Sarebbero due le giovani ad accusare l’attaccante del Torino Demba Seck di revenge porn. Come riportato da Repubblica, il primo caso risale al 2022. In una chat l’atleta ha inviato diversi messaggi e video ad alcuni amici con le immagini di un rapporto sessuale consumato con una ex. Dopo la rottura, Seck ha mandato alla ragazza le clip girate di nascosto. Lei, impaurita, ha denunciato tutto ai carabinieri nel gennaio 2023. Dall’indagine è emerso che i video erano stati inviati davvero, anche se la procura di Torino ha chiesto a fine luglio l’archiviazione. A firmare la richiesta è stato il pm Enzo Bucarelli. Ora, però, su TikTok è spuntata un’altra ragazza: «È successo anche a me. Spero che questa ragazza mi contatti. Sono pronta a testimoniare per lei».
Il racconto della prima ex: «Mi ha minacciata»
Bucarelli, nella richiesta di archiviazione, fa leva su una transazione economica firmata e accettata dalla ragazza in primavera, quando non c’era ancora l’ufficialità della divulgazione. Nell’accordo ci sarebbe l’obbligo di non parlarne con nessuno oltre al dover rimettere la querela contro l’atleta. Diversi mesi prima, a gennaio, la ragazza ha invece raccontato tutto ai carabinieri, spiegando di aver conosciuto Seck mentre lavorava in discoteca e di aver interrotto la storia a ottobre: «Lui da me voleva soltanto sesso e io volevo una relazione diversa, perché iniziavo ad affezionarmi». I due si sono poi incontrati di nuovo a gennaio, per caso. Lei ha riferito che «Seck mi ha mimato il gesto del taglio della gola minacciandomi dicendo di non parlare di lui in giro». Dopo sono arrivati i video: «Mi sono sentita pietrificata. Ero incredula. Impietrita, imbarazzata e scossa e terrorizzata».
La seconda ragazza su TikTok: «È successo anche a me»
Ora è arrivata la seconda ragazza. Ha 22 anni e su TikTok ha raccontato la storia, postando anche degli screenshot della conversazione che risalirebbero al 2021. «È successo anche a me. Spero che questa ragazza mi contatti. Sono pronta a testimoniare per lei». E poi ha aggiunto: «Mi sento in colpa per non averlo denunciato, perché magari non l’avrebbe fatto di nuovo a questa ragazza». Ha spiegato, ripercorrendo la presunta relazione, che avrebbe voluto denunciarlo ma non l’ha fatto perché «lui vive in una realtà diversa».
Un sogno realizzato. Mattia, 22 anni, affetto da autismo, grazie a un accordo tra la fondazione Roma Litorale Ets, ente che segue 450 bambini con disabilità del neurosviluppo tra Ostia e Fiumicino, e Game People, ha iniziato un tirocinio lavorativo in un negozio di videogiochi. Tifosissimo della Lazio, due volte alla settimana esce di casa e raggiunge corso Duca di Genova, a Ostia. Prima di entrare in quello che chiama, orgoglioso, «il mio nuovo posto di lavoro», guarda la gigantografia di Kylian Mbappé che accoglie tutti i clienti: «Chissà. I sogni ogni tanto si avverano», dice. Grazie alla sua caparbietà e a un lungo percorso riabilitativo, ce l’ha fatta. «Mi piace molto stare qui» – racconta Mattia – «Sto bene. Sono tutti molto gentili e disponibili. Sono felice di occuparmi del negozio e di aiutare con i clienti. Era uno dei miei sogni».
«Felici dei suoi enormi progressi»
La sua storia viene raccontata dalla fondazione Roma Litorale Ets. «Mattia» – spiega il dottor Stefano Galloni, direttore generale della stessa – «è un ragazzo con sindrome dello spettro autistico. È con noi da quando era molto piccolo. Insieme abbiamo fatto un importante cammino riabilitativo. Siamo davvero felici dei suoi enormi progressi. A 22 anni ha finalmente la sua occasione. Si presenta nel mondo del lavoro come ogni persona della sua età. Affrontando un tirocinio lavorativo, giudicato per la qualità del suo operato, nei limiti e con i supporti che la Costituzione e le norme primarie prevedono. Seguito naturalmente da un nostro tecnico. Aveva un desiderio, lavorare in un negozio di videogame. Abbiamo fatto di tutto per realizzarlo. Stiamo allargando la nostra rete a strutture primarie nella Regione per garantire percorsi qualificati di crescita e un più vasto numero di aziende pronte a selezionare i più meritevoli».
Tira una brutta aria nella Rai del nuovo corso meloniano. La presentazione dei palinsesti autunnali che danno il via alla stagione televisiva hanno suscitato malumori sindacali, e nel mirino c’è soprattutto un argomento da sempre contestato: il lievitare dei costi per il continuo ricorso a risorse esterne, invece di valorizzare le forze interne alla redazione. Ma nel malcontento c’è anche dell’altro.
I costi di De Girolamo lievitati rispetto a Berlinguer
Non è stato digerito innanzitutto il costo del programma di Nunzia De Girolamo, Avanti Popolo: 205 mila euro a puntata, che in totale fanno 6,4 milioni di euro per le 32 serate previste. Una cifra due volte e mezzo quella spesa per Bianca Berlinguer, nel frattempo traslocata su Mediaset: il suo Cartabianca si faceva con 80 mila euro. La cosa non è andata giù all’Usigrai, l’Unione sindacale dei giornalisti Rai: «Ancora un programma in appalto, ancora un progetto in mano all’agente di turno. E i costi lievitano. C’era veramente bisogno di spendere tutti questi soldi? Non si poteva affidare a risorse interne la conduzione della prima serata del martedì di Rai3? È così che questo vertice intende fare spending review?».
Contestato il direttore dell’approfondimento Corsini
A finire in discussione è stato il direttore dell’approfondimento Paolo Corsini, a cui il sindacato ha chiesto provocatoriamente se avesse «proceduto a esaminare i curricula degli interni prima di affidare il programma a Nunzia De Girolamo, moglie di un deputato (Francesco Boccia del Partito democratico, ndr), ex ministra ed ex parlamentare (di Forza Italia, tra gli altri partiti, ndr)?». L’Usigrai insomma ha parlato di un «affronto alle cittadine e ai cittadini che pagano il canone. La stessa Rai che non trova le risorse per avviare una nuova selezione pubblica e integrare gli organici delle testate nazionali e di quelle regionali, non bada a spese quando si tratta di investire su programmi di rete (raddoppiando i costi) o quando decide di continuare a ricorrere a prime utilizzazioni».
RaiNews24 contro le scelte del direttore Petrecca
Ma spostandosi di rete la situazione non migliora. Anche RaiNews24 è in subbuglio, dopo il ritorno alla modalità invernale della programmazione, che scatta il 25 settembre. Il cdr (comitato di redazione) ha attaccato frontalmente il direttore Paolo Petrecca, parlando di gestione del palinsesto «come se si trattasse di una qualsiasi emittente locale e non della all news del servizio pubblico». Non sono piaciute alcune modifiche del piano editoriale, così come l’arrivo di nuovi collaboratori. Mentre il direttore è stato descritto come una figura che ha «l’abitudine di ignorare le regole sindacali: le informazioni che abbiamo ricevuto sono parziali. Il resto lo abbiamo appreso dalla rete o dalle agenzie».
Programmi cancellati senza avvisare i conduttori
Tra i motivi delle fibrillazioni interne c’è per esempio la sparizione dello spazio di approfondimento politico Sabato 24, previsto inizialmente dal piano editoriale, condotto da Enrica Agostini: la giornalista non sarebbe nemmeno stata informata della decisione. Tra l’altro Petrecca ha annunciato la partenza di uno spazio di poesia legato all’attualità, tutti i giorni. Una Pillola di poesia, a chiusura di alcune trasmissioni: peccato che pure in questo caso ci sarà l’impiego di una collaboratrice esterna, Luce Cardinale, cosa indigesta per la redazione.
I sostituiti hanno «appreso la notizia casualmente»
I giochi per le conduzioni sono fatti: Roberta Ammendola a Mattina 24, Roberto Vicaretti a Specchio dei Tempi, Giuseppina Testoni scelto per Pomeriggio 24, Giancarlo Usai va a In un’ora. Il sabato mattina condurranno Annalisa Fantilli e Lorenzo Lobasso, e la trasmissione sarà curata dal caporedattore centrale Cortese. I giornalisti sostituiti, secondo il cdr, «non sono stati minimamente informati e hanno appreso la notizia casualmente». Un atteggiamento che «ancora una volta viola le regole deontologiche e sindacali».
Panatta, Piroso e gli altri esterni indigesti alla redazione
Sull’arrivo di nuovi collaboratori Petrecca è stato incalzato sui costi («si rifiuta di volerceli comunicare»): i nomi vanno da AdrianoPanatta e AntonelloPiroso nell’intrattenimento e che collaboreranno a una nuova rubrica di Roberto Vicaretti in onda il lunedì. Anche per Senza Riscaldamento, trasmissione di sport condotta da Marco Lollobrigida con MassimoPiscedda e MassimoTecca, il cdr sostiene di non aver mai ricevuto alcuna comunicazione.
Cause di lavoro, turnover vicedirettori e stallo sugli inviati
Si parla anche di una conduttrice esterna, Silvia Sacchi, per Motori24: il comitato di redazione aveva protestato anche durante l’edizione precedente, sulla base di una norma contrattuale per l’uso di una collaboratrice non professionista. La vicenda è finita con una causa di lavoro. Nel calderone è finito anche il cambio della squadra dei vicedirettori (quattro su sette sono nuovi): «Abbiamo già avuto modo di contestare il metodo politico e spartitorio di questo processo, nel massimo rispetto delle professionalità dei colleghi. Anche in questo caso è evidente una modifica del piano editoriale», sostiene il cdr, ricordando anche il ritardo nella nomina degli inviati: in ballo c’è il futuro di cronisti che hanno lavorato in Ucraina e nelle zone calde del mondo ma che ancora vivono nell’incertezza professionale.
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha scritto al cancelliere tedesco Olaf Scholz. La premier ha voluto esprimere il proprio «stupore» per la decisione presa dalla Germania, senza coordinarsi con il governo italiano, di finanziare le ong e progetti di assistenza a terra di migranti in Italia. Si è parlato di centinaia di migliaia di euro. La premier ha scritto: «Ho appreso con stupore che il Tuo governo, in modo non coordinato con il governo italiano, avrebbe deciso di sostenere con fondi rilevanti organizzazioni non governative impegnate nell’accoglienza ai migranti irregolari sul territorio italiano e in salvataggi nel Mare Mediterraneo. Entrambe le possibilità suscitano interrogativi».
Meloni: «Con ong aumentano partenze e rischio di tragedie»
Già venerdì 22 settembre, non appena la notizia ha iniziato a fare il giro d’Europa, il governo italiano ha espresso «grande stupore». Da Palazzo Chigi è stato sottolineato che «il finanziamento da parte della Germania di attività di ong sul territorio italiano sarebbe una grave anomalia». Un concetto ribadito da Giorgia Meloni. La presidente del Consiglio ha anche aggiunto: «È ampiamente noto che la presenza in mare delle imbarcazioni delle ong ha un effetto diretto di moltiplicazione delle partenze di imbarcazioni precarie che risulta non solo in ulteriore aggravio per l’Italia, ma allo stesso tempo incrementa il rischio di nuove tragedie in mare».
Nancy Faeser: «Può aiutare solo una soluzione europea»
Dalla Germania, intanto, è stata Nancy Faeser a commentare. Il ministro dell’Interno tedesco, nella serata del 24 settembre durante un dibattito, ha spiegato che sui migranti, secondo lei, «l’unica cosa veramente in grado di aiutare è una soluzione europea». E anche la ministra degli Esteri Annalena Baerbock, in un’intervista a Deutschlandfunk, ha dichiarato che serve «una normativa comune in materia di asilo e rifugiati perché le persone si distribuiscano alla fine in Europa in modo ordinato».
Dopo soli tre giorni di lavoro, la tata assunta da Boris Johnson e dalla moglie Carrie Louise Bevan, è stata licenziata. La sua colpa sarebbe stata quella di aver accettato di bere un bicchiere di vino con l’ex primo ministro britannico. Theresa Dawes, questo il suo nome, giunta espressamente dallo Zimbabwe per lavorare con i Johnson, ha dichiarato: «Mi ha dato 15 minuti di tempo per sloggiare», aggiungendo di non essere stata neanche pagata per il lavoro svolto.
L’episodio è stato riportato dal Daily Mirror, a cui la donna si è rivolta per raccontare quanto accaduto. «Sono venuta apposta dallo Zimbabwe» – ha detto in lacrime – «e ora chiederò il maltolto nelle sedi legali. Il loro trattamento è stato inaccettabile». Immediata la replica dei Johnson: «Tutte bugie, quella signora vuole solo lucrarci su».
L’esposizione alle luce blu, radiazione elettromagnetica tipica degli schermi di smartphone e tablet, influisce sulla pubertà maschile. È quanto emerge da uno studio di giugno dell’Università Gazi in Turchia realizzato in collaborazione con l’Ankara Bilkent City Hospital. Analizzando alcuni esemplari di ratto, gli scienziati hanno evidenziato un’importante correlazione tra i raggi emessi dai cellulari e lo sviluppo ormonale, corroborando una precedente teoria che aveva portato a simili risultati con alcuni esemplari femmina. «Rappresenta un punto di partenza per le ricerche future», hanno spiegato gli esperti. «Per capire gli effetti sull’uomo ci sarà bisogno di ulteriori approfondimenti». Gli studiosi hanno presentato i loro dati al 61esimo meeting annuale dell’Aia, in Olanda, e anticipato il prosieguo della sperimentazione per studiare gli effetti sulla fertilità.
Perché la luce blu degli smartphone influisce sulla fertilità
Per la loro ricerca, disponibile sulla rivista scientifica Frontiers in Endocrinology, gli esperti hanno esaminato 18 ratti maschi di 21 giorni di età. Li hanno divisi in tre gruppi da sei, esponendoli dapprima a semplici cicli di luce normale e in seguito a sessioni fino a 12 ore con luce blu. Hanno scoperto che, per quanto riguarda quest’ultimo caso, i primi segni di pubertà si sono manifestati molto prima. I roditori hanno poi presentato anche uno sviluppo spermatico soppresso e un danneggiamento del tessuto testicolare. I dati hanno così confermato quanto già evidenziato da un precedente studio, effettuato dagli stessi ricercatori, su esemplari femmina di ratto, dimostrando una simile influenza su ambo i sessi. «Per la prima volta abbiamo trovato una relazione diretta tra l’esposizione alla luce blu e la pubertà precoce nei maschi», ha spiegato Aylin Kilinc Ugurlu, principale autore della ricerca. «Abbiamo così una visione più completa».
New Research: Is blue light exposure a cause of precocious puberty in male rats?: Purpose
Our study aimed to examine the effects of blue light exposure on prepubertal male rats’ puberty and testis tissue.Methods
— Frontiers in Endocrinology (@FrontEndocrinol) June 20, 2023
Gli scienziati hanno tuttavia sottolineato come i dati siano riconducibili ai soli ratti ma non è certo che ci sia una situazione identica nell’uomo. Inoltre, la pubertà precoce nei bambini non presenta una causa evidente e precisa. A volte dipende infatti da ragioni genetiche, altre da una problematica a livello cerebrale come una lesione oppure un tumore, altre ancora da tiroide o ghiandole sessuali. In parallelo, ulteriori ricerche hanno però confermato un aumento della pubertà precoce sia nei ragazzi sia nelle ragazze soprattutto nel corso della pandemia, durante la quale si è passato più tempo con lo smartphone in mano. «La nostra ricerca potrebbe portare a misure preventive e contribuire al dibattito in corso su come lo stile di vita moderno possa impattare sullo sviluppo fisiologico e la salute», ha concluso Ugurlu. «Procederemo con ulteriori analisi nei prossimi mesi».
Cos’è la luce blu cui siamo esposti quotidianamente
Come hanno sottolineato gli scienziati nel loro studio, la luce blu non è un’esclusiva dei device tecnologici. Il Sole infatti rappresenta la principale fonte naturale cui ogni giorno siamo esposti, migliorando le funzioni cognitive e persino l’umore. A livello artificiale, lampade fluorescenti, LED e dispositivi elettronici hanno ampliato il tempo di esposizione nelle 24 ore. A causa poi della poca distanza dello schermo dagli occhi, l’impatto sul nostro organismo è maggiore. Ulteriori studi hanno sottolineato l’effetto negativo soprattutto di notte, in quanto blocca lo sviluppo della melatonina, responsabile dei cicli di sonno-veglia, e aumenta lo stress.
Il celebre libro del Guinness dei primati ha deciso di togliere a Reinhold Messner un prestigioso record. Secondo la pubblicazione non sarebbe stato lui il primo uomo ad aver scalato tutti i 14 “Ottomila“, ovvero le vette più alte del mondo, quasi tutte situate sulla catena dell’Himalaya.
Il Guinness dei primati toglie a Messner il titolo di re degli Ottomila
Stando alle ricerche portate a termine dal cronista di alpinismo tedesco Eberhard Jurgalski, Reinhold Messner e il collega Hans Kammerlander non sarebbero stati in grado di raggiungere la cima dell’Annapurna (decimo monte più alto sulla Terra) nell’ormai lontano 1985. Al momento, dunque, sul sito del Guiness World Records sul posto precedentemente occupato da Messner viene riportato un altro nome, quello dello scalatore statunitense Edmund Viesturs, l’unico (a quanto pare) a essere realmente stato in grado di scalare tutte le 14 montagne che superano gli 8 mila metri tra il 1989 e il 2005. Nel nuovo report del Guiness dei Primati, a proposito, si fa riferimento proprio alle contestazioni di Jurgalski rispetto al vecchio record.
La dura replica di Messner: «Sciocchezze»
Reinhold Messner ha duramente replicato alla scelta del Guiness dei primati. Intervistato dall’Ansa, lo scalatore altoatesino ha dichiarato: «Sciocchezze. In primis non ho mai rivendicato nessun record, perciò non mi possono disconoscere nulla. Inoltre, le montagne cambiano. Sono passati quasi 40 anni, se qualcuno è salito sull’Annapurna di certo siamo stati io e Hans». Messner ha poi aggiunto, amareggiato: «Così si distrugge l’alpinismo. Non mi interessa il numero di Ottomila scalati, ne ho abbastanza, ma tutto il dibattito è ridicolo. Ovviamente non esiste la certezza assoluta, erano altri tempi, senza gps. A quelle quote basta una tempesta di neve e la luce del sole offuscata. Siamo tuttora convinti di essere stati sulla vetta, ma chi sa se dietro al masso c’erano altri 5-6 metri da salire. Questo non toglierebbe comunque nulla alla nostra impresa».
Il governo canadese fa i conti con le polemiche dopo quanto accaduto venerdì 22 settembre, durante la visita di Volodymyr Zelensky. Il presidente del parlamentoAnthony Rota ha accolto il leader ucraino, in visita ufficiale in Canada. E ad assistere al suo discorso ha invitato un ex membro di un’unità di volontari ucraini associata alle SS naziste. Si tratta dell’immigrato di origine ucraina Yaroslav Hunka, oggi 98enne. Rota nel presentarlo lo ha definito «un eroe». Due giorni dopo, però, il Friends of Simon Wiesenthal Center for Holocaust Studies, un’associazione di studi sull’Olocausto, ha attaccato il parlamento e Hunka, portando alla luce il suo ruolo al fianco dei nazisti.
Hunka applaudito due volte
Anthony Rota ha esordito, nel presentarlo, dicendo: «Sono orgoglioso di dire che Hunka viene dal mio stesso distretto elettorale. È un eroe ucraino, un eroe canadese e lo ringraziamo per i suoi servigi». Poi la doppia standing ovation e anche Zelensky ha alzato un pugno come segno di saluto. Solo che Hunka ha militato nella Prima Divisione Ucraina, nota come Waffen-SS Divisione della Galizia. I volontari affiancavano le SS ed erano sotto al comando nazista.
MASSIVE OUTRAGE after Canada’s parliament gave a standing ovation during Zelensky joint address Friday to Yaroslav Hunka, a 98-year-old Ukrainian Nazi collaborator who served in a Nazi military unit during the Second World War implicated in the mass murder of Jews and others.… pic.twitter.com/PFWQNEoM76
L’associazione: «Hunka responsabile di omicidi e brutalità»
Il Friends of Simon Wiesenthal Center for Holocaust Studies, 48 ore dopo, ha rivelato il ruolo di Hunka al fianco delle SS. La sua divisione è stata «responsabile per l’omicidio di massa di civili innocenti e per un inimmaginabile livello di brutalità». L’associazione ha chiesto spiegazione su come sia stato possibile l’invito in parlamento. E ha domandato anche scuse formali «a tutti i sopravvissuti dell’Olocausto e ai veterani della Seconda guerra mondiale che combatterono contro i nazisti». L’organizzazione ebraica B’nai Brith Canada ha commentato l’accaduto definendolo «vergognoso» e sottolineando che l’unità nazista «si batteva per la pulizia etnica in Ucraina».
Rota si scusa: «Rammaricato»
Il presidente del parlamento ha poi diffuso una dichiarazione scritta in cui ha sottolineato di essere «venuto successivamente a conoscenza di informazioni che mi fanno rammaricare della decisione» di invitare il 98enne. E ha aggiunto, porgendo alla comunità ebraica le sue «più profonde scuse»: «Voglio sottolineare che nessuno dei miei colleghi deputati, né dei membri della delegazione ucraina, era informato della mia decisione di invitare Hunka o delle mie parole su di lui prima che le pronunciassi».
Il ministero degli Interni russo ha inserito nella lista dei ricercati il ??presidente della Corte penale internazionale (Cpi) Piotr Hofmanski, e i giudici Luz Del Carmen Ibáñez Carranza e Bertram Schmitt. Lo riporta Mediazona. Secondo il sito web del ministero tutti e tre sono «ricercati ai sensi di un articolo del codice penale».
Il mandato di arresto russo nei confronti del procuratore della Cpi Karim Khan
Il 17 marzo la Corte penale internazionale, di cui Mosca non riconosce la giurisdizione, aveva già emesso un mandato di arresto nei confronti del presidente russo Vladimir Putin. È sospettato di aver deportato illegalmente bambini dai territori occupati dell’Ucraina alla Russia. Un mandato simile è stato emesso contro il difensore civico russo per l’infanzia Maria Lvova-Belova. In risposta, lo scorso maggio, le autorità russe avevano inserito nella lista dei ricercati il ??procuratore della Cpi Karim Khan e i giudici Tomoko Akane, Rosario Salvatore Aitala e Sergio Gerardo Ugalde Godinez che avevano emesso i mandati d’arresto.
Dopo la notizia di poche ore fa, riguardante la morte di Manuela Bittante, ferita a morte dal marito, un altro nome si aggiunge alla lunga lista dei femminicidi. Anna Elisa Fontana non ce l’ha fatta. La 48enne di Pantelleria a cui il compagno Onofrio Bronzolino, di 52 anni, aveva dato fuoco nella notte tra venerdì 22 e sabato 23 settembre, è morta all’ospedale Civico di Palermo. La donna era ricoverata nel reparto di rianimazione. Le sue condizioni, sin dal primo momento, erano state considerate «disperate» dai medici.
L’aggressione con il liquido infiammabile
L’episodio era avvenuto durante una violenta lite tra le mura domestiche, quando l’uomo aveva gettato del liquido infiammabile sul corpo della moglie, dandole fuoco, e provocandole ustioni sull’80 per cento del corpo. A dare l’allarme erano stati alcuni coinquilini della palazzina dove la coppia viveva, assieme ai loro cinque figli, sorpresi nel sonno dalle grida della mamma. Il compagno di Anna Elisa Fontana, autore del terrbile gesto, è ricoverato in ospedale per ustioni, piantonato dai carabinieri.
La Procura di Roma sta valutando la richiesta di incidente probatorio nell’ambito dell’indagine sulla morte del giornalista Andrea Purgatori, che vede indagati due medici per omicidio colposo. In settimana ci sarà, in base a quanto si apprende, un incontro tra i consulenti dei pm e quelli delle parti sull’attività svolta fino a oggi nell’ambito dell’autopsia. Un’attività concentrata sui reperti dell’encefalo prelevati nel corso della prima parte dell’esame autoptico che si è svolto il 26 luglio scorso e sui quali è stato disposto un esame strumentale e istologico. L’attività è coordinata dal procuratore aggiunto Sergio Colaiocco cha ha avviato l’indagine dopo una denuncia presentata dai familiari del giornalista morto lo scorso luglio.
Il caso di Adamo Guerra, che nel 2013 sparì da Lugo (Ravenna) dove risiedono l’ex moglie e due figlie e ora vive a Patrasso, in Grecia, sta per approdare in un processo davanti al tibunale penale di Ravenna. Il 57enne, ha appreso l’Ansa, dovrà rispondere di violazione degli obblighi di assistenza familiare per avere abbandonato il domicilio domestico sottraendosi ai doveri inerenti la responsabilità genitoriale e alla qualità di coniuge, facendo mancare i mezzi alla moglie Raffaella Borghi e alle due figlie. La citazione a giudizio della procura ravennate è la conseguenza del fascicolo nato dalla querela che Borghi fece a settembre 2016 ai carabinieri di Imola (Bologna).
Moglie e figlie si costituiranno parte civile
La prima udienza era stata fissata per settembre 2019, ma il processo era stato sospeso perché l’imputato era stato dichiarato irreperibile fino a quando, nell’ambito del procedimento civile avviato dalla donna per il divorzio, a febbraio 2022, aveva fatto richiesta all’Aire (anagrafe italiani residenti all’estero) di essere cittadino italiano residente in Grecia. In seguito alla fissazione dell’udienza penale notificata ad aprile, martedì 19 settembre 2023 c’è stata un’udienza davanti al giudice monocratico Antonella Guidomei che, per una incompatibilità legata a una questione formale del precedente avvocato d’ufficio dell’uomo, ha rinviato tutto a gennaio in quella che dunque sarà la prima udienza del processo. Moglie e figlie, che erano presenti, hanno manifestato l’intenzione di costituirsi parte civile.
Alle 4 di mattina di un lunedì di settembre la saga di Matteo Messina Denaro è arrivata all’ultima puntata, tanto per confermarci che di lui e di quello che rappresenta si è capito poco o quasi niente dalle parti della politica e dei giornalisti esperti di mafia per un giorno.
Di Matteo Messina Denaro in questi otto mesi abbiamo saputo tutto quello che non ci serviva sapere
Da otto mesi, dalla cattura il 16 gennaio da parte del Ros dei Carabinieri, il capomafia era detenuto nel supercarcere di Costarelle a L’Aquila. Intorno a lui abbiamo assistito alla concimazione del mito. Di Matteo Messina Denaro sapevamo quasi tutto quello che non ci serviva sapere. Conosciamo le sua abitudini sessuali, i suoi gusti cinematografici e musicali, i triangoli amorosi che lo cingevano, la parabola del figliol prodigo con la figlia che s’è presa il suo cognome poco prima che morisse. Nei giorni scorsi alcuni commentatori si erano addirittura spesi sulla condanna che il boss aveva lanciato contro la Chiesa, rifiutando il funerale religioso. Decine di righe, pagine e commenti che si interrogavano sugli strali di Matteo Messina Denaro contro il Papa pittati su quattro pizzini sputati ritrovati nel suo covo.
Matteo Messina Denaro è stato il protagonista perfetto per la fiction dell’antimafia che odia l’antimafia e che banalizza un sistema di potere in un sistema criminale da filmato di quart’ordine. Otto mesi in cui gli interrogativi sulla rete di protezione che gli ha consentito di essere latitante per così tanto tempo non sono mai entrati nel dibattito pubblico. Otto mesi in cui il dibattito televisivo e il dibattito politico si sono arenati sulle interviste accusatorie al fruttivendolo che, incautamente, gli vendeva le banane senza accorgersi che quel’Andrea Bonafede lì era “il capo dei capi”. L’impero economico, politico e solo dopo criminale di Matteo Messina Denaro è un capitale che si costruisce con l’illegalità – certo – ma soprattutto come le competenze. Chi sono i presunti talenti finanziari e politici che hanno permesso la crescita di una superpotenza sotterranea? Non si sa. Forse dovremmo accontentarci di sapere quali calamite avesse attaccate al frigorifero e stare bene così. Dove sono gli strumenti per tenere la contabilità e le comunicazioni necessarie per il funzionamento di tal sistema? Non si sa. «Queste cose io, qualora ce le avessi, non le darei mai, non ha senso per il mio tipo di mentalità», ha dichiarato Messina Denaro ai magistrati della Procura di Palermo durante gli interrogatori.
L'”ultimo stragista” ci è stato consegnato in versione malata, stanca e arrendevole
Matteo Messina Denaro non ha parlato. Piovono oggi gli articoli di chi celebra la morte dell’ultimo mafiosodell’epoca stagista ma il non detto sotto traccia è che con Matteo Messina Denaro è morta la mafia. Ora ci aspettano i giorni delle cronache dei funerali a Castelvetrano dove la politica locale non vede l’ora di chiudere il capitolo, che non se ne parli più. Il fatto che dell’epoca stagista e degli anni bui italiani manchino ancora i mandanti pare una fissazione di qualche complottista. Fra i tanti segreti che il capomafia deceduto si è portato nella tomba c’è soprattutto quello riguardante l’archivio di Totò Riina, che secondo il pentito Nino Giuffré dopo la cattura del capo dei capi di Cosa nostra, nel gennaio del 1993, sarebbe stato consegnato al boss di Castelvetrano. L’allora giovane rampollo delle cosche trapanesi e il padrino corleonese erano molto legati. «Riina era maniacale nel mettere insieme e conservare tutti i documenti, prendeva appunti anche alle riunioni e li metteva da parte e quelle carte sono finite a Matteo Messina Denaro», ha affermato con convinzione il pentito Giuffré. Il testamento di Matteo Messina Denaro avrebbe dovuto essere il punto di svolta per chiarire la storia politica (oltre che mafiosa) di questo Paese ma l’arresto del boss è stato solo una passerella buona da rilanciare sui social. L’uomo “dai mille segreti” ci è stato consegnato in versione arrendevole, malata e stanca.
Lo Stato vincerà davvero contro la mafia quando farà luce sulle stragi
Mentre Matteo Messina Denaro moriva un ministro diceva pubblicamente che le intercettazioni non servono alle indagini di mafia «perché i mafiosi non parlano al telefono». Mentre Matteo Messina Denaro moriva un altro ministro della Repubblica sviliva il movimento antimafia attaccando «quello con la tonaca» (don Luigi Ciotti, fondatore di Libera) per qualche pugno di voti. Ora che Matteo Messina Denaro è morto useranno la ceralacca sulla loro “vittoria contro la mafia” fingendo di non sapere che la vittoria dello Stato starebbe nel fare luce sulle stragi, non nel festeggiare la morte di un esecutore. Muore Matteo Messina Denaro e festeggiano i mafiosi e con loro quelli che hanno sperato che non parlasse. Muore Matteo Messina Denaro e la normalizzazione è sempre più semplice da attuare.
La Commissione Ue sta esaminando la misura presa dall’Italia in merito al pagamento di una cauzione di circa 5 mila euro per evitare la detenzione in un Cpr (Centro di permanenza per il rimpatrio) ed è «in contatto con le autorità nazionali per capire di più» sulla norma messa a punto. Lo ha detto la portavoce della Commissione Ue Anita Hipper sottolineando come «le alternative alla detenzione devono comunque rispettare il principio di proporzionalità». È importante avere le giuste salvaguardie e per questo, ha continuato la Hipper, «la somma della cauzione andrebbe decisa sulla base di una valutazione individuale della persona chiamata a pagarla».
Benedetta Bellini è la moglie di Max Giusti, comico, cabarettista e conduttore televisivo italiano. I due si sono conosciuti nel 2004 e sposati il 4 luglio 2009, hanno due figli e gestiscono un club di tennis, il Play Pisana. Parlando della moglie, Giusti ha confidato che è la persona più importante della sua vita: «È completamente diversa da me, molto elegante e chic, mi ha insegnato tante cose, una grande evoluzione grazie a lei. Ero sicuro che non mi sarei mai sposato».
Il primo appuntamento nel 2004 a uno spettacolo di Grillo
Di lei si conosce molto poco non appartenendo al mondo dello spettacolo e vivendo con molta riservatezza la sua vita privata e soprattutto quella di coppia. I due sono convolati a nozze in una chiesa di Ostia Antica con una cerimonia alla quale hanno partecipato molti personaggi dello spettacolo colleghi di Max. Come anticipato, dalla loro unione sono nati Matteo (il 23 novembre del 2010) e Caterina (il 9 luglio del 2012).
Durante un’intervista rilasciata alla trasmissione Oggi è un altro giorno a ottobre 2022, Max aveva così raccontato l’inizio della loro frequentazione: «Al primo appuntamento l’ho portata a uno spettacolo di Beppe Grillo, che al tempo era ancora un comico. Dopo lo spettacolo siamo andati a cena da un amico che aveva aperto un ristorante. Lui però la corteggiava, le ha portato un mazzo di fiori, ma alla fine per fortuna è andata bene». Ed a dimostrarlo sono i 19 anni che la coppia ha trascorso insieme e il coronamento del loro amore con l’arrivo dei due figli.
Enrica Bonaccorti ha raccontato di essersi sottoposta a un delicato intervento a cuore aperto. A luglio 2023 la conduttrice savonese era sparita dai social, senza avvisare i fan per informarli di quanto stava accadendo. Un’assenza, la sua, che è stata giustificata con un post pubblicato nella mattinata di lunedì 25 settembre 2023 dove Bonaccorti ha vuotato il sacco parlando dei gravi problemi di salute che sta affrontando.
Enrica Bonaccorti operata a cuore aperto
«Amici miei cari, carissimi, non ho più postato nulla da metà luglio, e non perché fossi in vacanza in qualche isola sperduta o perché avessi deciso di troncare i miei rapporti con voi», ha scritto Enrica. Che ha poi spiegato: «Vorrei che quello che è successo a me, un’operazione improvvisa a cuore aperto, lasciasse una traccia di conoscenza in tutti quelli che mi leggono, perché io non avevo nessuna fitta al cuore, non avevo alcun dolore. I miei sintomi erano solo una grande stanchezza e davvero poco fiato, che imputavo a un po’ di depressione e soprattutto all’età, mentre mia figlia Verdiana continuava a ricordarmi quanto fosse in forma la Milo che è ben più grande di me».
L’attrice, della quale si è presa cura il Policlinico Gemelli a Roma, ha poi proseguito il suo racconto spiegando più nel dettaglio cosa le è successo: «L’unica stranezza è che un giorno a inizio luglio comincio ad avere ovunque un prurito terribile, tutto il corpo diventa rosso fuoco a macchie, sembravo quella bambina bruciata che scappa da Hiroshima. Non avevo cambiato niente nell’alimentazione o nei farmaci, non avevo preso sole, insomma era solo il mio corpo che urlava che qualcosa non andava. Ovviamente mi faccio controllare a fondo da un dottore che trova un calcolo a un rene (che fra l’altro non mi aveva mai dato nessun dolore)». A questo punto, la scoperta: «Comunque decidono di intervenire, in fondo è un’operazione banale, ma i cardiologi, il prof Leo, il prof Saglia, e il prof Giulio Speciale, insieme al dottor Quintarelli, vengono da me il giorno dopo col viso scuro per dirmi che c’è qualcosa che non va al cuore, serve una tac, poi una coronarografia, da cui stabiliscono che ho le arterie tutte ostruite, un paio di mesi e potevo andarmene. Prima pensano a degli stent, ma non bastano. Servono quattro bypass, prendere le vene dalle gambe per ricostruire un percorso alternativo che porti il flusso sanguigno al cuore. Sarà un’operazione a cuore aperto, che è durata in tutto otto ore! Morale della favola: mi han detto che ho avuto una gran fortuna, una scoperta accidentale che mi ha salvato la vita».
«Nessun legame con il vaccino»
Bonaccorti ha poi tenuto a specificare come il malore che l’ha colta non ha assolutamente nulla a che vedere con il vaccino anti Covid, per il quale ha fatto le quattro dosi. Con un secondo post social la conduttrice ha dunque spiegato: «Leggo che c’è chi fa riferimento ai vaccini, e avendo io fatto le quattro dosi prescritte, stamani mi sono voluta informare coi medici che mi hanno operato. La risposta è stata che nel mio caso c’erano molti fattori slegati al vaccino, sono stata una forte fumatrice dai 16 anni fino a tre mesi fa, non ho mai fatto attività fisica, e la genetica familiare mi portava in quella direzione. In più mi hanno spiegato che il mio muscolo-cuore stava bene, ma il colesterolo mai controllato aveva invaso le arterie».
Lego ha interrotto un progetto per realizzare mattoncini utilizzando bottiglie per bevande riciclate, sostenendo che il nuovo materiale avrebbe causato maggiori emissioni di carbonio. Lo ha riportato il Financial Times. Il più grosso costruttore danese dei giocattoli al mondo aveva annunciato, nel 2021, che stava lavorando a una ricerca per valutare se la plastica Pet o il polietilene tereftalato, che non si degrada in termini di qualità quando riciclato, potessero essere utilizzati per produrre mattoncini da costruzione. Se avesse funzionato, il materiale avrebbe potuto sostituire l’acrilonitrile butadiene stirene (Abs) a base di petrolio che è attualmente utilizzato per i pezzi.
L’amministratore delegato di Lego: «Abbiamo testato centinaia e centinaia di materiali»
In seguito alle ricerche, tuttavia, l’azienda ha dichiarato al Financial Times che la plastica Pet causerebbe maggiori emissioni di carbonio nel corso della vita del prodotto. Lego cercherà quindi di migliorare l’impronta di carbonio dell’Abs, come si è appreso dal servizio giornalistico. L’amministratore delegato di Lego, Niels Christiansen, ha sottolineato al Financial Times che nei primi giorni della ricerca si sperava di riuscire a trovare questo «materiale magico» per risolvere i problemi di sostenibilità. «Abbiamo testato centinaia e centinaia di materiali. Non è stato possibile trovare un materiale del genere», ha spiegato.
Alicia Keys, anzi Alicia Teas. Con un gioco di parole del suo nome, l’artista statunitense ha in programma di lanciare una personale linea di tè negli Stati Uniti. Come ha riportato in anteprima Tmz, che ha visionato alcuni documenti in esclusiva, la società della star AK Worldwide ha depositato il marchio il 25 settembre. Non sono ancora disponibili dettagli su gusti e fragranze, in quanto l’iniziativa è ancora ai suoi albori, ma si sa che è ispirata a un regalo del marito Swizz Beatz. Il rapper infatti nel 2020 dedicò alla moglie per i suoi 39 anni una serie di bevande da tè, ipotizzando anche una potenziale distribuzione nella catena di Starbucks. «Sei un gioiello di cui questo mondo ha sempre bisogno», aveva scritto su Instagram il cantante. «Una vera superdonna».
Alicia Keys investe nel tè, gli altri vip puntano sugli alcolici
Da Jennifer Lopez a Emma Watson si punta su cocktail e liquori
Mentre la cantautrice di No One e Fallin’ intende concentrarsi sul mercato dei soft drink, tante celebrità del cinema, della musica e dello sport hanno deciso di puntare sugli alcolici. Sempre più vip infatti presentano sui social un personale marchio di liquori oppure versioni speciali dei cocktail. È il caso della popstar Jennifer Lopez con i suoi spritz. Dal Bella Berry a base di vodka al Paloma Rosa con tequila, ce n’è per tutti i gusti. «Non sono una gran bevitrice di alcol», ha spiegato J-Lo alla rivista People. «Mi è piaciuta però l’idea di creare qualcosa con ingredienti salutari e senza glutine». Blake Lively, star del cinema e moglie di Ryan Reynolds, ha invece promosso tre versioni di Betty Buzz, bevande frizzanti a base di tequila oppure bourbon. «Bere non fa per me», ha postato su Instagram. «Per l’amor del cielo, però, questo sapore è incredibile».
Renais Gin è invece il marchio personale di Emma Watson e di suo fratello Alex. «Un inno ai vigneti baciati dal Sole di Chablis, dove la mia famiglia produce vino da oltre 30 anni», ha scritto l’attrice su Instagram. «È la mia lettera d’amore». L’ex stella di Harry Potter ha spiegato che la produzione è totalmente ecologica e utilizza uva da vino riciclata. Ha scelto invece il sotol, antico distillato messicano, Lenny Kravitz per una sua versione da 80 dollari (circa 75 euro) a bottiglia. «Uno spirito selvaggio fedele alla tradizione», ha detto il rocker in una nota sul sito ufficiale. People ha poi riportato un’interessante collaborazione fra tre attrici di Hollywood. Rosario Dawson, Vanessa Hudgens e Ashley Benson hanno infatti lanciato assieme un nuovo cocktail pronto da bere, il Margalicious Margarita, di cui curano anche aspetto delle lattine e produzione.
Il brut di 50 Cent, la vodka di Kate Hudson e il whisky di Bob Dylan
Il rapper Curtis Jackson, meglio noto con il nome d’arte 50 Cent, ha lanciato Le Chemin du Roi, traducibile con «Sentiero del re», personale linea di brut, rosé e vino bianco da mille dollari a bottiglia. Su ognuna di esse infatti viene applicato un foglio d’oro a 14 carati modellato sulla forma del pezzo degli scacchi del re. Kate Hudson ha invece scelto la vodka per la sua impresa commerciale. «Ho sempre voluto crearne una versione per il mio palato, in una bella confezione, che mi piacerebbe trovare al bar», ha raccontato la star nel presentare il liquore senza glutine. Fra la tequila Teremana di Dwyane Johnson e il bourbon di Jamie Foxx spicca anche il whisky artigianale di Bob Dylan. Presentato in tre versioni, si può comprare però solo in località selezionate del Tennessee, del Texas e di New York. Menzione speciale anche per la Crystal Head Vodka di Dan Aykroyd, in vendita in una bottiglia a forma di teschio.
A Vinicio Capossela sarà conferita da Roberto Tottoli, rettore dell’Università degli studi di Napoli L’Orientale, la laurea magistrale honoris causa in Lingue e Comunicazione interculturale in area Euromediterranea (LM-38). La cerimonia è in programma per martedì 26 settembre 2023 alle ore 11.00 nella basilica di san Giovanni Maggiore, rampe san Giovanni Maggiore. Dopo l’apertura ci saranno i saluti di Giuseppe Cataldi, direttore del dipartimento di Scienze umane e sociali, la laudatio di Anna Mongibello, docente di Lingua e Linguistica inglese, e la lectio magistralis del neodottore Vinicio Capossela.
Il rettore Tottoli: «Legge e rielabora con lucidità grandi temi culturali e sociali»
Secondo il rettore Tottoli, «come un laureato modello de L’Orientale, Capossela legge e rielabora con straordinaria lucidità e un’appassionata espressività i grandi temi culturali e sociali del presente e del passato, ibrida repertori, stili, generi letterari e linguaggi apparentemente distanti tra loro». Il cantautore ha così commentato: «Quando 37 anni fa ho abbandonato gli studi universitari dopo aver assistito a una apparizione poetico musicale che mi rese per un tempo non breve un disadattato, non avrei mai pensato di recuperare. Grazie di cuore alla commissione didattica dell’università L’Orientale di Napoli per fornirmi questa occasione». E ancora: «L’Oriente, Napoli e poi l’area euromediterranea a cui fa riferimento la laurea sono tutte cose immateriali che hanno a che fare con l’attraversamento del confine più grande: il nostro recinto individuale. Le grandi possibilità che l’essere umano, che le donne e gli uomini hanno in dotazione è il modificarsi continuamente grazie al conoscere. Una conoscenza che non è solo affidata allo studio ma anche all’incontro e all’ascolto. La musica, la parola, la canzone, ma più in generale i pretesti d’incontro che offrono possono essere cose nutrienti da cui farsi attraversare. Tutto sta nel non ostacolare il traffico. Solo questo a mio parere è importante, passare il secchio e non ostacolare troppo il traffico. Grazie a tutti quelli che passano il secchio, in università, nelle scuole elementari, in strada, nei pronto soccorso, nei centri accoglienza, nelle carceri, in tutti i luoghi in cui la vita conferisce le sue lauree a onore, tutti i minuti».
El Jefe è il titolo della seconda revenge song (insieme al rapper Fuerza Regida) con la quale Shakira ha deciso di prendersi la sua personale rivincita dalla famiglia dell’ex compagno Gerard Piqué, dopo il successo di Bizarrap Music Sessions #53.
Una nuova revenge song per Shakira contro l’ex Piqué
Non paga di aver già raccontato al mondo intero tutte le nefandezze dell’ex con un brano schizzato in vetta alle classifiche, Shakira ha deciso di infilare il suo coltello ancora più in profondità con El Jefe, un brano con cui stavolta si è scagliata contro i familiari di Piquè, oggi legato alla nuova compagna Clara Chia. Nella canzone l’artista colombiana canta: «Dicono che non esiste un male che duri 100 anni, ma il mio ex suocero è ancora lì, che non mette piede nella tomba». Parole forti quelle di Shakira, rivolte direttamente al padre del dirigente sportivo con il quale com’è noto non scorre buon sangue. Pare infatti che Joan Piqué Rovira non solo fosse stato complice della relazione extraconiugale tra Gerard Pique e Clara Chia, ma che avesse anche notificato alla cantante lo sfratto dalla casa di Barcellona. La stessa casa dove l’artista viveva con i figli Sasha e Milan. Nella clip che accompagna il pezzo, tra l’altro, Shakira è attorniata da un gruppo di ballerini che cercano di tapparle la bocca: un segno evidente di come fosse consapevole di quanto il suo nuovo brano avrebbe fatto discutere.
El Jefe contiene in realtà anche una dedica speciale ad una persona che, contrariamente ai Piqué, a Shakira è sempre stata fedele. Si tratta di Lili Melgar, la tata di famiglia che per prima aveva tenuto al corrente l’artista delle scappatelle del compagno dell’epoca. Dopo il tradimento e il caos che ne è emerso, inoltre, Melgar ha seguito fedelmente Shakira negli Stati Uniti per aiutarla a superare il momento difficile occupandosi dei suoi due figli. Un’amicizia, questa, che alla tata sembra a quanto pare essere costata cara. «Lili Melgar, per te questa canzone. Che non ti hanno pagato il risarcimento», canta Shakira nel singolo. Fonti vicine a Piqué, ad ogni modo, hanno voluto a mettere a tacere le voci circolate dopo il pezzo, specificando che è stata la stessa donna a decidere di sua sponte di seguire Shakira nel trasferimento a Miami.