Perché l’intellettuale di destra è un mestiere che nessuno vuol più fare

Ho l’impressione che il mestiere di intellettuale di destra sia diventato come il cameriere, il cuoco e l’addetto alla reception, uno dei tanti lavori di cui in Italia pare ci sia una disperata richiesta cui corrisponde un’offerta riluttante, insufficiente o professionalmente inadeguata. È anche vero che la disperata richiesta proviene, in sostanza, da un’azienda sola, cioè il governo Meloni, un datore di lavoro che, se va bene, reggerà altri quattro anni e poi andrà a casa: un po’ pochino per incoraggiare stuoli di alfabetizzati a pensare a un futuro di maître à penser filo-Giorgia. Oltretutto i motivi per cui nessuno in Italia vuole più fare l’intellettuale di destra sono gli stessi per cui latitano camerieri, cuochi e receptionist: scarse prospettive di carriera, retribuzioni incerte e poco interessanti, orari e giorni di lavoro poco graditi, per non parlare della discriminazione che favorisce i candidati maschi bianchi etero.

Perché l'intellettuale di destra è un mestiere che nessuno vuol più fare
La premier Giorgia Meloni (Imagoeconomica).

Nemmeno la possibilità di sparare parolacce al Maxxi galvanizza i neo-laureati a diventare i nuovi Sgarbi

Scrivere corsivi anti-migranti o in difesa di presunti stupratori sulla Verità o sul Giornale, presenziare ai talk-show del mattino ripetendo ogni due per tre la parola “nazione” o riabilitare Italo Balbo perché proteggeva gli artisti e aveva perfino un amico ebreo non sono opportunità in grado di far sognare un under-35 dall’ingegno brillante, con una buona penna, conoscenza delle lingue e un rispettabile curriculum di studi. Nemmeno la possibilità di sparare parolacce a raffica sul palco del Maxxi al fianco di Morgan sembra galvanizzare i neo-laureati a diventare i nuovi Sgarbi, che se proprio vogliono épater le bourgeois lo fanno davanti alla ben più gratificante platea dei social, non in un museo. Insomma, l’ufficioso bando di concorso per intellettuali di destra emanato da Fratelli d’Italia rischia di raccogliere meno iscrizioni di un concorso pubblico per posti di informatico al comune di Catanzaro. Ma se a «riscrivere il racconto della nazione» saranno i soliti attempati risentiti (sia nel senso di rancorosi, sia nel senso di sentiti molte volte) tipo Guerri, Facci, Buttafuoco, il ministro gaffeur Sangiuliano, oppure avanguardisti di retroguardia come Francesco Giubilei, il risultato più che un racconto sarà una comica dove in faccia arrivano più pesci che torte.

Perché l'intellettuale di destra è un mestiere che nessuno vuol più fare
Gennaro Sangiuliano con Vittorio Sgarbi (Imagoeconomica).

Lagnarsi e fare la vittima non si addice a un vero intellettuale di destra

Mi sa che la destra italofraterna non ha le idee molto chiare su quel che è un intellettuale. L’intellettuale è, di base, uno che prima pensa e dopo parla. Sarebbe bello che lo facessimo tutti quanti, compresi i politici, di destra e di sinistra, almeno ogni tanto, ma da tempo la giusta successione fra pensiero e parola si è smarrita, se non addirittura ribaltata, e in ogni ambito il parlare dopo più o meno attenta riflessione è diventato un reperto dell’era pre-digitale o addirittura pre-moderna, come il fonografo e la Vispa Teresa. L’intellettuale, poi, non dovrebbe solo pensare prima di parlare, ma studiare, approfondire, meditare. Il guaio è che se studi, approfondisci e mediti finisci inevitabilmente per non essere più di destra. Non è che diventi per forza di sinistra, ma sei di una destra che non piace al nostro governo. Cioè, non ti verrebbe mai in mente di intitolare un parco pubblico a Che Guevara o a Renato Curcio, ma nemmeno ad Arnaldo Mussolini o al generale Graziani: Falcone e Borsellino vanno benissimo. Non piagnucoli sul D’Annunzio incompreso (caspita, gli sono intitolate scuole e piazze e al Vittoriale è boom di presenze) o sui futuristi misconosciuti (ci sono mostre e studi a getto continuo). A ben vedere, se sei un intellettuale di destra non dovresti piagnucolare mai su niente, ma solo affermare, petto in fuori e mento virilmente proteso. Frignare, denunciare discriminazioni, rivendicare questo e quello sono proprio gli atteggiamenti che la destra ha sempre rimproverato alla sinistra, e che le rimprovera ancora, quando è in favore di categorie deboli e minoranze. Paradossale, no? La destra vuole intellettuali di destra, ma che sappiano fare la lagna efficacemente come quelli di sinistra. Nella gara a chi piange più forte stavolta vorrebbero vincere loro.

Perché l'intellettuale di destra è un mestiere che nessuno vuol più fare
Giordano Bruno Guerri (Imagoeconomica).

Forse alla destra conviene tenere i soliti baroni, perfetta incarnazione del sogno patriarcale dei neo-con populisti

E invece rischiano di perdere una gara ben più importante. Perché uno dei motivi per cui tanti italiani hanno votato Fratelli d’Italia è proprio la certezza che con loro l’intelletto potrà andarsene definitivamente in vacanza. Non dovranno più sentirsi in colpa se non studiano, se non sanno la storia o se non leggono libri (lo stesso ministro della Cultura non ne legge più di uno al mese, per sua ammissione, e nemmeno essere in giuria al Premio Strega può indurlo ad aumentare la media). L’elettore e l’elettrice di Meloni sono convinti che con la destra populista basterà essere italiani bianchi eterosessuali o italiane bianche eterosessuali volenterose di riprodursi per ritrovarsi al vertice della piramide alimentare. Se ora che è al potere la destra gli tira fuori dei saccentoni con i libri di storia patria sottobraccio, decisi a indottrinarli sull’impresa di Fiume o sull’opera pittorica di Mario Sironi, potrebbero non prenderla bene. Eh no, caspita, se bisogna studiare pure con la destra, tanto vale tornare a votare la sinistra, così almeno l’allergia alla cultura e allo sforzo mentale ha un alibi politico. Insomma, la destra italiana ha bisogno di intellettuali organici come un pesce ha bisogno della camicia nera. Del resto nel nostro Paese gli intellettuali che contano, quelli che organizzano i convegni e ne sono ospiti in stragrande maggioranza, i registi, i produttori, i baroni universitari, i direttori dei giornali e gli opinionisti più popolari sono già quasi tutti maschi, bianchi, eterosessuali e di ceppo nazionale. Anche quando fanno discorsi progressisti, le loro carriere incarnano e perpetuano il sogno patriarcale dei neo-conservatori populisti. E se alla destra convenisse tenersi quelli?

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