Fabrizio Corona ha svelato sul profilo Instagram del sito Dillinger News i due calciatori presunti scommettitori di cui aveva parlato dopo il caso di Nicolò Fagioli. Si tratta, secondo quanto dichiara il re dei paparazzi, di «Tonali e Zaniolo». «Anche loro scommettono», ha scritto in un post poi cancellato. Negli stessi minuti Corona ha diffuso degli audio tramite stories parlando dell’arrivo della polizia in casa sua e annunciando che per questo motivo «le prime prove sui calciatori coinvolti slittano alle 18».
Corona: «Presto tutte le prove e i documenti»
Nelle story sul proprio profilo ufficiale, Corona ha raccontato: «Sto andando in questura volontariamente a essere sentito come persona informata sui fatti. Per queste problematiche le prime prove slittano alle 18». Nel post cancellato, inoltre, ha aggiunto: «Nel corso della prossima settimana tutte le prove e i documenti con audio e nomi». Il paparazzo aveva anticipato l’inchiesta su Fagioli, che si è poi autodenunciato. Diverso il caso di Tonali e Zaniolo: non c’è alcuna conferma del loro coinvolgimento nel mondo delle scommesse.
«Gaza non sarà più quella di prima». Lo ha detto il capo di Stato maggiore dell’esercito israeliano Herzi Halevi, nel primo intervento pubblico dall’inizio della guerra, ammettendo poi che l’Idf «nelle comunità di confine non ha adempiuto ai suoi doveri di responsabilità nei confronti dello stato di Israele e dei suoi cittadini». Sotto assedio da giorni e ormai senza elettricità, i suoi abitanti oltre che con i missili dell’Idf si trovano a fare i conti con Hamas: l’organizzazione terroristica che controlla la Striscia, infatti, ha respinto la proposta dell’Egitto di aprire un corridoio umanitario (in caso di tregua) perché «costringerebbe il popolo palestinese ad abbandonare la propria patria». Il valico di Rafah, fa sapere il Cairo, tecnicamente non è stato mai chiuso dall’inizio della crisi attuale, ma è inagibile perché «le strutture sul lato palestinese sono state distrutte a causa dei ripetuti bombardamenti israeliani». Sale intanto il bilancio delle vittime, che sono almeno 2.500 sui due fronti.
Il segretario di Stato americano Blinken a Tel Aviv, incontrerà anche Abu Mazen
«Hamas non ha interesse del popolo palestinese, non rappresenta il suo futuro, il suo unico obiettivo è distruggere Israele e uccidere gli ebrei. Israele ha diritto di difendersi e garantire che tutto ciò non avvenga». Lo ha detto il segretario di Stato americano Antony Blinken, giunto in Israele per incontrare il premier Benjamin Netanyahu, membri del governo e il presidente Isaac Herzog. Blinken, che di religione ebraica, vedrà anche i familiari degli ostaggi israeliani rapiti da Hamas e portati a Gaza. Per venerdì 13 ottobre è inoltre in programma l’incontro con il presidente palestinese Abu Mazen.
I met with @IsraeliPM Netanyahu in Israel today to reiterate ironclad U.S. support for Israel’s right to defend itself from Hamas’ terrorist attacks. pic.twitter.com/hhuqRS3UrA
La Croce Rossa: «Gli ospedali di Gaza rischiano di trasformarsi in obitori»
Gli ospedali di Gaza «rischiano di trasformarsi in obitori» a causa della perdita di energia elettrica durante i bombardamenti israeliani sull’enclave. Lo ha detto il Comitato internazionale della Croce Rossa. La crisi umanitaria si sta rapidamente aggravando a Gaza, dove centinaia di migliaia di persone sono state sfollate a causa della carenza di cibo, acqua ed elettricità, mettendo a dura prova le strutture mediche. «Quando Gaza perde l’elettricità, gli ospedali perdono la corrente, mettendo a rischio i neonati nelle incubatrici e i pazienti anziani sotto ossigeno», ha evidenziato in un comunicato il direttore regionale del Cicr per il Vicino e Medio Oriente, Fabrizio Carboni.
Raid israeliani sugli aeroporti della Siria, mentre i terroristi somali si congratulano con Hamas
Il conflitto intanto si allarga. A seguito di raid israeliani, hanno riportato danni le piste di atterraggio degli aeroporti di Damasco e Aleppo. Secondo media panarabi, che citano fonti della sicurezza siriana, Israele ha preso di mira depositi di armi iraniane custoditi dagli Hezbollah libanesi filo-iraniani presenti nel Paese. Il presidente iraniano Ebrahim Raisi durante una telefonata con l’omologo siriano Bashar al-Assad, ha detto che «tutti i Paesi islamici e arabi, come anche le popolazioni che vogliono la libertà nel mondo, devono trovare un accordo e raggiungere una cooperazione in un percorso per fermare i crimini del regime sionista contro la nazione palestinese oppressa». Intanto Al-Shabaab, l’organizzazione terroristica islamica somala, si è congratulata con Hamas per gli attacchi contro Israele, rendendo omaggio ai «coraggiosi eroi, i valorosi commando e tutti coloro che sono di stanza in Terra Santa». E poi: «Che Allah vi ricompensi a nome della Ummah (la comunità musulmana mondiale, ndr), per le vostre nobili azioni».
La compagnia di bandiera israeliana volerà di sabato per riportare in patria i riservisti
Per la prima volta dal 1982 El Al, la compagnia di bandiera israeliana, volerà di sabato violando così il riposo sabbatico ebraico. Lo ho annunciato la stessa compagnia motivando la scelta con la necessità di riportare in patria gli israeliani richiamati dall’esercito nella lotta ad Hamas, così come le forze di sicurezza e di salvataggio bloccati all’estero.
Maurizio Gasparri, senatore di Forza Italia e vicepresidente del Senato, ha commentato la decisione presa dal ministro della Giustizia Carlo Nordio sull’avvio dell’accertamento preliminare sulla giudice Iolanda Apostolico. «Capisco la prudenza del ministro della Giustizia, Nordio, che sta acquisendo notizie sulla magistrata Apostolico e quindi non ha ancora disposto ispezioni. Bene essere prudenti», ha dichiarato prima di un attacco culminato con la richiesta di radiazione o dimissioni.
Il senatore ha infatti proseguito: «In effetti le ispezioni in questo caso sarebbero perfino insufficienti. Se esistesse, ci vorrebbe una misura più drastica come la radiazione dalla magistratura di chi si comporta in questo modo. L’uso politico della giustizia deve cessare. E Nordio e questo governo dovranno essere garanti di questa svolta. Vogliamo una giustizia credibile e imparziale. Non una giustizia che agita le braccia alle manifestazioni con alle spalle manifestanti che urlano “assassini” alla polizia. Da Nordio ci aspettiamo questo e lo sosterremo in Parlamento con convinzione. Le ispezioni servono a poco. Facciano le radiazioni». Poi ha concluso: «Apostolico farebbe bene a dimettersi».
I dati diffusi dall’Osservatorio Birra contestualmente alla presentazione del 7/mo rapporto realizzato da Althesys non lasciano dubbi: «Un aumento di pochi centesimi di euro dell’accisa sulla birra finirebbe per far male a tutti. Anche al consumatore». In particolare viene sottolineato come l’incremento colpisce i produttori, già alle prese con costi sempre più insostenibili, riduce i margini degli esercenti e ricade anche sul consumatore, perché viene gravata d’Iva.
Quanto incidono le accise
Nel rapporto si evidenzia come «in una birra al bar circa 80 centesimi sono imputabili all’accisa mentre su una bottiglia da 0,66 in offerta al supermercato questa tassa incide per circa il 40 per cento sul prezzo di vendita». L’Osservatorio Birra inoltre ricorda che si tratta dell’unica bevanda da pasto gravata da accise, e in passato – fa presente – «lo Stato, quando ha abbassato l’accisa sulla birra, ha incassato di più: +27 per cento di entrate erariali nel 2017-2019 rispetto al triennio precedente, che aveva visto gli aumenti di questa tassa».
Ridurre la pressione fiscale
Con una minor pressione fiscale, evidenziano gli analisti, i produttori sono stati in grado di «fare investimenti, lanciare nuovi prodotti, generando crescita e quindi gettito». Una riduzione delle accise, segnala l’Osservatorio, «potrebbe alleggerire la pressione inflattiva per i consumatori e aumentare il gettito Iva grazie all’aumento delle vendite. L’alleggerimento della pressione fiscale» si apprende in conclusione «potrà fornire al mercato lo stimolo per riprendere la sua parabola di crescita».
Attenzione a redditi e pensioni medio bassi, taglio del cuneo fiscale, misure per la famiglia e per la sanità in continuità con il lavoro portato avanti dal governo fin dalla precedente legge di Bilancio. Sono le linee guida emerse, secondo quanto si apprende da fonti vicine al governo, dal vertice di maggioranza sulla manovra che sarà presentata nel cdm di lunedì 16 ottobre. Il clima, ha confermato una nota di Palazzo Chigi, è «collaborativo» e la maggioranza è «determinata» a portare avanti gli obiettivi chiave. All’ordine del giorno del doppio vertice con i leader della maggioranza e con i capigruppo di Camera e Senato non poteva mancare il conflitto in Israele e le sue possibili conseguenze sull’economia italiana. Per questo, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha invitato alla prudenza e invitato gli alleati a ridurre al minimo gli emendamenti. Il rischio è che le risorse già scarse si assottiglino ulteriormente.
La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha deciso di bocciare la richiesta di obbligo di assicurazione per le bici elettriche. Per i giudici, i mezzi non rientrano nella categorie di quelli spinti da una forza meccanica, perché serve anche l’impulso fisico del ciclista. Per questo non possono essere considerati dei veicoli. La proposta è nata dopo l’incidente occorso in Belgio a un ciclista, che investito da un’auto è deceduto dopo un calvario durato diversi mesi. Dall’inchiesta successiva è nata la controversia sulla natura delle bici elettriche.
Il tribunale Ue: «Assicurazione solo di mezzi mossi da forze meccaniche»
Dalla Corte di cassazione belga si è arrivati alla Corte di Giustizia Ue. E oggi la sentenza. Il tribunale ha spiegato che la direttiva europea parla di «assicurazione degli autoveicoli» riferendosi tradizionalmente alla «assicurazione della responsabilità civile risultante dalla circolazione di mezzi quali i motocicli, le autovetture e gli autocarri che sono mossi esclusivamente da una forza meccanica». E ha proseguito spiegando che «mezzi che non sono azionati esclusivamente da una forza meccanica, come una bicicletta ad assistenza elettrica che può accelerare senza pedalare fino ad una velocità di 20 km/h, non risultano tali da causare a terzi danni fisici o materiali analoghi a quelli che possono causare i motocicli, le autovetture, gli autocarri o altri veicoli azionati esclusivamente da una forza meccanica, potendo questi ultimi circolare in modo sensibilmente più veloce».
Ed Sheeran torna in Italia nel 2024. L’8 giugno il cantautore britannico si esibirà al Lucca Summer Festival presso l’Area delle Mura Storiche per l’unica tappa nel Belpaese del suo Mathematics Tour, dove canterà il meglio dei quattro album Plus, Multiply, Equals, Divide e Subtract. Biglietti in vendita dal 20 ottobre alle ore 11 su Ticketone, mentre è previsto un presale da mercoledì 18 grazie a Radio105 previa registrazione sul sito ufficiale dell’emittente. Per combattere il bagarinaggio e il secondary ticketing, sarà consentito l’acquisto di due tagliandi nominativi per account. La disponibilità sarà limitata e, data la probabile forte richiesta, gli organizzatori consigliano di collegarsi in Rete agli orari indicati. Ed Sheeran sarà il secondo artista a unirsi al Lucca Summer Festival 2024, che ha già annunciato Rod Stewart per il 7 luglio con una tappa del suo tour d’addio.
Ed Sheeran live al Lucca Summer Festival 2024: settori e prezzi dei biglietti
Come si legge sul sito ufficiale dell’evento, Ed Sheeran si esibirà a partire dalle 21.30 presso l’area concerti delle Mura Storiche. Il prato sarà diviso in due settori distinti A e B, dal costo rispettivamente di 100 euro e 78 euro, prevendita esclusa. Più caro invece il prezzo della gradinata laterale, dove per avere un biglietto occorrerà sborsare 130 euro più prevendita. L’acquisto sarà possibile mercoledì 18 e giovedì 19 ottobre sul sito di Radio105, dove ottenere un codice alfanumerico da utilizzare su Ticketone. Ciascun tagliando sarà nominativo, che si potrà cambiare fino al giorno del concerto. All’ingresso bisognerà esibire anche il proprio documento di identità.
Tornato su tutte le piattaforme streaming il 29 settembre con Autumn Variation, Ed Sheeran vanta numeri globali da record. Il suo disco Divide è il più venduto di sempre da un artista maschile nel Regno Unito e il singolo Shape of You ha il maggior numero di ascolti nella storia di Spotify. Primo solista britannico a poter rivendicare 52 settimane in testa alle classifiche inglesi, è alle spalle solo dei giganti Elvis Presley e Beatles. In carriera ha venduto 56 milioni di album e 150 milioni di singoli, oltre ad aver vinto 7 Billboard Awards, 7 Brit Awards e 4 Grammy. Vanta collaborazioni con artisti del calibro di Eminem, Elton John, Andrea Bocelli e 50 Cent. I suoi ultimo live in Italia risalgono al 2019, quando si esibì a Firenze, Roma e Milano. I fan potranno ascoltare dal vivo Bad Habits, Shivers, Thinking Out Loud e tante altre, tra cui le nuove hit Eyes Closed e Life Goes On.
Intesa Sanpaolo ha annunciato che la società di ricerche statunitense Forrester ha dichiarato, per il secondo anno consecutivo, l’app Intesa Sanpaolo Mobile “overall leader” tra le 10 app di banking valutate nell’area EMEA, con le migliori funzionalità e customer experience.
Gestione del conto e ricerca tra le categorie in cui è best practice
Il rapporto pubblicato, The Forrester Digital Experience Review: EMEA Mobile Banking Apps, Q3 2023, oltre a riconoscere la digital leadership ha evidenziato come Intesa Sanpaolo abbia ulteriormente arricchito la sua app con nuove funzionalità evolvendo verso una “super-app” e come sia best practice nelle seguenti categorie:
gestione del conto (account management): offre una panoramica completa e chiara delle transazioni passate e future e mostra dettagli estesi delle transazioni come la posizione e l’impronta di carbonio;
gestione quotidiana delle proprie finanze (money management): classifica automaticamente e accuratamente le transazioni e offre un’analisi completa delle spese con approfondimenti personalizzati e saldo previsto;
ricerca (search): la ricerca presente su tutta l’app fornisce risultati pertinenti raggruppati per categoria (ad esempio azioni, archivio, movimenti) ed è di facile accesso durante l’esperienza di navigazione;
contenuti (content): la modalità “accessibilità” migliora la leggibilità dei contenuti.
prevenzione degli errori (error avoidance): l’app fornisce un accesso rapido alla funzionalità per contattare la banca e messaggi di errore sono contestualizzati e dettagliati per aiutare gli utenti a risolvere i problemi.
I punti di forza dell’app, dall’inclusività del design all’accessibilità
Tra i punti di forza dell’app Intesa Sanpaolo Mobile sono stati evidenziati le funzionalità utili per la gestione del quotidiano, come il pagamento del parcheggio e la possibilità di far analizzare le proprie bollette per ricevere un’offerta per cambiare provider e risparmiare; la stima delle emissioni di CO2 legate alle spese effettuate per sensibilizzare i clienti sulle tematiche ambientali; l’inclusività del design, con le etichette sotto ogni icona per rendere i contenuti più leggibili, e gli strumenti per rendere l’app più accessibile come la possibilità di cambiare carattere, dimensione del testo e i grafici con la legenda; il motore di ricerca, che può essere facilmente raggiunto in tutta l’app e consente, anche con l’uso della voce, di ricercare contenuti e disporre operazioni.
Barrese: «Professionalità ed esigenze dei clienti sempre al centro»
«Essere riconosciuti per il secondo anno consecutivo overall leader nell’area EMEA avvalora il nostro percorso di trasformazione digitale, in piena coerenza con gli obiettivi del Piano di Impresa 2022-2025», ha dichiarato Stefano Barrese, responsabile Divisione Banca dei Territori Intesa Sanpaolo. «L’app Intesa Sanpaolo Mobile è utilizzata da oltre 8 milioni di clienti, con 1,8 miliardi di login all’anno e 168 milioni di operazioni transazionali, e ha supportato gli acquisti di prodotti e servizi conclusi sui nostri canali digitali, oggi più del 40 per cento delle vendite totali della Banca dei Territori. Questo percorso di eccellenza, accompagnato da una metodologia di progettazione solida che mette sempre al centro le esigenze dei clienti e la professionalità delle nostre persone, ci ha portati a innovare i nostri sistemi di core banking e a lanciare isybank, la banca digitale solo mobile del Gruppo, accessibile da giugno attraverso un’app ancora più semplificata e intuitiva.»
Mancano solo cinque giorni all’evento collaterale del 17 ottobre che avrebbe dovuto avere Patrick Zaki tra i protagonsti all’appuntamento di apertura del Salone del Libro di Torino, ma qualcosa è cambiato e l’incontro è stato annullato. «L’Arsenale della Pace di Torino da 40 anni è una casa sempre aperta alle tante situazioni che bussano alla porta, in dialogo con persone di ogni orientamento, cultura e religione. Con questo spirito» -si legge in una nota del Sermig – «settimane fa, avevamo accolto la richiesta del Salone del Libro di uno spazio per la presentazione dell’ultimo libro di Patrick Zaki. Le condizioni però sono cambiate. Alla luce degli avvenimenti degli ultimi giorni, crediamo non più opportuno confermare la disponibilità ad ospitare tale incontro che rischierebbe di alimentare ulteriori polemiche, divisioni e strumentalizzazioni».
L’attacco della senatrice Fdl Paola Ambrogio
La prima a chiedere l’annullamento della partecipazione del ricercatore all’evento Aspettando il Salone era stata la senatrice Paola Ambrogio, di Fratelli d’Italia, che aveva attaccato l’attivista dopo il tweet sul conflitto in Israele. «Pensare che Patrick Zaki, dopo le parole intollerabili pronunciate su Israele, possa prendere parte a una serata collaterale del Salone del Libro di Torino lascia sinceramente sgomenti» aveva dichiarato mercoledì 11 ottobre. Ambrogio aveva così lanciato un appello agli organizzatori: «Auspico che la direzione del Salone, di concerto con il Sermig, decida di annullare l’evento: sarebbe una macchia indelebile per il nuovo corso editoriale». La senatrice aveva aggiunto, come riportato dal quotidiano Repubblica, che il post di Zaki è un insieme di «frasi e posizioni che strizzano l’occhio ai fondamentalisti islamici di Hamas. I tragici eventi in corso, riportati puntualmente e fedelmente dalle cronache internazionali, non ammettono ambiguità. C’è una linea sottile ma invalicabile tra la libertà di espressione e la libertà di odiare, e Patrick Zaki l’ha ampiamente superata».
La difesa di Amnesty
Amnesty International intanto prende le difese di Zaki, e fa riferimento a una «campagna d’odio» nei confronti dell’attivista: «In questi giorni Patrick Zaki ha ripetutamente condannato le violenze contro i civili israeliani e palestinesi, come avrebbe fatto ogni persona che difende i diritti umani. Se poi, sulla sua analisi del contesto e delle cause di ciò che sta accadendo ci sono punti di vista diversi, è del tutto lecito dissentire e contestarle. Constato, tuttavia che si sta andando molto oltre» ha dichiarato il portavoce di Amnesty International Italia, Riccardo Noury, che ha aggiunto: «Dopo aver subito una persecuzione giudiziaria per tre anni e mezzo in Egitto per aver preso la parola, ora in Italia sta subendo una campagna di odio e la parola gli viene persino tolta».
Qualche giorno in più per iscriversi a Sanremo Giovani. La direzione Intrattenimento Prime Time e il direttore artistico del Festival di Sanremo, Amadeus, con una modifica al regolamento hanno concordato una proroga della chiusura della piattaforma. Termine ultimo per iscriversi le ore 19.00 del 19 ottobre. Alla chiusura delle iscrizioni seguiranno le varie fasi che porteranno alla selezione finale dei brani in gara durante la serata di Sanremo Giovani, in diretta su Rai 1 e Rai Radio 2 il 13 dicembre dal Teatro del Casinò di Sanremo.
Lo sfogo di Romelu Lukaku dal ritiro del Belgio non è piaciuto ai tifosi dell’Inter. L’attaccante della Roma, impegnato con la propria nazionale, ha volto lo sguardo agli ultimi mesi, dopo un’estate turbolenta in chiave mercato. E ha dichiarato: «Se dicessi davvero come è andata l’estate scorsa, tutti rimarrebbero scioccati. Sono state scritte tante cazzate sul mio conto». Poi, però, ha anche parlato delle chance da gol mancate in finale di Champions: «I primi giorni mi sentivo un po’ a disagio, ma la mia mente era spenta per quello che era successo nei giorni precedenti. Ne parlerò più avanti». Giustificazioni che non sono piaciute alla Curva Nord.
Un capo ultras attacca Lukaku: «Milano ti aspetta»
Uno dei capi ultras della Curva Nord nerazzurra, infatti, ha risposto al gigante belga con un messaggio pubblicato su Instagram. Ha scritto: «Romelu Lukaku … non ci interessa quello che hai da dire, non ci interessano le tue giustificazioni, non vogliamo minimamente sentire la tua voce! Se hai le palle (dubito) vieni al Meazza. Milano ti aspetta». Il 29 ottobre allo stadio San Siro l’Inter ospiterà la Roma e sarà il primo incrocio tra Lukaku e i suoi ex tifosi. L’accoglienza rischia di essere non delle migliori, anche alla luce delle ultime dichiarazioni dell’attaccante.
50 mila fischietti per l’arrivo di Lukaku
In attesa della gara, i tifosi hanno distribuito centinaia di volantini durante le ultime uscite dell’Inter. Il messaggio è chiaro: «29 ottobre data da segnare in rosso per far sentire tutto il disgusto che proviamo verso chi ci ha voltato le spalle nel modo più indegno. Un personaggio che si è dimostrato un piccolo uomo, perché prima di essere un campione bisogna essere uomini e saper rispettare la parola data; ti abbiamo difeso a spada tratta e ci hai ripagato voltandoci le spalle. Prima dell’incontro con la Roma la Nord distribuirà 50 mila fischietti da utilizzare a perdifiato ad ogni tocco di palla di chi ha tradito la nostra maglia. Facciamo vedere a tutti come merita di essere trattato chi si è mostrato indegno di indossare i nostri colori».
La procura di Palermo ha chiesto la condannaa 13 anni di Andrea Bonafede, cugino e omonimo dell’alter ego del boss Matteo Messina Denaro, accusato di associazione mafiosa. L’imputazione originaria era di favoreggiamento aggravato, ma nel corso delle indagini, con l’emergere di nuove prove a carico dell’operaio comunale di Campobello di Mazara, i pm Gianluca De Leo e Piero Padova l’hanno modificata aggravandola.
Bonafede ha fornito un’assistenza continua al boss
Secondo l’accusa, oltre a fare da “postino” facendo avere all’ex latitante, in cura per un cancro, prescrizioni e ricette compilate dal medico AlfonsoTumbarello, anche lui indagato, Bonafede avrebbe assicurato al capomafia un’assistenza continua. L’operaio, nipote del boss del paese, Leonardo Bonafede, si è sempre difeso sostenendo di aver consegnato i documenti al cugino che aveva prestato l’identità a Messina Denaro ritenendo che fosse lui il paziente e non il latitante. Dalle indagini, però, è emerso che almeno in due occasioni, nel novembre del 2020, Bonafede avrebbe attivato due sim per il cellulare che, secondo i magistrati, sarebbero state in realtà utilizzate dall’allora latitante.
Lucio Dalla torna a rivivere in uno dei suoi live più indimenticabili. Dal 20 al 22 novembre, arriverà al cinema DallAmeriCaruso – Il concerto perduto, un docufilm diretto da Walter Veltroni e prodotto da Nexo Digital (che porterà in Italia l’atteso film-concerto di Taylor Swift) e Sony Music. A 80 anni dalla nascita del grande artista e oltre 11 dalla sua morte, sarà possibile vedere per la prima volta in Ultra HD le immagini della sua performance al Village Gate di New York del 23 marzo 1986, di cui finora si erano smarrite le tracce. In copertina proprio il cantante, inquadrato a torso nudo di spalle, con le braccia aperte per raggiungere virtualmente tutta la Grande Mela. A cura di Ambrogio Lo Giudice, il film uscirà in parallelo a un album in digitale sulle piattaforme streaming, che dall’1 dicembre sbarcherà anche in versione fisica.
Lucio Dalla fra l’amore per il jazz e la genesi di Caruso
Oltre a far rivivere le emozioni del concerto a quasi 40 anni di distanza, DallAmeriCaruso consentirà anche ai fan di Lucio Dalla di scoprire la genesi di un brano indimenticabile. Il 10 ottobre 1986 infatti, alcuni mesi dopo il live protagonista del docufilm, nacque Caruso, una delle canzoni più emblematiche della carriera del cantante bolognese. Celebrando il suo amore per le città di Napoli e Sorrento, ma anche dell’America e della musica jazz, il progetto ricorderà come, di ritorno dagli States, Lucio Dalla fosse pronto a incidere l’album live Dall’America assieme agli Stadio. Mancava però all’appello una canzone inedita, che stava pericolosamente tardando ad arrivare. Una sera però, come ha più volte ricordato lo stesso artista, scattò la scintilla definitiva. Si trovò a dormire nell’Hotel Excelsior, dove negli Anni 20 Enrico Caruso aveva soggiornato innamorandosi di una giovane cui insegnava musica.
Folgorato dalla storia, Lucio Dalla ha composto un brano in suo onore, unendo assieme la fantasia del pop con la melodia della tradizione napoletana. Nacque così Caruso, la cui storia sarà accompagnata da video e immagini private e del tutto inedite dell’artiste. In sottofondo, il suono del pianoforte di Danilo Rea. Lucio Dalla rivivrà anche grazie ai racconti di numerosi ospiti, che ripercorreranno i pensieri e i ricordi dei giorni a New York. Interverranno infatti la cantante e attrice Angela Baraldi, a bordo dell’imbarcazione con l’artista, Gaetano Curreri e Ricky Portera degli Stadio, i proprietari e il concierge dell’Hotel Excelsior Guido e Lidia Fiorentino. E ancora, parleranno il critico musical Gino Castaldo, il regista Ambrogio Lo Giudice e l’autore televisivo Nicola Sisto oltre a Paolo Glisenti, spettatore del concerto perduto, oggi ritrovato.
DallAmeriCaruso, la tracklist dell’album di quel concerto nel 1986
L’album omonimo che uscirò in digitale il 20 novembre, parallelamente al docufilm di Veltroni, si dividerò in due dischi. Nel primo saranno presenti i brani Viaggi organizzati, L’ultima luna, la celebre Anna e Marcoe Tutta la vita. Non mancheranno poi Se io fossi un angelo, Cara e Washington. Nel secondo disco invece ci sarà spazio per La sera dei miracoli, Balla balla ballerino, Tango, e Chiedi chi erano i Beatles. Infine, i fan potranno riascoltare le versioni dal vivo di Futura, Stella di mare, L’anno che verrà e 4/3/1943.
«Quando sono arrivato al Napoli c’erano persone che dicevano che non avrei segnato neanche 4 gol perché la Serie A è molto fisica. Ed è così ma quando mi dici che non posso fare una cosa, anche se non so farla, voglio imparare e sfidare quelle persone. Chi diceva certe cose adesso si sta nascondendo». Lo ha detto Victor Osimhen in un’intervista in Nigeria al canale Kortyeo, prima dell’amichevole della sua nazionale contro l’Arabia Saudita.
Osimhen: «Maradona? Il più grande di tutti»
Osimhen ha parlato del suo legame sentimentale alla città quando gli è stato chiesto di Maradona: «Diego per me è il più grande di tutti i tempi, nessun altro potrà mai fare qualcosa a Napoli di comparabile a lui». L’attaccante ha ricordato anche l’infortunio alla faccia del novembre 2021: «È stato nel match contro l’Inter. Il pallone stava arrivando e volevo prenderlo, il difensore (Milan Skriniar dell’Inter, ndr) ha colpito con la testa la mia faccia e hanno dovuto operarmi. È stato quasi un infortunio mortale, ringrazio Dio che sono ancora vivo».
«La fama non significa niente, non mi interessa»
Poi Osimhen ha analizzato il presente e la sua infanzia: «La fama oggi non significa niente per me, non mi interessa. Ci sono tante persone famose, ma col conto in banca in rosso. Non è semplice mostrare amore nel mondo in cui viviamo, per questo quando persone vengono da me e mostrano apprezzamento, mi ringraziano, mi dicono di continuare così, per me è un privilegio. Da piccolo potevo solo immaginare di diventare un calciatore, la situazione per la mia famiglia era dura, andavo a vendere i giornali o le bottiglie di acqua. Adoro Lagos, quando ho 4 giorni liberi vengo qua, mi piace stare in mezzo alla gente. Adoro tutto, lo stress, le vibrazioni, l’amore, le gelosie». Ultimo passaggio sul suo arrivo in Europa al Wolfsburg a 18 anni: «Quando ero in Nazionale e siamo andati al Mondiale in Cile, con l’Under 17, feci bene e vincemmo il torneo. I grandi club guardano queste competizioni e decisi di andare in Germania. Quando firmai c’erano molte voci a riguardo».
Un motociclista è morto a causa di un incidente avvenuto sulla Statale 16 a Canaro nella mattina di giovedì 12 ottobre 2023. Inutili tutti i tentativi di soccorso. Il dramma si è consumato intorno alle ore 10.30 all’incrocio con via Montale, la strada che porta verso il centro. Una moto e un’auto si sono scontrate facendo cadere sull’asfalto il conducente del mezzo a due ruote, che ha subito perso conoscenza. A nulla sono serviti i disperati tentativi di un medico e del personale del 118 accorsi sul posto. I sanitari hanno provato in tutti i modi a rianimare il ferito, prima di arrendersi al fatto che per lui non ci fosse più nulla da fare. Troppo gravi le ferite riportate dall’uomo nella caduta. Sul posto sono arrivati anche i vigili del fuoco per il supporto operativo e i carabinieri delle Stazioni di Canaro e Occhiobello per effettuare tutti i rilievi del caso e per ristabilire la normale viabilità nel tratto di strada.
Il Regno Unito sta facendo i conti con il collasso del sistema carcerario. Negli stati britannici, le strutture sono stracolme e il governo sta provando a correre ai ripari con una decisione che ha fatto discutere. I giudici, secondo quanto rivelano i tabloid, sono stati istruiti di mandare meno persone possibile in prigione già da metà ottobre. E tra chi potrebbe scampare al carcere ci sarebbero anche criminali come stupratori già condannati, ladri e topi d’appartamento. Si tratta di una misura temporanea che ha fatto infuriare l’opinione pubblica. Sotto attacco i tory, che da sempre parlano di sicurezza e di pene severe nei propri programmi.
Quasi tutti occupati gli 88 mila posti nelle carceri inglesi
Il Times ha attaccato il governo analizzando i dati attuali del sistema penitenziario. In Inghilterra e Galles, ad esempio, ci sono 88.670 posti complessivi considerando tutte le strutture. I detenuti sono 88.016. Un dato che ha portato alla decisione, comunicata ai giudici da Lord Justice Edis, a capo dei tribunali penali. E il tabloid ha riportato anche una dichiarazione anonima di un giudice: «Immaginate lo shock. Una donna che incontra il suo violentatore a piede libero in strada. O un ragazzino che si imbatte in un pedofilo seriale. Che razza di messaggio stiamo dando alla società?».
Boris Johnson nel 2019 aveva promesso 20 mila nuovi posti
Le stime del governo di Rishi Sunak parlano di una crescita fino a 106 mila unità nel 2027, ma mancano i posti. Repubblica, analizzando il passato recente del Regno Unito, ha ricordato come l’ex premier Boris Johnson nel 2019 aveva annunciato 20 mila posti nuovi nelle prigioni entro la metà del 2020. Un annuncio arrivato prima della pandemia Covid a cui non è stato mai dato alcun seguito. A influire sull’attuale situazione è stato anche il gran numero di sentenze e ordini di detenzione emesso dai giudici nei mesi scorsi. Il governo intanto si è difeso: «Siamo di fronte a un’emergenza carceraria, ma la nostra priorità è la sicurezza e mesi fa abbiamo bloccato la libertà condizionata per criminali condannati per violenza sessuale e tagliato i crimini più violenti del 50 per cento dal 2010».
Israele si è compattato a livello sociale e militare in risposta all’offensiva scatenata di Hamas. Ma sotto attacco, fin dall’inizio dell’operazione Diluvio di Al-Aqsa, è finito anche il primo ministro Benjamin Netanyahu. La stampa locale, infatti, non ha mancato di affondare il colpo su Bibi, ritenuto responsabile, o quantomeno corresponsabile, dello smacco subito da Tel Aviv che pur vantando una intelligence e un esercito tra i più preparati al mondo si è fatta cogliere totalmente impreparata.
Le responsabilità di Netanyahu
A Netanyahu sono rinfacciate tre cose: in primo luogo, una politica interna “ostaggio” dell’ultradestra nazionalista e religiosa, dunque un uso spregiudicato dell’esercito come forza di controllo degli insediamenti dei coloni a scapito della sicurezza al confine con Gaza. In secondo luogo, il flop nella gestione informativa e dell’intelligence nonostante gli avvertimenti dell’Egitto su un pericolo imminente. Infine, lo sdoganamento di Hamas come interlocutore a scapito dell’Autorità Nazionale Palestinese, sicuramente corrotta ma ben distante dalla natura radicale dei miliziani di Gaza. Insomma, Netanyahu è accusato di aver nutrito per anni il demone che ha colpito Israele il 7 ottobre. E l’attacco è bipartisan.
Per Haaretz Netanyahu è un «gang leader» e un «criminale corrotto»
A mettere il primo ministro sul banco degli imputati fin dal primo giorno di guerra è stato il principale quotidiano israeliano, Haaretz. La testata, che ha un orientamento moderato d’impronta liberaldemocratica, ha affondato il colpo con un editoriale dal titolo inequivocabile: Le responsabilità di Netanyahu nel disastro. E quando Bibi ha provato a usare la carta dell’unità nazionale come risposta all’aggressione di Hamas, Haaretz ha colto la palla al balzo: sì all’unità nazionale, ma basta con Netanyahu premier. L’11 ottobre Haaretz è arrivato a definirlo un «gang leader», corrotto e inadatto a guidare un Paese in guerra. Specie alla luce dei discorsi incendiari con cui assieme ai suoi ministri dell’ultradestra ha risposto alla barbarie di Hamas. L’editorialista Zvi Bar’el lo ha definito senza mezzi termini un «criminale corrotto che sta trascinando Israele in una guerra di cui nessuno conosce l’obiettivo e men che meno il risultato». I commenti si moltiplicano, di ora in ora. Smitry Shumsky per esempio fa notare come «eafforzando Hamas, Netanyahu ha scommesso sconsideratamente sulla vita degli israeliani – e infatti, lo scorso Shabbat, più di 1.000 di loro hanno pagato con la vita il prezzo di quella folle scommessa». Sul quotidiano sono state pubblicate anche20 domande per Netanyahu (che ricordano con i dovuti distinguo le 10 domande poste da Giuseppe D’Avanzo a Berlusconi su Repubblica nel 2009) tra cui: era stato avvertito dal ministro dell’Intelligence egiziano una settimana prima dell’imminente attacco? Perché non ha fatto nulla per impedirlo? Cosa pensava quando ha istituito un governo di estrema destra con ministri nazional-religiosi e kahanisti, nominando Itamar Ben-Gvir e Bezalel Smotrich in posizioni chiave, permettendo alla sua coalizione di abusare dei palestinesi, di irritarli e schernirli? E ancora: Perché non si dimette e quando intende farlo?
By strengthening Hamas, Netanyahu recklessly gambled on the lives of Israelis – and in fact, last Shabbat, more than 1,000 of them paid the price of that foolish gamble with their lives / Dmitry Shumskyhttps://t.co/p35e0rjM67
The Times of Israel: La bomba Hamas è stata confezionata da Netanyahu e «ci è esplosa in faccia»
Dmitri Shumsky, analista di questioni militari, dalla medesima testata ha denunciato la politica del primo ministro «volta esplicitamente a sostenere Hamas». Un’analisi che trova d’accordo anche The Times of Israel, testata di destra che se da un lato sostiene totalmente la violenta risposta militare contro Hamas, dall’altro critica Netanyahu per le politiche degli ultimi anni. Il Times of Israel ha criticato per esempio l’abbraccio tra Netanyahu e Itman Ben-Gvir, leader del partito nazionalista Potere Ebraico (che in passato è stato incriminato una cinquantina di volte per incitamento all’odio e ha teorizzato l’espulsione da Israele di tutti i cittadini arabi) nominato superministro per la Sicurezza, pur avendo difeso il premier in molte delle sue battaglie giudiziarie. «I vari governi guidati da Benjamin Netanyahu hanno adottato un approccio che ha diviso il potere tra la Striscia di Gaza e la Cisgiordania, mentre con le sue mosse sosteneva il gruppo terroristico di Hamas», ha sottolineato il quotidiano, permettendo l’affluenza di fondi verso l’organizzazione, chiudendo più di un occhio sulla Qatar connection del gruppo ed elevando Hamas a interlocutore chiave. Con Netanyahu al governo, continua l’affondo, «la linea israeliana è stata quella di trattare l’Autorità palestinese come un peso e Hamas come una risorsa. Bezalel Smotrich, ora ministro delle Finanze e leader del Partito sionista religioso, lo disse nel 2015», nota il Times. Morale? La «bomba Hamas» è stata confezionata da Netanyahu e «ci è esplosa in faccia».
972Mag predica la fine della dottrina Netanyahu
La linea del Times of Israel va curiosamente in parallelo a quella di 972Mag, testata di sinistra vicina al declinante Partito Laburista. Il giornalista Oren Ziv ha scritto su X di ritenere rischioso usare la storia, non confermata, dei bambini decapitati a Kfar Aza per giustificare «un’escalation dei bombardamenti su Gaza e crimini di guerra». 972Mag parla di «fine della dottrina Netanyahu» fondata sul desiderio di cercare di pacificare la Palestina senza tirare in ballo i palestinesi, anzi al massimo incentivandone le faide interne.
5/5 Sadly, Israel will now use these false claims to escalate the bombing of Gaza, and to justify its war crimes there.
Jerusalem Post: il primo ministro adotterà la tecnica dello scaricabarile per autoassolversi
Più moderata nei toni ma non nella sostanza, infine, è la critica del Jerusalem Post, favorevole all’unità nazionale e vicino alle posizioni di centrodestra moderato e laico di Benny Gantz e Yair Lapid. Secondo il quotidiano il premier, in caso di insuccesso sul campo, adotterà la tecnica dello scaricabarile: «Come il suo amico Donald Trump, Netanyahu non si assume mai la responsabilità quando le cose vanno male e punta rapidamente il dito contro tutti gli altri» autoassolvendosi. Per esempio contro «i manifestanti pro-democrazia, accusandoli erroneamente di spaccare la nazione e minacciare la sicurezza nazionale proiettando un’immagine di divisione e debolezza che ha incentivato Hamas». Tranchant la chiosa: «Se Netanyahu vuole unire il Paese e iniziare la sua guarigione, deve ascoltare le crescenti richieste di dimettersi. La figura più divisiva di Israele non può sanare le profonde fratture che ha aperto». Certo è che Israele offre un grande esempio di libertà di stampa. Seppur condannando l’orrore e sostenendo una risposta proporzionata contro Hamas, i media non si prestano ad appoggiare o giustificare una figura ritenuta ormai giunta al capolinea politico. Così mettono Netanyahu con le spalle al muro, invitandolo a riconoscere le sue responsabilità. Responsabilità ed errori di cui dovrà, presto o tardi, rendere conto. Israele in altre parole è unito ma non intende cedere alla propaganda dell’ultradestra.
Un altro ragazzo italiano manca all’appello in Israele dopo il rave nel deserto al centro del sanguinoso attacco di Hamas. Si tratta di Nir Forti.
Da anni vive a Tel Aviv ed era al rave party con la fidanzata
Secondo quanto confermato dal Ministro degli Esteri Antonio Tajani, di lui non si hanno notizie da giorni. Il giovane è un 30enne originario di Omer, 10 chilometri ad Est di Beer Sheva, e da anni vive a Tel Aviv dove è dipendente della Tytocare, un’azienda del settore sanitario. Il ragazzo, che vanta cittadinanza italo-israeliana, si trovava con la fidanzata e due amici al Nova Music Festival, il rave party nel deserto a Re’im dove Hamas ha compiuto una strage, uccidendo almeno 250 partecipanti. Stando a quanto riportato da un amico del giovane, sembra che nel corso dell’attacco Forti sia rimasto ferito a un braccio. Gli altri due soggetti italiani tuttora dispersi sono un uomo e una donna sposati che vivevano nel kibbutz di Beeri. Si teme che i due coniugi italo-israeliani (Eviatar Moshe Kipnis e Lilach Lea Havro) siano stati presi in ostaggio.
Il Governo italiano al lavoro per ritrovare Nir Forti
È stata la Farnesina ad aver comunicato la sparizione del giovane dopo averla appresa dai genitori di Forti, con cui si è immediatamente messa in contatto. I parenti del giovane hanno anche avvisato le autorità israeliane, ma pare non abbiano ancora ricevuto risposta. Antonio Tajani ha riferito di aver parlato direttamente con il padre del giovane disperso mentre si trovava in Egitto. «Al Cairo ho trovato orecchie attente di Al Sisi per una possibile soluzione sugli ostaggi. Ho ricordato che probabilmente ci sono cittadini italiani e ho chiesto al presidente di fare tutto il possibile per loro», ha dichiarato il ministro.
#Israele. Purtroppo abbiamo appena appreso, su segnalazione dei genitori, che manca all’appello un terzo cittadino italo-israeliano, Nir Forti. Ho appena parlato con la famiglia cui ho garantito massima assistenza.
Diversamente dall’udienza di agosto, quando si era dichiarato non colpevole di frode, l’ex capo della Formula 1 Bernie Ecclestone ha ammesso di non aver dichiarato all’agenzia fiscale del Regno Unito, la HM Revenue and Customs, oltre 400 milioni di sterline (473 milioni di euro) di beni detenuti a Singapore.
Multa di 653 milioni di sterline per l’ex boss della F1
Il 92enne Ecclestone, che ha diretto il circus della Formula 1 dalla fine degli Anni 70 fino a gennaio del 2017, ha riconosciuto le sue responsabilità davanti alla corte della corona di Southwark, che lo ha condannato a 17 mesi con pena sospesa: l’ammissione di colpa gli ha evitato il carcere. Ecclestone, riportano i media britannici, ha quindi accettato di pagare una multa di 653 milioni di sterline: la somma di tasse, interessi e multa per i 18 anni di tasse non pagate dal 1994 al 2022. Forbes ha stimato il suo patrimonio in circa 2,5 miliardi di sterline (poco meno di 3 miliardi di euro).
Il processo si sarebbe dovuto aprire il 16 novembre
L’inchiesta ai danni di Ecclestone era cominciata dopo la scoperta di un trust del valore di svariate centinaia di euro, riconducibile alla sua persona, basato appunto a Singapore. Nel corso di un’udienza nel luglio del 2015, Ecclestone aveva affermato di averlo creato a favore delle figlie Deborah, Tamara e Petra. Il processo si sarebbe dovuto aprire il 16 novembre.
Benjamin Netanyahu è considerato dalla stampa israeliana di quasi ogni colore politico il vero responsabile della guerra con Hamas. Da più parti lo si accusa di aver “nutrito” l’organizzazione, sdoganandola come interlocutrice privilegiata a scapito dell’Anp, di aver accettato di formare un governo con partiti ultranazionalisti e di estrema destra umiliando il popolo palestinese, e non ultimo di aver sottovalutato se non ignorato gli avvertimenti di un imminente attacco dalla Striscia di Gaza. La richiesta dei media davanti al disastro è una: dimissioni.
Venti domande pubbliche al primo ministro pubblicate da Haaretz
Uri Misgav, giornalista di Haaretz, quotidiano progressista che in questi sei giorni ha picchiato duro sul primo ministro, il 12 ottobre ha pubblicato 20 domande che ricordano, sebbene lontanamente e con i dovuti distinguo, le 10 domande che Giuseppe D’Avanzo pose a Berlusconi su Repubblica nel 2009. Ricordando l’allergia di Bibi a rispondere ai media. Misgav comincia senza giri di parole chiedendo a Netanyahu in quale misura si senta responsabile del «più grande massacro inflitto al popolo ebraico e agli ebrei residenti nel paese dopo l’Olocausto». Il giornalista poi passa all’avvertimento lanciato dall‘intelligence egiziana su un imminente attacco da Gaza evidentemente sottovalutato dal governo. «Perché non ha fatto nulla per impedirlo?», è la domanda secca. E, ancora, cosa pensava mentre formava un governo con partiti ultra-nazionalisti e di ultra destra che hanno permesso alla coalizione di «umiliare» i palestinesi?
Gli errori: dal dislocamento delle forze in Cisgiordania al silenzio con le famiglie degli ostaggi
Misgav poi arriva a uno dei punti più discussi: «Perché le forze principali della Divisione Gaza dell’esercito sono state trasferite alla vigilia dell’attacco in Cisgiordania, per proteggere i servizi di preghiera a Hawara, nella Tomba di Giuseppe e nella Tomba di Rachele?». A Netanyahu viene anche chiesto conto del rafforzamento di Hamas a Gaza. Ci si chiede anche perché il primo ministro non abbia ancora trovato il tempo di visitare i superstiti al massacro e i feriti, di parlare con le famiglie degli ostaggi, di partecipare ai funerali degli alti ufficiali caduti in battaglia. Vista la straordinaria mobilitazione non solo di militari ma anche di civili, il giornalista chiede a Netanyahu se per caso abbia intenzione di chiedere scusa a tutti coloro che ha attaccato in passato, soprattutto i manifestanti di sinistra. E come pensa di essere ricordato, lui che si era presentato come il protettore di Israele, dopo aver causato almeno 1.200 morti e più di un centinaio di ostaggi. Ma soprattutto che ne sarà della legge che esenta gli ultraortodossi dalla leva. Infine la domanda delle domande: Perché non si dimette e quando intende farlo? A cui è aggiunto un bonus sarcastico: «Come sono andate le vacanze nel Golan?».