Daily Archives: 21 Novembre 2023

Anas, una ricerca rivela che il 10 per cento degli italiani gira video alla guida

Il 10 per cento degli italiani, mentre si trova alla guida, registra un video con il cellulare. Tra questi, il 3,1 per cento ha confessato di averlo fatto personalmente, mentre il 6,9 per cento ha dichiarato di essere stato a bordo di un veicolo mentre il conducente stava filmando. Questi i dati che emergono dalla terza edizione della ricerca sugli stili di guida degli utenti, commissionata da Anas (Società del Polo Infrastrutture del Gruppo FS Italiane). La ricerca è stata presentata durante il convegno Sicurezza stradale: obiettivo zero vittime in occasione della Giornata mondiale in ricordo delle vittime della strada.

Lo studio condotto mediante interviste a campione

Lo studio è stato condotto da CSA Research (Centro Statistica Aziendale) mediante interviste su un campione di 4 mila persone. Inoltre, sono stati impiegati sistemi di rilevazione automatica per valutare velocità, distanza e occupazione delle corsie su tre tratte stradali. Infine, sono state effettuate osservazioni dirette dei comportamenti di guida lungo sei tipologie di strade, tra cui il RA10 Raccordo Autostradale Torino Caselle in Piemonte, la strada statale 51 di Alemagna in Veneto, la strada statale 3bis Tiberina tra Terni e Ravenna, la strada statale 1 Aurelia tra Roma e Livorno, la strada statale 16 Adriatica tra Bari e Otranto, e la A2 Autostrada del Mediterraneo da Salerno a Villa San Giovanni.

I dati sono preoccupanti: i più giovani a rischio

Il 3,1 per cento dei guidatori ha dichiarato di utilizzare il cellulare per registrare video mentre è alla guida, e questa percentuale è equamente distribuita tra uomini e donne, compresi nella fascia di età tra i 24 e i 44 anni. Tra i conducenti di auto berlina, oltre il 64 per cento non utilizza le frecce né durante le manovre di sorpasso né durante quelle di rientro. Durante l’osservazione di oltre 102 mila veicoli al giorno lungo tre direttrici stradali gestite da Anas, nel 38,5 per cento dei casi la distanza di sicurezza non è stata rispettata. Altri comportamenti scorretti includono il mancato utilizzo delle cinture di sicurezza da parte del conducente (10,6 per cento) e soprattutto dei passeggeri posteriori (72,6 per cento), insieme al non utilizzo dei seggiolini per i bambini (46,8 per cento). Inoltre, il superamento del limite di velocità è stato osservato nel 12,9 per cento delle situazioni sulle strade.

Paolo Crepet sul fenomeno: «Emerge una matrice adolescenziale»

Lo psicologo Paolo Crepet ha analizzato il fenomeno: «Emerge con particolare forza la matrice adolescenziale alla base dei comportamenti della maggior parte dei guidatori italiani. Questa colpisce ancora di più quando a mettere in atto determinati atteggiamenti sono gli adulti, anch’essi incapaci di resistere all’irrefrenabile necessità di dover seguire sempre tutto nel momento in cui accade e desiderosi di partecipare in tempo reale agli eventi, anche mentre si è alla guida, anche se questo può determinare rischi altissimi per la propria sicurezza e quella degli altri. Dobbiamo chiederci cosa porta un adulto a voler per forza rispondere ad un messaggio frivolo mentre guida sapendo che potrebbe benissimo farlo in un altro momento. La risposta è che in ognuno di noi c’è un aspetto fanciullesco, incurante di conseguenze e pericoli, su cui è assolutamente necessario lavorare e intervenire soprattutto quando in gioco c’è la vita».

Vietnam, aperta al pubblico la torre Hang Dau di Hanoi

In Vietnam, nell’ambito del Creative Design Festival 2023 di Hanoi, è stata aperta al pubblico per la prima volta la torre Hang Dau, serbatoio idrico costruito durante il periodo coloniale francese per far fronte alle numerose epidemie causate dalle acque inquinate della Capitale e rimasto in funzione fino al 1960. Minacciata spesso di demolizione, soprattutto nel periodo della guerra, conserva ancora oggi la caratteristica architettura del periodo ed è diventata un simbolo molto amato dagli abitanti e spesso usato per farsi fotografare. Nell’occasione, lo spazio all’interno dell’edificio è stato trasformato in un imponente luogo artistico con percorsi pedonali in legno e installazioni realizzate con rifiuti riciclati.

 

Migranti, l’accordo Italia-Albania sarà un ddl: l’annuncio di Tajani, esultano le opposizioni

A inizio novembre è stato annunciato da Giorgia Meloni il protocollo d’intesa sui migranti firmato con il premier albanese Edi Rama. Poi le proteste delle opposizioni, che hanno chiesto al presidente della Camera Lorenzo Fontana di portare in Parlamento l’accordo, per ratificarlo. A distanza di diversi giorni, è stato il ministro degli Esteri Antonio Tajani ad annunciare che l’intesa sarà tradotta in un ddl: «Il governo intende sottoporre in tempi rapidi alle Camere un disegno di legge di ratifica che contenga anche le norme e gli stanziamenti necessari all’attuazione del protocollo».

Tajani: «Il governo non si sottrae al dialogo»

Il ministro degli Esteri, intervenuto alla Camera, ha spiegato: «Il dibattito di oggi e il voto che lo concluderà dimostrano, se ce ne fosse bisogno, che il nostro governo non si è mai sottratto, specie su questioni di tale rilevanza, al dialogo e al vaglio del Parlamento». Tajani ha definito il protocollo d’intesa «un tassello significativo della strategia» del governo sui migranti. Entrando poi nel merito dell’accordo, il leader di Forza Italia ha assicurato che «non è paragonabile al protocollo tra Regno Unito e Ruanda. Non c’è esternalizzazione a un terzo paese nella gestione delle domande di asilo e non si deroga ai diritti internazionalmente garantiti, che anzi sono riaffermati nel protocollo».

I dettagli: «L’Albania concederà due aree»

Tajani, come racconta Repubblica, si è poi concentrato sui dettagli dell’accordo: «L’Albania concederà gratuitamente all’Italia due aree. Un punto di arrivo al porto di Shengjin, nella costa settentrionale del Paese, e una base militare a Gjader a circa 30 chilometri dal porto. Nel porto vi sarà una struttura dedicata alle attività di soccorso, di prima assistenza e di rilevamento segnaletico e di impronte digitali. Nella seconda struttura, situata nella località all’interno, sarà svolto l’esame della domanda di protezione internazionale e, per chi non ne avrà i requisiti, saranno effettuate le procedure per il rimpatrio».

Schlein: «Hanno sbattuto il muso sulla Costituzione»

La segretaria del Pd, Elly Schlein, ha commentato: «Il governo ha sbattuto il muso sulla Costituzione». I dem hanno accolto positivamente «l’inversione a U» del governo, come l’ha definita il deputato Giuseppe Provenzano. Ma le opposizioni restano poco convinte e parlano di «totale fallimento». In una risoluzione firmata da Pd, Azione, Iv, Avs e +Europa si «impegna il Governo a presentare alle Camere, ai sensi dell’articolo 80 della Costituzione, la proposta di legge di autorizzazione alla ratifica del protocollo tra il Governo della Repubblica italiana e il Consiglio dei Ministri della Repubblica di Albania». E ancora ad accertare «la nullità di tutti i provvedimenti del Governo e dei singoli Ministeri, i quali siano connessi, conseguenti e attuativi del medesimo Protocollo, prima della data di entrata in vigore della legge di ratifica».

Migranti, l'accordo Italia-Albania sarà un ddl l'annuncio di Tajani, esultano le opposizioni
Elly Schlein (Imagoeconomica).

In Argentina i sindacati si preparano a scendere in piazza

Se lo scenario sociale era già teso a causa della crisi economica, il trionfo dell’ultraliberista di destra estrema Javier Milei, e la prospettiva di una nuova svalutazione del peso accrescono il rischio di un dicembre caldo, con sindacati e movimenti legati al peronismo di sinistra che si stanno organizzando per manifestazioni di protesta.

I sindacati: «Il popolo ha votato arrabbiato e ha ragione»

«Scenderemo in piazza, convinti di ciò che dovremo affrontare. Lo abbiamo già fatto in altre occasioni. Il popolo ha votato arrabbiato e ha ragione, ma difenderà i propri diritti», ha detto al quotidiano Clarín Juan Carlos Alderete, coordinatore generale della Corrente Classista e Combattiva. Il delegato non esclude un’articolazione tra le organizzazioni raggruppate nella Unión de Trabajadores y trabajadoras de la economía popular (Utep), come il Movimento evita, Somos barrios de pie e CCC – e l’Unità piquetera, includendo anche la Confederación general del Trabajo de la República Argentina (Cgt). «Siamo in contatto permanente. Sarà un’alleanza molto forte», ha assicurato Alderete. L’elezione di Milei ha segnato una svolta nella politica argentina. Il suo programma di governo, che prevede una drastica riduzione del ruolo dello Stato nell’economia, è destinato a portare a un profondo cambiamento del Paese. I prossimi mesi saranno cruciali per capire se Milei sarà in grado di realizzare le sue promesse e portare l’Argentina fuori dalla crisi. Tuttavia, è già chiaro che la sua vittoria ha rappresentato una sconfitta per il peronismo, che ha dominato la scena politica argentina per decenni.

Femminicidio, le risposte inadeguate della politica e le contraddizioni dei partiti

L’onda emotiva che travalica i confini della cronaca e arriva dritto fino alla politica, colta ancora una volta in controtempo e costretta a mettere assieme qualche raffazzonato provvedimento giusto per piantare una bandierina, quando invece il fenomeno richiederebbe un approccio ben più strutturale. È quello che sta succedendo col femminicidio di Giulia Cecchettin per cui è accusato l’ex fidanzato Filippo Turetta, arrestato dopo una fuga finita in Germania. Un caso che ha colpito l’opinione pubblica sin dai primi giorni, quando dopo la ragazza risultava solo scomparsa e ancora si sperava di ritrovarla in vita, suscitando un coinvolgimento persino maggiore dell’ultimo recente episodio simile, quello dell’estate 2023 quando il barman Alessandro Impagnatiello ammazzò la compagna, per di più incinta, Giulia Tramontano. Nella bolla social e dentro i salotti televisivi non si parla d’altro: emergenza sociale, dittatura del patriarcato, cultura dello stupro. E i partiti potevano farsi scappare l’occasione per cavalcare il trend? Il problema è l’effetto scatenato, in alcuni casi paradossale. Con una sensazione di inadeguatezza bipartisan, dal centrodestra di governo all’opposizione.

Oggi è Giulia Cecchettin, ieri Giulia Tramontano: con le solite ricette e le promesse non si cambia
Giulia Cecchettin e Giulia Tramontano.

L’opuscolo di Nordio, ma «con una grafica molto comprensibile»

Il primo “pannicello caldo” è stato quello proposto dal ministro della Giustizia Carlo Nordio: delle linee guida per mettere in guardia le donne, visto che «come nella mafia esistono i reati spia, così nei femminicidi ci sono gli atteggiamenti spia: sintomi di un possibile aggravamento di violenza». E in cosa consisterà in concreto questo intervento? Un opuscolo. Ma «con una grafica molto comprensibile». Da diffondere «in scuole, social, posti di lavoro».

Femminicidio, le risposte inadeguate della politica e le contraddizioni dei partiti
Il ministro della Giustizia Carlo Nordio (Imagoeconomica).

Valditara e l’educazione sentimentale (non obbligatoria)

Poi è arrivato il suo collega di governo, il titolare dell’Istruzione Giuseppe Valditara, che ha pensato di promuovere un’iniziativa sull’educazione sentimentale a scuola. Che però coinvolgerà solo gli istituti superiori e non sarà obbligatoria: un percorso di un’ora settimanale ed extracurricolare, in tutto quindi 12 incontri, per tre mesi l’anno, alla presenza di avvocati, psicologi, assistenti sociali e pesino cantanti, attori e influencer. Tra l’altro il ministro come consulente e coordinatore del progetto Educare alle relazioni ha scelto lo psicologo Alessandro Amadori. Autore, nel 2020, del libro La guerra dei sessi, volume in cui negava la violenza maschile sostenendo tesi cospirazioniste sul tentativo delle donne di dominare gli uomini. Pure la ministra per le Pari opportunità e la famiglia Eugenia Roccella si è detta disponibile a lavorare a «una legge per l’affettività nelle scuole con l’opposizione». Anche se la sua posizione è chiara: «È fondamentale che le madri educhino i figli maschi» a rispettare le donne.

Femminicidio, le risposte inadeguate della politica e le contraddizioni dei partiti
Il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara (Imagoeconomica).

Lega e Fdi si erano astenuti sulla Convenzione di Istanbul

Non poteva mancare Matteo Salvini, che ha ricordato sui social come la sua idea sia «carcere a vita per gli assassini, con lavoro obbligatorio. Per stupratori e pedofili – di qualunque nazionalità, colore della pelle e stato sociale – castrazione chimica e galera. Questo propone la Lega da sempre, speriamo ci sostengano e ci seguano finalmente anche altri». Peccato che proprio il Carroccio e i suoi alleati di governo di Fratelli d’Italia siano talmente sensibili all’argomento da aver scelto, pochi mesi fa, di astenersi e non appoggiare le due risoluzioni del parlamento europeo che chiedevano l’adesione da parte dell’Unione europea alla Convenzione di Istanbul, il primo trattato internazionale legalmente vincolante sulla prevenzione e la lotta alla violenza di genere e domestica.

L’assist bipartisan di Schlein e le contraddizioni del Pd

E dall’altra parte, a sinistra, che si fa? Il Partito democratico di Elly Schlein ha addirittura offerto una tregua alla premier Meloni – dopo il gran rifiuto all’invito alla kermesse di Atreju – per scrivere in spirito bipartisan una legge per contrastare il femminicidio. Ipotizzando cosa? La creazione di un nuovo reato o di una aggravante? Un seminario obbligatorio in tutte le scuole, in stile Roccella? Il dubbio, anche qui, è che il fine sia solo legato a un mero tornaconto elettorale, con l’obiettivo di farsi vedere attivi dalla base sociale sensibile ai temi della parità e della violenza di genere. Si torna dunque sul punto della disparità tra una questione di così grande rilevanza culturale e il solito provvedimento d’urgenza, poco ragionato e inefficace. Una legge può davvero mutare o anche influire sul modello antropologico di una società?

Femminicidio, le risposte inadeguate della politica e le contraddizioni dei partiti
Elly Schlein (Imagoeconomica).

L’inasprimento delle pene non combatte la criminalità

I dem tra l’altro sono gli stessi che hanno attaccato il governo Meloni dopo la presentazione del disegno di legge “Sicurezza”, che prevede l’introduzione nel nostro ordinamento di nuove fattispecie di reato e un generale inasprimento delle pene per alcuni crimini minori ma considerati particolarmente “odiosi” e che si pensa possano creare allarme sociale: scippi in metropolitana, truffe agli anziani, blocchi stradali degli eco-attivisti. La critica delle opposizioni, condivisa in maniera quasi totale dagli addetti ai lavori che studiano il fenomeno, è che non si combatte la criminalità con l’inasprimento delle pene, e non si riduce l’incidenza di eventi criminosi con l’introduzione di nuovi reati. La società americana del resto è un esempio lampante e sotto gli occhi di tutti: neanche le più raffinate e crudeli pene capitali hanno aiutato a diminuire i tassi di violenza e criminalità. Ma all’improvviso la tragedia dell’uccisione di Giulia Cecchettin ha fatto dimenticare quelle critiche al Pd, pronto a contribuire per legiferare una norma ad hoc sul femminicidio. Opuscoli, libricini, seminari, qualche pena più severa: il rischio è che alla fine l’elefante partorisca solo il proverbiale topolino.

Il punto su Nexi tra voci di opa, cessioni e possibili cambi al vertice

Il panorama del settore non è certo tra i più rosei. In Europa, negli ultimi mesi, i titoli dei colossi dei pagamenti quotati in Borsa hanno subito una costante perdita di valore, intervallata da qualche piccolo timido rimbalzo. Ma è probabile che, dopo aver toccato il fondo, ora che anche la corsa dei tassi di interesse si è fermata, riprendano a crescere. L’olandese Adyen, quotata a 240 euro nel 2018, è ritornata sopra i 1.000 euro dopo aver sfiorato i 600 lo scorso ottobre, complice una semestrale al di sotto delle aspettative. Tuttavia è ancora lontana dal suo massimo di oltre 2.700 euro raggiunto nel novembre del 2021. Andamento identico per la francese Worldline, che ora quota intorno ai 14 euro, dopo aver toccato anche i 9 il mese scorso sull’onda del risultato dei primi nove mesi. Ma anche qui siamo ancora distanti dagli 84 del luglio 2021. Il recente tracollo borsistico di Worldline è dovuto alla revisione degli obiettivi finanziari per il 2023 e 2024. In particolare, la società ha sospeso i servizi con una parte della clientela tedesca con relativa perdita di ricavi per 130 milioni. In questo caso gli investitori si muovono con i piedi di piombo, non avendo certo scordato quanto successo a Wirecard, altra società del settore quotata in Germania, che nel 2022 era fallita sotto 3,5 miliardi di debiti dopo che era stato scoperto che un quarto dell’intero bilancio era falso. Ancora oggi a Berlino si chiedono come sia stato possibile che gli organismi di vigilanza non si siano accorti di quanto stava accadendo. Ma dietro la truffa ci sarebbe un affaire ben più scottante, così come emerso dalle indagini della magistratura riprese con grande evidenza dai media: Jan Marsalek, direttore operativo di Wirecard e latitante dal 2020, era il coordinatore di una rete di spie bulgare che lavoravano per la Russia in Inghilterra.

Il punto su Nexi tra voci di opa, cessioni e possibili cambi al vertice
La foto segnaletica di Jan Marsalek  (Getty Images).

Il caso Nexi e le voci di una possibile opa

E veniamo all’Italia che, grazie a una serie di fusioni e acquisizioni, vanta un campione europeo del settore come Nexi. Il gruppo, grazie anche alle voci di possibile opa, è risalito dai 5 euro per toccare i 7 dopo aver presentato i conti dei primi nove mesi del 2023. Anche qui siamo però lontani dai massimi, ovvero i 19 euro raggiunti nel 2021 dopo aver annunciato la fusione con l’italiana Sia e la danese Nets. Comun denominatore delle tre società, pur con diverse accentuazioni, i ricavi in crescita grazie all’ineluttabile processo di sostituzione dei pagamenti in contanti con quelli elettronici. Ma anche il forte indebitamento, per tutte sostenibile, dato il margine operativo lordo che continuano a macinare, ma nel caso Nexi un po’ più critico, visto che ha raggiunto i 5,5 miliardi di euro con un multiplo di 3,2 sull’ebitda. I destini della società guidata da Paolo Bertoluzzo negli ultimi mesi sono stati oggetto di ampia discussione tra azionisti e analisti. I primi si sono visti più volte costretti a svalutare la partecipazione nei loro bilanci, effetto del fatto che Nexi ha distrutto valore e in più non ha mai distribuito dividendi, se non prima della quotazione del 2018, quando ancora non si era fusa con Sia e Nets, a vantaggio dei soli soci internazionali Bain, Advent e dell’italiana Clessidra. Gli attuali grandi azionisti sono principalmente fondi internazionali e due società legate allo Stato italiano: Helmann & Friedman con il 19,9 per cento, Bain, Advent e Clessidra con il 9,4 per cento, Cassa Depositi e Prestiti con il 13,6 per cento, Eagle con il 6,08 per cento, Poste Italiane con il 3,5 per cento, Ab Europe con il 2,01 per cento, Neptune Bc con il 2,01 per cento, GIC con il 2,58 per cento. Il resto è in mano al mercato. Alcuni soci hanno ancora iscritto a bilancio la partecipazione a circa 12 euro (ad esempio Cassa Depositi e Prestiti), molti l’hanno già svalutata a 7. Ma per tutti il problema è lo stesso: primo come ridare valore al titolo. Secondo come procedere: vendere la partecipazione o continuare a tenerla in portafoglio?

Il punto su Nexi tra voci di opa, cessioni e possibili cambi al vertice
Il logo Nexi .

I tentativi di vendere Sianet al fondo F21: un’operazione da 600 milioni per abbattere il debito

Dalla primavera di quest’anno i grandi azionisti hanno dato una chiara indicazione al management: stop alle acquisizioni, procedere con le vendite di asset e la diminuzione dei costi. Il Corriere della Sera ha recentemente riportato la notizia, mai smentita, che all’inizio di novembre una riunione ristretta del consiglio di amministrazione ha bocciato due proposte del management: un buy back (l’acquisto di azioni proprie) al fine di far crescere il valore del titolo. E una possibile acquisizione in Francia. Il quotidiano riportava anche una postilla velenosa collegata al fatto che il management fosse stato bloccato su decisione dei grandi soci, lasciando intravvedere un forte disaccordo tra le parti che peraltro in società smentiscono. Nexi sta anche cercando di vendere Sianet al fondo infrastrutturale italiano F2i. Se l’operazione andasse in porto, entrerebbero nelle sue casse circa 600 milioni di euro buoni per abbattere il debito e 700 dipendenti lascerebbero la società per passare nella newco che sarà controllata da F2i. Il deal è sul tavolo, ma non si è ancora chiuso perché Nexi punta a incassare dalla vendita. Facile però che l’affare si concluda prima di fine anno, anche perché, trattandosi dei servizi per le banche centrali, non solo europee soggette a stretta vigilanza da parte delle autorità, difficile se non impossibile che quell’asset possa essere ceduto ad altri.

Dopo il taglio di 400 dipendenti nell’Est e Sud Europa il gruppo dovrebbe procedere con l’Italia (Cdp permettendo)

Nexi ha anche recentemente comunicato la cessione del business eID nei Paesi nordici a IN Groupe per circa 127 milioni. E da tempo sta tentando di vendere anche Ratepay, la società tedesca entrata con la fusione di Nets in Nexi, che si occupa dei servizi connessi alla modalità “acquista oggi, paga domani”, di questi tempi non molto apprezzati dai fondi di private equity. Dal lato della diminuzione dei costi, una delle promesse fatte al momento della fusione di Nexi con Sia e Nets, il gruppo è in ritardo, soprattutto nella migrazione delle transazioni dei clienti in una sola piattaforma, in modo da sfruttare così le economie di scala. Nexi sta invece procedendo a tagliare 400 dipendenti nell’Est e Sud Europa. E nel 2024 dovrebbero iniziare importanti tagli di personale anche in Italia. Sempre che Cdp, socio pesante e collegato allo Stato italiano, non si metta di traverso.

Il punto su Nexi tra voci di opa, cessioni e possibili cambi al vertice
Dario Scannapieco, ad di Cdp (Imagoeconomica).

Alcuni grandi fondi internazionali stanno studiando il dossier per acquistare in toto o subentrare ai soci che vogliono uscire

Tutti temi che le recenti voci di opa hanno finito però col mettere in secondo piano. La possibilità che il gruppo sia oggetto di una scalata ha ravvivato le cronache finanziarie dell’ultimo mese. Secondo i rumors ci sarebbero fondi internazionali stanno valutando la società pronti ad acquistarla in toto oppure subentrare a quei soci vogliono uscire. Sta di fatto che Cvc, Brooksfield e Silverlake stanno studiando il dossier per decidere se e come procedere. A oggi sono solo ipotesi. Di certo non gradite agli attuali soci di Nexi che vorrebbero prima ridare valore al titolo, per poi vendere. Ma se si arrivasse veramente all’opa, c’è da capire qualche potrebbe essere la reazione di Cassa Depositi e Prestiti: darà semaforo verde o chiederà invece al governo di applicare la golden share, cioè la normativa che salvaguardia gli assetti proprietari delle società operanti in settori strategici. Ipotesi, quest’ultima, che vede però gli analisti scettici, visto che il 50 per cento dei bonifici e pagamenti europei sono oggi processati da una società, Swift, americana come i fondi interessati all’acquisto di Nexi. Ma non si sa mai, visto come Palazzo Chigi si è recentemente comportato nel caso di Pirelli per fronteggiare le avance di un socio cinese, con la controversa motivazione che la tecnologia degli pneumatici è strategica per il Paese. Ma gli Stati Uniti non sono la Cina, e dopo aver deciso di cedere la rete delle telecomunicazioni al fondo Kkr, difficile che qualcuno possa eccepire sul fatto che siano un partner indesiderato.

Il punto su Nexi tra voci di opa, cessioni e possibili cambi al vertice
Paolo Bertoluzzo, Ceo di Nexi (Imagoeconomica).

I rumors su un possibile cambio al vertice di Nexi: da via Goito potrebbe arrivare Francesco Mele

In questo contesto si fanno strada anche le voci di un possibile cambio al vertice di Nexi, con l’uscita dell’ad Bertoluzzo e del cfo Bernardo Mingrone che guidano la società dal 2016, il cui mandato peraltro scade con la presentazione del bilancio 2024. E del possibile arrivo di un manager da Cassa Depositi Prestiti. Più precisamente si fa il nome di Francesco Mele, attuale amministratore delegato di Cdp Equity, scelto un anno e mezzo fa dall’attuale numero uno di via Goito Dario Scannapieco, anche lui in scadenza nel maggio 2024. I patti parasociali tra i grandi soci indicano la strada del cambio di vertice in modo dettagliato, specificando anche l’emolumento e i poteri del prossimo amministratore delegato. Il mercato, nel frattempo, guarda con attenzione al futuro della società e alle grandi manovre nell’azionariato, sperando che Nexi come ai bei tempi possa finalmente tornare sexy.

Il punto su Nexi tra voci di opa, cessioni e possibili cambi al vertice
Francesco Mele, ad di Cdp Private Equity (Imagoeconomica).

Roma, bimbo confida alle maestre che il papà picchia la mamma e lo fa arrestare

A seguito della morte di Giulia Cecchettin, 22enne uccisa dall’ex fidanzato, sono tante le storie circolate in questi giorni a ridosso della ricorrenza della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, il 25 novembre. L’ultima risale al periodo di poco precedente alla pandemia, quando un bambino di una scuola di Roma si è confidato con le sue maestre raccontando le atrocità a cui assisteva a casa assieme al suo fratellino.

La vicenda: 42enne accusato di violenza domestica

«Quando ho parlato con il bambino da sola, mi ha spiegato che il papà era solito tornare a casa nervoso e picchiare la madre. E allora lui si rifugiava in un angolo con il fratellino, perché si sentiva responsabile anche per il piccolo». Questo è il racconto della maestra della scuola del bimbo che ha deciso di aiutare la mamma del suo alunno, vittima di violenza domestica. «Abbiamo parlato in una riunione. Siamo state franche, anche per le confidenze che il bambino ci aveva fatto. “Ci dica la verità, ci consenta di esserle d’aiuto. Suo figlio è brillante, ma non lo vediamo sereno”. Lei è scoppiata a piangere. “È vero”, ci ha detto, “mio marito maltratta sia me che i bambini. È geloso”», ha continuato la docente. L’uomo è stato condannato in primo grado a 5 anni di carcere.

Schiaffi sul viso e calci, colpi di cintura, acqua versata in testa

Il pm in aula ha detto: «Le insegnanti si sono prestate fuori dal loro compito istituzionale ad accompagnare la donna a riprendere gli effetti personali dopo che era fuggita da casa, a segnalarle centri anti violenza. Sono state le autorità scolastiche ad accorgersi delle stranezze del piccolo». Per la procura sarebbero stati «schiaffi sul viso e calci», colpi di cintura, «acqua versata» in un’occasione «sulla testa del bambino piccolo» e, in un’altra occasione, di riso cotto versato sulla testa del più grande. L’uomo è difeso dalle avvocate Martina Morlani e Giuseppina Tenga. «Situazioni estreme in cui domina un retaggio culturale lontano anni luce dal nostro. Per chi è stato educato in un determinato modo non è sempre facile integrarsi, denunciare o capire il disvalore delle proprie condotte. È molto più facile per le donne inserirsi nel contesto italiano/europeo di emancipazione e libertà», ha dichiarato la legale Morlani.

Crolla il pavimento in una scuola materna, bimbi in salvo nelle aule

Tragedia sfiorata la mattina di martedì 21 novembre, quando una voragine si è aperta nel pavimento del corridoio della scuola materna di via Delpino a Chiavari nella provincia di Genova. Per fortuna il cedimento è avvenuto mentre i 75 bambini, gestiti da una associazione privata, si trovavano nelle aule didattiche.

Scuola sotto ispezione, il sindaco Messuti trova una nuova sistemazione ai ragazzi

Si apposta sotto casa a Roma e aggredisce l’ex moglie

Ha violato il divieto di avvicinamento alla ex moglie e l’ha aggredita in strada ma è stato bloccato in flagranza dai carabinieri. È quanto accaduto nella serata di lunedì 20 novembre intorno alle 21 a Roma, nella zona di piazzale Clodio. L’uomo, 34enne romano, si è appostato nei pressi dell’abitazione della donna e quando l’ha vista si è scagliato con violenza contro di lei. Nei suoi confronti il pm del turno violenze ha chiesto al gip la convalida con l’aggravamento della misura cautelare. Le indagini sono affidate ai militari della stazione di Ponte Milvio.

L’allarme dell’Onu: «Il mondo è di fronte a 3°C di infernale riscaldamento climatico»

Diversi record relativi alle temperature sono stati stracciati nel 2023, anno caratterizzato da ondate di caldo sempre più intense, così come da inondazioni e periodi di siccità che hanno causato numerose vittime in tutto il mondo. Ma il peggio, come avvertono gli scienziati in vista della COP28, deve ancora venire. Secondo il nuovo rapporto del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP), intitolato “Record infranto”, a meno che le emissioni globali di gas serra non diminuiscano drasticamente, il mondo si troverà a fronteggiare un «infernale» aumento delle temperature di 3°C, con impatti climatici ancora più ampi e distruttivi.

L’allarme dell’Onu in vista della COP28: «Il mondo è di fronte a 3°C di infernale riscaldamento climatico».
Il fondo di un fiume prosciugato in Francia (Getty Images).

Lontano l’obiettivo di ridurre il riscaldamento globale a 1,5°C, stabilito dall’Accordo di Parigi

Lontano dunque l’obiettivo di ridurre il riscaldamento globale a 1,5°C come previsto dall’Accordo di Parigi: l’attuazione delle politiche già promesse dai Paesi delle Nazioni Unite ridurrebbe di appena 0,1°C l’aumento delle temperature. E i tagli alle emissioni a cui sono disposti i Paesi in via di sviluppo – a condizione di ricevere sostegno finanziario e tecnico – non permetterebbe comunque di scendere sotto i 2,5°C. Lo scenario si prospetta catastrofico e per questo, ribadisce l’UNEP, c’è da agire presto e con decisione.

L’allarme dell’Onu in vista della COP28: «Il mondo è di fronte a 3°C di infernale riscaldamento climatico».
Inondazione in Brasile (Getty Images).

Guterres: «Estirpare la radice velenosa della crisi climatica: i combustibili fossili»

Per raggiungere l’obiettivo concordato a livello internazionale di 1,5°C è necessario tagliare 22 miliardi di tonnellate di CO2 dal totale attualmente previsto nel 2030, afferma il rapporto. Si tratta del 42 per cento delle emissioni globali, equivalente alla produzione dei cinque peggiori inquinatori del mondo: Cina, Stati Uniti, India, Russia e Giappone. Non riuscirsi, secondo Antonio Guterres, sarebbe «un fallimento della leadership, un tradimento dei più vulnerabili e un’enorme opportunità mancata». Le energie rinnovabili, ha sottolineato l’alto ufficiale delle Nazioni Unite non sono mai state così economiche e accessibili: «Sappiamo che è ancora possibile rendere realtà il limite di 1,5 gradi. Occorre estirpare la radice velenosa della crisi climatica: i combustibili fossili». Guterres ha affermato che i vari Paesi devono impegnarsi alla COP28 a triplicare la capacità di energia rinnovabile entro il 2030 e ad eliminare gradualmente i combustibili fossili, con un calendario chiaro.

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Nessuno dei Paesi del G20 sta riducendo le emissioni a un ritmo coerente con i propri obiettivi 

All’inizio di novembre l’Onu aveva avvertito che i produttori mondiali di combustibili fossili stavano pianificando espansioni in grado di bruciare più di due terzi del bilancio mondiale del carbonio nei prossimi 30 anni. Il più recente report dell’UNEP sostiene che, se tutti gli impegni a lungo termine dei Paesi di ridurre le emissioni a zero entro il 2050 venissero rispettati, l’aumento della temperatura globale potrebbe essere limitato a 2°C. Tuttavia, si legge, questi impegni «non sono attualmente considerati credibili». Nemmeno quelli dell’Abu Dhabi National Oil Company (Adnoc) di Sultan Ahmed Al Jaber, che presiederà una COP28 nemmeno iniziata e già partita nel segno delle contraddizioni: nel complesso nessuno dei Paesi del G20, che insieme producono l’80 per cento della CO2, sta riducendo le emissioni a un ritmo coerente con i propri obiettivi di zero emissioni nette.

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Giulia Cecchettin, il Consiglio regionale della Liguria le dedica una sedia rossa

È stata dedicata a Giulia Cecchettin una sedia rossa, simbolo della campagna di sensibilizzazione contro la violenza sulle donne, inaugurata martedì 21 novembre 2023 in un corridoio del Consiglio regionale della Liguria. «L’Italia è scossa da quello che è appena accaduto, con l’assassinio di Giulia nel nostro Paese nel 2023 le vittime di femminicidio sono 105, un numero purtroppo rimasto costante negli ultimi anni», ha dichiarato il presidente del Consiglio regionale Gianmarco Medusei.

Medusei: «La vicenda di Giulia scuote tutti noi»

Il presidente Medusei ha poi così proseguito: «Le vittime di femminicidio negli ultimi cinque anni in Liguria sono state 29. L’omicidio di Giulia ha sconvolto tutti noi e l’opinione pubblica e deve scuotere le coscienze di tutti noi. Ringrazio gli operatori degli 11 centri anti violenza presenti in Liguria e quelli del numero gratuito per chiedere aiuto 1522 istituito dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri per il loro costante impegno».

Il progetto di sensibilizzazione #lasediarossa

Presenti alla cerimonia il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti e tutti i consiglieri regionali. Il progetto di sensibilizzazione #lasediarossa è stato ideato nel 2022 da Deborah Riccelli e Gabriella De Filippis con il sostegno di Socrem Genova, sono 17 le installazioni artistiche permanenti finora diffuse sul territorio, la sedia è un simbolo che rappresenta il posto vuoto che la donna vittima di violenza non potrà mai più occupare. La nuova sedia è stata realizzata dall’artista Patrizia Tummolo e rientra fra le manifestazioni organizzate in occasione della Settimana contro la violenza sulle donne.

L’Italia si conferma eccellenza europea nel settore del riciclo dei rifiuti

L’Italia si conferma eccellenza europea nel settore del riciclo dei rifiuti, pienamente in corsa per il raggiungimento degli obiettivi Ue al 2025 e al 2035. Il riciclo dei rifiuti urbani ha raggiunto quota 51,4 per cento (l’obiettivo del 2025 è 55 per cento), quello degli imballaggi il 72,8 per cento (ben oltre il target del 65 per cento al 2025). Maggiore impegno servirà per dimezzare, di qui al 2035 la quota di rifiuti che oggi finiscono in discarica, il 20,1 per cento.

L’Italia è tra i nove stati Ue più virtuosi nel riciclo dei rifiuti

Lo ha rivelato il rapporto annuale L’Italia che ricicla di Assoambiente, l’associazione delle imprese di igiene urbana, riciclo e bonifiche. L’Italia di fatto rientra tra i nove Stati membri dell’Ue virtuosi nella gestione dei rifiuti. Sono ben 18 (tra cui anche Francia, Spagna, Portogallo e Svezia) quelli che risultano ancora lontani dal raggiungimento dei target definiti. Addirittura otto Stati membri collocano ancora in discarica più del 50 per cento dei propri rifiuti urbani. Nel report di quest’anno Assoambiente ha inserito dieci richieste per le istituzioni nazionali ed europee: sostegno ai materiali riciclati, quote di riciclato nei prodotti, Iva agevolata per le materie ottenute dal riciclo, recupero energetico complementare al riciclo, iter autorizzativi più rapidi e certi, ecodesign, nuovi schemi di responsabilità del produttore di beni, decreti End of Waste, regole comuni nella Ue sul trasporto dei rifiuti, e una maggiore chiarezza nell’impianto di regole disegnato da Arera e applicato dalle varie amministrazioni pubbliche.

X, è fuga delle pubblicità: Elon Musk fa causa a Media Matters

«Media Matters è il male puro». Con queste parole sul suo profilo X, Elon Musk ha annunciato di aver fatto causa all’organizzazione non-profit americana per presunta diffamazione della piattaforma social. Il patron non ha digerito il recente rapporto in cui si sottolineava la presenza di contenuti antisemiti accanto alle pubblicità di grandi aziende. Una denuncia che, in breve tempo, ha generato un esodo delle inserzioni dal network, con l’addio prima di IBM e poi, tra gli altri, di Disney, Apple e Oracle. «Hanno consapevolmente e maliziosamente fabbricato l’articolo nella loro palese campagna diffamatoria», ha sottolineato Musk. Immediata la replica di Media Matters: «Non vediamo l’ora di vincere anche in tribunale».

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Elon Musk contro Media Matters dopo l’accusa di post antisemiti

Il 18 novembre, due giorni dopo la pubblicazione del rapporto, su X Musk aveva preannunciato l’arrivo di una «denuncia termonucleare contro Media Matters». Come promesso, ha deciso di portare in tribunale l’organizzazione, chiedendo un rimborso in denaro non ancora specificato e la rimozione immediata del rapporto sui contenuti filonazisti. L’accusa sostiene che si tratta di un’invenzione ad hoc ottenuta tramite le caratteristiche di specifici utenti per creare «una dannosa percezione di X e spingere così gli inserzionisti ad abbandonare». Secondo X, infatti, Media Matters avrebbe creato un profilo che seguiva solo 30 account tra hater e grandi aziende. Così facendo, avrebbe spinto l’algoritmo a credere che l’utente «volesse vedere i contenuti di odio e le pubblicità assieme».

Elon Musk porta Media Matters in tribunale per diffamazione. La Ceo Yaccarino: «Su X nessuno ha visto pubblicità accanto a post antisemiti».
Uno dei casi segnalati da Media Matters (Screenshot X).

«Media Matters ha creato un profilo segreto progettato con precisione per eludere le normali protezioni», si legge ancora nell’accusa. «Ha manipolato così il sistema, dando vita infine alle immagini che affiancherebbero contenuti antisemiti con le pubblicità delle aziende su X». Non solo, dato che la società avrebbe aggiornato in continuazione il feed fino alla manifestazione della schermata desiderata. «Hanno inscenato una truffa», ha scritto in un altro post Elon Musk, prima di difendere ancora una volta la sua immagine. «Centinaia di storie false mi hanno definito antisemita», ha proseguito il patron di Tesla e SpaceX. «Niente potrebbe essere più lontano dalla realtà. Voglio solo il meglio per l’umanità e spero in un futuro prospero per tutti». Non si è poi fatta attendere la replica di Media Matters attraverso le parole del presidente Angelo Carusone: «Siamo di fronte a una causa frivola che vuole costringere i critici a tacere».

L’intervento di Linda Yaccarino: «State con X, non fatevi manipolare»

Intanto l’esodo degli inserzionisti da X non accenna a fermarsi. Hanno infatti annunciato lo stop di tutte le pubblicità anche NBC Universal, Lionsgate e Warner Bros. Discovery, aggiungendosi così a Bravo, Sony e Paramount. Una vera e propria fuga su cui è intervenuta anche la Ceo della piattaforma di Musk, Linda Yaccarino. «Se mi conoscete, sapete che mi impegno per verità e giustizia», ha scritto sul proprio profilo. «Ecco la verità: nessun utente di X ha visto spot di IBM, Comcast o Oracle accanto a post antisemiti. Solo due ne hanno visualizzato uno di Apple, peraltro proveniente da Media Matters. I dati prevalgono sulla manipolazione. Non fatevi manipolare, restate con X».

Ayahuasca, la droga utilizzata dagli sciamani e ora vietata in Italia: «Negano i nostri sacramenti»

L’ayahuasca affonda le sue radici nelle antiche pratiche sciamaniche dell’Amazzonia. Negli ultimi 30 anni, a partire dal 1990, diverse migliaia di persone in Italia l’hanno assunta. Questo consumo avviene in quantità minime, seguendo procedure controllate e all’interno di un contesto religioso, particolarmente tra i fedeli della chiesa del Santo Daime. Nel febbraio del 2022, dopo approfondimenti condotti dall’Istituto e dal Consiglio superiore di sanità, il ministero della Salute ha inserito la sostanza nella lista di quelle vietate, classificandola come stupefacente. Questa decisione ha reso impossibile il sacramento, considerato «equivalente alla comunione per il cristianesimo».

Gli sciamani si ribellano a questa vicenda

A seguito di ciò, la Chiesa italiana del culto eclettico della fluente luce universale (con sede in provincia di Reggio Emilia) e il Centro espírita beneficente união do vegetal in Italia (con sede a Milano) hanno presentato un ricorso, il quale è stato però respinto sia dal Tar che in una recente sentenza del Consiglio di Stato. Che l’ayahuasca possieda un potente effetto allucinogeno è indiscutibile, ed è proprio per questo motivo che è stata utilizzata in cerimonie religiose in Amazzonia da tempi immemorabili. Questa bevanda rituale è un decotto di una liana e di una foglia, collegandosi così al mondo mistico e misterioso che in qualche modo è coinvolto anche in questa questione legale.

Ayahuasca, la droga utilizzata dagli sciamani e ora vietata in Italia: «Negano i nostri sacramenti»
Cerimonia (GettyImages).

Dove è possibile consumare questa sostanza

Nel corso del Novecento, vari culti che incorporano l’uso dell’ayahuasca si sono istituzionalizzati in Brasile, dove la bevanda è legale in ambito rituale e religioso dal 1986. Questi culti si sono successivamente diffusi in numerosi paesi del mondo, compresa l’Europa. In Francia, la sostanza è illegale, mentre nei Paesi Bassi e in Spagna è stata oggetto di procedimenti giudiziari. A metà del secolo scorso, il potere mistico, onirico e allucinogeno della sostanza ha ampliato il suo fascino anche al di fuori dei contesti religiosi. Negli ultimi decenni, la sostanza è stata al centro di decine e decine di pubblicazioni scientifiche che ne hanno esplorato il potere terapeutico.

Effetti e quantità dell’ayahuasca

I documenti presentati davanti al Consiglio di Stato offrono una visione chiara del consumo di ayahuasca a Milano e in Italia, avvenuto «rispettando le norme del disciplinare del governo brasiliano». Secondo i fedeli aderenti, la «bevanda sacramentale Santo Daime» è considerata una «manifestazione del sangue di Nostro Signore Gesù Cristo, la cui assunzione rituale (equivalente al sacramento della comunione nella Chiesa cattolica)» è «imprescindibile all’interno delle funzioni religiose». Inoltre, secondo le spiegazioni delle associazioni, «sebbene l’ayahuasca sia psicoattiva, ciò non significa che le dosi che di solito vengono ingerite durante le sessioni producano tossicità organica o cerebrale». Nel caso del Santo Daime, tutte le analisi chimiche effettuate dalla polizia in Italia negli ultimi 23 anni mostrano una presenza media molto bassa del principio attivo, quindi gli effetti allucinogeni della sostanza pura «iniettata in vena o sniffata non hanno nulla a che fare» con quelli della sostanza naturale «assunta per via orale nell’arco di 3-4 ore di digestione».

Zelensky: «La Russia pianifica di rovesciare la leadership dell’Ucraina entro il 2023»

Nel corso di un’intervista concessa al Sun, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha detto che i servizi speciali russi puntano a sostituirlo come capo di Stato entro la fine del 2023, «utilizzando qualsiasi mezzo a sua disposizione». L’operazione ha un nome, Maidan 3, che richiama quanto successo esattamente dieci anni fa nel Paese.

Zelensky ha detto di essere scampato ad almeno cinque tentativi di omicidio

Zelensky ha affermato di essere sopravvissuto ad almeno cinque tentativi di omicidio, tra cui uno compiuto dai servizi speciali russi nei primi giorni dell’invasione su vasta scala dell’Ucraina, nel febbraio 2022. Da allora, ha detto, l’opinione pubblica sta prendendo via via sempre meno seriamente i tentativi di eliminarlo, ma ciò non significa che non si stiano verificando.

Visita lampo di Michel in Ucraina nel decimo anniversario dell’Euromaidan

La rivolta di Maidan fu «la prima vittoria della guerra di oggi», ha detto il presidente ucraino in un videomessaggio pubblicato su X in occasione del decennale dell’Euromaidan (o la rivoluzione della dignità, per gli ucraini). Nell’anniversario, Zelensky ha ricevuto il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel, volato a Kyiv per una visita lampo: «Sono qui per mostrare il grande sostegno dell’Ue all’Ucraina, in un giorno importante: dieci anni fa gli ucraini hanno scelto l’Europa e alcuni sono morti», ha detto Michel in un briefing con un piccolo gruppo di media internazionali. «Ma il prossimo Consiglio Europeo sarà difficile, il rapporto della Commissione sull’allargamento non è bianco o nero, ha delle sfumature, e io sono rimasto sorpreso per il rapporto ulteriore di marzo: lavoro per un Consiglio di successo ma a volte il fallimento è parte del processo dell’Ue, non è un mistero che alcuni Paesi sono cauti sull’allargamento».

Zelensky: «La Russia pianifica di rovesciare la leadership dell’Ucraina entro il 2023». L’operazione pensata da Mosca si chiama Maidan 3.
Charles Michel e Volodymyr Zelensky (Getty Images).

A Vigonovo e Saonara esposta una gigantografia di Giulia Cecchettin

«Giulia ti vogliamo bene». Sono queste le parole scritte accanto ad una gigantografia di Giulia Cecchettin che resterà esposta sulle pareti del Municipio di Vigonovo (Venezia) e della Biblioteca del polo culturale di Saonara (Padova), paesi dove è cresciuta e ha vissuto la ragazza di 22 anni trovata morta nei giorni scorsi. «La foto è stata scelta dalla famiglia», dice il sindaco di Saonara Michela Lazzaro, «dobbiamo custodire nelle nostre menti e nei nostri cuori il sorriso di Giulia».

La scelta condivisa dai sindaci con la famiglia di Giulia

«La dolcezza, la bontà e la purezza di Giulia possano essere la forza per andare avanti», prosegue il sindaco Lazzaro, «condividiamo la volontà di papà Gino e della sorella Elena di un impegno concreto per contrastare la piaga sociale della violenza contro le donne, perché nessun’altra famiglia e nessun’altra comunità debba vivere dolori così strazianti». Concorde con la collega, è anche il primo cittadino di Vigonovo, Luca Martello: «La terremo esposta fino a fine mese. Sabato 25 novembre è la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Anche così desideriamo testimoniare il ruolo delle istituzioni per dare risposte concrete. Posso dire che tutti i Comuni, non solo a novembre, si impegnano su questo fronte. Da uomo dico che dovremmo porre attenzione a maschi, famiglie, associazioni, istituzioni, e insegnare che nella vita si può anche perdere e che dopo una sconfitta si può ripartire».

Morgan fuori da X-Factor dopo le polemiche del quarto live

Detto, fatto. Morgan non è più giudice di X Factor, a comunicarlo tramite una nota congiunta Sky Italia e Fremantle Italia. A nulla sono servite le scuse del cantautore dopo le polemiche del quarto live in cui si è lasciato andare a una serie di comportamenti e commenti discutibili. Da giorni si rincorrevano voci su un suo possibile allontanamento e, la mattina del 21 novembre 2023, è arrivata la comunicazione ufficiale.

Il comunicato di Sky Italia e Fremantle Italia

«Sky Italia e Fremantle Italia hanno deciso, di comune accordo, di interrompere il rapporto di collaborazione con Morgan e la sua presenza a X Factor come giudice. Una valutazione fatta a seguito di ripetuti comportamenti incompatibili e inappropriati, tenuti anche nei confronti della produzione e durante le esibizioni dei concorrenti, e delle numerose dichiarazioni susseguitesi anche in questi giorni. È imprescindibile che i concorrenti e il loro percorso restino al centro del programma. La musica e il talento sono sempre stati e devono continuare a essere il motore fondamentale di X Factor, ed è prioritario che tutto si svolga in un ambiente di lavoro professionale e che il confronto, per quanto acceso, si esprima sempre nel rispetto reciproco. La decisione è presa in considerazione dei valori di cui Sky, Fremantle e X Factor sono portatori, nel rispetto tutte le persone coinvolte e del pubblico, e avrà effetto immediato», si legge nel comunicato.

Giulia Cecchettin, oggi alle 11 un minuto di silenzio nelle scuole

Martedì 21 novembre alle ore 11 2023 le scuole italiane sono invitate a rispettare un minuto di silenzio in memoria di Giulia Cecchettin e di tutte le donne abusate e vittime di violenze. Una circolare con un invito in tal senso è stata inviata dal ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara.

Presto il sarà presentato il piano Educare alle relazioni

Mercoledì 22 novembre invece sarà presentato il piano Educare alle relazioni, «un lavoro accurato all’insegna di un confronto ampio e di pluralismo di rapporti». Le mobilitazioni per ricordare la giovane, uccisa a coltellate dall’ex fidanzato Filippo Turetta di cui ora si attende l’estradizione, sono cominciate lunedì 20 novembre con il minuto di silenzio nelle aule dell’Università di Padova, dove Giulia avrebbe dovuto conseguire la laurea pochi giorni dopo i tragici fatti. Poi il flash mob rumoroso contro i femminicidi. E ancora, la garanzia da parte della rettrice dell’Ateneo che le sarà garantito quel titolo di studio che nessuno le potrà negare. «Quando sarà il momento li contatteremo per una cerimonia con le tempistiche e le modalità che vorranno accettare», ha detto Maddalena Mapelli. 

Il controverso libro dello psicologo scelto da Valditara come coordinatore del progetto ‘Educare alle relazioni’

Il femminicidio di Giulia Cecchettin ha scosso l’opinione pubblica. La sorella Elena ha parlato di «Stato complice» e si stanno moltiplicando le iniziative per sensibilizzare contro il problema della violenza di genere. La famiglia e la scuola, si legge da più parti, dovrebbero lavorare insieme per far sì che certi fatti non si ripetano. Già, la scuola: peccato che, come evidenzia Domani, Alessandro Amadori, scelto dal ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara come consulente e coordinatore del progetto “Educare alle relazioni” (un’ora di incontri a settimana, per tre mesi l’anno, totale 12 sessioni), nel 2020 abbia autopubblicato La guerra dei sessi, volume in cui ha negato la violenza maschile sostenendo tesi cospirazioniste sul tentativo delle donne di dominare gli uomini.

Femminicidi: il libro di Alessandro Amadori, coordinatore del gruppo di psicologi voluto dal ministro Valditara per il progetto 'Educare alle relazioni'.
La copertina del volume pubblicato da Amadori.

I punti in comune con Il mondo al contrario del generale Vannacci

Su Domani Christian Raimo accosta La guerra dei sessi. Piccolo saggio sulla cattiveria di genere di Amadori a Il mondo al contrario del generale Roberto Vannacci. Non solo perché entrambi sono stati dati alle stampe tramite self-publishing, ma anche per lo «stile vagamente cospirazionista e l’insofferenza per il politicamente corretto». Il volume, si legge nella descrizione presente su tutte le piattaforme dove è acquistabile, sostiene che la guerra dei sessi in corso potrebbe portare a «una società non più patriarcale ma ginarchica». Lo scontro, avverte il libro scritto da Amadori assieme alla coautrice Cinzia Corvaglia (esperta di security e investigazioni private) «è già iniziato e che ciascun genere sessuale combatte con le armi della propria specifica cattiveria».

«Anche le donne sanno essere cattive, più di quanto pensiamo»

La dimostrazione patologica del disagio degli uomini, alle prese con una società in cui il «principio maschile» è «in via di demolizione», starebbe nei casi di violenza sessuale e nel drammatico problema dei femminicidi, sostiene il volume. Ma, si domandano Amadori e Corvaglia in un passaggio del libro, citato da Domani, «parlando di male e di cattiveria, dovremmo concentrarci solamente sugli uomini? Che dire delle donne? Sono anch’esse cattive?». La risposta: «Sì, anche le donne sanno essere cattive, più di quanto pensiamo». Nel capitolo “Il diavolo è anche donna”, Amadori punta il dito contro la festa dell’8 marzo sostenendo la tesi di tale Andrea Pirillo, secondo cui ci sarebbe poco da festeggiare, perché le donne si comportano spesso come, o persino peggio, degli uomini. Tornano ai femminicidi, gli autori «i raptus omicidiari, sostanzialmente, non esistono in quanto tali, e bisogna piuttosto iniziare a parlare di cattiveria, aggressività e consapevolezza». Dietro la punta dell’iceberg dei femminicidi «sembra esserci il grande corpo dell’iceberg, costituito dal bisogno di sottomissione maschile. È come se gli uomini facessero davvero fatica ad avere un rapporto equilibrato con il femminile: o sono carnefici, o sono vittime», scrivono gli autori in un passaggio citato da Domani. E poi: «C’è una piccola popolazione di donne che approfitta di questa tendenza maschile alla sottomissione e ne fa una vera e propria fonte di business». In un altro Amadori, parlando del presunto movimento femminista radicale chiamato ginarchia, scrive che le attiviste sarebbero animate dall’invidia del pene, «concetto tanto provocatorio quanto controverso e, oggi, non politicamente corretto».

Femminicidi: il libro di Alessandro Amadori, coordinatore del gruppo di psicologi voluto dal ministro Valditara per il progetto 'Educare alle relazioni'.
Alessandro Amadori (LinkedIn)

Dalla laurea in psicologia sperimentale alla collaborazione con il governo: chi è Alessandro Amadori 

«Genovese di nascita, milanese di adozione», come si legge su LinkedIn, Amadori ha 63 anni è si è laureato «in psicologia sperimentale a Padova, con lode, con una tesi sui modelli cibernetici della mente». Poi il dottorato di ricerca sempre nell’ateneo euganeo «con una tesi sul pensiero creativo e sull’efficacia delle tecniche di formazione euristica nell’incrementare la performance creativa». In seguito il perfezionamento in criminologia a Milano e in biostatistica ad Asti. Dalla fine degli Anni 80 si occupa di «ricerche di mercato e di consulenza aziendale, contribuendo alla diffusione in Italia delle moderne tecniche di ricerca qualitativa e di consulenza euristica, con l’utilizzo di metodi creativi». Autore di una trentina di volumi, «formatore specializzato in self empowerment e docente incaricato all’Università Cattolica e al Master Publitalia» nonché, appunto, «esperto del ministero dell’Istruzione».

Meteo, fino alla fine di novembre protagonisti vento, nubifragi e neve

Vento, nubifragi e neve fin sulle coste. È il brutto tempo il protagonista di questi ultimi 10 giorni di novembre. L’area più colpita sarà quella del Centrosud. È quanto annuncia Lorenzo Tedici, meteorologo del sito www.iLMeteo.it. Già dalle prossime ore un ciclone impatterà sull’Italia con venti forti e piogge. Previste precipitazioni intense su Emilia Romagna e Marche ma i fenomeni saranno diffusi anche sul resto delle regioni centrali, Sardegna e Campania. I venti tenderanno ad intensificarsi e la direzione di provenienza sarà da Nordest con conseguente diminuzione delle temperature massime, specie al Centro. Tra domani e giovedì il ciclone si sposterà verso sud.

Venerdì il meteo migliorerà

Mercoledì 22 novembre sono attese dapprima piogge intense su Medio Adriatico e Basso Tirreno con nevicate in collina tra Marche e Molise (la quota neve minima intorno ai 900 metri) e dalla sera possibili fenomeni abbondanti tra Sicilia e Calabria ionica che proseguiranno anche giovedì. E proprio il 23 sar la giornata peggiore: previsti nubifragi sul versante ionico, con accumuli oltre i 100 mm/24 ore tra Salento, Calabria Ionica e Sicilia orientale e settentrionale. Venerdì il meteo migliorerà leggermente ma già da sabato sono previste altre piogge al Sud e neve in collina al Centro sul Medio Adriatico.

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