Alla fine pare assodato, vista la ricostruzione fatta da media occidentali non certo sospettati di essere filoputiniani, come la Bcc o Radio Free Europe, che la “caccia all’ebreo” all’aeroporto di Makhachkala, capoluogo del Daghestan, repubblica a maggioranza musulmana del Caucaso, non sia proprio stata spontanea, frutto dell’antisemitismo che pur abbonda in tutta la Federazione russa, ma premeditata e organizzata. La spinta maggiore, via social, è arrivata dal canale Telegram Utro Daghestan, gestito da Ilya Ponomarev, ex deputato russo ora con cittadinanza ucraina, che da Kyiv ormai da tempo si è profilato come una sorta di alfiere nella lotta a tutto campo, aperta e dietro le quinte, contro il Cremlino.
I legami con i gruppi neonazisti e con i Servizi ucraini
Nonostante abbia negato il suo coinvolgimento, Ponomarev che già lo scorso anno aveva fondato Utro Fevralja, piattaforma legata ai gruppi paramilitari neonazisti russi che operano nel conflitto ucraino e dalla quale sono passate le rivendicazioni dell’omicidio di Darya Dugina e del blogger Vladlen Tatarsky, non gode proprio del massimo della credibilità, proprio per i suoi legami sia con le formazioni armate di estrema destra che con l’Sbu, i servizi segreti ucraini, e il capo dell’intelligence militare di Kyiv, Kirilo Budanov. Secondo la ricostruzione della Bbc dei fatti di Makhachkala, tempo fa Ponomarev avrebbe ricevuto direttamente da una fazione islamista del Daghestan la proposta di organizzare proteste antirusse e fino a settembre ha pubblicamente ammesso anche il legame diretto con Utro Daghestan. C’è poco da stupirsi quindi se da Mosca si sia subito puntato l’indice su agitatori esterni per scaricare il barile dei disordini antisemiti.
La carriera politica di Ponomarev, dal Partito comunista a Russia Giusta
D’altra parte l’ex deputato russo, eletto alla Duma nel 2012 con Russia Giusta, partito socialdemocratico guidato da Sergei Mironov e facente parte della cosiddetta opposizione sistemica, quella cioè sostanzialmente funzionale al regime, è ormai da un decennio uno degli oppositori più duri del Cremlino. Nel 2014 fu l’unico a non votare per l’annessione della Crimea e da quel momento ha dovuto cambiare aria, finendo in Ucraina dopo un breve passaggio negli Stati Uniti. La sua carriera politica era iniziata poco dopo l’arrivo di Vladimir Putin al Cremlino e dal 2002 al 2007 è stato nel Partito comunista, diventando poi uno degli animatori delle proteste del 2011/12, con il tentativo di coordinare l’opposizione extraparlamentare di destra vicina ad Alexey Navaly con quella di sinistra di Sergei Udaltsov. Percorso un po’ strano, per un diplomato in fisica con un master in pubblica amministrazione che già alla fine degli Anni 90, poco più che 30enne, lo aveva visto arrivare alla vicepresidenza della Yukos, il colosso petrolifero di Mikhail Khodorkovsky. Erano altri tempi, quelli di Boris Yeltsin, quando appunto Khodorkovsky era ancora uno dei magnifici sette, gli oligarchi che alle spalle del presidente gestivano le cose politiche ed economiche di tutta la Russia. Poi è arrivato Putin a sparigliare le carte e qualche magnate amico del Cremlino che non voleva stare al nuovo gioco trasformò improvvisamente in nemico: Khodorkovsky finì in Siberia, Ponomarev divenne comunista. I legami tra i due non sono però andati perduti. Sono riemersi dopo il 2014 nel contesto della diaspora antiputiana e resi ancora più evidenti dopo l’invasione russa dell’Ucraina nel 2022, tanto che entrambi si sono ritrovati a tifare per Yevgeny Prigozhin, sostenitori di una rivolta armata in Russia che togliesse di mezzo Putin a qualsiasi costo, anche a quello di una guerra civile.
Il coordinamento dei paramilitari antiputiniani in Ucraina
La questione della rivoluzione contro il Cremlino è diventata centrale per Ponomarev che dallo scorso anno è diventato una sorta di coordinatore anche dei gruppi paramilitari antiputiniani che combattono in Ucraina, legati anche dall’intelligence, come la Legione Libertà della Russia, l’Esercito armato repubblicano (Rna) e il Corpo volontario russo. Sono questi che la scorsa estate, per esempio, hanno inaugurato gli spettacolari raid in territorio russo nella regione di Belgorod, poco significativi nel contesto della guerra al fronte, ma di grande impatto mediatico e politico. Esattamente come gli omicidi mirati di Dugina e Tatarsky, la cui responsabilità è stata assunta da Budanov, o appunto l’aggressione agli ebrei all’aeroporti di Makhachkala, che rientra nella stessa strategia.