiani, tra cui Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, Oscar per il miglior film straniero nel 1971. Aveva 89 anni. Era soprannominata “La contessa del cinema”.

Morta Marina Cicogna, la prima produttrice nella storia del cinema italiano. Aveva 89 anni.
Marina Cicogna nel 2009 (Getty Images).

La carriera da produttrice iniziata con Metti, una sera a cena

Nata il 29 maggio 1934 dal conte Cesare Cicogna Mozzoni e dalla contessa Annamaria Volpi di Misurata, era nipote del conte Giuseppe Volpi, presidente della Biennale di Venezia e fondatore della Mostra del Cinema, nel 1932, dal quale prende il nome la Coppa Volpi, destinata alla miglior interpretazione sia maschile che femminile. La Euro International Films, acquistata dalla famiglia, le aveva affidato il compito di scegliere i film da distribuire in Italia. Dopo i grandi successi di L’uomo del banco dei pegni di Sidney Lumet e Bella di giorno di Luis Bunuel molti altri, decise di produrre il suo primo film Metti, una sera a cena. Nel corso dei decenni produsse tante pellicole rimaste nella storia del cinema italiano come Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, C’era una volta il West, Fratello sole, sorella luna, Mimì metallurgico ferito nell’onore, Lo chiameremo Andrea e La classe operaia va in paradiso.

Morta Marina Cicogna, la prima produttrice nella storia del cinema italiano. Aveva 89 anni.
Marina Cicogna premiata ai David di Donatello (Getty Images).

Aveva avuto una lunga relazione con Florinda Bolkan 

Dichiaratamente bisessuale, ebbe flirt con Alain Delon, Warren Beatty e Farley Granger, ma fu anche la compagna di vita per oltre vent’anni dell’attrice Florinda Bolkan (da lei stessa scoperta). Si è spenta nella sua casa romana nei pressi di via Vittorio Veneto, assistita da Benedetta Gardona, sua compagna da oltre trent’anni. La sua vita è stata raccontata nel 2021 nel film documentario Marina Cicogna. La vita e tutto il resto di Andrea Bettinetti e nell’autobiografia Ancora spero, uscita nel 2023 per Marsilio. A maggio aveva ricevuto il Premio alla carriera nel corso della 68esima edizione dei David di Donatello.

I casi El Ghazi e Mazraoui e il divieto ai calciatori in Bundesliga di stare con la Palestina

Nella tragedia c’è spazio anche per la pantomima. La questione israelo-palestinese tocca il massimo livello di tensione, ma intanto in Germania il mondo del calcio si trova a vivere una situazione grottesca. Succede a Magonza, città carica di storia dove Anwar El Ghazi,  attaccante olandese classe 1995 di origine marocchina e fede musulmana è stato licenziato dal Mainz 05 a causa di dichiarazioni social pro-Palestina. La stagione sportiva del club, che in Bundesliga staziona in fondo alla classifica con soli 3 punti guadagnati in 9 partite, fin qui è stata un pianto. E ha toccato il punto più basso con l’eliminazione dalla Coppa di Germania per mano dell’Hertha Berlino, squadra di seconda divisione che ha strapazzato il Mainz 05 (3-0) e provocato l’esonero dell’allenatore danese Bo Svensson, sostituito momentaneamente da Jan Siewert, tecnico dell’Under 23. Ma il poverissimo rendimento agonistico è passato in secondo piano perché a occupare la scena c’è stato il caso delle esternazioni di El Ghazi e del balletto di smentite e contro-smentite che hanno esposto il Mainz 05 a una figuraccia mondiale. E al di là del caso specifico si impone un interrogativo di più ampio raggio: per un calciatore del massimo campionato calcistico tedesco è possibile in questi giorni esprimersi liberamente sulla questione israelo-palestinese? La risposta, vista la risoluzione del contratto, è no.

Minaccia di provvedimento disciplinare, ma nessun pentimento

Tutto è nato da un post su Instagram in cui El Ghazi si è schierato in favore della Palestina: «Dal fiume al mare, la Palestina sarà libera». Una chiara presa di posizione politica in favore del popolo palestinese, ma senza che vi sia il minimo cenno di antisemitismo, o anche di antisionismo. Ma evidentemente per i dirigenti del Mainz 05 il messaggio era stato sufficiente per ritenere che il calciatore avesse oltrepassato un segno e fosse passibile di provvedimento disciplinare. Che successivamente era stato scongiurato perché, come la stessa società ha comunicato, il calciatore si era pentito della sua esternazione. Il caso pareva finito lì e invece ha avuto una seconda puntata, persino più movimentata della prima.

I casi El Ghazi e Mazraoui e il divieto dei calciatori in Bundesliga di stare con la Palestina
El Ghazi, in primo piano (Getty).

El Ghazi ha esternato di nuovo per far sapere che non si era pentito o scusato proprio di nulla, e anzi ha rilanciato dicendo che sosterrà sempre la causa palestinese. E giusto per rendere chiaro che non lo si potesse accusare di antisemitismo, ha specificato di essere «contro la guerra e la violenza, così come l’uccisione di tutti i civili innocenti, ogni forma di discriminazione, islamofobia, antisemitismo, genocidio, apartheid, occupazione e oppressione. Dobbiamo chiedere che cessino le uccisioni a Gaza».

Dopo essersi espresso in questi termini, El Ghazi non si è presentato alla prima sessione di allenamento. Ha fatto recapitare alla società un certificato medico per far sapere di non essere nelle giuste condizioni di salute. Insomma, vi sono tutte le premesse per una rottura, come del resto viene confermato dal Mainz 05, che ha manifestato sorpresa verso questa nuova esternazione del suo calciatore e adesso starebbe «valutando legalmente la questione». Nella serata del 3 novembre, ponendo fine alla telenovela, il Mainz 05 «ha licenziato il giocatore con effetto immediato», misura adottata «in risposta alle dichiarazioni e ai post del giocatore sui social media». Questa la risposta dell’attaccante, sempre affidata a Instagram: «La perdita del mio lavoro non è nulla rispetto all’inferno che sta venendo scatenato sugli innocenti a Gaza».

La Cdu chiede addirittura l’espulsione di Mazraoui dal Paese

In realtà l’interrogativo da porsi sarebbe un altro: ma cosa El Ghazi avrebbe detto di così fuori luogo? Si tratta di un interrogativo che per il momento l’ambiente del calcio tedesco nemmeno prende in considerazione. Anche perché il caso che coinvolge El-Ghazi non è isolato. Pochi giorno prima di lui ce n’era stato un altro, quello che ha coinvolto Noussair Mazraoui, difensore marocchino del Bayern Monaco. Che si è schierato pubblicamente in favore «della vittoria della Palestina» e poi ha condiviso messaggi del medesimo tenore postati dai colleghi Abdelhamid Sabiri (Siegen), Hakym Ziyech (Galatasaray) e Zakaria Aboukhlal (Tolosa). La polemica è stata cavalcata immediatamente, con tanto di richiesta di espulsione dalla Germania avanzata da Johannes Steiniger, giovane deputato della Cdu che per di più è in possesso di un patentino da allenatore.

El Ghazi e Mazraoui e il divieto dei calciatori in Bundesliga di stare con la Palestina
Mazraoui, giocatore del Bayern Monaco (Getty).

Denunciato per «approvazione di crimini contro l’umanità»

Il Bayern ha dovuto gestire un momento imbarazzante e per Mazraoui c’è stata anche una settimana di confino, prima di essere riammesso a allenarsi col resto della squadra. Il difensore è sceso quindi in campo per l’intera gara di campionato vinta 8-0 contro il Darmstadt 98, servendo pure due assist. Ma per lui la questione non è ancora risolta, dopo la notizia di una denuncia sporta nei suoi confronti. Ad annunciarla è stato il leader della comunità tedesco-isrealita Volker Beck, secondo cui «l’approvazione dei crimini contro l’umanità è penalmente punibile». Beck ha anche stigmatizzato l’atteggiamento troppo morbido del Bayern Monaco verso il suo tesserato. La storia è tutt’altro che chiusa.

E adesso chi si schiererà pubblicamente sul conflitto?

La si potrebbe chiudere dicendo che si tratta di due casi e che due casi non fanno sistema. Ma c’è il rischio che il problema sia più complesso. Perché c’è da chiedersi chi mai, fra i calciatori tedeschi, possa avere adesso intenzione di schierarsi pubblicamente sulla questione israelo-palestinese assumendo una posizione differente dal pieno appoggio all’operazione militare israeliana. Se farlo significa andare incontro al trattamento subito da Mazraoui e soprattutto El Ghazi, chi se la sentirà di esporsi? Intorno a questo interrogativo non si sta riflettendo abbastanza. Ma quando l’emergenza sarà conclusa, bisognerà pur riprenderlo in esame.

Von der Leyen a Kyiv: «Al fianco dell’Ucraina per tutto il tempo necessario»

Sesta visita di Ursula von der Leyen in Ucraina dall’inizio dell’invasione della Russia. La presidente della Commissione europea, arrivata in treno, è stata accolta alla stazione della capitale ucraina dal presidente Volodymyr Zelensky. La missione nella capitale ucraina non era stata preannunciata per motivi di sicurezza. In una serie di incontri con i rappresentanti politici del Paese, Von der Leyen parlerà in particolare dei progressi dell’Ucraina sul percorso di adesione all’Ue, in vista della presentazione del report di Bruxelles sull’allargamento in programma l’8 novembre.

Da giugno 2022 l’Ucraina ha lo status di Paese candidato all’Ue

Martedì 7 novembre la Commissione europea presenterà il suo tradizionale pacchetto sull’allargamento, costituito dai rapporti sui progressi compiuti nell’ultimo anno dai Paesi che aspirano ad entrare nell’Ue. Tra essi l’Ucraina, che da giugno del 2022 ha lo status di Paese candidato, prima tappa formale del processo di adesione. L’esecutivo Ue potrebbe decidere di raccomandare al Consiglio europeo di procedere con l’avvio dei negoziati con Kyiv, passando dunque alla fase successiva dell’iter, caratterizzata dall’allineamento dell’ordinamento nazionale ucraino a quello comunitario. «Ogni volta che vengo in Ucraina provo un certo sentimento di tensione perché è una zona di guerra, ma ho anche la ferma convinzione di portare incoraggiamento e di rassicurare l’Ucraina: siamo saldamente al loro fianco», ha detto Von der Leyen. «Ho molti argomenti di cui parlare, a cominciare dall’allargamento e la richiesta dell’Ucraina di diventare parte dell’Ue. Parleremo anche del sostegno finanziario e militare a Kyiv e del dodicesimo pacchetto di sanzioni» contro Mosca.

La presidente della Commissione Ue Ursula Von der Leyen a Kyiv per la sesta volta: «Al fianco dell'Ucraina per tutto il tempo necessario».
Ursula von der Leyen (Getty Images).

La visita nella giornata dei lavoratori delle ferrovie ucraine

A Kyiv, Von der Leyen ha preso parte alle celebrazioni organizzate in occasione della giornata dei circa 220 mila lavoratori delle ferrovie ucraine. «L’Ucraina può essere orgogliosa dei suoi ferrovieri che dall’inizio dell’aggressione della Russia hanno lavorato in modo instancabile in condizioni così difficili», ha detto la presidente della Commissione Ue, sottolineando la centralità del sistema ferroviario ucraino per aiutare i connazionali e portare «il grano e i prodotti vitali dall’Ucraina al mondo». Così Zelensky: «La nostra ferrovia è molto più che una semplice via di trasporto. È una garanzia che il nostro popolo, l’economia ucraina e il nostro Stato non saranno scollegati dai Paesi europei che ci sostengono».

In arrivo dagli Usa altri 425 milioni di dollari di aiuti militari

«Sono grato a Joe Biden, al Congresso e al popolo americano per un altro pacchetto di aiuti militari». Lo scrive su X Zelensky dopo l’annuncio del Pentagono su un nuovo pacchetto di armi a Kyiv per un valore di 425 milioni di dollari che, secondo il presidente ucraino Zelensky, «rafforzerà i coraggiosi guerrieri dell’Ucraina e aiuterà a proteggere vite umane e le infrastrutture dagli attacchi russi».

Rapimento e riscatto stasera su Iris: trama, cast e curiosità

Stasera 4 novembre 2023 andrà in onda sul canale Iris alle ore 21.00 il film Rapimento e Riscatto. Il regista è Taylor Hackford mentre la sceneggiatura è stata scritta da Tony Gilroy. Nel cast ci sono Russell Crowe, Meg Ryan, Pamela Reed, Margo Martindale, David Morse e David Caruso.

Rapimento e riscatto è il film che andrà in onda questa sera su Iris: ecco trama, cast e curiosità della pellicola.
I due personaggi principali sulla locandina (X).

Rapimento e riscatto, trama e cast del film stasera 4 novembre 2023 su Iris

La trama racconta la storia di Alice (Meg Ryan) moglie di Peter Bowman (David Morse), un uomo che viaggia per il mondo e svolge un lavoro molto delicato. Peter infatti, si occupa di realizzare progetti di costruzione in paesi in via di sviluppo, dove la vita politica è in precario equilibrio. Un giorno decide di raggiungere con la moglie lo stato immaginario di Tecala, nel Sud America. Tuttavia, l’uomo viene rapito da un gruppo di terroristi e tenuto in ostaggio nella foresta tropicale. Alice rimane sola ed è totalmente impaurita ma la QUAD Carbon, l’agenzia per la quale lavora Peter, decide di inviare un agente per aiutare l’uomo.

Arriva così Terry Thorne (Russell Crowe) un veterano dello Special Air Service britannico. Terry sa perfettamente come negoziare con i terroristi e vuole a tutti costi salvare la vita di Peter, tranquillizzando Alice allo stesso tempo. Inaspettatamente, la QUAD Carbon richiama Terry quando scopre di non poter pagare i rapitori e lo stesso agente per il lavoro che sta svolgendo. Alice viene abbandonata di nuovo e il marito sembra ormai andare incontro a un destino crudele. Comunque, per coscienza Thorne ritornerà sui suoi passi e cercherà di portare a termine la sua iniziale missione.

Rapimento e riscatto, 5 curiosità del film stasera 4 novembre 2023 su Iris

Rapimento e riscatto, la relazione di due attori sul set

A quanto pare, sul set gli attori protagonisti Russell Crowe e Meg Ryan ebbero una relazione sentimentale. Tuttavia, nessuno dei due ha mai confermato queste voci. Comunque, l’anno successivo alle riprese, la Ryan divorziò con suo marito, l’attore Dennis Quaid.

Rapimento e riscatto, un attore famoso tra le comparse

Durante le riprese, una comparsa si avvicinò a Russell Crowe e gli chiese dei consigli su come continuare la sua carriera nel mondo cinematografico. Crowe rimase colpito da quel giovane e decise di inviargli un poster autografato de Il Gladiatore, allegando anche una lettera di incoraggiamento. Quella comparsa era l’attore Henry Cavill, diventato poi uno degli attori più famosi al mondo.

Rapimento e riscatto, il ruolo offerto a un attore che ha rifiutato

Inizialmente la parte di protagonista era stata offerta a Harrison Ford. Tuttavia, l’attore rifiutò la parte e la produzione decise di ingaggiare Russell Crowe.

Rapimento e riscatto, le abitudini del personaggio di Meg Ryan

In diverse scene il personaggio interpretato da Meg Ryan ha una sigaretta in mano. Nella realtà, l’attrice non fuma, a differenza di altri suoi colleghi che hanno recitato con lei in questa produzione come Pamela Reed e Russell Crowe.

Rapimento e riscatto è il film che andrà in onda questa sera su Iris: ecco trama, cast e curiosità della pellicola.
Russell Crowe in una scena (X).

Rapimento e riscatto, gli incassi non soddisfacenti

Nonostante la presenza di due stelle di Hollywood dell’epoca, il film non ha avuto grossi risultati al botteghino. In totale, secondo il portale The Numbers, ha incassato soltanto 63 milioni di dollari. Gli incassi quindi, non hanno superato il budget iniziale, di circa 65 milioni di dollari.

Addio all’astronauta Ken Mattingly, salvò equipaggio dell’Apollo 13

L’astronauta americano Thomas Kenneth Mattingly II, che nel 1970 contribuì a portare in salvo l’equipaggio della sfortunata missione Apollo 13, è morto all’età di 87 anni. Lo ha annunciato la Nasa, definendolo uno degli «eroi» degli Stati Uniti.

Fu costretto a rinunciare alla missione Apollo 13 

Noto anche come Ken Mattingly, aveva iniziato la sua carriera come aviatore, prima di essere selezionato per diventare astronauta nel 1966. In seguito fu scelto come pilota del modulo di comando dell’Apollo 13 senza mai aver fatto parte di un equipaggio di riserva: una prassi del tutto nuova, dato che fino a quel momento i vari equipaggi di supporto completi diventavano gli equipaggi di riserva di future missioni per diventare equipaggi effettivi nella terza missione successiva. Ad ogni modo, 72 ore prima del lancio fu costretto a rinunciare dopo essere stato esposto alla rosolia e fu sostituito da Jack Swigert. Nell’aprile 1970, durante la missione, un’esplosione paralizzò la navicella spaziale in viaggio verso la Luna e Mattingly, che non si era poi ammalato, si recò al controllo di missione, dove sviluppò procedure di risparmio energetico in modo che il veicolo potesse rientrare nell’atmosfera, salvando le vite di James Lovell, il già citato Swigert e Fred Haise, gli astronauti a bordo del modulo.

Addio all'astronauta americano Thomas Kenneth Mattingly II, salvò equipaggio dell'Apollo 13 nel 1970. Aveva 87 anni.
Ken Mattingly (Getty Images).

Nel film Apollo 13 fu interpretato da Gary Sinise

Alla Nasa, in seguito, Mattingly fu pilota del modulo di comando della missione Apollo 16 nel 1972 e comandante di due missioni dello Space Shuttle. «I suoi contributi hanno fatto progredire le nostre conoscenze al di là dello spazio», ha dichiarato l’amministratore della Nasa Bill Nelson in un comunicato. Nel film Apollo 13, uscito al cinema nel 1995, Mattingly fu interpretato da Gary Sinise.

Ministero Lavoro, ok dell’Ue agli aiuti di Stato per assumere chi ha il reddito di cittadinanza

La Commissione Europea ha approvato l’aiuto di Stato finalizzato alla promozione dell’inserimento stabile nel mercato del lavoro dei beneficiari del Reddito di cittadinanza, come previsto dalla legge di Bilancio per il 2023. Lo fa sapere il ministero del Lavoro.

Ai datori di lavoro esonero al 100 per cento dal versare i contributi

In una nota del ministero si legge: «In base alla decisione ai datori di lavoro privati che dal primo gennaio 2023 al 31 dicembre 2023 assumono i percettori del Reddito di cittadinanza con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato (ovvero, che trasformano i contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato) è riconosciuto, per un periodo massimo di 12 mesi, l’esonero dal versamento del 100 per cento dei complessivi contributi previdenziali. Sono esclusi i premi e contributi dovuti all’Inail per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro. Il limite massimo di importo dello sgravio è pari a 8 mila euro su base annua, riparametrato e applicato su base mensile». «Grazie alla misura», spiega ancora il ministero, «saranno disponibili 61,5 milioni di euro per sostenere il costo del lavoro delle imprese nel contesto della guerra della Russia contro l’Ucraina. Il regime è stato approvato nell’ambito del quadro temporaneo per gli Aiuti di Stato in caso di crisi e transizione, adottato dalla Commissione Europea il 9 marzo 2023».

Maltempo, allerta rossa in Veneto

Il maltempo non accenna a dar tregua all’Italia. L’allerta rossa riguarda sabato 4 novembre parte del Veneto, mentre sarà arancione su gran parte della regione e in Lombardia, su settori di Liguria e Emilia-Romagna. Allerta gialla invece su zone della Toscana, flagellata tra il 2 e il 3 novembre da forti piogge e da conseguenti inondazioni che hanno fatto sette vittime.

«Durante la notte si è continuato a lavorare laddove possibile e già da stamattina operative le task force arrivate dalle altre regioni. Permangono alcuni casi di allagamento e problemi che rendono impossibile l’accesso agli impianti. Ad ora sono 9 mila le utenze disalimentate», scrive su X Eugenio Giani, governatore della Regione Toscana. L’area più flagellata quella al confine fra le province di Prato e Pistoia, dove si è avuto il maggior numero delle sette vittime qui registrate (quattro fra Prato, Montale e Montemurlo) e dove ancora si contano due dispersi. Gravi danni ai settori della vivaistica nel pistoiese e quello dei tessuti nel pratese. A Quarrata, nel Pistoiese, i vigili del fuoco hanno messo in salvo un neonato con la sua famiglia. Dopo l’alluvione che ha colpito la Toscana, circa 200 persone sono state costrette a lasciare le proprie case. Il capo del Dipartimento della Protezione civile Fabrizio Curcio è in Toscana per fare un sopralluogo nelle zone colpite dall’alluvione provocato dalla forte ondata di maltempo e fare il punto con Giani.

Maltempo, allerta rossa in Veneto. Arancione in Lombardia, Emilia-Romagna e Liguria. Gialla in Toscana, che è in ginocchio.
Neonato tratto in salvo in Toscana.

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La nuova perturbazione del fine settimana interesserà tutto il Centronord, mentre il meridione ne sarà meno coinvolto. Queste le previsioni di Valerio Capecchi, meteorologo del Consorzio Lamma-Cnr di Regione Toscana e Consiglio Nazionale delle Ricerche. Al momento il centro di Ciaran è posizionato tra le isole britanniche e la penisola scandinava, e si sta spostando sempre più ad est. Da lunedì 6 novembre la tempesta Ciaran si andrà esaurendo, ma resterà un flusso mite e umido da sud che potrebbe portare altre piogge, sia pure meno intense.

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F1, Gran Premio del Brasile confermato fino al 2030

Il Gran Premio del Brasile di Formula 1, che si corre sul circuito di Interlagos a San Paolo, è stato prorogato fino al 2030: lo ha annunciato, venerdì 3 novembre, l’ente promotore del campionato del mondo, Formula 1. In un comunicato stampa pubblicato a margine della 40esima edizione del Gran Premio del Brasile che si disputerà il weekend del 3-5 novembre, la F1 ha evidenziato i «significativi investimenti fatti a Interlagos per renderlo un luogo adatto ad ospitare eventi di intrattenimento più grandi».

Domenicali: «Circuito molto popolare tra piloti e fan di tutto il mondo»

«Il Brasile ha un ricco patrimonio di corse automobilistiche e questo circuito emblematico è molto popolare tra piloti e fan di tutto il mondo», ha ricordato nella nota il numero 1 della F1, Stefano Domenicali. «Incarna tutto ciò che rende le corse automobilistiche così affascinanti e non vediamo l’ora di vedere come si svilupperà negli anni a venire per offrire un’esperienza ancora migliore», ha concluso. Presente nel calendario della massima categoria dell’automobilismo dal 1973 al 1980, il GP del Brasile a San Paolo è tornato in programma nel 1990. Oltre alla vittoria della leggenda brasiliana Ayrton Senna nel 1991, Interlagos è stata anche teatro dell’incoronazione del finlandese Kimi Räikkönen nel 2007 e il britannico Lewis Hamilton nel 2008 contro il brasiliano Felipe Massa.

Elicottero caduto nel Ferrarese, recuperato il secondo cadavere

Nel pomeriggio di giovedì 2 novembre, i carabinieri del nucleo subacquei di Genova, hanno recuperato il corpo dell’imprenditore Hazem Bayumi, 73 anni, di origini egiziane, scomparso in seguito all’inabissamento del suo elicottero nel lago della Cava 6 a Settepolesini di Bondeno, nel Ferrarese. L’elicottero precipitò lo scorso 10 ottobre e il giorno successivo venne ritrovato il corpo senza vita del passeggero che era con lui a bordo del Bell 206B JetRanger III: un uomo di nazionalità olandese.

Il corpo è stato ritrovato ad una profondità di circa 19 metri

Nonostante le difficoltà date dalla pessima visibilità sott’acqua e dalle caratteristiche del fondale, i carabinieri sommozzatori sono riusciti a portare a termine un’accurata attività di ricognizione nella zona interessata dall’impatto definendo dei campi di ricerca, anche grazie anche al lavoro svolto dai vigili del fuoco che hanno mappato e geolocalizzato ogni singolo ritrovamento da loro effettuato. L’attività di esplorazione del fondale grazie all’utilizzo del Rov (Remotely Operated Vehicle), ha permesso quindi ai carabinieri di individuare il corpo ad una profondità di circa 19 metri che, con non poche difficoltà, è stato recuperato e portato a riva. Nei prossimi giorni continueranno le attività di ricerca per recuperare i pezzi ancora mancanti dell’elicottero.

Terremoto in Nepal, centinaia di morti

Un violento terremoto ha colpito il Nepal. Il sisma di magnitudo 6.4 si è verificato alle 23.47 (ora locale) di venerdì 3 novembre. Le vittime accertate sono 128, centinaia i feriti. Il sisma ha colpito l’ovest del Paese asiatico, in particolare i distretti di Jajarkot e West Rukum, vicino all’epicentro, individuato a 400 chilometri dalla capitale Kathmandu. Il bilancio, come evidenziano i media locali è destinato ad aggravarsi ancora: i soccorritori stanno cercando di raggiungere i villaggi nelle zone più remote. «Il primo ministro Pushpa Kamal Dahal ha espresso il suo profondo dolore per la perdita di vite umane nel terremoto di venerdì notte e ha mobilitato tutti gli organismi di sicurezza per il salvataggio e il soccorso immediati», si legge in un post dell’ufficio del premier nepalese su X.

Nel 2015 un terremoto di magnitudo 7.8 fece quasi 9 mila vittime

I terremoti sono fenomeni purtroppo frequenti in Nepal. Il Paese si trova infatti lungo la faglia geologica tra la placche tettoniche eurasiatica e indiana, che ogni secolo si avvicinano di due metri l’una all’altra, provocando una pressione che viene rilasciata sotto forma di sisma. La collisione tra le due placche, circa 50 milioni di anni fa, formò la catena montuosa dell’Himalaya, la più grande al mondo. Nel 2015 un terremoto di magnitudo 7.8 e le successive scosse di assestamento uccisero quasi 9 mila persone in Nepal, distruggendo oltre mezzo milione di case.

Terremoto in Nepal, centinaia di morti. L'epicentro del sisma di magnitudo 6.4 a Jajarkot, circa 400 chilometri a nord-est di Kathmandu.
Soccorsi dopo il terremoto in Nepal (Ansa).

Modi: «India pronta a fornire tutta l’assistenza possibile»

Le scosse sono state avvertite anche nella regione di New Delhi, in India, a 500 chilometri di distanza. «Sono profondamente addolorato per la perdita di vite umane e i danni causati dal terremoto in Nepal. L’India è solidale con il popolo del Nepal ed è pronta a fornire tutta l’assistenza possibile», ha scritto in un messaggio su X il premier indiano Narendra Modi.

Il giorno dei morti e quella storia su Halloween: il racconto della settimana

2 novembre

Sul tavolo della cucina di fianco a una tazza di caffè fumante c’erano già i giornali del mattino, con gli ennesimi titoli sul conflitto Israele-Palestina, e fuori dalla finestra la giornata minacciava pioggia. A torso nudo con ancora indosso le braghe del mio pigiama scozzese mi sedetti a tavola di fronte a Ofelia, in vestaglia, intenta a cercare sul MacBook portatile voli aerei per qualche destinazione. Forse Grecia, forse Stati Uniti.

«È un periodo che ho voglia di rock, bella», dissi, stringendomi nelle spalle e afferrando la tazzina di caffè. «Basta jazz?», sospirò Ofelia. «Abbiamo nuove fisse, vedo».
«Sì, mi prendo una pausa dal jazz. I love rock and roll». Ofelia diede un’altra occhiata allo schermo del portatile, poi alzò gli occhi al cielo e si voltò verso di me. Sembrava insolitamente espansiva quella mattina, e quando mi guardò sorrise. Aveva legato i capelli sulla nuca con una molletta e io allungai una mano per toccarli, un gesto che la fece sorridere ancora di più. «Non capisco perché sorridi, bella. Mi mancano delle pietre miliari della storia della musica. Non ho dischi di Bob Dylan, né di Jimi Hendrix e nemmeno di Bowie. Insieme a un nuovo paio di Jordan sono i miei desiderata di questo mese». «Non puoi comprare più dischi né tantomeno Nike», rispose, aggrottando la fronte. «Abbiamo la casa invasa!». «Per adesso ho ordinato il nuovo degli Stones e uno dei Doors, per il resto vedremo», risposi. «Ecco», fece lei, sbattendo le palpebre. Poi la abbracciai. Lei me lo permise e poi si scostò delicatamente, prima che la telecamera potesse staccare su di noi e riprendermi mentre sotto l’acqua della doccia iniziavo a formulare i miei piani per la giornata. «Penso che andrò al cimitero oggi», urlai dal bagno, e aggiunsi: «Da quando ho saputo, a settembre dell’anno scorso, che la tomba di famiglia non sarebbe più stata espropriata non ci sono più tornato». Poi, ancora bagnato e con un asciugamano bianco legato intorno intorno alla vita, la raggiunsi nuovamente in cucina e la baciai. Stretta a me era morbida e piccola.

Quando arrivai davanti alla tomba di famiglia guardando la statua che mio padre aveva fatto costruire quando mia madre morì, chiusi gli occhi e pensai anche a lui: alla sua rabbia, alla sua ossessione per la ricchezza, alla sua solitudine. «Feliz día de los muertos». Poi lasciai un fiore e me ne andai, fischiettando, incredibilmente leggero

Da bambino, il giorno dei morti, mia zia mi portava sempre al cimitero a trovare mia madre. Salivamo sulla sua Renault4, attraversavamo la città e, dopo aver parcheggiato nel grosso piazzale davanti al Monumentale, prima di entrare ci fermavamo sempre al solito chiosco per comprare dei fiori. Era una piccola ritualità di quei giorni di vacanza, che all’epoca erano due, e che di solito trascorrevo da lei, a casa di mia nonna a Palazzo Fidia, con loro e mia cugina Laura. Pensavo a questo mentre, stretto nella mia giacca di velluto e con in testa una coppola irlandese che avevo comprato qualche anno prima a New York, varcavo la soglia del cimitero. Quando arrivai davanti alla tomba di famiglia guardando la statua che mio padre aveva fatto costruire quando mia madre morì, chiusi gli occhi e pensai anche a lui: alla sua rabbia, alla sua ossessione per la ricchezza, alla sua solitudine. «Feliz día de los muertos», pensai. Poi lasciai un fiore, attraversai il Famedio e me ne andai, fischiettando, sentendomi incredibilmente leggero.

La sera nel mio studio non riuscii a concentrarmi sul mio romanzo, di cui non avevo ancora scritto nemmeno una riga, misi su un vecchio film di James Bond con Sean Connery, Dalla Russia con amore, e, steso sul divano del salotto con la copertina appoggiata sulle gambe ed uno spino di CBD stretto fra le labbra, iniziai a prendere appunti sul mio taccuino immaginandomi una storia di Halloween ambientata in una discoteca milanese dove lavorai per un certo periodo e che oggi non esiste più.

 

Halloween

Sono a casa di Nicole dietro Piazza della Repubblica ed è tardo pomeriggio. Fuori il cielo è già tetro e nero anche se sono solo le cinque. Abbiamo cazzeggiato tutto il giorno perché oggi non c’è stata scuola e i suoi sono fuori città, partiti per Arma di Taggia per chiudere definitivamente la casa al mare. Abbiamo chiacchierato, ascoltato a tutto volume una cassetta di suo fratello registrata il mese scorso durante una serata al City Square e siamo parecchio eccitati entrambi, perché stasera c’è la one-night di Halloween al Rolling Stone organizzata dallo staff del Madame Claude, il locale dove andiamo a ballare tutti i sabati pomeriggi dell’anno. Guardo Nicole mentre si cambia per la serata e il cazzo mi diventa duro, vorrei provarci, saltarle addosso ma non ho il coraggio, così me ne rimango seduto, buono buono, sulla poltrona di camera sua mentre lei zompetta avanti e indietro per la stanza domandandomi: «Come sto?». Faccio scattare l’accendino, mi trema la mano, fingendo indifferenza torno a guardarla e con voce molto bassa, mentre la testa non la smette di girarmi, le rispondo: «Benissimo, sei bellissima». Dopo cena usciamo, chiamiamo un taxi, arriviamo davanti al Rolling, saltiamo la fila, prendiamo due pass ed entriamo. Ho 14 anni ed è la prima volta che vado in una discoteca la sera. Quando torniamo a casa alle tre, dopo quattro caipiroske alla fragola, barcollante verso il letto mi tolgo la giacca dello smoking e mi addormento con su ancora la camicia bianca aperta sul petto che non mi voglio togliere perché ha ancora il suo profumo addosso.

Il giorno dei morti e quella storia su Halloween: il racconto della settimana
Il party di Hallowen di Heidi Klum (Getty Images).

Le immagini di quella notte mi scorrono davanti agli occhi anche adesso, 10 anni più tardi, mentre spengo l’ennesimo spino di caramello nel grosso portacenere arancione a casa mia in via Tiepolo e fisso Giulia, seduti con le gambe incrociate, uno di fronte all’altra, sul letto di camera mia.
«
Perché non hai mobili qui?», domanda.
«Ho un frigorifero. Ho questo letto». rispondo.
«Già, hai ragione. Uno a zero».
«Sei sicura di non voler venire con me al Rolling dopo? Mi piacerebbe vedessi come mi guadagno da vivere», dico, sbottonandomi la camicia.
«Odio le discoteche, lo sai. E poi, come passa le serate la ragazza del dj?».
«In consolle, di fianco al dj, bella», replico, togliendomi i pantaloni e gettandoli sul pavimento.
«Non so».
«Pensa che il Rolling è stato il primo locale in cui a 14 anni sono andato a ballare la sera. In quel periodo nascevano le one-night, sostanzialmente feste per minorenni che le discoteche dedicavano agli sbarbi fiordilatte come noi. Anche se era Halloween non era una pagliacciata come oggi, nessuno veniva in maschera. Il dress code era rigorosissimo: abito scuro per i ragazzi e lungo per le ragazze», le racconto, sorridendo.
«Sei emozionato quindi?», domanda, tutta seria.
«Bella, sono un deejay. Sono una specie di rockstar, e ho solo 24 anni», rispondo sardonico, mentre lentamente mi tolgo i boxer, facendole cenno di venire verso di me. Rimaniamo qualche secondo a guardarci inermi, lei con la bottiglia di birra in mano, una fetta di limone sopra, uno spinello spento tra le labbra. Poi di colpo siamo finalmente entrambi nudi e iniziamo a masturbarci a vicenda facendo piuttosto in fretta perché è quasi mezzanotte e io devo proprio andare.

Un’ora più tardi sono al Rolling Stone che credo di non aver mai visto così pieno. Ci saranno almeno 5 mila persone. Fendo la folla, guadagno il mio posto in consolle, prendo il microfono in mano e inizia lo show. Per tutta la sera sono attratto da una ragazza in miniabito e tacchi vertiginosi che balla, ammiccando, davanti alla consolle. Capelli a caschetto neri, gambe chilometriche. Dopo il terzo cuba libre non smetto di guardarla e mi accendo una sigaretta, anche se nel locale è vietato fumare. Poi mi avvicino, cominciamo a parlare all’orecchio perché la musica è veramente a un volume assordante e a un certo punto le chiedo, a voce molto bassa, con tono fortemente sospettoso: «Quanti anni hai?».
«Venti».
«No, sul serio», insisto. «Fai la brava, dimmi la verità».
«Okay, ne ho 14. Te la senti?».
«Niente da fare, bella. Sparisci subito dalla mia vista. Non ho nessuna intenzione di cacciarmi nei guai».
«Ne compirò 15 tra poco», risponde, rubandomi dalle mani la sigaretta.
«Non dovresti fumare», le dico, tuonato dai cuba, molle sulle gambe, girandole le spalle e lasciandola lì, sotto la consolle a sputare il fumo in aria.

L’immagine dopo è una inquadratura dall’alto di me, con le braghe calate tra le macchine, in un parcheggio di viale Abruzzi, che mi faccio succhiare il cazzo da un trans alle cinque del mattino completamente ubriaco con le chiappe gelate appoggiate al cofano di una Volkswagen.

Vogliamo parlare di cosa Meloni ha detto nella telefonata-fake?

Un caso studio della distrazione come metodo di governo e del concorso esterno in associazione distratta della stampa negli ultimi giorni. Della telefonata di due comici russi alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni ormai sappiamo tutto. Il duo Vovan-Lexus riesce a farsi passare come presidente dell’Unione africana e parla con la premier per alcuni minuti. Nel contenuto di quella telefonata c’è un punto sostanziale: Meloni sulla guerra in Ucraina sostiene le stesse tesi (quella di una risoluzione del conflitto che non può passare dalla vittoria degli ucraini che faticano nella loro controffensiva) di molti opinionisti, analisti e giornalisti. C’è una differenza sostanziale: chi si è permesso di dire o scrivere che la controffensiva ucraina fosse molto al di sotto delle più pessimistiche aspettative e chi ha chiesto una mediazione è stato bollato come fiancheggiatore, come putiniano, come pacifinto, come nemico della democrazia, come nemico dello Stato e un’altra decina di epiteti non ripetibili. Dopo quella telefonata la presidente Meloni avrebbe dovuto spiegare come possa ritenere in privato “di buon senso” ciò che in pubblico viene bollato come collaborazionismo con il nemico.

Vogliamo parlare di cosa Meloni ha detto durante la telefonata-fake?
Giorgia Meloni (Imagoeconomica).

LEGGI ANCHE: Cosa non ha funzionato nel buco di Palazzo Chigi sullo scherzo a Meloni

Le due Meloni: quella al telefono e quella pubblica

Cosa è accaduto dopo? Andiamo per ordine. Il sottosegretario Mantovano ha detto che «Giorgia Meloni si è accorta subito dello scherzo». In pratica secondo Mantovano le redini dello sketch comico le teneva la presidente del Consiglio. Nessun’altra considerazione sul contenuto della conversazione. Il vice presidente del Consiglio e segretario di Forza Italia, il ministro agli Esteri Antonio Tajani, ha parlato di «una superficialità da parte di chi ha organizzato la telefonata e questo non deve più accadere». Nessun’altra considerazione sul contenuto della conversazione. I più spericolati hanno addirittura avuto il coraggio di dirci che Giorgia Meloni ha mantenuto le stesse posizioni che tiene in pubblico: secondo loro una premier che si lamenta di essere lasciata sola dall’Europa sarebbe «colei che ha regalato all’Italia autorevolezza internazionale» e la presidente che diceva «non abbiate paura di scommettere sulla vittoria dell’Ucraina» è la stessa che al telefono dice c’è «molta stanchezza» del conflitto, la controffensiva di Kyiv «non sta andando bene» e serve «una via d’uscita».

Cosa non ha funzionato nel buco di Palazzo Chigi sullo scherzo a Meloni
Francesco Maria Talò (Imagoeconomica).

Le tesi della premier sono le stesse di coloro che il suo governo ha sempre bollato come pacifinti e filoputiniani

Poi, come spesso accade, il governo punta sul vittimismo. Decine di infuriati giornalisti raccontano che il duo russo è molto vicino a Putin, forse anche ai servizi segreti russi. Qualcuno scrive che la trappola telefonica rientrerebbe in una strategia di guerra a bassa intensità contro l’Europa e contro l’Italia. Osservazioni plausibile, certo, ma nessun’altra considerazione sul contenuto della conversazione. Così arriviamo a venerdì: Giorgia Meloni in conferenza stampa spiega che quella telefonata è stata «gestita con leggerezza che ha esposto la nazione». Ci si aspetterebbe una confessione o almeno un gesto di scuse verso coloro che da un anno sono stati lapidati. No, no. Per Meloni la leggerezza è di chi avrebbe dovuto verificare l’autenticità della telefonata e infatti annuncia le dimissioni del suo consigliere diplomatico Francesco Talò. Anzi Meloni spiega che «verso la fine della telefonata» ha anche «avuto un dubbio». «La telefonata», ha spiegato Meloni, «è stata rilanciata prima di tutto da programmi organici alla propaganda del Cremlino e questo dovrebbe indurre a riflettere chi sta facendo da megafono a questi comici che ieri in tv hanno detto di non avere legami con il Cremlino». Ma quella “stanchezza” per il conflitto in Ucraina? Qui arriva il colpo di genio. Meloni dice: «Non ho detto nulla di nuovo, io sono consapevole che le opinioni pubbliche, anche la nostra, soffrono per le conseguenze del conflitto. È un tema che ho segnalato a 360 gradi. Non sono un alieno per non capire che tra inflazione, prezzi delle materie prime…non ci siano conseguenze». È vero, non ha detto nulla di nuovo. Ha ripetuto ciò che qualche commentatore (a torto o a ragione, non è questo il punto) ha scritto venendo travolto dalla delegittimazione. Ha sostenuto la stessa tesi dei “pacifinti” che lei stessa e tutta la sua schiera hanno additato per mesi. Così per l’ennesima volta la comunicazione di crisi ha seguito l’itinerario dello sviamento ossessivo. Si è parlato di tutto tranne che del nocciolo della questione. E adesso basterà – come fanno spesso – dire «ma basta con questa storia, abbiamo già chiarito». Fino alla prossima distrazione.

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Raid contro un convoglio di ambulanze a Gaza, 15 morti

In un raid israeliano nei pressi dell’ospedale di Al-Shifa sono rimaste uccise almeno 15 persone ed altre 60 sono state ferite, secondo le autorità sanitarie di Gaza. Israele ha ammesso di aver preso di mira un’ambulanza nel nord della Striscia, spiegando che «era stata identificata come usata da una cellula terroristica di Hamas».

«Abbiamo informazioni che dimostrano il metodo di Hamas per trasferire terroristi e armi a bordo di ambulanze», ha spiegato il portavoce delle Forze di difesa israeliane Daniel Hagari, aggiungendo che ai civili è stato ordinato di evacuare la zone. Una fonte Usa ha detto che «Hamas ha cercato di far uscire con le ambulanze i suoi combattenti da Gaza via Rafah, rallentando così gli sforzi per evacuare gli stranieri». Lo riportano i media israeliani, ai quali la fonte ha riferito che l’organizzazione terroristica ha fornito all’Egitto e agli Stati Uniti una lista di persone ferite gravemente che volevano far evacuare insieme a centinaia di stranieri in attesa di uscire. Washington e Il Cairo avrebbero poi scoperto che «un terzo dei nomi erano combattenti».

Raid contro un convoglio di ambulanze a Gaza, 15 morti. Per l’esercito di Israele i mezzi trasportavano terroristi. Gli aggiornamenti.
Ambulanze della Mezzaluna rossa (Ansa).

Il segretario generale Onu Guterres: «Immagini strazianti»

«Sono inorridito dalle notizie dell’attacco a Gaza sul convoglio di ambulanze fuori dall’ospedale di Al-Shifa, le immagini degli corpi sparsi per strada fuori dall’ospedale sono strazianti», ha detto il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres. La Mezzaluna rossa palestinese ha invitato la comunità internazionale a intervenire per proteggere i civili e le squadre mediche dagli attacchi israeliani nella Striscia di Gaza. L’appello è stato fatto su X: «Prendere di mira deliberatamente il personale medico costituisce una grave violazione delle Convenzioni di Ginevra e un crimine di guerra». La Mezzaluna rossa palestinese ha aggiunto che dal 7 ottobre gli attacchi israeliani hanno ucciso quattro membri del personale delle ambulanze, ferito 21 tra dipendenti e volontari, e danneggiato otto ambulanze.

Raid contro un convoglio di ambulanze a Gaza, 15 morti. Per l’esercito di Israele i mezzi trasportavano terroristi. Gli aggiornamenti.
Tank israeliani (Ansa).

Israele: «L’operazione di terra nella Striscia di Gaza continua»

L’operazione di terra nella Striscia continua. Lo ha detto il portavoce militare Hagari, secondo cui i soldati dell’Idf hanno ucciso decine di terroristi e distrutto infrastrutture di Hamas nella giornata del 3 novembre. «Ci sono stati numerosi tentativi di attacchi ai soldati dai tunnel e dai compound militari nel nord della Striscia», ha riferito Hagari. «Nella notte, in un raid mirato nel sud di Gaza, corpi corazzati e ingegneri hanno fatto la mappa di edifici e neutralizzato ordigni esplosivi. Nel corso dell’operazione, i soldati hanno affrontato una cellula terroristica», uccidendo i suoi membri. Le operazioni di Israele comprendono anche raid contro obiettivi di Hezbollah. Secondo quanto riportano i media israeliani, un tank delle Idf ha attaccato due postazioni per il lancio di missili anticarro e un sito militare a ridosso della linea di confine tra Libano e Israele.

Sonic – Il film stasera su Italia 1: trama, cast e curiosità

Stasera 4 novembre 2023 andrà in onda alle ore 21.20 su Italia 1 Sonic – Il film. Il regista è Jeff Fowler mentre la sceneggiatura è stata scritta da Patrick Casey e Oren Uziel. Nel cast ci sono James Marsden, Ben Schwartz, Jim Carrey e Natasha Rothwell.

Sonic - Il film è la pellicola che andrà in onda questa sera 4 novembre su Italia 1, ecco trama, cast e curiosità.
Sonic, il riccio blu (X).

Sonic – Il film, trama e cast della pellicola stasera 4 novembre 2023 su Italia 1

La trama racconta la storia di Sonic, un leggendario eroe proveniente da un altro mondo che improvvisamente si ritrova sulla Terra. Sonic somiglia a un riccio blu, ha un carattere molto vivace e ha un potere eccezionale: riesce a compiere tantissime azioni in poco tempo grazie alla sua super velocità. Una volta sulla Terra comunque, Sonic si sente solo e non conosce il pianeta. Decide così di farsi conoscere dal nuovo sceriffo di Green Hills, nel Montana, Tom Wachowski (James Marsden).

Anche se inizialmente spaventato, il nuovo sceriffo impara a conoscere Sonic e si abitua, seppure dopo qualche tempo, alla sua velocità straordinaria. Tuttavia, ciò che i due non sanno, è che sulle tracce del riccio blu si è messo uno spaventoso e malvagio scienziato. Si tratta del Dottor Ivo Robotnik (Jim Carrey) che vuole sfruttare Sonic per i suoi scopi oscuri. Inizierà una battaglia contro il dottore e le sue creazioni e Sonic dovrà sfruttare al massimo i suoi poteri per salvarsi.

Sonic – Il film, 5 curiosità della pellicola stasera 4 novembre 2023 su Italia 1

Sonic – Il film, le abilità di Jim Carrey in scena

In diverse interviste per la promozione della pellicola, Jim Carrey ha affermato di non aver seguito i dialoghi previsti sul copione ma di aver improvvisato le sue scene. Inoltre, l’attore ha rivelato che il regista gli ha dato carta bianca per quanto riguarda la mimica facciale e le espressioni da usare durante le riprese.

Sonic - Il film è la pellicola che andrà in onda questa sera 4 novembre su Italia 1, ecco trama, cast e curiosità.
Jim Carrey in una scena del film (X).

Sonic – Il film, una modifica nel design del personaggio

Il primo trailer del film venne rivelato nel 2019 e il design di Sonic era molto diverso rispetto a quello dei videogiochi. I fan si arrabbiarono molto e minacciarono di boicottare la produzione. I produttori e il regista decisero quindi di rinviare il lancio del film e di modificare il design del protagonista. La nuova grafica del protagonista soddisfò i fan perché era molto simile a quella dei videogiochi.

Sonic – Il film, le scarpe sono ispirate a un modello reale

Le iconiche scarpe del personaggio principale, se osservate attentamente, mostrano un piccolo logo della Puma. Questo perché tali calzature si ispirano al modello Dare Mesh Sneakers per donne realizzato dal brand tedesco.

Sonic – Il film, gli incredibili incassi della pellicola

Il film è stato realizzato con un budget pari a 90 milioni di dollari. Tuttavia, gli incassi al botteghino hanno superato di gran lunga questa cifra: secondo il portale Box Office Mojo, gli incassi sono stati di circa 320 milioni di dollari.

Sonic – Il film, i sequel del lungometraggio

Visto il grande successo del film, nel 2022 è uscito il primo sequel intitolato Sonic 2. In questo film sono stati introdotti altri due personaggi storici del franchise: Tails e Knuckles. Inoltre, il 20 dicembre 2024 arriverà nelle sale cinematografiche il terzo film della saga intitolato Sonic 3.

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