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Assalto a Capitol Hill, il leader dei Proud Boys condannato a 22 anni di carcere
«Quel giorno è stata attaccata la democrazia americana stessa ed Enrique Tarrio è stato il leader assoluto dietro quell’assalto». Così il giudice Timothy Kelly ha motivato la condanna a 22 anni di carcere, la più pesante finora per l’attacco a Capitol Hill del 6 gennaio 2021, contro il capo del gruppo estremista americano dei Proud Boys, classe 1984, di Miami. Tarrio non ha partecipato di persona alla rivolta, ma per l’accusa è stato la mente di una delle giornate più nere per gli Stati Uniti. Arrivato a Washington due giorni prima dell’attacco, era stato fermato dalla polizia con due caricatori di fucili ad alta capacità. A dicembre aveva partecipato a una manifestazione a favore di Donald Trump e aveva bruciato uno striscione del movimento Black Lives Matter. I pubblici ministeri avevano chiesto una pena di 33 anni. Il giudice l’ha ridotta a 22. In precedenza le condanne più pesanti per l’assalto al Campidoglio erano state inflitte a Ethan Nordean, sempre un membro dei Proud Boys (18 anni) e a Stewart Rhodes, fondatore della milizia Oath Keepers.

Tarrio: «La mia tracotanza mi ha fatto credere che fossi una vittima»
«La cospirazione sediziosa è un reato molto grave», ha sottolineato il giudice distrettuale leggendo la sentenza. Prima erano intervenute la madre e la sorella di Tarrio che avevano chiesto clemenza, poi lo stesso leader dei Proud Boys, completamente trasformato rispetto all’immagine da duro che ha voluto dare in questi anni di militanza estremista. «Ho avuto molte opportunità per evitare tutto questo e il mio dispiacere più grande sono i danni inflitti ad altri», ha detto leggendo una dichiarazione scritta. «Mi vergogno e dovrò vivere con questa vergogna per il resto della mia vita. La mia tracotanza mi ha fatto credere che fossi una vittima», ha proseguito quasi in lacrime. «Non sono un fanatico. Fare danni o cambiare il risultato del voto non erano i miei obiettivi», ha aggiunto il leader estremista. «Quando torno a casa non voglio più avere niente a che fare con la politica, i gruppi, l’attivismo o le manifestazioni», ha concluso Tarrio che, evidentemente, non è riuscito a convincere il giudice.