L’ottobrata sta per finire. L’anticiclone che ci ha regalato un lungo periodo di sole e temperature più alte della media stagionale verrà presto scalzato da un ciclone proveniente dall‘oceano Atlantico che porterà brutto tempo e freddo.
Il bel tempo durerà fino a venerdì 13 ottobre
Ad annunciarlo è Andrea Garbinato, responsabile redazione del sito IlMeteo.it. Giovedì 12 ottobre e venerdì 13 potremo godere ancora di una situazione di stabilità con cieli sostanzialmente soleggiati e un clima caldo e gradevole. A partire dal weekend del 14 e 15, l’anticiclone africano sarà costretto ad abbandonare gradualmente il Paese. Se sabato il tempo sarà piuttosto soleggiato a parte una maggior nuvolosità su tutto il Nord e occasionali piovaschi sulle Alpi, domenica l’ingresso di correnti più fresche farà peggiorare il tempo nelle regioni settentrionali dove scoppieranno dei temporali nel corso del pomeriggio. Nel contempo dall’oceano Atlantico arriverà un ciclone pronto a provocare un’intensa ondata di maltempo. Il vortice sarà alimentato da aria più fresca e sospinto dai venti di Libeccio. L’insieme dei fattori provocherà sia un tracollo delle temperature sia l’arrivo delle piogge.
Verso la fine. Nonostante dall'immagine satellitare l'anticiclone risulti ancora imponente, possiamo contare sulle dita di una mano i giorni che ci separano dal suo cedimento: 4. Dal 15-16 ottobre, infatti, torneranno pertubazioni e temperature più consone per il periodo. 1/2 pic.twitter.com/KehbCn4AIy
Entrare nel dettaglio è ancora troppo presto, dice Andrea Garbinato, ma secondo le previsioni da martedì un’intensa perturbazione colpirà intensamente il Centro-Nord. Possibili nubifragi interesseranno Toscana, Lazio e Umbria e altre piogge cadranno su Campania e Puglia. Una seconda perturbazione è attesa per giovedì 19, sempre sulle regioni centro-settentrionali. Sotto il profilo termico già da lunedì 16 le temperature subiranno un’importante diminuzione al Nord con valori massimi che non saliranno oltre i 16-17 gradi. Anche il Centro-Sud vedrà un sensibile calo dei valori massimi, ma da martedì 17.
Il team Ducati Gresini ha ufficializzato l’accordo con Marc Marquez per la stagione 2024. Lo spagnolo, otto volte campione del mondo, aveva recentemente annunciato la propria separazione da Honda e a partire dalla prossima annata.
Il motociclista gareggia a fianco del fratello Alex
Marquez è il nuovo alfiere del Team Gresini nel mondiale classe MotoGP, al fianco del fratello Alex. Per l’occasione Marc ha dichiarato: «Sono entusiasta di questa nuova sfida. Non è stata una decisione facile perché sarà un grande cambiamento sotto tutti gli aspetti. A volte nella vita bisogna uscire dalla propria zona di comfort e mettersi alla prova per continuare a crescere. Per quanto riguarda il cambio di moto, so che dovrò adattare molte cose nel mio stile di guida e non sarà facile. Ma sono convinto che tutto il Team Gresini mi aiuterà molto. Non vedo l’ora di conoscere la squadra e di iniziare a lavorare con tutti loro». Così Marquez ha salutato il primo passo della sua nuova avventura, che è prevista nel 2024 in sella alla Ducati del team Gresini dopo 11 anni alla Honda, con la quale ha vinto sei titoli mondiali in MotoGP. Il motociclista ha aggiunto: «Per quanto riguarda il cambio di moto, so che dovrò adattare molte cose nel mio stile di guida e non sarà facile. Ma sono convinto che il Team Gresini mi aiuterà molto».
Elena Cucci, nata a Tregnano (Veneto) il 26 maggio 1983, è un’attrice italiana. Nella sua carriera ha vinto un Nastro d’Argento speciale nel 2018 per la sua interpretazione in A casa tutti bene di Gabriele Muccino.
Elena Cucci: biografia e carriera
Figlia di padre abruzzese e madre francese, ha iniziato la sua carriera nel mondo della recitazione comparendo in un episodio della fiction Provaci ancora prof! nel 2005. Ha poi proseguito la carriera prendendo parte a serie e film tv come Distretto di Polizia (2006), Piper, regia di Francesco Vicario (2009), Sotto il cielo di Roma, regia di Christian Duguay (2010), Un medico in famiglia 7 (2011), CentoVetrine (2013-2014), Il restauratore 2, regia di Enrico Oldoini (2014) e Don Matteo 6 e 8 (2008, 2014).
Elena Cucci e Francesco Capaldo al Festival del Cinema di Roma nel 2017 (Getty Images).
Cucci ha recitato anche sul grande schermo e tra i film a cui ha preso parte vi sono Marcello Marcello, regia di Denis Rabaglia (2008), Io, Don Giovanni, regia di Carlos Saura (2009), Viva l’Italia, regia di Massimiliano Bruno (2012), Mister Felicità, regia di Alessandro Siani(2017), A casa tutti bene, regia di Gabriele Muccino (2018) e Se son rose, regia di Leonardo Pieraccioni (2018). H anche partecipato ad alcune webseries come Forse sono io, regia di Vincenzo Alfieri (2013), The Pills, seconda stagione, regia di Luca Vecchi (2013) e Freaks!, seconda stagione, regia di Claudio Di Biagio e Matteo Bruno (2012).
Elena Cucci: la vita privata
L’ultima relazione dell’attrice è stata con il regista dei The Jackal, Francesco Ebbasta (nome d’arte di Francesco Capalbo). Non si sa se attualmente i due siano ancora insieme.
Madonna si prepara a iniziare il suo atteso Celebration Tour già sold out in tutta Europa. Sabato 14 ottobre, la popstar 65enne sarà alla O2 Arena di Londra per la prima tappa di una serie di concerti che, il 23 e il 25 novembre, la porteranno in Italia al Mediolanum Forum di Assago. In attesa del debutto, la Bbc ha intervistato il direttore musicale Stuart Price, che ha preannunciato uno spettacolo senza precedenti con oltre 40 canzoni in due ore di live. «Sarà un documentario sulla sua carriera», ha spiegato, anticipando la presenza di medley e brani integrali. «Madonna ha aspettative molto alte, ha sfruttato la sua convalescenza in estate per migliorare gli show e concentrarsi al 100 per cento su di essi». Il tour attingerà anche a quattro decenni di filmati d’archivio, registrazioni in studio originali e costumi classici per una vera festa musicale.
Madonna, la scaletta del Celebration Tour e l’assenza di una band
Per la prima volta da quando cantava nei club all’inizio della sua carriera, Madonna si esibirà da sola sul palco. Durante i live del Celebration Tour infatti non ci sarà alcuna band ad accompagnarla dal vivo, dato che lo show attingerà alle registrazioni originali delle canzoni. «Ci sono incisioni che non possono essere ricreate», ha spiegato Price. «Naturalmente, quando si tratta di Madonna, tutto ruoterà intorno a una contestualizzazione delle cose, alla ricerca di un modo per trasmettere messaggi forti». Specificando che i concerti non saranno una semplice «operazione nostalgia», il direttore musicale ha poi anticipato alcuni dettagli sulla scaletta. Ci saranno tutte le pietre miliari della sua carriera come Vogue, Like a Prayer e Ray of Light, ma anche Live to Hell e Don’t Tell Me, i preferiti dai fan.
«Il vero problema è stato mettere in due ore di concerto oltre 40 canzoni», ha raccontato Price. «Abbiamo deciso di attingere a ogni momento cruciale della sua storia artistica». Stando alle anticipazioni, Madonna canterà integralmente circa 25 canzoni, mentre altre 20 faranno parte di medley oppure fungeranno da collante per spostarsi fra un momento e l’altro dell’esibizione. «Non è stato facile, ma lei è sempre forte e vanta un’interazione con il pubblico unica. Forse cambieremo lo show ogni volta». Non si escludono anche intermezzi acustici, seguendo la scia di quanto fatto da Taylor Swift durante il suo Eras Tour. «Madonna è molto dura con se stessa, è sempre intransigente», ha proseguito Price. «La persona che salirà sul palco ha però un aspetto incredibile e suonerà in modo altrettanto incredibile».
In corso le prove finali in un’arena segreta di Londra
Intanto, come hanno confermato alcuni media britannici tra cui il Sun, Madonna ha iniziato le prove finali del suo live a Londra. La popstar ha infatti affittato un’arena segreta per affinare gli ultimi accorgimenti. «In alcuni casi va avanti anche per 12 ore al giorno», ha detto una fonte anonima al tabloid inglese. «Il palco è il più elaborato che abbia mai avuto, sarà qualcosa di epico». Con lei tutto il team e i ballerini di supporto, che la seguiranno durante le tappe della tournée. Secondo Billboard, considerando anche i concerti negli Stati Uniti e in Oceania, Madonna potrebbe incassare circa 140 milioni di dollari in totale grazie a oltre 800 mila biglietti venduti. Gran parte dei proventi sarà devoluto in beneficenza al Raising Malawi e al Chema Vision Children’s Center.
Madonna sul palco degli Mtv Vma 2018 (Getty Images).
La Russia può permettersi di rimanere in guerra con l’Ucraina al massimo fino al 2026: Mosca dispone di risorse umane sufficienti per molto tempo, ma problemi di tipo economico e tecnologico limiteranno le sue capacità belliche. Lo ha detto il capo dell’intelligence militare ucraina, Kirilo Budanov, in un’intervista a Ukrainska Pravda.
Budanov: ci stiamo avvicinando alla guerra globale abbastanza rapidamente».
«Dal punto di vista economico, la Russia può permettersi (la guerra) senza problemi fino al 2025 – ha affermato Budanov». In termini di quantità di equipaggiamento, durerà al massimo fino al 2026. Forse un po’ prima, perché il ritmo di rinnovo degli equipaggiamenti che si registra attualmente non è così elevato». Rispondendo poi a una domanda su una possibile terza guerra mondiale alla luce dei conflitti in corso, il capo dell’intelligence militare ucraina ha risposto: «Questa è la mia valutazione soggettiva: sulla base della totalità della geografia, vediamo diversi conflitti che a prima vista sembrano regionali, ad eccezione dell’Ucraina, ma sono tutti collegati dagli stessi Paesi coinvolti in questi processi. Quindi sì, dopo tutto credo che ci stiamo avvicinando alla guerra globale abbastanza rapidamente».
Tra le aree colpite dai miliziani di Hamas durante le loro incursioni in Israele vi sono anche i kibbutz, piccoli villaggi ebraici autosufficienti nati nel Novecento. Si tratta di comunità in cui viene condotta una vita basata sui principi della condivisione dei beni e sulla democrazia diretta (il termine significa letteralmente “ritrovo”), i cui appartenenti gestiscono il territorio seguendo pratiche comunitarie. A oggi in Israele se ne contano circa 250 e raccolgono una popolazione complessiva pari a quasi 125 mila abitanti. In origine erano nate come comunità egalitarie di agricoltori, ma con il passare tempo hanno conosciuto alcune evoluzioni di carattere sociale.
Dalla vocazione agricola alla produzione manifatturiera
Nato come ideale socialista di eguaglianza e di lavoro a favore della comunità, ogni singolo individuo appartenente al kibbutz aveva l’obbligo di lavorare per tutti gli altri ricevendo in cambio, al posto di denaro, solo i frutti del lavoro comune, evitando così alla collettività di cadere nelle mani di quello che viene considerato il consumismo di stampo occidentale. Dopo la fondazione dello stato di Israele, i kibbutz hanno conosciuto un periodo di declino, dovuto sia a compromessi ideologici (quali la necessità di impiegare lavoro salariato esterno) sia alla concorrenza delle imprese a carattere privato e sia a una cattiva gestione in periodi di crisi economica. Soprattutto nell’ultima parte del XX secolo, i loro abitanti sono diminuiti, attratti da altre aree del Paese. Più di recente, però, la tendenza a tornare a viverci ha permesso di ripopolarli e, se inizialmente si occupavano solo di attività agricole, si sono sviluppati seguendo anche progetti manifatturieri e lavorazioni di materie plastiche e di elettronica. Nel 2010 in Israele ce n’erano 270 e le loro fabbriche e aziende agricole arrivavano a costituire il 9 per cento del prodotto industriale (8 miliardi di dollari) e il 40 per cento del prodotto agricolo (oltre 1,7 miliardi di dollari).
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky avrebbe espresso l’intenzione di recarsi in visita in Israele per mostrare solidarietà al Paese, attaccato da Hamas, mentre si avvicina l’inizio dell’operazione di terra nella Striscia di Gaza. Lo scrive Axios, citando funzionari ucraini e israeliani. Lo staff di Zelensky avrebbe già inviato una richiesta all’ufficio del primo ministro Benjamin Netanyahu, chiedendo di coordinare una visita.
Volodymyr Zelensky e Benjamin Netanyahu nel 2020 (Getty Images).
Zelensky ha già invitato i leader dei Paesi Nato a visitare Israele
L’11 ottobre, prima dell’inizio del vertice dei ministri della Difesa Nato presso il quartier generale a Bruxelles, Zelensky ha invitato i leader dei Paesi dell’Alleanza a visitare Israele, ricordando i primi giorni dell’invasione russa dell’Ucraina. «Noi siamo in guerra e comprendiamo cosa significhi avere attacchi terroristici. Ricordo i primi giorni della nostra guerra su larga scala, iniziata con attacchi terroristici dalla Bielorussia», ha detto Zelensky. «Se posso dare una raccomandazione ai leader dell’Occidente, è di non far sentire sola la popolazione, visitando Israele».
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (Getty Images).
Zelensky ha accusato Mosca di aver dato sostegno ad Hamas
Tra interviste e dichiarazioni in conferenza stampa Zelensky, preoccupato che la guerra israelo-palestinese finisca per monopolizzare l’attenzione dei media e dei governi occidentali, causando una flessione del sostegno a Kyiv, ha accusato la Russia di essere dietro ad Hamas. L’ambasciatore israeliano a Mosca ha definito tale teoria una «completa assurdità». Le fonti di Axios hanno precisato che le discussioni sulla visita di Zelensky in Israele sono ancora preliminari e che non è stata ancora stabilita una eventuale data. È invece già atterrato a Tel Aviv Antony Blinken, giunto in Israele per ribadire il sostegno degli Stati Uniti dopo gli attacchi di Hamas. Il segretario di Stato americano il 13 ottobre incontrerà anche il presidente palestinese Abu Mazen.
Tre persone sono indagate nell’inchiesta della Procura diVenezia sulla strage del bus di turisti precipitato a Mestre, costata la vita a 21 persone. Secondo quanto scrive Il Gazzettino, si tratta dell’amministratore delegato della società La Linea, proprietaria del mezzo, e di due funzionari del Comune di Venezia: il dirigente del settore Viabilità e mobilità per la terraferma e quello del settore Manutenzione viabilità stradale. Nei loro confronti il pm Laura Cameli ipotizza i reati di omicidio stradale, omicidio colposo plurimo, lesioni personali stradali gravi o gravissime e lesioni personali colpose.
Il procuratore capo di Venezia: «Indagini già da un anno? Non risulta»
Intanto attorno alle condizioni del cavalcavia si apre un nuovo capitolo, legato a un presunto fascicolo aperto dalla procura di Venezia che secondo alcune ricostruzioni già da un anno avrebbe acceso i fari sullo stato di manutenzione del cavalcavia di Mestre. Il procuratore capo Bruno Cherchi ha commentato: «Sto facendo fare delle verifiche perché a mente nessuno si ricorda di questa cosa. Di sicuro non c’è nessun fascicolo aperto. Stiamo facendo accertamenti in archivio per vedere se si tratta di una notizia reale o meno». Il procuratore ha risposto anche alle domande sull’esito dell’autopsia di Alberto Rizzotto, l’autista del bus deceduto nello schianto: «Prima di una decina di giorni non riusciremo a sapere niente. Al medico legale abbiamo chiesto una valutazione complessiva, non abbiamo necessità di avere le cose a pezzettini, che rischiano di essere smentite da successive analisi, quindi fino a quando non ci daranno la situazione complessiva è inutile parlare di dettagli».
Si è chiusa mercoledì 11 ottobre 2023 a Parigi la seconda edizione di Italian Excellences 2023, Mid Corporate Conferencedi Intesa Sanpaolo dedicata in prevalenza a società quotate sul segmento Euronext STAR Milan di Borsa Italiana. L’evento è stato organizzato in collaborazione con Borsa Italiana, parte del Gruppo Euronext ed è promosso dalla Divisione IMI Corporate & Investment Banking di Intesa Sanpaolo – guidata da Mauro Micillo – e dalla Direzione Studi e Ricerche – guidata da Gregorio De Felice.
Oltre 800 gli incontri tra aziende e investitori
L’iniziativa ha registrato numeri in crescita rispetto al 2022, con 48 società coinvolte e circa 110 investitori, prevalentemente francesi, ma con presenze anche da Italia, Spagna e Inghilterra. Oltre 800 gli incontri organizzati tra le aziende e gli investitori, con modalità one-to-one o a piccoli gruppi, che hanno permesso alle piccole e medie imprese italiane quotate di presentare i risultati raggiunti e le prospettive future. L’evento ha visto la collaborazione tra le strutture Equity Research e Corporate Broking Research della Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo e l’area Equity Sales di Global Markets Sales & Platform della Divisione IMI CIB. Queste le mid corporate italiane che hanno partecipato, a rappresentare le tante eccellenze del nostro Paese e i diversi settori industriali che sono il motore della nostra economia: Aeffe, Aeroporto di Bologna, Ala, Alkemy, Antares Vision, Arnoldo Mondadori, Avio, Aquafil, Banca Sistema, Biesse, Carel Industries, Cellularline, Cy4gate, d’Amico Intl. Shipping, Datalogic, Digital Value, Elica, Esprinet, Eurocommercial Properties, Eurogroup, Eurotech, Fila, Generalfinance, GPI, Gruppo Mutui Online, Gruppo Orsero, IGD SIIQ, Illimity Bank, Interpump Group, Irce, Iveco, Italian Wine Brands, LU-VE, MARR, Openjobmetis, Newlat Food, Pattern, Reply, Salcef Group, Sanlorenzo, Seco, Sogefi, Somec Group, Technogym, Technoprobe, Tinexta, Wiit, Zignago Vetro. La società Virgilio IR ha operato come supporto organizzativo grazie alla propria pluriennale esperienza nel settore, l’ampio data-base di investitori italiani e internazionali e una solida piattaforma tecnologica per la gestione degli incontri.
Mocio: «Valorizziamo qualità e prospettive del made in Italy»
Queste le dichiarazioni di Massimo Mocio, deputy chief e responsabile Global Banking & Markets della Divisione IMI CIB di Intesa Sanpaolo: «I numeri registrati dalla seconda edizione di Italian Excellences confermano il sempre crescente interesse degli investitori internazionali verso le eccellenze del nostro Paese. Un tessuto produttivo di piccole e medie imprese che continua a crescere, a innovarsi e ad aprirsi ai mercati esteri. Questa iniziativa ha proprio l’obiettivo di valorizzare al meglio qualità e prospettive del nostro made in Italy e accompagnare le realtà imprenditoriali nei loro percorsi di sviluppo e di internazionalizzazione».
Prende il via giovedì 12 ottobre 2023 il Festival dello Sport di Trento. Per quattro giorni, fino a domenica 15 ottobre, la manifestazione, arrivata alla sua sesta edizione ha come tema conduttore la Grande Bellezza. Durante queste giornate, tanti gli ospiti presenti che si raccontano, da Baggio a Ibrahimovic, da Pogacar a Tamberi fino a Egonu.
Gli ospiti della prima giornata
Nella sua giornata d’apertura, il Festival dello Sport di Trento accoglie un campione che proviene dal mondo del calcio: Roberto Baggio. Fuoriclasse, Pallone d’Oro nel 1993, il calciatore è solamente il primo che ha confermato la sua presenza. Assieme a lui, a parlare della loro carriera e appassionare i più giovani, anche Ronaldinho, Shevchenko, Papin e Rummenigge e il più atteso, Zlatan Ibrahimovic oltre che Antonio Conte. Durante la kermesse previsti anche gli Stati generali del calcio, un forum per discutere del futuro del mondo del calcio tra sostenibilità dei costi, costruzione di nuovi stadi e il tema dei vivai. Durante il Festival spazio anche al ciclismo con la presentazione del Giro d’Italia 2024 e l’inaugurazione della mostra Campionissime, con le leggende Giuseppe Saronni e Andrea Tafi. Nei giorni seguenti arrivano anche Tadej Pogacar, Primoz Roglic, Filippo Ganna e Peter Sagan che proprio a Trento ha intenzione di annunciare l’addio al ciclismo. Nell’ambito dell’atletica è Mike Powell, primatista del mondo di salto in lungo nel 1991, a inaugurare la manifestazione, insieme alla coppia di amici e rivali Tamberi-Barshim e Marcello Fiasconaro. Ultime ma non ultime, sono pronte a raccontare la loro passione sportiva anche la sciatrice Sofia Goggia e la pallavolista Paola Egonu.
Quando militari dello Stato ebraico e i reporter sono entrati nel kibbutz di Kfar Aza, a due chilometri dalla Striscia di Gaza, hanno trovato intere famiglie uccise da Hamas, compresi alcuni bambini. «Non è una guerra, non è un campo di battaglia. È un massacro, è un’attività terroristica», ha commentato un generale dell’Idf ripreso da La Presse. «Potete vederlo da soli, è qualcosa che non ho mai visto nella mia vita. È qualcosa che potevamo immaginare fosse successo ai nostri nonni e nonne nei pogrom in Europa e in altri posti. È qualcosa che non accade nella nei giorni nostri».
Cosa significa il termine pogrom
Dal significato che del termine riporta l’enciclopedia dell’olocausto, pogrom è un termine russo che significa «demolire o distruggere con atti violenti». La connotazione storica del termine si riferisce infatti alle violente aggressioni contro gli ebrei da parte delle popolazioni locali, avvenute nell’Impero Russo e in altre parti del mondo. Probabilmente il primo di questi attacchi a essere chiamato pogrom sia stato il tumulto scoppiato contro gli Ebrei ad Odessa nel 1821. Successivamente, il termine è diventato di uso comune con i numerosi disordini anti-ebraici che scossero l’Ucraina a la Russia meridionale tra il 1881 e il 1884, a seguito dell’assassinio dello zar Alessandro II. In Germania e nell’Europa dell’est, durante il periodo dell’Olocausto, così come già durante l’epoca zarista, al tradizionale risentimento verso gli Ebrei dovuto all’antisemitismo religioso, si aggiunsero ragioni economiche, sociali e politiche che vennero usate come pretesto per i pogrom.
I pogrom durante il nazismo
Dopo l’ascesa al potere del partito nazista in Germania, nel 1933, la violenza estemporanaea nei confronti degli ebrei veniva tollerata, e persino incoraggiata. In particolare, ciò avvenne nel momento in cui i leader nazisti calcolarono che la violenza avrebbe preparato i tedeschi alle aspre misure antisemite, sia legali che amministrative. Per esempio, la campagna di violenze orchestrata a livello nazionale tra il 9 e il 10 novembre 1938 e conosciuta come la Notte dei Cristalli (Kristallnacht), rappresentò il momento culminante di un lungo periodo di aggressioni sporadiche attuate nei confronti degli Ebrei. Questa violenza di strada era cominciata con i tumulti di Vienna, dopo l’annessione dell’Austria alla Germania (Anschluss), avvenuta nel marzo 1938.
Mentre prosegue, ormai un po’ in secondo piano, il cosiddetto derby nero all’interno della destra radicale italiana, neo o post-fascista che dir si voglia, tra chi sostiene la causa ucraina (per esempio Fratelli d’Italia, forse anche un po’ “costretti” dal ruolo istituzionale della responsabilità governativa e CasaPound) e chi quella di Putin (Forza Nuova), la drammatica escalation della nuova crisi tra Israele e Hamas apre un ulteriore terreno di contrapposizione. E mentre Giorgia Meloni dichiara ufficialmente, senza se e senza ma, il sostegno del governo a Tel Aviv, magari con qualche mal di pancia all’interno del partito, così come era avvenuto per esempio dentro Alleanza Nazionale quando Gianfranco Fini, allora leader del partito, nel 2003, davanti al Muro del Pianto di Gerusalemme definì il fascismo «male assoluto» (in realtà lui aveva parlato delle leggi razziali fasciste, ma i media generalizzarono), altre componenti del radicalismo di destra, da Forza Nuova a CasaPound, dalla romana Azione Frontale alla lombarda Do.Ra. (l’acronimo sta per Comunità militante dei dodici raggi), in odore di neonazismo, al Fronte Skinhead veneto sostengono, nemmeno troppo velatamente, le ragioni palestinesi.
Benjamin Netanyahu e Giorgia Meloni (Imagoeconomica).
Dall’Ucraina a Israele, fra tradizione “moderata” ed eresia neofascista
Se ancora ci fossero dubbi sulle distanze che separano la destra “extra parlamentare” da quella governativa, ecco quanto scrive, in un messaggio sui social, il vice segretario di Forza Nuova, Luca Castellini, a corredo di due immagini appaiate della facciata di Palazzo Chigi, una su cui sono proiettati i colori giallo-blu della bandiera ucraina, e l’altra la bandiera di Israele: «Corto circuito tutto fuckin’ liberal occidentale quello per cui in una guerra ci dicono di stare dalla parte dei finti oppressi e in un’altra da quella dei certi oppressori. Succede quando l’etichetta di oppresso ed oppressore è meramente funzionale a chi ci tiene in catene». Qui, la critica è ben più profonda e dirompente di quanto non si possa cogliere dalle parole, perché quella che viene messa in discussione non è tanto, e solo, la posizione del governo, e quindi di Fratelli d’Italia, bensì una lunga, e ormai consolidata tradizione filo israeliana, e di riflesso filoatlantica (o viceversa), che alberga, ben consolidata, all’interno dell’estrema destra parlamentare.
Corto circuito tutto fuckin’ liberal occidentale quello per cui in una #guerra ci dicono di stare dalla parte dei finti oppressi e in un'altra da quella dei certi oppressori. Succede quando l’etichetta di oppresso ed oppressore è meramente funzionale a chi ci tiene in catene. pic.twitter.com/BX3ujfWq2g
Dal Msi a Fratelli d’Italia, la destra filoisraeliana con l’eccezione di Rauti-Alemanno
Se tra gli Anni 50 e 60 il Msi, tenacemente e pervicacemente anticomunista, si trovò, in un mondo per così dire bipolare e dominato dalla Guerra fredda, a dover “scegliere” tra il modello occidentale guidato dagli Usa e uno comunista dominato dal duo Urss/Cina, optando ovviamente per il primo e, di conseguenza, per Israele (gli Stati arabi, Egitto in primis, venivano considerati sotto la sfera di influenza del comunismo), la tradizione filo-atlantista e pro Israele è rimasta un elemento costante nel Movimento e nelle sue successive edizioni, fino, appunto a Fratelli d’Italia. Unica voce dissonante, finché è rimasto in vita, quella dell’”irriducibile” Pino Rauti. Non a caso, anche oggi, a far sentire la propria voce non allineata è Gianni Alemanno, rautiano, nonché genero di Rauti, di ferro: «Il terrorismo va respinto», ha scritto in un post, «ma bisogna avere la forza di strappare le radici dell’odio. Riconoscendo a due popoli il diritto di avere ciascuno la propria Patria e il proprio Stato sovrano».
L’alleanza storica tra nazi-fascisti e palestinesi
Formalmente, i gruppi estremisti sostengono, e questo non è certo loro esclusiva, che Israele rappresenti una entità territoriale e statuale non legittima, e rivendicano invece il sostegno alla nascita di uno Stato palestinese. Detto così, appunto, non pare una posizione del tutto estremista e illogica. Ma, a una analisi più approfondita, si capisce che, alla base di queste motivazioni, vi è un mai sopito antisemitismo di fondo. «Il comun denominatore», scrive per esempio Paolo Berizzi su Repubblica, «è l’antisemitismo travestito da antisionismo, la lotta alle lobby finanziarie e alle banche, ai poteri forti, ai Soros, al mondialismo-pluto-massonico: tutti sinonimi di “ebrei” nel linguaggio in codice dell’estrema destra». Non a caso, proprio in questa destra si sono sempre enfatizzati i legami che, negli Anni 30 e 40 del secolo scorso, intercorsero tra il regime nazista e il mondo arabo e musulmano. Ma seppure non vi sia dubbio che la Germania nazista impegnò ogni risorsa per attrarre a sé il mondo islamico (proponendosi come alleato affidabile per combattere i nemici comuni: l’impero britannico, il comunismo e soprattutto il giudaismo e quindi come protettrice del mondo islamico, magari anche con qualche deroga alle proprie convinzioni razziali), anche con qualche successo – per esempio il reclutamento di migliaia e miglia di soldati musulmani tra le file della Wermacht e nelle SS – un po’ tutti, specie nelle fasi più concitate della guerra, provarono ad attrarre i popoli dmusulmani, dall’Italia fascista (Mussolini veniva ufficialmente presentato come «protettore dell’Islam») al Giappone fino alla Russia.
Adolf Hitler e il Grand Mufti Haj Amin el Husseini (Getty Images).
I palestinesi ispiratori della Shoah: la celebre gaffe di Netanyahu
Dove non arrivano gli storici, a sostenere il comune sentire tra nazisti e i palestinesi ci pensano qualche volta i politici, seppure in modo un po’ azzardato e, in qualche caso persino goffo. È il caso del presidente dell’Anp Mahmud Abbas che, in un intervento tenuto a fine agosto al Comitato rivoluzionario di al-Fatah, ha sostenuto che Hitler perseguitò gli ebrei europei «perché si occupavano di usura e di traffici monetari». Suscitando, come immaginabile, un vespaio di polemiche. Ma ancora peggio è riuscito a fare Benjamin Netanyahu che, addirittura, arrivò ad assolvere il Führer per attribuire ai palestinesi la responsabilità della Shoah. Nel 2015, parlando al XXXVI Congresso sionista a Gerusalemme, il premier israeliano disse che «Hitler non voleva sterminare gli ebrei all’epoca, li voleva espellere» ma nell’incontro a Berlino alla fine del 1941 «il Mufti di Gerusalemme, Haj Amin al-Husseini, obiettò “verranno tutti qui” e quando Hilter gli chiese “cosa devo fare con loro?”, il mufti “rispose di bruciarli”». Netanyahu cercò in tutti i modi di fare retromarcia, ma ormai la frittata era fatta.
Il numero delle vittime nella Striscia di Gaza per i bombardamenti israeliani degli ultimi sei giorni è salito ad almeno 1200 morti e circa 5600 feriti, ha detto giovedì 12 ottobre il ministero della Sanità palestinese. Almeno 51 persone sono morte e altre 281 rimaste ferite negli attacchi aerei compiuti nella notte di giovedì 12 ottobre I raid hanno colpito Gaza, Jabaliya, Sabra, AlZaytoun, Al Nafaq, Tal Al Hawa e Khan Younis. Secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari (Ocha), quasi 339 mila persone sono state costrette a fuggire dalle proprie case nella Striscia di Gaza sotto assedio e bombardata dall’esercito di Israele. Il numero degli sfollati nella Strischia, dove vivono 2,3 milioni di abitanti, «è aumentato di altre 75 mila persone e ha raggiunto la cifra di 338.934», ha affermato l’Onu. Quella di Gaza è e sarà un’operazione «senza precedenti». E Netanyahu ha dichiarato: «Ogni membro di Hamas è un uomo morto». Nel sud di Israele è stato colpito dal dal lancio di razzi di Hamas l’ospedale di Ashkelon. Appello di Hamas alle piazze, si teme la rivolta araba.
Blinken in Medio Oriente: «Incontrerà Abu Mazen»
Fonti palestinesi affermano che il presidente Mahmoud Abbas (Abu Mazen) incontrerà venerdì 13 ottobre il segretario di Stato americano Antony Blinken, in visita in Medio Oriente. «Nell’ambito dell’impegno profuso 24 ore su 24 dalla leadership palestinese per fermare questa guerra devastante e nel quadro dello sforzo congiunto tra Giordania e Palestina, Abbas si incontra oggi ad Amman con il re Abdullah, ha scritto sul suo account X il segretario generale del comitato esecutivo dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp), Hussein Al-Sheikh.
As part of the effort exerted around the clock by the Palestinian leadership to stop this devastating war, and within the framework of the joint effort between #Jordan and #Palestine, HE President Mahmoud Abbas is meeting today in Amman with his brother, His Majesty King Abdullah… https://t.co/jcDkyglHim
— ???? ????? Hussein AlSheikh (@HusseinSheikhpl) October 12, 2023
Colpita forza d’élite Nukhba di Hamas, responsabile dell’infiltrazione in Israele
Nei raid della notte scorsa sulla Striscia l’esercito ha più volte colpito le forze di élite Nukhba di Hamas, in particolare i suoi centri operativi di comando. «Queste forze – ha spiegato l’esercito – sono costituite da terroristi selezionati da alti funzionari di Hamas, designati per effettuare attacchi terroristici come imboscate, incursioni, assalti, infiltrazioni attraverso tunnel terroristici, nonché missili anticarro, razzi e fuoco di cecchini».
Appello della Croce Rossa per la liberazione degli ostaggi
Il Comitato internazionale della Croce Rossa ha contattato Hamas e le autorità israeliane per giungere alla liberazione degli ostaggi israeliani, implorando alle due parti di adoperarsi per ridurre le sofferenze dei civili. L’offerta è quella di effettuare visite umanitarie, mettere in contatto le famiglie con gli ostaggi e agevolare la liberazione di questi ultimi. Fabrizio Carboni, responsabile della Croce Rossa internazionale per il Medio Oriente ha ricordato che la presa di ostaggi è proibita dal diritto internazionale.
Israele: «La Cina deve assumere un atteggiamento più equilibrato»
La Cina ha bisogno di assumere «un atteggiamento più equilibrato» sul conflitto tra Israele e Hamas. Lo afferma l’ambasciatrice israeliana a Pechino, lrit Ben-Abba, in un’intervista a Bloomberg Tv, anticipando che Zhai Jun, l’inviato cinese per il Medio Oriente, dovrebbe avere oggi colloqui con la parte israeliana, dopo le telefonate con quelle egiziana e palestinese.