"Quando il regime cadrà, se l'Eritrea tornerà una terra libera, è lì che vorrò tornare"
A 12 anni dal naufragio del 3 ottobre, a Lampedusa ci si prepara alla commemorazione per la Giornata della Memoria e Accoglienza.
“Io non ce la faccio a parlare di quella notte, fa troppo male. Ricordo le urla disperate di donne e bambini, ricordo che molti si aggrappavano ai miei vestiti, che mi strappavano di dosso e loro finivano giù. Allora mi sono tolto i vestiti, così chi si aggrappava non affogava.”
Bibi e Abtom, eritrei, hanno visto annegare 368 persone che, come loro, erano sul barcone affondato davanti ai Lampedusa il 3 ottobre 2013. Dopo il naufragio sono entrati come rifugiati in Svezia e ogni anno tornano sull'isola per condividere con centinaia di studenti la loro esperienza e quella di migliaia di altre persone costrette a lasciare la propria terra. Il problema è alla radice, dicono, se nel nostro paese non ci fosse una dittatura non saremmo costretti a scappare, a finire torturati in Etiopia, in Libia, a rischiare di annegare il mare.
E quando il regime cadrà, se l'Eritrea tornerà una terra libera, è lì che vorrò tornare. Ad ascoltare le loro storie, oltre 800 studenti italiani e stranieri che hanno invaso l'isola porta d'Europa nella dodicesima giornata della memoria dell'accoglienza organizzata dal comitato 3 ottobre. Oltre ai laboratori tenuti dagli stessi sopravvissuti da ONG e associazioni, anche tavole rotonde e spettacoli come il musical “La strada verso casa” messo in scena dagli studenti del liceo Marconi di Pesaro.
La nostra responsabilità, in quanto ragazzi che hanno avuto questo tipo di opportunità, è cercare di diffondere il più possibile quello che abbiamo visto con i nostri occhi. Tutto questo, mentre Lampedusa si continua ad approdare e ad accogliere oltre 1.400 persone sono arrivate negli ultimi tre giorni.
Fonte: www.rainews.it