Stati Uniti e Venezuela ai ferri corti, Trump usa la CIA e Maduro ricorre all'ONU
Trump conferma che la CIA è al lavoro in Venezuela, Caracas denuncia il pericolo di invasione, mobilita le milizie e si appella alle Nazioni Unite. Un braccio di ferro lungo 25 anni

L'ultima goccia è stata la candida ammissione di Trump: “Sì, ho autorizzato la CIA a compiere operazioni segrete in Venezuela e non escludo attacchi di terra contro i narcos”.
È il via all'escalation. La già lunga e pesante tensione fra il regime di Maduro e gli Stati Uniti scatta ai livelli massimi.
La mossa di Trump: la CIA al lavoro in Venezuela
L'autorizzazione alla CIA, già riportata dal New York Times, potrebbe mirare a rimuovere Maduro dal potere. L'Agenzia di intelligence americana ha licenza di effettuare operazioni letali e ha intrapreso una vasta gamma di attività nell'area dei Caraibi. Il governo statunitense aveva già offerto 50 milioni di dollari per informazioni che portino all'arresto e alla condanna di Maduro, sulla base di accuse di narcotraffico.
Trump ha giustificato l'autorizzazione alla CIA con due motivazioni principali: la migrazione di venezuelani negli Stati Uniti – sostenendo che il Venezuela abbia svuotato prigioni e manicomi mandando i detenuti e i malati di mente oltre il confine – e il traffico di droga.
Il presidente statunitense ha definito inefficaci le pratiche già applicate dalla Guardia Costiera per fermare i carichi di droga via mare. Ha sottolineato che gli sforzi attuali per l'intercettazione dei carichi di droga si sono concentrati sulle rotte marittime, che ora sarebbero "molto sotto controllo", mentre l'attenzione si sta spostando sulle rotte terrestri.
Trump assicura che il Venezuela "sta sentendo la pressione" e non esclude possibili attacchi terrestri nel Paese sudamericano. Tuttavia, ha rifiutato di confermare o smentire se la CIA abbia l'autorità di "neutralizzare" Maduro, definendo la domanda "ridicola".
Questi sviluppi si inseriscono in un contesto di accresciuta presenza militare statunitense nella regione. Ad agosto, Washington ha schierato otto navi da guerra e un sottomarino nucleare al largo delle coste venezuelane e ha condotto almeno cinque attacchi in mare contro imbarcazioni sospettate di narcotraffico in acque internazionali, con un bilancio di almeno 27 morti. Il Venezuela ha denunciato l'illegittima uccisione di civili.

La reazione del Venezuela
Il presidente venezuelano Nicolás Maduro ha condannato con durezza le azioni statunitensi. In una trasmissione televisiva, ha respinto le ingerenze affermando che "L'America latina non vuole, non ha bisogno e ripudia i golpe della CIA".
Il riferimento è al golpe in Cile del 1973, facilitato proprio dai servizi statunitensi, che uccise il legittimo presidente Salvador Allende, mise a capo del Paese il generale Pinochet, inaugurò una sanguinaria dittatura che terminò solo nel 1990.
Maduro ha accusato gli Stati Uniti di usare il narcotraffico come pretesto per legittimare un'operazione di "cambio di regime" con l'obiettivo finale di appropriarsi delle riserve petrolifere venezuelane.
In risposta al dispiegamento militare USA, il Venezuela ha lanciato manovre militari, comprese esercitazioni al confine con la Colombia e la mobilitazione di riservisti in tutto il paese. Il governo ha anche attivato l'Organo di Direzione per la Difesa Integrale (ODDI) e le Zone Operative di Difesa Integrale (ZODI) per il coordinamento della difesa, schierando forze anche nei grandi quartieri popolari di Caracas, come Petare e Catia.
Il governo venezuelano, tramite il suo ministro degli Esteri Yván Gil, ha dichiarato che le parole di Trump costituiscono una violazione del diritto internazionale e ha annunciato che la Missione Permanente presso le Nazioni Unite solleverà la questione davanti al Consiglio di Sicurezza e al Segretario Generale.
Inoltre, il presidente del Parlamento venezuelano, Jorge Rodríguez, ha avvertito che il Consiglio nazionale per la Sicurezza e la Pace avvierà procedimenti legali contro gli Stati Uniti presso la Procura venezuelana e i tribunali internazionali per "minacce e aggressioni".
Trump conferma, la CIA al lavoro in Venezuela
I timori della Colombia
Il presidente della Colombia, Gustavo Petro, ha condannato l'annuncio di Trump su possibili attacchi in territorio venezuelano, ricordando che le forze statunitensi hanno già affondato diverse barche in acque internazionali davanti alle coste del Venezuela, causando una trentina di morti.
Il presidente colombiano ha avvertito che l'inasprimento della lotta al narcotraffico che gli Stati Uniti vorrebbe imporre al suo Paese "ha la conseguenza immediata di una possibile invasione del Venezuela".
Petro ha parlato da Puerto Asís, nel sud della Colombia, dove il governo ha festeggiato la distruzione delle armi di un gruppo di guerriglia, dissidente delle ex Farc, con cui Bogotá sta negoziando un accordo di pace.

Un braccio di ferro lungo 25 anni
Gli Stati Uniti sono schierati apertamente contro il regime di Maduro già dal 2019, quando l'amministrazione Trump riconobbe Juan Guaidó come presidente ad interim del Venezuela, sostenendo un governo ombra per tentare di rovesciare il regime.
Ma l'ostilità statunitense era stata evidente anche prima, durante il lungo regno di Hugo Chávez come presidente venezuelano. Washington mal sopportava un regime che si definisce socialista nel suo “cortile di casa”: fin dal 1904, con Roosevelt, gli Stati Uniti rivendicano - e talvolta attuano - una sorta di “diritto di intervento” nelle questioni interne dei Paesi latinoamericani a difesa dei propri interessi.
Con il Venezuela questa politica si è manifestata attraverso sanzioni economiche, un embargo petrolifero e l'emissione, nel 2020, di una ricompensa milionaria (aumentata a 50 milioni di dollari) per informazioni che portassero all'arresto di Maduro con accuse di narcotraffico.
Nonostante una drammatica crisi economica e sociale, il regime è riuscito a resistere, forte anche del sostegno di potenze come Cina e Russia. L'amministrazione Biden ha successivamente avviato colloqui segreti, arrivando a offrire la grazia a Maduro in cambio delle sue dimissioni: un'offerta rifiutata.
A riprova della forte pressione internazionale sul governo di Caracas, nel 2025 il Premio Nobel per la Pace è stato assegnato a María Corina Machado, leader dell'opposizione e attivista per la democrazia, per il suo "instancabile lavoro nella promozione dei diritti democratici del popolo venezuelano". Machado ha espresso apertamente il suo sostegno all'aumento della presenza militare USA nei Caraibi voluta da Trump.
A livello interno, Maduro ha consolidato il proprio potere, anche attraverso il rafforzamento del ruolo delle forze armate nel governo e l'uso del sistema giudiziario per perseguire i dissidenti.
Le sue vittorie elettorali – sempre schiaccianti – sono ampiamente contestate dall'opposizione e dalla comunità internazionale come prive di libertà ed equità. In particolare, le elezioni del 2024 sono state oggetto di forti sospetti di brogli. Il governo ha arrestato migliaia di dissidenti e represso le proteste.
La leadership venezuelana continua a respingere le accuse, sostenendo che le azioni statunitensi siano finalizzate a un illegittimo "cambio di regime" per impadronirsi delle risorse petrolifere del Paese.

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Fonte: www.rainews.it