La ripresa dell’anno scolastico, il primo dalla fine ufficiale dell’emergenza sanitaria da Covid-19 non ha cancellato l’impoverimento educativo generato dalla pandemia sull’apprendimento e sul benessere psicologico degli studenti, soprattutto tra i minori in svantaggio socioeconomico. Se la pandemia ha rimesso al centro l’importanza degli investimenti sull’istruzione, dopo l’emergenza la percentuale di Pil investita dal nostro Paese in questo settore è tornata a scendere al 4,1 per cento, contro una media europea del 4,8 per cento, a cui si aggiunge la carenza di servizi come asili nido, mense e tempo pieno. Lo dice Save the Children.
La dispersione scolastica in Italia è superiore rispetto alla media europea
La copertura nelle strutture educative 0-2 anni pubbliche e private nell’anno educativo 2021-2022 è pari a 28 posti disponibili per 100 bambini residenti, ancora al di sotto dell’obiettivo europeo del 33 per cento entro il 2010. Secondo gli ultimi dati disponibili (anno scolastico 2021-2022) ancora solo il 38,06 per cento delle classi della scuola primaria è a tempo pieno (sebbene in crescita rispetto a 5 anni prima, 32,4 per cento nell’anno scolastico 2017-2018) e poco più della metà degli alunni della primaria frequenta la mensa scolastica. Per l’organizzazione, dunque, «non sorprende che la dispersione scolastica in Italia sia superiore rispetto alla media europea» e che l’8,7 per cento di studenti si trovi in condizione di dispersione implicita (secondo i dati Invalsi del 2023), percentuale in diminuzione rispetto allo scorso anno, ma ancora più elevata rispetto a quella registrata prima della pandemia. Queste sono alcune evidenze emerse nel Rapporto «Il mondo in una classe. Un’indagine sul pluralismo culturale nelle scuole italiane», diffuso oggi da Save the Children in vista della riapertura delle scuole: una fotografia delle diseguaglianze educative che compromettono i percorsi di crescita di bambine, bambini e adolescenti in Italia.
Meno opportunità a scuola per i giovani immigrati
La scuola italiana è alle prese con un numero sempre minore di studenti, a causa del calo demografico che da anni investe il nostro Paese: rispetto a 7 anni fa, quasi 71 mila bambini in meno hanno varcato la soglia della scuola elementare e le classi sono sempre più multiculturali. Sono più di 800 mila i minori stranieri, pari ad oltre 1 su 108 (10,6 per cento) tra gli iscritti nelle scuole dell’infanzia, primarie e secondarie. Il mancato riconoscimento della cittadinanza italiana, per l’organizzazione, ha un impatto sul successo scolastico e segna il loro percorso di crescita. Molti studenti con background migratorio, pur nascendo o crescendo in Italia, hanno meno opportunità rispetto ai loro compagni di scuola, a partire dall’inserimento alla scuola dell’infanzia, al ritardo scolastico dovuto alla collocazione in classi inferiori a quelle corrispondenti all’età anagrafica o alla mancata ammissione all’anno successivo, fino all’abbandono precoce.
Adriano Pantaleo, nato a Napoli il 9 settembre 1983, è un attore italiano noto per il suo ruolo nella fiction del 1993 e 1998 Amico mio accanto a Massimo Dapporto.
Adriano Pantaleo: biografia e carriera
Pantaleo si è laureato alla Sapienza di Roma in Arti e scienze dello spettacolo e ha esordito molto giovane al cinema, nel 1993, con i film Ci hai rotto papà di Castellano e Pipolo e Io speriamo che me la cavo di Lina Wertmüller. Nel 1998 è tornato a recitare per la regista con il film Ferdinando e Carolina. È poi diventato famoso interpretando il ruolo di Spillo nelle due stagioni della miniserie tv Amico mio (1993 e 1998), con Massimo Dapporto, con cui è tornato a lavorare nelle due stagioni di Casa famiglia (2001 e 2003). Nel 2003 ha anche recitato nella serie tvIl bello delle donne 3.
Adriano Pantaleo al Festival del Cinema di Venezia nel 2019 (Getty Images).
Durante la sua carriera ha recitato in film come Vacanze di Natale 2000, regia di Carlo Vanzina (1999), Billo – Il grand Dakhaar, per la regia di Laura Muscardin (2006),Il sindaco del rione Sanità, regia di Mario Martone (2019), Noi ce la siamo cavata, regia di Giuseppe Marco Albano (2022) e Mixed by Erry, regia di Sydney Sibilia (2023). Anche in televisione ha preso parte a diversi film e serie tv tra cuiDistretto di Polizia 7, regia di Alessandro Capone (2007), Tutti pazzi per amore (2008-2011), Per amore del mio popolo, regia di Antonio Frazzi (2014), Natale in casa Cupiello, di Edoardo De Angelis (2020), Sabato, domenica e lunedì, Edoardo De Angelis (2021) e La vita bugiarda degli adulti, regia di Edoardo De Angelis (2023).
Adriano Pantaleo: la vita privata
L’attore è sposato anche se l’identità della moglie non è nota e ha due figli, Margherita e Giovanni.
Nonostante continui colloqui fra i sindacati e i produttori, lo sciopero a Hollywood non accenna a fermarsi. Gli sceneggiatori sono già entrati nel quarto mese di protesta, mentre gli attori si apprestano a raggiungere i 60 giorni di stop. Migliaia di lavoratori dello spettacolo rischiano però di perdere la casa, in quanto non più capaci di sostenere le spese per mutui e affitti o semplicemente di pagare le utenze. Come ha riportato l’Hollywood Reporter, l’Entertainment Community Fund (Ecf) ha erogato 5,4 milioni di dollari (circa 5 milioni di euro) a 2600 interpreti, sceneggiatori e membri delle troupe, con una media di 500 mila a settimana. Molto grave la situazione a Los Angeles e in tutta la California, ma non va meglio ad Atlanta e a New York. Il Sag-Aftra riceve fino a 75 richieste di assistenza al giorno, mentre prima degli scioperi non superavano la dozzina.
Dall’inizio dello sciopero, attori e sceneggiatori vivono in auto o da parenti
Stando agli ultimi dati, ogni giorno uno o due lavoratori dello spettacolo ricevono l’avviso di sfratto. È il caso di David Baach, che ha recitato in diverse sitcom celebri negli States. «Ho lavorato un giorno a maggio e poi si è fermato tutto», ha raccontato. «Ho finito tutti i risparmi e negli ultimi mesi ho fatto giardinaggio nelle aree verdi del mio palazzo. A inizio agosto però ho trovato l’avviso di sfratto affisso sulla porta di casa». Come molti colleghi si è rivolto al fondo del sindacato Sag-Aftra, all’Ecf e al Motion Picture & Television Fund (Mptf), che ha elargito un assegno mensile di 1500 dollari. Un affitto a Los Angeles tuttavia ne costa in media 3 mila, pertanto non è sufficiente.
Una protesta a New York dei lavoratori dello spettacolo (Getty Images).
«Le sovvenzioni sono utili, ma non dureranno a lungo», ha spiegato Bob Beitcher, presidente dell’Mptf. «Stiamo parlando di persone che sono costrette a vivere nelle loro auto oppure a chiedere aiuto ad amici e familiari». In attesa di una ripresa e del ritorno del lavoro, diventa sempre più difficile stringere la cinghia e decidere dove effettuare tagli alle spese. «Durante uno sciopero, puoi evitare le colazioni da Starbucks o ridurre le cene fuori», ha proseguito Baach. «Quando elimini tutto e non riesci a pagare le bollette, come fai a risparmiare?». Gli ha fatto eco Alex Rubin, sceneggiatrice e autrice del programma tivù Pay Up Hollywood. «Tra risparmi e disoccupazione, so esattamente per quanto potrò ancora pagare l’affitto», ha spiegato. «Quei numeri però diventano ogni giorno più piccoli».
Pronti alla protesta anche gli artisti dei videogame
Sul piede di guerra anche attori e lavoratori nel mondo videoludico. Entro il 25 settembre, come riportato anche dalla Bbc, si terrà una votazione per decidere se indire uno sciopero che blocchi anche la produzione nel gaming. «Gli artisti che usano la propria voce o il performance capture per creare i personaggi meritano un contratto che rifletta il valore del loro lavoro», ha spiegato Duncan Crabtree-Ireland, direttore esecutivo del Sag-Aftra. «Qui la minaccia dell’intelligenza artificiale si fa ancora più forte». Per questo, il sindacato ha chiesto un aumento dell’11 per cento sulle retribuzioni, al pari di chi a Hollywood recita per cinema e tivù. «Siamo ancora una volta di fronte all’avidità dei datori di lavoro», ha sentenziato Fran Drescher, presidente del sindacato. «Ci opporremo alla loro tirannia».
La presidente del sindacato Sag-Aftra Fran Drescher (Getty Images).
Movimenti nella comunicazione di Snam, il colosso delle infrastrutture energetiche guidato da Stefano Venier. Roberta Vivenzio, capo ufficio stampa che riporta all’ex giornalista del Corriere e portavoce dell’ex ministro Cingolani con Draghi regnante, lascia per andare a lavorare alle Ferrovie. Al suo posto, salvo sorprese, dovrebbe arrivare Davide Sempio, attuale Stakeholder Manager & Italy Country Coordinator al Tap (Trans Adriatic Pipeline).
La Cina ha deciso di vietare ai funzionari governativi l’uso dell’iPhone e di altri dispositivi di marca straniera per motivi di lavoro, impedendo anche di portarli in ufficio.
La campagna per ridurre la dipendenza dalla tecnologia straniera
La direttiva, scrive il Wall Street Journal in base a fonti vicine al dossier, è l’ultimo passo della campagna di Pechino per ridurre la dipendenza dalla tecnologia straniera e per migliorare la sicurezza informatica interna. La mossa, tuttavia, potrebbe compromettere il successo della casa di Cupertino in Cina dove domina il mercato degli smartphone di fascia alta.
Francesco Di Leva, nato a Napoli il 4 settembre 1978, è un attore italiano. Ha vinto un David di Donatello nel 2023 come migliore attore non protagonista per Nostalgia di Mario Martone.
Francesco Di Leva: biografia e carriera
Di Leva è nato nel quartiere napoletano di San Giovanni a Teduccio, dove ancora vive con la sua famiglia. Ha iniziato a lavorare a teatro e a oggi è uno degli interpreti teatrali napoletani che più si distaccano dalla scena partenopea classica, portando sul palcoscenico nuovi drammi e nuove commedie. La sua carriera a teatro è cominciata nel 1992, con diversi spettacoli, arrivando nel 2001 ha dirigere lo spettacolo Un movimento in pensiero. Nel 2003 invece, ha recitato sul palcoscenico diretto da Mario Martone in Don Giovanni. Ha poi esordito nel 1999 in televisione con il film Un giorno nuovodi Aurelio Grimaldi, debuttando nello stesso anno con lo stesso regista anche al cinema con il filmLa donna lupo.
Francesco Di Leva e la moglie Carmela Esposito alla Berlinale Film Festival nel 2023 (Getty Images).
Tra gli altri film in cui ha recitato l’attore vi sono Pater familias, regia di Francesco Patierno (2003), Se sarà luce sarà bellissimo, regia di Aurelio Grimaldi (2003), Noi credevamo, regia di Mario Martone (2010), Natale col boss, regia di Volfango De Biasi (2015), Metti la nonna in freezer, regia di Giancarlo Fontana e Giuseppe Stasi (2018), Il sindaco del rione Sanità, regia di Mario Martone (2019), Qui rido io, regia di Mario Martone (2021), Ti mangio il cuore, regia di Pippo Mezzapesa (2022) e Mixed by Erry, regia di Sydney Sibilia (2023). In televisione Di Leva ha preso parte a diverse fiction e serie tv, tra le quali Distretto di Polizia 5, regia Lucio Gaudino (2005), Crimini (2006), Il sorteggio, regia di Giacomo Campiotti (2010), Il clan dei camorristi (2013) e Vincenzo Malinconico, avvocato d’insuccesso (2022).
Francesco Di Leva: la vita privata
L’attore è sposato con Carmela Esposito, che non fa parte del mondo dello spettacolo. I due hanno due figli, Mario e Morena.
Legnano è in lutto per la scomparsa di Pietro Cozzi, ex presidente della Fondazione Famiglia Legnanese nonché fondatore del Museo e della concessionaria Fratelli Cozzi Legnano. L’imprenditore è deceduto con la moglie Marisa Agliati in un incidente sull’A26 verificatosi nel pomeriggio di martedì 5 settembre 2023.
Lo scontro in direzione Gallarate-Milano
Secondo quanto ricostruito, l’uomo era alla guida della sua Alfa Tonale quando, per cause ancora da accertare, è finito fuori strada all’altezza delle uscite di Sesto Calende e Besnate, sulla carreggiata direzione Gallarate-Milano. L’auto si è ribaltata e l’impatto non ha lasciato scampo a lui e alla consorte, che viaggiava al posto del passeggero. Una scomparsa, la sua, che ha lasciato senza parole la città che lo ha conosciuto per il suo impegno sul fronte benefico.
«La città perde una persona di grande valore»
Questo il cordoglio della comunità nelle parole del sindaco Lorenzo Radice: «Nel tratto di strada fatto insieme nel mio periodo da sindaco ho potuto apprezzare la sua instancabile capacità di proporre iniziative sempre nuove a favore della nostra comunità e con un occhio di riguardo per i nostri giovani. L’ho conosciuto in particolare per le borse di studio e per il Bosco vivo della fondazione, due iniziative che dicono molto della sua attenzione e propensione a proiettarsi nel futuro. Ho ammirato il suo ottimismo, la battuta sempre pronta, la capacità di conquistare gli interlocutori con un sorriso, ma anche con la concretezza tipica dell’uomo del fare. Con la sua scomparsa, Legnano perde una persona di grande valore che alla comunità locale ha dato tanto come imprenditore, filantropo e benefattore. Ai figli Elisabetta e Roberto va tutta la mia vicinanza».
C’è qualcosa di più profondo nel polverone sollevato dall’ex presidente del Consiglio Giuliano Amato sulla tragedia di Ustica, la strage del 27 giugno 1980 quando un aereo Dc9 con 81 persone a bordo si schiantò nel Mar Mediterraneo. Amato, che è anche ex presidente della Corte costituzionale, non è tornato a rinvangare per puro caso (con più di qualche amnesia storica) una vicenda su cui la giustizia non ha ancora fatto piena luce. Intanto una verità storica esiste e diverse sentenze si sono già espresse in questi anni: fu un missile che aveva l’obiettivo di abbattere un volo su cui doveva esserci il colonnello Gheddafi a colpire il Dc 9, con tutta probabilità di matrice francese o forse Nato. Il “Dottor Sottile” ha parlato a Repubblica per continuare quel lavoro che il giornale diretto da Maurizio Molinari sta portando avanti da mesi sulla stagione delle stragi italiane, insistendo sulla responsabilità della destra italiana nella strage di Bologna, dove sono stati condannati in via definitiva Francesca Mambro e Giusva Fioravanti. Dall’altro lato, invece, la destra di governo ha in questi mesi contestato la sentenza sui fatti del 2 agosto 1980. C’è in corso, infatti, tentativo di revisionismo storico da parte di pezzi della maggioranza di governo, anche se Giorgia Meloni se ne guarda bene dall’entrare in queste polemiche, per mantenere la sua posizione “andreottiana”.
Quello strano movimento tra i settori dell’esercito e dell’aeronautica
L’obiettivo delle forze di maggioranza è riabilitare la destra italiana e fugare le sue responsabilità, confermate dalle sentenze nella stagione delle stragi. Ma c’è anche un certo movimento tra i settori dell’esercito e dell’aeronautica, dove parti del nostro apparato militare hanno iniziato ad alzare la cresta (come Roberto Vannacci contro il capo di Stato maggiore Giuseppe Cavo Dragone) o dove c’è chi dimentica di aver avuto ruoli di spessore durante la stagione delle stragi degli Anni 70 e 80, con legami molto profondi con la P2 di Licio Gelli. A mettere in dubbio la verità sulla strage di Bologna è stato Marcello De Angelis, ormai ex portavoce del presidente della regione Lazio Francesco Rocca. Ma sono anni che le ipotesi della bomba palestinese o del coinvolgimento di Carlos lo sciacallo circolano su una vicenda che ha visto invece una definitiva verità processuale.
Marcello De Angelis (Imagoeconomica).
Il comitato vittime di Ustica da tempo denuncia intromissioni
Ustica e Bologna sono molto vicina una all’altra. Non solo temporalmente. Sostenere che la bomba sul Dc9 sia stata messa dai palestinesi rinforzerebbe l’ipotesi che anche la bomba alla stazione del capoluogo emiliano avesse la stessa matrice. E lì la destra vuole andare a parare. Non a caso Maurizio Gasparri, commentando Amato, è arrivato a difendere la Nato e la Francia. «Ma di cosa dovrebbero scusarsi la Nato e la Francia? I palestinesi misero una bomba». Non c’è solo questo. Il governo Meloni ha messo mano al Comitato consultivo per l’attuazione della Direttiva Renzi/Draghi sulla declassificazione degli atti su vari episodi di terrorismo e di stragi. A denunciarlo sono stati in pochi a maggio. Tra questi si è attivata proprio la presidente del comitato vittime di Ustica, Daria Bonfietti (suo fratello maggiore, Alberto, morì il 27 giugno 1980 nel disastro di Ustica), che da tempo denuncia le intromissioni del governo Meloni. Lo ha scritto nero su bianco sul manifesto il 9 maggio: «Nella nuova composizione del Comitato compaiono i rappresentati di una associazione, composta da un solo familiare, da ex militari dell’aeronautica, per lo più inquisiti o loro eredi di cui non si conoscono attività di supporto ai parenti delle vittime. Una associazione che vive soltanto per sostenere la tesi, depistante, della bomba araba come causa della caduta del Dc9 Itavia».
La presidente del comitato vittime di Ustica, Daria Bonfietti (Imagoeconomica).
Le ricostruzioni fantasiose del generale Leonardo Tricarico
In questa associazione compare anche tale Gregory Alegi, braccio destro del generale Leonardo Tricarico, in questi giorni più che mai scatenato nell’attaccare Amato e anche la memoria del giornalista Andrea Purgatori, unico che in questi anni aveva raccontato l’omertà dei settori dell’aeronautica militare dell’epoca. Tricarico ha saputo negli anni riciclarsi a destra e sinistra, così come Alegi. Entrambi hanno collaborazioni con Leonardo, l’ex Finmeccanica. Peccato che a smentire le ipotesi fantasiose di Tricarico, sempre sulla storia della bomba (già sbugiardata dai periti nelle sentenze) è stato in queste ore l’ex maresciallo Giuseppe Dioguardi che nell’estate del 1980, quando il Dc9 precipitò in mare sui cieli di Ustica, aveva appena 19 anni: era tra i più giovani in servizio nella sala operativa della Prima regione aerea a Milano.
Il generale Leonardo Tricarico (Imagoeconomica).
Una deriva fascista che vuole nascondere la vera matrice delle stragi
«Finalmente anche Amato conferma quanto dissi io stesso 10 anni fa», ha detto Dioguardi intervistato dall’Ansa, aggiungendo che «i documenti dell’epoca ci sono ancora, bisognerebbe solo saperli cercare nel modo corretto». E poi: «Quella notte in volo c’erano i due Mirage e un Tomcat, i nostri lo avevano segnalato ma è stato dato l’ordine di silenzio assoluto. Un silenzio ripagato in alcuni casi con avanzamenti di carriera fuori dal comune e promozioni mai viste. Quando sento che Tricarico dice di sentirsi sotto attacco, vorrei ricordare che all’epoca era al terzo reparto dello Stato maggiore, quello cioè che viene informato di qualsiasi velivolo o transito. Non poteva non sapere». Eppure Tricarico continua a sostenere il contrario. Chissà se la Francia riuscirà finalmente a dissipare ogni dubbio. Certo Amato ripete cose già note. E nella sua ricostruzione fa confusione sulle date e sul ruolo dell’ex presidente del Consiglio Bettino Craxi (che da semplice segretario del Psi non poteva avere informazioni privilegiate e avvertire Gheddafi nel 1980 per salvargli la pelle). Ma questo passa in secondo piano. L’obiettivo vero e primario dell’intervista del “Dottor Sottile” era bloccare la deriva fascista in cui sta piombando il nostro Paese.
«Quel giorno è stata attaccata la democrazia americana stessa ed Enrique Tarrio è stato il leader assoluto dietro quell’assalto». Così il giudice Timothy Kelly ha motivato la condanna a 22 anni di carcere, la più pesante finora per l’attacco a Capitol Hill del 6 gennaio 2021, contro il capo del gruppo estremista americano dei Proud Boys, classe 1984, di Miami. Tarrio non ha partecipato di persona alla rivolta, ma per l’accusa è stato la mente di una delle giornate più nere per gli Stati Uniti. Arrivato a Washington due giorni prima dell’attacco, era stato fermato dalla polizia con due caricatori di fucili ad alta capacità. A dicembre aveva partecipato a una manifestazione a favore di Donald Trump e aveva bruciato uno striscione del movimento Black Lives Matter. I pubblici ministeri avevano chiesto una pena di 33 anni. Il giudice l’ha ridotta a 22. In precedenza le condanne più pesanti per l’assalto al Campidoglio erano state inflitte a Ethan Nordean, sempre un membro dei Proud Boys (18 anni) e a Stewart Rhodes, fondatore della milizia Oath Keepers.
Nayib Hassan e Sabino Jauregui, avvocati di Enrique Tarrio (Getty Images).
Tarrio: «La mia tracotanza mi ha fatto credere che fossi una vittima»
«La cospirazione sediziosa è un reato molto grave», ha sottolineato il giudice distrettuale leggendo la sentenza. Prima erano intervenute la madre e la sorella di Tarrio che avevano chiesto clemenza, poi lo stesso leader dei Proud Boys, completamente trasformato rispetto all’immagine da duro che ha voluto dare in questi anni di militanza estremista. «Ho avuto molte opportunità per evitare tutto questo e il mio dispiacere più grande sono i danni inflitti ad altri», ha detto leggendo una dichiarazione scritta. «Mi vergogno e dovrò vivere con questa vergogna per il resto della mia vita. La mia tracotanza mi ha fatto credere che fossi una vittima», ha proseguito quasi in lacrime. «Non sono un fanatico. Fare danni o cambiare il risultato del voto non erano i miei obiettivi», ha aggiunto il leader estremista. «Quando torno a casa non voglio più avere niente a che fare con la politica, i gruppi, l’attivismo o le manifestazioni», ha concluso Tarrio che, evidentemente, non è riuscito a convincere il giudice.
Antonio, il fratello di Kevin Laganà, il 22enne morto nella strage di Brandizzo, ha parlato del video girato da Kevin prima della strage, dove si sente dire la frase: «Ragazzi se vi dico “treno” andate da quella parte». Anche Antonio lavora per la Sigifer e ha detto che nella giornata di mercoledì 6 settembre andrà dai pubblici ministeri per dire la verità («ai giudici dirò la verità, come ho sempre fatto»). «Ha girato quelle immagini che gli mancava mezz’ora a morire, e quella stessa sera aveva mandato a mio padre il messaggio “ti amo”. Da una parte un testamento per far conoscere la verità, dall’altra un saluto per la persona che amava di più», dice ancora Antonino in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera.
Il filmato era nelle bozze del social network Instagram
Il filmato era rimasto nelle bozze del social network Instagram. Il fratello di Kevin, quindi, è stato tra i primi a vederlo e a capire che poteva essere importante per le indagini. Successivamente ne ha parlato con Andrea Rubini della GesiGroup, società che si occupa di sinistri e risarcimento danni e l’ha guardato insieme al padre Massimo. Infine, l’ha consegnato agli avvocati della famiglia Marco Bona ed Enrico Calabrese, che lo hanno fatto avere alla procura. I legali sostengono che sia la prova di una prassi e un modo di agire non occasionale.
Dopo una giornata da venti di recessione, con tutte le Borse europee deboli e Milano che ha chiuso la seduta a Piazza Affari di qualche frazione positiva, c’è attesa per l’apertura delle contrattazioni il 6 settembre. Le peggiori martedì sono state Parigi e Francoforte, che hanno ceduto lo 0,3 per cento finale, con Madrid in ribasso dello 0,2. Più caute Londra, che ha chiuso in calo dello 0,1 per cento, e Amsterdam, che ha concluso sui livelli della chiusura della vigilia.