Le parole di Amato su Ustica contro la narrazione fascista delle stragi

C’è qualcosa di più profondo nel polverone sollevato dall’ex presidente del Consiglio Giuliano Amato sulla tragedia di Ustica, la strage del 27 giugno 1980 quando un aereo Dc9 con 81 persone a bordo si schiantò nel Mar Mediterraneo. Amato, che è anche ex presidente della Corte costituzionale, non è tornato a rinvangare per puro caso (con più di qualche amnesia storica) una vicenda su cui la giustizia non ha ancora fatto piena luce. Intanto una verità storica esiste e diverse sentenze si sono già espresse in questi anni: fu un missile che aveva l’obiettivo di abbattere un volo su cui doveva esserci il colonnello Gheddafi a colpire il Dc 9, con tutta probabilità di matrice francese o forse Nato. Il “Dottor Sottile” ha parlato a Repubblica per continuare quel lavoro che il giornale diretto da Maurizio Molinari sta portando avanti da mesi sulla stagione delle stragi italiane, insistendo sulla responsabilità della destra italiana nella strage di Bologna, dove sono stati condannati in via definitiva Francesca Mambro e Giusva Fioravanti. Dall’altro lato, invece, la destra di governo ha in questi mesi contestato la sentenza sui fatti del 2 agosto 1980. C’è in corso, infatti, tentativo di revisionismo storico da parte di pezzi della maggioranza di governo, anche se Giorgia Meloni se ne guarda bene dall’entrare in queste polemiche, per mantenere la sua posizione “andreottiana”.

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Le parole di Amato su Ustica contro la narrazione fascista delle stragi
Giuliano Amato (Imagoeconomica).

Quello strano movimento tra i settori dell’esercito e dell’aeronautica

L’obiettivo delle forze di maggioranza è riabilitare la destra italiana e fugare le sue responsabilità, confermate dalle sentenze nella stagione delle stragi. Ma c’è anche un certo movimento tra i settori dell’esercito e dell’aeronautica, dove parti del nostro apparato militare hanno iniziato ad alzare la cresta (come Roberto Vannacci contro il capo di Stato maggiore Giuseppe Cavo Dragone) o dove c’è chi dimentica di aver avuto ruoli di spessore durante la stagione delle stragi degli Anni 70 e 80, con legami molto profondi con la P2 di Licio Gelli. A mettere in dubbio la verità sulla strage di Bologna è stato Marcello De Angelis, ormai ex portavoce del presidente della regione Lazio Francesco Rocca. Ma sono anni che le ipotesi della bomba palestinese o del coinvolgimento di Carlos lo sciacallo circolano su una vicenda che ha visto invece una definitiva verità processuale.

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Marcello De Angelis (Imagoeconomica).

Il comitato vittime di Ustica da tempo denuncia intromissioni

Ustica e Bologna sono molto vicina una all’altra. Non solo temporalmente. Sostenere che la bomba sul Dc9 sia stata messa dai palestinesi rinforzerebbe l’ipotesi che anche la bomba alla stazione del capoluogo emiliano avesse la stessa matrice. E lì la destra vuole andare a parare. Non a caso Maurizio Gasparri, commentando Amato, è arrivato a difendere la Nato e la Francia. «Ma di cosa dovrebbero scusarsi la Nato e la Francia? I palestinesi misero una bomba». Non c’è solo questo. Il governo Meloni ha messo mano al Comitato consultivo per l’attuazione della Direttiva Renzi/Draghi sulla declassificazione degli atti su vari episodi di terrorismo e di stragi. A denunciarlo sono stati in pochi a maggio. Tra questi si è attivata proprio la presidente del comitato vittime di Ustica, Daria Bonfietti (suo fratello maggiore, Alberto, morì il 27 giugno 1980 nel disastro di Ustica), che da tempo denuncia le intromissioni del governo Meloni. Lo ha scritto nero su bianco sul manifesto il 9 maggio: «Nella nuova composizione del Comitato compaiono i rappresentati di una associazione, composta da un solo familiare, da ex militari dell’aeronautica, per lo più inquisiti o loro eredi di cui non si conoscono attività di supporto ai parenti delle vittime. Una associazione che vive soltanto per sostenere la tesi, depistante, della bomba araba come causa della caduta del Dc9 Itavia».

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La presidente del comitato vittime di Ustica, Daria Bonfietti (Imagoeconomica).

Le ricostruzioni fantasiose del generale Leonardo Tricarico

In questa associazione compare anche tale Gregory Alegi, braccio destro del generale Leonardo Tricarico, in questi giorni più che mai scatenato nell’attaccare Amato e anche la memoria del giornalista Andrea Purgatori, unico che in questi anni aveva raccontato l’omertà dei settori dell’aeronautica militare dell’epoca. Tricarico ha saputo negli anni riciclarsi a destra e sinistra, così come Alegi. Entrambi hanno collaborazioni con Leonardo, l’ex Finmeccanica. Peccato che a smentire le ipotesi fantasiose di Tricarico, sempre sulla storia della bomba (già sbugiardata dai periti nelle sentenze) è stato in queste ore l’ex maresciallo Giuseppe Dioguardi che nell’estate del 1980, quando il Dc9 precipitò in mare sui cieli di Ustica, aveva appena 19 anni: era tra i più giovani in servizio nella sala operativa della Prima regione aerea a Milano.

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Il generale Leonardo Tricarico (Imagoeconomica).

Una deriva fascista che vuole nascondere la vera matrice delle stragi

«Finalmente anche Amato conferma quanto dissi io stesso 10 anni fa», ha detto Dioguardi intervistato dall’Ansa, aggiungendo che «i documenti dell’epoca ci sono ancora, bisognerebbe solo saperli cercare nel modo corretto». E poi: «Quella notte in volo c’erano i due Mirage e un Tomcat, i nostri lo avevano segnalato ma è stato dato l’ordine di silenzio assoluto. Un silenzio ripagato in alcuni casi con avanzamenti di carriera fuori dal comune e promozioni mai viste. Quando sento che Tricarico dice di sentirsi sotto attacco, vorrei ricordare che all’epoca era al terzo reparto dello Stato maggiore, quello cioè che viene informato di qualsiasi velivolo o transito. Non poteva non sapere». Eppure Tricarico continua a sostenere il contrario. Chissà se la Francia riuscirà finalmente a dissipare ogni dubbio. Certo Amato ripete cose già note. E nella sua ricostruzione fa confusione sulle date e sul ruolo dell’ex presidente del Consiglio Bettino Craxi (che da semplice segretario del Psi non poteva avere informazioni privilegiate e avvertire Gheddafi nel 1980 per salvargli la pelle). Ma questo passa in secondo piano. L’obiettivo vero e primario dell’intervista del “Dottor Sottile” era bloccare la deriva fascista in cui sta piombando il nostro Paese.

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